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LA PRoGETTAZIoNE E LA REALIZZAZIoNEDELLE AFI 3

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LA PRoGETTAZIoNE E LA REALIZZAZIoNE DELLE AFI

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FORESTALI DI INFILTRAZIONE (AFI)

Indice

Autori

3 La progettazione e la realizzazione delle AFI

3.1 Introduzione ... pag. 25

3.2 La progettazione del sistema di scoline ... » 25

3.2.1 L’organizzazione spaziale e la modalità di funzionamento ... » 25

3.2.2 Il collegamento con il sistema irriguo esistente ... » 26

3.2.3 La stagionalità di funzionamento del sistema ... » 26

3.3 La progettazione dell’impianto forestale ... » 27

3.3.1 L’individuazione del sito d’impianto ... » 27

3.3.2 La scelta del tipo di specie da mettere a dimora .... » 27

3.3.3 La scelta del sesto d’impianto e del turno di raccolta dell’arboreto ... » 29

3.3.4 La realizzazione delle lavorazioni del terreno e della pacciamatura ... » 30

3.3.5 La messa a dimora della piantagione ... » 31

3.3.6 La realizzazione delle cure colturali ... » 31

3.4 Il finanziamento delle AFI all’interno del PSR Veneto 2007–13 ... » 32

3.5 Gli impianti sperimentali pilota ... » 32

3.5.1 Impianto Schiavon 1 (VI) ... » 32

3.5.2 Impianto Schiavon 2 (VI) ... » 34

3.5.3 Impianto Tezze sul Brenta 1 (VI) ... » 36

3.5.4 Impianti Marostica 1 e Pozzoleone 1 (VI) ... » 37

Luigi Barella (Veneto Agricoltura)

Umberto Niceforo (Consorzio di Bonifica “Brenta”)

Foto apriporta Crescita del soprassuolo in un’AFI quinquennale polispecifica

Fonte: Veneto Agricoltura

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3. LA PROGETTAZIONE E LA REALIZZAZIONE DELLE AFI

3.1 Introduzione

La progettazione delle “Aree Forestali di Infiltrazione” (AFI) deve puntare a massimizzare le funzioni ambientali ed eco- nomico–produttive richieste a questi impianti. Inoltre deve essere finalizzata a organizzare la superficie del terreno in modo tale da permettere la coltivazione di una coltura “ad hoc” e sfruttare il più possibile l’elevato tasso di infiltrazio- ne che contraddistingue questi suoli, allo scopo di provve- dere alla ricarica delle falde idriche.

L’infrastrutturazione e la successiva gestione delle AFI de- vono seguire e rispettare una serie di principi di tipo idrau- lico, ambientale, agronomico e selvicolturale, che tra loro devono essere strettamente interconnessi.

3.2 La progettazione del sistema di scoline

In questo ambito gli aspetti tecnici da prendere in conside- razione sono:

– la configurazione e l’organizzazione spaziale del siste- ma di scoline;

– la modalità di funzionamento del sistema;

– il collegamento col sistema irriguo esistente;

– la stagionalità del funzionamento.

Tutti questi aspetti vanno correlati al tipo di suoli presenti nelle aree in cui si propone la realizzazione delle AFI, te- nendo conto delle peculiarità e delle caratteristiche pedo- logiche legate al loro profilo e alla loro struttura e tessitura.

3.2.1 L’organizzazione spaziale e la modalità di funzionamento

I terreni dell’alta pianura nei quali si ipotizza la realizzazio- ne delle AFI hanno una naturale pendenza che si aggira mediamente attorno al 4-5 per mille.

Tale naturale pendenza deve essere sfruttata ai fini dei pro- cessi di infiltrazione: l’acqua deve essere portata presso i punti più alti degli appezzamenti per poi essere distribuita facendola scorrere lungo le linee di massima pendenza.

Lo scorrimento non avviene lungo tutta la superficie del ter- reno, ma deve essere canalizzato lungo una serie di scoline parallele, appositamente collegate tra loro a costituire un unico sistema idraulico.

Queste canalette devono essere distribuite in maniera uni- forme su tutto il terreno interessato dall’AFI e devono es- sere organizzate “a pettine”, con un interasse compreso tra 7-8 m.

3 La progettazione e la realizzazione delle AFI

Per quanto riguarda le dimensioni di queste scoline, la loro profondità deve essere compresa tra 70-80 cm; me- diamente anche la loro larghezza deve attestarsi su questi valori (Fig. 3.1 e Fig. 3.2).

Figura 3.1 – Particolare della sezione di una scolina.

Figura 3.2 – Dimensionamento del reticolo delle scoline.

Dimensionamento delle scoline di un’AFI:

– profondità media: 70-80 cm (A);

– sezione geometrica: trapezoidale;

– larghezza delle scoline a livello del piano di campagna:

70-80 cm (B);

– larghezza delle scoline alla base: 30-40 cm (C);

– distanza fra l’interasse delle scoline: 7-8 m (D).

B

C D

A

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FORESTALI DI INFILTRAZIONE (AFI)

delle acque, allo scopo di permettere l’alimentazione del sistema di scoline irrigue nei periodi dell’anno dedicati al processo di infiltrazione e di ricarica delle falde.

3.2.3 La stagionalità di funzionamento del sistema

Durante la stagione vegetativa delle colture agrarie tutta la risorsa idrica deve essere destinata all’irrigazione delle stesse, essendo questo l’uso prioritario.

Questo influenza in modo determinante la stagionalità di funzionamento delle AFI per quanto riguarda l’attivazione della funzione di infiltrazione: lo scorrimento dell’acqua lungo le scoline avviene nella stagione non irrigua, nel pe- riodo che va da settembre-ottobre ad aprile-maggio (Fig.

3.3), sempre qualora la derivazione dell’acqua dai fiumi non comprometta il raggiungimento degli obiettivi ambien- tali previsti dai Piani di Gestione redatti ai sensi della Diret- tiva 2000/60/CE.

È inoltre necessario sospendere l’infiltrazione idrica nelle AFI in occasione di morbide o piene fluviali, per evitare che l’abbondante materiale solido trasportato dalle acque in tali situazioni possa depositarsi lungo le scoline, riducen- done o annullandone la capacità disperdente.

Figura 3.3 – Scorrimento dell’acqua lungo le scoline nel periodo invernale.

Mediamente l’alimentazione delle scoline avviene pertanto per circa 200-250 giorni/anno. La lunghezza di questo pe- riodo è strettamente legata allo specifico andamento me- teorologico annuo: anni più piovosi possono indurre periodi più lunghi di attivazione delle aree di infiltrazione.

Nel successivo capitolo 4 della presente pubblicazione si descrive e si quantifica la capacità di infiltrazione dei siste- mi delle AFI facendo riferimento ai dati desunti dai primi impianti pilota (secondo le stime effettuate nell’ambito dei Progetti Democrito e RiduCaReflui).

