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1.1- L 1- I L L IBRO

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Academic year: 2021

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1- I L L IBRO

Questo capitolo si occupa del libro in termini generali in quanto, prima di procedere con qualsiasi tipo di analisi del testo, sembra utile fare un riassunto della trama e dare alcune informazioni sull’autore e sulla ricezione della critica che il libro ha avuto al suo primo apparire nel Regno Unito.

1.1- L

A TRAMA

The Emperor of Ice-Cream di Dan Gunn è la storia di Lucia Pezzini, nata in Scozia da immigrati italiani, della sua vita durante la seconda guerra mondiale e della tragedia che la sua famiglia ha dovuto affrontare dopo l’affondamento dell’Arandora Star.

Nel prologo Lucia, voce narrante del romanzo, ormai ottantenne, si reca ad un caffè italiano su Broughton Street per scrivere la propria storia in modo che non venga dimenticata, come il fratello Emilio le ha chiesto di fare prima di morire.

Facendo un salto indietro nel tempo, il racconto di Lucia comincia nel giugno del 1920, un mese che lei trascorre attendendo le lettere del fratello Giulio, in visita in Italia per la prima volta. Con l’assenza del fratello maggiore, un ragazzo del posto di nome Ewan McEwen tenta di infastidirla, ma lei si difende, tirandogli un sasso con la fionda.

La madre, malata di cancro, muore poco dopo il ritorno dall’Italia. Nel frattempo arrivano le prime notizie dell’ascesa politica del fascismo, con la marcia su Roma di Mussolini, attraverso il giornale locale, lo Scotsman. Dario e Giulio rimangono affascinati dal Duce e dal fascismo, mentre Emilio, il terzogenito, resta del tutto indifferente.

Giulio abbandona gli studi e inizia a lavorare come apprendista del gelataio della città, il signor Cavazzoni. Nel frattempo i fratelli affascinati dal fascismo cominciano ad accarezzare l’idea di aprire una sede del Fascio a Edimburgo, creando una succursale di quella che è stata aperta a Londra nel 1921. Riescono a trovare un edificio alla portata delle loro possibilità, ma è talmente in cattivo stato che i lavori di ristrutturazione durano fino al 1924; l’inaugurazione, quando finalmente avviene, è modesta, ma il console italiano di Edimburgo viene a tenere un discorso per l’occasione.

L’ingresso di Emilio nel mondo del lavoro permette alla famiglia di tirare il fiato, ma questa nuova quotidianità è presto sconvolta dall’arrivo di Paola, la moglie del fratellastro del

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padre di Lucia: dichiara di essersi innamorata di Dario dopo la breve storia che hanno avuto durante il viaggio del maggiore dei tre fratelli in Italia, e di avere deciso di lasciare per lui il marito Roberto, che lei soprannomina “il porco”. Dario non è affatto contento della piega che hanno preso gli eventi.

Durante l’estate del 1926 l’ambasciatore di Londra offre ai ragazzi Pezzini una vacanza in Italia – un viaggio che i Fasci organizzavano spesso all’epoca come pubblicità a favore di Mussolini e della sua politica. Il viaggio è un’occasione per Giulio per stringere un’amicizia molto intensa con un ragazzo di nome Daniele, la cui salute però peggiora nel giro di pochi mesi. Nel frattempo Lucia si iscrive alla scuole per segretarie (presso il New Town Secretary College) e, nel giro di un anno, comincia a lavorare come segretaria presso la Royal Bank. L’estate del 1927 le offre finalmente l’opportunità di andare in Italia, anche se ha lo scomodo incarico di portare a zio Roberto la decisione definitiva di Paola, che vuole richiedere al Papa l’annullamento del matrimonio (che in seguito ottiene, sposando Dario subito dopo). Il momento più importante del viaggio di Lucia in Italia è la visita a Roma: qui incontra Valerio Valentino, un ragazzo romano di origini ebraiche che ha fatto da guida a lei e alle altre ragazze mandate dal Fascio, e si innamora di lui. I due si scambiano diverse lettere per ben cinque anni, una delle quali porta notizie anche dei Patti Lateranensi.

La perdita di Daniele non lascia Giulio indifferente, tanto che ormai non riesce più ad integrarsi nemmeno alla sede del Fascio a cui ha dato vita lui stesso. Finisce per abbandonarlo dopo un discorso ad effetto, ma le conseguenze delle sue parole non si fanno attendere: ritorna a casa con i segni di un pestaggio quella sera stessa. Sono tutti convinti che il colpevole di quella violenza sia Ewan, ma mancano le prove e Dario preferisce cercare di incastrare Carlo Balestracci, presidente della LIDU e avversario del Fascio;

tuttavia sempre la mancanza di prove impedisce anche questo disegno. Dario annuncia la propria decisione di partire per Chicago, ospite degli zii Joe e Sabrina.

Giulio rimane indifferente a tutto questo, preoccupato del suo novo progetto: l’apertura del suo “palazzo di ghiaccio”, una lussuosa gelateria. Lucia viene in suo aiuto mettendo una buona parola per lui presso la banca per cui lavora per fargli ottenere un prestito, e persino Valerio trova il modo di contribuire dall’Italia. Lei e Giulio riescono a entrare in possesso di un edificio su Annadale Street e cominciano i lavori di ristrutturazione, che durano sedici mesi. L’Ice Palace viene inaugurato ad aprile, accompagnato dalla notizia della gravidanza

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di Paola; l’unica nota stonata è l’apparizione di Ewan, che negli ultimi tempi ha cominciato a simpatizzare con la Germania e con il movimento nazista, ma l’ambiente poco incline a prestare ascolto ai suoi discorsi politici lo spinge ben presto ad abbandonare i festeggiamenti.

