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Schema metodologico di riferimento per la valutazione/predisposizione, nell ambito delle procedure di VIA, dei piani di monitoraggio dei corsi d

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Schema metodologico di riferimento per la

valutazione/predisposizione, nell’ambito delle procedure di VIA, dei piani di monitoraggio dei corsi d’acqua interessati da

derivazioni ai sensi della Direttiva 2000/60/CE

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Struttura Specialistica Qualità delle Acque

Data: novembre 2012 Revisione 4

A cura di:

Antonietta Fiorenza

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PREMESSA

Il presente documento fornisce linee di indirizzo a supporto della valutazione e/o predisposizione di piani di monitoraggio ex ante, in itinere ed ex post degli Studi di Impatto Ambientale (SIA) nell’ambito di procedimenti di VIA relativi a interventi che interferiscono con le acque superficiali quali ad esempio derivazioni, immissione di reflui, realizzazione di infrastrutture, etc. Nello specifico il documento e i casi esemplificativi sono relativi alle opere di derivazione, ma i principi generale esposti possono essere traslati e applicati per la valutazione di piani di monitoraggio relativi a qualunque tipologia di opera.

Più in generale, il documento intende fornire indicazioni volte a contestualizzare i piani di monitoraggio nell’ambito della normativa sovraordinata di riferimento rappresentata dalla Direttiva 2000/60/CE (WFD) recepita dal Decreto 152/06 e dai successivi decreti attuativi, tra i quali in particolare il Decreto 260/2010.

INQUADRAMENTO NORMATIVO

Gli aspetti rilevanti introdotti dalla Direttiva 2000/60/CE (WFD) dei quali tener conto nell’ambito dei procedimenti VIA sono i seguenti:

l’elemento ambientale oggetto di tutela è il Corpo Idrico (CI) che rappresenta l’unità gestionale alla base delle politiche di monitoraggio, tutela e risanamento introdotte dalla WFD. Il CI è un tratto fluviale omogeneo per caratteristiche fisiche naturali e geologiche, pressioni presenti e stato di qualità chimico fisico delle acque e delle comunità biologiche. L’utilizzo quindi del termine CI non può essere in alcun modo riferito all’intera asta fluviale, ma individua un oggetto che ha una precisa valenza normativa

per ogni CI sono previsti obiettivi di qualità ambientale di valenza europea da conseguire entro il 2015 (“Buono Stato Ecologico” e “Buono Stato Chimico”)

la WFD individua nel Piano di Gestione (PdG) lo strumento di pianificazione attraverso il quale gli Stati devono applicarne i contenuti a livello locale e perseguire il raggiungimento degli obiettivi di qualità previsti a scala comunitaria attraverso misure di tutela e salvaguardia

il PdG ha durata sessennale (attuale 2009-2014) e prevede cicli di monitoraggio triennali (Operativo) o sessennali (Sorveglianza) ed è definito a livello di Distretto Idrografico (DI). Il territorio del Piemonte ricade nel DI “Distretto Idrografico del fiume Po”; con la Delibera 1/2010 del Comitato Istituzionale è stato adottato il

“Piano di Gestione Distrettuale del fiume Po” (PdGPo) che pertanto rappresenta il

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documento di pianificazione e programmazione di riferimento principale e vincolante in termini di tutela delle risorse idriche.

nel PdG per ogni CI è definito l’obiettivo ambientale che si intende perseguire al 2015 e i CI per i quali tali termini sono prorogati al 2021 e le motivazioni di tale proroga; sono altresì riportate le misure adottate per perseguirne il raggiungimento.

Tali obiettivi sono sito-specifici (CI) e vincolanti

i risultati derivanti dal monitoraggio ambientale sui CI concorrono alla verifica del raggiungimento degli obiettivi di qualità previsti e rappresentano la base sulla quale viene definito il nuovo PdG per il sessennio successivo (2015-2020) e quindi le misure di tutela e risanamento necessarie per il conseguimento degli obiettivi.

il conseguimento degli obiettivi è misurato attraverso una serie di indicatori previsti dal Decreto 260/2010:

1. Elementi biologici: macroinvertebrati, fauna ittica, macrofite, diatomee

2. Elementi chimico – fisici: nutrienti, ossigeno, inquinanti (Tabelle 1/A e 1/B)

3. Elementi idro-morfologici: regime idrologico (quantità e variazione del regime delle portate) e condizioni morfologiche (configurazione morfologica plano- altimetrica, configurazione delle sezioni fluviali, configurazione e struttura del letto, vegetazione nella fascia perifluviale, continuità fluviale - entità ed estensione degli impatti di opere artificiali sul flusso di acqua, sedimenti e biota).