Questa modalità di organizzazione spaziale dello scorri- mento dell’acqua comporta una serie di vantaggi:

– le scoline sono tutte raccordate in testa e in coda;

– il fondo delle canalette riesce a toccare gli strati for- temente permeabili che si trovano al di sotto dell’oriz- zonte agrario superficiale, massimizzando il fenomeno dell’infiltrazione;

– la superficie del terreno è sempre libera e percorribi- le, permettendo un’agevole movimentazione dei mezzi meccanici lungo gli appezzamenti di terreno separati dalle scoline stesse.

Sulla base delle dimensioni precedentemente indicate, per ogni ettaro di superficie destinata alla messa a dimora di un’AFI nel complesso vengono scavati 1.400-1.600 m di scoline con andamento normale rispetto alle isoipse.

Per la realizzazione di questo reticolo solitamente si usano scavatori con benna trapezoidale. Queste macchine sono inoltre periodicamente utilizzate per eliminare dal fondo delle scoline stesse i sedimenti e i detriti che si depositano nel tempo.

Il turno di pulizia delle scoline coincide con il turno di utiliz- zazione del ceduo coltivato negli appezzamenti tra le cana- lette stesse: tale turno nei vari casi può essere pari a 2-3 anni (ceduo a turno molto breve) o meglio a 5 anni (ceduo a turno breve).

Successivamente all’asportazione del soprassuolo arboreo epigeo infatti la superficie degli appezzamenti è libera e consente il passaggio delle macchine dedicate alle opera- zioni di manutenzione e pulizia delle canalette.

Nella realizzazione del sistema di scoline è fondamentale che il loro fondo sia sommerso in modo permanente lungo tutto il profilo longitudinale e che dalla parte terminale non vi sia tracimazione.

Il flusso di acqua in entrata nel sistema di scoline deve es- sere regolato mediante una paratia o una saracinesca: il volume d’acqua in entrata deve essere perfettamente do- sato in modo da invasare e infiltrare la massima quantità, senza indurre tracimazioni, e da massimizzare la superficie di terreno attraverso cui avviene l’infiltrazione stessa.

In caso di elevata pendenza dell’appezzamento può essere utile creare dei salti di fondo nelle scoline tramite appositi manufatti.

3.2.2 Il collegamento con il sistema irriguo esistente

Il sistema di canalette che contraddistingue un’AFI deve essere in stretta connessione con la locale rete irrigua, che normalmente è sempre già esistente in tutte le aree rurali dell’alta pianura. La necessità di tale rete irrigua è da ricon- dursi al fatto che queste zone presentano suoli fortemente drenanti, aventi una matrice litologica piuttosto grossola- na, e sono caratterizzati da una forte domanda di acqua nella stagione vegetativa da parte delle colture agrarie.

La collaborazione con il personale delle locali autorità con-

sortili è determinante per regolare i sistemi di derivazione

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3. LA PROGETTAZIONE E LA REALIZZAZIONE DELLE AFI

3.3 La progettazione dell’impianto forestale

La superficie del terreno su cui si infrastruttura il sistema idraulico di scoline è inoltre interessata dalla messa a di- mora di un impianto forestale.

Tali popolamenti contribuiscono ad aumentare il tasso di infiltrazione dell’acqua nel terreno, per effetto dell’azione degli apparati radicali delle piante stesse.

La biomassa ipogea è inoltre di importanza fondamentale per attivare l’“effetto tampone” nel caso l’AFI venga utilizza- ta anche per la distribuzione di reflui zootecnici e digestati.

Infine, fornendo una produzione periodica e costante di bio- massa legnosa (nella forma di legna da ardere o di legno cippato), che può essere utilizzata a scopo energetico per alimentare moderni impianti termici, queste aree vengono a costituire un’interessante fonte di reddito per i proprietari dei terreni.

Tali sistemi possono svolgere altre funzioni di tipo ambien- tale:

– fissazione della CO

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: sottrazione dell’anidride carbonica presente nell’atmosfera e accumulo del carbonio nella biomassa delle piante stesse;

– rifugio per la fauna selvatica: la creazione di aree fore- state aumenta la biodiversità del paesaggio e contribui- sce a creare nicchie e corridoi ecologici presso cui l’avi- fauna e la fauna selvatica possono trovare nido, riparo, alimentazione.

Le piantagioni si configurano principalmente come cedui a turno breve o molto breve, detti impianti di Short Rotation Forestry (SRF): si tratta di piantagioni arboree a densità d’impianto elevata o molto elevata, governate a turni mol- to ridotti (in genere compresi tra 2-5 anni) e destinate alla produzione di biomasse legnose a fini energetici.

La progettazione, la realizzazione e la successiva gestione del popolamento di SRF devono seguire un preciso proto- collo colturale, che tenga conto del tipo di terreno in cui si opera, valuti le specie più idonee da mettere a dimora, ese- gua tutte le operazioni colturali con la massima efficienza tecnico-economica, in particolare per quanto riguarda l’or- ganizzazione e l’effettuazione delle fasi di raccolta, esbo- sco e prima trasformazione della biomassa legnosa otteni- bile dalle periodiche ceduazioni di fine turno (vedi cap. 6).

Il protocollo tecnico-colturale per la realizzazione dell’im- pianto di SRF all’interno di un’AFI prevede una sequenza di più fasi:

– analisi e individuazione del sito d’impianto;

– scelta del tipo di specie da mettere a dimora;

– scelta del sesto d’impianto e del turno di raccolta dell’arboreto;

– realizzazione delle lavorazioni del terreno e della pac- ciamatura;

– messa a dimora della piantagione;

– realizzazione delle cure colturali;

– raccolta, esbosco e trasformazione della biomassa a fine turno;

– ripristino del terreno alla fine del ciclo di vita della pian- tagione.

3.3.1 L’individuazione del sito d’impianto

Nell’individuazione dei siti di impianto delle AFI si deve considerare la multifunzionalità di queste aree, progettate in primo luogo per assicurare la capacità di infiltrazione e ricarica, in secondo luogo per fornire la produzione di bio- massa anche in zone aziendali considerate marginali dal punto di vista produttivo.

Si deve infatti tenere conto delle peculiarità e della natura dei suoli spesso presenti nelle aree in cui si vanno a col- locare le AFI: tendenzialmente si tratta di terreni costituiti da uno strato superficiale di terreno agrario di tipo franco o leggero, sovrapposto a un rilevante materasso indifferen- ziato di ghiaie e sabbie.

3.3.2 La scelta del tipo di specie da mettere a dimora

Sulla base delle condizioni pedoclimatiche delle zone d’im- pianto (profondità della falda, struttura, tessitura, capacità drenante del suolo) si deve poi procedere alla scelta della specie o delle specie più idonee da mettere a dimora.

Presupposto fondamentale per la buona riuscita di ogni impianto è l’idoneità delle specie alle caratteristiche del terreno e alle condizioni climatico–ambientali dell’area in- teressata. Le potenzialità ecologiche e produttive di tali po- polamenti si esplicano appieno solo se vengono rispettate le loro peculiari esigenze, in particolare riguardo alle carat- teristiche stazionali del sito d’impianto e alla creazione di adeguate consociazioni tra le specie arboree ed eventual- mente arbustive prescelte.

