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Campania, del. n. 59 – Servizio tesoreria: servizio informativo dovuto dal tesoriere

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CAMPANIA/59/2018/PAR

REPUBBLICA ITALIANA LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE REGIONALE DI CONTROLLO PER LA CAMPANIA

Composta dai Magistrati:

Giovanni Coppola Presidente

Rossella Cassaneti Consigliere

Alessandro Forlani Consigliere

Rossella Bocci Consigliere

Francesco Sucameli Primo Referendario (relatore)

Raffaella Miranda Primo Referendario

Carla Serbassi Primo Referendario

nella camera di consiglio del 4 e 18 aprile 2018

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con il regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, e successive modificazioni;

Vista la legge 21 marzo 1953, n. 161;

Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20;

Vista la deliberazione delle Sezioni riunite della Corte dei conti n. 14 del 16 giugno 2000, che ha approvato il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, modificata con le deliberazioni delle Sezioni riunite n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004;

Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 recante il Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali (TUEL);

Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;

Visto l’atto d’indirizzo della Sezione delle Autonomie del 27 aprile 2004, avente ad oggetto gli indirizzi e i criteri generali per l’esercizio dell’attività̀ consultiva;

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Vista la nota prot. C.d.c. n. 1844 del 28 febbraio 2018, con cui il Comune di Pagani (SA) ha chiesto un parere ai sensi dell’art. 7 della Legge n. 131/2003, nei termini di seguito indicati;

Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l’adunanza odierna per deliberare sulla prefata richiesta;

Udito il relatore, Francesco Sucameli.

OGGETTO DEL PARERE

Il Sindaco del Comune in epigrafe, dopo avere evidenziato che il D.lgs. n. 118/2011 ha disciplinato in modo articolato oneri e obblighi informativi-contabili in materia di entrate vincolate, ha posto alla Sezione un parere articolato, in sostanza, su due quesiti:

- un primo implicito, volto a definire l’ampiezza e la natura degli obblighi posti in capo all’ente e al tesoriere, in materia di gestione della provvista vincolata;

- un secondo, attinente alla retribuibilità, con gli stessi criteri previsti per il servizio di tesoreria, degli adempimenti svolti in materia di entrate vincolate da parte del tesoriere medesimo.

In merito a tale ultimo profilo, il Comune ha prospettato la seguente tesi: «se il tesoriere, a fronte di una autorizzazione dell'Ente all'utilizzo dell'anticipazione, va incontro ad oneri connessi a garantire la provvista idonea, lo stesso non va certamente incontro ad alcun onere quando l'Ente utilizza cassa vincolata, limitandosi in tal caso a comunicare all'Ente che sta utilizzando cassa vincolata e quindi deve regolarizzare contabilmente l'utilizzo oltre a ripristinare la cassa vincolata appena sarà disponibile cassa libera.

Per l'utilizzo di cassa vincolata il tesoriere non potrà essere chiamato ad erogare un'anticipazione di tesoreria, per cui non dovrà costituire alcuna provvista, con la conseguenza che l'Ente non potrà giustificare oneri verso il tesoriere connessi all'impiego della cassa vincolata. Il sostenimento di oneri verso il tesoriere, direttamente ed esclusivamente ricollegabile al temporaneo utilizzo di cassa vincolata, si ritiene possa rappresentare potenziale fonte di danno all'Ente».

PREMESSA

Il primo punto da esaminare concerne la verifica in ordine alla circostanza se la richiesta proveniente dal Comune rientri nell’ambito delle funzioni attribuite alle Sezioni regionali della Corte dei conti dall’art. 7, comma 8, della legge 6 giugno 2003, n. 131, norma in forza della quale regioni, province e comuni possono chiedere a dette Sezioni pareri in materia di contabilità pubblica, nonché ulteriori forme di collaborazione ai fini della regolare gestione finanziaria, dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa.

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La disposizione, contenuta nel comma 8, dell’art. 7 della legge 131/03, deve essere raccordata con il precedente comma 7, norma che attribuisce alla Corte dei conti la funzione di verificare il rispetto degli equilibri di bilancio, il perseguimento degli obiettivi posti da leggi statali e regionali di principio e di programma e la sana gestione finanziaria degli enti locali.

