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Rivista scientifica bimestrale di Diritto Processuale Civile ISSN Pubblicazione del La Nuova Procedura Civile, 1, 2015.

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Rivista scientifica bimestrale di Diritto Processuale Civile ISSN 2281-8693

Pubblicazione del 23.3.2015 La Nuova Procedura Civile, 1, 2015

Editrice

Comitato scientifico:

Elisabetta BERTACCHINI (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) – Silvio BOLOGNINI (Professore straordinario di Filosofia del diritto) - Giuseppe BUFFONE (Magistrato) – Costanzo Mario CEA

(Magistrato, Presidente di sezione) - Paolo CENDON (Professore ordinario di diritto privato) - Gianmarco CESARI (Avvocato cassazionista dell’associazione Familiari e Vittime della strada, titolare dello Studio legale Cesari in Roma)

- Caterina CHIARAVALLOTI (Presidente di Tribunale) - Bona CIACCIA (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Leonardo CIRCELLI (Magistrato,assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Vittorio CORASANITI (Magistrato, ufficio studi del C.S.M.) – Lorenzo DELLI PRISCOLI (Magistrato, Ufficio Massimario presso la Suprema

Corte di Cassazione, Ufficio Studi presso la Corte Costituzionale) - Francesco ELEFANTE (Magistrato T.A.R.) - Annamaria FASANO (Magistrato, Ufficio massimario presso la Suprema Corte di Cassazione) - Cosimo FERRI (Magistrato, Sottosegretario di Stato alla Giustizia) – Francesco FIMMANO’ (Professore ordinario di diritto commerciale, Preside Facoltà Giurisprudenza) - Eugenio FORGILLO (Presidente di Tribunale) – Mariacarla GIORGETTI

(Professore ordinario di diritto processuale civile) - Giusi IANNI (Magistrato) - Francesco LUPIA (Magistrato) - Giuseppe MARSEGLIA (Magistrato) – Francesca PROIETTI (Magistrato) – Serafino RUSCICA (Consigliere parlamentare, Senato della Repubblica) - Piero SANDULLI (Professore ordinario di diritto processuale civile) - Stefano

SCHIRO’ (Presidente di Corte di Appello) - Bruno SPAGNA MUSSO (Magistrato, assistente di studio alla Corte Costituzionale) - Paolo SPAZIANI (Magistrato, Vice Capo dell’Ufficio legislativo finanze del Ministro dell’economia e delle finanze) – Antonella STILO (Consigliere Corte di Appello) - Antonio VALITUTTI (Consigliere della Suprema Corte

di Cassazione) - Alessio ZACCARIA (Professore ordinario di diritto privato, componente laico C.S.M.).

Ordinanze del giudice dell'esecuzione che non possono essere revocate per avere avuto attuazione: correzione e opposizione agli atti esecutivi Le ordinanze del giudice dell'esecuzione che non possono essere revocate per avere avuto attuazione, sono suscettibili di correzione, nei casi e nelle forme previsti dagli artt. 287 e 288 c.p.c. Le ordinanze così corrette non sono impugnabili col ricorso straordinario per cassazione, in quanto possono essere impugnate col rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617 c.p.c., ed il termine per l'opposizione decorre dalla notificazione o comunicazione della relativa ordinanza, ai sensi dell'art. 288 c.p.c., u.c., se l'errore corretto sia tale da ingenerare un obbiettivo dubbio sull'effettivo contenuto dell'ordinanza, ovvero quando con la correzione sia stata impropriamente riformata la portata decisoria del provvedimento, dando luogo surrettiziamente ad una revoca o ad una modifica di ordinanza già eseguita e non più opponibile. Giova aggiungere che, analogamente al caso della correzione della sentenza, la sola denuncia di eventuali vizi di formazione dell'ordinanza di correzione, che non coinvolgano anche il merito sostanziale del provvedimento, determina l'inammissibilità dell'opposizione, potendo essere formulate esclusivamente censure che riguardino o la verifica dell'ammissibilità del procedimento di correzione o la fondatezza del merito del provvedimento correttivo.