La piccola Assunta, figlia di Paola e di Dario, nasce in quell’estate. Durante il Natale del 1931 il padre dei ragazzi Pezzini fa una piccola scultura di un chiosco del gelato per festeggiare il successo dell’Ice Palace, e Giulio regala un biglietto per l’Italia a Lucia e una membership per un corso di nuoto ad Emilio, sperando che possa fargli bene per la sua gamba danneggiata dalla poliomielite, contratta da bambino. L’atmosfera gioiosa è intaccata da una seconda scultura: un’inquietante statuetta deforme che rappresenta un animale indefinito (“una specie di lupo che avrebbe potuto essere un troll che avrebbe potuto essere un cinghiale”), rappresentazione di qualcosa che il padre ha visto in sogno.

Lucia ritorna a Roma nell’estate del 1932 dove rivede Valerio. Sempre più innamorati, i due cominciano a diventare intimi e decidono di fidanzarsi, con l’appoggio di tutti quanti.

Approfitta di quella visita anche per informarsi su ciò che comincia a muoversi in Germania, scrivendo tutto a Giulio. Si ferma in visita a Maclodio, la città dei suoi nonni e dei suoi genitori, dove rivede il vecchio nonno che le regala una nuova fionda e una statuetta per Assunta.

Al suo ritorno in Scozia scopre che anche Emilio si è trovato una fidanzata, una ragazza di nome Dorothy che ha conosciuto alla piscina. Le due ragazze cominciano subito a pensare ad un doppio matrimonio da mettere in programma per quell’estate.

Tuttavia i mesi passano, e le lettere di Valerio si fanno cariche di preoccupazione e brutte notizie: l’irrigidimento delle politiche per l’emigrazione gli impediscono di ottenere i documenti per raggiungere Lucia in Scozia. Inoltre i preparativi per il matrimonio sembrano inasprire l’ossessione che Ewan prova nei confronti della ragazza e al tempo stesso si inasprisce anche il suo fanatismo nazista, specie visti i successi che il movimento sta raccogliendo in Germania. Pochissimo tempo dopo che Hitler viene eletto Cancelliere, Ewan, ubriaco fradicio, le prepara una piccola imboscata in uno dei vicoletti di Edimburgo e comincia a vomitare insulti sul fatto che sta per sposare un ebreo, riuscendo quasi a violentarla. Sembra immediatamente pentirsi del suo comportamento, ma solo perché teme le ritorsioni dei fratelli della ragazza, che non tardano ad arrivare non appena questi

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capiscono che cosa è successo: Giulio ed Emilio fanno pressione perché Ewan venga mandato via per un periodo di cinque anni.

Il colpo di grazia per Lucia arriva da Valerio stesso, che è stato imprigionato e condannato all’esilio per aver sostenuto i movimenti contrari alle politiche di Hitler e Mussolini. Il tumulto in cui il mondo è precipitato quasi a sua insaputa le piomba addosso, costringendola ad uno scontro con una realtà per lei sempre più incomprensibile. Ben presto arriva anche lo scoppio della guerra tra Italia ed Etiopia, a cui Dario decide di partecipare arruolandosi dopo Capodanno.

La partenza di Dario costringe Paola, ormai allontanatasi sentimentalmente da Dario, ad aprire una propria attività: la Paola’s Neapolitan Fry, poco lontano dall’Ice Palace. Ad ottobre del 1936 parte anche Giulio, alla volta dell’Italia, per un’operazione della LIDU che vuole consegnare documenti falsi per l’espatrio a coloro che vogliono fuggire ma che non riescono ad ottenere i permessi.

A ridosso della partenza di Giulio torna Dario, orribilmente sfigurato dal gas che l’esercito italiano ha per sbaglio rivolto contro i suoi stessi soldati anziché contro gli avversari. La delusione non sembra aver alterato le sue vedute politiche: continua a sostenere il fascismo, ma non l’Asse Roma-Berlino, di cui si parla da poco: crede che non durerà. Non prende molto bene l’attività di Paola, ma non si trova nella posizione di poter protestare. Le sue previsioni politiche sembrano essere esatte quando Italia e Regno Unito firmano un

“accordo tra gentiluomini”, ma la guerra civile che sta imperversando in Spagna, con le truppe italiane dalla parte di Franco, impedisce a Lucia di non pensare al peggio. Emilio ipotizza che, se dovesse scoppiare un conflitto, potrebbe guidare le ambulanze, visto che la sua gamba gli impedirebbe di arruolarsi nell’esercito. Quando Lucia gli domanda se intende farlo per l’Italia, lui la guarda con un’espressione sconvolta.

