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Notazioni. Useremo la notazione M(m, n; K) per indicare l’insieme delle matrici a m righe e n colonne ad entrate in K. Se A ∈ M(m, n; K) indicheremo con

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(1)

1 Algebra multilineare

1.1 Preliminari

Gli spazi vettoriali presi in considerazione saranno, salvo esplicito avviso con- trario, di dimensione finita sul campo K = R o C.

Notazioni. Useremo la notazione M(m, n; K) per indicare l’insieme delle matrici a m righe e n colonne ad entrate in K. Se A ∈ M(m, n; K) indicheremo con

t

A la matrice trasposta di A; in particolare se x = (x

1

, . . . , x

n

) ∈ K

n

allora

t

x =

 x

1

.. . x

n

 . Il simbolo di Kronecker ` e definito da

δ

ij

=

( 1 se i = j 0 se i 6= j.

1.1 (Applicazioni lineari). Siano V e W spazi vettoriali, B

V

= {e

1

, . . . , e

n

} e B

W

= {f

1

, . . . , f

m

} basi (ordinate) di V e W . Sia f : V → W un’applicazione lineare. La matrice associata a f rispetto a B

V

e a B

W

` e la matrice

M

BW,BV

(f ) =

α

11

. . . α

1n

.. . . .. .. . α

m1

. . . α

mn

le cui colonne sono le componenti, rispetto a B

W

, di f (e

1

), . . . , f (e

n

). Quindi si ha

f (e

j

) =

m

X

i=1

α

ij

f

i

, j = 1, . . . , n.

In forma matriciale

(f (e

1

), . . . , f (e

n

)) = (f

1

, . . . , f

m

)

α

11

. . . α

1n

.. . . .. .. . α

m1

. . . α

mn

 .

Se (x

1

, . . . , x

n

) sono le componenti di un vettore v ∈ V rispetto a B

V

, (y

1

, . . . , y

n

) sono le componenti di un vettore w ∈ W rispetto a B

W

e f (v) = w, allora

y

i

=

n

X

j=1

α

ij

x

j

, i = 1, . . . , m.

(2)

In forma matriciale

 y

1

.. . y

m

 =

α

11

. . . α

1n

.. . . .. .. . α

m1

. . . α

mn

 x

1

.. . x

n

 .

Se B = {e

1

, . . . , e

n

} e B

0

= {e

01

, . . . , e

0n

} sono due basi di uno spazio vettoriale V , la matrice di passaggio da B a B

0

` e la matrice

M

B0,B

(id

V

) = (α

ij

)

i,j=1,...,n

che ha come colonne le componenti, rispetto a B

0

dei vettori della base B. Quindi e

j

=

n

X

i=1

α

ij

e

0i

, j = 1, . . . , n

Se (x

1

, . . . , x

n

) sono le componenti di un vettore v ∈ V rispetto a B, (y

1

, . . . , y

n

) sono le componenti di v rispetto a B

0

, allora

y

i

=

n

X

j=1

α

ij

x

j

, i = 1, . . . , n.

Rammentiamo che, fissate due basi B

V

di uno spazio vettoriale V (di dimensione n) e B

W

di uno spazio vettoriale W (di dimensione m), si ha l’isomorfismo

Hom(V, W ) → M(m, n; K), f → M

BW,BV

(f ).

1.2 (Spazio duale e biduale). Sia V uno spazio vettoriale e V

= {f : V → K : f lineare}

il suo duale. Ad ogni base E = {e

1

, . . . , e

n

} di V `e associato il sottoinsieme di V

E

= {e

1

, . . . , e

n

}, e

i

(e

j

) = δ

ij

, i, j = 1, . . . , n.

E facile verificare che ` E

` e una base di V

che viene detta la base duale di E di V

. Avendo la stessa dimensione V e V

sono isomorfi.

Siano V e W spazi vettoriali. Un’ applicazione lineare f : V → W induce un’applicazione lineare f

: W

→ V

, detta applicazione duale di f , definita da

[f

(w

)](v) = w

(f (v)), (v ∈ V, w

∈ W

).

(3)

Siano B

V

= {e

1

, . . . , e

n

}, B

W

= {f

1

, . . . , f

m

} basi (ordinate) di V e W e B

V

= {e

1

, . . . , e

n

}, B

W

= {f

1

, . . . , f

m

} le rispettive basi duali di V

e W

. Se M

BW,BV

(f )

`

e la matrice associata a f rispetto a B

V

e B

W

, allora M

BV,BW

(f

) =

t

M

BW,BV

(f )

`

e la matrice associata a f

rispetto alle basi duali. Si ha quindi f

(f

i

) =

n

X

j=1

α

ij

e

j

, i = 1, . . . , m.

