Febbraio 2016
anno cXXi (LVii della 7aSerie) Fascicolo ii
Fondata neLL’anno 1893
da Gennaro ESCOBEDO e già diretta da Giuseppe SABATINI
comitato ScientiFico
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PIETRO NOCITA
LA GIUSTIZIA PENALE
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ERCOLE APRILE, Magistrato; GIOVANNI ARIOLLI, Magistrato; FRANCESCO CALLARI, Dottore di Ricerca procedura penale ; VITTORIO CORASANITI, Magistrato; DIANA CAMINITI, Magistrato; LUIGI CIAMPOLI, Magistrato;
FRANCESCO FALCINELLI, Avvocato; MARCO MARIA MONACO, Dottore di Ricerca procedura penale; GIUSEPPE NOVIELLO, Magistrato; ANTONIO UGO PALMA, Avvocato; MARIA ISABELLA SCAMARCIO, Magistrato; PAOLO SIRLEO, Magistrato; DELIO SPAGNOLO, Magistrato; TIZIANA TREVISSON LUPACCHINI, Ricercatore procedura penale Univ. “Guglielmo Marconi”; ROBERTO ZANNOTTI, Professore associato diritto penale Univ. “LUMSA”.
Rivista mensile di Dottrina, Giurisprudenza e Legislazione
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D.L. 353/2003 (conv. in L.27/02/2004 n°46) art. 1 comma 1, C/RM/21/2012
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FERRANDO MANTOVANI
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CORRADO CARNEVALE
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Ordinario di procedura penale
FAUSTO GIUNTA
Ordinario di diritto penale
ENRICO MARZADURI
Ordinario di procedura penale
NATALE MARIO DI LUCA
Ordinario di medicina legale
RENZO ORLANDI
Ordinario di procedura penale
PAOLO DELL’ANNO
Ordinario di diritto amministrativo
ANGELO GIARDA
Ordinario di procedura penale
CARLO FEDERICO GROSSO
Ordinario di diritto penale
GIORGIO SANTACROCE
Primo Presidente Emerito della Corte di Cassazione
ANTONIO SCAGLIONE
Ordinario di procedura penale
FRANCESCO BRUNO
Ordinario di pedagogia sociale
OLIVIERO MAZZA
Ordinario di procedura penale
GIUSEPPE RICCIO
Emerito di procedura penale
VINCENZO SCORDAMAGLIA
Ordinario di diritto penale
Il Comitato scientifico e la Redazione de “La Giustizia Penale” per tradizione ultracentenaria si attengono ad una rigorosa selezione qualitativa dei lavori che pubblicano.
In ottemperanza alle modalità recentemente elaborate in sede universitaria sulla classificazione delle riviste giuridiche, i testi me- ritevoli di pubblicazione sono in forma anonima sottoposti all’ulteriore giudizio di valenti studiosi italiani e stranieri del mondo ac- cademico e dell’avvocatura, persone esterne alla Rivista di grande esperienza ed indipendenti.
NOTE A SENTENZA
SCORDAMAGLIA I., I limiti alla rinnovazione della misura cautelare reale e la natura del rinvio alla disciplina del riesame delle misure cautelari personali. La questione rimessa alle Se- zioni Unite, III, 73.
DIBATTITI
ASCIONE M., L’accertamento del nesso causale nelle malattie professionali asbesto correlate, II, 101.
SOMMARIO
CARIOTI C., Modelli familiari tra riforme e prassi, I, 39.
ESPOSITO A., Un tentativo di rieducazione forzata: a proposito della vicenda giudiziaria di Erri De Luca, II, 117.
GIUNTA F., Quale colpa per la Protezione civile?, II, 125.
MARZADURI E., Confisca urbanistica, estinzione del reato per intervenuta prescrizione ed accertamento della contravvenzione di lottizzazione abusiva, III, 124.
SCAGLIONE A., Relazione in occasione dell’inaugurazione del- l’anno giudiziario militare 2016 presso la Corte militare di ap- pello, I, 51.
SCORDAMAGLIA V., La umanizzazione della pena, I, 55.
GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE DECISIONI DELLA CORTE
STUPEFACENTI - Fatto di lieve entità - Fattispecie autonoma di reato - Pena - Mancata distinzione tra sostanze di cui alle ta- belle I e II del D.P.R. n. 309 del 1990 - Questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 27 e 117 Cost - Inam- missibilità, I, 33.
GIURISPRUDENZA INDICE PER MATERIA
ABUSO D’UFFICIO - Elemento oggettivo - Condotta - Viola- zione di norme di legge o di regolamento - Attività discrezionale della pubblica amministrazione - Sviamento di potere - Configu- rabilità del reato, II, 71.
ABUSO DI UFFICIO - Elemento oggettivo - Evento - Vantaggio ingiusto - Nozione - Ingiustizia derivante da violazione diversa da quella concernente l’ingiustizia della condotta - Necessità - Esclusione, II, 71.
ABUSO DI UFFICIO - Elemento oggettivo - Evento - Vantaggio ingiusto - Ratio, II, 71.
ABUSO DI UFFICIO - Elemento Oggettivo - Evento - Vantaggio o danno - Requisito della doppia ingiustizia - Nozione, II, 71.
ABUSO D’UFFICIO - Elemento oggettivo - Evento - Vantaggio patrimoniale - Nozione - Accrescimento della situazione giuridica soggettiva, II, 94, 28.
ARCHIVIAZIONE - Richiesta di archiviazione da parte del P.M.
- Opposizione alla richiesta di archiviazione - Reati plurioffensivi - Individuazione della persona offesa legittimata a proporre op- posizione - Criteri - Fattispecie in tema di peculato, III, 115, 12.
ARRESTO IN FLAGRANZA E FERMO - Udienza di convalida - Poteri del giudice della convalida - Giudizio ex ante in ordine al rispetto dei requisiti previsti dagli articoli 380 e seguenti del C.p.p - Motivazione sulla sussistenza o meno dei gravi indizi di colpevolezza - Necessità - Esclusione, III, 116, 13.
ATTIVITÀ ISPETTIVA O DI VIGILANZA - Controllo formale sulla regolarità della posizione contributiva del datore di lavoro - Qualificabilità quale attività ispettiva e di vigilanza - Esclusione
- Applicazione dell’art. 220 delle diposizioni attuative del codice di procedura penale - Esclusione - Ragioni - Fattispecie in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali, III, 116, 14.
CASSAZIONE (RICORSO PER) - Ricorso inammissibile o non concernente il trattamento sanzionatorio - Successione di leggi modificative del trattamento sanzionatorio in senso favorevole all’imputato - Rilevabilità d’ufficio - Annullamento con rinvio, III, 84.
CAUSALITÀ (RAPPORTO DI) - Condotta omissiva - Accerta- mento del nesso di causalità - Criteri - Modello esplicativo fon- dato sulla probabilità logica, II, 78.
CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE - Circostanze non conosciute o erroneamente supposte - Erronea supposizione dell’esistenza della scriminante - Condizioni - Riferimento a dati di fatto con- creti, II, 94, 29.
CAUSE DI GIUSTIFICAZIONE - Onere di allegazione in capo all’imputato - Dubbio sulla esistenza dell’esimente - Assoluta mancanza di prova del fatto, II, 94, 30.