La Direttiva è stata recepita in Italia attraverso il D.Lgs. 152/2006, Parte III, e i successivi decreti attuativi:

 D.Lgs. 131/08 “Criteri tecnici per la caratterizzazione dei corpi idrici (tipizzazione, individuazione dei corpi idrici, analisi delle pressioni)

 Decreto 260/2010 recante “Criteri tecnici per la classificazione dello stato dei corpi idrici superficiali

 D.Lgs. 219/2010 “ Attuazione della Direttiva 2008/105/CE relativa a standard di qualità ambientale nel settore della politica delle acque che stabilisce conformemente alla Direttiva 2000/60/CE specifiche tecniche per l’analisi chimica e il monitoraggio dello stato delle acque

 D.G.R. 22 febbraio 2010, n. 48-13386 “Direttiva 2000/60/CE del 23 ottobre 2000 e D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 e successive modifiche e integrazioni. Parere sul Progetto di "Piano di Gestione del Distretto idrografico del Fiume Po". Approvazione revisione Rete di Monitoraggio regionale delle acque.

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L’implementazione della WFD ha previsto una fase di caratterizzazione iniziale dei CI, propedeutica alla definizione dei piani di monitoraggio, mediante:

 la tipizzazione dei corsi d’acqua con bacino superiore a 10km2 attraverso la suddivisione delle aste fluviali in tratti omogenei per caratteristiche orografiche, meteo-climatiche e geologiche e l’assegnazione ad una tipologia fluviale secondo quanto previsto dal Decreto 131/2008

 l’individuazione dei CI cioè di un tratto di un corso d’acqua, appartenente ad una unica tipologia fluviale, omogeneo dal punto di vista delle pressioni presenti e per lo stato di qualità. Ogni CI è codificato secondo le specifiche ufficiali e tale denominazione deve essere utilizzata in tutti i documenti

l’analisi di rischio (AR) effettuata per ogni CI, finalizzata all’attribuzione della categoria di rischio di non raggiungimento degli obiettivi di qualità al 2015. L’AR prevede una valutazione quali-quantitativa delle pressioni insistenti sul CI sulal base di 17 indicatori. L’entità del rischio è categorizzata in tre classi: a rischio, probabilmente a rischio, non a rischio. Tra gli indicatori di pressione utilizzati per l’AR dei CI del Piemonte sono compresi anche quelli relativi ai prelievi idrici e alla presenza di dighe. La categoria di rischio è attribuita sia al singolo indicatore, sia al CI integrando i 17 indicatori.

Sulla base dell’analisi delle pressioni e dei risultati del monitoraggio (quando previsto) gli enti preposti alla pianificazione definiscono le misure da intraprendere per tutelare lo stato di qualità del CI al fine di garantire il raggiungimento/mantenimento degli obiettivi di qualità al 2015 previsti dalla normativa vigente.

La normativa VIA, prevede la definizione di un piano di monitoraggio ambientale che assicura il controllo sugli impatti ambientali significativi sull’ambiente provocati dalle opere approvate, nonché la corrispondenza alle prescrizioni espresse sulla compatibilità ambientale dell’opera anche al fine di individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti e di consentire all’autorità competente di essere in grado di adottare le opportune misure correttive.

I piani di monitoraggio che vengono predisposti nell’ambito delle procedure di VIA, che interessano i Corpi Idrici del reticolo idrografico regionale devono pertanto risultare coerenti con il quadro normativo introdotto dalla WFD sia formalmente sia nei contenuti.

