Esercitazione pratica di lettura, analisi e classificazione delle storie Prima di leggere le storie
Il primo passaggio è la lettura incondizionata delle storie, come semplice attività di osservazione, senza ipotesi a priori.
Nella seconda lettura delle storie, prova ad utilizzare una o più tra le seguenti classificazioni:
- Disease, Illness, Sickness – elementi che possono essere presenti singolarmente o combinati - Restitution, Chaos, Quest
- Storie in regressione, stabili o in progressione - Contingent, Moral, Core
- Analisi Transazionale
- Analizza i tempi verbali utilizzati
- Individua eventuali metafore ed il loro significato
- In generale, la narrazione è lineare e segue un andamento logico o è caotica?
- Come valuti le relazioni di cura descritte?
- Si individuano elementi di coping?
- Compresenza fatti/fiction
- La narrazione contribuisce a comprendere la realtà vissuta dalla persona che si racconta?
Un terzo passaggio successivo alla lettura e analisi delle storie potrebbe essere quello di trascrivere quello che le storie hanno inspirato e trasmesso, ciò che si è appreso, le parole chiave, le disvelazioni, il significato acquisito.
Quarto passaggio: se si desidera, si può condividere la lettura e interpretazione delle storie con altri colleghi, con le persone in cura, e condividere le proprie considerazioni con gli altri.
Storie di preservazione della fertilità femminile e cure oncologiche – Traccia semi strutturata 1. 23 anni, intervento nel 2016
Sono venuta in questo centro di preservazione della fertilità per proteggere il mio sogno. Da sempre immagino a come sarà quel giorno in cui incontrerò i suoi occhietti. E ci vedrò dentro quella luce unica. Immagino le sue manine che stringono il mio dito e il suono della sua risata. Pur essendo molto giovane è una cosa che coltivo dentro. La gioia di essere madre. Avere finalmente qualcosa di eterno. L'amore per un figlio. Ho deciso di congelare i miei ovuli in previsione di una chemioterapia che potrebbe portarmi a sterilità. Quando ho ricevuto questa notizia mi sono sentita il terreno crollarmi sotto i piedi. Potevo rinunciare a tutto ma alla possibilità di essere mamma no. Non me ne sarei mai e poi mai fatta una ragione. Quindi, appena mi hanno parlato della possibilità del congelamento e quindi preservazione degli ovuli, mi hanno riacceso una speranza. La speranza della vita.
È stata la mia oncologa a propormi la cosa, e con le lacrime agli occhi dopo aver saputo della probabile sterilità futura, ho risposto di si! Senza pensarci 2 volte. Senza chiedere se sarebbe stata dura o meno senza sapere cosa mi aspettava.
Avrei fatto di tutto per poter avere tra le braccia quella piccola parte di me un domani.
La mia famiglia era più impaurita di me, tra tutte le cose non credevano sarei stata in grado di affrontare anche questa. Però nello stesso tempo cercavano di darmi la forza necessaria proprio perché erano a conoscenza di quanto fosse fondamentale per me fare tutto questo.
Prima di fare la scelta di affrontare l'intervento di preservazione della fertilità, i miei medici di riferimento mi hanno rassicurato dicendo che c'è l’avrei fatta e che un giorno avrei ringraziato di aver preso questa decisione. Tutto il team che mi ha seguito è stato meraviglioso. A partire dalle infermiere pronte a farmi fare sempre un sorriso, la dottoressa che non si è stancata mai di rispondere alle mie innumerevoli domande e grazie alla psicologa che è stata capace con molta delicatezza di toccarmi l'anima. Sono stati tutti l'ancora alla quale attaccarmi nei momenti di paura.
La preparazione non è stata semplice, passavo da volere il gelato al cioccolato al non volerlo più. Gli sbalzi d’umore erano frequenti e il mio livello di sopportazione molto poco. Poi altri giorni erano normali, anzi ero piena di energia e
allegria e volevo far mille cose. È stato un percorso imprevedibile ma anche nei giorni no bastava qualche ora di sonno in più e tornavo ad affrontare con forza il tutto.
Mi hanno sostenuto tutti...proprio perché il mio desiderio di essere madre un giorno l’ho sempre esposto con gran convinzione....Quindi nessuno ha cercato di ostacolarmi. Mia zia è stata la persona che più mi ha incoraggiata e che è stata dietro al tutto aspettando con me gli orari più improbabili per farmi le punture necessarie. E avendo la pelle delicata a fine settimana avevo la pancia piena di lividi e lei non sapeva più dove bucare ed ecco che la finiamo a ridere.
Quando sono arrivata nel centro di preservazione della fertilità ho subito trovato persone splendide che mi hanno spiegato per bene tutto. La mia oncologa quando ho risposto si alla proposta del congelamento era molto felice e orgogliosa di me.
Il giorno del prelievo ovocitario erano con me mamma e papà. Molto tesi come al solito. Io come sempre non facevo trasparire nessuno stato d’animo anche e l'ansia durante l’attesa era tanta. Poi mi hanno spiegato per bene in cosa consisteva 'l'intervento" e cosa sarebbero stati i sintomi post. Tornata a casa i crampi erano molti. Ma a parte quello mi sentivo bene. Ho riposato per tutta la giornata è ho metabolizzato da sola l'accaduto per prenderne pienamente coscienza. Una volta fatto il prelievo degli ovuli mi sono sentita invincibile. Ho visto l'ennesima difficoltà della mia vita trasformarsi in un ricordo. E ho ritrovato la speranza e la forza di credere a pieno nei propri sogni e di fare di tutto per realizzarli.
Dopo il prelievo mi aspetteranno 6 mesi di chemioterapia che si concluderanno con un autotrapianto di cellule.
Ovviamente so che sarà dura e che dovrò darmi molta forza avendolo già passato 5 anni fa. Ma sono pronta ad affrontare tutto con il sorriso così che le persone che mi vogliono bene non soffrano.
Per me la maternità è il senso della vita. Una donna in suo figlio racchiude ogni cosa. L'amore, la forza, valori. Tutto. E una parte di sé stessi. E cosa c'è di più tuo al mondo di un figlio. La speranza è che quando tenterò la maternità vada tutto bene, che gli ovuli reagiscono bene alla fecondazione e che poi l'embrione sopravviva. Ovviamente mi spaventa pensare che qualcosa possa andare storto ma anche li cercherò di non avere paura. E fino alla fine lotterò per lui.
Lo rifarei altre mille volte perché mi avete dato la possibilità di poter essere felice nonostante la vita mi ha messo davanti un ostacolo enorme. Regalate alle persone l'opportunità di vivere. E di far vivere. Il significato che ha per me la scelta fatta di preservazione della fertilità è che nella vita c'è sempre una soluzione a tutto se la convinzione di dove si vuole arrivare è tanta.
Una metafora per rappresentare ciascuna delle più importanti figure mediche cui mi sono rivolta... Li vedo tutti lavorare come sarti. Uno a cucire una gonna di speranza. L'altro una bella maglietta di forza. Poi ne immagino uno creare un cardigan di sorrisi e un altro un bel fiocco di umiltà da mettere tra i capelli. Poi li immagino tutti insieme che si uniscono. E vestono ogni loro paziente di una luce nuova.
Una metafora per rappresentare me oggi... Mi sento una guerriera. Forse mal messa, un po’ dolorante ma che continua la sua guerra senza paura.
La me attuale è una ragazza che dai suoi problemi ha tirato fuori la forza che non pensava di avere. Sono diventata molto più rispettosa di me stessa ma nello stesso tempo non ho smesso di pensare agli altri. Sono rimasta quella che ama far sorridere le persone e che metterebbe sempre e comunque se stessa dopo. Però mi voglio bene a differenza di qualche anno fa. Ed a volte quando penso di crollare ho la forza di tirarmi due sberle e andare avanti.
Domani sarò una roccia. Indistruttibile. Sarò una donna ambiziosa. Aprirò il mio negozio e avrò un figlio meraviglioso.
Troverò l'amore, quello vero. Quello che da senso a tutto. E mi godrò ogni attimo. Dirò più spesso ti voglio bene alla mia famiglia e troverò ogni giorno un motivo per sorridere.