Il giorno 11 marzo del 1938 Hitler prende il controllo della Germania, e Lucia ne sta giusto parlando col fratello Giulio quando all’improvviso fa il suo ingresso un amico di Giulio che si presenterà come Harold Moore (sempre chiamato semplicemente Harry da quando i due si presentano ufficialmente l’un l’altra), un inglese venuto a Edimburgo per un’opportunità di lavoro. Per Lucia questa nuova conoscenza significa tornare alla vita dopo i cinque anni di apatia e depressione in cui è sprofondata dopo ciò che è accaduto a Valerio. Giulio si rende conto dell’interesse che sembra esserci tra i due e cerca di incoraggiarli a

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frequentarsi, anche perché sa che a breve scadrà anche l’esilio di Ewan. Durante il 1939 la loro relazione sembra progredire lentamente ma con sicurezza. Lucia smette di recarsi alle riunioni del Fascio e persino Dario si dice contrario all’entrata in guerra dell’Italia – e nemmeno fa mistero di quanto gli sembrino ipocrite le leggi razziali, considerato il comportamento che ha visto da parte dei soldati in Etiopia. La paura dell’esplosione di un conflitto rimane ben presente nella mente di tutti, specie con Ewan che, con le sue insegne naziste, ricompare e ricomincia ad essere l’ombra di Lucia. Ma la presenza di Harry pare tenerlo a bada, e l’Ice Palace è un angolo di paradiso in cui la politica sembra non esistere.

Lucia e Harry si fidanzano ufficialmente e decidono di sposarsi l’estate successiva.

Nonostante le dichiarazioni di neutralità che arrivano dall’Italia, sembra che tutti gli italiani si stiano preparando al peggio e che non manchino i primi segni di ostilità da parte degli scozzesi: Emilio fatica a trovare lavoro, sui giornali compaiono lettere di immigrati o figli di immigrati preoccupati che vogliono ribadire la loro lealtà al Regno Unito. I membri della famiglia Pezzini cercano di rassicurarsi a vicenda ricordandosi che loro sono tutti cittadini britannici, visto che sono nati e cresciuti in Scozia, e che Emilio in Italia non ci ha mai neppure messo piede. Nel frattempo cominciano i raid aerei. La piccola Assunta chiede a Lucia di insegnarle ad usare la fionda, richiesta che mette Lucia in notevole allarme, ma la bambina si rifiuta di dire altro.

Il giorno 10 giugno del 1940 Mussolini dichiara guerra e le conseguenze sono immediate.

La polizia si muove per prendere in custodia tutti i maschi italiani di età compresa tra i 18 e i 60 anni, ed anche Giulio ed Emilio sono a rischio a causa della loro iscrizione alle liste del Fascio, visto che Dario non ha mai cancellato i loro nomi nonostante loro avessero smesso di frequentare. Quella notte cominciano i disordini nelle città, con i casi più violenti a Glasgow e a Edimburgo, in cui avviene una distruzione sistematica di tutti i negozi gestiti da italiani. L’Ice Palace viene fatto a pezzi nonostante la calma dimostrata dal buttafuori Fausto, che forse avrebbe mantenuto la situazione sotto controllo se non fosse stato per l’arrivo di Ewan. Non avendo trovato lì Giulio, Lucia sfugge alla folla e corre a cercare l’aiuto di Harry, ma lo trova in atteggiamenti intimi proprio con Giulio. Sconvolta scappa via e ritorna nelle strade della città, arrivando fino alla Neapolitan Fry di Paola, anch’essa sotto assedio; ma la donna se ne sta sulla porta con un coltello in mano e pare avere la situazione in pugno visto che nessuno dei cittadini sembra avere il coraggio di prendersela

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con lei. Quando vede Lucia, Paola le chiede di andare a cercare Assunta per assicurarsi che sia arrivata a casa. Tuttavia alla giovane basta girare qualche angolo per trovare Ewan che blocca il passaggio alla bambina; gli assicura che rimarrà lei con lui se lascia andare la piccola, e il ragazzo accetta. Viene trovato morto la mattina successiva.

Sia Emilio che Giulio sono stati presi in custodia dalle autorità, mentre Dario è riuscito a nascondersi da qualche parte e ad evitare il rastrellamento. Lucia e Dorothy fanno di tutto per trovarli, ma sembrano arrivare sempre un momento troppo tardi: scoprono che i ragazzi sono stati trasferiti ma non gli è dato sapere dove. Tre settimane dopo arriva una lettera di Giulio, che è riuscito a convincere una delle guardie a spedirle per lui. Nella lettera Giulio spiega a Lucia com’è andata tra lui e Harry e com’è la vita da internato, concludendo dicendole che forse verranno di nuovo trasferiti. Il giorno 7 luglio arriva il telegramma che informa la famiglia Pezzini del disastro dell’Arandora Star, in cui Giulio ha perso la vita.

Harry viene chiamato a combattere e non farà mai più ritorno.

A dicembre del 1940 arriva una lettera di Emilio, che scrive di essere sopravvissuto al naufragio e di essere ora internato sull’Isola di Man. Dovrà passare un anno intero prima che arrivi un’altra sua lettera.

