M. Bonomo
SSD Diabetologia, AO “Ospedale Niguarda Ca’ Granda”, Milano
Corrispondenza: dott. Matteo Bonomo,
SSD Diabetologia, AO Ospedale Niguarda Ca’ Granda, Milano, piazza Ospedale Maggiore 3, 20162 Milano e-mail: matteo.bonomo@ospedaleniguarda.it G It Diabetol Metab 2015;35:8-15
Pervenuto in Redazione il 02-02-2015 Accettato per la pubblicazione il 04-02-2015 Parole chiave: glucocorticoidi, diabete steroideo, ridotta sensibilità insulinica
Key words: glucocorticoids, steroid diabetes, reduced insulin sensitivity
Rassegna
Iperglicemia da steroidi:
meccanismi e trattamento
RIASSUNTO
I glucocorticoidi di sintesi sono una classe di farmaci dotata di po- tente azione antinfiammatoria e immunosoppressiva, estesamente utilizzata in ambito sia ospedaliero sia ambulatoriale. Uno dei prin- cipali effetti collaterali degli steroidi è la loro azione sul metabolismo glucidico, con effetto complessivamente iperglicemizzante e “dia- betogeno”, dovuto principalmente a una riduzione della sensibilità insulinica a vari livelli (epatico, muscolare, sul tessuto adiposo).
Inoltre agiscono a livello del pancreas endocrino, determinando riduzione della secrezione insulinica e aumento di quella di gluca- gone, e sull’asse delle incretine, interferendo con l’effetto insulino- tropico del GLP-1. Per controllare l’iperglicemia da steroidi, praticamente tutti i farmaci usati nel trattamento del diabete mel- lito di tipo 2 possono essere utilizzati: secretagoghi, come sulfo- niluree e glinidi, insulino-sensibilizzanti come metformina e glitazoni, insulina e, recentemente, analoghi del GLP-1 e inibitori dei DPP4. Nei casi di maggior impegno clinico, la prima scelta ri- mane quella della terapia insulinica, con schemi di somministra- zione variabili, e algoritmi che tengono conto delle caratteristiche farmacocinetiche e farmacodinamiche dei glucocorticoidi.
SUMMARY
Steroid-induced hyperglycemia: mechanisms and treatment Synthetic glucocorticoids are highly effective anti-inflammatory and immunosuppressive drugs, widely prescribed to treat a va- riety of acute and chronic illnesses. One of their main side effects, however, is their action on glucose metabolism, resulting in a hy- perglycemic and “diabetogenic” effect, mainly due to reduced in- sulin sensitivity at various levels (liver, muscle, adipose tissue).
They also act on the endocrine pancreas, reducing insulin se-
cretion and increasing glucagon, and on the gut-islet axis, inter-
fering with the insulinotropic effect of GLP-1. Almost all the drugs
employed for type 2 diabetes mellitus can be used to treat
steroid-induced hyperglycemia: secretagogues, such as sulfonyl -
ureas and glinides, molecules that boost insulin sensitivity such as
metformin and glitazones, insulin and, recently, GLP-1 agonists
and oral DPP-4 inhibitors. Insulin remains the first-choice for the-
rapy in most critical situations, with various protocols, and simple
G It Diabetol Metab 2015;35:8-15
algorithms that take into account the pharmacokinetics and phar- macodynamics of glucocorticoids.
Premessa
L’inserimento di un argomento come quello della terapia ste- roidea in un numero monografico dedicato a Diabete e co- morbilità solo a prima vista potrebbe apparire fuori tema. Se in questo caso non si tratta, infatti, di esaminare i rapporti e le interrelazioni fra la malattia diabetica e una patologia spe- cifica, la diffusione “trasversale” di questa forma di trattamento in un ampio arco di malattie che possono riguardare il pa- ziente con diabete, in varie età e in varie fasi della sua storia clinica, rende di estremo interesse la conoscenza dei suoi ef- fetti sul metabolismo glicidico, e dei possibili mezzi per con- trastarli.
L’ampio uso dei glucocorticoidi di sintesi è legato alla loro po- tente azione antinfiammatoria e immunosoppressiva, riguar- dante sia il sistema immunitario innato sia quello adattativo. In pratica, queste sostanze inibiscono la capacità migratoria dei leucociti, impedendo la loro fuoriuscita dal torrente circolato- rio e, conseguentemente, il raggiungimento dei siti di infezione e di danno tessutale, bloccando in tal modo la risposta in- fiammatoria. Oltre a questo, essi contrastano la funzione fa- gocitaria dei macrofagi, e riducono la produzione di citochine infiammatorie, necessarie per la risposta infiammatoria. Ridu- cono, infine, l’attività del sistema immunitario acquisito, indu- cendo una deplezione dei T-linfociti, a fronte di un’alterazione di minima entità della funzione dei B-linfociti
(1).