Come mi sono sentita nel raccontare la mia esperienza… Mi sono sentita parte di un qualcosa. E’ una sensazione bellissima vedere che a qualcuno davvero importi quello che le persone hanno da dire. Oggi si parla poco e non
capiamo che la comunicazione tra le persone è il patrimonio più grande dell'umanità. Quindi grazie per avermi fatta sentire parte integrante del progetto e automaticamente della vostra esperienza di vita.
2. 37 anni, intervento nel 2011
Sono venuta in questo centro prima di sottopormi alle sedute di chemioterapia. Ho pensato che dovevo farlo nell'eventualità che non mi tornasse il ciclo mestruale.
Le persone che mi erano vicine mi appoggiavano, in quel momento erano tutti troppo spaventati dall'idea del cancro. I medici di riferimento mi hanno detto di farlo.
La mia speranza era di tornare ad essere sana e riavere il mio ciclo, in realtà.
Il giorno dell’intervento ovocitario con me c'era il mio compagno.. se durante la visita, tramite l'eco, si vedevano molti follicoli, il giorno del prelievo solo 6 erano effettivamente maturi e la cosa mi ha demoralizzato molto. Devo dire che se l'empatia delle dottoresse in ambulatorio era al top, davvero presenti e umane, il distacco e la freddezza del medico, un uomo di cui non ho nemmeno ricercato il nome, è stata cosi in netto contrasto da rimanermi impressa in quel momento delicato, dopo che mi ero bombardata di ormoni e iniezioni e dove mi sarebbe bastata una sua parola di conforto, che non è arrivata. Io che per anni ho lavorato in Sala Operatoria in quel momento ho visto quanto era fredda quella situazione... Una pecca non trascurabile, in confronto al grande lavoro delle dottoresse nelle settimane precedenti. Il prelievo per me è stato fisicamente doloroso, e con un distacco umano a cui non ero preparata. Dopo ho pianto cosi tanto e cosi forte e a lungo che mi hanno mandato una giovane e carina dottoranda in Psicologia.. non l'ho accettata e le ho detto che in un atro momento mi sarei arrabbiata per quel ''rimbalzo'' ma che se voleva poteva restare.. ed è stata seduta accanto a me parecchio. Quando sono tornata a casa mi sono stati vicini il mio compagno, la mia famiglia.
Ho affrontato le altre cure bene, la mia Oncologa è a dir poco fantastica, ho incontrato Professionisti qualificati e scrupolosi.
Ripensando al percorso fatto sono contenta di averlo fatto, a me il ciclo è tornato e sono felice. E' bello sapere che c'è questa offerta, che resta una luce accesa quando si perde, anche se per poco, la speranza di tornare alla normalità.
Oggi sono felice, l'esperienza della malattia mi ha reso un'infermiera più empatica e una persona meno lamentosa per le piccole stupide cose. Io oggi mi ritengo una persona fortunata. Anche domani sarò felice, lo ero prima di ammalarmi, lo sono stata spesso durante le cure, lo sono oggi.
Come mi sono sentita nel raccontare la mia esperienza… Credo che ci voglia una particolare predisposizione d'animo per raccontare certe cose, cosi' intime, come ad un'amica in un dato momento.. forse per il mio ricordo “oscurato'' non ne parlo volentieri e non lo rivivo con serenità , lo ammetto e spero di non aver offeso nessuno dei professionisti che opera in questo campo ,il progetto è valido e interessante e la maggioranza delle persone è fantastica. Se il medico che ha effettuato il prelievo ovocitario leggesse e si rispecchiasse, gli chiederei, anche quando è una giornata no e spesso a noi operatori nella sanità può succedere, di sforzarsi a sorridere a chi è a gambe divaricate su quel lettino ..il resto delle considerazioni sarà dettato dalla sua indiscutibile intelligenza, in questa sede non metto in discussione e anzi riconosco la capacità pratica personale, ricordo con amarezza la mancanza di tatto, comprensione, e umanità. Mi sento meglio ad averlo detto, chissà che possa servire. Non l'ho mai raccontato a nessuno fuori dalla mia cerchia famigliare, le donne a cui parlo di prelievo ovocitario hanno vissuto o vivono il mio dramma, e il programma è talmente bello e valido che non voglio metter loro ansia ulteriore...ma mi auguro che quel medico con loro si comporti diversamente.
Grazie per l'opportunità, temo di non avervi aiutato troppo.
3. 27 anni, intervento nel 2012
Sono venuta in questo centro perché all'età di 22 anni mi è stato diagnosticato un teratoma cistico immaturo all'ovaio destro con conseguente asportazione dello stesso. Siccome avrei dovuto fare della chemioterapia e avevo un ovaio solo, mi è stato consigliato di fare la conservazione degli ovociti. Quando ne sono venuta a conoscenza sono rimasta
entusiasta, vista la mia giovane età era davvero un'occasione da non perdere è stato il chirurgo che mi aveva portato precedentemente a parlarmi di questa possibilità e ne sono rimasta entusiasta, visto che oltretutto facendo chemioterapia c'è il rischio di avere difficoltà nel corso degli anni a rimanere incinta. Il dottor C. me l’ha consigliato come percorso più logico - intervento -preservazione - chemioterapia. Mi sono trovata subito d accordo con lui.
Le persone che mi erano vicine mi hanno sempre sostenuta e sono rimasti entusiasti quanto me per l'opportunità che mi era stata offerta. Il sostegno delle persone con cui viviamo secondo me è fondamentale. Nessuno mi ha mai sconsigliato di intraprendere questo percorso, credo che sia un'opportunità da non perdere. Io personalmente ho vissuto questa cosa come un 'opportunità e ne ho parlato in maniera entusiasta con tutti.
Quando sono arrivata nel centro di preservazione della fertilità ho trovato un ambiente decisamente intimo, mi sono sentita subito a mio agio.
I miei genitori che mi hanno sempre sostenuta il giorno del prelievo c'erano entrambi, d'altra parte avevo solo 22 anni.
Non è assolutamente doloroso, sono stata un paio d'ore seduta tranquilla, dopo mi hanno dato un foglio dove c'era scritta data e giorno del prelievo e il numero degli ovociti, quando deciderò di utilizzarli so che sono lì e sono di mia proprietà. Poi ho preso la mia macchina e sono tornata tranquillamente a casa.
Ho affrontato le altre cure con grinta e coraggio, la speranza di poter affrontare la maternità in ogni caso mi ha dato molta forza nonostante le chemio mi debilitassero moltissimo.
Ripensando al percorso fatto, lo rifarei senza pensarci nemmeno un secondo. La preservazione della fertilità per me è un’opportunità per il mio futuro!
Una metafora per rappresentare le figure mediche di riferimento… La luce in fondo ad un tunnel!
Una metafora per rappresentare me oggi… Una leonessa che non si arrende mai.
Oggi sono una donna con una consapevolezza diversa della vita e delle mie esigenze, desidero una famiglia e non mi sarei mai perdonata se avessi sprecato questa opportunità. Domani sarò una madre fiera di me stessa e dei miei figli.
Come mi sono sentita nel raccontare la mia esperienza… Utile ...decisamente utile! Essere informati è fondamentale, fare il prelievo è una questione di amor proprio verso se stessi e verso i figli che verranno, nel mio caso lo stavo facendo perché poi avrei affrontato un periodo di grande sofferenza, per me era doveroso fare qualcosa che mi assicurasse della felicità negli anni futuri.
4. Ginecologa
Una metafora per rappresentare il mio ruolo professionale… ...fare in modo che i semi che sognano sotto la neve invernale possano realizzarsi in primavera...
Il mio grado di conoscenza dei programmi di preservazione della fertilità delle donne è in continuo aggiornamento. Ne sono venuta a conoscenza attraverso l'attività oncologica quotidiana e il percorso di studi. Penso che le nuove tecnologie e la medicina debbano continuare a crescere insieme per migliorare sempre di più la qualità della vita. Le pazienti inizialmente forse non ne apprezzano a 360 gradi il reale beneficio perchè in quel momento le paure legate alla morte offuscano un po’ l'idea di una vita futura. Quando però iniziano le cure e vedono meno grigio il futuro, l'idea di poter ancora delineare un progetto famigliare le aiuta a vedere di nuovo il mondo a colori. Nel contesto delle cure di cui mi occupo, l’intervento di preservazione della fertilità rappresenta un motivo di orgoglio, perchè da donna e mamma so quanto sia importante avere questa preziosa possibilità.