In forma matriciale

 f

(f

1

)

.. . f

(f

m

)

 =

α

11

. . . α

1n

.. . . .. .. . α

m1

. . . α

mn

 e

1

.. . e

n

Se (y

1

, . . . , y

m

) sono le componenti di w

rispetto a B

W

e (x

1

, . . . , x

n

) sono le componenti di v

rispetto a B

V

, allora

x

j

=

m

X

i=1

α

ij

y

i

, j = 1, . . . , n.

In forma matriciale

(x

1

, . . . , x

n

) = (y

1

, . . . , y

m

)

α

11

. . . α

1n

.. . . .. .. . α

m1

. . . α

mn

 .

Se f : V → W ` e un isomorfismo e (f

−1

)

: V

→ W

` e la mappa duale di f

−1

allora (f

−1

)

(v

)(w) = v

(f

−1

(w)) e quindi

(f

−1

)

(v

)(f (u)) = v

(u). (1.1) Siano f : V → W e g : W → Z mappe lineari tra spazi vettoriali, allora:

i) (g ◦ f )

= f

◦ g

. ii) id

V

= id

V

.

iii) f ` e isomorfismo se e solo se f

` e isomorfismo e (f

−1

)

= (f

)

−1

.

(4)

Un isomorfismo ψ : V → V

` e detto canonico se il diagramma V

ψ //

f 

V

V

ψ //

V

f

OO

commuta per ogni isomorfismo lineare f : V → V , cio` e se, per ogni v, w ∈ V si ha

[ψ(v)](w) = [ψ(f (v))](f (w)).

In generale V e V

non sono canonicamente isomorfi. Si pu` o provare che esiste un isomorfismo canonico ψ : V → V

se e solo se siamo in uno dei due casi ([1], pp.144-146):

i) V = K e in tal caso V

= K e l’isomorfismo naturale `e l’identit`a: x → x, x(y) = xy, x, y ∈ K;

ii) V = Z

2

× Z

2

come Z

2

-spazio vettoriale.

Con V

∗∗

= (V

)

indicheremo il duale secondo o biduale di V . Un’ applicazione lineare f : V → W induce un’applicazione lineare

f

∗∗

: V

∗∗

→ W

∗∗

, [f

∗∗

(v

∗∗

)](w

) = v

∗∗

(f

(w

)), (w

∈ W

, v

∗∗

∈ V

∗∗

), detta la mappa biduale di f .

La mappa i

V

: V → V

∗∗

, i

V

(v) = v

∗∗

dove

v

∗∗

(w

) = w

(v), (v ∈ V, w

∈ V

),

`

e un isomorfismo canonico: il diagramma V

iV //

f 

V

∗∗

f∗∗



W

iW

//

W

∗∗

commuta per ogni coppia di spazi vettoriali V e W e per ogni applicazione lineare f : V → W . Infatti

[(i

W

◦ f )(v)](w

) = [i

W

(f (v)] = (f (v))

∗∗

(w

) = w

(f (v)) e

[(f

∗∗

◦ i

V

)(v)](w

) = [(f

∗∗

(i

V

(v))](w

) = [f

∗∗

(v

∗∗

)](w

)

= v

∗∗

(f

(w

)) = (f

(w

)(v) = w

(f (v)).

Gli spazi V e V

∗∗

sono cos`ı canonicamente identificati.

(5)

Osservazione 1.3. Sia V uno spazio vettoriale. Si ha l’isomorfismo canonico V ∼ = Hom(K, V ), v → α

v

, α

v

(1) = v.

Osservazione 1.4. Se V ` e di dimensione infinita su K non `e pi`u vero che V `e isomorfo a V

e V

∗∗

. A tal proposito si veda il seguente esempio. Sia V = R[X]

lo spazio vettoriale dei polinomi a coefficienti reali. Ovviamente V ha la base numerabile {1, X, X

2

, . . . } ma V

contiene l’insieme

Φ = {φ

t

: t ∈ R}, φ

t

(f (X)) = f (t) ∈ R,

che ` e libero ma non numerabile. Sia data infatti la combinazione lineare finita a

1

φ

t1

+ · · · + a

n

φ

tn

= 0

con a

1

, . . . , a

n

numeri reali e t

1

, . . . , t

n

numeri reali distinti. I polinomi f

i

(X) = Y

j6=i

(X − t

j

), i = 1, . . . , n

si annullano in t

j

con j 6= i ma non in t

i

. Allora per ogni i = 1, . . . , n 0 = (a

1

φ

t1

+ · · · + a

n

φ

tn

)(f

i

(X)) = a

1

f

i

(t

1

) + · · · + a

n

f

i

(t

n

) = a

i

f

i

(t

i

), quindi a

i

= 0 per i = 1, . . . , n.

Sia B una base di V

che contiene l’insieme Φ e sia per t ∈ R

g

t

(b) =

( 1 se b = φ

t

,

0 se b 6= φ

t

, b ∈ B.