La sana gestione finanziaria, per altro verso, attesa la funzione svolta e la soggezione dei giudici soltanto alla legge (art. 101 Cost.), non può che attenere al rispetto dei limiti di legge già evocati dalla lettera della legge, quanto ad equilibri e obiettivi.

La funzione consultiva attiene quindi alla interpretazione delle norme che presidiano l’azione amministrativa nella prospettiva del perseguimento; attiene quindi alla astratta legittimità- regolarità di possibili azioni che afferiscono alla materia della c.d. “contabilità pubblica”, nella sua matrice essenziale (il bilancio, art. 100 Cost.) e in quelle storicamente intermediate dal legislatore (cfr. C. cost. sentenze nn. 33/1968, 102/1977, 641/1987, 24/1993 e 385/1996), per fornire, nell’esclusiva prospettiva della legalità, un’interpretazione delle norme contabili che contribuisca alla certezza del diritto.

Peraltro, come per le “le altre forme di collaborazione” previste dalla legge, tale funzione contribuisce a fornire elementi di cognizione strumentali al miglior esercizio della discrezionalità, operando scelte legittime e quindi adeguate e ponderate.

Pertanto, la funzione consultiva è “collaborativa” nel senso di promuovere e perseguire gli obiettivi di legge e quindi il principio di legalità, attraverso la “certezza” del diritto; non va peraltro intesa nel senso di costituire una forma di co-gestione, estesa all’area di valutazione riservata all’amministrazione, nell’ottica del raggiungimento di risultati più efficienti, efficaci ed economici. Si tratta, infatti, di aspetti relegati al merito dell’azione amministrativa che possono essere valutati dalla Corte solo nei casi espressi di legge (art. 3, comma 4, L. n. 20/1994).

AMMISSIBILITA’ SOGGETTIVA

Riguardo all’individuazione dell’organo legittimato ad inoltrare le richieste di parere dell’ente comunale, si osserva che il sindaco del comune è l’organo istituzionalmente legittimato a richiedere il parere in quanto riveste il ruolo di rappresentante dell’ente ai sensi dell’art. 50 T.U.E.L.

Pertanto, la richiesta di parere è ammissibile soggettivamente poiché proviene dall’organo legittimato a proporla.

AMMISSIBILITA’ OGGETTIVA

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Con riferimento alla verifica del profilo oggettivo, derivano direttamente dalla natura della funzione consultiva di diritto delineata dalla legge i seguenti limiti di ammissibilità:

- resta esclusa qualsiasi forma di cogestione o coamministrazione con l’ente che richiede il parere (cfr. per tutte: SRC Lombardia, n. 36/2009/PAR);

- la funzione consultiva non può interferire in concreto con competenze di altri organi giurisdizionali o con le funzioni di legittimità-regolarità di questa Corte, che presuppongono la disamina diretta del caso concreto.

Per quanto attiene invece ai limiti che derivano dalla circoscrizione della funzione alla c.d.

“contabilità pubblica”, le Sezioni riunite, in sede di controllo, di questa Corte, con una pronuncia ai sensi dell’art. 17, comma 31 del del D.L. 1° luglio 2009, n. 78 (conv. Legge 3 agosto 2009, n. 102), hanno in linea generale affermato che tale nozione riguarda il “sistema di principi e di norme che regolano l’attività finanziaria e patrimoniale dello Stato e degli enti pubblici”, da intendersi in senso dinamico anche in relazione alle materie che incidono sulla gestione del bilancio e sui suoi equilibri (deliberazione n. 54, in data 17 novembre 2010).

Pertanto, la nozione di contabilità pubblica va conformandosi all’evolversi dell’ordinamento, seguendo anche i nuovi principi di organizzazione dell’amministrazione, con effetti differenziati, per quanto riguarda le funzioni della Corte dei conti, secondo l’ambito di attività.

Con specifico riferimento alla richiesta oggetto della presente pronuncia la Sezione osserva che essa rientra nella materia della contabilità pubblica, poiché attiene alla disciplina dei principi contabili del D.lgs. n. 118/2011 e delle norme sulla gestione del bilancio di cui al TUEL.

La richiesta di parere in esame risponde ai requisiti indicati sopra e, pertanto, è da ritenere ammissibile e può essere esaminata nel merito.