Quando una paziente mi chiede informazioni o pareri sul programma di preservazione della fertilità cerco di basarmi sulle informazioni che mi danno i colleghi del progetto fertisave ma non nego mai il programma a nessuna, o meglio propongo sempre loro un colloquio con i veri "artefici" di tale intervento. Le pazienti spesso chiedono di essere ascoltate, di poter dire ciò che pensano liberamente e a volte hanno bisogno di essere anche guidate, la diagnosi di un
tumore comporta inizialmente una chiusura verso il mondo e spetta a noi operatori sanitari aiutarle a riaprire qualche spiraglio in modo da riportare la luce. E’ importante interfacciarsi con le famiglie, una volta terminato il colloquio, la visita, loro tornano nelle loro mura domestiche e se chi sta loro attorno è informato e vive con loro questo viaggio ogni difficoltà diventa meno difficile sia da una parte che dall'altra.
La rete multidisciplinare dovrebbe crescere molto di più. Ma sono fiduciosa perchè molto è cambiato negli ultimi anni.
Mi sento un punto di riferimento nei percorsi di cura integrati delle mie pazienti quando so di avergli fornito il giusto percorso!
Dopo l’intervento di preservazione della fertilità, le pazienti sono piene di domande…
Tale intervento influisce moltissimo sull’intero percorso di cura, pensare di poter avere un figlio implica pensare di avere un futuro.... non c'è migliore cura dell'ottimismo!
Sarebbe bello creare un ambulatorio in cui oncologi e medici della riproduzione potessero seguire insieme le pazienti in modo da dare loro più continuità di cura.
Spero di potermi occupare delle mie due passioni in modo unitario... aiutare le pazienti oncologiche a vivere la loro maternità. Il mio percorso professionale domani sarà di sicuro al servizio delle donne!
Come si è sentita nel raccontare la sua esperienza… possiamo sorridere e sbocciare come un fiore e la nostra famiglia e tutta la società trarranno beneficio dalla nostra pace. Thich Nhat Hanh.
5. Ginecologa
Il mio grado di conoscenza dei programmi di preservazione della fertilità delle donne è adeguato.
Per le pazienti che decidono di seguire il percorso di preservazione della fertilità, tale possibilità rappresenta una speranza. Nel contesto delle cure di cui mi occupo, l’intervento di preservazione della fertilità rappresenta un punto chiave.
Quando una paziente mi chiede informazioni o pareri sul programma di preservazione della fertilità fornisco i riferimenti del caso. Le pazienti chiedono 1. Probabilità di procreare dopo trattamento oncologico, 2. le cure ormonali aggravano il decorso della malattia/ritardano la guarigione. Il colloquio informativo è sempre condotto in presenza del partner.
Le rete multidisciplinare… GIC.
Mi sento un punto di riferimento nel percorso di cura delle mie pazienti quando pianifico il trattamento pre-operatorio.
Le pazienti dopo l’intervento di preservazione della fertilità affrontano più consapevolmente il percorso diagnostico/terapeutico successivo.
Quasi mai lo la possibilità di avere un feedback a distanza di tempo relativo all’intervento di preservazione della fertilità.
Per migliorare la qualità del mio supporto alle pazienti interessate al percorso di preservazione della fertilità vorrei che si stabilisse una comunicazione diretta e quotidiana tra gli esperti dei settori d'interesse.
Per il futuro, penso che le cure di cui mi occupo potranno evolvere verso le target therapy. Il mio percorso professionale domani sarà in un centro multidisciplinare.
Come mi sono sentita nel raccontare la mia esperienza … utile.
Storie di Beta Talassemia Major – Racconto libero
1.
“La scuola l'ho vissuta male sono stata ricoverata molto tempo per operazioni o malattia e quindi ho perso tanto fino alle medie mancavo sempre quando c'erano le gite o cose che amavo ma che sfiga se ero sana non capitava alle superiori meglio ma cmq le assenze da scuola pesano alla lunga per una cosa e l'altra poi ricordo ancora l'imbarazzo di una volta a lezione di ginnastica quando uno stupido supplente mi disse davanti a tutti se ero io quella malata presa dal panico negai se ero sana non succedeva ... sempre avuto poche amicizie e relazioni ma nessuno ha mai saputo che ero malata, lavori non ho mai fatto cose vere e proprie ho fatto cameriera e ho portato volantini ma nulla di serio il mio tempo libero anni fa giravo molto per l'Italia con amici che avevo in varie regioni seguivamo il nostro cantante preferito facevo anche 5 concerti a settimana file di notte sveglia in piedi per ore dormire per terra correre per la prima fila ora tutto finito non posso per i dolori alle caviglie per l'artrosi ho dovuto mollare a casa ci sto spesso se devo uscire valuto con chi e dove altrimenti non posso ho rinunciato a gite al mare o sulla neve con immenso dispiacere, quando devo farmi aiutare anche se cerco di no mi pesa mi sento umiliata ogni volta che devo dire no grazie e inventare una scusa ho un cervello sano e attivo pieno di sogni idee e desideri in un corpo guasto se devo andare via devo studiare ogni dettaglio la cosa che desidero è guarire non mi levo l'artrosi ma vorrei levarmi tutto il resto degli impicci.”
2.
“Mah! nei primi 20 anni, sia io, sia i miei genitori abbiamo vissuto ogni giorno come se fosse l'ultimo, questo ci ha limitati non poco, si cercava di seguire al meglio le terapie nel tentativo di "spostare l'arrivo" sempre un po’ più in la.
Questo perseverare ci ha privato delle tante libertà che un bimbo, un ragazzino, un ragazzo, può godere nel suo primo 20ennio di vita, ad esempio dopo la terza media (scuola dell'obbligo) i miei genitori hanno pensato di non farmi stancare troppo... ho iniziato le superiori a 20anni... Però grazie ai miei genitori, che mi hanno sempre seguito nelle terapie e "conservato bene", oggi sono a "godermi" il 20ennio successivo, ho avuto la forza di cambiare regione, di iscrivermi a scuola, di trovare un lavoro, di avere oggi una splendida famiglia, la mia (moglie e figlia), che mi aiuta e mi sostiene, mi rammarica il fatto che anch'essa oggi conosce il dolore del soggetto talassemico e si adegua alle difficoltà del caso... spero di non essere un limite per loro. Maledetta talassemia e maledetta società che con il finanziamento di un solo giorno di guerra in Afghanistan avresti costruito in Italia 200 nuovi ospedali.”
3.
“La mia vita è una vita come le altre, ho 32 anni sono laureata ho lavorato per diversi mesi senza problemi, ho una bella famiglia che mi ha sempre fatto vivere la mia vita appieno senza limitazioni dovute alla malattia ma allo stesso tempo i miei genitori sono stati sempre intransigenti nelle cure e ora che faccio da me lo sono anche io, sto bene in tutto e spero che le cose rimangano cosi per ancora tanto tempo, esco, viaggio e mi organizzo in base agli impegni dovuti alla patologia, per il futuro mi auguro di rimanere così, la guarigione definitiva sarebbe un bel passo ma comunque la mia vita va bene uguale, sono dell'idea che tutti abbiamo i nostri problemi e a me è toccato questo. Mi auguro di trovare presto un lavoro, poter vivere da sola e condurre la vita normale che ho sempre fatto finora.”
Le storie delle persone con Sclerosi Multipla
1.
Mi accorsi di essere come in trappola, di non avere più un futuro lineare e libero, ma di dipendere da un qualcosa che in ogni momento potrebbe sconvolgere la mia vita, ed annullare i miei progetti.
Nel momento in cui mi comunicarono che avevo la sclerosi multipla mi sentii cadere il mondo addosso.
