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IMPIANTI DI BIOGAS

roenergie Ag

MAGGIO 2013

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Pre-trattamento delle biomasse

per migliorare le performance

Una panoramica sulle principali tecniche impiegate per accelerare il processo di degradazione della sostanza organica e allargare le possibilità di approvvigionamento delle matrici. Vantaggi ed inconvenienti.

CLAUDIO FABBRI CRPA spa, Reggio Emilia

I

l processo di digestione anaerobica consiste in primo luogo, come noto, nella degradazione della sostanza organica in composti semplici e, successivamente, nella loro conversione in biogas. Ogni fase del processo è influenzata da molti parametri chimici, fisici e delicati equilibri microbiologici. A seconda della complessità delle molecole delle matrici organiche caricate nei di- gestori, il processo può essere più o meno veloce:

composti come gli acidi organici e gli zuccheri semplici si degradano molto rapidamente; quelli più complessi come gli aminoacidi, le frazioni fi- brose e i lipidi richiedono invece tempi più lunghi.

La velocità di degradazione rappresenta uno dei pa- rametri più importanti nel dimensionamento della volumetria dei digestori e/o nella scelta delle tecno- logie impiantistiche. In linea generale, l’approccio normalmente utilizzato per sfruttare al meglio il potenziale energetico delle biomasse è quello di di- mensionare i digestori in modo tale da garantire un tempo di ritenzione idraulica sufficiente ai batteri per degradare le molecole organiche: nel caso degli effluenti suinicoli, ad esempio, si dimensionano i digestori con tempi di ritenzione di 20-25 giorni,

che diventano 35-40 per quelli bovini e almeno 50-70 giorni per le biomasse dedicate.

Tuttavia spesso accade che la tipologia di matrici orga- niche inizialmente previste nel piano di approvvigiona- mento dell’impianto debba essere modificata anche in modo radicale. Le cause sono molteplici: cattivo anda- mento stagionale che determina una scadente qualità delle biomasse dedicate prodotte, come ad esempio è successo nella scorsa annata agraria; variazioni impor- tanti dei costi di approvvigionamento; nuove possibilità di utilizzare sottoprodotti agro-industriali, ecc.

Tutte queste condizioni comportano inevitabil- mente una modifica delle quantità e della qualità delle matrici al carico e una conseguente modifica delle caratteristiche chimico-fisiche della dieta; tut- tavia non sempre le tecnologie di alimentazione, di miscelazione del digestore, di scarico del digestato e, non ultimo, i tempi di ritenzione disponibili nel proprio impianto sono tali da garantire il manteni- mento di buone performance di conversione.

Per aumentare la flessibilità impiantistica allargando le possibilità di approvvigionamento sono state proposte molte tecniche di pretrattamento delle matrici, tutte con lo scopo di accelerare il processo di degradazione

Foto 1 - Esempio di installazione di estrusione in carico a un digestore anaerobico: la linea di carico prevede un by-pass che consente di caricare il digestore anche durante la manutenzione.

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della sostanza organica, ovvero velocizzare la fase idro- litica o rendere maggiormente disponibili determinati composti organici. Queste tecniche possono essere di diverso tipo: fisico-meccaniche, termiche, chimiche, biologico-enzimatiche. Procediamo con ordine.

I metodi fisico-meccanici

Hanno lo scopo di ridurre di pezzatura le parti- celle solide componenti la biomassa e aumentare in questo modo la superficie di contatto con gli enzimi batterici durante l’idrolisi attraverso sistemi di estrusione, triturazione fine o macinatura, di- sgregazione con pulper e ultrasuoni o sonicazione.

Estrusione - È indicata per trattare il materiale al carico: paglia, stocchi, insilati di cereali vernini ed estivi, vinacce, ecc. Per questa tecnica vengono uti- lizzate macchine formate da due cilindri elicoidali con riporto di metallo duro che ruotano incorpo- rando il materiale umido da trattare (foto 1 a pag. 94).

L’azione disgregante avviene per attrito e taglio e realizza una buona azione sfibrante delle matrici fibrose, ma comporta anche un’elevata usura e ma- nutenzione.

Macinazione - Viene applicata quando si utilizza- no sementi che altrimenti avrebbero una resa mol- to bassa in quanto l’epicarpo che li protegge riduce notevolmente l’attacco enzimatico. La macinatura delle sementi non deve necessariamente portare alla sfarinatura del prodotto; è sufficiente che le cariossidi vengano incise o spezzate, in quanto una volta immesse nel digestore l’imbibizione con ac- qua le fa gonfiare, consentendo l’attacco degli en- zimi idrolitici. Allo scopo vengono utilizzati esclu- sivamente su prodotti secchi, mulini a martelli.