MERITO

1. Come noto, il bilancio costituisce uno degli snodi essenziali dell’organizzazione amministrativa attraverso cui si forniscono le provviste di funzionamento degli uffici, in vista della realizzazione di politiche pubbliche; esso quindi è soggetto al principio di legalità ai sensi dell’art.

97 comma 2 Cost. Il bilancio, pertanto, è il luogo del bilanciamento degli interessi e per definizione della discrezionalità amministrativa, la quale deve essere esercitata “secondo disposizioni di legge”, legge che disciplina modalità di funzionamento e gestione di tale strumento (D.lgs. n.

118/2011). Sebbene il primario limite di legge, con fondamento costituzionale, sia ovviamente costituito dal precetto dell’equilibrio (art. 97 comma 1 Cost., C. Cost. sentenza n. 192/2012), talvolta la discrezionalità viene limitata anche sul piano degli obiettivi, in quanto la realizzazione di predeterminati programmi di spesa, opere o servizi è definito e si impone al bilancio in base a

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disposizioni di legge statale, regionale o addirittura, in base a precetti dell’ordinamento comunitario (art. 117 comma 1 Cost.). In tali ipotesi l’obiettivo costituisce un parametro di efficacia dell’azione amministrativa, «di modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione» e rispetto al quale vanno verificate i risultati e approntati rimedi. Il sistema normativo di bilancio consente di effettuare tali controlli e di approntare rimedi sulla base della disciplina dei “vincoli”, di competenza e per cassa, e dei relativi fondi sul risultato di amministrazione.

In buona sostanza, a mezzo della provvista vincolata, la contabilità finanziaria (declinata in entrate e spese) come la contabilità economica (declinata in costi e ricavi e correlate manifestazioni finanziarie) è in grado di rappresentare l’esito (l’output) dell’azione amministrativa, consente cioè di sapere se e quali sono stati gli “impieghi” delle fonti di finanziamento e, in modo correlato, se è stato realizzato lo scopo (in contabilità economica, l’oggetto sociale).

Tali obiettivi vengono perseguiti tramite una disciplina di bilancio che deroga, parzialmente, al principio di unità (D.lgs. n. 118/2011, All. 1, § 2): come è noto, infatti, la «singola amministrazione pubblica è una entità giuridica unica e unitaria, pertanto, deve essere unico e unitario sia il suo bilancio di previsione, sia il suo rendiconto e bilancio d’esercizio.

È il complesso unitario delle entrate che finanzia l’amministrazione pubblica e quindi sostiene così la totalità delle sue spese durante la gestione. Le entrate in conto capitale sono destinate esclusivamente al finanziamento di spese di investimento.

I documenti contabili non possono essere articolati in maniera tale da destinare alcune fonti di entrata a copertura solo di determinate e specifiche spese, salvo diversa disposizione normativa di disciplina delle entrate vincolate».

La provvista (e la spesa) vincolata integra l’eccezione di cui all’ultimo paragrafo della norma citata. Segnatamente, per mezzo delle entrate e delle spese vincolate la contabilità pubblica consente di controllare (tramite il bilancio autorizzatorio) e rappresentare (tramite specifici obblighi contabili) la concreta realizzazione di un “programma” o di un obiettivo di spesa (da verificare a consuntivo), improntando la gestione non solo all’equilibrio (art. 81 Cost.), all’efficienza e all’economicità, bensì anche all’efficacia dell’azione amministrativa, cioè, vale a dire, alla verifica ed attuazione di specifici obiettivi di legge corrispondenti a programmi di spesa, ad opere e servizi (art. 97 Cost.). Si tratta, per tali ragioni di spesa il cui finanziamento è obbligatorio e prioritario e, di frequente, costituzionalmente necessario, in quanto sovente collegata ai livelli essenziali delle prestazioni (art. 117, comma 2, lett. m Cost.).

La manifestazione finanziaria di risorse (fonti) viene così posta in relazione diretta alla realizzazione di un determinato oggetto, vale a dire una spesa di particolare e primaria rilevanza;

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tale correlazione deve essere oggetto di rappresentazione in bilancio (di qui la deroga al principio di unità), a garanzia dell’efficacia dell’azione amministrativa.

