(Vocazione e Missione)
PREGHIERA
Sono uomini, e quindi segnati dalla fragilità.
Sono pescatori: è così che si guadagnano il pane di ogni giorno.
Conoscono il loro mestiere, le barche, le reti,
le correnti del lago, le sue zone più pescose, le tempeste che vi si abbattono improvvise e violente.
Ed è proprio lì, su quelle rive
che tu, Gesù, dai loro appuntamento, dopo una notte di fatica
in cui sono tornati con le mani vuote.
Così chiedi loro,
a dispetto della lunga esperienza, di fidarsi di te, un falegname, e di riprendere il largo.
Così li sorprendi
con un’abbondante quantità di pesci che mettono in pericolo
la resistenza delle loro reti.
Ma non l’hai fatto per umiliarli:
è solo un segno che spalanca un orizzonte nuovo.
A Pietro, che si getta in ginocchio davanti a te e riconosce
di essere un peccatore,
tu domandi solo di fidarsi di te, di non aver paura
delle bufere che lo attendono perché ora gli viene chiesto
di diventare un ‘pescatore di ‘uomini’, uno strumento di salvezza offerto ai fratelli.
(R.L.) Le tre letture di questa domenica hanno un
tema comune che spicca su tutto: Dio vuole aver bisogno dell’uomo per salvare l’uomo. E allora chiama a sé, per mandare a portare il suo messaggio di salvezza.
La prima lettura è la chiamata di Isaia, che quando ha capito il desiderio di Dio, gli dichia- ra la propria disponibilità: “eccomi, manda me!”.
La seconda lettura è un brano di Paolo che ricorda come il Signore lo chiamò, quando era persecutore, per farne un apostolo. E benché non si senta degno di essere chiamato apostolo dice che - con la grazia di Dio - ha faticato molto per diffondere il Vangelo.
La terza lettura è un brano di Luca in cui viene raccontata la chiamata di Pietro e dei pri- mi apostoli per essere “pescatori di uomini”.
(Il verbo usato da Luca non è ben tradotto con “pescatore di uomini”, perché significa
“prendere uomini per la vita”).
L’annuncio della liturgia di oggi riguarda quegli uomini che sono chiamati ad essere por- tatori della Parola di Dio. I vescovi, i sacerdoti, i diaconi in comunione con Pietro? Certamente.
Ma non solo. E’ chiaro, nel Vangelo, che il Si-
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Anno XVIII - n. 19 - Bari, 7 Febbraio 2010 - 5ª Domenica del Tempo Ordinario - Anno C
“La forza della vita: una sfida nella povertà”
Chi guarda al benessere economico alla luce del Vangelo sa che esso non è tutto, ma non per questo è indifferente. Infatti, può servire la vita, rendendola più bella e apprezzabile e perciò più umana.
Fedele al messaggio di Gesù, venuto a salvare l’uomo nella sua interezza, la Chiesa si impegna per lo sviluppo umano integrale, che richiede anche il superamento dell’indigenza e del biso- gno. La disponibilità di mezzi materiali, arginando la precarietà che è spesso fonte di ansia e paura, può concorrere a rendere ogni esistenza più serena e distesa. Consente, infatti, di provvedere a sé e ai propri cari una casa, il necessario sostentamento, cure mediche, istruzione. Una certa sicurezza eco- nomica costituisce un’opportunità per realizzare pienamente molte potenzialità di ordine culturale, lavorativo e artistico.
Avvertiamo perciò tutta la drammaticità della crisi finanziaria che ha investito molte aree del pianeta: la povertà e la mancanza del lavoro che ne derivano possono avere effetti disumanizzanti.
La povertà, infatti, può abbrutire e l’assenza di un lavoro sicuro può far perdere fiducia in se stessi e nella propria dignità. Si tratta, in ogni caso, di motivi di inquietudine per tante famiglie. Molti genitori sono umiliati dall’impossibilità di prov- vedere, con il proprio lavoro, al benessere dei loro figli e molti giovani sono tentati di guardare al futuro con crescente rassegnazione e sfiducia.
Proprio perché conosciamo Cristo, la Vita vera, sappiamo riconoscere il valore della vita umana e quale minaccia sia insita in una crescen- te povertà di mezzi e risorse. Proprio perché ci sentiamo a servizio della vita donata da Cristo, abbiamo il dovere di denunciare quei meccanismi economici che, producendo povertà e creando forti disuguaglianze sociali, feriscono e offendo- no la vita, colpendo soprattutto i più deboli e in- difesi.