Anche se avevo già una vaga idea (che mi ero fatta "girovangando" in rete) che i miei sintomi portassero proprio a questa malattia, dentro di me non volevo crederci, ed il vedere la risonanza e leggere tutti quei paroloni incomprensibili ed avere da parte del neurologo una conferma è stata una doccia fredda.
e decisi di non demoralizzarmi eccessivamente, forse e soprattutto grazie alla vicinanza del mio ragazzo, sono riuscita fin da subito a trovare una forza che non pensavo di possedere, ed un ottimismo che in me non c'era mai stato. Ho iniziato fin da subito ad aver piena fiducia nelle terapie, senza mai avere il minimo dubbio sul loro utilizzo, indipendentemente dagli effetti collaterali, per me il fatto di avere la possibilità di combattere la malattia è la cosa più importante.
Nei giorni immediatamente successivi mi sentivo come seduta su una bomba pronta ad esplodere, avevo
paura di ogni minimo formicolio o sensazione diversa, stavo attenta a tutto, e chiamavo la neurologa per
sincerarmi che ogni strana sensazione non fosse una ricaduta.
Io con gli altri mi comportavo normalmente, ero io quasi a dover tirare su il morale agli altri, a convincerli che stavo bene, che dovevano essere ottimisti, via musi lunghi, dovevano vivere normalmente sia loro che io.. Ero molto razionale come se la vivessi non in prima persona ma in modo oggettivo ed esterno. Solo con il mio ragazzo ero veramente me stessa, solo a lui davo la possibilità di vedere le mie paure, o i miei momenti di angoscia, ho fatto in modo che questi momenti rimanessero solo all'interno della nostra coppia, perché non sopportavo gli sguardi preoccupati degli altri.
Gli altri intorno a me non si comportavano tutti allo stesso modo c'era chi era triste preoccupato apprensivo e iperprotettivo, chi razionale e pratico, e chi evitava l'argomento come se non fosse successo nulla.
Il web per me ha avuto 2 sfaccettature diverse: prima della diagnosi mi ha portato sulla giusta strada, però mi ha messo anche tanta paura e ansia, perché sul web si trova di tutto ed elencando dei sintomi si può arrivare alle conclusioni più disparate, e non per mano di un medico che ti spiega in modo chiaro cosa comportano determinate malattie. Io non conoscevo la Sclerosi Multipla, per me SM=sedia a rotelle non sapevo altro, quindi il web da quel punto di vista ha prodotto solo tanta ansia e paura. Dopo la diagnosi ho invece trovato un forum di persone stupende con la mia stessa malattia, con le quali ho potuto parlare, leggere le loro esperienze, e conoscere la sclerosi multipla da un altro punto di vista. Questo mi ha aiutato tantissimo mi ha fatto capire che ci sono tantissime persone che l'affrontano e vanno avanti, facendomi capire che si può...
La ricerca della mia strada
La mia strada era diventata in salita, ed ignota
La sclerosi multipla per me era un grande punto interrogativo sul mio futuro, sulla possibilità di avere bambini e la vita che ho sempre sognato
Ho rinunciato a i miei sogni, anche se solo per un attimo ho pensato che tutto fosse perso...
Le mie conquiste sono state per me una conquista è stata proprio il riuscir ad affrontare un problema così grande, con tanto ottimismo e forza di volontà, senza lasciarmi sopraffare dalla disperazione. Affrontando la terapia senza lamentarmi degli effetti collaterali. Amare la mia vita, sentendomi felice nonostante la malattia, perché so di avere una bella vita e delle stupende persone vicino, e non mi importa ciò che dovrò affrontare. Questo per me e per il mio carattere ed il mio percorso passato è un enorme conquista.
Io con gli altri ero me stessa, ma fingevo di stare sempre meglio di come stavo in realtà, non sottolineavo mai un problema fisico, tendevo a far finta che non ci fosse, per non mostrarlo agli altri e non farglielo pesare, per non dover vedere le loro facce compatirmi.
Gli altri con me: la maggior parte delle persone si comporta normalmente, c'è chi si informa della mia salute, e chi fa come se la malattia non ci fosse. I miei genitori invece sono eccessivamente apprensivi, mio padre si preoccupava per qualunque cosa e al primo problema diventava cupo e pessimista.
Il web era diventato la mia valvola di sfogo, e la fonte principale di ricerca di notizie
L’ambiente intorno a me era fatto di persone care avevo bisogno della compagnia fissa di alcuni miei punti di riferimento, altrimenti avevo paura (anche se non volevo ammetterlo)ad andare nei posti anche all'università o in giro.
e mi dava conforto cucinare, ho riversato i miei problemi nella cucina soprattutto il mese dopo la diagnosi mi sono dedicata completamente alla cucina tenendomi la mente occupata.
La mia strada ora
Oggi la mia strada è sempre un po' in salita, ma la vedo molto più delineata rispetto al passato. Non so cosa mi aspetta, non so come sarò, ma so che avrò accanto la/e persona/e che amo e questo per me è sufficiente.
La sclerosi multipla per me è una malattia seria, ma che non deve privarmi dei miei obbiettivi, una malattia che combatterò sempre e con tutte le mie forze in modo da vivere la mia vita nel modo più normale possibile!
La mia quotidianità è esattamente quella di prima non è cambiato niente da prima della diagnosi ad oggi.
Sono solo cambiata io e il valore che do a tante piccole cose
Non riesco più a essere eccessivamente cattiva con le persone, o a prendermela per cose futili e stupide, perché non ne vale la pena.
Da quando ho scoperto di avere la sclerosi multipla sento di aver guadagnato tanto ottimismo che prima
non avevo, tanta forza e sicurezza in me stessa che prima non pensavo di avere.
Riesco a dare molto più valore alle cose importanti della vita, a percepire la bellezza ed il valore della vita e della salute.
Penso che il supporto che ho ricevuto durante il mio percorso sia stata adeguato alle mie esigenze, al mio tipo di malattia e al suo evolversi.
Oggi con gli altri sono me stessa.
L'ambiente intorno a me mi rapporto con l'ambiente intorno a me come prima, non ho problemi o paure ad uscire sola, non noto differenze da prima della malattia.
Il web è sempre una valvola di sfogo, e spesso nell'ambito del forum che frequento, è una casa ed una famiglia su cui contare...
Il domani lo vedo come lo vedevo prima di sapere della malattia, l'unico punto non nitido è la possibilità di diventare mamma...ma lo spero
Se immagino il domani, vorrei che fosse vorrei vedermi sposata con la persona che amo, con un lavoro che rispecchi ciò che ho studiato e con un bambino, me ne basta uno perché non avrò il coraggio probabilmente di rischiare due volte, ma un bambino lo vorrei con tutto il cuore e se avrò la possibilità farò di tutto per averlo
Come ti sei sentito nel poter raccontare la tua esperienza?
Mi fa piacere raccontare la mia esperienza, come mi fa piacere parlare della malattia, vorrei che ci fosse più spesso la possibilità.
2.
Un giorno ero tranquilla in casa quando improvvisamente mi accorsi di avere una sensazione diversa alla parte sinistra del tronco... la pelle era "come se non fosse mia". Non sopportavo nemmeno il contatto con la maglietta. Nello stesso periodo mia madre aveva contratto il "fuoco di Sant’Antonio" e quindi io fui liquidata dal medico di base con questa presunta diagnosi. "Vai per via del tutto cautelare da un neurologo"
mi disse e questo mi consigliò una rm cervicodorsolombare e anche una rm al cervello.. entrambe con contrasto. Il medico di base sottovalutò la cosa nuovamente.. non feci nulla di quello indicato dal neurologo.
Estate 2012.. ero in S. in vacanza. La mattina mi svegliai e avevo perso la sensibilità al polpastrello della mano destra.. piano piano, nei giorni a seguire, la cosa si estese a entrambe le mani.. tutte le dita erano diverse. Settembre 2012.. iniziai a sentire piegando la testa in avanti, una vibrazione.. quasi una scossa.. dal collo al fondo della schiena. A volte prendeva anche la gamba.. da li, grazie a una visita fisiatrica riuscii a fare la risonanza magnetica.. e li uscirono le lesioni.
Nel momento in cui mi comunicarono che avevo la sclerosi multipla mi sentii come una persona che già sapeva di questa malattia. Non era una novità dentro di me.. avevo letto su internet dei sintomi uguali ai miei.. e dentro di me già sapevo. La più grande preoccupazione era il non poter diventare mamma... ma fortunatamente non vi erano controindicazioni.
e decisi di continuare a vivere come se niente fosse. Volevo continuare ad essere normale.
