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Dr. Marco Rossetti Magistrato

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Academic year: 2022

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Dr. Marco Rossetti Magistrato

CRITERI DI LIQUIDAZIONE DEL DANNO ALLA PERSONA PRESSO IL TRIBUNALE DI ROMA:

ANALISI CRITICA ED ANALISI GRAFICA

1. La situazione attuale

La materia del risarcimento del danno da responsabilità aquiliana è assegnata ratione materiae alla V ed alla VI sezione del Tribunale di Roma.

Ciascuna sezione è composta di due collegi. Tra i quattro collegi che trattano abitualmente la materia del risarcimento del danno alla persona, non vi è tuttavia uniformità di criteri. Infatti tre collegi (I e II collegio della VI sezione; I collegio della V sezione) liquidano il danno alla persona da invalidità permanente attraverso un calcolo composito basato sul triplo della pensione sociale; un solo collegio liquida il danno alla persona moltiplicando il grado di invalidità permanente per una somma equitativamente stabilita.

I giudici che utilizzano il criterio del triplo della pensione sociale applicano la seguente formula:

D = T.p.s. *g *k

D = ammontare del danno;

T.p.s. = triplo della pensione sociale;

g = grado di invalidità permanente in termini percentuali;

k = coefficiente di sopravvivenza della popolazione italiana, maschi e femmine, calcolato al tasso del 4,5% in base ai censimenti del 1901 e del 1911 ed alle statistiche mortuarie del triennio 1910-1912, tratto dal R.D. 9 ottobre 1922 n. 1403, il quale ha approvato le tariffe della Cassa nazionale per le assicurazioni sociali.

Questa formula viene applicata con alcuni temperamenti, e precisamente:

a) ove g sia inferiore al 10%, viene praticato un abbattimento percentuale, pari alla differenza tra 100 e (g * 10), ad es., per una micropermanente del 4% si applica un abbattimento del 60%; per una micropermanente del 2% si applica una abbattimento dell’80%, e così via;

b) ove g sia superiore al 50%, si pone a base del calcolo non il triplo della pensione sociale, sibbene il quadruplo od anche - per invalidità permanenti superiori al 70% - il quintuplo od il sestuplo, in relazione alle circostanze del caso concreto.

Tuttavia, mentre l’applicazione dell’abbattimento per le micropermanenti costante, automatico e generalizzato, l’innalzamento per le macropermanenti è deciso caso per caso, secondo la gravità dei postumi residuati nella concreta fattispecie.

Il secondo collegio della sezione V, come detto, applica invece il sistema c.d. “a punto”. Tale sistema consiste nel moltiplicare il grado di invalidità permanente residuato al sinistro per una somma di denaro che esprime il valore del punto percentuale di invalidità permanente. Tale somma di denaro tuttavia non è definita a priori, ma è equitativamente scelta dal giudice caso per caso in tra un minimo ed un massimo convenzionalmente stabiliti.

2. Sistema del triplo della pensione sociale

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Al sistema di liquidazione fondato sul triplo della pensione sociale si rimproverano due inconvenienti.

a) Il calcolo del danno tiene conto di un coefficiente di vita media stimato in base ai censimenti del 1910 e del 1911, ed in base alle statistiche mortuarie del triennio 1910-1912. Da allora la vita media si è notevolmente allungata, specie per le donne.

Ne consegue che:

a) la liquidazione del danno per i soggetti prossimi ai 60 anni sarebbe eccessivamente inferiore, a parità di invalidità permanente, rispetto ai soggetti più giovani.

In realtà questo rilievo non è determinante, in quanto la vita media si è allungata per tutti, non soltanto per i soggetti più giovani, con la conseguenza che il rapporto tra le liquidazioni pertinenti alle differenti età è restato sostanzialmente invariato.

Il grafico che segue mostra gli scarti tra le liquidazioni di una micropermanente in soggetti di 20, 40 e 60 anni, come compiute dal Tribunale di Roma.

Come si vede, per una i.p. del 10% un ventenne percepisce 36,5 milioni, mentre un sessantenne per la stessa i.p. percepisce 20,7 milioni (43,3% in meno).

Può essere interessante, a questo punto, comparare le liquidazioni ora esaminate con quelle effettuate da una altro grande ufficio giudiziario, il Tribunale di Milano, il quale applica invece un criterio equitativo puro, ovvero “a punto”.