In buona sostanza, la disciplina di bilancio in materia di vincoli contabili costituisce uno dei punti focali del sistema, in quanto rende effettivo il bilanciamento di valori che, attraverso la legge, è stato effettuato, individuando spese primarie e obbligatorie per la pubblica amministrazione, e proprio in quest’ottica, è necessario che sia verificato il principio dell’equilibrio e l’effettiva provvista per la loro esecuzione (art. 97, comma 1 Cost.).

Per altro verso, come si evince dallo stesso principio sopra citato, occorre distinguere destinazione “generica” (corrispondenti, sul risultato di amministrazione ai c.d. fondi destinati ad investimenti) e vincolo “specifico” corrispondente ai c.d. “fondi vincolati” (cfr. Sezione Autonomie n. 31/2015/INPR).

Nel primo caso la destinazione opera solo in termini di saldo, in fase di ricostruzione degli equilibri complessivi (art. 97 comma 1 Cost.), richiedendo la legge (art. 187 TUEL e art. 42 D.lgs. n.

118/2011) la verifica, sul risultato di amministrazione, della congruità tra risorse destinate ad investimenti e spesa e la utilizzabilità in entrata di tale risorse (ove presenti o ripristinate tramite l’applicazione integrale del disavanzo) solo dopo il loro accertamento a consuntivo.

Nel caso delle entrate “vincolate” la disciplina deroga invece in modo netto al principio di unità, infatti: a) da un lato, nel bilancio di previsione è possibile applicare la quota vincolata (ove corrispondente a risorse non ancora “consumate”) a finanziamento della specifica spesa finanziata, anche se la stessa quota è ancora solo presunta (e non è stata “riaccertata” in sede di consuntivo);

per altro verso, b) affinché sia realizzato lo specifico programma di spesa (o addirittura opera o servizio) individuato per legge (art. 97 comma 2 Cost.), in fase di gestione e consuntivo, sussiste un obbligo costante di preservare la provvista ed eventualmente di ricostituirla; ciò al fine di evitare che al momento della successiva programmazione si debba constatare l’intervenuta

“consumazione” delle risorse o anche solo una grave e stabile indisponibilità di cassa che possa determinare lo stallo o impedire la realizzazione dell’opera (ad esempio, per il rischio di andare incontro ad eccezioni di inadempimento da parte dei creditori ex art. 1461 c.c. ovvero per l’impossibilità di finanziare successivi stati di avanzamento dei lavori).

Il vincolo impresso sulla risorsa, dunque, non riguarda solo il credito, ma, a maggior ragione, la provvista liquida che si forma a valle dell’incasso ed impone una speciale e sostanziale verifica degli equilibri, in particolare, chiede di verificare che le disponibilità di tesoreria ed i crediti siano capienti al lordo di tali vincoli, che devono all’uopo essere registrati man mano che si procede ad accertamento ed incasso.

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In proposito, giova evidenziare la necessità che tale equilibrio sussista non solo per competenza (delta tra debiti e crediti), ma anche per cassa, emerge da numerosi indici normativi.

In primo luogo, l’art. 162, comma 1, TUEL, richiede che il bilancio di previsione, da approvare in pareggio, deve contenere sia le previsioni di competenza che quelle di cassa (sebbene limitatamente al primo anno); in secondo luogo, l’ordinamento contabile, nello specificare il tipo di equilibrio che il bilancio di previsione deve assicurare (art. 42, comma 1 D.lgs. n. 118/201, art. 9 L.

n. 243/2012, nonché art. 162 comma 6 TUEL) chiede espressamente che tale equilibrio sussista per cassa e si esprima in un “saldo” e in un fondo cassa finale “non negativo”.

Sebbene la cassa sia un bene della vita che per definizione può sussistere o mancare (esprimendo valori nulli o positivi), evidentemente, il Legislatore, così esprimendosi, ha ammesso che essa possa essere “virtualmente” negativa per effetto di eventi che possono avere eroso la sua consistenza “qualitativa”, in base a specifici obblighi contabili.

Tale equilibrio deve essere quindi “sostanziale” nel senso che, da un lato, deve essere assicurata la congruenza tra flussi di entrata e di uscita, dall’altro, la sua consistenza media deve essere tale da evitare un ricorso stabile a liquidità di terzi ovvero a risorse vincolate a specifici fini.