Esiste una vasta gamma di specie che si possono selezio- nare nella costituzione delle piantagioni forestali realizzate nell’ambito delle AFI.

Figura 3.4 – Soprassuolo di ontano nero (Alnus glutinosa).

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FORESTALI DI INFILTRAZIONE (AFI)

Figura 3.5 – Soprassuolo di paulownia (Paulownia tomentosa).

Figura 3.6 – Soprassuolo di platano ibrido (Platanus hispanica).

Figura 3.7 – Soprassuolo di pioppo ibrido (clone “AF2”).

Si tratta di specie già utilizzate tradizionalmente per la pro- duzione di biomassa da energia negli impianti legnosi delle zone agrarie e rurali dell’alta pianura. Tali specie sono ido- nee a rientrare nelle consociazioni che solitamente carat- terizzano gli impianti di SRF a turno breve o molto breve.

In particolare nella costituzione degli impianti di SRF nell’ambito delle AFI vengono impiegati:

– Alnus glutinosa (ontano nero - Fig. 3.4);

– Fraxinus oxycarpa (frassino ossifillo);

– Paulownia tomentosa (paulownia - Fig. 3.5);

Platanus hispanica (platano ibrido - Fig. 3.6);

– Populus alba (pioppo bianco);

– Populus nigra (pioppo nero);

– cloni selezionati e altamente produttivi di Populus x canadensis (pioppi ibridi di cui molti ancora in fase di sperimentazione - Fig. 3.7);

– Robinia pseudoacacia (robinia);

Salix alba (salice bianco - Fig. 3.8);

– cloni e ibridi di Salix alba e Salix spp. (salice bianco e altre specie di salice);

– Ulmus minor (olmo campestre - Fig. 3.9);

– Ulmus pumila (olmo siberiano).

Le esigenze ecologiche e pedoclimatiche di queste specie sono molto diverse tra loro (Tab. 3.1):

– l’ontano nero si trova di frequente nei boschi di ripa, lungo i corsi d’acqua, nei luoghi paludosi e nei terreni inondati e argillosi, in boschi puri o misti con altre spe- cie igrofile; sopporta un notevole grado di umidità e la sommersione prolungata delle radici; tendenzialmente acidofilo, predilige i terreni silicei, ricchi e umidi;

– il frassino ossifillo predilige terreni profondi, dotati di buona disponibilità idrica, sopportando anche even- tuali ristagni idrici; tollera bene anche i terreni argillosi tipici della bassa pianura;

Figura 3.8 – Soprassuolo di salice bianco (Salix alba).

Figura 3.9 – Soprassuolo di olmo campestre (Ulmus minor).

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3. LA PROGETTAZIONE E LA REALIZZAZIONE DELLE AFI

– la paulownia predilige terreni di vario tipo (sabbiosi, ghiaiosi, detritici) purché ben drenati e non sopporta terreni molto pesanti, argillosi; la falda freatica deve es- sere almeno a 2 metri di profondità dalla superficie del terreno, che non deve mai essere saturo;

– il platano predilige terreni aerati, profondi, freschi o umi- di ma non acquitrinosi, preferibilmente calcarei e ricchi in contenuto organico; un’eventuale aridità del clima deve essere compensata dalla freschezza del suolo;

– il pioppo predilige terreni freschi, profondi, ben drenati;

– la robinia è molto frugale e cresce in condizioni molto eterogenee, anche in terreni marginali e molto drena- ti; non tollera tuttavia condizioni di forte anossia del terreno e ristagni idrici eccessivamente accentuati e prolungati;

– il salice si può impiegare anche in terreni più pesanti e sopporta bene l’eventuale presenza di falde superficiali e ristagni idrici prolungati;

– l’olmo campestre (e anche l’olmo siberiano) preferisco- no terreni freschi e profondi, con una buona disponibili- tà di acqua, e tollerano molto bene i substrati argillosi e calcarei.

A seconda delle caratteristiche pedoclimatiche del terreno e del sito d’impianto è necessario individuare la specie o le specie ritenute di volta in volta più adatte. La consociazione di più specie e la costituzione di un popolamento polispeci- fico organizzato in blocchi omogenei di 2-3 specie diverse, risultano più opportune rispetto alla creazione di impianti monospecifici (magari anche monoclonali). La mescolanza e la diversificazione consentono una maggiore stabilità nei confronti di eventuali attacchi parassitari e permettono un aumento della biodiversità dell’intero ecosistema.

3.3.3 La scelta del sesto d’impianto e del turno di raccolta dell’arboreto

Il sesto d’impianto e la lunghezza del turno di raccolta sono aspetti tecnico-colturali strettamente legati tra loro.

Nei cedui a ciclo molto breve si assume un turno di raccolta in genere biennale (Fig. 3.10), raramente triennale. Nei ce- dui a ciclo breve il turno di raccolta è invece quinquennale (Fig. 3.11).

Se originariamente la gestione degli impianti di SRF era im- postata secondo ceduazioni a turno biennale, oggi si pro- pende per la scelta di un turno di raccolta quinquennale.

Gli impianti quinquennali si contraddistinguono per una ge- stione molto meno rigida:

– un eventuale allungamento del turno al raggiungimento della scadenza del quinto anno non è così strettamente vincolante e lascia margini di operatività più ampi;

– la cantieristica della raccolta è molto più flessibile e può contare su una gamma di opzioni molto più vasta;

– il cippato derivante dalla raccolta risulta qualitativa- mente migliore in virtù del minore contenuto in cortec- cia e ramaglie.

Figura 3.10 – SRF biennale di pioppo ibrido.

Figura 3.11 – SRF quinquennale polispecifica.

Tabella 3.1 – Esigenze pedologiche delle varie specie impiegabili nelle AFI.

Nome comune

Caratteristiche del terreno

Reazione Tessitura Umidità

Acida Subacida Neutra/

subalcalina Pesante Leggera

Falda profonda o senza ristagno

Falda superficiale o

con ristagno

ontano nero + + + + + + + + + +

Frassino ossifillo x + + + + + x + + + +

Paulownia + + + + + + x + + + x

Platano ibrido x + + + + + + + + + +

Pioppo bianco x + + + + + + + + + +

Pioppo nero + + + + + x + + + + + +

Pioppo ibrido + + + + + x + + + + + +

Robinia + + + + + + + + + +

Salice bianco x + + + + + + + + + + +

olmo campestre x x + + + + + + + + + +

Note: x = specie poco adatta; + = specie adatta; + + = specie molto adatta.

Fonte: (AA.VV., 2002). Fasce tampone boscate in ambiente agricolo. Manuale per l’azienda.

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FORESTALI DI INFILTRAZIONE (AFI)

Per quanto riguarda le piantagioni forestali messe a dimora nelle AFI, il sesto d’impianto e la densità variano rispetto alla normale consuetudine degli impianti commerciali di SRF, alla luce del peculiare contesto logistico che caratte- rizza queste aree.