E’ evidente infatti, che la realizzazione di una nuova opera su un CI (o un suo potenziamento/modifica) può incidere sul conseguimento degli obiettivi di qualità definiti nel PdG ai sensi della WFD in diversi modi:

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modificando la categoria di rischio attribuita nell’ambito dell’AR e andando quindi ad incidere anche sulle misure di tutela previste nel PdG (dal punto di vista sia qualitativo, sia quantitativo)

aumentando l’entità del rischio di non conseguimento per i CI già compromessi qualitativamente e quindi potenzialmente influendo sulle tempistiche previste nel PdG per il raggiungimento degli obiettivi

attraverso gli effetti specifici sugli elementi di qualità chimica, biologica, idromorfologica.

LA DIRETTIVA 2000/60/CE IN PIEMONTE

Nell’ambito dell’implementazione della WFD in Piemonte, è stato definito il reticolo idrografico ufficiale regionale (DBPrior10K) che costituisce il riferimento ufficiale per la denominazione di corsi d’acqua e relativi CI, la denominazione e codifica delle Tipologie Fluviali e dei CI.

L’implementazione della WFD in Piemonte ha portato alla caratterizzazione dei corsi d’acqua con bacino >10km2 attraverso:

 l’attribuzione di una tipologia fluviale secondo quanto previsto dal Decreto 131/2008;

 l’individuazione dei CI all’interno di ogni tratto fluviale tipizzato

 l’attribuzione al CI della categoria di rischio di non raggiungimento degli obiettivi di qualità “BUONO” al 2015.

I CI in Piemonte sono risultati 967; 439 sono stati ritenuti significativi dalla Regione Piemonte e inseriti nel PdG; per questi è stata effettuata l’AR e attribuita la categoria di rischio.

Per 439 CI la Regione Piemonte, all’interno del Piano di Gestione dell’Autorità di Distretto del Bacino del Po (che sostituisce il Piano di Tutela delle Acque), ha definito, sulla base della categoria di rischio attribuita, gli obiettivi di qualità al 2015-2021.

A partire dal 2009, il monitoraggio viene effettuato secondo cicli di durata annuale o triennale. All’interno di ogni ciclo vengono stabilite le componenti biologiche, chimiche, idromorfologiche da monitorare e la frequenza delle misure.

Ogni triennio Arpa predispone il Programma Triennale di Monitoraggio della Rete di Monitoraggio Regionale che rappresenta il documento di riferimento delle attività relative alla WFD; il primo ciclo ha riguardato il triennio 2009-2011; il secondo è relativo al triennio 2012-2014.

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CONTESTUALIZZAZIONE DELLE OPERE DI DERIVAZIONE AI SENSI DELLA DIRETTIVA 2000/60/CE

Per le procedure di VIA, in base al decreto 152/2006 Parte II, il programma di monitoraggio assicura il controllo sugli impatti ambientali significativi sull'ambiente provocati dalle opere approvate, nonché la corrispondenza alle prescrizioni espresse sulla compatibilità ambientale dell'opera, anche al fine di individuare tempestivamente gli impatti negativi imprevisti e di consentire all'autorità competente di essere in grado di adottare le opportune misure correttive.

Sulla base di quanto esposto precedentemente, nell’ambito del SIA, la valutazione degli impatti ambientali sui corsi d’acqua di opere di derivazione e il relativo piano di monitoraggio devono essere contestualizzati nel quadro di riferimento normativo relativo alle acque (WFD e Decreto 260/2010), in particolar modo per ciò che riguarda sia gli aspetti formali che di merito.

Per quanto riguarda gli aspetti formali è necessario che siano definiti :

ubicazione dell’opera nell’ambito del reticolo idrografico ufficiale della Regione Piemonte

 attribuzione al Corpo Idrico utilizzando denominazione e codifica dei CI ufficiali.

Per gli aspetti invece di merito :

 verifica dell’obiettivo di qualità previsto per il CI al 2015-2021 nel Piano di Gestione (PdG)

 verifica della eventuale Categoria di Rischio attribuita al CI

 verifica dell’incidenza dell’opera sulla categoria di rischio

 verifica degli effetti dell’opera sul conseguimento degli obiettivi di qualità del CI in esame

 verifica dell’interferenza dell’opera con un potenziale sito di riferimento (SR).

Nell’ambito del SIA le singole soluzioni progettuali vanno esaminate in relazione al loro potenziale effetto sul raggiungimento/mantenimento degli obiettivi di qualità. La verifica del raggiungimento degli obiettivi è effettuata sulla base di quanto previsto dal Decreto 260/2010 che fissa per ogni elemento considerato (biologico, chimico, idromorfologico) le specifiche metriche di classificazione dello stato di qualità e i valori corrispondenti allo stato Buono.