CIRCOLAZIONE STRADALE - Guida in stato di ebbrezza - Ri- fiuto di sottoporsi all’accertamento dello stato di ebbrezza me- diante etilometro - Sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida - Appartenenza del veicolo a persona estra- nea al reato - Raddoppio della durata della sospensione - Esclu- sione, II, 82.
COMPETENZA - Competenza per territorio - Determinazione del locus commissi delicti - Reato di truffa - Momento consuma- tivo - Deminutio patrimonii del soggetto passivo - Truffa contrat- tuale - Effettivo conseguimento del bene da parte del soggetto agente - Necessità - Ricarica di carta postepay - Contestualità del versamento del denaro con danno per la persona offesa e del con- seguimento del bene da parte dell’agente, III, 113.
CONCORSO DI PERSONE NEL REATO - Presupposti - Previo accordo - Necessità - Esclusione - Coscienza del contributo dato alla condotta altrui - Sufficienza - Presenza non casuale di un sog- getto sul luogo del delitto - Sussistenza del concorso - Condizioni, II, 95, 31.
DELITTO TENTATO - Elemento soggettivo - Dolo - Prova - Na- tura indiretta - Criterio - Idoneità dell’azione sulla base di un giu- dizio ex post e in concreto, II, 95, 32.
DELITTO TENTATO - Idoneità e univocità degli atti - Preva- lenza sulla intenzione del soggetto agente - Compatibilità con il dolo eventuale - Esclusione, II, 96, 33.
DIBATTIMENTO - Principio di correlazione tra l’imputazione contestata e la sentenza - Reati colposi - Contestazione nel capo di imputazione di elementi di colpa generica e specifica - Sosti- tuzione o aggiunta di un profilo di colpa specifica - Fatto diverso - Esclusione - Garanzia del diritto di difesa dell’imputato, III, 117, 15.
DIFESA E DIFENSORI - Astensione dalle udienze - Atti per lo svolgimento dei quali non è prevista la presenza del difensore - Diritto al rinvio dell’udienza a seguito della adesione del difen- sore all’astensione di categoria - Sussistenza - Condizioni, III, 117, 16.
SOMMARIO
DIFESA E DIFENSORI - Difensore delle altre parti private - Pro- cura speciale - Valenza per un determinato procedimento - Di- scrimen con la procura speciale per determinati atti - Definizione - Verifica da parte del giudice della natura della procura conferita, III, 118, 17.
DIFFAMAZIONE - Diffamazione a mezzo internet - Momento di consumazione del reato - Momento e luogo in cui i terzi per- cepiscono l’espressione ingiuriosa - Contestualità o imminenza con la immissione in rete - Conseguenze in ordine alla tempesti- vità della querela, II, 96, 34.
ELEMENTO SOGGETTIVO - Dolo e colpa cosciente - Discri- men - Definizione - Fattispecie in tema di morte del pedone de- terminata da condotta di guida reiteratamente e gravemente inosservante delle regole della circolazione stradale, II, 97, 35.
ESECUZIONE DELLA PENA - Rinvio dell’esecuzione della pena - Presupposti - Stato di salute incompatibile con il regime carcerario - Nozione, II, 97, 36.
FALSA PERIZIA O INTERPRETAZIONE - Condotta - Parere o interpretazione mendace - Nozione - Opinabilità delle valuta- zioni - Configurabilità del reato - Esclusione - Insussistenza del- l’elemento soggettivo del reato, II, 98, 37.
FALSITÀ IN ATTI - Falsità commessa in atti pubblici - Nozione di atto pubblico - Atto interno al procedimento amministrativo - Rilevanza - Condizioni, II, 98, 38.
GIUDICE DI PACE - Procedimento davanti al giudice di pace - Improcedibilità per particolare tenuità del fatto - Mancata compa- rizione all’udienza della persona offesa - Preclusione della possi- bilità della dichiarazione di improcedibilità - Esclusione, III, 78.
IMPUTABILITÀ - Incapacità di intendere o di volere - Disturbi della personalità idonei ad escludere la imputabilità - Nozione - Condizioni, II, 65.
INDUZIONE INDEBITA A DARE O PROMETTERE UTILITÀ - Concussione - Elemento oggettivo - Modalità della condotta - Abuso prevaricatore della qualità o della funzione - Elemento co- mune ad entrambi i reati, II, 99, 39.
LESIONI - Lesioni personali colpose - Omessa o insufficiente manutenzione della strada - Responsabilità del soggetto incari- cato del servizio di manutenzione - Configurabilità - Condizioni, II, 99, 40.
MISURE CAUTELARI - Misure cautelari personali - Arresti do- miciliari - Autorizzazione dell’imputato ad assentarsi per svolgere attività lavorativa - Presupposti - Situazione di assoluta indigenza - Prova legale dello stato di assoluta indigenza - Autocertificazione dell’imputato attestante la impossidenza di redditi necessari a sod- disfare le esigenze di vita - Necessità - Esclusione, III, 119, 18.
MISURE CAUTELARI - Misure cautelari personali - Arresti do- miciliari - Autorizzazione dell’imputato ad assentarsi per svolgere attività lavorativa - Situazione di assoluta indigenza - Nozione, III, 119, 19.
MISURE CAUTELARI - Misure cautelari personali - Misure co- ercitive - Criteri di scelta delle misure - Provvedimento del giu- dice che ritenga l’adeguatezza della sola custodia cautelare in carcere - Motivazione sulla inidoneità degli arresti domiciliari
eseguiti con la particolare modalità del “braccialetto elettronico”
- Necessità - Esclusione, III, 120, 20.
MISURE CAUTELARI - Misure cautelari personali - Misure co- ercitive - Criteri di scelta delle misure - Provvedimento del giu- dice che disponga la custodia cautelare in carcere - Motivazione - Ritenuta inadeguatezza degli arresti domiciliari semplici - Suf- ficienza - Esclusione - Necessità di motivare in ordine all’inido- neità a fronteggiare le esigenze cautelari particolari mediante misura domiciliare aggravata ex art. 275 bis, III, 120, 21.
MISURE CAUTELARI - Misure cautelari personali - Misure co- ercitive - Divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla per- sona offesa - Motivazione del provvedimento - Necessaria indicazione in maniera specifica e dettagliata dei luoghi l’avvi- cinamento ai quali è vietato - Obbligo di mantenere una determi- nata distanza da tali luoghi - Prescrizione di mantenere una distanza tale da non consentire di essere visto in caso di incontro occasionale - Illegittimità, III, 120, 22.
MISURE CAUTELARI - Misure cautelari personali - Provvedi- menti in caso di trasgressione delle prescrizioni imposte - Aggra- vamento della misura precedentemente applicata ex officio - Possibilità, III, 121, 23.
MISURE CAUTELARI - Misure cautelari reali - Impugnazioni - Riesame - Modifica dell’art. 309 intervenuta con l. 47 del 2015 - Rinvio all’art. 309 commi 9 e 10 contenuto nell’art. 324, comma 7 - Natura - Rinvio recettizio o dinamico - Rimessione alle Se- zioni Unite, III, 65.