Nei tradizionali impianti di SRF messi a dimora a pieno campo:

– in caso di gestione basata su turni biennali: si metto- no a dimora file singole, poste a distanza di 3 m l’una dall’altra, con distanze di 0,5-0,6 m tra le piante lun- go le file; la densità media si aggira sulle 5.500-6.000 piante/ha;

– in caso di gestione basata su turni quinquennali: si met- tono a dimora file singole, poste a distanza di 3,5 m l’una dall’altra, con distanze di 2 m tra le piante lungo le file; la densità media si aggira sulle 1.400 piante/ha.

Nelle AFI invece la presenza del reticolo di scoline modi- fica obbligatoriamente il sesto e la densità dell’impianto forestale.

In presenza di una serie di canalette parallele disposte a pettine con un interasse medio di 7-8 m, in ciascuno degli appezzamenti di terreno che si vengono a creare tra due scoline adiacenti si mettono a dimora due filari di piante.

Le file di piante devono essere tutte parallele tra loro e anche parallele al reticolo di scoline: questa disposizione permette di facilitare le operazioni di messa a dimora, ge- stione, cura colturale e successiva raccolta dell’impianto.

La distanza tra le due file dell’impianto poste all’interno di ogni appezzamento deve essere non inferiore a 3,5-4 m.

I filari devono essere collocati a una distanza di almeno 1-1,5 m dai bordi delle scoline stesse (Fig. 3.12).

Figura 3.12 – Collocazione dei filari all’interno del sistema di scoline.

La distanza tra le piante lungo le file in genere si attesta:

– sui 2-3 m qualora il soprassuolo sia gestito con un tur- no quinquennale;

– sui 0,5-0,6 m qualora si scelga un eventuale turno biennale.

In presenza di simili sesti d’impianto, risulta una densità variabile e compresa tra:

– circa 900-1.400 piante/ha negli impianti a turno quin- quennale;

– circa 4.600-5.600 piante/ha negli impianti a turno biennale.

La posizione dei filari di piante all’interno del sistema di scoline e la distanza a cui collocare le file rispetto alle ca- nalette stesse devono essere individuate in modo tale da rendere possibile la movimentazione e l’operatività delle macchine impiegate nelle fasi di messa a dimora, cura col- turale dell’impianto e raccolta, esbosco e prima trasforma- zione nell’ambito dei cantieri di ceduazione di fine turno.

Ad esempio è necessario permettere il transito delle mac- chine impiegate per la sramatura laterale delle piante che costituiscono i filari arborei, al fine di consentire il successi- vo ingresso dei mezzi che procedono alla distribuzione sul suolo, lungo gli interfilari, dei liquami o del digestato prove- nienti dagli allevamenti zootecnici o dagli impianti di biogas.

In particolare si deve prestare attenzione al corretto posi- zionamento dei filari rispetto al bordo delle scoline, onde evitare che il passaggio e le manovre dei mezzi danneggino la conformazione e la stabilità delle sponde.

Una progettazione non idonea infatti può creare forti diffi- coltà tecnico-logistiche in sede di pianificazione delle ope- razioni di cura colturale e raccolta. Queste criticità possono essere anche tali da impedire il ricorso ad alcuni mezzi o da non consentire la scelta di determinati tipi di cantieristica, al punto da imporre, per la realizzazione di alcuni interventi (necessari nel piano di gestione dell’AFI), il ricorso a model- li non convenienti dal punto di vista economico.

3.3.4 La realizzazione delle lavorazioni del terreno e della pacciamatura

Nella preparazione del sito d’impianto è necessario proce- dere dapprima alla sistemazione e al livellamento del ter- reno, allo scopo di apportare alla superficie del suolo una pendenza idonea all’adeguato scorrimento dell’acqua lun- go il reticolo di scoline (qualora essa non sia già presente naturalmente).

Successivamente si devono realizzare alcuni interventi di preparazione del terreno quali ripuntatura, aratura e fresa- tura. Tali lavorazioni sono da effettuarsi di preferenza quan- do il terreno si trova in condizioni di tempera.

Le concimazioni di fondo con elementi minerali possono essere evitate qualora il terreno negli anni precedenti sia stato regolarmente coltivato.

In caso di spargimento controllato di liquami zootecnici o di digestato, gli elementi nutritivi apportati sono più che sufficienti e non richiedono pertanto ulteriori azioni di fer- tilizzazione.

Al termine della realizzazione delle lavorazioni del terreno si procede alla definizione del tracciato e all’effettivo scavo del sistema di scoline.

Successivamente si procede all’operazione di stesura del telo pacciamante. Per tale scopo si possono usare teli di due diverse tipologie:

– in materiale plastico (Fig. 3.13), ad esempio etilvinila- cetato (EVA), di color nero fumo, spessore di 0,08 mm e larghezza almeno pari a 100-120 cm: questo mate- riale è caratterizzato da una struttura stabile che non viene alterata dalla radiazione solare (è resistente alla radiazione ultravioletta) ed è in grado di mantenersi integro per almeno 3-4 anni, che corrispondono al pe-

3,5-4 m

1-1,5 m 1-1,5 m

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3. LA PROGETTAZIONE E LA REALIZZAZIONE DELLE AFI

riodo iniziale di crescita delle giovani piantine messe a dimora;

– in materiale biodegradabile (amido di mais, PLA, juta):

tali materiali sono ancora in fase di sperimentazione e attualmente sono caratterizzati da un costo più alto e da una durata e un’efficacia inferiori rispetto al film pla- stico; tuttavia la possibilità di non dover procedere alla rimozione e allo smaltimento alla fine del loro ciclo di vita, in quanto prodotti biodegradabili, fanno intravede- re vantaggi assai interessanti in seguito al loro impiego.

Figura 3.13 – Stesura della pacciamatura plastica.

La copertura del terreno con la pacciamatura consente una serie di vantaggi, tra cui il miglioramento delle condi- zioni in cui si vengono a trovare le giovani piantine (umidità, temperatura) dopo il trapianto e soprattutto il controllo del- la competizione esercitata da parte delle erbe infestanti.

Questi effetti positivi sono di vitale importanza poiché con- sentono alle piantine di svilupparsi subito in modo pronto e rigoglioso, affrancandosi in particolare dalla concorrenza esercitata dalle malerbe.

Tale operazione richiede un tempo e un costo per la sua rea- lizzazione ma i benefici sono talmente superiori agli svan- taggi che la sua effettuazione è assolutamente consigliata.

La posa della pacciamatura è particolarmente indicata nel caso in cui il materiale vivaistico messo a dimora sia costituito da piantine con pane di terra. Qualora invece si proceda alla messa a dimora di astoni o talee, l’impianto si effettua con apposite macchine trapiantatrici direttamente su terreno nudo. In questi casi non si procede alla stesura sul terreno del film pacciamante.