Infatti, essendo la cassa, sostanzialmente, una grandezza di flusso, e potendo per sua natura registrare temporanei disallineamenti tra flussi in entrata ed in uscita, la contabilità pubblica ammette il temporaneo ricorso ad entrate ad altro destinate e alla anticipazione di tesoreria per tamponare fisiologici o imprevisti disallineanti dell’esigibilità di accertamenti e impegni (cfr. C.

cost. n. 188/2014, con riferimento all’istituto eccezionale dell’anticipazione di tesoreria).

Quando però il disallineamento non ha più carattere temporaneo e si manifesta come stabile, occorre attivare le specifiche misure di salvaguardia imposte dal precetto costituzionale dell’equilibrio di bilancio. La necessità di siffatte misure di salvaguardia va quindi valutata in base al tempo e alla dimensione dello squilibrio (Sez. Autonomie, n. 16/2012/INPR, spec. sezione prima, punto 3.3 e SRC Campania n. 53/2016/PRSP).

Infatti, l’art. 193 del TUEL stabilisce che: «Gli enti locali rispettano durante la gestione e nelle variazioni di bilancio il pareggio finanziario e tutti gli equilibri stabiliti in bilancio per la copertura delle spese correnti e per il finanziamento degli investimenti, secondo le norme contabili recate dal presente testo unico, con particolare riferimento agli equilibri di competenza e di cassa di cui all'art. 162, comma 6».

Quindi, ove la mancata ricostituzione di entrate non sia dipendente da fatti contingenti od occasionali, ma risulti dovuta ad una strutturale deficienza di cassa nel tempo, l’ente è comunque obbligato a recuperare le risorse vincolate stabilmente mancanti con idonee misure correttive, per garantire che allo stanziamento e all’impegno di nuova spesa (primaria, obbligatoria e, come si è

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detto, spesso costituzionalmente necessaria) sia assicurata copertura effettiva nonché sostenibilità finanziaria (attraverso la necessaria liquidità e l’equilibrio di cassa).

Ciò tanto più nell’attuale sistema dove non è infrequente che, a causa di frequenti e diffuse norme che consentono di spalmare il disavanzo in archi temporali dilatati, tale istituto non sia in grado di svolgere la funzione recuperatoria e di tutela degli equilibri che svolge nel sistema della contabilità finanziaria.

In estrema sintesi, alla luce dei principi e delle norme sopra riportati, i crediti, ma anche le somme incassate sulla provvista vincolata, senza determinare una gestione extra-bilancio, determinano una vera e propria gestione “separata” all’interno del bilancio medesimo, per competenza (intesa come rapporto tra debiti e crediti) ma anche per cassa. Esemplificando, gli obblighi che contrassegnano tale gestione separata si possono così declinare: in termini attivi, sussiste l’obbligo di destinare il credito accertato ed il relativo incassato a copertura e adempimento della spesa specifica e, in termini passivi, occorre “vincolare” le risorse non utilizzate (le economie) alla copertura della spesa programmata e in caso di utilizzo delle somme già incassate ad altro scopo (e correlata incapienza del fondo cassa rispetto al vincolo) sussiste un obbligo di ripristinare, anche per cassa, la provvista per la spesa primaria, a garanzia della realizzazione del pagamento dell’opera a specifica destinazione.

2. Nella disciplina degli enti locali tale corollario “passivo” (l’obbligo di rispristino di risorse già incassate e destinate ad una specifica spesa) ha avuto un riconoscimento espresso nell’art. 195 TUEL, ed è stato posto in relazione non solo a particolari obblighi procedurali e formali, ma anche in funzione dei limiti alle anticipazioni di tesoreria.

Infatti, proprio perché le somme vincolate ed incassate sono “virtualmente” oggetto di una gestione separata, esse, ove utilizzate ad altro scopo, da un lato, devono essere ricostituite, dall’altro, possono essere considerate “anticipazioni” verso sé stessi sulla riscossione di entrate generiche.

