• Non ci sono risultati.

LA DISTOCIA DI SPALLA E LA PARALISI DEL PLESSO BRACHIALE NEL NUOVO NATO.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "LA DISTOCIA DI SPALLA E LA PARALISI DEL PLESSO BRACHIALE NEL NUOVO NATO."

Copied!
33
0
0

Testo completo

(1)

LA DISTOCIA DI SPALLA E LA PARALISI DEL PLESSO BRACHIALE NEL NUOVO NATO. NOZIONI ATTUALI ED ELEMENTI DI GIUDIZIO PER UN PARERE SULLA QUALITÀ

DELL’ASSISTENZA OSTETRICA.

Prof. Ettore Calzolari*

INTRODUZIONE

Si parla di quella complicanza del periodo espulsivo nota come distocia delle spalle quando, dopo la fuoruscita della testa fetale, in presenza talvolta, ma non sempre, di uno o più fattori favorenti, come ad esempio eccessive dimensioni fetali, primiparità, obesità materna, anomala rotazione interna-esterna della parte presentata, chi assiste il parto incontra un certo grado di difficoltà nella estrazione delle spalle fetali dall’alvo materno, difficoltà che non può essere superata soltanto dalla abituale, moderata trazione che viene esercitata verso il basso sulla parte presentata cefalica.

Ecco come è stato descritto il determinarsi del drammatico evento:

"Nel suo tipico manifestarsi, dopo l'espulsione di una voluminosa testa fetale, l'ostetrica/o incontra una imprevista difficoltà nel disimpegnare la spalla anteriore mediante la consueta trazione sulla testa fetale. Questa situazione è il risultato dell'impatto della spalla anteriore contro la sinfisi pubica invece della sua rotazione al disotto di questa" (Chang L.Y. - Shoulder Dystocia, Clin. Obstet. Gynecol., 30, 1, 1987)". Ecco quindi che " Il blocco delle spalle durante il parto costituisce una vera e propria emergenza ostetrica che può avere come conseguenza un trauma importante alla madre e al feto" ( Carlan S.J. et Al. - Shoulder dystocia, Am.Fam.Phys 43/4, 1991).

A questo tipo di parto distocico possono quindi far seguito alcune complicanze materne e neonatali tra cui, sia pure in un numero limitato di casi, emergono per importanza l’anossia e la morte fetale, e la menomazione cui può andar soggetto il plesso brachiale del nuovo nato nota a tutti i medici e tradizionalmente conosciuta con il nome di paralisi ostetrica, la cui trattazione in dettaglio meglio si addice agli esperti in questo genere di traumatologia.

* Professore Associato di Ostetricia e Ginecologia, Università degli Studi di Roma “La Sapienza”.

(2)

Come dicevamo, le pubblicazioni sul tema focalizzano l’aumento di rischio di danno del plesso brachiale in relazione con la primiparità, con l’aumentare del peso fetale e con l’eccessivo incremento ponderale della gestante. ( Berard et Al., Fetal macrosomia: risk factors and outcome.

A study of the outcome concerning 100 cases > 4500 gr, Eur. J. Obstet. Gynecol. Reprod. Biol., 77/1, 1998; Lewis et Al., Recurrence rate od shoulder dystocia, Am. J. Obstet. Gynecol., 85/4, 1995; Bager B., Perinatally acquired brachial plexus palsy. A persisting challenge, Acta Paed. Int.

J. Of Paed., 86/11, 1997; Nesbitt T.S. et Al., Shoulder dystocia and associated risk factors with macrosomic infants born in California, Am. J. Obstet. Gynecol., 179/2, 1998).

Tra i fattori che possono predisporre alla paralisi ostetrica Ocelli segnala anche il lungo e stentato impegno della parte presentata (“engagement long et difficile”, Ocelli et Al., La dystocie des épaules revue de la litterature, a propos de 28 cas, Contracept. Fert. Sex, 25/12, 1997); e Pearson J.F., il lungo protrarsi del periodo espulsivo (“prolonged second stage duration “, Pearson- JF., Shoulder dystocia, , Current-Obstetrics-and-Gynaecology. 6/1, 30-34,1996 ).

Purtroppo, come sappiamo, non è tanto importante dal punto di vista pratico rilevare la frequenza epidemiologica di queste associazioni, ma piuttosto la reale capacità predittiva nei confronti della distocia di spalla e l'influenza che tali fattori predisponenti possono avere nel condizionare la condotta assistenziale e la via da seguire per l’espletamento del parto.

La constatazione che la distocia di spalla è più frequente nelle primipare non significa certo che la primiparità costituisca un'indicazione al taglio cesareo nell’intento di diminuire la frequenza della distocia, ma tutt’al più può confortare nella decisione del taglio cesareo qualora sussistano altre e più serie indicazioni (es. stentato impegno della parte presentata, rotazione anomala dell’estremo cefalico).

Sta di fatto che da questo punto di vista le certezze sono piuttosto scarse e numerose gestanti con fattori di rischio finiscono col partorire felicemente, mentre la temuta complicanza si verifica talvolta in donne normali sotto ogni profilo.

(3)

LA POSSIBILE ORIGINE ANTEPARTUM DELLA PARALISI DEL BRACHIALE E SUA INSORGENZA ANCHE IN ASSENZA DI DISTOCIA

DI SPALLA

È evidente che la non rara associazione macrosomia-distocia abbia attirato in modo particolare l’attenzione degli studiosi nella speranza che un’attendibile diagnosi antepartum potesse fornire una valida arma di prevenzione della paralisi ostetrica.

Anche se è indiscutibile che il rischio di distocia delle spalle e quindi di menomazioni del plesso brachiale aumenti con l’aumentare del peso fetale, lungi dall’enfatizzarle non dobbiamo dimenticare che svariate pubblicazioni hanno anche di recente prospettato che una parte delle menomazioni del plesso brachiale possa avere origine durante la gestazione e non durante il parto (A. Jacobovits, Medico-legal aspects of brachial plexus injury: the ostetrician point of view, Medicine and law, 15/1, 1996)) e che tra le possibili cause di origine intrauterina, che condizionerebbero mal posizioni prolungate del feto prima della nascita, è stata chiamata in causa proprio la macrosomia (Dunne D. W., Brachial plexus palsy: intrauterine onset, Pediatr. Neurol. 1, 1989).

Jennett ritiene che i dati di cui si dispone suggeriscano fortemente che un maladattamento intrauterino antepartum possa giocare un suo ruolo nella menomazione del plesso brachiale concludendo infine che “una menomazione del plesso brachiale non deve essere identificata come prova di una lesione collegata all’andamento del parto” ( Jennett R. J., Brachial plexus palsy: an old problem revisited, Am. J. Obstet. Gynecol., 166/6, 1992). Opinione confermata ancora 5 anni dopo ( Jennett R.J., Brachial plexus palsy: an old problem revisited again II. Cases in point, Am.

J.Obstet. Gynecol., 176/6, 1997), laddove viene fatta la seguente frustrante constatazione : “ nonostante le crescenti prove contrarie i consulenti di parte continuano a sostenere che le menomazioni del plesso brachiale siano quasi sempre il risultato di una eccessiva trazione laterale della testa durante l’ultima fase del parto”.

Anche Ouzonian ( Ouzonian J. G. Permanent Erb's palsy: a traction related injury? Obstet.

Gynecol., 89/1, 1997) ha raccolto più casi in cui è stato constatato che la paralisi del plesso

(4)

brachiale può non avere origine nel corso del parto vaginale ma può avere inizio nella vita intrauterina per motivi di maladattamento alla cavità stessa.

Ancora recentemente Peleg, esaminando 51 bambini con paralisi del plesso brachiale, ha dovuto constatare che nel 29 % dei casi non era presente nell’anamnesi la distocia di spalla, mentre conferma che tra i fattori di rischio può annoverarsi il parto strumentale (ventosa, forcipe ) che spesso è reso necessario dalle difficoltà che il feto, soprattutto se macrosoma, incontra nel percorrere il canale del parto. (Peleg D. Fractured clavicle and Erb's palsy unrelated to birth trauma., Am-J-Obstet-Gynecol. 1997; 177/5)

Gherman (R. B. Gherman, Brachial plexus palsy associated with cesarean section: an in utero injury, Am. J. Obstet. Gynecol., 177/5, 1997) recentemente ha confermato l’osservazione che la paralisi del brachiale può verificarsi anche nei neonati partoriti mediante taglio cesareo e che “ questo tipo di paralisi, che appare essere di origine intrauterina, ha più tendenza a persistere nel tempo”, facendo inoltre notare che nonostante l’aumento numerico dei nati mediante taglio cesareo non si è avuta una corrispondente diminuzione dei casi di paralisi del brachiale (Gherman R.B., Increased cesarean delivery rate: No effect on brachial plexus palsy. Am. J. Obstet.