Prodotti sinteticamente nell’immediato dopoguerra, questi far- maci furono introdotti definitivamente nella pratica clinica nel 1950
(2); da allora la loro utilizzazione si è enormemente dif- fusa, sia come farmaci ospedalieri sia nella pratica ambula - toriale: nei soli USA si calcolano oggi oltre 10 milioni di prescrizioni annuali di steroidi per via orale. Le indicazioni spa- ziano in un’ampia gamma di patologie infiammatorie e immu- nitarie, con maggiore frequenza in ambito nefrologico, gastroenterologico, pneumologico, infettivologico e, soprat- tutto, reumatologico e onco-ematologico.
L’effetto “diabetogeno” degli steroidi
Epidemiologia
Se non esistono dubbi su un effetto negativo dell’uso di ste- roidi sulla tolleranza glucidica e, conseguentemente, su un ef- fetto “diabetogeno” legato alla terapia steroidea, quantificare con precisione questo rischio è molto difficile, a causa di una serie di variabili che inevitabilmente possono condizionare il rischio di sviluppare un diabete “secondario” all’assunzione di steroidi. Bisognerà quindi considerare il tipo di molecola uti- lizzata, la sua posologia, la durata e lo schema del tratta- mento, ma anche le caratteristiche del paziente posto in terapia: età, corporatura, familiarità, stile di vita, oltre a pato- logie e altre terapie concomitanti. È importante, anche, l’indi-
cazione che porta alla prescrizione dello steroide: alcune delle malattie trattate comportano di per se stesse un’interferenza sull’omeostasi glicemica e, del resto, già lo stato di “malattia acuta” nel malato critico si associa spesso al rischio di iper- glicemia.
Questo spiega l’ampia variabilità dei dati riportati in lettera- tura, con una prevalenza di diabete molto differente nelle di- verse situazioni: si passa infatti da un Odd Ratio di 1,36 per somministrazione orale a bassa posologia
(3), a 2,31 in popo- lazioni più anziane
(4), fino a 5,82 in presenza di alti dosaggi
(5). È inoltre da considerare che queste stime si basano preva- lentemente sulla determinazione della sola glicemia a digiuno, mentre, come vedremo più avanti, l’effetto iperglicemizzante di questi farmaci si esplica in misura ancora maggiore sulle escursioni glicemiche postprandiali: è quindi molto probabile che i numeri sopra citati siano in realtà sottodimensionati. È si- gnificativo che un recente studio australiano
(6), condotto su pazienti non diabetici ospedalizzati sottoposti a trattamento steroideo ad alte dosi, controllati con glicemia capillare a di- giuno e 2 ore dopo i pasti principali, abbia evidenziato valori medi superiori a 8 mmol/mol (148 mg/l) nel 48% dei casi, su- periori a 10 mmol/l (180 mg/dl) nel 14%. Almeno un valore
> 8 mmol/l era inoltre riscontrato nell’86%, e uno > 10 mmol/l nel 71% dei pazienti.
Se questa è l’entità numerica del problema, alla luce delle evidenze ormai acquisite dell’effetto negativo di un’iperglice- mia di nuovo riscontro sull’outcome della degenza nei pa- zienti ospedalizzati e, più in generale, sull’evoluzione clinica della patologia di base
(7-9), è chiaro che occorra impostare una terapia efficace in grado di minimizzare (e, se possibile, di prevenire) questo effetto dello steroide. Per ottimizzare questo intervento è prima necessario rivedere i meccanismi fisiopatologici che stanno alla base di questo effetto ipergli- cemizzante; nei prossimi paragrafi verranno pertanto sche- maticamente ripresi i dati oggi acquisiti, anche sulla base di alcune rassegne di recente pubblicazione
(10-12). Le principali modificazioni che determinano questo effetto “diabetogeno”
sono schematizzate in figura 1.
