014/2020
La scuola nella pandemia
Relazione educativa e multiculturale al tempo del Covid
Barbara Barbieri1
Premessa
Nell’emergenza sanitaria che sta vivendo il nostro Paese, il ruolo delle scuole appare giorno dopo giorno sempre più prezioso e necessario. Una scuola che resiste alla pandemia con la forza di tutta la comunità educante e che risponde alla sfida attraverso una riflessione su se stessa, riorganizzando e riprogettando percorsi e valutando scenari.
Una comunità di pratica quindi, chiamata a riflettere sulla prassi didattica tradizionale per costruire percorsi alternativi e sperimentare nuove pratiche didattiche e metodologiche.
La sospensione delle attività didattiche in presenza, infatti, ha rivelato quanto sia fondamentale, anche a distanza, mantenere viva la comunità di classe e di scuola dando continuità ai percorsi di apprendimento. La scuola al tempo del Covid è una scuola diversa, una scuola che deve interpretare e modulare l'autonomia scolastica attraverso tutti gli strumenti di flessibilità che la normativa mette a disposizione delle scuole, ponendo al centro l'interazione e la relazione docente/discente per edificare una comunità di apprendimento che accolga tutti e non lasci indietro nessuno.
La scuola italiana, inclusiva e multiculturale, è chiamata in questo difficile periodo ad avere particolare attenzione nei confronti di quegli alunni che si trovano ad affrontare la sospensione delle attività didattiche in presenza in territori in cui la scuola rappresenta il baluardo della legalità e della cultura, e svolge una funzione sociale importante. Tra questi, gli alunni con cittadinanza non italiana, neo arrivati o di culture non autoctone, hanno risentito particolarmente e risentono tuttora dell’assenza di relazione fisica e della distanza dalla scuola come spazio sociale e di relazione.
Alunni con specifici bisogni educativi che, se non inclusi in maniera efficace nei percorsi didattici anche a distanza, rischiano di perdersi, chiudendosi in isolamento e demotivazione.
L’attenzione all’inclusione e alla multiculturalità deve quindi accompagnare l’organizzazione della didattica a distanza e della ripartenza in presenza, facendo bene attenzione a non interrompere il percorso di apprendimento dando valore e particolare cura alla dimensione relazionale.
1 Ufficio Scolastico Regionale per la Campania, Direzione Generale
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Una scuola che continua e vive anche fuori dalla scuola nella misura in cui riesce a garantire, a prescindere dalle condizioni esterne e con tutti gli strumenti che ha a disposizione, il diritto allo studio di ciascun alunno in condizioni di pari opportunità nel rispetto dei principi costituzionali che vedono la scuola aperta a tutti, libera e accessibile.
La scuola multiculturale nella pandemia: emergenza educativa
La pandemia e la conseguente sospensione delle attività didattiche in presenza stanno avendo un effetto negativo sui livelli di apprendimento e sulle competenze di base di tutti gli alunni, in particolare di quelli che appartengono ad aree a rischio e a forte degrado socio-culturale, come evidenziato nell’ultimo rapporto di Save the children Italia che ha analizzato l’impatto del Coronavirus sulla povertà educativa.
“All’aggravarsi della deprivazione materiale, dovuta all’emergenza COVID19, si aggiunge anche la deprivazione educativa e culturale dei bambini e degli adolescenti, dovuta alla chiusura prolungata delle scuole e degli spazi educativi della comunità ed al confinamento a casa. Una privazione prolungata che rischia di avere effetti di lungo periodo sull’apprendimento e, più in generale, sulla dispersione scolastica, che già mostrava tendenze negative prima della crisi. E che colpirà particolarmente i minori che vivono in famiglie in condizione di svantaggio socioeconomico, le cui esigenze immediate, oggi, sono ancor più focalizzate a garantire la disponibilità dei beni materiali essenziali, a scapito dell’investimento in educazione”. 2
Ciò è ancora più evidente nei nuclei familiari migranti, con alta incidenza di lavoro precario non tutelato e povertà materiale e dove per tantissimi bambini e bambine il periodo d’isolamento da Covid ha significato rallentamento se non completa interruzione della pratica della lingua italiana.