Nei giorni immediatamente successivi era un incubo. La notte non dormivo. Mi sembrava sempre di non sentire una gamba, un braccio.. le dita... vivevo davvero nel terrore di questa brutta bestia.
Io con gli altri ero Sincera... affrontai il tutto con la mia famiglia. Il mio ragazzo e mia madre sono state le persone più vicine a me.
Gli altri intorno a me erano Preoccupati... infatti non mi è permesso poter parlare liberamente delle mie paure perché non è bello sovraccaricare di problemi e paure le persone che ami.
Il web è stato Un aiuto. Trovare persone che vivono quello che vivi tu è estremamente importante.
La ricerca della mia strada
La mia strada era diventata In salita inizialmente. Non è semplice sapere di essere diverso. Di essere tu il malato.. il dover rivedere la tua vita.
La sclerosi multipla per me era Una brutta bestia. Una cosa insormontabile.
Ho rinunciato a uscire con gli amici il venerdì sera perché la terapia auto-iniettiva fa venire la febbre... a prendere il sole se no i "pomfi" si gonfiano.. rinunciato a fare diverse cose durante il giorno perché se no il mio corpo non ce la fa.
Le mie conquiste sono state Capire che bisogna modificare il proprio stile di vita per tornare a sentirsi normali. l'aver trovato lavoro e avere lo stesso splendido ragazzo al mio fianco.
Io con gli altri Sono cambiata. Mi sento più matura e mi arrabbio di meno.
Gli altri con me Alcuni mi sembrano uguali. Altri inizialmente preoccupati per la mia salute ora sembrano essersi dimenticati della mia patologia e altri ancora sono iperprotettivi.
Il web era diventato Una casa.
La mia strada ora
Oggi la mia strada è In piano... non in discesa ma nemmeno in salita.
La sclerosi multipla per me è Sempre una brutta bestia. Ma fa parte di me. Mi trovo costretta ad accettarla come compagna di viaggio.
La mia quotidianità è Lavoro e casa. Conduco una vita normale al momento.. e pagherei perché tutto possa rimanere così.
Non riesco più ad avere la serenità di una volta.
Da quando ho scoperto di avere la sclerosi multipla sento di aver guadagnato In maturità. Sono nettamente migliore. Do importanza alle piccole cose e mi accorgo di quanto sia importante ogni singolo giorno.
Penso che l’assistenza che ho ricevuto durante il mio percorso sia stata Negativo. Non vi è stato alcun supporto psicologico. Sono stata messa al corrente della diagnosi con una tirocinante che mi sbadigliava in faccia. La terapia è stata scelta dai dottori senza nemmeno troppe spiegazioni. Penso che si debba essere più umani nel diagnosticare una malattia che ti cambierà per sempre.
Il domani lo vedo come un incognita. Non ho idea di ciò che sarà.
Se immagino il domani, vorrei che fosse Con una grande serenità. Con gioia per i miei cari e per me. Vorrei tanto essere sana.
3.
Nel 2001, quando ho avuto il primo sintomo della SM, ho avuto una lieve neurite ottica con un minino carico lesionale, poi autonomamente rientrata; da allora sono stato bene fino al 2008 quando mi accorsi che progressivamente l'uso della gamba, del braccio, della mano e del piede sinistro diminuiva, la sensibilità spariva e la forza veniva meno tanto da dover utilizzare un bastone per camminare e la mia schiena e i miei arti erano invasi da "scosse elettriche" quando flettevo verso il basso il collo. Mi accorsi che tutto quello che una persona sana può fare, tutto quello che avevo sempre fatto, non lo potevo più fare.
Nel momento in cui mi comunicarono che avevo la sclerosi multipla mi sentii perso, fu come ricevere un pugno allo stomaco, un pugno che ti toglie il fiato e ti piega; avevo paura e tutte le prospettive che avevo per il futuro prossimo si dissolsero, invase da quella nuova ignota realtà, come quando un'onda distrugge un castello di sabbia.
Decisi di rifugiarmi negli affetti, nella famiglia, negli amici, nell'amore, per cercare di innalzare una barriera che la malattia non potesse abbattere, qualcosa che potesse escludermi da quella realtà, o quanto meno mi desse la forza di affrontarla
Nei giorni immediatamente successivi cercai di "attutire il colpo", di rimettermi in piedi quanto prima e quanto meglio potessi, cercando di non pensarci troppo, ma sforzandomi di usare le mie forze per tornare ad usare le mie gambe, il mio braccio e la mia mano sperando nel cortisone.
Io con gli altri cercavo di essere sereno, di lasciar trasparire tranquillità e positività, cercavo di non essere visto come un "derelitto", ma come uno che accetta e affronta la cosa, anche se interiormente ero davvero provato.
Gli altri intorno a me erano dei conoscenti c'era chi ti guardava come per dire: "come mi devo comportare con te? Cosa posso dire non di stupido, ma nemmeno di pena?", ma in generale a parte questo aspetto sono sempre stati positivi. Gli amici veri (mi basta una mano per contarli) c'erano, e mi facevano sentire il loro affetto e la loro presenza, mi venivano a trovare per chiacchierare un po’, per sentire gli aggiornamenti e per vedere se stessi meglio di com'ero prima del ricovero
Inizialmente il web era una inevitabile fonte di aggiornamenti, oltre che un rischio enorme di trovarsi davanti a problemi ingigantiti, a realtà non proprie, trovavo siti dove regnava la confusione, altri che dispensavano notizie o realtà disastrose. Diciamo che ho sempre "centellinato" l'uso del web e ho sempre usato fonti e siti che reputavo seri e ufficiali.
La ricerca della mia strada
La mia strada era diventata Era diventata una corsa ad ostacoli di cui non conoscevo la mappa. Non sapevo
quando avrei incontrato un ostacolo e che genere di ostacolo avrei dovuto affrontare, ma ho deciso che
dovevo correre, che dovevo affrontare questa nuova realtà, perché fermarsi a quel punto sarebbe stato inutile e controproducente.
La sclerosi multipla per me era un'ingombrante compagna di viaggio, una "terza incomoda" tra me e la mia vita, ma era una compagna con cui dovevo imparare a convivere volente o nolente.
Ho dovuto rinunciare ad assistere ad alcuni concerti, ho dovuto rinunciare ad andare a sciare, ho dovuto rinunciare a giocare a pallone fino allo sfinimento sotto il sole, e soprattutto ho dovuto rinunciare alla mia moto, che tanto ho sudato per avere; adoravo la mia moto, non la usavo tantissimo, ma quando ci salivo ero felice, amavo fare delle "passeggiate in moto", ho alzato un polverone in casa mia quando a 19 anni ho fatto la patente A e quando l'ho comprata a mia mamma ancora un po’ viene un colpo, ma poi ci hanno fatto l'abitudine. Quando l'ho venduta a causa del calo del campo visivo che non mi permetteva di guidarla in sicurezza, quando l'ho vista andar via con in sella la persona che me l'ha comprata, beh qualcosa si è
"rotto" nel mio cuore, è stata la vera grande e pesante rinuncia dovuta alla malattia. La mia fidanzata (e attuale moglie) mi rincuorava e mi diceva che rischiavo di farmi male o farlo ad altri; aveva perfettamente ragione, ma se non avessi avuto la SM sarebbe stata ancora nel mio garage e questo mi fa decisamente arrabbiare.
Le mie conquiste sono state: non sono più agofobico tanto per cominciare, prima avevo una paura incredibile di fare solo l'esame del sangue, ma dopo più di 5 anni di iniezioni (terapie e controlli) mi è decisamente passato; a parte le frivolezze ho conquistato maggiore forza interiore, maggior equilibrio e soprattutto gioisco di più delle cose belle della vita. Prima le cose positive erano quasi "scontate", tanto da non accorgerci che c'erano, dopo aver affrontato la realtà della malattia, invece, ho notato di notarle, di godere della loro presenza e di apprezzarle sempre.
Io con gli altri sono sempre uguale, cerco di fare tutto quello che ho sempre fatto, cerco sempre di far valere le mie esigenze, se reputo siano importanti, cercando di non far mai pesare la mia "situazione" se non nei periodi in cui ho bisogno di rallentare un po’… Sono diventato però sempre solare, gentile e invece di essere
"consolato" cerco di essere io quello che aiuta a capire.