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MASSIME RILEVANTI

Le ordinanze del giudice dell'esecuzione che non possono essere revocate per avere avuto attuazione, sono suscettibili di correzione, nei casi e nelle forme previste dagli artt. 287 e 288 c.p.c., atteso che dette norme, ancorché aventi ad oggetto la disciplina del procedimento di cognizione, sono suscettibili di trovare applicazione ai consimili provvedimenti resi nel processo di esecuzione, in quanto, da un lato, costituiscono espressione di una esigenza di ordine generale propria ad ogni tipo di processo e, dall'altro, non trovano ostacolo in opposte disposizioni regolatrici del processo di esecuzione (Cass. n. 7930/91, ma cfr. già Cass. n. 1955/63, nonchè di recente Cass. n. 11320/09).

L'art. 288 c.p.c., u.c., prevede che, in caso di correzione di errore materiale, sia possibile l'impugnazione delle sentenze relativamente alle parti corrette, con decorrenza del termine dal giorno in cui è stata notificata l'ordinanza di correzione. E la norma è interpretata nel senso che il rimedio si applica se con l'ordinanza di correzione sono svelati errores in iudicando o in procedendo evidenziati solo dal procedimento correttivo oppure quando l'errore corretto sia tale da ingenerare un obbiettivo dubbio sull'effettivo contenuto della decisione, interferendo con la sostanza del giudicato, ovvero quando con la correzione sia stata impropriamente riformata la decisione, dando luogo a surrettizia violazione del giudicato; per contro l'adozione della misura correttiva non vale a riaprire o prolungare i termini di impugnazione della sentenza che sia stata oggetto di eliminazione di errori di redazione del documento cartaceo, chiaramente percepibili dal contesto della decisione, in quanto risolventisi in una mera discrepanza tra il giudizio e la sua espressione (cfr., tra le tante, Cass. n. 6969/06, nonché Cass. S.U. n. 5165/04).

Per definizione, il giudice dell'esecuzione non provvedimenti qualificabili come sentenze (cfr. Cass. n. 22033/11).

Il sistema di controllo di legittimità dei provvedimenti del giudice dell'esecuzione è realizzato attraverso il rimedio della opposizione agli atti esecutivi, di cui all'art. 617 c.p.c., (cui si aggiunge quello del reclamo del successivo art. 630, per il caso di estinzione); questo sistema esclude che gli stessi possano ritenersi sottoposti al (diverso) regime delle impugnazioni previsto, per le sentenze, dall'art. 323 c.p.c., ed esclude, ancora, che, in relazione ad essi, possa legittimamente parlarsi di definitività dell'atto giurisdizionale (di assenza, cioè, di ogni altro rimedio nell'ambito dell'ordinamento processuale), condizione necessaria affinché un provvedimento decisorio possa dirsi impugnabile, in sede di legittimità, con il rimedio del ricorso straordinario ex art. 111 Cost. (cfr. Cass. n. 9549/97, n.

2502/02).

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Cassazione civile, sezione sesta, ordinanza del 3.2.2015, n. 1891

…omissis…

Premesso in fatto

E' stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

"1.- il ricorso è inammissibile, essendo stato proposto contro provvedimenti del giudice dell'esecuzione adottati, su istanza di parte, per la correzione di un errore materiale del piano di riparto e della dichiarazione di esecutività dello stesso.

Contrariamente a quanto assume la parte ricorrente non si tratta di provvedimenti riguardo ai quali non sarebbe previsto alcun rimedio, se non, sussistendone il presupposto della decisorietà, il ricorso straordinario per cassazione ex art. 111 Cost..