Il benessere economico, però, non è un fine ma un mezzo, il cui valore è determinato dall’uso che se ne fa: è a servizio della vita, ma non è la vita.
Quando, anzi, pretende di sostituirsi alla vita e di diventarne la motivazione, si snatura e si perver-
te. Anche per questo Gesù ha proclamato beati i poveri e ci ha messo in guardia dal pericolo delle ricchezze (cfr Lc 6,20-25). Alla sua sequela e te- stimoniando la libertà del Vangelo, tutti siamo chiamati a uno stile di vita sobrio, che non confonde la ricchezza economica con la ricchezza di vita. Ogni vita, infatti, è degna di essere vissuta anche in situazioni di grande povertà. L’uso di- storto dei beni e un dissennato consumismo pos- sono, anzi, sfociare in una vita povera di senso e di ideali elevati, ignorando i bisogni di milioni di uomini e di donne e danneggiando irreparabil- mente la terra, di cui siamo custodi e non padro- ni. Del resto, tutti conosciamo persone povere di mezzi, ma ricche di umanità e in grado di gustare la vita, perché capaci di disponibilità e di dono.
Anche la crisi economica che stiamo attraver- sando può costituire un’occasione di crescita.
Essa, infatti, ci spinge a riscoprire la bellezza della condivisione e della capacità di prenderci cura gli uni degli altri. Ci fa capire che non è la ricchezza economica a costituire la dignità della vita, perché la vita stessa è la prima radicale ric- chezza, e perciò va strenuamente difesa in ogni suo stadio, denunciando ancora una volta, senza cedimenti sul piano del giudizio etico, il delitto dell’aborto. Sarebbe assai povera ed egoista una società che, sedotta dal benessere, dimenticasse che la vita è il bene più grande. Del resto, come insegna il Papa Benedetto XVI nella recente En- ciclica Caritas in veritate, “rispondere alle esigen- ze morali più profonde della persona ha anche importanti e benefiche ricadute sul piano econo- mico” (n. 45), in quanto “l’apertura moralmente responsabile alla vita è una ricchezza sociale ed economica” (n. 44).
Proprio il momento che attraversiamo ci spin- ge a essere ancora più solidali con quelle madri che, spaventate dallo spettro della recessione eco- nomica, possono essere tentate di rinunciare o in- terrompere la gravidanza, e ci impegna a manife- stare concretamente loro aiuto e vicinanza. Ci fa ricordare che, nella ricchezza o nella povertà, nessuno è padrone della propria vita e tutti siamo chiamati a custodirla e rispettarla come un tesoro prezioso dal momento del concepimento fino al suo spegnersi naturale.
M
ESSAGGIO DELC
ONSIGLIOE
PISCOPALEP
ERMANENTE PER LA32
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IORNATAN
AZIONALE PER LA VITA(7
FEBBRAIO2010)
gnore affida ad alcuni il servizio della Parola.
Sono uomini che devono dedicarsi totalmente a studiare e a pregare la Parola per poterla annun- ciare efficacemente.
Ma ciò non va concepito come un monopo- lio di alcuni nella chiesa, che lascia tutti gli altri totalmente estranei.
Ogni cristiano che vive della Parola annun- ciata da chi ne è ministro ufficiale, deve a sua volta far risuonare nel mondo la Parola udita, che ha generato e nutrito in lui la fede.
Ogni cristiano dunque è chiamato a seguire Gesù e nello stesso tempo è mandato ai fratelli perché - attraverso la Parola - si convertano e vivano.
“La vocazione cristiana - afferma il Concilio Vaticano II - è per natura sua anche vocazione all’apostolato ... e un membro, il quale non ope- rasse per la crescita del corpo della Chiesa se- condo la propria energia, dovrebbe dirsi inutile per la Chiesa e per se stesso” (A.A. 2). L’aposto- lato poi, anche se può essere esercitato in molte forme, non può fare a meno della “proclamazio- ne verbale del messaggio” (EN 42).
E’ vero che il Vangelo vissuto può valere più delle parole, ma nessuno può credere al Vange- lo se non gli viene annunciato con la Parola (Rom 10,17).
Un cristiano dunque che non ha il coraggio di ‘dire’ il Vangelo dimostra di non crederlo ab- bastanza, di non averlo così amato da mettersi in grado di parlare ad altri.
Certo non ogni discorso sul Vangelo porta frutti di conversione.
La Parola di Dio che oggi leggiamo ci indica delle condizioni di fecondità per l’apostolato dell’annuncio.
La prima è di avere il cuore e le labbra puri- ficate dal peccato.