Estendiamo g

t

ad una applicazione lineare V

→ R che continueremo ad indicare con g

t

. Il sottoinsieme

{g

t

∈ V

∗∗

: t ∈ R}

`

e un sottinsieme libero non numerabile di V

∗∗

. Ragionando come sopra, dalla relazione

a

1

g

t1

+ · · · + a

n

g

tn

= 0

con a

1

, . . . , a

n

numeri reali e t

1

, . . . , t

n

numeri reali distinti, deduciamo subito 0 = (a

1

g

t1

+ · · · + a

n

g

tn

)(ϕ

ti

) = a

i

, i = 1, . . . , n.

Pertanto sia V

che V

∗∗

hanno basi pi` u che numerabili e non possono essere

isomorfi a V .

(6)

1.2 Applicazioni multilineari

Definizione 1.5. Siano V

1

, . . . , V

n

, W spazi vettoriali. Un’applicazione f : V

1

× · · · × V

n

→ W

si dice multilineare se ` e lineare in ogni variabile, ossia se comunque si fissi un intero i = 1, . . . , n e comunque si fissino, per ogni j 6= i, dei vettori v

j

∈ V

j

, l’applicazione

v ∈ V

i

→ f (v

1

, . . . , v

i−1

, v, v

i+1

, . . . , v

n

) ∈ W

`

e lineare. Se n = 1 multilineare equivale a lineare. Se n > 1 un’applicazione lineare f : V

1

× · · · × V

n

→ W non `e multilineare a meno che f sia la mappa nulla.

Se n = 2 si usa la locuzione bilineare al posto di multilineare. Indicheremo con ML(V

1

, . . . , V

n

; W ) lo spazio vettoriale delle applicazioni multilineari

f : V

1

× · · · × V

n

→ W.

La struttura di spazio vettoriale su K di ML(V

1

, . . . , V

n

; W ) ` e ovvia:

(f + g)(u

1

, . . . , u

n

) = f (u

1

, . . . , u

n

) + g(u

1

, . . . , u

n

), (λf )(u

1

, . . . , u

n

) = λf (u

1

, . . . , u

n

).

Se n = 2, cio` e nel caso bilineare, lo spazio ML(V

1

, V

2

; W ) verr` a indicato con BL(V

1

, V

2

; W ). Se V

1

= . . . = V

n

= V useremo la notazione L

n

(V, W ) per indi- care ML(V

1

, . . . , V

n

; W ) e il termine n-lineare al posto di mappa multilineare.

Nel caso W = K, il campo degli scalari, useremo anche il termine forma (multi- lineare, bilineare n-lineare) al posto di applicazione.

Osservazione 1.6. Siano V

1

, . . . , V

n

, W

1

, . . . W

m

, Z, Z

0

spazi vettoriali.

i) Siano g : Z → Z

0

un’applicazione lineare e f : V

1

× · · · × V

n

→ Z una mappa multilineare. Allora

g ◦ f : V

1

× · · · × V

n

→ Z

0

`

e multilineare.

ii) Siano g

i

: V

i

→ W

i

, i = 1, . . . , n, applicazioni lineari e f : W

1

×· · ·×W

n

→ Z un’applicazione multilineare. Allora

F : V

1

× · · · × V

n

→ Z, F (v

1

, . . . , v

n

) = f (g

1

(v

1

), . . . , g

n

(v

n

)),

`

e multilineare.

(7)

iii) Siano f

j

: V

1

× · · · × V

n

→ W

j

j = 1, . . . , m, applicazioni e

F : V

1

× · · · × V

n

→ W

1

× · · · × W

m

, f = (f

1

, . . . , f

m

).

Allora F ` e multilineare se e solo se f

j

` e multilineare per j = 1, . . . , m.

Esempi 1.7. 1) Il natural pairing di V e V

in K

h , i : V × V

→ K, hv, w

i = w

(v),

`

e bilineare.

2) Il prodotto righe × colonne tra matrici

(A, B) ∈ M(m, n; K) × M(n, p; K) → AB ∈ M(m, p; K)

`

e bilineare.

3) Il prodotto scalare in R

n

(x, y) ∈ R

n

× R

n

→ x

t

y = x

1

y

1

+ · · · x

n

y

n

∈ R, dove x = (x

1

, . . . , x

n

), y = (y

1

, . . . , y

n

) ∈ R

n

, ` e bilineare.

4) Il determinante di una matrice quadrata A ∈ M(n, n; K) (a

1

, . . . , a

n

) ∈ K

n

× · · · × K

n

| {z }

n volte

→ det(A) ∈ K

`

e applicazione multilineare delle righe (a

1

, . . . , a

n

) (o colonne) di A.

Proposizione 1.8 (Estensione multilineare). Siano V

1

, . . . , V

n

, W , spazi vet- toriali. Sia S

i

= {e

iji

: j

i

∈ J

i

} una base ordinata di V

i

con dim V

i

= h

i

, i = 1, . . . , n. Allora ogni applicazione S

1

× · · · × S

n

→ W si estende in un solo modo ad un’applicazione multilineare V

1

× · · · × V

n

→ W .