NOTIFICAZIONI - Notificazioni a persona diversa dall’imputato o indagato - Notificazioni eseguite per via telematica dagli Uffici giudiziari già autorizzati dal decreto 1 ottobre 2012 del Ministro della Giustizia - Perdurante validità ed efficacia, III, 102.
NOTIFICAZIONI - Notifica del decreto di citazione in appello effettuata a norma dell’art. 157, comma ottavo bis, Cod. proc.
pen. al difensore d’ufficio - Nullità - Nullità a regime intermedio - Condizioni, III, 111.
PECULATO - Presupposto della condotta - Disponibilità del de- naro o della cosa mobile per una ragione legata all’esercizio di poteri o doveri funzionali - Necessità, II, 99, 41.
PENA - Misure alternative alla detenzione - Affidamento in prova al servizio sociale - Presupposti - Inizio del processo di rieduca- zione - Sufficienza - Criteri di valutazione - Grado di consape- volezza raggiunto dal condannato, II, 100, 42.
PROVE - Prove documentali - Processo verbale di constatazione redatto dalla Guardia di Finanza per accertare o riferire violazioni a norme finanziarie o tributarie - Atto irripetibile - Inserimento nel fascicolo per il dibattimento - Ammissibilità - Condizioni, III, 122, 24.
PROVE - Prove documentali - Processo verbale di constatazione della Guardia di finanza - Utilizzabilità a fini probatori - Succes- siva emersione di indizi di reato nel corso dell’attività ispettiva - Necessità di procedere con le modalità di cui all’art. 220 delle di- sposizioni attuative del Codice di procedura penale, III, 122, 25.
RIMESSIONE DEL PROCESSO - Casi di rimessione - Compor- tamenti e provvedimenti endoprocessuali dei pubblici ministeri e dei giudici - Rilevanza - Condizioni, III, 123, 26.
SOMMARIO
RIMESSIONE DEL PROCESSO - Casi di rimessione - Presup- posti - Sussistenza di gravi situazioni locali che determinano un turbamento dello svolgimento del processo e non altrimenti eli- minabili - Nozione, III, 123, 27.
SICUREZZA SUI LUOGHI DI LAVORO - Infortunio sul lavoro - Esonero della responsabilità del datore di lavoro per impru- denza, imperizia o negligenza del lavoratore nella causazione del- l’evento - Condizioni, II, 100, 43.
VIOLENZA PRIVATA - Trattamenti sanitari arbitrari perché ese- guiti pur in presenza del dissenso del paziente - Configurabilità del reato - Concorso con il reato di lesioni personali - Possibilità, II, 101, 44.
VIOLENZA SESSUALE - Elemento oggettivo - Atto sessuale - Nozione, II, 65.
VIOLENZA SESSUALE - Violenza sessuale aggravata dall’uso di sostanze alcoliche o stupefacenti - Nozione - Requisiti - Cau- sazione dello stato d’inferiorità della vittima ed approfittamento dello stesso, II, 65.
VIOLENZA SESSUALE DI GRUPPO - Attenuante dell’ipotesi di minore gravità - Applicabilità - Esclusione - Motivi, II, 65.
VIOLENZA SESSUALE DI GRUPPO - Elemento oggettivo - Condotta - Nozione, II, 65.
SOMMARIO
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LA GIUSTIZIA PENALE si pubblica in fascicoli divisi in tre parti: la prima parte (di almeno dodici sedicesimi annui) è dedicata ai Presupposti del Diritto e della Procedura penale; la seconda parte (di almeno ventisette sedicesimi annui) è dedicata al Diritto penale (Codice penale e leggi penali speciali); la terza parte (di almeno quindici sedicesimi annui) è dedi- cata alla Procedura penale (Codice di procedura penale e leggi penali speciali).
Ogni parte ha una numerazione autonoma: l’Indice è comune alle tre parti. Ai dodici fascicoli mensili segue un Indice generale annuale, con riferimento ai singoli articoli dei Codici e delle leggi speciali nonché un elenco cronologico delle sen- tenze riprodotte per esteso o per massima, con indice alfabetico delle parti a cui si riferiscono le sentenze, con indice anali- tico alfabetico delle parti a cui si riferiscono le sentenze, con indice analitico alfabetico e della bibliografia.
A) La Prima parte (I presupposti del diritto e della Procedura penale) contiene:
a) articoli originali, memorie e studi relativi alla criminologia, alla psichiatria, alla medicina legale, all’antropologia criminale, al diritto penitenziario, alle discipline ausiliarie del diritto e della procedura penale, al diritto internazionale, costi- tuzionale, amministrativo e civile;
b) sentenze con note critiche;
c) recensioni e bollettino bibliografico della dottrina italiana e straniera, relativi alle scienze sopra ricordate e alle scien- ze giuridiche e sociali in genere;
d) resoconti e commenti;
e) varietà.
B) La Seconda parte (Diritto Penale) e la Terza parte (Procedura Penale) contengono:
a) articoli originali di dottrina;
b) le principali sentenze per esteso, della Corte Suprema di Cassazione, del Tribunale Supremo Militare e dei giudici di merito, con note critiche e di commento;
c) massimario completo della giurisprudenza penale della Corte Suprema di Cassazione e massimario della giuri- sprudenza civile relativa ai rapporti fra giudizio civile e giudizio penale, alla responsabilità civile, alla circolazione stra- dale, con note di richiami;
d) massimario di giurisprudenza della Corte di cassazione interna di diritto e procedura penale militare;
e) dibattiti sui più importanti problemi e sulle questioni controverse in materia penale;
f) recensioni delle opere giuridiche italiane e straniere;
g) bollettino bibliografico delle pubblicazioni giuridiche con speciale riguardo alla duplice parte della dottrina;
h) sunti degli articoli pubblicati nelle Riviste italiane e straniere.
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GIURISPRUDENZA COSTITUZIONALE
DECISIONI DELLA CORTE
Sentenza n. 23 - 13 gennaio 2016 Pres. Criscuolo, Rel. Cartabia
Stupefacenti - Fatto di lieve entità - Fattispecie autonoma di reato - Pena - Mancata distinzione tra sostanze di cui alle tabelle I e II del D.P.R. n. 309 del 1990 - Questione di legittimità costituzionale per violazione degli artt. 3, 27 e 117 Cost - Inam- missibilità (Cost. artt. 3, 27, comma 3, 117, comma 1; decisione quadro 2004/757/GAI; Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata con l.
4 agosto 1955, n. 848, art. 49, par. 3; d.P.R. 9 ottobre 1990, n.
309, art. 73, comma 5; d. l. 20 marzo 2014, n. 36, conv. con mod.
con la l. 16 maggio 2014, n. 79, art. 1, comma 24 ter)
È inammissibile la questione di legittimità costituzionale del- l’art. 73, comma 5, del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, come sosti- tuito dall’art. 1, comma 24-ter, lettera a), del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 16 maggio 2014, n. 79 - in riferimento agli artt. 3, 27, terzo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione alla decisione quadro del Consiglio dell’Unione europea del 25 ottobre 2004, n. 2004/757/GAI e al- l’art. 49, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali del- l’Unione europea - nella parte in cui non prevede un trattamento sanzionatorio differenziato per le diverse sostanze previste, ri- spettivamente, nelle Tabelle I e II del medesimo decreto, in quanto si chiede alla Corte un intervento additivo in materia penale, in assenza di soluzioni costituzionalmente obbligate.