L’apprendimento della lingua italiana è ritenuto, infatti, uno dei principali ostacoli ai processi d’integrazione nella misura in cui lo spazio linguistico insieme allo spazio geografico e a quello del corpo (G. Favaro 1995), è una delle dimensioni che caratterizzano la costruzione dell’identità del bambino migrante e che sono drammaticamente sottoposte a cambiamento in seguito all’esperienza della migrazione.
Lo svantaggio dovuto alla lingua rappresenta un elemento imprescindibile nell’integrazione degli alunni stranieri e gran parte del successo e della performance scolastica di questi alunni dipende proprio dalla padronanza della nostra lingua.
L’ISTAT nel documento pubblicato lo scorso aprile “Identità e percorsi d’integrazione delle seconde generazioni in Italia” approfondisce i risultati di un’indagine campionaria, finanziata dal Ministero dell’Interno
2 “L’impatto del Coronavirus sulla povertà educativa” Save the children 2020.
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con il Fondo europeo per l’integrazione, sull’integrazione delle seconde generazioni e realizzata dall’Istituto nell’anno 2014-2015, fornendo elementi rilevanti per una riflessione sulle strategie più idonee a favorire il pieno inserimento dei figli degli immigrati nella scuola e nella società italiana.
Il documento evidenzia come il successo scolastico dei ragazzi stranieri dipenda molto dall’apprendimento dell’italiano per studiare. “I ragazzi stranieri, infatti, hanno una dispersione scolastica maggiore di quella dei coetanei italiani, hanno tassi di ripetenza più alti, più bassi livelli di apprendimento, voti in media meno elevati, un diffuso ritardo scolastico dovuto prevalentemente a un primo inserimento in classi inferiori rispetto a quella corrispondente all’età dell’alunno proprio a causa delle difficoltà linguistiche. Optano più di frequente per percorsi formativi meno impegnativi (soprattutto istituti professionali) quando si passa dalla secondaria di primo a quella di secondo grado”.
L’apprendimento della lingua italiana avviene principalmente a scuola, nella quotidianità della relazione con i compagni di classe, i docenti e tutta la comunità scolastica. Senza la scuola questo percorso si è bruscamente interrotto e il tempo della scuola con la sua colonna sonora in lingua italiana è diventato, improvvisamente, il tempo della solitudine e dell’assenza della relazione.
Garantire il diritto allo studio degli alunni con background non italiano in tempo di Covid, significa da una parte rivedere protocolli e percorsi, riprogettare e monitorare l’efficacia delle azioni didattiche intraprese e dall’altra, sullo sfondo delle norme nazionali e sovranazionali che tutelano la condizione dello straniero indipendentemente dalla regolarità del soggiorno3, creare le condizioni affinché il divario socio-economico e culturale amplificato dalla pandemia, non condizioni l’esercizio di tale diritto.
Il diritto allo studio è per sua natura un diritto a forte connotazione sociale e richiede per la sua stessa natura la presenza di un altro soggetto affinché possa esplicarsi in tutta la sua portata. La suprema Corte in una sentenza4 degli anni ’60 che ha fatto scuola, definisce le diverse connotazioni e significati delle parole insegnamento, istruzione e educazione, dando sostanza giuridica all’affermazione che insegnare è prima di tutto “essere in relazione”.
Nella distinzione tra i concetti di insegnamento, istruzione e educazione “si comprende nel primo l'attività del docente diretta ad impartire cognizioni ai discenti nei vari rami del sapere, nel secondo l'effetto intellettivo di tale attività e nel terzo l'effetto finale complessivo e formativo della persona in tutti i suoi aspetti”.
L’istruzione come diritto di ogni bambino – quindi anche di quello che non ha la cittadinanza italiana – considerato portatore di diritti non solo come “figlio” data la sua minore età, ma come individuo va tutelata e promossa dalla scuola a prescindere dalle condizioni di contesto in maniera da garantire pari opportunità anche in tempo di Covid.