Gynecol. 1998; 179/5)

Lo stesso autore ha confermato successivamente l’osservazione che le paralisi del plesso brachiale non precedute da una distocia di spalla tendono maggiormente a permanere nel tempo (Gherman-RB., Spontaneous vaginal delivery: A risk factor for Erb's palsy?, Am-J-Obstet- Gynecol.,1998; 178/3) . In definitiva : “ La paralisi del plesso brachiale può pertanto precedere il parto stesso e può verificarsi indipendentemente dall’azione di colui che assiste il parto.”

(Gherman R.B., Brachial plexus palsy: An in utero injury? Am.J.Obstet-Gynecol. 1999; 180/5) Molto importante, a conferma dell’insorgenza della paralisi del plesso brachiale in assenza di distocia delle spalle, è la ricerca in cui Graham (Graham E.M. A retrospective analysis of Erb's palsy cases and their relation to birth weight and trauma at delivery, Journal-of-Maternal-Fetal- Medicine. 6/1 1997 ) osserva che nel 46 % dei casi di paralisi del brachiale da lui esaminati non era stata rilevata alcuna distocia di spalla al momento del parto.

Anche in una recentissima valutazione di ben 1611 casi di paralisi del plesso brachiale Gilbert conclude: “I dati della nostra ricerca suggeriscono che le lesioni del plesso brachiale hanno anche altre cause oltre la distocia di spalla e possono essere il risultato di anomalie intervenute

(5)

prima o durante il parto”. (Gilbert W. Associated factors in 1611 cases of brachial plexus injury, OBSTET-GYNECOL.,1999;93/4).

LA PREVEDIBILITÀ DELLA DISTOCIA DI SPALLA E IL RUOLO DELL’ECOGRAFIA Grande attenzione è stata posta dagli studiosi sulla possibilità di prevedere efficacemente l’insorgenza di una distocia di spalla, in particolare quella che trova la sua origine nel feto detto macrosoma (meglio sarebbe megalosoma), cioè di peso maggiore di 4000 g. Tuttavia questa possibilità a quanto sembra si è rivelata aleatoria, perché se è pur vero che "l'incidenza della distocia di spalle aumenta significativamente (P< 0.05) coll'aumentare del peso fetale", e un aumento della distanza tra sinfisi pubica e fondo dell'utero, indice di un esagerato sviluppo del feto, è tra i fattori materni spesso rilevabili nei casi seguiti da distocia di spalle (Sandmire H.F. et Al.- Shoulder Distocia , Int.J. Gynecol. Obstet., 26/1, 1988 e Nocon J. J. et Al. - Shoulder Dystocia : an analysis of risks and obstetric maneuvers ,Am. J. Obstet. Gynecol., 168/1, 1993) purtroppo è stato documentato che "… già un peso alla nascita maggiore di 3500 gr. aumenta significativamente il rischio di lesioni dei nervi" ( Padmini P. et Al. - Bone and nerve injuries due to birth trauma ,Int. J. Feto Matern. Med., 6/1, 1993).

In definitiva non dobbiamo mai dimenticare che “Although risk factors for shoulder dystocia exist, approximately 50% of cases do not demonstrate the classic predisposing signs.” (Bennett B.B., Shoulder dystocia: An obstetric emergency. Obstetrics-and-Gynecology-Clinics-of-North- America. 1999; 26/3 445-458)

Innumerevoli pubblicazioni specialistiche, che citiamo solo in parte, mettono poi in dubbio, come vedremo, la possibilità di una corretta previsione antepartum del feto macrosoma anche con l’ecografia, che pertanto spesso finisce col restare soltanto approssimata e potenziale moltiplicatore di interventi chirurgici inutili.

Già nel 1988 Miller, studiando con l’ecografia la gravidanza nella diabetica, gestante emblematica in tema di distocia, in quanto già nota in partenza per essere penalizzata da frequenti macrosomie fetali, finiva con l’ammettere che “non si è ottenuta un’accettabile stima del peso per i feti macrosomi ” (Miller J. M. et Al., Fetal weight estimates in diabetic gravid women, J. Clin.

Ultrasound., 16/8, 1988).

Anche Benacerraff a Boston riscontrava nello stesso periodo che “la sensibilità per identificare un feto macrosoma, cioè con un peso fetale maggiore o uguale a 4.000 grammi non

(6)

superava il 65%” (Benacerraff B. R. Sonographically estimated fetal weigth: accuracy and limitation, Am. J. Obstet. Gynaecol., 159/5, 1988).

Hanretty a Glasgow nel 1990 confermava che nella valutazione del peso fetale “non vi è alcuna evidenza che le procedure della clinica siano meno accurate degli ultrasuoni”. E a smentire qualunque enfatizzazione delle possibilità degli ultrasuoni in questo campo finiva con l’affermare che l’esame clinico poteva anche essere superiore all’ecografia. (“in macrosomic babies clinical methods appeared to be more useful” (Hanretty K. P. et Al., Re-evaluation of clinical estimation of fetal weight. A comparison with ultrasound, J. Obstet. Gynecol., 10/3, 1990).

Herget ha dovuto ammettere che, suddividendo le classi di peso fetale di 500 in 500 grammi, sistema questo già abbastanza grossolano, solo in 41 casi su 86 (48%) il peso fetale si collocava correttamente nella classe prevista. A questo aggiungeva che i risultati ottenuti in tema di morbilità materno - fetale “non supportano l’esecuzione di un cesareo o l’induzione del parto come mezzi per prevenire la morbilità neonatale quando la macrosomia fetale viene diagnosticata mediante ultrasuoni” ( Herget E., Pregnancy outcome following ultrasound diagnosis of macrosomia, Obstet. Gynaecol., 78/3, 1991).

Sandmire così conclude nella sua ricerca: “le procedure ultrasonore per la valutazione del peso fetale stimato non sono abbastanza accurate per la diagnosi di macrosomia,……. la frequenza delle menomazioni fetali associate con il parto vaginale di un feto macrosoma è talmente bassa da non giustificare l’induzione del parto o il taglio cesareo sulla base di questo solo elemento.

Pertanto la inaccuratezza nella determinazione mediante ultrasuoni del peso fetale conduce a interventi ostetrici non appropriati” (Sandmire H. F., Ultrasonic prediction of fetal macrosomia?, Obstet. Gynecol., 82/5, 1993).

Walle concorda affermando che “la predizione della distocia di spalla mediante ultrasuoni nella nostra ricerca non è stata coronata da successo” ( Walle T., Obstetric shoulder injury.

Associated risk factors, prediction and prognosis, Acta Obstet. Gynecol. Scand., 72/6, 1993).

Anche McLaren dell’Università dell’Illinois ritiene che “la capacità di individuare la macrosomia mediante l’uso degli ultrasuoni è limitata” (McLaren R. A., Estimators of birth weight in pregnant women requiring insulin: a comparison of seven sonographic models, Obstet.

Gynecol., 85/4, 1995).

Alsulyman in tema di prevedibilità ecografica della macrosomia constata anch’egli che neppure un peso fetale uguale o maggiore di 4.500 grammi può essere valutato in modo

(7)

attendibile (Alsulyman O. M., The accuracy of intrapartum ultrasonographic fetal weight estimation in diabetic pregnancies, Am. J. Obstet. Gynecol. 177/3, 1997).

Johnstone afferma che persino nel caso in cui la macrosomia è più frequente e prevedibile, cioè il diabete, “ anche esami clinici e ultrasonografici seriati non sempre sono in grado di diagnosticare il feto macrosoma (Johnstone F. D., Clinical and ultrasound prediction of macrosomia in diabetic pregnancy, Br. J. Obstet. Gynaecol., 103/8, 1996).