Il SIA deve quindi evidenziare le componenti che potrebbero risultare impattate dall’opera e il piano di monitoraggio dovrebbe coerentemente prevedere il monitoraggio di tali componenti.

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Arpa dovrebbe, contestualmente, sulla base delle informazioni contenute nel SIA valutare se l’opera incide sulla categoria di rischio. Nel caso in cui incida sulla categoria di rischio (sia complessiva, sia dei soli indicatori relativi ai prelievi e/o presenza di dighe) è evidente che ci si può attendere che influisca sul conseguimento degli obiettivi di qualità.

Nel caso in cui il CI risultasse già a rischio (sia complessivo, sia dei singoli specifici indicatori), il problema sussiste in quanto se il Piano di Gestione fissa l’obiettivo BUONO al 2015 o al 2021 per quel CI, di fatto dichiara di volerlo migliorare entro tale arco temporale.

Quindi, sarebbe necessario sottolineare che l’opera, se approvata, porrebbe un ulteriore vincolo alle necessarie misure di risanamento quali ad esempio quelle del riequilibrio del bilancio idrico verso condizioni di maggiore naturalità.

Se l’opera interferisce con un potenziale sito di riferimento, molto probabilmente la sua realizzazione muterebbe lo “status” di sito di riferimento e quindi la sua esclusione dall’elenco nazionale dei siti di riferimento. In Piemonte sono 12 i potenziali SR e fanno parte della rete di monitoraggio definita Rete Nucleo, che secondo il Decreto 260/2010 deve rimanere invariata nel tempo.

Il SIA e quindi il Piano di monitoraggio ambientale previsto, devono quindi essere anche coerenti con il quadro normativo di riferimento delle acque sia nella forma che nei contenuti.

Fermo restando quindi la verifica della coerenza formale con i requisiti normativi, è stato predisposto uno schema metodologico generale utile al fine di verificare la corretta contestualizzazione del progetto e degli impatti ad esso connessi nell’ambito della Direttiva 2000/60/CE e quindi uniformare i criteri con i quali vengono impostate le richieste al proponente per il monitoraggio ambientale.

Lo schema permette di distinguere due situazioni che prevedono tipologie di monitoraggio differenti:

1. Monitoraggio Tipo I: è finalizzato a valutare gli effetti dell’opera a carico delle componenti biologiche, della qualità chimico-fisica e degli aspetti idromorfologici del CI previsti dal Decreto 260/2010, in relazione agli obiettivi di qualità definiti nel PdG al 2015-2021, limitatamente alle componenti del monitoraggio potenzialmente impattate dall’opera (individuate nel SIA). Le frequenze di monitoraggio, la localizzazione della/e stazione/i vengono definite tenendo conto delle criticità rilevate nel SIA. Le metriche di valutazione da applicare sono quelle del Decreto 260/2010.

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Il monitoraggio di Tipo I è applicato sia nell’ante che nel post operam. I riferimenti tecnici e le metriche di valutazione sono quelle previste dal Decreto 260/2010. Il monitoraggio ha la durata di un anno nell’ante operam, e di almeno 1 anno nel post operam da effettuarsi dopo 1-2 anni dall’entrata in esercizio. I dati del post operam vengono confrontati con quelli dell’ante operam per verificare l’evoluzione dello stato di qualità delle specifiche componenti a seguito della realizzazione dell’opera.

Non si richiede il calcolo dello Stato Ecologico derivante dall’integrazione di tutte le metriche di valutazione (secondo lo schema del decreto al punto A.4.6.1) e/o dello Stato Chimico (Tabella 4.5/a punto A.4.5).

2. Monitoraggio Tipo II: è finalizzato a valutare gli impatti dell’opera legati ad emergenze ambientali specifiche, o più localizzati, o connessi alle fasi di cantiere, potenzialmente non influenti sul conseguimento di eventuali obiettivi di qualità se previsti. Gli elementi da monitorare, le frequenze delle misure e le metriche di valutazione sono specifiche per gli impatti da rilevare.