Dimostrazione. Sia f una mappa multilineare e siano u

i

=

hi

X

ji=1

k

iji

e

iji

∈ V

i

, i = 1, . . . , n, dove k

iji

∈ K. Dalla multilinearit`a segue allora

f (u

1

, . . . , u

n

) =

h1

X

j1=1

· · ·

hn

X

jn=1

k

1j1

k

2j2

· · · k

njn

f (e

1j1

, e

2j2

, . . . , e

njn

). (1.2) Poich` e i coefficienti k

1j1

k

2j2

· · · k

njn

dipendono solo da u

1

, . . . , u

n

la mappa f ` e completamente determinata da f (e

1j1

, e

2j2

, . . . , e

njn

). Viceversa assegnati i vet- tori

f (e

1j1

, e

2j2

, . . . , e

njn

), 1 ≤ j

i

≤ h

i

, i = 1, . . . , n,

la mappa definita dalla (1.2) ` e chiaramente multilineare. 

(8)

Osservazione 1.9. Si osservi che lo spazio vettoriale V

1

× · · · × V

n

ha come base l’insieme, di cardinalit` a h

1

+ h

2

+ · · · + h

n

,

{f

iji

= (0, . . . , 0, e

iji

, 0, . . . , 0) : 1 ≤ j

i

≤ h

i

, i = 1, . . . , n}

che possiamo ordinare lessicograficamente ponendo f

iji

≺ f

kjk

se i < k o se i = k e j

i

< j

k

. Quindi per definire una mappa lineare V

1

× · · · × V

n

→ W basta dare le immagini di questi h

1

+ h

2

+ · · · + h

n

elementi. Invece per definire una mappa multilineare V

1

× · · · × V

n

→ W basta dare le immagini degli h

1

h

2

· · · h

n

vettori

{(e

1j1

, e

2j2

, . . . , e

njn

) : 1 ≤ j

i

≤ h

i

, i = 1, . . . , n}.

Osservazione 1.10. Se W = K la (1.2) diventa

f (u

1

, . . . , u

n

) =

h1

X

j1=1

· · ·

hn

X

jn=1

k

1j1

k

2j2

· · · k

njn

a

j1...jn

, (1.3)

dove

f (e

1j1

, e

2j2

, . . . , e

njn

) = a

j1...jn

.

In particolare siano V

1

= K

h1

, V

2

= K

h2

, x = (x

1

, . . . , x

h1

) ∈ V

1

(dove le x

i

sono le componenti di x rispetto ad una base S

1

= {e

1

, . . . , e

h1

}) e y = (y

1

, . . . , y

h2

) ∈ V

2

(dove le y

j

sono le componenti di y rispetto ad una base S

2

= {f

1

, . . . , f

h2

}), allora

f (x, y) =

h1

X

i=1 h2

X

j=1

x

i

y

j

a

ij

= xA

t

y

con A = (a

ij

)

i=1,...,h1

j=1,...,h2

e a

ij

= f (e

i

, f

j

).

Corollario 1.11. Siano V

1

, . . . , V

n

, W spazi vettoriali, allora dim ML(V

1

, . . . , V

n

; W ) = dim W

n

Y

i=1

dim V

i

.

Dimostrazione. Fissiamo le basi S

i

= {e

i1

, . . . , e

ihi

} di V

i

, i = 1, . . . , n. Con- sideriamo l’applicazione

f ∈ ML(V

1

, . . . , V

n

; W ) → (f (e

1j1

, . . . , e

njn

))

ji=1,...,hi;i=1,...,n

∈ W × · · · × W

| {z }

h1···hnvolte

.

Siffatta applicazione, bigettiva per la Proposizione 1.8, ` e lineare e quindi ` e un isomorfismo di spazi vettoriali ML(V

1

, . . . , V

n

; W ) → W × · · · × W

| {z }

h1···hnvolte

. 

(9)

Osservazione 1.12. Siano V

1

, . . . , V

n

, W spazi vettoriali e sia Hom(V

1

, . . . , V

n

; W ) lo spazio delle applicazioni lineari f : V

1

× · · · × V

n

→ W allora

dim Hom(V

1

, . . . , V

n

; W ) = (dim V

1

+ · · · + dim V

n

) dim W.

Definizione 1.13. Siano V

1

, . . . , V

n

spazi vettoriali. Dati i riferimenti (cio` e le basi ordinate) S

i

= {e

i1

, . . . , e

ihi

} di V

i

, i = 1, . . . , n, ` e possibile costruire un riferimento S per ML(V

1

, . . . , V

n

; K). Per ogni n-upla (j

1

, . . . , j

n

), con 1 ≤ j

i

≤ h

i

, i = 1, . . . , n, sia ∆

j1,...,jn

l’unico elemento di ML(V

1

, . . . , V

n

; K) tale che

j1,...,jn

(e

1k1

, . . . , e

nkn

) =

( 1 se (k

1

, . . . , k

n

) = (j

1

, . . . , j

n

), 0 altrimenti.