Questo significa il racconto della prima let- tura, ove un serafino tocca le labbra di Isaia con un carbone ardente. E questa purificazione ri- guarda pure il peccato di presunzione: quello di pensare che siano la nostra genialità, la nostra
saggezza, la nostra naturale bontà a convertire la gente al Signore.
L’uomo non può compiere l’opera della sal- vezza se non è Dio che opera in lui.
La seconda condizione è di fare quello che fecero gli apostoli: “lasciarono tutto e lo segui- rono”.
Questa espressione non deve far pensare che la maggior parte di noi è tagliata fuori dall’apo- stolato perché non è in grado di “lasciare tutto”.
La cosa importante non è il “lasciare tutto”
ma “seguire Lui”. Ciò significa prendere sul se- rio la persona di Gesù, farlo diventare il punto di riferimento di tutta la vita, il criterio orienta- tivo di tutte le scelte.
Allora le cose possedute (salute, tempo, ca- sa, denaro) tu le hai già lasciate, perché non po- trai usarle diversamente da come ti dice Lui.
Fra Pietro Gallone
N
OVENA ALLAM
ADONNA DIL
OURDESdal 2 al 10 febbraio alle ore 20.00 in Cripta con la recita del Rosario.
Giovedì 11
F
ESTA DELLAM
ADONNA DIL
OURDESe XVIII Giornata Mondiale del Malato:
Processione aux flambeaux,
S. Messa e unzione degli infermi ore 18.30
Cari fratelli e sorelle!
Il prossimo 11 febbraio, memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes, si cele- brerà nella Basilica Vaticana la XVIII Giornata Mondiale del Malato. La felice
coincidenza con il 25° anniversa- rio dell’istituzione del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari costituisce un motivo ulteriore per ringraziare Dio del cammino sinora percorso nel set- tore della pastorale della salute.
Auspico di cuore che tale ricor- renza sia occasione per un più generoso slancio apostolico al servizio dei malati e di quanti se ne prendono cura.
Con l’annuale Giornata Mondiale del Malato la Chiesa intende, in effetti, sensibilizzare capillarmente la comunità eccle- siale circa l’importanza del ser-
vizio pastorale nel vasto mondo della salute, servizio che fa parte integrante della sua mis- sione, poiché si inscrive nel solco della stessa missione salvifica di Cristo. Egli, Medico divi- no, “passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo” (At 10,38). Nel mistero della sua passione, morte e risurrezione, l’umana sofferenza attinge senso e pienezza di luce. Nella Lettera apostolica Salvifici doloris, il Servo di Dio Giovanni Paolo II ha parole illuminanti in proposito.
“L’umana sofferenza – egli ha scritto - ha rag- giunto il suo culmine nella passione di Cristo.
E contemporaneamente essa è entrata in una dimensione completamente nuova e in un nuovo ordine: è stata legata all’amore…, a quell’amore che crea il bene ricavandolo anche dal male, ricavandolo per mezzo della sofferen- za, così come il bene supremo della redenzione del mondo è stato tratto dalla Croce di Cristo, e costantemente prende da essa il suo avvio. La
Croce di Cristo è diventata una sorgente, dalla quale sgorgano fiumi di acqua viva” (n. 18).
Il Signore Gesù nell’Ultima Cena, prima di ritornare al Padre, si è chinato a lavare i piedi agli Apostoli, anticipando il supremo atto di amore della Croce. Con tale gesto ha invitato i suoi discepoli ad entrare nella sua medesima logica dell’amore che si dona specialmente ai più piccoli e ai bisognosi (cfr Gv 13,12-17). Seguendo il suo esem- pio, ogni cristiano è chiamato a rivivere, in contesti diversi e sempre nuovi, la parabola del buon Samaritano, il quale, pas- sando accanto a un uomo lasciato mezzo morto dai briganti sul ciglio della strada, “vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versan- dovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo:
«Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno»” (Lc 10, 33-35).
A conclusione della parabola, Gesù dice: “Va’
e anche tu fa’ così” (Lc 10,37). Con queste paro- le si rivolge anche a noi. Ci esorta a chinarci sulle ferite del corpo e dello spirito di tanti nostri fratelli e sorelle che incontriamo sulle strade del mondo; ci aiuta a comprendere che, con la grazia di Dio accolta e vissuta nella vita di ogni giorno, l’esperienza della malattia e della sofferenza può diventare scuola di speranza. In verità, come ho affermato nell’Enciclica Spe salvi, “non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l’uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sof- ferto con infinito amore” (n. 37).