Successivamente lo stesso autore del Dipartimento di Ostetricia di Edimburgo, in tempi assai recenti, conferma il suo punto di vista in un accurato studio sulle possibilità di predire la macrosomia, nel quale conclude con le seguenti affermazioni: “non vi è nessuna evidenza convincente che la predizione mediante ultrasuoni della macrosomia attualmente migliori la prognosi né nella madre nè nel figlio. Infatti due studi sulla popolazione totale suggeriscono che questo aumento di tagli cesarei non porta a nessun beneficio evidente e il personale sanitario e le pazienti debbono accettare le incertezze di questo tipo di previsione” (Johnstone F. D., Prediction of macrosomia in diabetic pregnancy, Contemp. Review in Obstet. e Gynaecol. 9/2, 1997).

Anche Jennett conclude la sua recente revisione sulla paralisi del plesso brachiale con la seguente affermazione: “gli ostetrici debbono ammettere che l’ultrasonografia non si è dimostrata una tecnica veramente valida nella valutazione delle dimensioni fetali” (Jennett R. J., Brachial plexus palsy: an old problem revisited again. II. Case in point, Am. J.Obstet. Gynecol., 176/6, 1997).

Categorico Weeks che vogliamo qui citare testualmente: “la predizione prenatale della macrosomia fetale è associata con un significativo incremento di tagli cesarei senza una significativa riduzione nell’incidenza della distocia di spalla o di danno fetale” (the antenatal prediction of fetal macrosomia is associated with a marked increase in cesarean deliveries without a significant reduction in the incidence of shoulder dystocia or fetal injury” . Weeks J. W., Fetal macrosomia: does antenatal prediction affect delivery route and birth outcome?, Am J. Obstet.

Gynecol., 173/4, 1995).

Su questo argomento Cialella e Coll., dell’Istituto di Medicina Legale dell’Università di Roma, hanno presentato un’importante revisione (Cialella C., Il rischio professionale ostetrico:

presentazione di otto casi di distocia di spalle, Zacchia, 66/4, 1993) finendo con l’ammettere come

“non sia possibile desumere da determinati fattori di rischio il verificarsi della distocia delle spalle con una significatività statistica che risulti accettabile nella pratica clinica; lo studio di tali fattori

(8)

non consente di fornire delle direttive sempre valide per poter indirizzare il comportamento del medico in quanto la letteratura sull’argomento è ben lungi dall’attribuire loro un esplicito significato di indici di certezza clinica”.

Ciononostante non possiamo non ricordare che Il Tribunale di Parma 3^ Sezione Civile, con una sentenza del 12 gennaio 1991 ha voluto ravvisare una colpa del medico che “abbia omesso di ripetere l’esame ecografico in prossimità del termine fisiologico della gravidanza e di adottare quindi una diversa condotta del parto allorché i precedenti anamnestici e i rilievi obiettivi inducevano a considerare la possibilità di una macrosomia del feto e la conseguente eventualità di una distocia”.

Rosati, dell’Università Cattolica di Roma, così scrive: “nonostante i numerosi tentativi di identificare le pazienti a rischio per macrosomia fetale la perfetta predizione non è stata ancora raggiunta(…)l’incidenza della distocia e del trauma fetale è stata simile sia nelle pazienti con diagnosi prenatale di macrosomia che in quelle senza. Questo studio non giustifica l’uso del cesareo elettivo come metodo di prevenzione della morbilità neonatale” (Rosati P., Il ruolo dell’ecografia nel management del feto macrosoma, Minerva Ginecologica, 47/6, 1995).

È quindi del tutto evidente , nonostante gli indubbi vantaggi che le moderne tecnologie offrono, quanto sia illusorio enfatizzare oltre le loro reali possibilità le metodiche strumentali, indubbiamente utili e preziose in molte circostanze, ingenerando nei medici e nei pazienti certezze salvifiche che sono ben lungi dall’essere poi confermate dalla pratica clinica.

Il PARTO DEL FETO MACROSOMA. LA FREQUENZA DELLA DISTOCIA DI SPALLA, DELLA PARALISI DEL PLESSO BRACHIALE E DEI SUOI ESITI.

L’ALLARGAMENTO DELLE INDICAZIONI AL TAGLIO CESAREO COME PRESUNTA PROFILASSI DELLA PARALISI OSTETRICA

Il dibattito sulla validità dei possibili criteri predittivi della distocia di spalla è ancora in questi anni così aperto da portare Nagey a chiedersi (Nagey D. A., Can shoulder dystocia be prevented? Am. J. Obstet. Gynaecol., 163/3, 1991) se non sarebbe bene includere nei parametri predittivi della distocia di spalla anche la stima del numero “di predizioni falsamente allarmiste di un possibile danno fetale”. “In altre parole”, si chiede questo autore, “quanti cesarei inutili sono necessari per prevenire un caso di distocia di spalla?”.

(9)

Rouse ha calcolato che adottare un protocollo che prevedesse un cesareo profilattico per tutti i feti tra i 4000 e 4500 g., significherebbe eseguire 1000 tagli cesarei inutili per scongiurare un singolo caso di menomazione del plesso brachiale (Rouse-DJ; Owen-J, Prophylactic cesarean delivery for fetal macrosomia diagnosed by means of ultrasonography - A Faustian bargain? Am.

J. Obstet.Gynecol.,1999; 181/2 332-338)

Come è stato quindi più volte sottolineato, anche se in taluni casi vi è possibilità di identificare un feto di dimensioni superiori alla norma, è praticamente impossibile prevedere in modo veramente attendibile, anche tramite l’ecografia, il verificarsi di una distocia di spalle durante la gravidanza e, nella quasi totalità dei casi, neppure durante il travaglio.

A meno che non si amplino le indicazioni al taglio cesareo ad ogni sospetto di macrosomia fetale, il che peraltro ridurrebbe solo minimamente l’incidenza dell’evento distocia-paralisi, non esistono veri e propri segni prodromici (Benedetti T. J., Shoulder dystocia: a complication of fetal macrosomia and prolonged second stage of labor with midpelvic delivery, Obstet. Gynaecol., 526/52, 1978).

Ritornando al parto del macrosoma, come ha potuto constatare recentemente Gregory su oltre 66.000 parti, la “maggior parte dei feti macrosomi vengono partoriti per via vaginale con una bassa percentuale di complicazioni materne e neonatali” (Gregory K.D. et Al., Maternal and infant complications in high and normal weight infants by method of delivery, Obstet. Gynecol., 92/4, 1998).

Se è vero che il più comune danno è la paralisi del plesso brachiale non possiamo dimenticare che questa, in attendibili casistiche, si verifica soltanto con una incidenza di circa il 5- 6% nei casi di distocia di spalle (Forleo P., Orientamenti clinici nella distocia di spalle, Archiv.

Ost. Gin. 1, 1997).

Ammettendo, in accordo con alcune statistiche, che su 100 feti macrosomi la distocia si verifichi 20 volte, il danno del plesso brachiale, che recupera in genere in pochi mesi tranne pochi casi di notevole gravità, si verificherebbe in 1 solo caso. Come è pensabile di cesarizzare indiscriminatamente 99 portatrici di feto giudicato (non sempre a ragione) macrosoma, solo per il rischio che si verifichi 1 complicanza del plesso brachiale?

Statistiche vecchie di trenta anni come quella di Swartz (Swartz D. P., Shoulder dystocia in vertex delivery, Obstet. Gynaecol.,15, 194, 1960) dove si rileva solo l’1,7% di distocia di spalle su 1.409 neonati di peso superiore ai 4.000 g. fanno sospettare che il ricorso indiscriminato al

(10)

taglio cesareo, gonfiato molto spesso da motivazioni che poco o nulla hanno di scientifico, come il timore di essere portati in giudizio per “malpractice”, abbia anche avuto negli ultimi decenni conseguenze deleterie sulle abilità manuali del personale preposto all’assistenza del parto vaginale facendo perdere il necessario allenamento ad affrontare evenienze particolari.

Chang L.Y., sulla base della constatazione che la maggior parte dei macrosomi viene partorita senza complicazioni, affermava:“la prevenzione della distocia di spalla attraverso l’uso profilattico del taglio cesareo in tutte le pazienti con fattori di rischio non si rivela né praticabile né consigliabile” (Chang L. Y., Shoulder dystocia, Clin. Obstet. Gynecol., 30/1, 1987).