L’insieme S = {∆

j1,...,jn

: 1 ≤ j

i

≤ h

i

, i = 1, . . . , n} ` e libero poich` e da X

(j1,...,jn)

λ

(j1,...,jn)

j1,...,jn

= 0

ne segue che, per ogni n-upla (k

1

, . . . , k

n

),

0 = X

(j1,...,jn)

λ

(j1,...,jn)

j1,...,jn

(e

1k1

, . . . , e

nkn

) = λ

(k1,...,kn)

.

Essendo #S = dim ML(V

1

, . . . , V

n

; K), S `e una base di ML(V

1

, . . . , V

n

; K).

Ordiniamo gli elementi di S in modo lessicografico: ∆

k1,...,kn

≺ ∆

j1,...,jn

se e solo se k

1

< j

1

, oppure se k

1

= j

1

ma k

2

< j

2

, oppure se k

1

= j

1

e k

2

= j

2

ma k

3

< j

3

e cos`ı via. Il riferimento S verr` a detta associato a S

1

, . . . , S

n

.

Osservazione 1.14. Siano V = K

2

, W = K

4

. Sia f : V × V → W f ((x

1

, x

2

), (y

1

, y

2

)) = (x

1

y

1

, x

1

y

2

, x

2

y

1

, x

2

y

2

).

Poich` e f ((1, 0), (1, 0)) = (1, 0, 0, 0), f ((1, 0), (0, 1)) = (0, 1, 0, 0), f ((0, 1), (1, 0)) = (0, 0, 1, 0), f ((0, 1), (0, 1)) = (0, 0, 0, 1), f (V × V ) contiene una base di W ma f (V × V ) 6= W , infatti

x

1

y

1

x

1

y

2

x

2

y

1

x

2

y

2

= 0

per ogni (x

1

, x

2

) e (y

1

, y

2

). Pertanto l’immagine di uno spazio vettoriale tramite

un’applicazione multilineare non ` e in generale uno spazio vettoriale. Inoltre

l’insieme {(v, w) ∈ V ×V : f (v, w) = 0

W

} non `e un sottospazio di V ×V in quanto

f ((1, 1), (0, 0)) = f ((0, 0), (1, 1)) = (0, 0, 0, 0) ma f ((1, 1), (1, 1)) 6= (0, 0, 0, 0).

(10)

Proposizione 1.15. Siano V

1

, . . . , V

n

e W spazi vettoriali. Per ogni m tale che 1 ≤ m < n si ha l’isomorfismo

ML(V

1

, . . . , V

m

; ML(V

m+1

, . . . , V

n

; W )) −→ ML(V

Ψ 1

, . . . , V

n

; W ),

Φ

m

(B)(v

1

, . . . , v

n

) = [B(v

1

, . . . , v

m

)](v

m+1

, . . . , v

n

). (1.4) Se A ∈ ML(V

1

, . . . , V

n

; W ) allora

−1m

(A)(v

1

, . . . , v

m

)](v

m+1

, . . . , v

n

) = A(v

1

, . . . , v

n

).

In particolare si ha l’isomorfismo

Φ

n−1

: ML(V

1

, . . . , V

n−1

; Hom(V

n

; W )) → ML(V

1

, . . . , V

n

; W ). (1.5) da cui l’isomorfismo

ML(V

1

, . . . , V

n

; W ) −→ ML(V

Ψ 1

, . . . , V

n

, W

; K)

Ψ(f )(v

1

, . . . , v

n

, w

) = w

(f (v

1

, . . . , v

n

)). (1.6) Se g ∈ ML(V

1

, . . . , V

n

, W

; K) allora

−1

(g)(v

1

, . . . , v

n

)](w

) = g(v

1

, . . . , v

n

, w

).

Dimostrazione. La mappa Φ

m

` e chiaramente lineare:

Φ

m

(λB + µB

0

)(v

1

, . . . , v

n

) = [(λB + µB

0

)(v

1

, . . . , v

m

)](v

m+1

, . . . , v

n

)

= [λB(v

1

, . . . , v

m

) + µB

0

(v

1

, . . . , v

m

)](v

m+1

, . . . , v

n

)

= λ[B(v

1

, . . . , v

m

)](v

m+1

, . . . , v

n

) + µ[B

0

(v

1

, . . . , v

m

)](v

m+1

, . . . , v

n

)

= λΦ

m

(B)(v

1

, . . . , v

n

) + µΦ

m

(B

0

)(v

1

, . . . , v

n

).