M ESSAGIO DEL S ANTO P ADRE B ENEDETTO XVI
PER LA XVIII G IORNATA M ONDIALE DEL M ALATO
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Già il Concilio Ecumenico Vaticano II richiamava l’importante compito della Chiesa di prendersi cura dell’umana sofferenza. Nella Costituzione dogmatica Lumen gentium leggia- mo che “come Cristo... è stato inviato dal Padre
«ad annunciare la buona novella ai poveri, a guarire quelli che hanno il cuore contrito» (Lc 4,18), «a cercare e salvare ciò che era perduto»
(Lc 19,10), così pure la Chiesa circonda di affettuosa cura quanti sono afflitti dall’umana debolezza, anzi riconosce nei poveri e nei sof- ferenti l’immagine del suo fondatore, povero e sofferente, si fa premura di sollevarne l’indi- genza e in loro cerca di servire il Cristo” (n. 8).
Questa azione umanitaria e spirituale della Comunità ecclesiale verso gli ammalati e i sof- ferenti nel corso dei secoli si è espressa in mol- teplici forme e strutture sanitarie anche di carattere istituzionale. Vorrei qui ricordare quelle direttamente gestite dalle diocesi e quel- le nate dalla generosità di vari Istituti religiosi.
Si tratta di un prezioso “patrimonio” risponden- te al fatto che “l’amore ha bisogno anche di organizzazione quale presupposto per un servi- zio comunitario ordinato” (Enc. Deus caritas est, 20). La creazione del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, venticinque anni or sono, rientra in tale sollecitudine ecclesiale per il mondo della salute. E mi preme aggiungere che, nell’attuale momento storico-culturale, si avverte anche più l’esigenza di una presenza ecclesiale attenta e capillare accanto ai malati, come pure di una presenza nella società capace di trasmettere in maniera efficace i valori evan- gelici a tutela della vita umana in tutte le fasi, dal suo concepimento alla sua fine naturale.
Vorrei qui riprendere il Messaggio ai poveri, ai malati e a tutti coloro che soffrono, che i Padri conciliari rivolsero al mondo, al termine del Concilio Ecumenico Vaticano II: “Voi tutti che sentite più gravemente il peso della croce – essi dissero - … voi che piangete… voi scono- sciuti del dolore, riprendete coraggio: voi siete i preferiti del regno di Dio, il regno della speran- za, della felicità e della vita; siete i fratelli del Cristo sofferente; e con lui, se lo volete, voi sal- vate il mondo!” (Ench. Vat., I, n. 523*, [p.
313]). Ringrazio di cuore le persone che, ogni
giorno, “svolgono il servizio verso i malati e i sofferenti”, facendo in modo che “l’apostolato della misericordia di Dio, a cui attendono, risponda sempre meglio alle nuove esigenze”
(Giovanni Paolo II, Cost. ap. Pastor Bonus, art.
152).
In quest’Anno Sacerdotale, il mio pensiero si dirige particolarmente a voi, cari sacerdoti,
“ministri degli infermi”, segno e strumento della compassione di Cristo, che deve giungere ad ogni uomo segnato dalla sofferenza. Vi invi- to, cari presbiteri, a non risparmiarvi nel dare loro cura e conforto. Il tempo trascorso accanto a chi è nella prova si rivela fecondo di grazia per tutte le altre dimensioni della pastorale. Mi rivolgo infine a voi, cari malati, e vi domando di pregare e di offrire le vostre sofferenze per i sacerdoti, perché possano mantenersi fedeli alla loro vocazione e il loro ministero sia ricco di frutti spirituali, a beneficio di tutta la Chiesa.
Con tali sentimenti, imploro sugli ammalati, come pure su quanti li assistono, la materna protezione di Maria Salus Infirmorum, e a tutti imparto di cuore la Benedizione Apostolica.
PREGHIERA
PER LA GIORNATA DEL MALATO
A te, Vergine di Lourdes, al Tuo Cuore di Madre che consola,
ci rivolgiamo in preghiera.
Tu, Salute degli infermi, soccorrici e intercedi per noi.
Madre della Chiesa, guida e sostieni gli operatori sanitari e pastorali,
i sacerdoti, le anime consacrate e tutti coloro che assistono i malati.
Madre dell’Amore, facci discepoli del Tuo Figlio,
il Buon Samaritano, affinché tutta la nostra vita diventi in Lui servizio d’amore
e sacrificio di salvezza.
Amen!