3 DPR 31 Agosto 1999, n. 394 art.45 c.1
4 Corte Costituzionale (ud. 01/02/1967) 04-02-1967, n. 7
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E se la scuola italiana è realmente una scuola inclusiva e multiculturale deve saper trovare le risposte giuste per tutti gli alunni con bisogni educativi speciali che rischiano di pagare le conseguenze più gravi del venir meno della relazione fisica.
Le fasi della pandemia: dal lockdown alla ripartenza in presenza
L’emergenza Covid che ha investito tutto il mondo, nella prima fase, è stata gestita variamente in Europa e se alcune nazioni come la Danimarca, la Norvegia, la Germania e la Francia hanno riaperto le scuole già da aprile- maggio 2020, per la Spagna e l’Italia, la riapertura in presenza è avvenuta non prima del mese di settembre 2020.
Le scuole italiane hanno vissuto tre fasi nella pandemia: una prima fase di sospensione totale delle attività in presenza che si è protratta per tutta la seconda parte dell’anno scolastico 2019/2020, una fase di ripartenza in presenza a settembre ed un nuovo periodo di sospensioni, tutt’ora in corso, a causa dell’evolversi della situazione epidemiologica. Tutte le fasi sono state regolate da fonti normative di rango primario e secondario e accompagnate da Circolari e Note del Ministero che hanno scandito i tempi della didattica a distanza e della ripartenza in presenza dell’anno scolastico.
Tutta la produzione normativa ha il suo incipit con il Decreto – legge n. 6 del 23 febbraio 2020, concernente
“Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID -19”
convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e che ha previsto tra le altre misure atte a evitare la diffusione del contagio, la sospensione dei servizi educativi dell'infanzia, delle istituzioni scolastiche del sistema nazionale d’istruzione e degli istituti di formazione superiore, compresa quella universitaria, salvo le attività formative svolte a distanza.
A partire dal DPCM 1° marzo 2020 la sospensione delle attività educative, didattiche e formative disposta sull’intero territorio nazionale è stata poi prorogata con successivi provvedimenti fino alla fine dell’anno scolastico 2019/2020, con norme specifiche che hanno consentito lo svolgimento degli Esami di Stato e la conclusione dell’anno scolastico.
È indubbio che la didattica a distanza abbia rappresentato per le scuole una sfida enorme e tutta la scuola a distanza ha lavorato, giorno dopo giorno e con tutte le sue forze per mantenere viva la relazione e la continuità didattica.
Già nella Nota n.278 del 6 marzo 2020 il Ministero sottolineava la necessità di favorire, in via straordinaria ed emergenziale, il diritto all’istruzione attraverso modalità di apprendimento a distanza ottimizzando le risorse didattiche e utilizzando classi virtuali e altri strumenti per favorire la produzione e condivisione di contenuti nel più ampio coinvolgimento della comunità educante.
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Obiettivo principale della scuola italiana è stato, già dall’inizio della pandemia, quello di lavorare alla ripartenza per la ripresa in presenza dell’anno scolastico.
Il MI con Dm n.39 del 26 giugno 2020, ha pubblicato il Documento per la pianificazione delle attività scolastiche, educative e formative in tutte le Istituzioni del Sistema nazionale di Istruzione per l’anno scolastico 2020/2021, il Piano scuola che ha guidato la ripresa delle attività didattiche in presenza suggerendo piste di lavoro e descrivendo percorsi e scenari.
“L’eccezionalità a cui l’emergenza sanitaria da SARS-CoV-2 ha costretto tutti i settori della vita privata, sociale e lavorativa impone una analisi mirata alla progettazione della ripartenza e del ritorno alla normalità.
Nella scuola questo si traduce in una riflessione organizzativa e didattica in grado, come si è detto, di non disperdere quanto le scuole sono riuscite a mettere in atto, valorizzando gli ambiti dell’autonomia scolastica e fornendo loro spazi di coordinamento finalizzati a coinvolgere i diversi attori in un rinnovato patto di corresponsabilità educativa”.