L’impiego di somme a specifica destinazione, del resto, è spesso fisiologica espressione del diverso tempo di smaltimento dei residui attivi e passivi e della necessità di evitare il ricorso non necessario all’anticipazione di tesoreria, con inutile aggravio di costi. Cionondimeno, come nel caso di prolungato utilizzo di anticipazioni di cassa, il ricorso ad entrate a specifica destinazione, non ricostituite nei termini di legge, può essere indice di un latente squilibrio di bilancio, affetto dalla probabile sussistenza di entrate accertate, ma ineffettive, la cui mancata riscossione impedisce di ricostituire un fondo cassa sufficientemente capiente a ripristinare la provvista vincolata.

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Inoltre, considerato che una parte importante della cassa vincolata, per gli enti locali, è rappresentata da mutui di scopo, l’utilizzo stabile di entrate a specifica destinazione in modo costante e prolungato, potrebbe essere di fatto un modo di destinare l’indebitamento, in modo stabile e surrettizio, a spesa non avente carattere di investimento, violando l’art. 119, comma 6, Cost.

Per questa ragione, con una disposizione specifica solo per gli enti locali, si prevede, ai sensi dell’art. 195 TUEL, in combinato disposto con l’art. 222 TUEL, che il limite alle anticipazioni di tesoreria previsto per tali enti venga “cumulato” per legge col monte delle utilizzazioni delle entrate a specifica destinazione, onde evitare che le risorse provenienti da mutui o altre forme di indebitamento vegano stabilmente impiegati per spesa corrente (o comunque non di investimento).

In ragione della peculiare finalità delle soprarichiamate previsioni di legge, e segnatamente del combinato disposto dell’art. 195 e 222 TUEL, e solo in tale ottica, correttamente, Sezione Autonomie (deliberazione n. 31/2015/INPR) ha affermato che le “entrate accertate straordinarie, non aventi natura ricorrente” che sono state “auto” vincolate con atto amministrativo, in base alla disposizione di legge dell’art. 187 comma 3-ter TUEL lett. d) – in quanto non rischiano di realizzare un’elusione del divieto dell’art. 119, comma 6 Cost. – non ricadono nella peculiare disciplina del cumulo di cui sopra, fermo restando quanto sopra precisato ai fini della verifica e mantenimento degli equilibri.

Le norme passate in rassegna, dunque, costituiscono parametri di legalità finanziaria e, nel caso degli enti locali, rispondono alla duplice esigenza di: a) garantire un’azione amministrativa efficace (art. 97, comma 2, Cost.); b) evitare l’indiretto aggiramento del divieto di destinazione di mutui a spese diverse da quelle di investimento (art. 119, comma 6, Cost.). Per tale ragione, l’obbligo di predisporre scritture ed organizzazione contabile che assicurino la puntuale rappresentazione del grado di utilizzo di entrate vincolate e, eventualmente, la misura dell’obbligo di ripristino delle stesse, è stato espressamente disciplinato e “tipizzato” – con riguardo agli enti locali – in occasione dell’emanazione D.lgs. n. 118/2011. Per tali enti, infatti, a differenza che per le regioni, le risorse vincolate hanno origine prevalentemente creditizia (cfr. SRC Campania n.

285/2016/PARI e n. 65/2017/PARI), ponendo problemi di rispetto della citata golden rule.

Segnatamente il D.lgs. n. 118/2011 ha approntato una disciplina “tipica” di trasparenza e rappresentazione dei flussi in entrata ed in uscita delle entrate vincolate che coinvolge anche la cassa e quindi il tesoriere, per rendere omogenei (e rispondenti ad uno standard minimo di sicurezza e certezza contabile) adempimenti prima “atipici”, tuttavia già richiesti dai generali principi dell’ordinamento contabile.

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Il D.lgs. n. 118/2011, per dare evidenza certa ad eventuali utilizzi non ripristinati di entrate vincolate, ha chiesto, innanzitutto, venisse definito lo stock iniziale delle entrate vincolate in cassa, su cui effettuare le successive registrazioni in uscita ed in entrata.

Tale determinazione inziale è avvenuta in occasione del riaccertamento straordinario «con determinazione del responsabile finanziario, per un importo non inferiore a quello risultante al tesoriere e all’ente alla data del 31 dicembre 2014, determinato, dalla differenza tra i residui tecnici al 31 dicembre 2014 e i residui attivi riguardanti entrate vincolate alla medesima data» (D.lgs. n. 118/2011, All. 4/2, § 10.6).