Inoltre Φ

m

` e iniettiva: se B 6= B

0

allora esiste una m-upla (v

1

, . . . , v

m

) tale che B(v

1

, . . . , v

m

) 6= B

0

(v

1

, . . . , v

m

) e quindi

[B(v

1

, . . . , v

m

)](v

m+1

, . . . , v

n

) 6= [B

0

(v

1

, . . . , v

m

)](v

m+1

, . . . , v

n

)

per una (n − m)-upla (v

m+1

, . . . , v

n

). Poich` e gli spazi hanno la stessa dimensione, Φ

m

` e un isomorfismo.

Posto L’isomorfismo (1.6) segue subito dall’isomorfismo (1.5) poich` e

ML(V

1

, . . . , V

n

; W ) = ML(V

1

, . . . , V

n

; Hom(W

: K)) ∼ = ML(V

1

, . . . , V

n

, W

; K) Se f ∈ ML(V

1

, . . . , V

n

; W ) allora Ψ(f )(v

1

, . . . , v

n

, w

) = [f (v

1

, . . . , v

n

)](w

) =

w

(f (v

1

, . . . , v

n

)). 

(11)

Corollario 1.16. Siano V

1

, . . . , V

n

e W spazi vettoriali. Si ha un isomorfismo canonico

Φ : Hom(V

1

, Hom(V

2

, . . . , Hom(V

n

, W )) . . . ) → ML(V

1

, . . . , V

n

; W ). (1.7) In particolare se n = 2 si ha Φ : Hom(V

1

, Hom(V

2

, W )) → BL(V

1

, V

2

; W ) dove

Φ(f )(v

1

, v

2

) = [f (v

1

)](v

2

).

Dimostrazione. Dall’isomorfismo (1.5)

Φ

n−1

: ML(V

1

, . . . , V

n−1

; Hom(V

n

; W )) → ML(V

1

, . . . , V

n

; W ), applicando ancora l’isomorfismo (1.5) a V

1

, . . . , V

n−1

e a Hom(V

n

; W ) si ha

ML(V

1

, . . . , V

n−2

; Hom(V

n−1

, Hom(V

n

; W ))) ∼ = ML(V

1

, . . . , V

n−1

; Hom(V

n

; W ))

∼ = ML(V

1

, . . . , V

n

; W ).

Si applichi ora l’isomorfismo (1.5) a V

1

, . . . , V

n−2

e a Hom(V

n−1

, Hom(V

n

; W )) e

cos`ı via. Con n − 1 passi si ha la tesi. 

Definizione 1.17 (Algebre su un campo). Uno spazio vettoriale A su un campo K (non necessariamente di dimensione finita) dotato di un’applicazione bilineare m : A × A → A ` e detto K-algebra. Se vogliamo evidenziare la mappa m useremo, per indicare una K-algebra, la coppia (A, m) altrimenti useremo solo A. Chiameremo v · w = m(v, w) il prodotto di v e w. Il prodotto soddisfa allora la propriet` a distributiva (per ogni u, v e w ∈ A)

(u + v) · w = u · w + v · w, u · (v + w) = u · v + u · w, e l’omogeneit` a (per ogni k ∈ K, v, w ∈ A)

(kv) · w = v · (kw) = k(v · w).

Se, per ogni u, v e w ∈ A, vale la propriet` a associativa u · (v · w) = (u · v) · w, diremo che A ` e una K-algebra associativa.

Se, per ogni u, v ∈ A, vale la propriet` a commutativa u · v = v · u

diremo che A ` e una K-algebra commutativa.

(12)

Se esiste e ∈ A tale che e · v = v · e = v, per ogni v ∈ A, diremo che e ` e l’unit` a di A (e risulta essere univocamente determinato) e che A ` e una K-algebra unitaria.

Un sottospazio vettoriale B di A ` e una sottoalgebra di (A, m) se m(B, B) ⊂ B.

Richiediamo che una sottoalgebra di un’algebra unitaria A contenga l’unit` a di A.

Siano A e B due K-algebre. Un’applicazione lineare f : A → B tale che f (a · a

0

) = f (a) · f (a

0

), ∀ a, a

0

∈ A,

si dice omomorfismo di algebre. Se A e B hanno unit` a e

A

ed e

B

allora richiediamo che

f (e

A

) = e

B

.

• Sia (A, m) una K-algebra, A

i

sottospazi vettoriali di A, i = 0, 1, 2, . . . , tali che A =

M

i=0

A

i

e m(A

i

, A

j

) ⊂ A

i+j

, i, j = 0, 1, 2, . . . .

Diremo allora che A ` e una K-algebra graduata. Gli elementi di A

i

sono detti omogenei di grado i. Una sottoalgebra B di (A, m) ` e sottoalgebra graduata di (A, m) se

B =

M

i=0

B ∩ A

i

. Siano

A =

M

i=0

A

i

, B =

M

i=0

B

i

due K-algebre graduate e f : A → B un omomorfismo di algebre. Se f (A

i

) ⊂ B

i

, i = 0, 1, . . .

diremo che f ` e un omomorfismo di algebre graduate.