Su cento feti di peso alla nascita uguale o superiore ai 4.500 grammi la distocia di spalla si verifica solo nel 4,8% dei casi e la patologia del plesso brachiale incide solo nel 2,4%. Questo fatto induce Joschko a ritenere il taglio cesareo consigliabile solo nei feti giudicati di 5.000 grammi o più (Joschko K., A 5-year analysis of obstetrics problems by birth weight above 4.500 g, Zentralbl. Gynakol., 111/17, 1989).

La temuta complicanza di cui stiamo parlando è, tutto sommato, secondo Gonen, rara, dal momento che su 23 casi di feti superiori ai 4.500 grammi si verificò nella sua casistica un solo caso di menomazione del plesso brachiale (Gonen R., Macrosomia predictable, and are shoulder dystocia and birth trauma preventable?, Obstet. Gynecol. 88/4, 1996).

Anche se si mettesse in pratica un ulteriore allargamento delle indicazioni all’intervento di taglio cesareo a tutti i feti i cui dati ecografici prospettano un peso superiore ai 4 kg e mezzo o addirittura vi si ricorresse in secondipare che avessero già avuto un feto macrosoma, il vantaggio globale sarebbe minimo, se non nullo, pur senza tener conto dei rischi connessi all’intervento chirurgico (Lipscomb K. R. et Al., The outcome of macrosomic infant weighing at least 4500 grams, Obstet. Gynecol. 85, 1995).

Smeltzer ha calcolato che largheggiando nel cesareo per feti superiori ai 4.000 gr. si finirebbe col eseguire più di 50 cesarei praticamente inutili in vista di un solo caso di ingiuria del brachiale (Smeltzer J. S., Prevention and management of shoulder dystocia, Clin. Obstet.

Gynecol., 29/2, 1986).

Hernandez riferisce che dei neonati con paralisi del plesso brachiale di Erb l’80% recupera la funzione tra i 3 e i 6 mesi ( Hernandez C., Shoulder dystocia, Clin. Obstet. Gynecol., 33/3, 1990).

(11)

Nocon, valutando le conseguenze di 185 episodi di distocia di spalla, ha identificato solo 5 casi di paralisi del plesso brachiale, dei quali 4 si risolsero senza conseguenze entro 6 mesi (Nocon J. J., Shoulder dystocia: an analisys of risks and obstetric maneuvers, Am. J. Obstet. Gynecol., 168/1, 1993).

Sandmire, su 73 casi di distocia di spalla, identificò solamente 2 casi associati con una menomazione persistente ma modesta del plesso brachiale e, guarda caso, entrambe in feti che pesavano meno di 4000 gr. (Sandmire H. F., Shoulder dystocia: its incidence and associated risk factors, Int. J. Gynaecol. Obstet., 26/1, 1988).

A conclusione di tutto questo bisogna anche considerare che “la prognosi dei neonati con traumi della spalla è buona(…) fortunatamente molte menomazioni del plesso brachiale sono transitorie o, quando persistono, si concretizzano solamente in una lieve debolezza residua nel braccio. Circa il 70% dei pazienti con paralisi di Erb recuperano tra i 3 e i 13 mesi di età” (Walle T., Obstetric shoulder injury. Associated risk factors, prediction and prognosis, Acta Obstet.

Gynecol. Scand., 72/6, 1993).

A conferma di questo Naef nel suo lavoro del 1995, constatando che “più del 98% delle pazienti con feto macrosoma che avevano partorito per via vaginale non avevano presentato distocia di spalla”, conclude che “il parto mediante cesareo per tutti i feti sospettati di essere macrosomi non sarebbe in grado di prevenire la gran maggioranza dei casi di distocia di spalla ed esporrebbe molte madri ad un rischio sostanzialmente aumentato di morbilità e mortalità” (Naef R. W., Emergent management of shoulder dystocia, Obstet. Gynecol. Clin. North Am., 22/2, 1995).

Blickstein ha rilevato che in una serie di neonati di peso uguale o superiore a 4000 g. la distocia di spalla si verificò in 27 casi, ma una menomazione del plesso brachiale fu diagnosticata solo in 3 casi. Un indirizzo che prevedesse il cesareo per neonati di peso stimato superiore ai 4200 g. avrebbe avuto come risultato un aumento di 5/6 volte nel numero dei tagli cesarei (Blickstein I., Antepartum risks of shoulder dystocia and brachial plexus injury for infants weighing 4200 g. ore more, Gynecol. Obstet. Invest., 42/2, 1998).

Berard ha voluto focalizzare nel 1998 la sua attenzione su 100 bambini di peso alla nascita uguale o maggiore ai 4.500 g.; anche se la distocia di spalla si verificò 14 volte, 5 furono i casi di paralisi del plesso brachiale tipo Erb, ma tutti i neonati recuperarono senza conseguenze entro 3 mesi. Questo lo porta a concludere che “il parto vaginale è un’alternativa ragionevole al taglio

(12)

cesareo elettivo per feti di peso stimato inferiore ai 5.000 g. e una prova di travaglio può essere prospettata” (Berard, J., Fetal macrosomia: risk factors and outcome. A study of the outcome concerning 100 cases > 4.500 g., Eur. J. Obstet. Gynecol. Reprod. Biol., 77/1, 1998).

In contro tendenza con alcuni dei rilievi fatti in passato, che attribuivano largamente alla macrosomia la maggior parte delle distocie di spalla, un recente lavoro di Ouzounian ottenuto studiando tutti i casi di paralisi del plesso brachiale estratti dal registro nazionale dei neonati colpiti da questa affezione, non ha potuto rilevare differenze statisticamente significative tra bambini con peso alla nascita maggiore di 4.500 g. e quelli con peso alla nascita minore o uguale a 4.500 g., mettendo in discussione uno dei fattori di rischio per la paralisi del brachiale fin qui considerati come acquisiti (Ouzounian J. G., Permanent Erb’s palsy: a lack of a relationship with obstetrical risk factors, Am. J. Perinatol., 15/4, 1998).

Non possiamo dunque tacere quanto valutazioni inappropriate in sede giudiziaria su temi ostetrici, legate semplicisticamente all’esecuzione o meno del taglio cesareo, abbiano anch’esse contribuito in questi ultimi anni, condizionando, sia pur inconsciamente, gli specialisti, nella convinzione di schivare possibili censure in sede giudiziaria, alla abnorme lievitazione di questi interventi chirurgici (nel Lazio 33% dei parti (!) contro il 20% della maggior parte delle altre regioni), impennata che ha costretto l’Osservatorio Epidemiologico e l’Assessorato alla Sanità del Lazio ad affermare recisamente che “non esiste alcuna evidenza clinica ed epidemiologica che giustifichi valori così elevati” (Indicazioni per il taglio cesareo e linee guida per gli operatori sanitari, Roma 1998).

Anche Rech (Rech F., Distocia di spalle: alcune linee guida per la prevenzione ed il trattamento, Minerva Ginecol., 46, 1994) ha fatto notare che “quando si parla di distocia di spalla in termini di prevenzione si è in genere portati a pensare, semplicisticamente anzi che no, che quest’ultima consista fondamentalmente nel sottoporre a taglio cesareo tutte quelle pazienti per le quali si ritenga, alla luce delle attuali conoscenze, che il rischio di parto vaginale distocico superi una non meglio precisata soglia di accettabilità. In realtà circoscrivere il discorso sulla profilassi nel ristretto ambito del ricorso più o meno liberale al parto cesareo nei casi a presunto aumentato rischio ha già rivelato tutti i suoi limiti” (Gross T. L., Shoulder dystocia: a fetal – physician risk, Am. J. Obstet. Gynecol., 156, 1987; O. Langer, Shoulder dystocia: should the fetus weighing ≥ 4000 grams delivered by cesarean section?, Am. J. Obstet. Gynecol., 165, 1991).

(13)

I RISCHI DEL TAGLIO CESAREO

A integrazione di quanto detto sino ad ora sul discutibile uso indiscriminato del cesareo nel sospetto di una macrosomia fetale, vogliamo ribadire a chi pensasse di prospettarlo sbrigativamente ma a posteriori tutte le volte che il parto vaginale non si è concluso positivamente, che si tratta sempre di un intervento chirurgico di rilievo e non esente da rischi, e questo fatto non dovrebbe essere trascurato nell'ambito del consenso informato.