La ripresa della didattica in presenza è avvenuta, nel rispetto delle indicazioni contenute nel Documento tecnico, elaborato dal Comitato tecnico scientifico (CTS) istituito presso il Dipartimento della Protezione civile, in un complesso equilibrio tra sicurezza, benessere socio emotivo di studenti e lavoratori della scuola e qualità dei processi di apprendimento.
Centrale, è stato il ruolo delle singole scuole, accompagnate dall’Amministrazione centrale e periferica e dagli Enti Locali, proprietari degli edifici scolastici, nel tradurre le indicazioni del CTS nello specifico contesto di azione, al fine di definire soluzioni concrete e realizzabili tenendo in considerazione numerose variabili tra cui la complessità delle istituzioni scolastiche e la tipologia di utenti, le strutture e infrastrutture disponibili, la dotazione organica e le caratteristiche del territorio.
Il reperimento degli spazi è stato per le scuole l’aspetto che ha richiesto maggiore attenzione, al fine di garantire il distanziamento fisico -inteso come 1 metro fra le rime buccali degli alunni-prescritto dal documento tecnico e, a tal fine, sono stati previsti strumenti per supportare le scuole nell’identificazione di spazi specifici e per far fronte a carenze non superabili con misure organizzative nell’ambito della specifica istituzione scolastica.
È indubbio che la valorizzazione delle forme di flessibilità derivanti dall’Autonomia scolastica, introdotta con il Regolamento 8 marzo 1999, n. 275, sia stata la base per elaborare una strategia di riavvio dell’anno scolastico il più possibile rispondente alle esigenze delle famiglie e del territorio di riferimento delle singole istituzioni scolastiche.
Il Piano scuola contiene, tra gli altri, un riferimento importante alla necessità di garantire a ciascun alunno la medesima offerta formativa “Le istituzioni scolastiche avranno cura di garantire, a ciascun alunno, la medesima offerta formativa, ferma restando l’opportunità di adottare soluzioni organizzative differenti, per realizzare attività educative o formative parallele o alternative alla didattica tradizionale.”
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Era già nel Piano scuola di giugno la previsione di una ripresa dell’attività didattica a distanza attraverso la modalità di didattica digitale integrata, qualora l’andamento epidemiologico avesse reso necessaria una nuova sospensione della didattica in presenza.
La didattica a distanza è diventata con il tempo una modalità e una metodologia che integra e supporta la didattica in presenza o diventa modalità esclusiva in caso di nuova sospensione delle attività didattiche come avvenuto recentemente a seguito dell’entrata in vigore degli ultimi DPCM.
Il DPCM 3 novembre 2020 poi, stabilisce su tutto il territorio nazionale il ritorno alla didattica a distanza per gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado facendo salva la possibilità di svolgere attività in presenza per l’uso dei laboratori o per garantire l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e, in generale, con bisogni educativi speciali lasciando alle scuole, nell’ambito dell’autonomia e di considerazioni pedagogico- didattiche, la definizione e la costituzione di gruppi di alunni in presenza al fine di mantenere la relazione educativa per l'effettiva inclusione scolastica e garantendo comunque il collegamento on line con gli alunni della classe in didattica digitale integrata.
La didattica a distanza e i divari socio-culturali
Superata una prima fase in cui la didattica a distanza è transitata con prepotenza nell’organizzazione scolastica, il Ministero con le Linee guida per la Didattica digitale integrata (DDI)5, previste dal Piano scuola, ha dato indicazioni operative affinché ciascuna scuola si dotasse di un Piano scolastico per la didattica digitale integrata, allegato al Piano triennale per l’offerta formativa dandone apposita comunicazione alle famiglie, alle studentesse e agli studenti in modo da coinvolgere tutte le componenti della comunità scolastica.
Le Linee Guida per la DDI, contengono indicazioni precise a tutela di tutte le situazioni di fragilità, a qualsiasi tipologia siano esse riconducibili, in modo che le istituzioni scolastiche, attraverso periodici monitoraggi possano attivare, in caso di necessità, le azioni necessarie per garantire l’effettiva fruizione delle attività didattiche, in particolar modo per gli studenti con cittadinanza non italiana neo arrivati in Italia, anche con il supporto delle agenzie del territorio, per non trasformare le differenze linguistiche e socio-economico-culturali in elementi di aggravio del divario di opportunità tra studenti.