Ritenuto in fatto
1.- Con ordinanza del 5 febbraio 2015 (reg. ord. n. 113 del 2015), notificata il successivo 16 febbraio, il Tribunale per i mi- norenni di Reggio Calabria ha sollevato - in riferimento agli artt.
3, 27, terzo comma, e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione alla decisione quadro del Consiglio dell’Unione europea del 25 ottobre 2004, n. 2004/757/GAI ri- guardante la fissazione di norme minime relative agli elementi costitutivi dei reati e alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti e all’art. 49, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adottata a Strasburgo il 12 dicembre 2007 - que- stione di legittimità costituzionale dell’art. 73, comma 5, del de- creto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e so- stanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza), come sostituito dall’art. 1, comma 24 ter, lettera a), del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36 (Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psi- cotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tos- sicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali), conver-
tito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 16 maggio 2014, n. 79.
In particolare, il rimettente ha precisato che pende dinanzi a sé il giudizio penale a carico di A.F., minore d’età al momento del fatto, imputato di concorso nella coltivazione di 15 piante di ma- rijuana, nonché nell’illecita detenzione di grammi 358,900 della stessa sostanza, contestato come accertato il 7 luglio 2010. Il Tri- bunale ha, quindi, premesso che sia il Pubblico Ministero, sia il difensore dell’imputato hanno eccepito l’illegittimità costituzio- nale del citato art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, nella parte in cui non prevede un trattamento sanzionatorio differenziato per le diverse sostanze previste, rispettivamente, nelle Tabelle I e II del medesimo decreto.
1.1.- In punto di rilevanza ha osservato che il testo normativo censurato deve ritenersi applicabile alla specie in quanto com- plessivamente più favorevole all’imputato ai sensi dell’art. 2 del Codice penale.
Più precisamente ha osservato che, con la sentenza della Corte costituzionale n. 32 del 2014, è stata dichiarata l’illegittimità co- stituzionale degli artt. 4 bis e 4 vicies ter, del decreto-legge 30 di- cembre 2005, n. 272 (Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell’Amministrazione dell’interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi e modifiche al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2006, n. 49, per vio- lazione dell’art. 77, secondo comma, Cost..
La predetta dichiarazione di illegittimità costituzionale avrebbe determinato la ripresa di vigore dell’art. 73 del d.P.R. n. 309 del 1990 nel testo anteriore alle modifiche introdotte dalle disposizioni dichiarate illegittime, dunque nel testo risultante dal d.P.R. 5 giu- gno 1993, n. 171 (Abrogazione parziale, a seguito di referendum popolare, del testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilita- zione dei relativi stati di tossicodipendenza, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309), che di- stingue il trattamento sanzionatorio a seconda che si tratti di so- stanze incluse nella Tabella I o II del decreto. Tuttavia, il comma 5 del medesimo art. 73, era stato successivamente modificato:
dapprima dal decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146 (Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2014, n. 10, e, poi, dal citato d. l. n. 36 del 2014, come convertito dalla l. n. 79 del 2014, che prevedono un trattamento sanzionatorio indifferenziato rispetto alla natura della sostanza stupefacente.
Ad avviso del rimettente, avuto riguardo al tempo in cui fu commesso il delitto e tenuto conto del fatto che in concreto il trattamento sanzionatorio risultante dalla l. n. 79 del 2014 è più favorevole - visto che detta legge ha altresì mantenuto la dimi- nuente per la minore età e limiti edittali tali da non consentire l’applicazione della custodia cautelare in carcere - il testo dell’art.
73, comma 5, risultante dalle modifiche stabilite da quest’ultima legge, doveva ritenersi applicabile ai sensi dell’art. 2 Cod. pen..
Da qui il rimettente ha dedotto la rilevanza della questione, ri- tenendo che, nella specie, fosse configurabile la lieve entità del fatto e che la decisione non potesse, perciò, prescindere dalla so- luzione della questione di legittimità costituzionale della disposi- zione censurata, che doveva essere applicata al caso in esame.
1.2.- In punto di non manifesta infondatezza, il rimettente ha rilevato che la disciplina oggetto di censura violerebbe, in primo luogo, il principio di ragionevolezza: vigerebbe, infatti, un tratta-
2.I.2016
LA GIUSTIZIA PENALE 2016 (Parte Prima: I Presupposti)
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mento sanzionatorio differenziato a seconda delle sostanze per le ipotesi di non lieve entità, mentre analoga proporzione non sarebbe rispettata nell’ipotesi di lieve entità del fatto, così determinando una irragionevole asimmetria punitiva.
Alla predetta «irragionevolezza estrinseca» si aggiungerebbe la
«disomogeneità intrinseca» del disvalore del reato, non potendosi ritenere che il fatto di lieve entità commesso con cosiddette “droghe pesanti” sia parificabile a quello commesso con cosiddette “droghe leggere”, stante il «diverso spessore dell’interesse tutelato». Ciò determinerebbe, secondo il Tribunale, anche una violazione del principio di uguaglianza formale e sostanziale, ex art. 3 Cost..
Inoltre, il rimettente non ritiene condivisibile l’orientamento giurisprudenziale - espresso, ad esempio, dalla Corte di cassazione, sezione quarta penale, nella sentenza 5 marzo 2014, n. 10514 - secondo cui la scelta legislativa sarebbe ragionevole, in quanto, di fronte a specifiche modalità del fatto (tali da connotarlo come di lieve entità), il dato della diversa natura della sostanza stupefa- cente oggetto delle condotte sarebbe comunque suscettibile di valutazione da parte del giudice nella determinazione discrezionale della pena da infliggere. Ad avviso del giudice a quo, infatti, la risoluzione del problema della coerenza intrinseca di una norma complessa, quale è l’art. 73 citato, non può essere affidata soltanto alla discrezionalità del giudice.
1.3.- Secondo il Tribunale, inoltre, sarebbe violato l’art. 27, terzo comma, Cost., in quanto la previsione di una sanzione unica per condotte diverse non garantirebbe la finalità rieducativa della pena, né sarebbe conforme al principio di proporzionalità codifi- cato all’art. 49, comma 3 (rectius: paragrafo 3), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. Tale violazione si ap- palesa in modo più grave nel caso dei minorenni, per i quali le sanzioni previste potrebbero oggettivamente precludere benefici - quali la sospensione condizionale della pena, il perdono giudi- ziale o l’applicazione di sanzioni sostitutive ex art. 30 del d.P.R.
22 settembre 1988, n. 448 (Approvazione delle disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni) - finalizzati a non interrompere i processi educativi in corso e a favorire la rapida uscita dal circuito criminale.
1.4.- Ad avviso del rimettente, infine, si prospetterebbe anche la violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., per mancata at- tuazione della citata decisione quadro del Consiglio dell’Unione europea del 25 ottobre 2004, n. 2004/757/GAI, anche in riferi- mento all’art. 49, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
In particolare, il Tribunale ha osservato che l’art. 4 della citata decisione quadro richiede la previsione, in materia di illeciti con- cernenti gli stupefacenti, di pene detentive effettive, proporzionate e dissuasive, rimarcando il canone della proporzionalità sin dal
«considerando» n. 5 premesso al testo normativo e stabilendo che, per i reati minori, siano previste «pene detentive della durata massima compresa tra almeno 1 e 3 anni».