Definizione 1.18. Uno spazio vettoriale A su un campo K (non necessariamente di dimensione finita) dotato di un’applicazione bilineare

A × A → A, (x, y) → [x, y], tale che

i) [x, x] = 0 per ogni x ∈ A,

ii) [x, [y, z]] + [y, [z, x]] + [z, [x, y]] = 0, per ogni x, y, z ∈ A, (identit` a di

Jacobi),

(13)

` e detto algebra di Lie. Se la caratteristica di K `e 6= 2 la condizione i) `e equivalente a

[x, y] = −[y, x]

per ogni x, y ∈ A.

Siano A e B algebre di Lie. Una mappa lineare f : A → B ` e un omomorfismo di algebre di Lie se

f ([x, y]) = [f (x), f (y)], ∀ x, y ∈ A.

Ad ogni algebra associativa A si pu` o associare una struttura di algebra di Lie mediante il prodotto commutatore

[x, y] = xy − yx.

Esempio 1.19. In R

3

siano i = (1, 0, 0), j = 0, 1, 0) e k = (0, 0, 1). I prodotti [x, y]

1

= x ∧ y,

[x, y]

2

= x ∧ y − hx ∧ y, kik

dove h , i ` e l’usuale prodotto scalare, rendono R

3

algebra di Lie.

(14)

1.3 Prodotto tensoriale di spazi vettoriali

Definizione 1.20. Siano V

1

, . . . , V

n

spazi vettoriali. Chiameremo prodotto ten- soriale di V

1

, . . . , V

n

una coppia (T, τ ) dove T ` e uno spazio vettoriale e τ ` e un’applicazione multilineare τ : V

1

× · · · × V

n

→ T che soddisfa la propriet` a uni- versale:

(PUT) Per ogni spazio vettoriale W e per ogni applicazione multilineare g : V

1

× · · · × V

n

→ W

esiste una ed una sola applicazione lineare h : T → W che rende commuta- tivo il diagramma

V

1

× · · · × V

n τ //

g &&

T

h

W

Proposizione 1.21. Siano V

1

, . . . , V

n

spazi vettoriali, (T, τ ) e (T

0

, τ

0

) prodotti tensoriali di V

1

, . . . , V

n

allora esiste uno ed un solo isomorfismo h : T → T

0

che rende commutativo il diagramma

V

1

× · · · × V

n τ //

τ0

&&

T

h

T

0

Dimostrazione. Poich` e (T, τ ) e (T

0

, τ

0

) sono prodotti tensoriali di V

1

, . . . , V

n

allora esiste una ed una sola applicazione lineare h : T → T

0

tale che τ

0

= h ◦ τ ed esiste una ed una sola applicazione lineare k : T

0

→ T tale che τ = k ◦ τ

0

. Consideriamo l’applicazione lineare k ◦ h : T → T . Si ha

(k ◦ h) ◦ τ = k ◦ (h ◦ τ ) = k ◦ τ

0

= τ.

D’altra parte l’identit` a id

T

: T → T verifica id

T

◦ τ = τ , quindi per la propriet` a (PUT) si ha k ◦ h = id

T

. Allo stesso modo si ha h ◦ k = id

T0

e quindi h e k sono

isomorfismi uno inverso dell’altro. 

Proposizione-Definizione 1.22. Siano V

1

, . . . , V

n

spazi vettoriali, T = ML(V

1

, . . . , V

n

; K), τ : V

1

× · · · × V

n

→ T dove

τ (v

1

, . . . , v

n

)[(w

1

, . . . , w

n

)] = w

1

(v

1

)w

2

(v

2

) · · · w

n

(v

n

).

(15)

Allora (T, τ ) ` e prodotto tensoriale di V

1

, . . . , V

n

che, unico a meno di isomorfismi per la Proposizione 1.21, chiameremo il prodotto tensoriale degli spazi vettoriali V

1

, . . . , V

n

e denoteremo con V

1

⊗ · · · ⊗ V

n

, sottintendendo la mappa τ . Inoltre

dim V

1

⊗ · · · ⊗ V

n

= (dim V

1

) · · · (dim V

n

). (1.8) Dimostrazione. L’applicazione τ ` e chiaramente multilineare. Sia ora W uno spazio vettoriale e g : V

1

× · · · × V

n

→ W un’applicazione multilineare. Dobbiamo provare che esiste una ed una sola applicazione lineare h : T → W tale che g = h ◦ τ . Date le basi S

i

= {e

i1

, . . . , e

ihi

} di V

i

, i = 1, . . . , n, e le relative basi duali S

i

= {e

i1

, . . . , e

ih

i

} di V

i

, i = 1, . . . , n, consideriamo la base S

= {∆

j

1,...,jn

: 1 ≤ j

i

≤ h

i

, i = 1, . . . , n}

di T associata a S

1

, . . . , S

n

della Definizione 1.13 (usiamo la notazione ∆

j

1,...,jn

al posto ∆

j1,...,jn

della Definizione 1.13 perch` e siamo in ML(V

1

, . . . , V

n

; K)). Per ogni n-upla (j

1

, . . . , j

n

) si ha

τ (e

1j1

, . . . , e

njn

)[(e

1k1

, . . . , e

nkn

)] = e

1k1

(e

1j1

) · · · e

nkn

(e

njn

)

=

( 1 se (k

1

, . . . , k

n

) = (j

1

, . . . , j

n

), 0 altrimenti.