Quando l’Italia si arrende nel settembre del 1943 Dario riemerge dagli scantinati in cui si era nascosto e si comporta come se niente fosse successo, spingendo la famiglia ad emarginarlo. Con la cessazione delle ostilità tra l’Italia e le potenze Alleate anche ad Emilio viene permesso di ritornare dalla sua famiglia. Da quel momento Emilio comincia a dedicarsi agli studi universitari, tanto che già nel 1952 otterrà una cattedra come professore di letteratura italiana presso l’università di Edimburgo. Lucia abbandona il lavoro in banca e ne prende invece uno come segretaria per il consolato italiano di Edimburgo, non potendo sopportare di lavorare per il Regno Unito nonostante le mille scuse del suo superiore. Alla prima possibilità di ferie si reca in Italia, ma non ritrovandosi a casa nemmeno lì decide di non rimanere e di ritornare invece in Scozia.

Il libro si chiude con un epilogo in cui si ritorna alla Lucia ottantenne che termina di scrivere la sua storia e che ritorna a casa, ricordandosi solo dopo di aver lasciato la statuetta deforme del padre sulla sedia del caffè.

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1.2- L’A

UTORE

Dopo aver completato il dottorato alla University of Sussex e dopo aver insegnato per quattro anni alla École Normale Supérieure di Parigi, Dan Gunn comincia ad insegnare Inglese e Letterature Comparate all’American University di Parigi, di cui dirige contemporaneamente il Centro per Scrittori e Traduttori e per cui cura la Cahier Series sulla traduzione. È uno dei quattro editori dei volumi delle Letters of Samuel Beckett, un progetto gigantesco e molto impegnativo. Tiene regolarmente delle conferenze sugli argomenti più svariati e ha scritto diversi articoli su scrittori illustri. È l’autore dei testi critici Psychoanalysis and Fiction e Wool-Gathering or How I Ended Analysis, ma sullo scaffale conta anche tre romanzi: Almost You, Body Language e The Emperor of Ice-Cream.

Nell’intervista A conversation with Dan Gunn fatta all’autore da Lydia Davis e pubblicata su Music & Literature, Dan Gunn racconta la propria infanzia. È nato a Edimburgo nel 1958 ed ha due fratelli maggiori. È stato cresciuto solo dalla madre a causa della morte del padre (quando lui aveva solo sei anni), che gestiva un’impresa edile. Nell’intervista, l’autore spiega come la passione per la lettura della madre gli abbia permesso di non perdere l’entusiasmo nonostante le materie noiose e le punizioni corporali ancora in vigore nella scuola pubblica che ha frequentato da bambino. Racconta anche di aver deciso di abbandonare Edimburgo a 17 anni per andare a studiare alla University of Sussex sotto la tutela Gabriel Josipovici, autore del libro The World and the Book. Josipovici, sia scrittore che critico letterario, è una figura che Dan Gunn dice di aver sempre ammirato e di aver considerato un mentore.

Alla domanda di Lydia Davis riguardo a come mai Dan Gunn ami mantenersi molto impegnato, l’autore risponde di sentire il bisogno di sfuggire costantemente alla noia.

Spiega inoltre di riuscire in questa impresa concentrandosi su cose sempre diverse, studio di nuove lingue incluso (sta attualmente imparando il bulgaro). Afferma di riuscire a fare tutto grazie alla sua capacità di concentrazione, più che alla quantità di tempo che investe in ogni progetto: più una cosa ci interessa e più ci è facile rimanere concentrati su di essa, e Gunn sfrutta magistralmente questa tecnica.

Le successive domande dell’intervista ruotano attorno a The Emperor of Ice-Cream.

L’autore racconta che il suo terzo romanzo è nato da un’idea che aveva in mente da diversi anni. La madre di uno dei suoi amici di infanzia era italiana e, anche grazie a lei, era venuto

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a conoscenza di cosa fosse accaduto alla comunità italiana del Regno Unito dopo la dichiarazione di guerra fatta da Mussolini il giorno 10 giugno del 1940, degli internati e del disastro dell’Arandora Star. Tuttavia Dan Gunn spiega che la spinta per creare la storia vera e propria gli è stata data dalla vista di una targa alla memoria di Giuseppe Delgrosso, una delle vittime del naufragio: quella targa per lui rende tutto improvvisamente reale e dà vita all’embrione di racconto che non ha fatto altro che crescere man mano che l’autore faceva ricerche sull’argomento.

Dunque Dan Gun afferma che il libro è il risultato di una convergenza tra una conoscenza storica generale di quei particolari eventi e le forti emozioni provocate dalla targa commemorativa, e a questo aggiunge che c’è stato un terzo elemento importante nella genesi della storia: il ricordo del primo assaggio di un gelato italiano. L’autore infatti dice che tutte le vacanze della sua infanzia hanno sempre compreso almeno “due settimane al sole” per insistenza del padre, che a volte si dimostrava insofferente al grigiore uggioso del tempo scozzese. Il suo primo assaggio di gelato italiano, combinato con i colori, i profumi e il calore della riviera italiana, gli rimane impresso in modo particolare – anche perché non era facile da trovare in Scozia se non in poche, lussuose gelaterie che stavano cominciando a spuntare proprio in quegli anni. Questo suo amore per il gelato viene espresso in modo evidente nel personaggio di Giulio Pezzini.