Ecco dunque, suddiviso per fasce di età, l’andamento delle liquidazioni per micropermanenti compiute dal Tribunale di Milano:

Come si vede, per una i.p. del 10% un ventenne percepisce 22,5 milioni, mentre un sessantenne per la stessa i.p. percepisce 13,7 milioni (il 39,2% in meno).

Dunque, con l’adozione del criterio del triplo della pensione sociale, lo scarto percentuale tra la liquidazione del ventenne e quella del sessantenne non varia apprezzabilmente nelle due ipotesi di calcolo a punto o criterio della pensione sociale.

a’’) Si aggiunge poi che il criterio del “triplo della pensione sociale” appare superato ove riferito non ai rapporti tra i valori delle liquidazioni, ma ai valori assoluti delle liquidazioni. Infatti il coefficiente di cui al R.d. 9.10.1922 n. 1403 è un coefficiente che tiene conto della probabilità di sopravvivenza, calcolata in un’epoca ormai risalente, nella quale la vita media dell’individuo era notevolmente inferiore alla attuale. Si afferma cioè che:

Il danno da compromissione definitiva della complessiva integrità psicofisica della persona è un danno immanente, in corpore, il quale dovrà essere sopportato dal danneggiato per tutta la vita;

è giusto pertanto introdurre nel calcolo delle liquidazione un parametro che tenga corto della durata presumibile della vita del soggetto danneggiato, computata a far data dall’illecito;

questo parametro tuttavia non potrebbe - si afferma - essere costituito dalle tabelle allegate al R.d. 9.10.1922 n. 1403, in quanto quelle tabelle presupponevano una dirata della vita minore

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risarcimento, pari allo scarto tra la probabilità media di sopravvivenza del 1911 e la probabilità media di sopravvivenza al giorno d’oggi.

A questo rilievo si osserva che nel liquidare il danno alla persona il giudice segue in ogni caso un sistema equitativo: un sistema cioè, il quale non deve essere epistemologicamente rigoroso, ma deve essere logicamente attendibile e razionalmente condivisibile. Un criterio equitativo, pertanto, sarà tanto più attendibile e condivisibile quanto più fondato su parametri legislativamente fissati, e tale è il caso dei coefficienti di cui al R.d. già citato. Aggiungasi che appare scorretto affermare che attraverso l’applicazione del coefficiente c.d. “Gentile” il danneggiato subirebbe una falcidia del diritto al risarcimento. Infatti quel coefficiente è calcolato sulla base di una ipotesi di probabilità di sopravvivenza, non certo sulla effettiva durata della vita - calcolo del resto impossibile ex ante -.

Per comprendere appieno questo concetto si pensi alle ipotesi in cui il soggetto danneggiato, il cui danno sia stato liquidato attraverso l’applicazione del coefficiente “Gentile”, viva meno della durata probabile della sua vita in base a quel coefficiente; oppure all’ipotesi inversa in cui il soggetto danneggiato, il cui danno sia stato liquidato in base ad un coefficiente che tenga conto della probabilità media attuale di sopravvivenza, viva più a lungo della durata probabile attuale della vita umana media. Sarebbe una evidente aporia affermare che nel primo caso il danneggiato ha conseguito più di quanto dovutogli, così come sarebbe illogico sostenere che nel secondo caso il danneggiato ha conseguito meno di quanto spettantegli.

In realtà, ciò che rileva - ma questo schiude un problema qui non affrontabile - è che il coefficiente relativo all’età della vittima sia tale da consentire risarcimenti che siano percepiti come satisfattivi dalla generalità dei soggetti, a prescindere dal rigore scientifico o matematico del loro fondamento statistico attuariale.

b) Viene mosso poi al sistema del triplo della pensione sociale un secondo rilievo: la base di calcolo del danno da invalidità permanente resta sempre il triplo della pensione sociale, quale che sia il grado di i.p. residuato al danneggiato. Infatti solo per le micropermanenti viene applicato un abbattimento, mentre nessun coefficiente di maggiorazione viene applicato per le macropermanenti.

Ne consegue che la crescità delle liquidazioni sarebbe progressiva, ma non proporzionale rispetto alla crescita del gradi di i.p.

In teoria, infatti, a lesioni di entità doppia corrispondono sofferenze (e quindi dovrebbero corrispondere risarcimenti) di entità più che doppia (come nell’ipotesi di scuola della comparazione tra il soggetto che perde un braccio, e quello che li perde entrambi).