Lo schema è riportato di seguito:

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1) L'opera ricade in uno dei 437 significativi CI del

Piemonte

1A) Individuazione del 1° CI significativo nel

quale confluisce il tratto fluviale sul quale

insiste l'opera

1B1) Per il 1°CI si prevede Tipo I

2) Verifica della categoria di rischio attribuita al

CI

1B2) Per il CI sul quale insiste l'opera si prevede monitoraggio

Tipo II

3) La nuova derivazione modifica la categoria di rischio attribuita

al CI?

3A) Arpa chiede al proponente monitoraggio finalizzato a valutare impatti specifici (Tipo

II)

4B) Arpa richiede monitoraggio Tipo II

ed eventuali integrazioni al monitoraggio Tipo I

4) Il CI è già oggetto di monitoraggio di Arpa per la rete regionale di monitoraggio?

4A) Arpa richiede monitoraggio ai sensi della Direttiva (Tipo I) no

no

no

Esplicitazione dei passaggi dello schema:

1) I CI del Piemonte sono 967, ma solo per 439 sono definiti obiettivi ambientali ai sensi del Decreto 260/2010 nel PdG.

Nel verificare su quale CI ricade l’opera è necessario prestare attenzione alla denominazione dei corsi d’acqua, in quanto spesso ad uno stesso oggetto ambientale corrispondono denominazioni diverse. La denominazione ufficiale è quella riportata nel reticolo idrografico ufficiale della Regione Piemonte inserito nel PdG.

1A) Se l’opera risulta localizzata in un CI non ricompreso nell’elenco dei 439, è necessario individuare il 1°CI tra i 439 nel quale confluisce (di seguito denominato 1°CI)

1B1) Viene valutato se l’opera determina impatti, in particolar modo sul regime

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esempio modificando la categoria di rischio del CI o anche solo la categoria di rischio specifica di qualche indicatore, in particolar modo di quelli idromorfologici (considerando solo gli indicatori di bacino dell’AR). Se la categoria di rischio risulta variata si prevede monitoraggio di Tipo I (solo aspetti idromorfologici). Nel caso in cui risulti un potenziale effetto dell’opera anche sulla qualità chimico-fisica delle acque (ad esempio per la presenza di fonti puntuali di emissione rilevanti), il monitoraggio può essere esteso ai parametri chimico-fisici per il calcolo del LIMeco e ad eventuali contaminanti della tabella 1/A o 1/B se risulta una potenziale emissione nel 1°CI. Questo tipo di monitoraggio è previsto per l’ante e post operam.

1B2) Sul CI sul quale insiste l’opera, ma che non rientra tra i 439 del PdG, è previsto un monitoraggio di Tipo II finalizzato a rilevare gli impatti specifici dell’opera nella fase di cantiere e a carico di particolari emergenze ambientali specifiche del contesto territoriale (specie vegetali o animali o habitat di pregio strettamente connessi all’ambiente acquatico ad esempio). Non sarà quindi richiesto un monitoraggio ai sensi del Decreto 260/2010, ma quello degli elementi/componenti più sensibili, legati alle specifiche emergenze ambientali individuate nel SIA.

2) se il CI ricade nell’elenco dei 439 deve essere verificata la categoria di rischio attribuita al CI e gli obiettivi ambientali previsti nel PdG.

3) la nuova opera modifica la categoria di rischio?. Questo passaggio è un punto nodale di tutto lo schema. La verifica è effettuata da Arpa, attraverso lo strumento dell’AR. A tal fine, l’AR effettuata dalla struttura Qualità delle Acque può rappresentare lo strumento che Arpa internamente può utilizzare per verificare se l’opera inciderà o meno sulla categoria di rischio complessiva del CI o di singoli specifici indicatori.

Operativamente, si tratta di ricalcolare il “rischio” utilizzando i dati aggiornati sulle pressioni e sulle portate e quelli forniti dal proponente relativamente all’entità delle portate richieste in concessione.

L’opera può influire sulla di categoria secondo 4 casistiche :

Categoria di rischio iniziale Categoria di rischio a seguito dell’opera

Non a rischio A rischio

Non a rischio Probabilmente a rischio

Probabilmente a rischio A rischio

A rischio A rischio

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Per rendere operativa l’applicazione dei punti 2 e 3 sono rese disponibili dalla Struttura Qualità delle Acque tutti i dati i dati ufficiali nella cartella condivisa raggiungibile attivando il collegamento \\Asti\dati monitoraggi acque.