Nonostante infatti che il taglio cesareo venga superficialmente evocato ogni volta che l’esito del parto non è quello desiderato, è stato ribadito anche recentemente che questa, che è una operazione chirurgica a pieno titolo, è “associata con una considerevole incidenza di morbilità materna” (Greene R. A., What a maternal implications of a classical caesarean section?, J. Obstet.

Ginecol., 18/4, 1998).

Un recente studio eseguito in Olanda (Van Ham M.A. et Al., Maternal consequences of caesarean section. A retrospective study of intra-operative and postoperative maternal complications of caesarean section during a 10 year period, Eur. J. Obstet. Gynecol., 74/1, 1997) per la valutazione della morbilità materna, che ha considerato 2.647 gestanti sottoposte a taglio cesareo ha dato percentuali anche superiori a quanto previsto. Il tasso globale di complicanze materne intraoperatorie è stato del 14.8%, mentre la morbilità post operatoria in queste donne ha raggiunto il 35.7%.

Anche in questi ultimi anni, nonostante la mortalità materna si sia ridotta rispetto al passato, Huss a Nizza ha rilevato che il taglio cesareo era implicato in sette dei dodici casi di morte materna durante il terzo trimestre di gravidanza registrati a Nizza tra il 1986 e il 1993 (Huss M. et Al., Mortalitè maternelle a Nice, J. Gynecol. Obstet. Biol. Reprod., 25/6, 1996).

Kelleher (Kelleher C. J., Caesarean section: a safe operation?, J. Obstet. Ginecol., 14/2, 1994) ricorda che “sebbene il taglio cesareo sia considerato una procedura semplice e sicura l’operazione ha i suoi rischi… e la morbilità materna è frequente in seguito a taglio cesareo” e, analizzando 221 cesarei in un grande ospedale di Londra, conclude che la sua ricerca “ha dimostrato che vi è una significativa morbilità associata all’intervento”.

Remy a Berlino, valutando gli esiti di 29.257 parti, ha potuto constatare che la mortalità dopo un taglio cesareo è tre volte più elevata che nel parto per via vaginale (Remy N., Mortalilty

(14)

and lethality of caesarean section in West Berlin from 1975 to 1989, Zentralbl. Gynakol., 115/1, 1993), mentre Hogberg trova qualche anno prima in Svezia (Hogberg U., Maternal deaths related to caesarean section in Sweden, Acta obstet. Gynecol., 68/4, 1989) che la mortalità da taglio cesareo è 6 volte superiore a quella del parto vaginale.

Recentemente Stirrat, ricordando che circa il 50% delle morti materne nel Regno Unito tra il ’91 e il ’93 erano associate con un taglio cesareo, senza tener conto della morbilità materna a lungo termine, che non sembra trascurabile, oltre ai potenziali effetti negativi sul neonato legati a questo tipo di intervento, finisce con l’affermare che: “la moda corrente di un approccio disinvolto al taglio cesareo è difficile da giustificare con le evidenze scientifiche che abbiamo a disposizione” (Stirrat G. M., The place of caesarean section, Contem. Review Obstet. Gynaecol., 10/3, 1998).

Anche il punto di vista degli anestesisti è da tenere in conto. Hawkins, del Dipartimento di Anestesia dell’Università del Colorado, ci ricorda che “molte morti materne dovute a complicanze dell’anestesia si verificano durante l’anestesia generale in corso di taglio cesareo, ma anche l’anestesia regionale non è priva di rischi, principalmente per la tossicità degli anestetici locali e per i blocchi regionali attuati eccessivamente in alto” (Hawkins J. L. et Al., Anesthesia –related deaths during obstetric delivery in the United States, 1979-1990, Anesthesiology, 86/2, 1997).

Langer, dell’Università di Strasburgo, mette in guardia contro l’eccessiva superficialità con cui viene considerato l’intervento: “il cesareo è attualmente considerato come sicuro dal grosso pubblico, il quale è di solito inconsapevole delle sue conseguenze in termini di mortalità e morbilità materna e continua a considerare questa forma di parto come la più sicura per il neonato.

È stato chiaramente dimostrato che i tagli cesarei sono associati con percentuali di morbilità materna e perinatale più alte dei parti per via vaginale e che aumentano la mortalità materna da cinque a sette volte. In questo aumento “il timore di conseguenze legali per malpractice gioca un ruolo indiscusso” ( Langer B. et Al., Que penser du taux de cesarienne en France?, J. Gynecol.

Obstet. Biol. de la Reproduction, 27/1, 1998).

Proprio per questi motivi Shearer si sente di affermare che “è stato stimato che approssimativamente la metà dei cesarei correntemente eseguiti negli Stati Uniti non sono necessari da un punto di vista medico e hanno come risultato una considerevole mortalità e morbilità materna altrimenti evitabile” (Shearer E. L., Cesarean section: medical benefits and costs, Soc. Sci. Med., 37/10, 1993).

(15)

E anche Schuitemaker afferma che “sebbene il taglio cesareo sia al giorno d’oggi una procedura relativamente sicura la nascita mediante taglio cesareo in Olanda è sette volte più rischiosa del parto per via vaginale. Cercare di comprimere la percentuale di cesarei quanto più ridotta possibile è pertanto nell’interesse della donna in età riproduttiva” (Schiutemaker N. et Al., Maternal mortality after cesarean section in the Netherlands, Acta Obstet. Gynecol. Scand., 76/4, 1997).

CONDOTTA ASSISTENZIALE E DISTOCIA DI SPALLA

Premesso quindi che feti macrosomi, in madri primipare e magari diabetiche, possono nascere, soprattutto se correttamente assistiti, in ottime condizioni, mentre feti di peso normale, qualora assistiti senza tutte le cautele dell’arte, ma anche per pura fatalità, possono presentare paralisi del plesso brachiale, persino se estratti dall’addome materno con taglio cesareo (Al Quattan M.M., Obstetrical brachial plexus injury in newborn babies delivered by Cesarean section, J. Hand.

Surg., 21/2, 1996), è di estrema importanza per cautelarsi il più che sia possibile da eventuali censure, predisporre sempre l’assistenza secondo i protocolli più prudenti e valutare per tempo le caratteristiche cliniche e le possibilità di cooperazione della partoriente quando si arriverà al momento dell'espulsione del feto.

Di questa accurata valutazione deve restare traccia nella cartella clinica.

Nel sospetto che possano verificarsi difficoltà nell’espulsione delle spalle è necessario predisporre, pronto a intervenire, il necessario personale d'assistenza: infermiere, ostetrica, specialista ginecologo, anestesista, pediatra.

Panel et Al. (Accouchement du gros enfant, J. Gynecol. Obstet. Biol. Reprod., 20, 1991), per prevenire le complicanze, ritengono "imperativa la presenza in sala parto dello specialista al momento dell'espulsione al fine di praticare senza ritardo le manovre necessarie in caso di distocia delle spalle. Avviene in effetti che queste manovre sono troppo spesso precedute da una trazione prolungata o troppo energica sulla testa fetale, trazione che è responsabile dell'insorgenza di una paralisi del plesso brachiale e non le manovre successive".

Un costante ripasso da parte del personale delle manovre atte a risolvere la distocia di spalla si è dimostrato molto utile ed è persino suggerito e favorito dalle Compagnie assicuratrici anche con opportune pubblicazioni.

(16)

"Ogni ostetrico ha necessità di avere familiarità con le procedure usate per correggere una simile evenienza. Nella maggior parte dei casi di distocia il feto può essere partorito senza danni se l'ostetrico ha familiarità con determinate procedure operative richieste quando si ha a che fare con questo problema".

"La prima regola è di essere preparati a una possibile distocia di spalla di fronte ad una paziente potenzialmente a rischio. Questo comporta l'avere un clinico esperto presente al momento del parto, un anestesista presente per una anestesia generale necessaria e un neonatologo per le manovre di rianimazione del neonato".

Nel caso si verifichi una difficoltosa espulsione delle spalle è necessario astenersi da manovre intempestive, improvvisate, rudimentali e quindi traumatiche

La letteratura è tassativa a questo proposito e sottolinea che un comportamento di questo genere espone chi lo attua a conseguenze in sede giudiziaria: “For the delivery of the shoulders the so- called Kristeller expression (foundal pressure) must be avoided….Failure of following this principle may become a strong point against the physician in case of a court action deriving from fetal injury “ (Jakobovits, Medico-legal aspects of brachial plexus injury: the obstetrician's point of view, Med. Law, 15/1, 1996).