Disgregazione con pulper - L’attrezzatura è general- mente composta da un serbatoio (pulper) collegato alle linee di carico delle diverse biomasse e/o al dige- stato, al cui interno avviene l’omogeneizzazione e la sminuzzatura dei prodotti (foto 2). Questa tecnica si differenzia dagli altri sistemi perché lavora a liquido e intimizza al carico la flora batterica presente nel dige- stato o nel liquame alle matrici organiche. Il proces- so è generalmente riscaldato per limitare gli effetti di differenza di temperatura durante il carico.

Ultrasuoni o sonicazione - La generazione di ul- trasuoni, che può essere condotta sia con sistemi elettronici che idrodinamici (foto 3 a fianco), per- mette la formazione di microbolle di cavitazione che inducono una frantumazione delle molecole organiche. Il trattamento consente di raggiungere localmente temperature e pressioni molto elevate che rompono le pareti cellulari e permettono la fuoriuscita dei succhi. Anche in questo caso il trat- tamento avviene su un flusso liquido.

L’uso di alte temperature

Pretrattamento termico - Con questa tecnica una parte dell’emicellulosa viene idrolizzata e forma acidi, che divengono catalizzatori per la sua ulte- riore idrolisi. Quando il trattamento termico viene effettuato a 160°C, si ottiene la solubilizzazione della lignina. I composti prodotti sono principal- mente fenoli che, in molti casi, possono essere ini- bitori o tossici nei confronti dei batteri, dei lieviti e dei metanigeni, soprattutto quando si opera in ambienti acidi. Non è mai consigliato operare con temperature superiori a 250°C, in quanto potreb- bero verificarsi reazioni di pirolisi.

Steam-explosion - All’interno di un contenitore, la biomassa viene trattata con vapore ad elevata temperatura (oltre 240°C) e sottoposto a pressione (> 10 bar) per alcuni minuti; alla fine del pretrat- tamento la pressione viene fatta scendere rapida- mente e la biomassa viene raffreddata velocemente, provocando l’esplosione delle membrane cellulari.

Pressure-cooking - È un trattamento simile alla steam explosion, ma al posto del vapore viene im- piegata acqua calda. In questo modo, è possibile solubilizzare prevalentemente l’emicellulosa, al fine di rendere la cellulosa più accessibile e per evitare la formazione di composti inibitori del processo

Foto 2 - Esempio di pulper installato in un impianto di biogas: sono messe in evidenza le linee di carico delle matrici solide e del digestato per la diluizione, nonché le linee di scarico verso il digestore.

Foto 3 - Esempio di sonicatore idrodinamico in un’installazione pilota: la tecnologia è in corso di validazione in un impianto di biogas. Il trattamento avviene ricircolando il digestato

maggiormente fibroso presente nello strato superiore del reattore primario e reimmesso nella zona basale.

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di digestione anaerobica. Per quest’ultimo scopo è consigliato anche mantenere un ambiente acido durante il trattamento.

L’impiego di composti chimici

Si tratta di tecniche che prevedono l’impiego di composti chimici alcalini (soda, idrossido di calce o ammoniaca) o acidi (acido solforico, nitrico...) in concentrazioni sufficienti a incidere sui legami chimici che compongono soprattutto le frazioni fibrose, allo scopo di aumentarne la digeribilità.

Il trattamento con composti chimici comporta una notevole specializzazione del gestore dell’impianto, oltre ad una attenta gestione dei reagenti.

Trattamenti biologico-enzimatici

In considerazione del fatto che la fase idrolitica vera e propria avviene sempre attraverso enzimi ex- tracellulari, in quanto le macromolecole che com- pongono la biomassa difficilmente possono pene- trare attraverso la membrana dei batteri, si possono aggiungere enzimi cellulosolitici ed emicellulosoli- tici per aiutare il processo di riduzione delle mo-

lecole fino a monosaccaridi di glucosio. L’efficacia di questo tipo di trattamento è principalmente influenzata dal substrato e dalle condizioni opera- tive: dimensioni delle fibre di cellulosa, quantità e concentrazione dell’enzima, pH e temperatura.

I principali benefici conseguibili con i pretratta- menti sono legati alla riduzione della pezzatura del materiale organico, alla solubilizzazione di compo- sti organici complessi, al contenimento dei tempi di degradazione, alla riduzione della viscosità del dige- stato e alla conseguente facilità nella miscelazione interna al digestore, oltre all’aumento dell’omoge- neità del digestato e alla migliore pompabilità.

I pretrattamenti, però, dovrebbero essere sempre analizzati in dettaglio, in quanto i consumi ener- getici, i costi di esercizio e di investimento sono sempre molto importanti. Per valutare l’efficien- za di un pretrattamento è possibile fare prove in laboratorio applicando la tecnica della digestione anaerobica in batch con determinazione del Bmp (Biochemical methane protential o Potenziale bio- chimico mtanigeno). In genere, comunque, matri- ci a facile degradabilità come i trinciati di mais, utilizzati in un impianto correttamente dimensio- nato, non hanno necessità di pretrattamenti.

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