Successivamente, tanto gli enti locali quanto i tesorieri sono tenuti ad uno scambio di informazioni volto a determinare continuamente l’ammontare vincolato della cassa di “fatto”

(liquidità sui conti di tesoreria) e di “diritto” (liquidità sul registro dell’ente in base ai pagamenti e agli incassi autorizzati) e l’eventuale incapienza della stessa.

Per quanto concerne l’ente locale, esso deve fornire al tesoriere degli specifici input informativi tramite un sistema “nominato” di autorizzazioni all’incasso e al pagamento: ai sensi degli artt.

all’art. 180, comma 3, lettera d) e 185, comma 2, lett. i), deve essere indicato in ciascun ordine di incasso l’eventuale vincolo “di destinazione delle entrate derivanti da legge, da trasferimenti o da prestiti” e in ciascun mandato di pagamento il rispetto degli eventuali “vincoli di destinazione stabiliti per legge”.

Il tal modo il tesoriere è in grado di potere effettuare registrazioni in entrata e in uscita rispetto allo stock iniziale di cassa vincolata e, conseguentemente, di potere distinguere la liquidità sul conto (cassa di fatto), in un dato momento, in quota libera e vincolata (D.lgs. n. 118/2011, All. 4.2, § 10.2).

Peraltro, il tesoriere che riceve un mandato regolarmente emesso o che deve eseguire un pagamento a norma di legge, ove constati una deficienza di cassa libera al momento del pagamento, da un lato provvede automaticamente all’utilizzo delle risorse vincolate per le spese

“libere” disposte dall’ente, dall’altro provvede alla formazione di apposite «carte contabili» di entrata e di spesa, che il tesoriere trasmette, in primo luogo, al SIOPE utilizzando gli appositi codici provvisori, previsti a tal fine («Pagamenti/incassi da regolarizzare per utilizzo di incassi vincolati ai sensi dell'art. 195 TUEL»).

A sua volta, queste informazioni sui “sospesi” vengono rese all’ente dominus con un feed-back mensile e di chiusura esercizio (D.lgs. n. 118/2011, All. 4.2, § 10.2 e ss. nonché § 10.8), affinché esso proceda alle registrazioni di tali informazioni nella propria contabilità “in conto terzi”.

Segnatamente l’ente locale provvede a “versare” in entrata (accertando e incassando) e ad annotare in uscita (impegnando e pagando), in apposite “partite di giro”, le somme vincolate consumate ad atro titolo. Nello specifico, esso versa su “Destinazione incassi vincolati a spese

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correnti ai sensi dell’art. 195 del TUEL” (E.9.01.99.06.001) e paga su “Utilizzo incassi vincolati ai sensi dell’art. 195 del TUEL” (U.7.01.99.06.001). In fase di reintegro, si attiva analoga e parallela coppia di scritture, segnatamente si accerta/incassa e si impegna/paga su “Reintegro incassi vincolati ai sensi dell’art. 195 del TUEL” (E.9.01.99.06.002) e “Destinazione incassi liberi al reintegro incassi vincolati ai sensi dell’art. 195 del TUEL” (U.7.01.99.06.002).

Raffrontando, per differenza, le due coppie di scritture (e i loro saldi), mensilmente ed a fine anno, è possibile stabilire se l’utilizzo, per cassa, è superiore o pari al reintegro e in che misura l’ente deve provvedere a ricostituire le risorse vincolate, definendo il quantum dello squilibrio di cassa.

3. Con riguardo al primo quesito, appare dunque evidente che per il tesoriere oggi sussistono obblighi informativi-contabili “tipici”, ossia strumentali al mantenimento degli equilibri per cassa e quindi di una provvista di cassa capiente rispetto ai vincoli; tali obblighi sono connaturati al munus in cui consiste il servizio di tesoreria.

Quello di tesoreria, infatti è un servizio, per legge, a “esternalizzazione necessaria”, destinato a soggetti scelti tra quanti dotati di una particolare qualificazione professionale (art. 208 TUEL) e che consiste «nel complesso di operazioni legate alla gestione finanziaria dell'ente locale e finalizzate in particolare alla riscossione delle entrate, al pagamento delle spese, alla custodia di titoli e valori ed agli adempimenti connessi previsti dalla legge, dallo statuto, dai regolamenti dell'ente o da norme pattizie».