Posto che l’art. 73, comma 5, nel testo impugnato, indica un intervallo edittale di pena compreso tra i sei mesi e i quattro anni di reclusione, esso violerebbe il citato art. 4 della citata decisione quadro, sia nei limiti massimi (quattro anni, anziché tre), sia nei minimi (sei mesi anziché un anno), «qualora l’avverbio “almeno”
dovesse ritenersi applicabile solo al primo termine edittale».
Le disposizioni comunitarie in parola, in quanto non dotate di diretta efficacia, costituirebbero perciò norme interposte rispetto al parametro costituzionale rappresentato dall’art. 117, primo comma, Cost., così che la violazione delle medesime si tradurrebbe in violazione di quest’ultimo.
Rispetto al medesimo parametro costituzionale si porrebbe an- che la violazione del canone di proporzionalità indicato nell’art.
49, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, atteso anche il riferimento, nella decisione quadro, ad
una differenziazione delle sanzioni in relazione al diverso grado di pericolosità per la salute delle varie sostanze stupefacenti.
La circostanza che lo Stato sia inadempiente rispetto alla citata normativa comunitaria, si ricaverebbe anche dalla relazione della Commissione delle Comunità europee COM(2009)669 del 10 di- cembre 2009, in cui si stigmatizza il mancato invio da parte del- l’Italia delle informazioni obbligatorie sull’attuazione della deci- sione quadro.
Ad avviso del rimettente, occorrerebbe perciò che l’impugnato art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 venga dichiarato il- legittimo «nella parte in cui non prevede un regime sanzionatorio differenziato in relazione alla tipologia e classificazione tabellare della sostanza stupefacente, conformemente ai parametri anche edittali di cui all’art. 4 della decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio dell’Unione Europea del 25 ottobre 2004».
1.5.- In conclusione, il rimettente ritiene che la normativa cen- surata di cui all’art. 73, comma 5, sia illegittima per violazione degli artt. 3, 27, terzo comma, e 117, primo comma, Cost. «nella parte in cui 1) non distingue - nel trattamento sanzionatorio - tra fatti di lieve entità aventi ad oggetto sostanze stupefacenti o psi- cotrope di cui alla tabella I e fatti di lieve entità aventi ad oggetto sostanze stupefacenti o psicotrope appartenenti alla differente ta- bella II dell’art. 14 del D.P.R. 309/90; 2) non prevede dei limiti di pena differenziati e conformi ai parametri di cui all’art. 4 della Decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio […] e all’art. 49, paragrafo 3, Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE».
2.- Con atto depositato il 7 luglio 2015, è intervenuto il Presi- dente del Consiglio dei ministri, assistito e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
Il Governo contesta l’asserita irragionevolezza della normativa che, per i fatti di lieve entità, ha mantenuto un’unica cornice edit- tale, indipendentemente dalla natura della sostanza. Ciò in quanto la differente natura degli stupefacenti può essere valorizzata dal giudice in sede di determinazione della pena, considerato anche che risulta ripristinata l’originaria distanza edittale, che l’ordina- mento prevedeva rispetto alle pene previste per i fatti non lievi, prima dell’entrata in vigore della cosiddetta legge “Fini-Giova- nardi” (cioè il d.l. n. 272 del 2005, come convertito dalla l. n. 49 del 2006).
La ragionevolezza della disciplina - riconosciuta anche dalla Corte di cassazione - escluderebbe di conseguenza anche la de- nunciata violazione dell’art. 27, terzo comma, Cost..
Parimenti infondata sarebbe la censura relativa all’art. 117, primo comma, Cost., in quanto - come pure riconosciuto dalla Corte di cassazione, sezione sesta penale, con la sentenza 29 aprile 2013, n. 18804 - la norma interposta (art. 4 della citata de- cisione quadro n. 2004/757/GAI del Consiglio dell’Unione euro- pea) non impone affatto che i legislatori nazionali prevedano un trattamento differenziato in base alla natura delle sostanze stupe- facenti, ma solo che i massimi edittali non scendano sotto deter- minate soglie di pena.
Considerato in diritto
1.- Con ordinanza del 5 febbraio 2015 (reg. ord. n. 113 del 2015), notificata il successivo 16 febbraio, il Tribunale per i mi- norenni di Reggio Calabria ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 73, comma 5, del decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 (Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, pre- venzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipen- denza), come sostituito dall’art. 1, comma 24 ter, lettera a), del decreto-legge 20 marzo 2014, n. 36 (Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui LA GIUSTIZIA PENALE 2016 (Parte Prima: I Presupposti)
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al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché di impiego di medicinali), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 16 maggio 2014, n. 79.
In particolare, il rimettente ritiene che la disposizione censurata violi gli artt. 3, 27, primo comma e 117, primo comma, della Co- stituzione. L’art. 3 Cost. sarebbe violato sotto un duplice profilo:
anzitutto per «irragionevolezza estrinseca», in quanto il medesimo testo legislativo prevede un trattamento sanzionatorio differenziato a seconda della natura delle sostanze solo per le ipotesi di non lieve entità, mentre, per le ipotesi di lieve entità, individua un unico intervallo edittale, senza distinguere tra droghe leggere e droghe pesanti; inoltre, la previsione impugnata sarebbe anche viziata da «disomogeneità intrinseca», a causa della irragionevole parificazione, pur in presenza di un «diverso spessore dell’interesse tutelato», dei fatti aventi per oggetto le sostanze di cui alla Tabella I rispetto a quelli aventi per oggetto le sostanze di cui alla Tabella II di cui al medesimo d.P.R. n. 309 del 1990. Sarebbe poi violato l’art. 27, primo comma, Cost., in quanto la previsione di un trat- tamento sanzionatorio irragionevole e sproporzionato compro- metterebbe la finalità rieducativa della pena. Infine, la disposizione impugnata contrasterebbe con l’art. 117, primo comma, Cost., in quanto non sarebbero previsti limiti di pena conformi ai parametri edittali di cui all’art. 4 della decisione quadro del Consiglio del- l’Unione europea del 25 ottobre 2004, n. 2004/757/GAI riguar- dante la fissazione di norme minime relative agli elementi costi- tutivi dei reati e alle sanzioni applicabili in materia di traffico illecito di stupefacenti e all’art. 49, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 e adottata a Strasburgo il 12 dicembre 2007.
Sulla scorta di tali considerazioni il rimettente ha chiesto che la Corte dichiari l’illegittimità dell’impugnato art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 «nella parte in cui 1) non distingue - nel trattamento sanzionatorio - tra fatti di lieve entità aventi ad oggetto sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I e fatti di lieve entità aventi ad oggetto sostanze stupefacenti o psi- cotrope appartenenti alla differente tabella II dell’art. 14 del D.P.R.