Tuttavia Dan Gunn sottolinea che il protagonista del libro non è Giulio, ma sua sorella Lucia. L’autore giustifica questa scelta dicendo che voleva che il libro potesse esplorare a tutto tondo il contesto politico del tempo della storia, e l’utilizzo di un narratore femminile gli ha consentito di mantenersi a distanza dal dibattito politico in sé e per sé (che invece coinvolge i fratelli della protagonista). Nell’intervista Gunn afferma di essere riuscito, in questo modo, a darci una fedele rappresentazione del fascismo, raccontandoci quello che ha significato per gli emigrati italiani e quanto fosse originariamente supportato dal governo inglese (almeno fino alla metà degli anni ’30), senza però dimenticare né mettere in secondo piano le sofferenze patite dagli oppositori italiani in Italia.

1.2.1- Intervista con l’Autore

Nel mese di gennaio del 2015 ho inviato all’autore una serie di domande scritte, alle quali Dan Gunn ha gentilmente risposto. Riproduco qui di seguito l’intervista.

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C.B.: I couldn't help but notice some kind of criticism when it came to Italy's political figure:

Mussolini arrives late at the celebration organized by the Fascio and he is saluted with ice-cream, the Italian Consul who attends the Fascio’s opening party is drunk... I feel these choices were sending a message to your characters and your readers as well, as if to say that Fascism was made of a lot of talk of greatness, but there really wasn't much in there and the result is almost laughable.

Are my assumptions correct?

D.G.: What I wanted to show was both the allure and the absurdity of Fascism. There is a lazy tendency in the minds of Anglo-Saxons to conflate Fascism with Nazism, and I wished to reverse this tendency. I did a lot of reading on Italian Fascism, its origins and its development, and in particular its relation to the “colonies” – not the colonies it tried to conquer from the mid-1930s, but the colonies inhabited by the large number of emigrants who had migrated in the previous forty years or so. What struck me was that it is very understandable why so many Italians abroad were – at least initially – seduced by Mussolini and by what he was offering. What also struck me was how thoroughly the international powers, not least the UK, colluded with Mussolini, right up to the mid-1930s.

Winston Churchill, as you will remember from the novel, is one of those to give voluble support, in print as well as in speeches, to Mussolini.

What I also wanted to show, however, was how empty the claims were that Mussolini made. Fascism was largely a cultural, political, and economic disaster for Italy, even before the unholy alliance was made with Hitler’s Germany. My idea that Fascism was highly aestheticized politics is not an original one, but I wanted to lay some stress on the aspects of display and parade that Fascism reveled in, and to show why this must have been quite enchanting for emigrants who did not feel comfortably part of their new home country.

Looking at documentary footage of Mussolini now, and the speeches he gave, it seems quite astonishing that anyone could ever have believed in such a buffoon. Yet there is nobody who so closely resembles him and his manner of speechifying – this struck me just the other evening – as the future possible President of the United States, Donald Trump.

C.B.: Apart from the Arandora Star and the plaque you spoke of in your interview on Music &

Literature, were there any other sources of inspiration, perhaps for the characters?

D.G.: We could think of my inspiration as coming from two chief sources: my own direct experience, and the experience of others as related through photographs, documentary

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evidence, memoirs, and written histories.

In the first case, a lot of my inspiration came from my childhood memories of the wonders of Italian ice-cream parlours in Scotland. It is hard for you, living in Italy, to imagine how exotic these places seemed to me in Scotland in the early 1960s. Not just the lights, and mirrors, and flavours, but no doubt the accents too. I was fortunate in that my father would take my mother and my brother and myself on a summer holiday each year (this stopped when my father died when I was aged six). Usually, this was to Italy. This is where I no doubt developed a taste for the Mediterranean and for the wonders of ice-cream, as there used to be vendors who would walk along the beach calling out as they advertised their gelati. I remember I used to collect the little spoons, and in the long winter months I would look at my collection and remember the Italian heat and colours.

In addition to this, I was fortunate to have as my closest friend Nick Martin, whose mother was Italian and whose family had established a fish-and-chips and ice-cream shop in Edinburgh. From a young age I suppose I picked up on some of the tensions between the native Scottish culture and the culture of the recent immigrant.

One of the spurs to my writing the book was Tom Devine’s revisionist History of Scotland which I read before I started the novel and which is quite good on the history of the Italians in my country. After I decided to try to write something on Italians in Scotland, I spent a month at the National Library of Scotland where I read everything I could lay my hands on, including memoirs, newspaper accounts, books… One unpublished thesis for a degree at the University of Bologna (Forlì) was particularly helpful to me in the early stages, by Serena Balstracci, and this put me onto a lot of other books dealing with the Arandora Star and the tragedy surrounding it. I read numerous biographies of Mussolini and lots of histories of the 1920s and 1930s. The early drafts of the novel were two or even three times longer, and contained a lot more historical background…

C.B.: What can you tell me about Ewan’s character? What is his significance?

D.G.: I think I can’t tell you much because the real question about him is one I was never able to answer: Why is he so nasty, so vicious? I’m not sure if this open question is a strength of a weakness in my characterisation of him. I often thought of trying to give him a more clearly defined psychological determinant, such as that he had been abused or came

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from a broken home. But I think that in the end I wanted his motivation to remain mysterious, and in this sense for him to be closer to an incarnation of something like “evil”.