È indubbio purtroppo che la didattica digitale a distanza ha fatto emergere differenze più che costruire inclusione, amplificando spesso un divario socio-culturale e digitale di cui hanno subito le conseguenze alunni e studenti di contesti difficili. In situazioni di povertà educativa gli studenti con background migratorio hanno subito i danni maggiori dalla didattica a distanza come evidenziato dall’Osservatorio nazionale per
5 Linee guida sulla Didattica digitale integrata, emanate con Decreto Ministeriale 7 agosto 2020 n. 89
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l’integrazione degli alunni stranieri, in un documento dal titolo indicativo “È la lingua che ci fa uguali”. 6
“Gli alunni stranieri sono per la gran parte anche loro vittime, per motivi comuni e in parte diversi da quelli di altri studenti, del surplus di diseguaglianza che, per effetto della pandemia, si è abbattuto su un sistema scolastico già tutt’altro che solido in termini di equità sociale, spesso incapace di assicurare opportunità formative eguali per tutti e di compensare le disparità determinate dalle differenze socioculturali di partenza (..)”.
Il primo dato che emerge è che in assenza di scuola in presenza, di routine giornaliere e di condivisione di tempi e spazi, il percorso di apprendimento della lingua italiana si è interrotto o comunque rischia di regredire riconsegnando molti alla condizione di “neoarrivato di ritorno”.
È ancora una volta la relazione educativa alla base dell’apprendimento a essere penalizzata: l’alunno straniero impara attraverso un apprendimento non solo cognitivo, ma soprattutto emotivo affettivo e relazionale, che passa attraverso il racconto del proprio vissuto, delle proprie esperienze, scandito dalla relazione con compagni e docenti.
E con la didattica a distanza le condizioni di disuguaglianza sociale e familiare vengono in rilievo in particolare per gli alunni stranieri ponendo in evidenza la disomogeneità sul territorio nazionale relativa sia all’organizzazione della didattica a distanza sia per le condizioni di accesso al servizio e al materiale didattico online.
Una diseguaglianza digitale o digital divide dovuta anche alle forti differenze che permangono nel rapporto con la scuola e con l’apprendimento, tra nati in Italia e nati all’estero, tra chi ha alle spalle un regolare percorso di scolarizzazione e una storia di apprendimento linguistico e chi porta il peso di una scarsa scolarizzazione.
Se quindi la didattica digitale integrata si configura come una metodologia innovativa d’insegnamento- apprendimento che integra la tradizionale esperienza di scuola in presenza, la progettazione della didattica in modalità digitale deve tenere necessariamente conto del contesto e assicurare la sostenibilità delle attività proposte. È necessario quindi attivare tutte le azioni possibili volte a garantire l’effettiva fruizione delle attività didattiche, anche con il supporto delle agenzie del territorio, per non trasformare le differenze linguistiche, socio-economico-culturali in elementi di aggravio del divario di opportunità tra studenti. È tristemente noto quanto le tecnologie utilizzate dalla didattica digitale non siano inclusive, ma al contrario evidenziano le differenze: l’assenza o la scarsità di dispositivi o di reti di connessione adeguate, la condivisione degli spazi e la sovrapposizione dei tempi nelle famiglie, le difficoltà tecniche e linguistiche sono solo alcuni elementi che fanno la differenza tra chi possiede una connessione internet adeguata o ha una famiglia in grado di supportare la didattica a distanza e chi no.
6 È la lingua che ci fa uguali, Nota per ripartire senza dimenticare gli alunni stranieri- Ministero dell’Istruzione, Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’intercultura.
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Ed è proprio in queste situazioni che il servizio di mediazione linguistico culturale e le azioni di tutoring alle famiglie possono fare la differenza in particolare per garantire alle scuole interventi a distanza nei confronti delle famiglie con scarsa competenza in lingua italiana e poche conoscenze delle prassi scolastiche. Un ruolo, quello delle famiglie, che è stato nella didattica a distanza rilevante, contribuendo a rendere efficaci molte delle azioni didattiche a distanza rivolte agli alunni con bisogni educativi speciali.