3.3.5 La messa a dimora della piantagione Il materiale vegetale di propagazione utilizzabile può esse- re di diversi tipi:

– astoni e talee: in genere sono impiegati nel caso dell’im- pianto di cloni di ibridi di salici o di pioppi selezionati e altamente produttivi;

– semenzali a radice nuda: sono impiegati ad esempio nel caso della robinia;

– piantine allevate in pane di terra o ceppaiette: sono im- piegate nel caso della maggior parte delle specie arbo- ree deputate alla produzione di biomassa da energia.

L’epoca ottimale per l’impianto si colloca tra la fine dell’in- verno e l’inizio della primavera (indicativamente tra marzo e aprile), in ogni caso sempre prima della ripresa vegetati- va delle piante.

L’impianto può essere effettuato:

– per via meccanica con l’ausilio di apposite trapiantatrici portate da trattori agricoli;

– per via manuale (Fig. 3.14).

Figura 3.14 – Messa a dimora manuale.

3.3.6 La realizzazione delle cure colturali

Nell’ordinaria gestione delle piantagioni di SRF le operazio- ni che rientrano tra le cure colturali sono:

– il risarcimento delle fallanze;

– il controllo della concorrenza esercitata dalle infestanti mediante sfalcio dell’erba lungo gli interfilari, da effet- tuarsi nei primi anni del turno dell’impianto, sempre prestando attenzione a non danneggiare il telo paccia- mante;

– la fertilizzazione (solo qualora necessaria);

– il diserbo (solo qualora necessario);

– la difesa fitosanitaria (solo qualora necessaria);

– la potatura laterale dei filari (non dalla parte rivolta ver- so le scoline ma dalla parte interna lungo gli interfilari):

tale operazione si effettua qualora le AFI siano impiega- te anche per lo spargimento lungo gli interfilari dei liqua- mi o del digestato proveniente dagli allevamenti zootec- nici o dagli impianti di biogas, allo scopo di permettere il passaggio dei mezzi dedicati allo spandimento;

– la rimozione e il successivo smaltimento del film paccia- mante, qualora si sia impiegato un materiale plastico.

Si sottolinea come in ogni caso l’impiego di concimi chimi-

ci, prodotti fitosanitari, diserbanti, debba essere quanto più

possibile ridotto al minimo; l’adozione di tecniche agrono-

miche sostenibili consente di ridurre il più possibile l’impat-

to ambientale della coltivazione di queste piantagioni, so-

prattutto se la consociazione delle specie messe a dimora

è stata scelta in maniera ponderata.

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FORESTALI DI INFILTRAZIONE (AFI)

3.4 Il finanziamento delle AFI

all’interno del PSR Veneto 2007-13

La Regione del Veneto ha deciso di inserire all’interno del- le misure previste nell’ambito del PSR 2007-13 la possibi- lità di finanziare la realizzazione di nuove aree forestali di infiltrazione.

Avvalendosi della collaborazione e del supporto tecnico–

scientifico di Veneto Agricoltura, a partire dal 2010 gli orga- nismi regionali competenti hanno stabilito di arricchire la Misura 221 di due ulteriori azioni:

– Azione 4, relativa a impianti ad alta densità per il disin- quinamento dell’acqua;

– Azione 5, relativa a impianti ad alta densità per la rica- rica delle falde.

L’inserimento dell’Azione 5 nel testo del bando di tale mi- sura è avvenuto a partire dall’apertura del Quarto Bando Generale del 2010 e si è ripetuto in occasione del Quinto Bando Generale e del Settimo Bando Generale del 2011.

Nel testo del bando si prendono in esame vari aspetti in merito alla progettazione e alla localizzazione di questo tipo di impianti.

Per quanto riguarda la loro localizzazione, “sono ammissi- bili esclusivamente le zone di alta pianura – zona di ricarica degli acquiferi, individuate con Deliberazione del Consiglio regionale n. 62 del 17 maggio 2006”.

I soggetti richiedenti possono essere “persone fisiche o persone giuridiche di diritto privato o pubblico, singole od associate”.

Il sostegno “è ammissibile qualora il terreno sul quale è attuata la Misura possa essere considerato “agricolo”. Un terreno è definito tale se sia stato coltivato per almeno i due anni precedenti la presentazione della domanda di sostegno, per l’ottenimento di prodotti agricoli, in base al Piano di utilizzo”.

Per quanto riguarda la scelta delle specie da utilizzare, essa “dovrà essere compatibile con i fattori stazionali. La sintonia con le condizioni locali dovrà inoltre tener conto della realtà storico, culturale, paesaggistica del territorio sul quale si realizza l’intervento, oltre che dei limiti, dei di- vieti e delle prescrizioni imposti dalle norme e dagli stru- menti di pianificazione e di gestione del territorio, in parti- colare quelli relativi alla gestione delle aree protette e dei siti compresi nella rete Natura 2000, designati ai sensi del- le direttive del Consiglio 79/409/CEE e 92/43/CEE”.

Gli impianti realizzati nell’ambito dell’Azione 5 “costituisco- no colture legnose specializzate, a norma dell’art. 14 della L.R. n. 52/78 e dell’art. 2, comma 5 del D.Lgs. 18 maggio 2001, n. 227. L’obbligo della loro permanenza sul terreno viene a cessare al compimento del periodo vincolativo, che non potrà essere inferiore ad anni 8 per l’Azione 5, deter- minati a partire dalla data della richiesta d’accertamento finale dell’intervento eseguito”.

Sugli impianti realizzati nell’ambito dell’Azione 5 “non è ammesso il governo a ceduo, per tutta la durata del pe- riodo vincolativo”. Gli impianti finanziati da questa azione sono destinati alla produzione di biomassa legnosa, ma il primo taglio è possibile solo al termine del periodo vinco- lativo pari a 8 anni. Ciò impone la realizzazione di SRF a

ciclo breve con sesti di impianto maggiori di quelli indicati precedentemente o con l’impiego di specie non particolar- mente vigorose.

Tra i vari limiti di intervento e di spesa indicati, “non sono ammissibili al sostegno superfici inferiori ad ha 1 (al netto di tare, servitù ed altre fasce di rispetto), mentre non sussi- stono limiti superiori”. Inoltre “gli impianti monoclonali non potranno avere una superficie superiore ad ha 10 per i po- polamenti governati a ceduo”.

Tra i criteri di selezione individuati nell’assegnazione delle priorità e nella definizione della graduatoria tra le domande presentate, la realizzazione degli interventi “su terreni vul- nerabili da nitrati di origine agricola” offre il massimo del punteggio acquisibile.

Mentre nel Quarto Bando Generale 2010 l’importo com- plessivo messo a bando era stato pari a 200.000 euro, in occasione del Quinto Bando Generale 2011 per questa azione si è stanziato un finanziamento complessivo pari a 100.000 euro. Nel Settimo Bando Genetale 2011 per l’Azione 5 della Misura 221 si è stanziato un importo di 500.000 euro.