309/90; 2) non prevede dei limiti di pena differenziati e conformi ai parametri di cui all’art. 4 della Decisione quadro 2004/757/GAI del Consiglio […] e all’art. 49, 3 paragrafo, Carta dei Diritti Fon- damentali dell’UE».
2.- La questione sollevata deve essere dichiarata inammissibile, in quanto si chiede alla Corte un intervento additivo in materia penale, in assenza di soluzioni costituzionalmente obbligate.
2.1.- La giurisprudenza di questa Corte, infatti, è costante nel ritenere inammissibili questioni formulate con un petitum che
«[…] per la ampiezza della sua portata additiva […] non si con- figura come unica soluzione costituzionalmente obbligata (sen- tenze, n. 81 e n. 30 del 2014)», (sentenza n. 241 del 2014), in par- ticolare quando «il petitum formulato si connota per un cospicuo tasso di manipolatività, derivante anche dalla “natura creativa” e
“non costituzionalmente obbligata” della soluzione evocata (sen- tenze n. 241, n. 81 e n. 30 del 2014; ordinanza n. 190 del 2013)», (sentenza n. 241 del 2014), tanto più in materie rispetto alle quali è stata riconosciuta ampia discrezionalità del legislatore (sentenza n. 277 del 2014).
2.2.- Nella specie è fuor di dubbio che si rientri in una materia rispetto alla quale deve riconoscersi un ampio margine di libera determinazione al legislatore, posto che si chiede alla Corte di in- tervenire sulla configurazione del trattamento sanzionatorio di condotte individuate come punibili (ex plurimis, sentenze n. 185 del 2015; n. 68 del 2012, n. 47 del 2010, n. 161 del 2009; n. 22 del 2007 e n. 394 del 2006).
2.3.- Tale conclusione è altresì avvalorata dalla considerazione che, a seguito delle recenti modifiche normative e in base al «di- ritto vivente» consolidatosi su di esse (sentenze della Corte di
cassazione, Sezione VI penale, 27 gennaio 2015, n. 15642, Sezione IV penale, 24 ottobre 2014, n. 49754, Sezione VI penale, 8 gennaio 2014, n. 14288, Sezione IV penale, 9 gennaio 2014, n. 7363, Se- zione IV penale, 28 febbraio 2014, n. 10514, Sezione IV penale, 28 febbraio 2014, n. 13903), il fatto di lieve entità di cui al testo censurato dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990 costi- tuisce una fattispecie autonoma di reato, e non più una circostanza attenuante del fatto non lieve, come si riteneva nel vigore del testo previgente alle modifiche introdotte dapprima dall’art. 2, comma 1, lettera a), del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 146 (Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei dete- nuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria), con- vertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 21 febbraio 2014, n. 10, e, poi, dal citato art. 1, comma 24 ter, lettera a), del d.l. n. 36 del 2014, come convertito dalla l. n. 79 del 2014.
Pertanto, in considerazione della autonomia della fattispecie qui in esame affermatasi nell’evoluzione legislativa e giurispru- denziale, non sussiste più alcuna esigenza di mantenere una sim- metria sanzionatoria tra fatti di lieve entità e quelli non lievi.
Anche sotto questo profilo, dunque, non vi è ragione di ritenere che il legislatore sia vincolato a configurare intervalli edittali dif- ferenziati a seconda della natura della sostanza, nel caso di reati di lieve entità.
2.4.- Quanto alla misura della pena, il rimettente si limita ad affermare la necessità di una differenziazione dell’intervallo edit- tale, senza però indicare quale sarebbe quella costituzionalmente obbligata.
Nessun elemento può ricavarsi, in proposito, dall’invocato art.
49, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che si limita a codificare il principio di proporzionalità della pena, il quale - al pari del principio di ragionevolezza, che nella giurisprudenza costituzionale è spesso richiamato unitamente ad esso - non permette a questa Corte di determinare autonoma- mente la misura della pena, ma semmai di emendare le scelte del legislatore in riferimento a grandezze già rinvenibili nell’ordina- mento.
Il sindacato di legittimità costituzionale, infatti, «può investire le pene scelte dal legislatore solo se si appalesi una evidente vio- lazione del canone della ragionevolezza, in quanto ci si trovi di fronte a fattispecie di reato sostanzialmente identiche, ma sotto- poste a diverso trattamento sanzionatorio (ex plurimis, tra le pro- nunce più recenti, sentenze n. 325 del 2005, n. 364 del 2004; or- dinanza n. 158 del 2004). Se non si riscontra una sostanziale identità tra le fattispecie prese in considerazione, e si rileva invece […] una sproporzione sanzionatoria rispetto a condotte più gravi, un eventuale intervento di riequilibrio di questa Corte non potrebbe in alcun modo rimodulare le sanzioni previste dalla legge, senza sostituire la propria valutazione a quella che spetta al legislatore»
(sentenza n. 22 del 2007). Infatti, in materia di pene, anche nel giudizio di “ragionevolezza intrinseca”, focalizzato sul principio di proporzionalità, è fondamentale l’individuazione di un para- metro che consenta di rinvenire la soluzione costituzionalmente obbligata (come avvenuto, ad esempio, nella sentenza n. 341 del 1994, nella quale la Corte, dichiarando l’illegittimità costituzionale della pena edittale minima del delitto di oltraggio a pubblico uf- ficiale, prevista dall’art. 341, primo comma, Cod. pen., nel testo all’epoca vigente, si giovò della comparazione con la fattispecie affine dell’ingiuria).
A maggior ragione, poi, questa Corte non potrebbe sostituirsi al legislatore, in nome del principio di ragionevolezza e propor- zionalità della pena, a fronte di disposizioni che - come quella in giudizio - lasciano al giudice un margine di valutazione suffi- cientemente ampio da permettergli di graduare proporzionalmente la pena anche in ragione della natura della sostanza.
Va ricordato, infatti, che «al legislatore è consentito includere
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in uno stesso paradigma punitivo una pluralità di fattispecie diverse per struttura e disvalore, spettando, in tali casi, al giudice far emergere la differenza tra le varie condotte tramite la gradua- zione della pena tra il minimo e il massimo edittale (ex plurimis, sentenze n. 250 e n. 47 del 2010; ordinanze n. 213 del 2000 e n.
145 del 1998)» (ordinanza n. 224 del 2011).
2.5.- Né è di maggiore ausilio l’art. 4 della citata decisione quadro del Consiglio dell’Unione europea n. 2004/757/GAI, pure richiamata quale parametro interposto.
Quest’ultima disposizione, infatti, lungi dal determinare precisi intervalli di pena per le diverse ipotesi di reato in tema di stupe- facenti, si limita ad esigere che il legislatore nazionale fissi i mas- simi edittali al di sopra di determinate soglie minime, derogabili solo in pejus, secondo il cosiddetto «principio del minimo del massimo». Nessuna indicazione può, dunque, evincersi dalla di- sposizione europea richiamata, ai fini della differenziazione - ri- chiesta dal rimettente - del trattamento sanzionatorio dei fatti di lieve entità, in base al tipo di sostanza implicata.
In assenza di soluzioni costituzionalmente vincolate o imposte dal rispetto degli obblighi comunitari, l’intervento creativo solle- citato a questa Corte interferirebbe indebitamente nella sfera delle scelte di politica sanzionatoria riservate al legislatore, in spregio al principio della separazione dei poteri.