I veri amici sono quello che erano dopo la diagnosi, attenti e presenti, i conoscenti si sono via via "diradati"
un po’ perché non abbastanza conoscenti da essere amici ed essere interessati, un po’ perché ognuno ha la propria vita. Ricordo un film tratto da un libro di Stephen King dove alla fine la voce fuori campo dice: "gli amici vanno e vengono nella vita di un uomo come camerieri in un bar"; anche se forse un po’ superficiale, mi è sempre rimasta impressa questa frase. Beh ha ragione.
Il web era totalmente cambiato, ho aperto un blog dove scrivevo le mie esperienze con la malattia, i miei
"passi" in questo mondo, le mie visite, i farmaci che mi proponevano, quelli che ho preso; poi ho notato che il blog mi andava stretto, volevo essere di aiuto, volevo aiutare tramite il web chiunque entrasse nel mondo di questa malattia e così nel 2009 dopo un anno abbondante di malattia ho fondato un forum, che rispetto ad un blog è proprio un "luogo di tutti"; ecco io volevo che fosse un luogo di tutti, dove per tutti il fine era trovare o dare aiuto, ascolto, consiglio per far sentire le persone malate meno sole e confuse, perché la malattia ci piegasse si come quando si riceve un pugno nello stomaco, ma non ci spezzasse, perché se c'è una comunità di "amici" che ti capiscono e ti ascoltano e ti prendono per mano allora tutti possono combattere e trovare la forza per farlo. Inizialmente credevo che questo progetto rimasse una cosa "intima"
tra me e pochi amici virtuali, ma ora è una realtà enorme che aiuta tanta gente e so che il web è un posto leggerissimamente migliore (per quello che riguarda questa malattia) perché c'è il mio forum, dove io stesso trovo forza e voglia di combattere sempre.
Ho cercato sempre di fare in modo di non storpiare la realtà che avevo prima della malattia. Per me l'ambiente attorno era ed è sempre uguale, ma da quando ho ricevuto la diagnosi mi sono riavvicinato alla fede e alla Chiesa, che ora vedo come parte integrante e fondamentale della mia vita.
Il conforto più grande era ed è il mio forum.
La mia strada ora
Oggi la mia strada è una strada che potrebbe portare a degli ostacoli, ma so che questi ostacoli non li affronterò mai solo, ma con la mia meravigliosa moglie. Qualsiasi difficoltà troverò la affronterò e qualsiasi difficoltà sarà non mi abbatterà mai e non mi toglierà mai il sorriso e la forza che il sorriso può darmi.
La sclerosi multipla per me è la "fanciulla" che mi porto appresso. La tengo buona, la rispetto e la ascolto
quando mi lancia "messaggi", ma in cambio lei deve rispettare me. Fino a prova contraria sono ancora io
che comando.
La mia quotidianità è una quotidianità quanto più possibile normale, cerco di svolgere una vita normale senza chiedere troppo però al mio corpo. Quando si ha questa malattia ho imparato che bisogna ascoltare il proprio corpo e capire quando si può fare qualcosa e quando invece è meglio tirare un pochino il freno.
Non riesco più a Le cose che ho perso sono le stesse che ho perso dopo la diagnosi.
Da quando ho scoperto di avere la sclerosi multipla sento di aver guadagnato Sono più forte, determinato e positivo. Inoltre ascolto di più il mio corpo e apprezzo quanto di positivo ci regala la vita. Un sorriso, un grazie, un cenno di gentilezza per me sono piccolezze che prima non apprezzavo come ora, sembra folle pensare che sia stata la malattia a fartele notare di più ma vi assicuro che è così.
Pensando al supporto che ho ricevuto durante il mio percorso, sono sempre stato seguito molto bene nelle varie fasi della malattia dal Centro SM della mia città e dalla mia neurologa. Per quanto riguarda le terapie ho optato per terapie auto-iniettive per circa 5 anni e ora seguo una terapia orale. Sono certo dei risultati e dell'efficienza dei supporti che ho ricevuto; certo alcuni meno efficaci o meno tollerabili rispetto ad altri, ma come se questo serve a rallentare la malattia di certo "il gioco vale la candela"!
Oggi con gli altri sono sempre sorridente e positivo, bisogna esserlo, perché la malattia non è la fine della vita, la vita va vissuta al meglio e quanto più positivamente possibile, certo ci sono momenti no, ma bisogna sempre far prevalere la positività soprattutto con gli altri.
L'ambiente intorno a me personalmente lo reputo invariato e culla della mia quotidianità
Il web è fondamentale. Senza il mio forum sarei... perso forse no... però sarei molto meno forte, anche perché grazie ad esso ora conosco persone meravigliose che hanno la mia stessa malattia e con le quali gestisco questo spazio virtuale e questo è meraviglioso.
Il domani lo vedo come un cammino mano nella mano con mia moglie, incuranti delle difficoltà, perché qualsiasi esse siano insieme le supereremo.
Se immagino il domani, è molto scontato al limite del superficiale forse, ma vorrei tanto che prima o poi ci sia la possibilità di arrivare alla cura di questa malattia, troppi ragazzi/e sono coinvolti e colpiti da questa malattia, che di certo non è la peggiore che esista, ma che mette a durissima prova se stessi e che richiede enormi sacrifici mentali e fisici.
Come ti sei sentito nel poter raccontare la tua esperienza?
Ho aperto il mio cuore e credo sia una cosa molto bella, mi sono sentito bene perché spero che questo possa essere di aiuto/ispirazione per qualcuno in difficoltà.
Cartelle parallele di pneumologi esperti nella cura della BPCO (Broncopneumopatia cronica) 1.“Uno splendido combattente”
Incontrai questo splendido uomo 15 anni fa all’inizio, si fa per dire della Sua malattia.
Dico così perché questo uomo tenace come una roccia quando viene alla mia attenzione non ha la solita BPCO nelle fasi iniziali, ma è molto sintomatico con tosse catarro, dispnea.
Fin dalla prima visita avevo capito che era un tipo tosto, educato ma solo in parte recettivo e disposto a capire la gravità della Sua malattia e lo stadio già in parte avanzato.
Mi raccontò subito che voleva guarire.. presto perchè aveva un sacco di cose da fare e che aveva appena raggiunto la pensione.
Ora tutte le Sue forze dovevano essere dedicate alla moglie ai figli ai nipotini che certo sarebbero arrivati e che si era scocciato di avere sempre quella tosse, quel catarro e quella mancanza di fiato al primo sforzo importante
Io sono rimasto stupido da quel mix di voglia combattere , di amore per la famiglia, che si contrapponeva alla non curanza con cui fino ad ora aveva affrontato la sintomatologia non da nulla.
Pertanto finiti gli accertamenti per inquadrare bene il livello della BPCO comunicai al Paziente la diagnosi di BPCO, il Suo stadio II/ III Gold e aspettai la reazione del Paziente.
La prima cosa che mi chiese fu “quanti stadi a sto “c....” di Gold e cosa significa ?
Capii che ciò che avevo comunicato era un dato “ stupido”…uno stadio di malattia che per Lui significava poco.
Per quanto riguardava poi i risvolti terapeutici… anche a parer mio non era poi tanto utile.
Ho pensato che con quel dato tecnico rischiavo di perdere il”feeling” con Lui e che in fondo quello era l’unico obiettivo che non dovevo assolutamente mancare.
In fondo cominciavamo un rapporto interpersonale, Lui aveva bisogno di me.
Dovevo buttare le vesti del “ saccente medico “e rivestire quelle più consone del “Medico Amico” ( la maiuscola nel primo e la maiuscola nel secondo medico non sono affatto casuali né frutto di errore di compilazione)
A questo punto prescrissi la terapia a base di LAMA e LABA, consigliai la FKT Respiratoria, esegui una toilette bronchiale delle secrezioni e lo presi in carico completamente.
Lo rividi negli anni più volte , con alti e bassi, sempre combattivo.
Sono stato partecipe delle Sue gioie il matrimonio dei figli, la nascita dei nipotini…grandi gioie per Lui.
Ma condivisi anche le amarezze di quando si riacutizzava e non poteva dare una mano a moglie e figli e stare vicino ai nipotini.