L ITURGIA DEL G IORNO
Foglio d’Informazione settimanale:
“Santa Fara”
Via G. N. Bellomo, 94 - Bari - Tel. / Fax: 080.561.82.36 Web: www.santafara.org - Email: parroco@santafara.org
Responsabile fr. Pietro Gallone (Parroco - Rettore) fr. Emanuele Fiorella (Vice Parroco) fr. Pier Giorgio Taneburgo (Vice Parroco) È disponibile l’archivio on-line dei numeri arretrati del
Foglio Santa Fara all’indirizzo internet:
www.santafara.org/fogliosantafara Orario Ufficio Parrocchiale
Mercoledi e Venerdi 16.30 - 18.30 Orario Sante messe: (ora Solare)
dal Lunedì al Sabato ore 7.15 - 18.30 la Domenica ore 9.30 - 10.45 - 12.00 - 18.30 5ª Settimana del Tempo Ordinario (Anno C)
(7 - 13 Febbraio 2010) Liturgia delle Ore: 1ª Settimana Dom 7 - 5ª Domenica del Tempo Ordinario - Anno C
Cantiamo al Signore, grande è la sua gloria 9.30 Pro Populo
10.45 Pro Simonetta (fam. Armenise) Pro Mariano (fam. Garofalo) 12.00 Pro Paolo e Simone (fam. Petruzzelli)
Pro Giuseppe e Anna (fam. Losacco) 18.30 Pro Fina e Giovanni (fam. Masulli)
Pro Vincenzo (fam. Giaquinto) Lun 8 - S. Girolamo E.
Sorgi, Signore, tu e l’arca della tua potenza 7.15 Pro Giuseppe (fam. Cassano) - 8ª Gregoriana
Pro Angela (fam. Diviccaro) - 8ª Gregoriana Pro Pina (fam. Scuderi) - 1ª Gregoriana 18.30 Pro Luigi e Titina (fam. Vitiello)
Pro Ciro Antonio (fam. Ruggero) Mar 9 - S. Sabino V.
Quanto sono amabili, Signore, le tue dimore!
7.15 Pro Giuseppe (fam. Cassano) - 9ª Gregoriana Pro Angela (fam. Diviccaro) - 9ª Gregoriana Pro Pina (fam. Scuderi) - 2ª Gregoriana Pro Pippo
18.30 Pro Carina e Donato (fam. Notarnicola) Mer 10 - S. Scolastica V.
La bocca del giusto medita la sapienza 7.15 Pro Giuseppe (fam. Cassano) - 10ª Gregoriana
Pro Angela (fam. Diviccaro) - 10ª Gregoriana Pro Pina (fam. Scuderi) - 3ª Gregoriana Per Ringraziamento (fam. Gentili) 18.30 Pro Melina (fam. Pansini)
Pro Roberto (fam. Fanelli) Pro Giovanni (fam. Piccaluga) Gio 11 - N. S. di Lourdes
Ricòrdati di noi, Signore, per amore del tuo popolo 7.15 Pro Giuseppe (fam. Cassano) - 11ª Gregoriana
Pro Angela (fam. Diviccaro) - 11ª Gregoriana Pro Pina (fam. Scuderi) - 4ª Gregoriana 18.30 Pro Giusy (fam. Baldassarre)
Pro Vito e Rosa (fam. Petruzzelli) Pro Maria (fam. Susca)
Pro Vito (fam. Recchimurzo)
Devozione N.S. di Lourdes (fam. Carofiglio) Ven 12 - S. Eulalia
Sono io il Signore, tuo Dio: ascolta popolo mio 7.15 Pro Giuseppe (fam. Cassano) - 12ª Gregoriana
Pro Angela (fam. Diviccaro) - 12ª Gregoriana Pro Pina (fam. Scuderi) - 5ª Gregoriana 18.30 Pro Angela - Trigesimo (fam. Sisto)
Pro Wilma (fam. Aratri)
Allo Spirito Santo (fam. Di Venere) Sab 13 - S. Fosca
Ricòrdati di noi, Signore, per amore del tuo popolo 7.15 Pro Giuseppe (fam. Cassano) - 13ª Gregoriana
Pro Angela (fam. Diviccaro) - 13ª Gregoriana Pro Pina (fam. Scuderi) - 6ª Gregoriana Pro Padre Pietro Sarcina
Pro Giulia e Giuseppe (fam. Fiore) 18.30 Pro Antonio e Mariamattea (fam. Parente)
Pro Carla (fam. Garofalo)
Pro Caterina e Michele (fam. Lisco)
Ringraziano il Signore
ed invocano la benedizione di Dio ed il patrocinio di Santa Fara, nel 50° anniversario di matrimonio
Sabato 13 Febbraio 2010 - ore 18.30
Vincenzo Porcaro e Lorita Simone
Avviso