2.6.- D’altro canto, è del tutto evidente che il vulnus costitu- zionale lamentato dal rimettente non sarebbe rimediabile con una mera dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 73, comma 5, del d.P.R. n. 309 del 1990, il cui unico effetto sarebbe quello di eliminare del tutto l’ipotesi di lieve entità.
A differenza della questione decisa da questa Corte con la sen- tenza n. 32 del 2014, infatti, nel presente giudizio non viene la- mentato un vizio procedurale della legge, sicché deve escludersi, in questo caso, ogni «reviviscenza» (rectius: «ripresa di applica- zione») delle disposizioni precedenti, che possa colmare il vuoto determinato da una eventuale pronuncia meramente ablativa della Corte costituzionale.
È appena il caso di aggiungere che una pronuncia meramente ablativa non è nemmeno oggetto della questione proposta dal ri- mettente, posto che una tale decisione accentuerebbe i vizi de- nunciati, determinando una irragionevole e sproporzionata pari- ficazione tra fatti lievi e non lievi.
La richiesta rivolta a questa Corte mira, invece, ad ottenere un intervento additivo e manipolativo, per la riconfigurazione del si- stema sanzionatorio dei fatti di lieve entità; richiesta che, per i motivi sopra esposti, esorbita dai poteri spettanti al giudice delle leggi, tanto più che la novella ha lasciato ragionevoli spazi di di- screzionalità al giudice per tradurre in pene minori, nell’ambito di un medesimo intervallo edittale, la minore gravità del fatto di lieve entità quale risulti anche dalla natura della sostanza. (omissis)
DIBATTITI
Modelli familiari tra riforme e prassi
SOMMARIO: 1. Quali scenari per il nuovo diritto di famiglia? - 2. L’eguaglianza formale per una tutela dell’unità familiare - 3.
I rapporti tra diritto sovranazionale e diritto interno. - 4. I mo- delli familiari tra interventi legislativi (auspicati e non) e orien- tamenti giurisprudenziali. - 5. Riflessioni conclusive.
1. Quali scenari per il nuovo diritto di famiglia?
Il riconoscimento della famiglia, quale società naturale, ha ab immemorabili illis riguardato un fenomeno sociale, largamente estraneo al diritto.
Nonostante i molteplici interventi legislativi che hanno disci- plinato i rapporti familiari nel corso degli anni, non è ravvisabile una definizione della stessa nell’ambito dei Codici vigenti e della Carta Costituzionale1.
Per questo, la famiglia è apparsa sempre il simbolo, come un’isola che il mare del diritto può lambire, ma lambire soltanto;
la sua intima essenza rimane metagiuridica2.
Ma se la famiglia ha trovato spazio nel territorio del diritto, ciò è avvenuto a causa del cambiamento della società che ha portato il legislatore ad intervenire.
In questo percorso di carattere legislativo, in vari Paesi Europei si sono innestate importanti decisioni delle Corti Costituzionali, fondate su principi che hanno successivamente ispirato la riforma del Diritto di famiglia nel 1975 in Italia a seguito dell’eguaglianza dei coniugi e nel 2012 con l’unificazione dello status di figlio.
Lo stesso era avvenuto nella Repubblica Federale di Germania dove era stata modificata la norma che disciplinava i rapporti tra i coniugi, essendo stata inserita una regola di tipo paritario, e così per il principio dell’uguaglianza dei figli, anche nati al di fuori del matrimonio.
Scompare la norma dal Codice civile che disciplina il marito come capo della famiglia e anche in altri ordinamenti, come in quello tedesco, si sostituisce addirittura il termine «potestà» con il termine «sorge», che indica la cura dei genitori nei confronti dei figli.
La famiglia non viene più concepita come un’istituzione chiusa, ma una struttura aperta e libera3, una formazione sociale nella quale si forma e si svolge la personalità dei soggetti, autonoma dallo Stato, il quale si impegna ad agevolarne la nascita e l’adem- pimento dei compiti.
Autonomia, peraltro, che non deve essere intesa nel senso del riconoscimento dell’extrastatualità della famiglia, come istituzione portatrice di propri interessi superiori di rilievo pubblicistico, ma in quanto garanzia costituzionale del concreto interesse dei singoli ad ordinare in modo originale e libero i loro rapporti4.
In tal senso la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha ini- ziato a decodificare le tradizionali figure di reato, originariamente previste a tutela della famiglia-istituzione verso una tutela in chiave personalistica, così stemperando il concetto di famiglia in quello di familiarità5.
Tuttavia, il diritto, talvolta, ha ricoperto anche il territorio della famiglia, dal momento che l’influenza sociale della famiglia è un dato dell’esperienza, che smentisce l’idea della famiglia quale isola che il diritto può solo lambire6.
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1Nei lavori della Costituente Emanuele Orlando sostenne con vigore la tesi che la Costituzione non dovesse occuparsi della materia familiare.
2JEMOLO, La famiglia e il diritto, in Pagine sparse di diritto e storiografia, Milano, 1957, 241 ove l’A. conclude: «La famiglia è la rocca sull’onda, ed il granito che costituisce la sua base appartiene al mondo degli affetti, agli istinti primi, alla morale, alla religione, non al mondo del diritto.»
3FROSINI, Il diritto di famiglia nella teoria generale del diritto, in Il diritto nella società tecnologica, Milano, 1981, 125.
4BESSONE, Rapporti etico sociali, in Commentario della Costituzione, BRANCA(a cura di), Bologna - Roma, 1976, 18.
5SCORDAMAGLIA, Prospettive di nuova tutela penale della famiglia, in Ri- vista Italiana di diritto e procedura penale, 1991, II, 388.
6BIANCA, Dove va il diritto di famiglia?, in Familia, 2001, 4 in cui l’A.
precisa: «La vita della famiglia si svolge normalmente al di fuori dei pre- cetti di legge, ma i rapporti interfamiliari tendono a conformarsi ai diritti poiché i diritti segnano la posizione della persona nella famiglia e nella società. Diritti ed obblighi sono essi stessi parte della realtà sociale della famiglia.»
Lo stesso Jemolo aveva avvertito che « soltanto un idealismo che trascuri la realtà può pensare infatti ad un’umanità che sia in grado di fare a meno di norme sanzionatorie, la coscienza collettiva ritiene che lo Stato debba intervenire, anche con la sanzione pe- nale, ad esempio quando si fa mancare al coniuge bisognoso o ai figli il sostentamento di cui hanno necessità: perché in moltissimi casi, che Dio solo può conoscere, si sa bene che si è obbedito al relativo precetto propter timorem, e non propter amorem»7.
2. L’eguaglianza formale per una tutela dell’unità fami- liare.
Se è vero che nell’ambito della famiglia siano ammessi obblighi di dare senza alcun corrispettivo, diritti di ricevere senza obblighi di restituzione, e che l’estensione dei poteri e degli obblighi sia elastica8, il vero spirito del dato costituzionale si radica nei legami affettivi dei membri della famiglia che il diritto non crea, ma che trova in rerum natura9.