La famiglia per Lui era orgoglio, voglia di vivere, energia per continuare a combattere mentre la malattia faceva il suo naturale decorso.
Le prove di funzionalità peggioravano, le riacutizzazioni aumentavano di numero ed erano sempre più frequenti minando le sue capacità di espletare le attività quotidiane e di giocare con i piccoli scatenati nipotini
A giugno 2015 eravamo ormai arrivati all’ossigeno terapia domiciliare continua….tirava avanti…..poi all’improvviso, a settembre, un arresto cardiaco a domicilio mentre giocava con il nipote di 8 anni….l’intervento del 118,l’intubazione sul posto la corsa in ospedale il ricovero in UCIC.
Quando mi hanno chiamato su pressioni della famiglia ho pensato che il capolinea per Lui fosse arrivato.
Ma anche che non potevo non andare al Suo capezzale.
Lui era intubato, monitorato, con 6-7 pompe per infusione farmacologica collegate.
Con la Collega Cardiologa abbiamo parlato a lungo di Lui e il mio inutile tentativo era di essere razionale.
Capivo che quell’uomo mi aveva coinvolto affettivamente.
Decidemmo di fare una broncoscopia, poi un’altra ,poi un’altra ancora per pulirlo dalle secrezioni che lo inondavano ogni giorno e così …con accanimento per molti giorni.
Poi incredibilmente il risveglio.. la ripresa il Suo sguardo che esprimeva ringraziamento oltre ai familiari sempre presenti anche per me
La mia gioia fu di vedere la Sua ripresa.. il ritorno fra “noi”.
Si a gennaio 2016 è tornato completamente fra “noi” con il Suo ossigeno, il Suo passo lento ,la Sua bella tosse .. ma anche con il Suo sorriso di riconoscenza e di amore per tutti coloro che lo circondano…le carezze per i nipotini.
Il vederlo mi ha aperto il cuore e per me oggi seguire questa persona è essere all’apice della felicità professionale, è la catarsi dei miei sogni di medico non sempre realizzati
Da questo Paziente ho imparato l’immensa voglia di vivere e di combattere per la vita ,la gioia della vicinanza e della serenità famigliare.
Spero per la mia futura vita professionale di avere ulteriori grandi lezioni da Pazienti come Lui e che a Lui sia riservato ancora un lungo cammino seppure nelle grandi difficoltà di salute, per la vicinanza stupenda della Famiglia
È stato molto bello rivivere sensazioni che a volte nella “routine” quotidiana appaiono normali, ma invece sono anche involontariamente momenti di profondo insegnamento personale
2. “La solitudine”
In occasione del pensionamento di un Collega che la seguiva mi fu presentata la Paziente Il Suo caso mi venne esposto dal Collega che me la affidava.
La Signora allora mi parve collaborante, desiderosa di continuare a seguire il percorso terapeutico con me , senza alcuna remora visto che chi la affidava alle mie cure la conosceva da anni e Lei lo stimava molto.
Mi raccontò allora della Sua malattia dei suoi alti e bassi,della Sua convinzione però che questo era tutto sommato ben controllabile.
La Sua vita era abbastanza regolare.
Io le assicurai tutto il mio appoggio.
Le feci presente che La avrei seguita come in precedenza faceva il mio Collega e che saremmo andati avanti secondo lo schema già predisposto fatto di LABA, LAMA e nelle riacutizzazioni importanti anche di qualche toilette bronchiale La diagnosi di BPCO e del suo stadio già lo conosceva e quindi non fu una sorpresa parlarne con Lei.
Io stesso mi sentii rinfrancato, sicuro che il cambio di Curante non avrebbe avuto impatto sulla Sua patologia e che nulla sarebbe cambiato per Lei .
E così effettivamente fu, per anni tutto andò bene fino a qualche mese fa.
Dopo le ferie la Signora mi parve improvvisamente cambiata, più chiusa, più preoccupata, con un aumento della sintomatologia e un minor controllo soggettivo della stessa.
Questo, pensai, non era da Lei.
Era sempre stata capace di gestire bene la Sua malattia, di sapere quando cercarmi per una visita privata o scrivermi una mail per un consiglio.
Qualcosa era cambiato e non riuscivo a capire cosa….forse avevo commesso qualche errore?
Ero forse stato poco attento con Lei.
La Paziente amava farsi un po’ coccolare e tranquillizzare durante le visite e io, credevo, non ero mai stato scortese con Lei.
La terapia impostata la seguiva correttamente, le prove di funzionalità respiratoria erano stabili, ma si erano accentuate le riacutizzazioni e la Sua ansia nei confronti della sintomatologia.
Tutto fu più chiaro a dicembre, quando venuta a visita accompagnata dalla figlia, con i soliti problemi, di riacutizzazione, non ce la fece più e scoppio a piangere.
Stupito da questa reazione in una persona che credevo solida dal punto di vista psicologico, cercai di consolarla.
Le dissi che dal punto di vista funzionale non era cambiato nulla, che periodi brutti di salute potevano capitare e che si sarebbe ripresa.
Tentai disperatamente di dare la colpa all’inquinamento particolarmente alto in questo inverno privo di precipitazioni.
A svelare il tutto fu la figlia che ad un certo punto si intromise e mi svelò l’arcano del cambiamento.
In famiglia era successo un grosso guaio.
Papà se ne era andato con un’altra donna e la mamma si era sentita improvvisamente svuotata, infangata, tradita in quegli affetti che le avevano sempre dato la forza di combattere.
Ecco mi dissi, fra me e me, adesso la frittata è fatta e non sarà facile ridare voglia e forza di vivere e combattere a Lei.
Cercai di spiegarle che tutto si rimediava, che erano brutti momenti ma sarebbero passati.. tutto parve inutile.
Se ne andò e dopo pochi giorni tornò a visita con l’ennesima “presunta” riacutizzazione.
Mi disse che forse avrebbe ripreso a fumare e poi, ancora , tra un singhiozzo e l’altro, senza la presenza della figlia mi svelò l’altro problema…quello economico:
“Non potrò più farmi seguire da Lei Dottore, perché non posso permettermi le visite a pagamento… mi rivolgerò all’ambulatorio Divisionale ..e chi trovo trovo..mi dispiace lasciarla…sappia che con Lei mi sono sempre trovato bene e anche adesso è riuscito a darmi un po’ di forza…Grazie! Grazie ancora per quello che Lei ha fatto per me!”
Pensavo di poterla aiutare ma non di essere così determinante per l’aiuto che Le davo, ma la decisione fu presto presa.
Le raccontai che vedevo tante persone che mi chiedevano un piacere e che avrei continuato anche con Lei . Il “vil denaro” in quel momento mi parve la cosa più sporca che potessi toccare.
La cosa importante era la “Persona” da aiutare materialmente e moralmente.
Il fine era ricostruire nella Sua volontà di andare avanti e combattere.
Pensare alla mia attività privata che mi da molte soddisfazioni a questo punto mi dava un po’ fastidio
Forse a me difensore strenuo della Sanità Pubblica, sarebbe piaciuto avere uno stipendio più adeguato e mollare completamente la parte Privata della mia Professione.
Soprattutto dopo questa esperienza ne avevo ancora più voglia.
Ho rivisto nei giorni scorsi la Paziente, mi è parsa un po’ più serena, rincuorata dal fatto che nei nostri rapporti non è cambiato nulla e confortata dal fatto che la mia disponibilità non è mutata.
Certo la pillola della separazione è dura da digerire..ma sta comprendendo che l’importante è Lei.
Stavolta credo di avere fatto proprio bene la mia scelta
Curare questa donna è un impegno professionale per gli anni di lavoro che mi restano.
Da lei ho avuto la conferma che il “vil denaro” nella nostra professione non è tutto.
Spero che tutto si sia tranquillizzato quando andrò in pensione e potrò passare Lei ad un Collega più giovane per seguirla nel tempo.
Credo che scrivere una cartella parallela sia un fenomeno catartico e che nella scrittura ognuno di noi possa trovare le ragioni profonde del rapporto con i suoi singoli pazienti e il valore della Nostra Professione.