Quindi τ (e

1j1

, . . . , e

njn

) = ∆

j1,...,jn

, per ogni n-upla (j

1

, . . . , j

n

), cio` e τ (S

1

× · · · × S

n

) = S

.

La corrispondenza S

1

× · · · × S

n

→ S

data da

(e

1j1

, . . . , e

njn

) → τ (e

1j1

, . . . , e

njn

) = ∆

j1,...,jn

`

e ovviamente biunivoca. Poich` e

h(∆

j1,...,jn

) = h(τ (e

1j1

, . . . , e

njn

)) = g(e

1j1

, . . . , e

njn

)

per ogni n-upla (j

1

, . . . , j

n

) con 1 ≤ j

i

≤ h

i

, i = 1, . . . , n, h ` e univocamente determinato (dai suoi valori sulla base S

di T ). Infine dal Corollario 1.11 si ha

subito la (1.8) 

Definizione 1.23. Chiameremo gli elementi di V

1

⊗· · ·⊗V

n

tensori. Denoteremo τ (v

1

, . . . , v

n

) con v

1

⊗ · · · ⊗ v

n

e lo chiameremo il prodotto tensore degli elementi v

1

, . . . , v

n

. I tensori della forma v

1

⊗ · · · ⊗ v

n

, cio` e i tensori appartenenti a

τ (V

1

× · · · × V

n

),

(16)

si dicono decomponibili; essi generano V

1

× · · · × V

n

, per quanto visto nella di- mostrazione della Proposizione 1.22. Chiameremo i vettori v

i

∈ V

i

fattori del tensore decomponibile v

1

⊗ · · · ⊗ v

n

. Gli altri tensori cio` e i tensori di

V

1

⊗ · · · ⊗ V

n

r τ (V

1

× · · · × V

n

), sono detti indecomponibili.

Osservazione 1.24. Dalla multilinearit` a dell’applicazione τ sia ha per ogni i = 1, . . . , n

v

1

⊗ · · · ⊗ (λv

i0

+ µv

i00

) ⊗ · · · ⊗ v

n

= λ(v

1

⊗ · · · ⊗ v

0i

⊗ · · · ⊗ v

n

) + µ(v

1

⊗ · · · ⊗ v

i00

⊗ · · · ⊗ v

n

) con λ, µ ∈ K, v

1

, . . . , v

i0

, v

i00

, . . . , v

n

vettori di V

1

, . . . , V

i

, V

i

, . . . , V

n

.

1.25 (Base di V

1

⊗ · · · ⊗ V

n

). Siano V

1

, . . . , V

n

spazi vettoriali, dim V

i

= h

i

, J

i

= {1, . . . , h

i

}, i = 1, . . . , n. Siano S

i

= {e

i1

, . . . , e

ihi

} basi ordinate di V

i

, i = 1, . . . , n e S

i

= {e

i1

, . . . , e

ih

i

} le rispettive basi duali. Allora, per quanto visto nella dimostrazione della Proposizione-Definizione 1.22 e per le definizioni sopra date, per ogni n-upla (j

1

, . . . , j

n

) con 1 ≤ j

i

≤ h

i

, i = 1, . . . , n

e

1j1

⊗ e

2j2

⊗ · · · ⊗ e

njn

= τ (e

1j1

, . . . , e

njn

) = ∆

j1,...,jn

e quindi

S = {e

1j1

⊗ e

2j2

⊗ · · · ⊗ e

njn

: 1 ≤ j

i

≤ h

i

, i = 1, . . . , n}

`

e una base di V

1

⊗ · · · ⊗ V

n

detta la base di V

1

⊗ · · · ⊗ V

n

associata ai riferimenti S

1

, . . . , S

n

. Tale base S ` e ordinata in modo lessicografico. Ogni tensore A ∈ V

1

⊗ · · · ⊗ V

n

si scrive in un solo modo come

A = X

(j1,...,jn)

A

j1...jn

e

1j1

⊗ e

2j2

⊗ · · · ⊗ e

njn

,

dove

A

j1...jn

= A(e

1j1

, e

2j2

, . . . , e

njn

).

Posto h = h

1

. . . h

n

, la h-upla

(A

j1...jn

)

(j1,...,jn)∈J1×···×Jn

,

ordinata in modo lessicografico, ` e la h-upla delle componenti del tensore A rispetto

ai riferimenti S

1

, . . . , S

n

(o al riferimento S ad essi associato). La indicheremo

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