Il principio dell’eguaglianza dei coniugi si può leggere come una diramazione del principio di eguaglianza formale ex art. 3, comma I, Cost. con riferimento all’eguaglianza morale e giuridica dei coniugi.
Il concetto di eguaglianza attiene a un obiettivo da perseguire evitando discriminazioni, sia promuovendo le condizioni per rea- lizzare pari opportunità per tutti, nonché il rispettivo godimento dei diritti.
Eppure il diritto di famiglia aveva presentato le più stridenti violazioni di questo principio, intanto con riguardo alla disegua- glianza tra marito e moglie, violazione che tuttavia rispondeva alla più alta discriminazione della donna in quanto tale.
In particolare, nel delitto di adulterio il soggetto attivo del reato era la moglie, mentre per il concubinato il marito10.
Inizialmente i Giudici delle leggi avevano salvato11l’art. 559 c.p., dichiarandolo conforme a Costituzione, sulla base del comma II dell’art. 29 Cost., in quanto «a garanzia dell’unità familiare», e solo successivamente lo avrebbero dichiarato incostituzionale - questa volta ritenendolo non a tutela, ma a danno dell’unità familiare12.
A questa pronuncia era seguita quella di illegittimità costitu- zionale dell’art. 560 c.p.13Con la conseguenza che la disegua-
glianza deve essere esclusa, essendo contraria all’unità familiare, in quanto la vera unità si realizza solo attraverso l’eguaglianza14.
Tra le questioni sulle quali la Corte Costituzionale era stata chiamata ad intervenire, vi era quella inerente al diverso tratta- mento riservato al convivente more uxorio rispetto al coniuge, al quale non aveva riconosciuto una condizione equiparata in forza dell’art. 29 Cost., che riconosce alla famiglia legittima una dignità superiore in ragione dei caratteri di stabilità e certezza e della re- ciprocità e corrispettività dei diritti e dei doveri che nascono dal matrimonio15.
Un aspetto tuttora rimasto irrisolto è quello relativo all’auto- matica attribuzione ai figli del cognome del padre, ritenuta lesiva dell’eguaglianza giuridica dei coniugi.
Più volte chiamata in causa, la Consulta - pur riconoscendo che tale regola riflettesse una concezione della famiglia ormai tramontata e non più in linea con la nuova disciplina dei rapporti tra coniugi e tra coniugi e figli - ne ha rimesso la modifica alla discrezionalità del legislatore16.
Differente è stato l’orientamento in merito alle coppie di fatto omosessuali.
In tal caso, al fine di sollecitare il legislatore ad introdurre una disciplina generale del fenomeno in questione, i Giudici delle leggi hanno affermato che la tutela di tali soggetti può essere ri- condotta, al pari di quelle eterosessuali, nel disposto normativo ex art. 2 Cost., in quanto formazioni sociali nelle quali l’individuo svolge la propria personalità, ma non alla disciplina di cui all’art.
29 Cost.17.
3. I rapporti tra diritto sovranazionale e diritto interno.
La problematica circa i diritti fondamentali delle persone non è sorta nel 1950, quando alcuni Paesi dell’area europea decisero di creare un’Unione doganale e un mercato comune di scambio, di circolazione di merci, di servizi e di lavoratori.
Le Comunità Europee infatti erano sorte con finalità stretta- mente economiche e, per questo, nei Trattati istitutivi non era stato previsto un espresso richiamo ai diritti dell’individuo, se non con riferimenti circoscritti a diritti che avessero una protezione economica.
Anche la tutela riservata alla famiglia rifletteva tale imposta- zione e, sempre in quest’ottica, furono adottate le direttive sul ri- congiungimento familiare dei lavoratori.
Dal punto di vista contenutistico, dunque, la problematica re- lativa alla definizione di famiglia è entrata, dapprima, nel dibattito sorto all’interno dell’Unione in relazione al riconoscimento della libertà di circolazione dei lavoratori e, in un secondo momento, delle persone.
Attenendo la famiglia a situazioni per lo più di natura personale, era sembrata di difficile immaginazione un’incidenza della nor- mativa dell’Unione europea sui diritti nazionali degli Stati membri, che andasse oltre la previsione di disposizioni riguardanti la fami- glia, quale semplice presupposto per la qualificazione di situazioni attributive di poteri e di doveri in termini di rapporti economici.
Tuttavia, a seguito di un orientamento della Corte di giustizia vi era stata un’apertura verso un orizzonte nuovo in forza del quale, di là dalle norme di diritto comunitario, i diritti fondamentali individuati dalla Corte di giustizia sulla scorta delle «tradizioni
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7JEMOLO, Sul diritto di famiglia (pensieri di un malpensante), in Studi in onore di Scaduto, I, 1970, 44 ss.
8ESPOSITO, Famiglia e Figli nella Costituzione Italiana, in La Costituzione italiana, saggi, Padova, 1954, 138.
9SCORDAMAGLIA, Prospettive di nuova tutela penale della famiglia, cit.,375.
10L’art. 559 c.p. stabiliva che la donna adultera ed il suo correo fossero puniti con la reclusione fino ad un anno e, in caso di relazione adulterina, fino a due anni. L’art. 560 c.p. puniva invece il marito che tenesse una concubina nella casa familiare ovvero notoriamente altrove, con la reclu- sione fino a due anni. Entrambi i delitti erano perseguibili a querela, nel primo caso da parte del marito e nel secondo caso, da parte della moglie.
11Corte Cost., 23 novembre 1961, n. 64, in Giur. Cost., 1961, 1228.
12Corte Cost., 16-19 dicembre 1968, n. 126, in Giust. pen., 1969, I, 69 che ha dichiarato costituzionalmente illegittimi i primi due commi dell’art.
559 c.p. considerando in diritto: «La discriminazione è di grave nocumento alla concordia ed all’unità della famiglia. La legge, non attribuendo rile- vanza all’adulterio del marito e punendo invece quello della moglie, pone in stato di inferiorità quest’ultima, la quale viene lesa nella sua dignità, è costretta a sopportare l’infedeltà e l’ingiuria, e non ha alcuna tutela in sede penale.»
In seguito a siffatta pronuncia, l’adulterio ha conservato una rilevanza strettamente civilistica, per quanto riguarda l’addebito di responsabilità in sede di separazione, ex art. 151 c.c., trattandosi, d’altronde, di un evento che riguarda piuttosto i rapporti interpersonali tra i coniugi e non l’ordi- namento statuale.
13Corte Cost., 27 novembre 1969, n. 147, in Giust. pen., 1970, I, 46 con la quale sentenza vengono dichiarati costituzionalmente illegittimi i commi III e IV dell’art. 559 c.p. e l’art. 560 c.p. e di conseguenza gli articoli 561, 562 e 563 c.p.
14MODUGNO, L’eguaglianza nell’unità della famiglia, cit., 11.
15Corte Cost., 26 maggio 1989, n. 310, in Giust. Cost., 1989, I, 2, 1400.
16Corte Cost., 6 febbraio 2006, n. 61, in Giust. Cost., 2006, I, 543.
17Corte Cost., 14 aprile 2010, n. 138, in Foro It., I, 2, 1362, nell’ambito della quale ha affermato che alle convivenze di fatto, anche omosessuali,
«spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone - nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge - il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri.»