In questo periodo, a causa dell’evolversi della situazione epidemiologica, il ritorno della didattica a distanza per le scuole superiori e in alcune Regioni per la seconda e terza classe della secondaria di primo grado, senza considerare la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado imposta da alcune Ordinanze locali, sta coinvolgendo circa quattro milioni di studenti e con questi numeri appare indispensabile non perdere di vista coloro che sono maggiormente a rischio di dispersione scolastica, e gli alunni con background non italiano sono tra questi.
La dispersione scolastica in Italia, negli ultimi cinque anni, ha raggiunto anche il 15% del totale degli studenti e le difficoltà nella continuità del legame forte e diretto con la scuola possono avere conseguenze pesanti: la scuola è stare insieme, è connessione, è relazione.
E la relazione è alla base della scuola inclusiva e multiculturale.
L’abbandono scolastico tra gli alunni di cittadinanza non italiana raggiunge livelli pari al 36,5% rispetto all’11,3% degli alunni italiani7 e per molti bambini e bambine il tempo senza scuola in periodo di Covid rischia di essere perso.
Questo anche perché il successo scolastico per gli alunni stranieri dipende molto dall’apprendimento dell’italiano per studiare: alunni che hanno una dispersione scolastica maggiore di quella dei coetanei italiani, tassi di ripetenza più alti, presentano più bassi livelli di apprendimento, voti in media meno elevati e un diffuso ritardo scolastico.
Per una parte degli adolescenti figli di immigrati e per i minori stranieri non accompagnati il rischio della perdita di motivazione è spesso in agguato, e la didattica a distanza richiede -oltre alle condizioni strutturali di base- motivazione robusta e la capacità di lavorare in autonomia e gli studenti che non sono stati raggiunti con regolarità dall’insegnamento a distanza sono in numero preoccupante.
A scuola e nel tempo extrascolastico alla carenza di motivazione vi fanno argine i docenti, gli educatori, i tutor, e tutte le figure di accompagnamento e di prossimità che ora sono assenti, quantomeno fisicamente. Traguardi importanti e passaggi cruciali, quali l’esame di terza media, l’orientamento e la scelta definitiva della formazione secondaria sono avvenuti spesso nella solitudine e nell’incertezza, con il rischio di scelte formative superiori non adeguate. 8
7 Elaborazione Openpolis-Con i bambini su dati Eurostat.
8 È la lingua che ci fa uguali, Nota per ripartire senza dimenticare gli alunni stranieri- Ministero dell’Istruzione, Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’intercultura.
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Investire sulla relazione
La scuola al tempo del Covid ha fatto importanti passi in avanti ed è riuscita ad accettare e ad adeguarsi al cambiamento rimodulando la didattica e rendendola digitale.
In un periodo tanto complesso nel quale dirigenti scolastici e docenti hanno tenuto in piedi la continuità dei percorsi di apprendimento in tutti i modi possibili, andando incontro a nuove modalità e a innovazioni metodologiche, abbiamo compreso che aprirsi a una didattica digitale non deve significare abbandonare la relazione e l’investimento sulla relazione.
Innovare la didattica deve quindi significare dare un valore aggiunto alla didattica senza dimenticare il valore di una relazione significativa.
Se la didattica a distanza ha inevitabilmente amplificato i divari in istruzione, dobbiamo prendere atto che ha talvolta facilitato dinamiche che da remoto sono state più semplici da gestire, rendendo protagonista chi faticava a esserlo in presenza, e soprattutto ha messo docenti e studenti di fronte ad una nuova dimensione tecnologica, così da sviluppare altre abilità e competenze ove l’autonomia e la motivazione individuale lo hanno consentito.
La scuola, infatti, non è solo apprendimento e trasmissione di contenuti: è socialità, è scambio di opinioni, è confronto e dialogo, e questo vale ancora di più per tutti gli alunni con bisogni educativi speciali.