The Scottish writer Muriel Spark, whose work I admire enormously, and who also had a close connection to Italy where she lived for much of her life, has described somewhere that this concern with evil is typical of Scots writers. Perhaps it comes from the ballad tradition and with the roots we have – so much stronger than what one sees in English literature of the past hundred years – in a folk tradition. Robert Louis Stevenson would be an obvious example of what I’m pointing to: the tendency in Scottish writers not to explain but to present through action. Or, to take a more recent example: Begbie in Irvine Welsh’s Trainspotting (and its sequels). Do we ever know why he is so utterly depraved and ruthless? Not really. But I don’t think it makes him any less believable. I have met men like Begbie and Ewan in Scotland, and was terrorised by them in my youth. I don’t know why there is so much hatred, but it is out there…

C.B.: In the book it says Lucia is named after the Lucia of Lammermoor. Have you seen the opera yourself? Does your Lucia really share some kind of fate with the Lucia from the play?

D.G.: It is Lucia’s father who claims that Lucia was named after the character in Sir Walter Scott’s novel. But he also explains that he hadn’t read the novel or seen the opera drawn from it when he named her. So what Lucia’s father was trying was to find a name that represents both Scotland (Scott’s novel) and Italy (Donizetti’s opera).

I’m interested, as it happens, in the differences in plot between the Lucia novel and the Lucia opera, and the different sort of tragedy they represent (and this is particularly interesting in that I’m pretty sure the opera is now better known than the novel). Lucia’s own destiny is rather different from both her Lucia ancestors, in that she survives: but she does so in order to bear witness (within the economy of the novel, that is) to the tragedy her brother and her family have suffered. So, if Lucia is someone who waits, in the novel, then my Lucia is also someone who waits, and until nearly the end of her life, before she takes decisive action – that action being the writing of the story that culminates in the Arandora Star.

C.B.: What happens to Lucia between chapter 51 and the epilogue?

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D.G.: In all the earlier drafts of the novel there was a lot about Lucia after the war and the kind of life she led. In the first draft there may have been almost as much about this as there was about before the war. Every time I rewrote the novel, however, the part in the present diminished in length and significance. The life Lucia led after the war seemed less interesting than the life she had had before it. Another way of putting this is that I think the novel needed a tighter focus. So in order for you to know what happened to Lucia and the kind of life she led, you’ll need to do some of what these days is called “genetic criticism”

and read the novel’s early drafts!

C.B.: Tell me about Lucia's Nonno. For some reason he feels kind of a spiritual type of character, with his reading the stars and all. How does that fit in with the religious background the other Pezzini seem to share?

D.G.: I don’t want to be writing too much about earlier drafts of the novel, but it’s true that your questions highlight, quite appropriately, the parts of the novel that are somehow missing or understated. Lucia’s Nonno had a much bigger role in earlier drafts, as did the stories that Giulio tells Lucia when she is a small child – stories of ice-collectors in the eighteenth century and the history of ice-cream.

I think that Nonno probably fits with the folk tradition I mention above, which may indeed link the peasant cultures of Italy and Scotland. As I also mentioned, there is in Scottish literature a blending of realism with the mysteries and magic that realist literature tends to banish. One finds it even in the work of Walter Scott, who is as responsible as any writer for the establishment of the solidly historical novel; his head seems to say that historical realism is good, while his heart romanticises the magic and mystery of the Highlands. And of course the magical is there in James Hogg’s work, of which I am a great admirer. So, to answer your question, I think that what comes through with Nonno is a pagan/folk tradition which stands rather in opposition to the Protestantism of the Scots and the Catholicism of the Italians – it’s a tradition that one finds beautifully described, for example, in Carlo Levi’s Cristo si è fermato a Eboli. And though he has lived for a long time abroad in Scotland, when Nonno returns to his country he seems to be reabsorbed by the land: a sort of atavism that is far from unusual in emigrants who return to their native soil.

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Scotland. Was there a specific reason for him to make that decision, some kind of backstory about it? And does he return to Italy because of this call of his native land that ultimately reabsorbs him, or was it a choice he made based on something else?

D.G.: Once again you have hit on something that shows you are a born genetic critic! Were you to read the earlier drafts, you’d find that a lot of pages were devoted to Nonno’s reasons for leaving, his journey across Europe, and his arrival in Edinburgh. So yes, there is a backstory.

The basic reason for him to leave Italy is that which motivated most emigrants then, and presumably now too: the hope for a better life. “Economic migrants” we like to call them nowadays. I did quite a bit of research into the emigrants from Italy and most of them were motivated by the hope of making a living. Nonno starts as a seller of figurines, and then becomes a maker of them when he settles in Edinburgh. I’ve always found it surprising that migrants from Italy should end up in Scotland, which is cold and was no doubt not especially welcoming either – and Protestant predominantly. But this is what happened, and the Italian community soon become a key part of Scottish society (as it is to this day).

C.B.: What about Maclodio? Is it some place real or is it a place you have redefined to tell something about Lucia and her family?

D.G.: The towns most associated with Italian emigrants who came to and stayed in Scotland are Barga and Picinisco. But I didn’t want readers of the novel to be comparing in their heads what I wrote with a real place they know, and so I invented my town.

There is a novel by the great German writer Gert Hofmann entitled (in English) The Spectacle at the Tower, and though it is anything but a conventionally realist novel, it brilliantly captures something of the atmosphere of the Italian south (it is set in Sicily). I think I had it in the back of the mind some of the time when I was trying to write of Maclodio.

C.B.: Why do the Pezzini speak proper Italian and not a form of dialect?