1.1.- La vicenda processuale esposta in ricorso trova riscontro negli atti impugnati:

- in data 2 aprile 2009 veniva approvato il progetto di distribuzione nella procedura esecutiva immobiliare n. 432/95 del Tribunale di Viterbo, nei confronti di xxxxxx., nel quale nessuna attribuzione era prevista in favore di Banca di Roma (che pure aveva già riscosso la somma complessiva di Euro 98.000,00 ai sensi dell'art. 41 TUB), mentre per errore era dato atto che la Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio aveva incassato tale ultima somma ed era tenuta alla restituzione di Euro 352,28;

- in data 16 dicembre 2009 la Banca Popolare dell'Etruria e del Lazio depositava un'istanza per la correzione dell'errore materiale nel piano di riparto, con la quale chiedeva che fosse cancellata l'attestazione della riscossione da parte sua della somma di Euro 98.000,00 ed inoltre che fosse ordinata alla Banca di Roma la restituzione di quanto incassato;

- il giudice dell'esecuzione, senza dare corso al contraddittorio, non si limitava all'eliminazione dell'attestazione riguardante la parte istante, ma disponeva la correzione dell'errore materiale contenuto nel piano di riparto in conformità a quanto indicato nella presente istanza, col primo dei provvedimenti impugnati, datato 16/29 dicembre 2009;

- successivamente la BxxxxxxL depositava altra istanza per eseguire piano di riparto ed il giudice dell'esecuzione provvedeva, inaudita altera parte, col secondo dei provvedimenti impugnati, in data 8 novembre 2010, ordinando alla Banca di Roma di versare in cancelleria le somme da restituirsi, sulla base del piano di riparto approvato, entro sessanta giorni dalla comunicazione del provvedimento;

- assume la ricorrente che né il primo né il secondo di detti provvedimenti sarebbero stati resi noti ad essa destinataria (succeduta, per la serie di fusioni riportate in ricorso, a Banca di Roma).

L'inammissibilità del ricorso per cassazione comporta l'irrilevanza di tale ultimo dato. In merito alle altre circostanze, risultanti come sopra, si osserva quanto segue.

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2.- Va ribadito l'orientamento espresso da questa Corte già in pronunce risalenti, e poi di recente, in ragione del quale le ordinanze del giudice dell'esecuzione che non possono essere revocate per avere avuto attuazione, sono suscettibili di correzione, nei casi e nelle forme previste dagli artt. 287 e 288 c.p.c., atteso che dette norme, ancorché aventi ad oggetto la disciplina del procedimento di cognizione, sono suscettibili di trovare applicazione ai consimili provvedimenti resi nel processo di esecuzione, in quanto, da un lato, costituiscono espressione di una esigenza di ordine generale propria ad ogni tipo di processo e, dall'altro, non trovano ostacolo in opposte disposizioni regolatrici del processo di esecuzione (Cass. n. 7930/91, ma cfr. già Cass. n.

1955/63, nonché di recente Cass. n. 11320/09).

L'art. 288 c.p.c., u.c., prevede che, in caso di correzione di errore materiale, sia possibile l'impugnazione delle sentenze relativamente alle parti corrette, con decorrenza del termine dal giorno in cui è stata notificata l'ordinanza di correzione. E la norma è interpretata nel senso che il rimedio si applica se con l'ordinanza di correzione sono svelati errores in iudicando o in procedendo evidenziati solo dal procedimento correttivo oppure quando l'errore corretto sia tale da ingenerare un obbiettivo dubbio sull'effettivo contenuto della decisione, interferendo con la sostanza del giudicato, ovvero quando con la correzione sia stata impropriamente riformata la decisione, dando luogo a surrettizia violazione del giudicato; per contro l'adozione della misura correttiva non vale a riaprire o prolungare i termini di impugnazione della sentenza che sia stata oggetto di eliminazione di errori di redazione del documento cartaceo, chiaramente percepibili dal contesto della decisione, in quanto risolventisi in una mera discrepanza tra il giudizio e la sua espressione (cfr., tra le tante, Cass. n. 6969/06, nonché Cass. S.U. n. 5165/04).