Hankins et Al. (Brachial plexus palsy involving the posterior shoulder at spontaneous vaginal delivery, Am. J. Perinat., 12/1, 1995) ribadiscono: “fundal pressure as maneuver for the relief of shoulder dystocia is associated with up to a 77 % fetal injury rate”.

È invece necessario porre in atto in modo razionale quelle manovre che hanno dimostrato elevatissimi tassi di successo e innocuità, come ad esempio la manovra di McRoberts assai raccomandabile per la sua semplicità, efficacia e innocuità: "in questa manovra la madre flette ginocchia e gambe contro l'addome e questo ha come risultato un raddrizzamento del sacro rispetto alla colonna lombare con conseguente rotazione verso l'alto della sinfisi e liberazione della spalla anteriore bloccata. Questa procedura avrebbe una percentuale di successo nel 70-80%

dei casi". (Gherman R.B. The McRoberts' maneuver for the alleviation of shoulder dystocia: How successful is it?, American-Journal-of-Obstetrics-and-Gynecology. 176/3 (656-661) 1997)

Attraverso una ricerca sperimentale Gonik B. e collaboratori (Gonik B. et Al., - Objective Evaluation of the Shoulder Dystocia Phenomenon: Effect of Maternal Pelvic orientation on force reduction, Clin. Obstet. Gynecol., 74, 1989) hanno constatato che "i risultati documentano

(17)

obiettivamente che la manovra di McRoberts riduce le forze necessarie all'estrazione delle spalle e lo stiramento del plesso brachiale".

“Presso l'Ospedale Henry Ford adottando un protocollo per la gestione della distocia di spalla usando la manovra di McRoberts come procedura di primo impiego in un anno si verificò un solo caso di danno del plesso brachiale su 2330 parti e così moderato che il neonato ebbe un completo recupero nell'arco di 2 settimane.

L'approccio corretto della distocia di spalla può essere sintetizzato come segue:

1- Quando una trazione moderata verso il basso non riesce a disimpegnare la spalla bloccata deve essere usata la manovra di McRoberts come procedura di primo impiego.

2- Debbono essere evitate una eccessiva pressione soprapubica e un'indebita trazione verso il basso della testa fetale e del collo per ridurre al minimo il danno al feto.

3- Se fallisce la manovra di McRoberts possono essere tentate la manovra di Wood o il disimpegno del braccio posteriore.

Lo specialista che pratica l'ostetricia deve essere ben preparato sui principi che consentono di affrontare questa complicazione che insorge occasionalmente con conseguenze catastrofiche.

Il trattamento di questa complicanza deve essere già pianificato in precedenza e accuratamente fatto proprio dall'ostetrico dal momento che il tempo è insufficiente per un consulto.

È necessario poter avere un aiuto adeguato. L'anestesia è importante.

Sull'opportunità dell'anestesia Gregoriou A. et Al. confermano che anch'essi per far fronte alla distocia di spalle e concludere il parto senza dannose conseguenze hanno "…somministrato immediatamente una anestesia profonda per ottenere un rilasciamento muscolare completo".

Necessità condivisa da Oxon e Foote " … si pone la paziente in anestesia o se già lo è si approfondisce per ottenere un completo rilasciamento muscolare che è di grande aiuto" e da O'Leary: " …la paziente necessita di anestesia."

Tra i provvedimenti più importanti si annoverano quindi:

• "La presenza di un ostetrico esperto, di un pediatra e di un anestesista …

• La diagnosi precoce della distocia.

• Il rilasciamento uterino ottenuto con l'anestesia generale

• L'evitare le trazioni sul collo che producono danno e peggiorano l'ostruzione e le spinte sul fondo uterino.

(18)

La manovra di McRoberts è così semplice che può essere eseguita dagli infermieri, dagli studenti e anche dal marito … essa è estremamente efficace. Essa ha in pratica eliminato la necessità delle altre manovre per ottenere il disimpegno delle spalle.

In ogni caso è sempre la manovra da tentare per prima e deve essere mantenuta anche durante eventuali altre manovre in quanto le facilita.

Una volta posta la diagnosi: "innanzitutto richiedere aiuto, mobilitare gli assistenti l'anestesista e il pediatra … praticare un'ampia episiotomia … vuotare la vescica".

Di tutto quanto viene effettuato e dei tempi dell’esecuzione deve rimanere un resoconto adeguato in vista di eventuale contenzioso.

" … una concisa descrizione degli eventi che hanno preceduto la distocia di spalla e delle manovre effettuate intrapartum deve essere annotata accuratamente in modo dettagliato."

" … questo servirà a documentare come il clinico abbia seguito un ragionevole percorso per anticipare e fronteggiare una emergenza imprevista come la distocia di spalla."

Acker D.B. (A shoulder dystocia intervention form, Obstet. Gynecol. 78, 150, 1991) conferma che :

"La mancanza di una annotazione dettagliata che descriva le manovre usate per risolvere la distocia di spalla ha spesso come risultato una insufficiente e controproducente rappresentazione dei fatti. È necessario pertanto includere una annotazione degli esatti tempi dell'evento e una descrizione delle manovre usate così come una valutazione delle forze di trazione messe in atto.

La nurse deve annotare l'esatto momento dell'espulsione della testa e il momento della completa espulsione del neonato.

Tra le cose da registrare il tipo di anestesia messa in atto quando la distocia di spalla è stata diagnosticata e ogni ulteriore supplemento di anestesia."

E anche Kyank H. (Shoulder dystocia ,Zentralbl. Gynakol. 114/7, 1992) sottolinea l'importanza di stendere una descrizione con tutti i dettagli della condotta tenuta durante il parto nel caso di difficoltà nell’espulsione delle spalle.

Non dimenticare che gran parte dell’eventuale contenzioso si incentrerà sulle annotazioni relative al parto e sull’anamnesi e l’esame clinico che lo hanno preceduto. Annotarsi quindi immediatamente tutti i punti più emergenti dello svolgersi degli eventi in modo accurato e soprattutto leggibile.

(19)

LA RESPONSABILITÀ PROFESSIONALE IN TEMA DI PARALISI OSTETRICA

Purtroppo l’evidenza e la serietà della patologia del plesso brachiale riscontrabile dopo la nascita, una volta che è stato avviato un contenzioso, portano quasi costantemente ad ipotizzare istintivamente una responsabilità di chi o di coloro che hanno assistito al parto stesso.

Non sarà mai abbastanza ribadito che, prima di giungere ad una conclusione del genere, il rigore metodologico e l’etica professionale esigono una scrupolosa e non sempre facile valutazione dei dati a disposizione, che tenga conto di quelle che sono le conoscenze scientifiche su questo dibattuto argomento.

A questo proposito un recente lavoro di Jakobovits in un ampia revisione della letteratura in tema di lesioni del plesso brachiale (A. Jacobovits, Medico-legal aspects of brachial plexus injury: the ostetrician point of view, Medicine and Law, 15/1, 1996), non può fare a meno di constatare come in molte parti del mondo debba rilevarsi un numero sproporzionatamente ampio di cause di responsabilità professionale contro gli ostetrici in relazione a questo tipo di menomazione, mentre ciascuno di questi casi richiede una ben ponderata valutazione, tenendo ben presente che “Praticamente tutti gli autori sono d’accordo che la distocia di spalla non può essere prevista accuratamente ante partum“ e che “il verificarsi di questa complicanza non è ipso facto indice di trascuratezza da parte dei medici”.

Pertanto chi è chiamato ad esprimere un parere su di un evento di questo tipo oltre a ricercare una serie di pratici dettagli assistenziali, quali possono emergere dalla documentazione di cui dispone, deve tener presente un certo numero di evidenze scientifiche, tra le quali emergono per importanza i seguenti dati di fatto:

• distocia di spalla non significa automaticamente insorgenza di un trauma del plesso brachiale

• questo tipo di patologia neurologica non sempre viene riscontrato in seguito ad una distocia di spalla

• “la possibilità di prevedere la distocia delle spalle non supera il 50 %” (Grella P. e Coll.