Azione sulla sensibilità insulinica
Una riduzione complessiva della sensibilità all’insulina indotta dai farmaci steroidei è nota da tempo. Con la tecnica del
“clamp” euglicemico, Rizza et al. dimostrarono che un rad- doppio dei livelli ematici di cortisolo, ottenuto con infusione ev di idrocortisone, era in grado di ridurre la sensibilità insuli- nica (il glucose infusion rate, GIR) di circa il 50% in soggetti non diabetici
(13). Analogamente, una riduzione della sensibi- lità insulinica di entità simile è stata ottenuta in volontari sani con la somministrazione ad alte dosi di prednisone per os per 7 gg
(14), e in soggetti di ambo i sessi non obesi con desame- tasone
(15,16). Quest’effetto, già presente con posologie non elevate dei farmaci, è poi risultato essere tendenzialmente dose-dipendente
(17).
Studi successivi hanno poi meglio definito il ruolo delle modi-
ficazioni che si verificano nei diversi organi dove principal-
mente si esplica l’azione insulinica: soprattutto fegato e
muscoli periferici.
A livello epatico
È stato osservato che dosi farmacologiche di glucocorticoidi sono in grado di aumentare la produzione epatica di glucosio, con un effetto prevalente di aumento della gluconeogenesi, determinato, da un lato, da un’azione favorente l’espressione e l’attività di enzimi chiave in questo processo metabolico, quali la glucosio-6-fosfatasi e, soprattutto, la fosfoenolpiru- vato-carbossilasi (PEPK), dall’altro, da un’aumentata dispo- nibilità di substrati, conseguente a “breakdown” delle proteine periferiche e dei depositi di grasso. C’è, infine, il potenzia- mento dell’effetto di altri ormoni controregolatori come il glucagone e l’adrenalina. Quest’insieme di azioni sulla pro- duzione epatica di glucosio è conseguente all’induzione di una resistenza dell’effetto inibitore dell’insulina sui processi prima descritti, che, in corso di terapia acuta o cronica con glucocorticoidi, può in alcuni casi risultare ridotto anche del 50%
(13,18,19).
A livello muscolare
L’“uptake” del glucosio da parte delle cellule muscolari rap- presenta il principale meccanismo di regolazione insulino- mediata della glicemia postprandiale. L’insulina interviene in questo meccanismo sia direttamente a livello cellulare, con una serie di processi fosforilativi post-recettoriali a cascata
(20), sia indirettamente, favorendo il reclutamento capillare a livello del tessuto muscolare, con un’azione vasodilatatrice favorita dal rilascio di ossido nitrico da parte delle cellule endote- liali
(21,22), in questo modo espandendo la superficie disponibile per lo scambio di nutrienti.
Numerosi studi hanno evidenziato come il trattamento steroi-
deo interferisca con tutti questi processi, come conseguenza dell’induzione di un’insulino-resistenza i cui meccanismi ri- mangono ancora non del tutto chiariti. Un ruolo è certamente svolto dall’inibizione della cascata fosforilativa successiva al le- game insulina-recettore
(23), ma anche l’azione litica svolta sul metabolismo lipidico e proteico, determinando un aumento dei livelli circolanti di acidi grassi liberi (non-esterified fatty acids, NEFA) e di aminoacidi, può essere responsabile di una riduzione dell’azione insulinica sull’“uptake” del glucosio
(24-26). Oltre a ciò, studi condotti con la microscopia capillare hanno documentato un effetto dose-correlato dello steroide inibente il reclutamento capillare prima citato
(27). Nell’insieme, quindi, la somministrazione di glucocorticoidi nel breve-medio termine determina un complesso meccanismo di inibizione dell’azione insulinica sul muscolo scheletrico, che è alla base dell’effetto iperglicemizzante comunemente riscontrato in fase post- prandiale.
Nel caso di trattamenti a lungo termine, può inoltre interve- nire una riduzione della massa muscolare per atrofia indotta dagli steroidi, in tal modo compromettendo ulteriormente la captazione del glucosio circolante
(28).
A livello adiposo
Un’interferenza sul segnale insulinico da parte degli steroidi, analoga a quella esercitata nel fegato e nel muscolo, è stata dimostrata anche nel tessuto adiposo: questo comporta una riduzione dell’azione dell’insulina di inibizione della lipolisi, con conseguente aumento dei livelli di NEFA
(19), e di stimolo dell’“uptake” del glucosio da parte degli adipociti
(29)che, sep- pure in misura modesta, contribuisce all’effetto iperglicemiz- zante complessivo di questi farmaci. Sempre nel tessuto
Sensibilità insulinicaGluconeogenesi Produzione di glucosio
Sensibilità insulinica Lipolisi
NEFA Uptake glucosio
Ridistribuzione tessuto adiposo Profilo diabetogeno citochine
Secrezione insulina Secrezione glucagone
Effetto insulino-tropico GLP1
Reclutamento capillare Sensibilità insulinica
Massa muscolare Uptake di glucosio