Per quanto riguarda il livello e l’entità dell’aiuto:

– nelle zone comprese all’interno della Rete Natura 2000, “il sostegno è concesso nella misura del 90% dei costi ammissibili”;

– nelle zone non comprese nel punto precedente, il so- stegno è concesso “nella misura dell’80% dei costi am- missibili”;

– “limitatamente alle persone giuridiche di diritto pubbli- co, indipendentemente dalla zona d’intervento”, il so- stegno è “del 90%, determinato sui costi ammissibili”.

Nella tabella 3.2 si riportano gli importi dei finanziamenti concessi per la realizzazione di impianti di questo tipo.

Tabella 3.2 – Descrizione del livello di finanziamento degli impianti (PSR, Misura 221, Azione 5).

Descrizione del livello di finanziamento Euro

Spesa ammissibile 8.000

Interventi nei siti della Rete Natura 2000 7.200 Interventi in altri territori 6.400 Persone giuridiche di diritto pubblico 7.200 Fonte: (AA.VV., 2010; AA.VV., 2011; AA.VV., 2012).

3.5 Gli impianti sperimentali pilota

Nell’ultimo quinquennio il Consorzio di Bonifica “Brenta”

(denominato “Pedemontano Brenta” prima della recente legge di riforma regionale) e Veneto Agricoltura, anche in collaborazione con altri enti, hanno realizzato nel territorio dell’alta pianura vicentina una serie di impianti pilota di AFI aventi finalità dimostrative e sperimentali.

Di seguito se ne fa una sintetica descrizione, presentando le varie AFI in ordine di realizzazione.

3.5.1 Impianto Schiavon 1 (VI)

Il primo progetto realizzato dall’allora Consorzio di Bo-

nifica “Pedemontano Brenta” ha riguardato la messa a

(11)

33

3. LA PROGETTAZIONE E LA REALIZZAZIONE DELLE AFI

dimora di un’AFI nel 2007 nel comune di Schiavon (VI), sfruttando la vicinanza di un impianto pluvirriguo del Con- sorzio (Fig. 3.15).

Dopo l’effettuazione di una serie di indagini e sondaggi pre- liminari di tipo idraulico e geo–pedologico (febbraio 2007), a marzo si è proceduto al livellamento del campo e all’effet- tuazione delle lavorazioni del terreno (aratura e fresatura).

Le operazioni sono proseguite ad aprile con lo scavo delle scoline longitudinali e di due scoline trasversali di collega- mento in testa e in coda, con la stesura del telo pacciaman- te e con la messa a dimora delle piantine forestali.

La scelta della specie da impiegare è caduta sulla paulow- nia (Paulownia tomentosa), per la sua capacità di dar vita a un rapido ciclo di accrescimento fornendo contempora- neamente una buona produttività in termini di biomassa legnosa (Fig. 3.16).

Una volta ultimata la realizzazione dell’impianto forestale si è subito proceduto all’immissione dell’acqua nelle scoli- ne, dando inizio all’infiltrazione e alla dispersione nel sot- tosuolo. A giugno le prove di infiltrazione si sono interrotte in quanto l’acqua è stata utilizzata per l’irrigazione delle colture agrarie nei terreni circostanti; l’attività di infiltrazio- ne è però ripresa nel mese di settembre.

Negli anni successivi l’infiltrazione dell’acqua è proseguita rispettando la stagionalità prefissata (scorrimento e infiltra- zione dell’acqua nel periodo non irriguo).

Figura 3.15 – Panoramica dell’impianto Schiavon 1.

Figura 3.16 – Crescita delle piante di paulownia (settem- bre 2011).

Nel box sottostante si ritrova una serie di indicazioni detta- gliate sulle caratteristiche di questo primo impianto pilota.

In figura 3.17 si riporta la planimetria dell’AFI.

Localizzazione: comune di Schiavon (VI) Superficie: circa 1,2 ha

Profondità della falda freatica rispetto al piano di cam- pagna: circa 10 m

Definizione del tracciato delle scoline: presenza di scoli- ne longitudinali con direzione nord–sud collegate in te- sta e in coda da scoline trasversali

Numero di scoline longitudinali: 6 Numero di scoline trasversali: 2

Larghezza della scolina sul piano di campagna: 1,2 m Larghezza della scolina alla base: 0,6 m

Distanza fra l’interasse delle scoline: 7-7,5 m

Specie arborea presente: paulownia (Paulownia tomen- tosa)

Sesto d’impianto:

– presenza di n. 2 filari all’interno di ciascun interasse – distanza tra i filari: 4 m

– distanza tra i filari e il limite della scolina: 1-1,1 m – distanza tra le piante lungo i filari: 1 m

Figura 3.17 – Planimetria dell’AFI Schiavon 1.

Fonte: (Dal Prà, Mezzalira, Niceforo, 2010).

In presenza di caratteristiche di struttura e tessitura del terreno non proprio ottimali, la crescita delle piante di pau- lownia è stata relativamente rallentata: questa specie infat- ti necessita di terreni ghiaiosi e molto permeabili per poter esprimere appieno le proprie notevoli potenzialità produttive.

immissione

scoline

troppo pieno alberature

(12)

34

FORESTALI DI INFILTRAZIONE (AFI)

3.5.2 Impianto Schiavon 2 (VI)

L’allora Consorzio di Bonifica “Pedemontano-Brenta” ha successivamente stipulato con la Provincia di Vicenza una convenzione di collaborazione per la messa a dimora di una seconda AFI sempre nel comune di Schiavon (VI).

Questo impianto, della superficie di circa 1 ha, è stato rea- lizzato nel 2009 ed è costituito da due diverse aree:

– una prima area a turno quinquennale, costituita da molteplici specie arboree, allo scopo di sperimentare e confrontare le loro prestazioni (dal punto di vista sia ambientale sia produttivo) in questo tipo di contesto (Fig. 3.18 e Fig. 3.19);

– una seconda area a turno biennale/triennale, costituita anch’essa da specie arboree diverse, allo scopo di com- pararne le rese e le prestazioni (Fig. 3.20 e Fig. 3.21).

La scelta delle specie e la definizione del protocollo di mes- sa a dimora dell’impianto sono state effettuate col suppor- to tecnico–scientifico di Veneto Agricoltura.

L’attivazione dello scorrimento dell’acqua lungo le scoline è iniziata a partire da maggio 2009.

Figure 3.18 e 3.19 – Crescita del soprassuolo dell’impian- to quinquennale alla fine del terzo anno (settembre 2011).

Nel box sottostante si riporta una serie di indicazioni detta- gliate sulle caratteristiche di questo impianto pilota. Nelle figure 3.22 e 3.23 si riportano le planimetrie dell’area quin- quennale e biennale/triennale dell’AFI.