Invece col sistema del triplo p.s. la curva di crescita delle liquidazioni ha un andamento anelastico (I) -/ (I). Ciò vuol dire che, superata la soglia del 10%, il “valore” monetario del punto di invalidità resta sempre il medesimo, sia per chi ha riportato una i.p. dell’11% (ad. es., frattura mal consolidata del collo del femore, con callo osseo), sia per chi ha riportato una i.p. dell’80% (ad es., tetraparesi). Questo sistema - si afferma - appare iniquo, in quanto sia la medicina legale, sia lo stesso senso comune rendono edotti che ogni punto aggiuntivo di i.p. comporta per il danneggiato una crescita può che proporzionale della sofferenza.

Questo inconveniente è tuttavia superato dalla assunzione a base del calcolo, per i.p. superiori ad un certo grado, di multipli della pensione sociale superiori al triplo, come descritto in precedenza.

Questo concetto è facilmente intelligibile attraverso un esame grafico: tenendo fermo il triplo della pensione sociale a base del calcolo, quale che sia il grado di i.p., la curva di crescita delle liquidazioni ha una andamento pressoché lineare, non parabolico: ciò vuol dire che, considerando il risarcimento (R) funzione del grado di i.p. (g), in caso di aumento dei multipli della pensione sociale avremo che R(g) > 1, mentre in caso di adozione costante del triplo della pensione sociale avremo R(g) = 1.

Ecco, a tal proposito, la comparazione della curva delle liquidazioni come effettuate sino a tempi relativamente recenti dal Tribunale di Roma (cioè tenendo fermo il triplo della pensione sociale) e di quella delle liquidazioni presso il Tribunale di Milano:

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Sarà utile a questo punto comparare non solo l’andamento della crescita delle liquidazioni nei due differenti sistemi, ma anche gli scarti monetari tra i due criteri di liquidazione.

Come si nota, per una invalidità permanente del 50% il Tribunale di Milano liquida dal 115,6 (per un ventenne) agli 81,7 (per un sessantenne) milioni in più rispetto a quanto faceva il Tribunale di Roma.

Se però si fissa l’attenzione sulla liquidazione delle micropermanenti, il dato è sorprendentemente invertito: le liquidazioni del Tribunale di Roma sono di norma più alte rispetto a quelle del Tribunale di Milano.

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L’andamento delle curve di risarcimento per i quarantenni ed i sessantenni, con riferimento alle micropermanenti, è del tutto analogo.

Dunque, per una i.p. del 10% in un soggetto ventenne, il Tribunale di Roma liquida 14 milioni in più rispetto al Tribunale di Milano.

c) Infine, si obbietta al criterio del triplo della pensione sociale che tale criterio è normativamente previsto (art. 4 l. 39/77) soltanto al fine di risarcire i danni patrimoniali (in particolare, da compromissione del reddito) conseguiti alla lesione della salute, e dunque sarebbe inutilizzabile al fine di liquidare il danno alla salute stesso.

In realtà, quanto sin qui esposto anche graficamente evidenzia che il vero problema cui si trova dinanzi il giudice chiamato a liquidare il danno alla persona è rappresentato non solo - e non tanto - dalla individuazione di un parametro aggettivo da porre a base del calcolo (il valore medio di punto, il reddito medio nazionale, un multiplo della pensione sociale). Per la giurisprudenza della S.C.

questi criteri sono tutti idonei, perché tutti fondati sull’art. 1226 c.c., sempre che di essi si dia una ragionevole giustificazione. E’ rimasta infatti isolata in giurisprudenza - oltre che contestata in dottrina - un isolato orientamento del giudice di legittimità, secondo il quale il multiplo della pensione sociale - di cui all’art. 4 l. 39/77 - non poteva essere adoperato per liquidare il danno alla persona, perché legislativamente previsto per liquidare il danno patrimoniale. Tale orientamento, che appare in realtà quello di un particolare relatore, può che quello del giudice di legittimità impersonalmente considerato, è stato giustamente abbandonato dalla stessa Corte di cassazione, sulla base della fondamentale considerazione secondo la quale - se il giudice è libero di scegliere un qualsiasi criterio equitativo, purché non manifestamente illogico od irrazionale - a fortiori egli sarà libero di scegliere un criterio legislativamente previsto.

Il vero problema del giudice appare invece quello di individuare un equo criterio di progressione geometrica dei risarcimenti, ovvero un coefficiente di moltiplicazione o demoltiplicazione, al fine di evitare che il punto di invalidità abbia sempre il medesimo valore monetario, sia per la liquidazione di un piccolo danno, sia per la liquidazione di devastanti lesioni.

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