La ratio dell’esternalizzazione necessaria e della concentrazione su un solo soggetto del servizio di tesoreria è quella di realizzare un contraddittorio organizzativo con il concedente a migliore garanzia dell’effettività del rispetto di alcuni fondamentali vincoli di finanza pubblica (cfr. C. cost.

n. 188/2014, § 3.1. in diritto). Infatti, spetta al tesoriere di vigilare sul rispetto del sistema dei vincoli di cui all’art. 195 TUEL (entrate a specifica destinazione) e sui limiti complessivi alle anticipazioni di cui all’art. 222 TUEL; nonché, tra le altre cose, sulla congruità degli ordinativi rispetto agli stanziamenti e sul rispetto dei vincoli di destinazione (art. 185 TUEL).

Si tratta di obblighi contabili strumentali ad obblighi primari e sostanziali, già previsti per legge ed anteriori al D.lgs. n. 118/211 che quindi non hanno determinato alcun aggravio rispetto ad oneri e a risultati informativi comunque già dovuti, sia pure in forma atipica. Il Legislatore, infatti, come detto, si è limitato a codificare, per gli enti locali, un sistema standard per la rilevazione dell’erosione delle risorse vincolate e della connessa “misura” dell’obbligo di ricostituzione.

Mentre sul tesoriere sussistono solo obblighi informativi, per l’ente locale, in ragione di tali informazioni, sussistono connessi obblighi conformativi degli equilibri e la necessità di eventuali misure di salvaguardia laddove la gestione di bilancio programmata si riveli incapace di

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ripristinare gli stessi, anche per effetto delle continue norme che consento di spalmare il disavanzo in più anni.

4. Tanto premesso, con riguardo al secondo quesito, appare evidente che gli obblighi informativi posti dalla legge in capo al tesoriere, nella materia di che trattasi, costituiscono oggetto naturale e necessario della prestazione complessa in cui consiste il “servizio di tesoreria” e che richiede una professionalità specifica tipica del settore finanziario.

Va da sé, del resto, che l’utilizzo della cassa vincolata non ha un onere “da tasso di interesse” in quanto il tesoriere non assolve la funzione di finanziatore dell’utilizzazione. Pertanto non può applicarsi a tale servizio informativo, per estensione, lo stesso criterio di “retribuzione” previsto per l’utilizzo di anticipazioni di tesoreria, in quanto non si utilizza danaro anticipato dal tesoriere ma la propria stessa liquidità, per quanto corrispondente a cassa vincolata.

Di converso questo non esclude che gli oneri informativi e organizzativi sopra descritti possano generare costi generali di gestione (tenuta del conto, informazioni sui flussi delle entrate vincolate, ora tipizzate ai sensi del D.lgs. n. 118/2011), ma che, data la natura del munus, sono una componente implicita della prestazione dovuta, che viene valutata al momento dell’offerta della propria prestazione e della stipula della convenzione di tesoreria. Tanto più se il servizio è stato affidato in data successiva all’entrata in vigore della riforma del D.lgs. n. 118/2011.

Per tale ragione, il compenso offerto e stabilito contrattualmente al momento dell’affidamento del servizio non può che ricomprendere già tutti i rischi ed i presumibili oneri prestazionali derivanti da una attività la cui complessità tecnica ha in sé l’alea di servizi accessori, secondari ed impliciti, fatti salvi i rimedi previsti dal codice civile in caso di dimostrata eccessiva onerosità sopravvenuta.

P.Q.M.

nelle sopra esposte considerazioni è il parere di questa Sezione.

Copia della presente deliberazione sarà trasmessa, per il tramite della Segreteria del Servizio di supporto, all’Amministrazione interessata.

Così deliberato in Napoli, nella camera di consiglio del 18 aprile 2018

L’Estensore Il Presidente

Francesco Sucameli Giovanni Coppola

Depositata in Segreteria il 18 aprile 2018

Il Direttore della Segreteria Dott. Mauro Grimaldi

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