Localizzazione: comune di Schiavon (VI) Superficie: circa 1 ha

Definizione del tracciato delle scoline: presenza di scoli- ne longitudinali con direzione nord–sud

Numero di scoline longitudinali:

– parte a turno quinquennale: n. 5 scoline della lun- ghezza di 108 m

– parte a turno biennale/triennale: n. 5 scoline della lunghezza di 118 m, n. 2 scoline della lunghezza di 88 m

Larghezza della scolina sul piano di campagna: 1,5 m Larghezza della scolina alla base: 0,8-1 m

Distanza fra l’interasse delle scoline: 7-7,2 m Specie arboree presenti nell’impianto quinquennale:

– salice bianco (Salix alba) – ontano nero (Alnus glutinosa) – platano ibrido (Platanus hispanica) – olmo campestre (Ulmus minor) – paulownia (Paulownia tomentosa)

Specie arboree presenti nell’impianto biennale/trien- nale:

– salice bianco (Salix alba) – ontano nero (Alnus glutinosa) – platano ibrido (Platanus hispanica) – robinia (Robinia pseudoacacia) – pioppo nero (Populus nigra)

– pioppo ibrido euro–americano (Populus x canaden- sis): clone “AF2”

– paulownia (Paulownia tomentosa) Sesto d’impianto:

– presenza di n. 2 filari all’interno di ciascun interasse – distanza tra i filari: 3,5 m

– distanza tra i filari e il limite della scolina: 1 m Distanza tra le piante lungo i filari nell’impianto quin- quennale: 2 m

Distanza tra le piante lungo i filari nell’impianto trienna- le: nei vari casi 1-2 m

Distanza tra le piante lungo i filari nell’impianto bienna- le: nei vari casi 0,6-1 m (0,6 m per il pioppo clone “AF2”, 1 m per il pioppo nero)

Il primo taglio di ceduazione del soprassuolo della parte a turno biennale/triennale è stato effettuato nel novembre del 2011.

Per quanto riguarda la parte a turno quinquennale, il primo

taglio di ceduazione è previsto per la stagione autunno-

invernale 2013-14.

(13)

35

3. LA PROGETTAZIONE E LA REALIZZAZIONE DELLE AFI

Figura 3.20 – Crescita del soprassuolo di pioppo ibrido alla fine del terzo anno (settembre 2011).

Figura 3.21 – Crescita del soprassuolo di paulownia alla fine del secondo anno (settembre 2011).

Figura 3.22 – Planimetria dell’AFI Schiavon 2 (impianto quinquennale).

N 5 SCoLINE DA 108 m

SCoLINA N. 1 SCoLINA N. 2 SCoLINA N. 3 SCoLINA N. 4 SCoLINA N. 5

TURNO QUINQUENNALE SALICE BIANCo

1 PIANTA/2 METRI oNTANo NERo

1 PIANTA/2 METRI PLATANo IBRIDo

1 PIANTA/2 METRI oLMo CAMPESTRE

1 PIANTA/2 METRI CLoNI PAULoWNIA 1 PIANTA/2 METRI

SA-ALB SA-ALB AL-GLT AL-GLT PL-HIS PL-HIS UL-MIN UL-MIN PAU-ToM PAU-ToM

SA-ALB SA-ALB AL-GLT AL-GLT PL-HIS PL-HIS UL-MIN UL-MIN PAU-ToM PAU-ToM

SA-ALB SA-ALB AL-GLT AL-GLT PL-HIS PL-HIS UL-MIN UL-MIN PAU-ToM PAU-ToM

SA-ALB SA-ALB AL-GLT AL-GLT PL-HIS PL-HIS UL-MIN UL-MIN PAU-ToM PAU-ToM

SA-ALB SA-ALB AL-GLT AL-GLT PL-HIS PL-HIS UL-MIN UL-MIN PAU-ToM PAU-ToM

SA-ALB SA-ALB AL-GLT AL-GLT PL-HIS PL-HIS UL-MIN UL-MIN PAU-ToM PAU-ToM

SA-ALB SA-ALB AL-GLT AL-GLT PL-HIS PL-HIS UL-MIN UL-MIN PAU-ToM PAU-ToM

SA-ALB SA-ALB AL-GLT AL-GLT PL-HIS PL-HIS UL-MIN UL-MIN PAU-ToM PAU-ToM

SA-ALB SA-ALB AL-GLT AL-GLT PL-HIS PL-HIS UL-MIN UL-MIN PAU-ToM PAU-ToM

SA-ALB SA-ALB AL-GLT AL-GLT PL-HIS PL-HIS UL-MIN UL-MIN PAU-ToM PAU-ToM

SA-ALB SA-ALB AL-GLT AL-GLT PL-HIS PL-HIS UL-MIN UL-MIN PAU-ToM PAU-ToM

SA-ALB SA-ALB AL-GLT AL-GLT PL-HIS PL-HIS UL-MIN UL-MIN PAU-ToM PAU-ToM

SA-ALB SA-ALB AL-GLT AL-GLT PL-HIS PL-HIS UL-MIN UL-MIN PAU-ToM PAU-ToM

SA-ALB SA-ALB AL-GLT AL-GLT PL-HIS PL-HIS UL-MIN UL-MIN PAU-ToM PAU-ToM

SA-ALB SA-ALB AL-GLT AL-GLT PL-HIS PL-HIS UL-MIN UL-MIN PAU-ToM PAU-ToM

SA-ALB SA-ALB AL-GLT AL-GLT PL-HIS PL-HIS UL-MIN UL-MIN PAU-ToM PAU-ToM

SA-ALB SA-ALB AL-GLT AL-GLT PL-HIS PL-HIS UL-MIN UL-MIN PAU-ToM PAU-ToM

SA-ALB SA-ALB AL-GLT AL-GLT PL-HIS PL-HIS UL-MIN UL-MIN PAU-ToM PAU-ToM

Note: SA-ALB = Salix alba; AL-GLT = Alnus glutinosa; PL-HIS = Platanus hispanica; UL-MIN = Ulmus minor; PAU-TOM = Paulownia tomentosa.

(14)

36

FORESTALI DI INFILTRAZIONE (AFI)

Figura 3.23 – Planimetria e composizione dell’AFI Schiavon 2 (impianto biennale/triennale).

5 SCoLINE DA 118 m 2 SCoLINE DA 88 m

SCoLINA N. 18 SCoLINA N. 28 SCoLINA N. 38 SCoLINA N. 48 SCoLINA N. 58 SCoLINA N. 6 SCoLINA N. 7

TRIENNALE TURNO BIENNALE

1 pianta

/2m 1 pianta

/1m CLoNI DI PIoPPo AF2

1 PIANTA/0,60 cm CLoNI DI PIoPPo AF2

1 PIANTA/0,60 cm PIoPPo NERo

1 PIANTA/metro PIoPPo NERo

1 PIANTA/metro CLONI DI PAULOWNIA - 1 PIANTA/metro SA-ALB SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM

SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM SA-ALB SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM SA-ALB SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM SA-ALB SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM SA-ALB SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM SA-ALB SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM SA-ALB SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM SA-ALB SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM SA-ALB SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM SA-ALB SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM SA-ALB SA-ALB Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-AF2 Po-NIG Po-NIG Po-NIG Po-NIG PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM PAU-ToM Note: SA-ALB = Salix alba; PO-AF2 = pioppo ibrido euro-americano, clone “AF2”; PO-NIG = Populus nigra; PAU-TOM = Paulownia tomentosa.