Compendio di Ginecologia e Ostetricia. Monduzzi, Bologna, 1996)

Partendo sempre da queste premesse, nel caso di una constatata paralisi ostetrica del neonato, si tratterà quindi di valutare, per un parere sufficientemente attendibile ed onesto:

(20)

• Se si verificò realmente la temuta complicanza conosciuta come "distocia di spalla" e se questa sia con certezza all'origine della patologia neurologica del brachiale

• Se tale complicanza era realisticamente prevedibile nel contesto e coi mezzi disponibili nel luogo in cui ebbe a verificarsi, e se furono messe in atto quelle appropriate procedure cliniche di valutazione della partoriente che, nell'ambito della doverosa valutazione complessiva da parte di chi segue l'evoluzione del parto, consentono un ragionevole giudizio prognostico anche per ciò che concerne l'eventualità di questo tipo di distocia;

• Se esistessero validi e incontrovertibili elementi che orientassero il personale sanitario verso la scelta chirurgica, dal momento che a posteriori, e spesso, diciamo pure, con superficialità, grande enfasi viene data alla mancata esecuzione del taglio cesareo in alternativa alla via vaginale. Questa valutazione va fatta proiettandosi a ritroso nel momento in cui questi elementi furono valutati e senza lasciarsi suggestionare dalla constatata infelice conclusione del parto stesso;

• Se al momento del parto fossero state prese quelle precauzioni che sono giudicate utili sia nell'impedire il verificarsi della temuta complicanza che nel fronteggiarla adeguatamente:

episiotomia, presenza dell'anestesista e di personale ausiliario;

• Se e da chi (ostetrica, medico) risultino, per quanto è dato di giudicare con gli elementi disponibili, messe in atto quelle manovre che vengono considerate utili e praticabili per fronteggiare in maniera tecnicamente corretta la temuta complicanza nei drammatici momenti in cui essa si verifica.

• Se ci si astenne da manovre giudicate dannose e come tali da evitare, come trazioni violente e prolungate sull'estremo cefalico e spinte esercitate sul fondo uterino;

• Se successivamente al parto la patologia neurologica, quale che ne fosse l'origine ipotizzabile, fu affrontata dal personale specialistico nei tempi, nei modi e nelle sedi adeguate, visto che buona parte di queste manifestazioni presenta un’incoraggiante tendenza al miglioramento se adeguatamente trattata;

In genere le principali accuse che in sede di contenzioso vengono mosse al personale (ostetrica e medico) che ha assistito al parto sono le seguenti:

• mancata previsione della possibilità del verificarsi della difficoltà nella espulsione delle spalle e quindi mancata predisposizione delle misure atte a fronteggiarla, che in genere vengono sbrigativamente identificate nell’esecuzione del taglio cesareo;

(21)

• scorretti tentativi di risoluzione della distocia con manovre rudimentali e inadatte e pertanto il più delle volte traumatiche e dannose e mancato impiego di manovre innocue e codificate che, se tempestivamente e correttamente applicate, avrebbero consentito la conclusione del parto senza o con minor danno;

• mancato impiego di appropriate misure complementari, come l’ampia episiotomia e l’uso dell'anestesia, soprattutto in caso di scarsa cooperazione della partoriente.

Non v’è dubbio che manovre assistenziali inappropriate possono essere all’origine della distocia di spalla e di danni ad essa collegabili ("Precoci e intense spinte sul fondo uterino favoriscono l'insorgenza di questa situazione e il contemporaneo incunearsi delle spalle nell'ingresso pelvico" Martius." La pressione esercitata sul fondo in assenza di altre manovre ha come risultato un 77% di complicazioni ed è significativamente associata a danni di tipo neurologico e ortopedico" Gross S.J. et Al. - Shoulder Dystocia: Predictors and outcome, A five - year review, Am. J. Obstet. Gynecol. 156/2, 1987), ma è altrettanto vero che tali condotte tecnicamente scorrette non sono automaticamente ipotizzabili di fronte a una patologia del brachiale, e dovrebbero essere adeguatamente documentate per poter giungere ad un giudizio che sia davvero equo e rigorosamente obiettivo.

In particolare poi la valutazione dovrebbe focalizzarsi sulla prevedibilità dell’evento o sulla sua imprevedibilità in quello specifico caso che si sta esaminando, sulla base degli elementi di cui il personale di assistenza poteva realisticamente disporre, o se viceversa vi furono omissioni colpose, in quello che avrebbe dovuto essere il corretto protocollo di valutazione della partoriente.

Una delle censure più specifiche che spesso vediamo muovere ai sanitari sotto il profilo della negligenza consiste nel non aver ripetuto alla gestante un’ecografia nelle prime fasi del ricovero, anche se come abbiamo visto innumerevoli evidenze scientifiche sottolineano la scarsissima capacità di questo esame strumentale nel pronosticare i casi di distocia di spalla.

Altrettanto frequente la censura di imprudenza, che si concretizza spesso nell’aver applicato alla parte bassa dello scavo, nella parte finale del periodo espulsivo, la ventosa ostetrica invece di eseguire un taglio cesareo.

(22)

Come i pratici sanno, il più delle volte è evidente dai dati a disposizione che non è prospettabile che a questa estemporanea applicazione di ventosa ostetrica , resasi necessaria negli ultimi minuti per agevolare l’espulsione del feto a causa di un arresto della progressione nella parte bassa del canale del parto, a parte presentata profondamente impegnata, possa proporsi in alternativa un cesareo profilattico, per l’esecuzione del quale mancava un’indicazione prima dell’inizio o nelle prime fasi del travaglio.

Resta il fatto che il giudizio sarà più critico se si dovrà constatare che chi ha assistito al parto ha ignorato o sottovalutato l’associazione di più fattori di rischio e lasciato che questi si susseguissero o confluissero tra loro senza interrompere questa catena di eventi come ad esempio nel caso in cui, pur avendo constatato uno sviluppo dell’utero superiore alla media e una rotazione della parte presentata lenta e stentata, si decida ugualmente di terminare il parto con una applicazione di ventosa al medio scavo pelvico.

Spesso infine si giudicano imperite le manovre effettuate per risolvere la distocia di spalla sulla base della semplice constatazione dell’esistenza della patologia del plesso brachiale riscontrabile nel nato. Se questa associazione fosse davvero così semplicistica non vi sarebbe certo necessità, nei casi di constatata paralisi del plesso brachiale, di acquisire il parere di consulenti tecnici in tema di responsabilità, in quanto il giudizio di imperizia sarebbe automatico.Se questo parere viene richiesto dai Magistrati è per la necessità di distinguere, di fronte a un doloroso insuccesso della medicina, i casi in cui la condotta dei sanitari fu conforme alla buona pratica clinica, non discostandosi da quelli che erano gli abituali comportamenti medici, consolidati dalla letteratura e dalla pratica all’epoca dei fatti, da quei casi in cui tale condotta se ne discostò in modo così ingiustificato da non poter essere condiviso dalla maggioranza degli specialisti, pur nel rispetto della diversità di ragionevoli opinioni propria della scienza medica.

Spiace quindi dover rilevare che, di fronte alla complessità degli elementi, sia materni che fetali, che entrano in giuoco nel determinismo della distocia di spalla, e che anche in mani molto sperimentate possono giungere a determinare la patologia nervosa di cui stiamo trattando, spesso non solo i consulenti di parte, ma anche quelli d’ufficio, si limitino talvoltaad un giudizio del tutto semplicistico.

(23)

La pur dolorosa constatazione del danno riportato dal neonato non può né deve indurre ad una valutazione che non sia del tutto analitica e rigorosa degli elementi che il consulente ha a disposizione, filtrati alla luce dell’esperienza e dei dati della letteratura specialistica.

Non è affatto detto, tanto per fare un esempio, che di fronte ad un feto megalosoma (o macrosoma), cioè di peso superiore ai 4.000 gr, si debba sempre e comunque ricorrere al taglio cesareo per l’espletamento del parto.

Le acquisizioni della scienza ostetrica su questi temi non possono essere trascurate, e debbono contribuire ad un sereno giudizio su eventi di questo genere, a meno che, come mettono in guardia autorevoli giuristi, non si tenda “ a ravvisare la colpa del sanitario in ogni caso ad esito infausto” (Iadecola G., La responsabilità del medico per colpa professionale, Padova, Cedam 1993).