I dati comprendono gli shape relativi al reticolo idrografico, l’elenco dei CI, l’analisi di rischio, il Programma di Monitoraggio Triennale.

3A) se la nuova opera non modifica la categoria di rischio complessiva e/o quella attribuita ai singoli indicatori inciderà, tuttavia, dilatando nel tempo, rispetto a quanto previsto nel PdG, il raggiungimento degli obiettivi di qualità. In questo caso Arpa richiede un monitoraggio di Tipo II. Andrà evidenziato nel SIA, e/o nelle valutazioni di Arpa, che l’opera inciderà comunque sull’arco temporale necessario per raggiungere obiettivi, produrrà ulteriori impatti su specifiche componenti e amplificherà le misure necessarie al conseguimento.

4) se l’opera incide sulla categoria di rischio attribuita al CI bisogna verificare se il CI è già oggetto di monitoraggio da parte di Arpa per la rete regionale di monitoraggio

4A) se il CI non è oggetto di monitoraggio, Arpa chiederà al proponente un monitoraggio di Tipo I e di Tipo II se necessario

4B) se il CI è già oggetto di monitoraggio da parte di Arpa, si richiede monitoraggio Tipo II ed eventuali integrazioni a quello di Tipo I.

Nel SIA andrà indagato (o verificato da Arpa) se e come gli effetti dell’opera possono interferire con lo stato di qualità rilevato dal monitoraggio (biologico e chimico della stazione, eventuali aspetti dell’IDRAIM). Dovrà essere valutato se l’opera induce alterazioni permanenti sul CI dal punto di vista idromorfologico, ad esempio dando origine alla formazione di un tratto sotteso a valle della presa o di un’area di rigurgito a monte della presa, significativamente estesi rispetto alla lunghezza del CI (ad esempio 30% della lunghezza del CI). In questi tratti ad esempio, potrà essere richiesto monitoraggio di Tipo I al fine di acquisire elementi utili a rilevare eventuali differenze significative con quanto rilevato dalla stazione di monitoraggio regionale e quindi sull’omogeneità dello stato complessivo del CI a seguito della realizzazione dell’opera.

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DATI E METODOLOGIE UFFICIALI DI RIFERIMENTO

I dati anagrafici di riferimento ufficiali sono quelli forniti dalla Struttura Qualità delle Acque per quanto riguarda:

- shape reticolo idrografico ufficiale - shape 967 CI

- shape 436 CI con analisi di rischio

- file excel con i risultati dell’analisi di rischio - file excel con fogli di calcolo per analisi di rischio

- file excel dei CI della rete di monitoraggio regionale del triennio 2009/2011 e 2012-2014 - Programma Triennale di Monitoraggio.

Al momento attuale i dati di cui sopra sono disponibili nella cartella condivisa raggiungibile attivando il collegamento \\Asti\dati monitoraggi acque.

Per tutti i dettagli relativi all’implementazione della Direttiva in Piemonte, in particolare per la metodologia relativa all’AR, si rimanda alla pubblicazione Arpa “IMPLEMENTAZIONE DELLA DIRETTIVA 2000/60/CE (WFD) IN PIEMONTE” (sito Arpa Piemonte).

Il Piano di Gestione del Distretto Idrografico del Po è scaricabile dal sito dell’Autorità di Bacino del Po.

I metodi di campionamento per le componenti chimiche, biologiche, idromorfologiche da utilizzare nel caso di monitoraggio di Tipo I sono quelli riportati nei seguenti documenti:

 Quaderno APAT “Metodi biologici per le acque- Parte I. Manuali e linee guida 46/2007

 Notiziario dei metodi analitici IRSA_CNR (2007) N1 Marzo 2007 “Macroinvertebrati acquatici e Direttiva 2000/60/EC (WFD)

 ISPRA, 2009. “Implementazione della Direttiva 2000/60/CE - Analisi e valutazione degli aspetti idromorfologici.

 CNR-IRSA, 2009. “Implementazione della Direttiva Quadro sulle Acque: Habitat fluviali e caratteristiche idromorfologiche locali” in via di pubblicazione.

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