3. Un corsaro senza paura
Il primo incontro con il paziente risale ad un tempo remoto, circa dieci anni fa, in una visita a domicilio, a S., in un’abitazione ubicata nel mezzo di una campagna rigogliosa, ed assai difficile da ritrovare. Ad attendermi, adagiato sul letto ed attorniato da una frotta di parenti amorevoli e premurosi, un ragazzo sui vent’anni, con una folta capigliatura nerissima, occhi scuri e profondi ed un fisico esile e provato. Alle mie domande il ragazzo rispondeva solertemente, a tratti interrotto dalla madre preoccupata che riportava con precisione i continui disturbi del figlio:
tosse persistente produttiva e continuo espettorato. Il ragazzo mi ha raccontato di essere affetto dalla nascita da bronchiectsie cilindrico-cistiche congenite con sintomi che, nel corso degli anni, avevano pesantemente condizionato la sua vita sociale. Appartenente ad una famiglia contadina, umile ma unitissima, D. aveva affrontato la sua malattia con il sostegno indefesso dei suoi familiari, che lo amavano profondamente anche per il suo carattere amabile e tranquillo, pronto al gioco e mai tendente all’autocommiserazione. Io, colpito dalla pacatezza e dalla tranquillità con cui il ragazzo presentava la sua (penosa)situazione, dopo una visita accurata ho formulato la mia diagnosi: “Broncopatia cronica ostruttiva con distrofia bollosa e bronchiectasie congenite”. Durante la comunicazione della diagnosi penso che il paziente si sia sentito quasi intimorito da tanti termini medici di significato a lui oscuro, ma con una arguzia e prontezza di spirito mi rispose con un sorriso:” Oh mamma bella du Carmine!!!!!” Dopo una risata collettiva, con i parenti solerti che mi offrivano caffè ed ogni ben di Dio, ho pensato che avrei davvero preso a cuore quel caro ragazzo, facendo tutto il mio possibile per alleviare le sue sofferenze affinchè potesse arrivare a condurre una vita degna di essere vissuta. Mentre uscivo da quell’umile casa, linda e piena di tangibile amore, con le braccia colme di uova,
formaggi e salumi, fra l’abbraccio e le benedizioni di quella donnina che era la mamma e la vigorosa stretta di mano di suo padre, con gli occhi raggrinzati dal duro lavoro nei campi ed umidi di lacrime per quel figlio sfortunato, sapevo che stava nascendo un rapporto che sarebbe andato oltre la normale relazione medico- paziente. E così fu. Ricoverai Domenico nella clinica riabilitativa in cui svolgo il mio servizio per due lunghi periodi in un anno. Nel frattempo il ragazzo si affezionò sempre più a me, chiamandomi talvolta per un saluto, per raccontarmi di un suo amore sfortunato o delle sue amicizie. Con il trascorrere del tempo i ricoveri si alternavano a visite regolari e, con processi lenti ma continui, la sua situazione, seppur oggettivamente grave, andò migliorando: era diventato più autonomo nella gestione dei suoi apparecchi elettromedicali (aeresolizzatore e ventilatore per la disostruzione bronchiale) ed era meno provato. In famiglia era più partecipativo alle quotidiane attività. Trascorreva, nonostante l’ossigeno, più tempo all’aperto, nella sua amata campagna, facendo, quando il tempo lo consentiva, brevi passeggiate con le sorelle sotto i pergolati adiacenti alla casa. Si dilettava con piccoli lavoretti manuali, ed aveva stretto amicizia con diversi ragazzi che aveva conosciuto in clinica, affetti dalle sue stesse patologie, con cui intratteneva rapporti costanti ed amichevoli attraverso il telefono ed il computer e che riempivano la sua giovane vita di nuova luce.. Con il passare degli anni Domenico divenne per me più di un paziente, un amico, un nipote, una persona cara. Per me curarlo è stata una grande soddisfazione nel vedere come era mutata nel tempo la sua vita, come ora godeva di alcune delle gioie a cui tutti i ragazzi hanno il diritto: si innamorava, rideva, scherzava…. Ma nel curare lui anche io ho imparato molto : l’importanza di una famiglia amorevole ed unita che fa scudo sui componenti più deboli e meno fortunati, il rispetto e la gratitudine offerti con sincerità e vero affetto, doni di inestimabile valore per un medico…
Per il domani avrei desiderato per D. tante cose belle, tanti sogni da perseguire: gli occhi di una donna che lo avessero guardato pieni di amore, dei figli allegri che lo avessero sfinito con la loro vivacità, una vita semplice ma ricca di tutto ciò che davvero conta.
Ma questa storia non ha avuto l’epilogo che avrebbe dovuto avere, né D. ha potuto godere nella sua vita di tutto il bene che meritava: in seguito all’ennesima riacutizzazione infettiva, che ha determinato l’instaurarsi di un’insufficienza respiratoria acuta, D. è morto nel giro di 72 ore, fra il dolore e le lacrime inconsolabili di tutti coloro che tanto lo amavano: fra questi c’ero anche io….
Nello scrivere la cartella parallela che ha avuto per oggetto D., con il ricordo si è fatto sentire più forte quel dolore mai sopito per la perdita di un ragazzo tanto caro, ma insieme la dolcezza al ricordo del sorriso sempre presente sul suo viso, sorriso che terrò sempre impresso nel cuore.
Storie di Psoriasi
1.
Donna 22 anni
Era l'estate del mio 18esimo compleanno, non avevo mai lavorato prima di allora. Così insieme a papà andai da una sua conoscente per lavorare come stagista in un bar. Dopo poco tempo, a forza di lavare bicchieri immersi nell'acqua saponata contente anche candeggina per disinfettare o ammoniaca non ricordo, le mie mani cominciarono a riempirsi di bollicine pruriginose con all'interno un liquido trasparente. Dopo un mese di lavoro cambiai impiego e trovai lavoro in un supermercato. Lì il continuo contatto con polvere, detergenti e soldi mi rovinò, fu l'inizio della mia triste storia.
Mia madre che mi disse che anche lei aveva una specie di dermatite sul palmo delle mani, mentre la mia era confinata alle dita all'inizio mentre in seguito qualche mese dopo cominciò a comparire su entrambe le ascelle e solo dopo 3 anni a spot andava e veniva sotto gli occhi, poco tempo fa mi comparve anche nelle sopracciglia, vicino all'ombelico, sotto il ginocchio di entrambe le gambe, nella parte interna del braccio in corrispondenza del gomito, sul polso. Inizialmente andai subito su internet e cominciai a farmi un'idea di quello che poteva essere. Ma le opzioni erano tantissime:
disidrosi, dermatite atopica, dermatite da contatto, psoriasi, dermatite irritativa, ecc... Così in seguito mi recai dal mio medico curante che mi prescrisse una crema al cortisone che fece effetto ma dopo poco la malattia tornò più forte di prima. Poi andai da un dermatologo privato che mi disse che era disidrosi, mi diede un sapone liquido specifico, una crema cortisonica e una antimicotica perché nel frattempo le mie bollicine grattando si infettavano e ne usciva un liquido maleodorante appiccicoso e giallognolo. Dopo questa cura di una settimana la malattia riesplose di nuovo. Così cominciai a pensare che dovevo curarmi da sola, allora tramite internet cercai le varie diagnosi con le varie soluzioni, mi convinsi che era dermatite da contatto... Purtroppo mi sbagliavo era qualcosa di peggio. Comunque continuai per anni a spendere soldi in allergologi convinta che la causa fosse da ricercare nelle mie allergie che in effetti contribuiscono ma non sono la causa. In realtà non ho solo quella ho una forma di dermatosi chiamata dermatite eczematosa psoriasiforme e la mia dermatologa di fiducia mi ha spiegato che ho sia una dermatite atipopica sia una psoriasi. Comunque avendo avuto la diagnosi dopo ben 4 anni pensai: finalmente so cosa ho, peccato che subito dopo la dermatologa disse: dovrai conviverci per tutta la vita! Mi è stato sconsigliato di lavarmi con saponi aggressivi, infatti attualmente uso un sapone liquido senza parabeni, tensioattivi, schiumogeni, sles; inoltre non posso tenere piante in casa ( prima ce n'erano tante perché mamma le adora ); vestire con fibre sintetiche, devo usare solo il cotone a