3.5.3 Impianto Tezze sul Brenta 1 (VI)

Una terza area forestale di infiltrazione è stata realizzata nella primavera del 2009 da Veneto Agricoltura nell’ambi- to del Progetto RiduCaReflui, in collaborazione con l’allora Consorzio di Bonifica “Pedemontano Brenta”, nel comune di Tezze sul Brenta (VI) nei terreni della Società Agricola Agrifloor di Cerantola Paolo e C. ss.

Di superficie complessiva pari a 1,7 ha, l’impianto consta di quattro appezzamenti monospecifici caratterizzati dalla presenza di specie arboree diverse: si tratta rispettivamen- te di platano ibrido (Fig. 3.24), paulownia, salice bianco e frassino ossifillo.

Figura 3.24 – Crescita del soprassuolo nella parcella a pla- tano ibrido alla fine del secondo anno (settembre 2010).

Nel box sottostante si ritrova una serie di indicazioni det- tagliate sulle caratteristiche di questo impianto pilota. In figura 3.25 si riporta la planimetria dell’AFI.

Localizzazione: comune di Tezze sul Brenta (VI) Superficie: 1,7 ha

Struttura dell’AFI: presenza di n. 4 appezzamenti mono–

specifici aventi ciascuno una superficie pari a circa 3.000 m

2

, una lunghezza di 60 m e una larghezza di 49 m

Definizione del tracciato delle scoline: presenza di n. 8 scoline longitudinali e di n. 2 scoline trasversali per par- cella

Larghezza degli appezzamenti tra le scoline: 6 m Larghezza della scolina: 1 m

Distanza fra l’interasse delle scoline: 7 m Specie arboree presenti:

– salice bianco (Salix alba)

– frassino ossifillo (Fraxinus oxycarpa) – platano ibrido (Platanus hispanica) – paulownia (Paulownia tomentosa) Sesto d’impianto:

– presenza di n. 2 filari all’interno di ciascun interasse – distanza tra il centro dei filari: 3,5 m

– distanza tra il centro dei filari e il limite della scolina:

1,3 m

Distanza tra le piante lungo i filari: 2 m

Il primo taglio di ceduazione è previsto per la stagione au-

tunno-invernale 2013-14.

(15)

37

3. LA PROGETTAZIONE E LA REALIZZAZIONE DELLE AFI

Figura 3.25 – Planimetria e schema d’impianto dell’AFI Tezze sul Brenta 1.

3.5.4 Impianti Marostica 1 e Pozzoleone 1 (VI) Una quarta e una quinta area forestale di infiltrazione sono state realizzate nel 2010 dal Consorzio di Bonifica “Bren- ta” grazie a un finanziamento della Commissione Euro- pea nell’ambito del Programma LIFE Plus e del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ot- tenuto dall’Autorità di Bacino dell’Alto Adriatico (Progetto TRUST, Tool for Regional–scale assessment of groUndwa- ter STorage improvement in adaptation to climate change).

Tali AFI sono state realizzate nei comuni di Marostica e Pozzo- leone (VI); di superficie complessiva pari a 1,32 ha, gli impian- ti constano di appezzamenti caratterizzati dalla presenza di specie arboree diverse (rispettivamente pioppo nero, ontano nero, olmo campestre, frassino ossifillo, platano ibrido).

scolina esistente scoline di progetto scoline interrate di progetto platano ibrido

salice bianco frassino ossifillo paulownia

Nelle sottostanti figure 3.26-3.29 si riportano le foto e le planimetrie delle due AFI.

In particolare l’AFI di Pozzoleone è posta poco a monte di una risorgiva storica, la Casona, che per effetto dell’abbas- samento delle falde ha subito nel tempo prima una ridu- zione delle portate di affioro e poi la definitiva scomparsa degli affioramenti.

Su tale risorgiva esiste peraltro un progetto, in collaborazio- ne tra il Consorzio di Bonifica “Brenta” e l’amministrazione comunale, per la valorizzazione di tale sito, che è previsto venga reso fruibile alla cittadinanza attraverso appositi percorsi. Sono previsti inoltre interventi per la salvaguar- dia e la valorizzazione di tutta l’area limitrofa, di notevole interesse naturalistico, compresa la creazione di un parco didattico-ricreativo e la ricostituzione e il miglioramento della vegetazione ripariale lungo il capofonte.

Nei box sottostanti si ritrovano alcune informazioni sulle ca- ratteristiche delle AFI di Marostica e Pozzoleone.

Localizzazione: comune di Marostica (VI) Superficie: 0,65 ha

Struttura dell’AFI: presenza di n. 1 appezzamento aven- te una superficie pari a circa 6.500 m

2

, una lunghezza di 165-175 m e una larghezza di 38 m

Definizione del tracciato delle scoline: presenza di n. 7 scoline longitudinali e di n. 1 scolina trasversale Larghezza degli appezzamenti tra le scoline: 6 m Larghezza della scolina: 1 m

Distanza fra l’interasse delle scoline: 7 m Specie arboree presenti:

– pioppo nero (Populus nigra) – frassino ossifillo (Fraxinus oxycarpa) – ontano nero (Alnus glutinosa) – olmo campestre (Ulmus minor) Sesto d’impianto:

– presenza di n. 2 filari all’interno di ciascun interasse – distanza tra il centro dei filari: 3,5 m

– distanza tra il centro dei filari e il limite della scolina:

1,3 m

Distanza tra le piante lungo i filari: 2 m

Figura 3.26 – Crescita del soprassuolo forestale dell’AFI Marostica 1 (settembre 2010).

Fonte: Consorzio di Bonifica “Brenta”.

(16)

38

FORESTALI DI INFILTRAZIONE (AFI)

Figura 3.27 – Planimetria e schema sintetico d’impianto dell’AFI Marostica 1.

AFI MARoSTICA

4 SCoLINE DA 106 m N 3 SCoLINE DA 83 m

SCoLINA N. 1 SCoLINA N. 2 SCoLINA N. 3 SCoLINA N. 4 SCoLINA N. 1 SCoLINA N. 2 SCoLINA N. 3 TURNO QUINQUENNALE

PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo FRASSINo FRASSINo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo FRASSINo FRASSINo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo FRASSINo FRASSINo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo FRASSINo FRASSINo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo FRASSINo FRASSINo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo FRASSINo FRASSINo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo FRASSINo FRASSINo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo FRASSINo FRASSINo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo FRASSINo FRASSINo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo FRASSINo FRASSINo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo FRASSINo FRASSINo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo PIoPPo FRASSINo FRASSINo

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Note: PIoPPo = Populus nigra; FRASSINO = Fraxinus oxycarpa; ONTANO = Alnus glutinosa; OLMO = Ulmus minor.

Fonte: Consorzio di Bonifica “Brenta”.

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