L’apprendimento è fatto non solo di aspetti cognitivi ma soprattutto di emozioni e gli studenti hanno bisogno di sentirsi coinvolti nella relazione educativa e ciò può avvenire solo se la comunicazione docente/discente è efficace. Quell’intelligenza emotiva quindi che costituisce il cuore della comunicazione efficace con l’altro, la capacità di riconoscere e utilizzare in modo consapevole le proprie emozioni, comprendere quelle dell’altro e facilitarne lo sviluppo costruttivo nell’apprendimento.
“La vita emotiva è una sfera che, come sicuramente accade nel caso della matematica o della lettura, può essere gestita con maggiore o minore abilità, e richiede un insieme di competenze esclusive. La destrezza di una persona in tali ambiti è fondamentale per comprendere come mai alcuni soggetti abbiano successo mentre altri, intellettualmente non da meno, imbocchino vicoli ciechi: l'attitudine emozionale è una "meta-abilità", in quanto determina quanto bene riusciamo a servirci delle nostre altre capacità - ivi incluse quelle puramente intellettuali.” 9
La scuola al tempo del Covid ha posto in primo piano l’importanza della relazione educativa e delle competenze trasversali emotive e relazionali che possono fare la differenza e rendere un apprendimento significativo e la capacità di relazionarci nel mondo è una delle più importanti forme di intelligenza che abbiamo a disposizione.
9 Daniel Goleman, Intelligenza emotiva. Rizzoli, Milano 1996.
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In tempo di pandemia, grazie allo sforzo enorme fatto da tutta la scuola italiana, abbiamo imparato che sono le persone a fare la differenza insieme alle loro abilità e competenze che diventano strategiche nell’orientare ad azioni efficaci per mantenere viva la relazione educativa.
Se è la scuola che pone le basi per la costruzione di una società inclusiva e fa della cultura il luogo in cui ciascuno possa riconoscersi con pari dignità sociale, questa stessa scuola deve, ora più che mai, rispondere con competenze adeguate alla sfida di un mondo che cambia.
Competenze trasversali, oltre che tecniche, da valorizzare e su cui investire in tutti i percorsi formativi, per rispondere a un bisogno che la pandemia mondiale ha portato in primo piano.
Principali norme e testi di riferimento
La Costituzione Italiana
Legge 6 marzo 1998, n. 40 Disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero.
Decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286
Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275, Regolamento recante norme in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche, ai sensi dell'art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59.
Decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394
Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri, Miur 2006
La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri- Miur Ottobre 2007 Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri Miur febbraio 2014
Gli alunni con cittadinanza non italiana A.S. 2017/2018- Ufficio statistica e studi, Miur luglio 2018
Direttiva ministeriale del 27.12.2012 “Strumenti d’intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”
Decreto-legge n. 6 del 23 febbraio 2020
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 4 marzo 2020 Nota MI n.278 del 6 marzo 2020
Nota MI prot. 388 del 17 marzo 2020
Dm n.39 del 26 giugno 20202 - Piano scuola
Linee guida sulla Didattica digitale integrata, emanate con Decreto Ministeriale 7 agosto 2020 n. 89 Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 24 ottobre 2020
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 03 novembre 2020 Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 03 dicembre 2020
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Graziella Favaro, 1995 Immigrazione e pedagogia interculturale. Bambini, adulti, comunità nel percorso di integrazione La Nuova Italia
Daniel Goleman Intelligenza emotiva, Rizzoli, Milano 1996
A. Stefanini Le emozioni, patrimonio della persona e risorsa per la formazione, Franco Angeli, Milano 2013 M. De Simone, D. Simoncini - Dossier Intelligenze Relazionali per il Management 2017
L’impatto del Coronavirus sulla povertà educativa, Save the children Italia 2020 Identità e percorsi di integrazione delle seconde generazioni in Italia, ISTAT 2020
È la lingua che ci fa uguali, Nota per ripartire senza dimenticare gli alunni stranieri- Ministero dell’Istruzione, Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e l’intercultura, 2020.