D.G.: There are several ways in which I could try to answer this question. But perhaps I could start by asking you a question in return: Why do the peasants in Carlo Levi’s account that I have mentioned, of his life in peasant Basilicata, speak in pretty much recognisable Italian, rather than in dialect? Behind our questions are further questions concerning literary

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history and concerning Italian national identity; about these you are probably as knowledgeable as me.

A simple answer might be that I’m not myself conversant in the dialect of the region of which I am writing, especially not of that era. But beyond that, I do think that there is a sense in which emigrants often tend to go for more normative or standardised forms of their own language, in order to be able to communicate with emigrants from other regions; and add to that the fact that there is the wish that emigrants often cherish, that their children should quickly assimilate and be able to “deterritorialise” themselves. Lucia’s mother, though we don’t see much of her, was very insistent that her children all learn English perfectly and that they work on their vocabulary. I find it hard to imagine her speaking to her children in dialect. She wants for them what is “proper” in every sense; for me, that includes their learning “proper” Italian. Lucia’s father goes along, necessarily, with whatever his wife orders…

C.B.: We always see Lucia by herself, and never with anyone who isn’t family (the only exception being Auntie Sandy when she spends time as a child at McVitie’s and Harry, but that’s not until past the first half of the novel). She mentions school pals and colleagues, yet she never really spends any time with them, never really fits in. How come?

D.G.: Same answer: yes, there was a lot more about Lucia and her school friends, but it all got cut. I had whole sections on life at McVitie’s and at her school, where she suffered from being pigeonholed as a Catholic. But these all got cut as I shrunk the novel to something more economical and focused.

It’s true that Lucia doesn’t really fit in. The reason is partly because she is Italian, of course, and partly because she is Catholic – both minorities. I think also that I wanted to try to make it easier to understand why the Fascio at first offers a real possibility of community, and then later Giulio’s ice-cream parlour as well. Scottish culture has traditionally had very little space for women’s sociability, with the pub being the hub, and the pub being not a welcoming place for women. Unlike in the South, where women will congregate on the piazza or sit in the shade in little groups of neighbours, the weather in Scotland is not encouraging of such congregations.

Perhaps there is a final reason why Lucia seems a little isolated: because she is so fully engaged in trying, unsuccessfully, to make her own family work. She is aware that the

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tensions within her family are intense, and in the absence of her mother, as the only female of the household, she is determined to create harmony. This is a centripetal way of behaving, if I may put it so, rather than a manner that would take her out and into the world.

1.3- L

A CRITICA

Il libro è uscito da nemmeno due anni e la critica non ha ancora offerto analisi dettagliate del romanzo. Sono tuttavia uscite tre recensioni di un certo interesse scritte da Todd McEwan (con un articolo sul sito Herald Scotland), Christopher Duggan (con un articolo sul sito The Times Literary Supplement) e Theresa Muñoz (con un articolo su Scottish Review of Books). Il The Times Literary Supplement è un portale autorevole che nel suo campo “non ha rivali” come viene affermato da uno dei reporter su Le Monde. Herald Scotland è un giornale nazionale importante, visti i suoi 233 anni di pubblicazione. Lo Scottish Review of Books è una fonte più modesta, ma è sponsorizzata da Creative Scotland (un’organizzazione che protegge e incoraggia ogni iniziativa di natura artistica sul territorio scozzese). Queste recensioni hanno espresso una valutazione positiva del romanzo.

La recensione di Todd McEwen, intitolata solo The Emperor of Ice-Cream (Seagull Books), sottolinea prima di tutto le caratteristiche dei personaggi principali: “Lucia is bookish and the narrator of this novel. Emilio is trying to recover from polio. Giulio is a romantic, and Dario, the eldest, is a lusty bully, always of two minds.” Poi si concentra su una sintesi della trama generale della vicenda, mettendo in evidenza alcune immagini in particolare (il saluto a Mussolini con i cucchiai pieni di gelato, le parole che Lucia scambia col Duce e la foto che conserva di quel momento, la Neapolitan Fry di Paola, la distruzione del Palace durante gli episodi di violenza ai danni degli italiani dopo la dichiarazione di guerra).

La recensione di Christopher Duggan, intitolata Divergent Futures, si concentra prima sull’inquadrare di tutto il contesto storico in cui si svolge la vicenda per poi passare ad analizzare sinteticamente, ma con molta attenzione, lo sviluppo dei personaggi principali del romanzo. Duggan conclude la recensione mettendo in evidenza alcuni casi di anacronismo all’interno del libro:

The book is firmly and for the most part convincingly embedded in its period. There are, however, occasional anachronisms (Cinecittà, for instance, did not exist in the 1920s, and there is a curious reference to “Prime Minister Chamberlain” in the same decade), and the prominence given to anti-Semitism in Italian Fascism is odd, certainly for the period before

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1938. (DUGGAN 2015)

Tuttavia la sua recensione rimane positiva in quanto l’autore conclude: “But these minor historical solecisms do little to detract from what is a highly readable, well-paced and moving reflection on the fragility of identity and human decency in the face of emotive and partisan politics.”