Nell'applicare, alla stregua dell'orientamento giurisprudenziale sopra richiamato, l'art. 288 c.p.c., u.c., al processo esecutivo, in cui non si può che procedere alla correzione di un errore materiale contenuto in un'ordinanza (non adottando, per definizione, il giudice dell'esecuzione provvedimenti qualificabili come sentenze: cfr. Cass. n. 22033/11, in motivazione), ne risulterà che l'ordinanza del giudice dell'esecuzione relativamente alle parti corrette potrà essere impugnata.

Orbene, il rimedio esperibile avverso tutti i provvedimenti del giudice dell'esecuzione, in cui si articola il processo esecutivo, dei quali si contesti la validità, la legittimità o, comunque, l'irregolarità formale, è quello dell'opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c..

Il sistema di controllo di legittimità dei provvedimenti del giudice dell'esecuzione è infatti realizzato attraverso il rimedio della opposizione agli atti esecutivi, di cui all'art. 617 c.p.c., (cui si aggiunge quello del reclamo del successivo art. 630, per il caso di estinzione); questo sistema esclude che gli stessi possano ritenersi sottoposti al (diverso) regime delle impugnazioni previsto, per le sentenze, dall'art. 323 c.p.c., ed esclude, ancora, che, in relazione ad essi, possa legittimamente parlarsi di definitività dell'atto giurisdizionale (di assenza, cioè, di ogni altro rimedio nell'ambito dell'ordinamento processuale), condizione necessaria affinchè un provvedimento decisorio possa dirsi impugnabile, in sede di legittimità, con il rimedio del ricorso straordinario ex art. 111 Cost. (cfr. Cass. n. 9549/97, n.

2502/02).

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Va perciò affermato il principio che le ordinanze del giudice dell'esecuzione che non possono essere revocate per avere avuto attuazione, sono suscettibili di correzione, nei casi e nelle forme previsti dagli artt. 287 e 288 c.p.c.. Le ordinanze così corrette non sono impugnabili col ricorso straordinario per cassazione, in quanto possono essere impugnate col rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell'art. 617 c.p.c., ed il termine per l'opposizione decorre dalla notificazione o comunicazione della relativa ordinanza, ai sensi dell'art. 288 c.p.c., u.c., se l'errore corretto sia tale da ingenerare un obbiettivo dubbio sull'effettivo contenuto dell'ordinanza, ovvero quando con la correzione sia stata impropriamente riformata la portata decisoria del provvedimento, dando luogo surrettiziamente ad una revoca o ad una modifica di ordinanza già eseguita e non più opponibile.

Giova aggiungere che, analogamente al caso della correzione della sentenza (cfr. Cass. n. 9425/11), la sola denuncia di eventuali vizi di formazione dell'ordinanza di correzione, che non coinvolgano anche il merito sostanziale del provvedimento, determina l'inammissibilità dell'opposizione, potendo essere formulate esclusivamente censure che riguardino o la verifica dell'ammissibilità del procedimento di correzione o la fondatezza del merito del provvedimento correttivo.

Nel caso di specie, in cui la ricorrente ha lamentato, oltre alla violazione delle norme procedurali dell'art. 288 c.p.c. (per essere stati i provvedimenti del g.e.

adottati inaudita altera parte, malgrado l'istanza provenisse soltanto da uno dei creditori partecipanti alla distribuzione), anche la modificazione sostanziale del piano di riparto già approvato, il rimedio avrebbe dovuto essere quello dell'opposizione agli atti esecutivi avverso l'ordinanza dichiarativa dell'esecutività del progetto di distribuzione risultante all'esito della correzione.

Si propone, perciò, la dichiarazione di inammissibilità del ricorso".

La relazione è stata comunicata e notificata come per legge.

Ritenuto in diritto

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione.

Conclusivamente, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Poiché i resistenti non si sono difesi, non vi è luogo a provvedere sulle spese.

p.q.m.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; nulla sulle spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Sesta Civile - 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 10 dicembre 2014

Editrice

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