La recensione di Theresa Muñoz, intitolata Collar The Lot!, comincia con alcune considerazioni sull’autore per spostare poi il discorso sul libro con una breve introduzione dei personaggi principali. Successivamente si concentra in particolare su Lucia (un personaggio in cui l’autrice dice di rivedersi) e sul suo ruolo di “unlikely narrator of these male power struggles”. Esamina con attenzione il contesto storico in cui si inserisce il romanzo e si sofferma in maniera approfondita sul tema dell’immigrazione – tema a cui si sente affezionata in quanto lei stessa è un’immigrata in Scozia; infatti afferma: “As a recent immigrant to Scotland, required to jump through hoops that sometimes seemed designed to exclude rather than welcome, I am drawn to stories about migration, belonging and identity”. Esprime delle riserve invece sulle lettere scambiate tra i personaggi: le giudica

“dissatisfying in their quick way of dispensing information” e aggiunge che “Gunn, with his talent for gracefully describing the tone and tenor of landscapes, probably misses a trick here”. Nella sua recensione, Theresa Muñoz fa spesso riferimento all’intervista con Dan Gunn pubblicata da Lydia Davis su Music & Literature.

Le recensioni di Duggan e di McEwan sottolineano l’importanza del tema del viaggio, ognuno con le sue parole. Christian Duggan constata semplicemente che: “The narrative moves deftly between Scotland and Italy, and in particular the family’s native village of Maclodio”, mentre Todd McEwan si sofferma su questo argomento e scrive: “There’s a lot of journeying in The Emperor of Ice-Cream, mostly between Edinburgh and Italy, yet the story is also rooted, even to the point of feeling claustrophobic, in home and family, things held dear in both nations.”

Sia Duggan che Muñoz riconoscono il riferimento letterario presente nel titolo. Theresa Muñoz sembra essere indecisa se collegarlo alla poesia di Wallace Stevens o se all’omonimo romanzo di Brian Moore, mentre Christopher Duggan afferma con sicurezza:

The novel takes its title from Wallace Stevens’s well-known if elusive poem, whose haunting refrain – “The only emperor is the emperor of ice-cream” – strikes Lucia as a

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tragic story. (DUGGAN 2015)

A nessuno dei critici sfugge l’importanza del ruolo svolto dall’Ice Palace e dal gelato in generale all’interno della narrazione. Christian Duggan sottolinea come il gelato rappresenti un raro istante di piacere in un momento storico costellato di preoccupazioni e tragedie e scrive che: “In an age of violent dictators, ideological polarization and rampant imperialism, the celebration of transient sensual pleasure has a certain piquancy, and Gunn’s novel brings vividly to life the huge price the world paid for losing its humanitarian moorings”. Questo è un argomento trattato più volte anche dallo stesso personaggio di Giulio non appena comincia anche solo ad immaginarsi l’Ice Palace. Nel quindicesimo capitolo di The Emperor of Ice-Cream infatti afferma di voler abbandonare la politica per intraprendere una via diversa: “I took a wrong turn, was never meant to be a politician. I was meant to bring you pleasure with frozen fruits and flavors” (GUNN 2014: 85). Allo stesso modo Theresa Muñoz constata che “through ice cream Gunn injects some hope, beauty and sweetness into the story” e si sofferma sul modo particolare di descrivere il gelato con parole che rimandano alla meraviglia e ad una certa sensualità, affermando che

“Giulio revels in the look and taste of the various flavours as if they are lovers' bodies” e che “over time, the flavours become more evocative of the body and heightened human emotion”. Todd McEwen addirittura si sbilancia aggiungendo un piccolo aneddoto personale per descrivere quanto intense fossero le descrizioni dei gelati all’interno del libro:

“Your reviewer is, sadly, lactose intolerant, but he awoke in the night thinking of the exotic flavours and combinations concocted by Giulio after he visits the ultimate masters of his art, La Scimmia of Naples and Giolitti’s in Rome”.

I critici sembrano trovarsi in disaccordo su quale sia l’argomento portante della narrazione.

Secondo McEwan e Duncan la storia è sorretta dal tema dell’amore. Todd McEwan ci fornisce questa informazione mentre descrive l’Ice Palace affermando che “More than just a meeting place, the Ice Palace is the hub of several romances - love is the real subject of the book” e Christian Duggan scrive che Lucia “spends the novel searching for love”.

Theresa Muñoz invece quasi non menziona affatto l’amore nella sua recensione. Vi fa riferimento durante la descrizione del personaggio di Valerio, ma non lo considera un tema principale e scrive invece che “[Lucia] also falls for a Roman boy named Valerio, who supports the novel’s themes of difference and human suffering by turning out to be Jewish”.

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Infatti l’autrice della recensione sostiene che i temi principali del romanzo sono la differenza intesa in senso generale (etnica, politica, sessuale) e le implicazioni che derivano dallo status di immigrato. Le affermazioni di Muñoz sembrano essere più in linea con i commenti lasciati da Neil Gordon (autore de La Regola Del Silenzio) e John Maxwell Coetzee (premio Nobel per la letteratura nel 2003) sulla copertina del libro di Dan Gunn.

Gordon scrive: “Of a stature comparable to Elsa Morante’s epic History: A Novel, The Emperor of Ice-Cream tells of love, loyalty and forces––war, xenophobia, racism, terror––

that remain relevant for so many, the world over, today”. Coetzee afferma: “Dan Gunn’s story of a family in Scotland torn apart by dark forces radiating out of Fascist Europe is wholly absorbing”.


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