È necessario quindi un attento esame, che permetta di giudicare non in base al risultato finale, ma valuti con rigore se la scelta della via messa in atto dallo specialista era giustificata con gli elementi di cui poteva disporre, purché adeguatamente utilizzati, e poteva essere giudicata come gravata del minor margine di rischio nell’interesse materno e fetale anche se, contrariamente alle aspettative razionalmente e statisticamente giustificabili, non tutto poi giunse a buon fine.

“Agire con imprudenza infatti comporta una buona dose di prevedibilità e di previsione dell’evento nonostante le quali si agisce lo stesso. Il non prevedere deve essere colpevole, non si è previsto cioè quello che in questo caso lo specialista medio normalmente dovrebbe prevedere come conseguenza della sua azione od omissione (Introna F., La responsabilità professionale nell’esercizio delle arti sanitarie, Padova 1955).

Se è vero quindi che l’imprudenza si concretizza in un’attività che non si accompagna a quelle cautele che l’ordinaria esperienza suggerisce, per poter correttamente valutare l’operato del sanitario o dell’ équipe coinvolta in un caso di danno del plesso brachiale bisognerà in conclusione vedere se questi abbiano messo in atto una condotta al di fuori della normale prassi e non condivisa dalla maggioranza degli specialisti, o abbiano semplicemente scelto un indirizzo terapeutico possibile e praticabile, suffragato da una serie di elementi che in un caso analogo sarebbero tenuti nella stessa considerazione da larga parte degli esercenti dell’arte, nella convinzione di far correre il minor rischio sia alla madre che al figlio. Se in conclusione sia stata fatta una scelta ponderata e ragionevole, mettendo con cognizione di causa sulla bilancia i potenziali rischi e benefici materno fetali.

(24)

La Liability Insurance Company of Pennsylvania, analizzando 35 casi di contenzioso in tema di distocia di spalla, ha individuato una serie di “bandiere rosse” di allarme che potrebbero essere prese in considerazione come possibili elementi predittivi.

Il rilevare nella documentazione clinica che questi elementi furono raccolti e presi in considerazione da parte dei sanitari, deve suscitare nell’esperto chiamato ad esprimere un giudizio un’impressione favorevole e pertanto sarebbe bene che non venissero mai omessi e annotati.

• Peso del padre e della madre al momento della nascita;

• Precedenti familiari e personali di diabete gestazionale e non gestazionale. Carico glicidico in gravidanza;

• Traumi riportati dalla partoriente nella regione pelvica;

• Statura e incremento ponderale in gravidanza;

• Protrazione;

• Pregressi feti macrosomi e parti distocici;

• Precedenti familiari di handicaps;

• Reperti ecografici in gravidanza.

A questi rilievi dovrebbe far seguito l’annotazione di una adeguata discussione con la gestante sulla via da seguire qualora esistano elementi che facciano supporre fattori di rischio (es. peso stimato > 4500 o 4000 g., se coesistono fattori di rischio diabetico) per la distocia di spalla e l’acquisizione del suo consenso informato.

Nel corso del parto la Società assicuratrice statunitense propone i seguenti suggerimenti:

• Annotare i tempi del periodo dilatante, posizione e modalità di impegno;

• Registrare modalità tempi e tappe dell’espulsione e manovre effettuate per risolvere l’eventuale distocia, distinguendo fra le varie figure sanitarie.

A queste annotazioni potremmo aggiungere:

• Accorgimenti clinici messi in atto per valutare le dimensioni fetali: manovre di Leopold, misurazione della distanza sinfisi-fondo uterino anche con fettuccia metrica;

• Collaborazione prestata dalla paziente;

• Descrizione delle caute e non eccessive modalità di trazione messe in atto inizialmente;

• Presenza e collaborazione del anestesista e del pediatra ed eventuale altro personale qualificato;

(25)

• Effettuazione di ampia episiotomia;

• Laddove possibile emogasanalisi che documenti che il feto non era atossico.

I RAPPORTI CON LA GESTANTE E IL SUO ENTOURAGE

Nonostante possa sembrarci strano, l’enorme contenzioso che si è sviluppato in alcuni paesi prima che nel nostro su argomenti come quello di cui stiamo trattando ha portato gli esperti delle compagnie assicuratrici a suggerimenti cautelativi che ai nostri occhi appaiono forse esagerati.

In uno di questi documenti, diffuso tra gli associati dalla Obstetrical Task Force and Physicians Insurance dell’American Academy of Family Physicians, sotto la denominazione

“Minimizing Obstetrical Risk” viene suggerito persino in che modo informare la gestante sul potenziale rischio di un macrosoma così come segue: ”Ms. Jones io sospetto che lei abbia un bambino più grande della media. Talvolta con i bambini grandi il parto delle spalle dopo l’uscita della testa avviene con difficoltà e in rare occasioni può essere seguito da un danno permanente.

Se il suo travaglio non è normale o se lei non è in grado di spingere fuori il suo bambino senza il mio aiuto, noi potremmo trovarci nella necessità di eseguire un taglio cesareo o provare alcune altre tecniche per aiutare la fuoruscita del bambino”, informando poi delle varie opzioni assistenziali possibili.

Lo stesso documento ricorda come sia essenziale che resti documentazione scritta di questa informazione e delle scelte fatte e ne suggerisce anche la traccia come segue: “ Il rischio della distocia di spalla con un bambino grosso è stato discusso con la Sig.ra Jones e il suo partner. Essi desiderano che si proceda nel travaglio di parto sino a quando il suo decorso si manterrà normale.

Le metodiche, le alternative, rischi e benefici di un parto operativo sono stati discussi con la paziente. La paziente è d’accordo per un parto operativo se necessario.” Oppure “I rischi della distocia di spalla associati con la presenza di un feto voluminoso sono stati discussi con la Sig.ra Jones e il suo partner. Sua sorella ha già avuto un bambino con una menomazione permanente del plesso brachiale. La Sig.ra Jones preferisce accettare i rischi di un taglio cesareo piuttosto che un rischio per il suo bambino”.

Il documento conclude sull’importanza di rimanere in contatto con le pazienti il cui bambino ha avuto un danno del plesso brachiale, dal momento che il far sapere che ci si preoccupa

(26)

dell’evoluzione può avere un notevole valore. A questo fine non mancano delle “Guidelines” per il medico che è incappato in questo spiacevole e serio inconveniente: “L’impulso a rimuovere il problema e ad evitare la famiglia del bambino può essere forte ciononostante:

IN OSPEDALE

1. Sedete sul letto o su di una sedia accanto al letto quando parlate con la neo-mammma e la famiglia

2. Guardate negli occhi mamma e familiari

3. Ripercorrete la sequenza degli eventi: quello che è stato o non è stato fatto 4. Informate che:

• Ogni 1000 parti da 15 a 60 possono complicarsi con una distocia

• Anche se la distocia di spalla è spesso associata con un bimbo grosso può verificarsi anche con uno normale o di piccole dimensioni

• L’80% dei bambini con un danno del plesso brachiale vanno incontro a una completa ripresa entro un anno

5. Fate comprendere alla famiglia la vostra partecipazione

6. Chiedete alla mamma se desidera che voi torniate a spiegare i dettagli ad altri familiari 7. Contattate il vostro assicuratore per i consigli del caso

DOPO LA DIMISSIONE

1. Telefonate alla famiglia dopo una settimana e ancora dopo un mese (più spesso può essere indicato)

2. Se avete la sensazione che vi è qualche familiare o amico di famiglia che ce l’ha con voi , chiedete il permesso alla paziente di contattarlo individualment , invitatelo al vostro studio. Fate capire alla famiglia che non siete preoccupato.

3. Se il bambino viene trasferito e la cosa vi è possibile, visitate l’Unità Intensiva Neonatale quando i genitori lo vanno a vedere.

È evidente che non tutti questi suggerimenti sono applicabili alle nostre latitudini e in tutti i casi, ma restano comunque sintomatici dell’atmosfera che si determina oltreoceano nel tentativo di

(27)

far fronte all’enorme contenzioso medico, specialmente in relazione alla patologia neurologica neonatale di cui stiamo trattando.

CONCLUSIONI

Il rilievo della cosiddetta "paralisi ostetrica" nel nuovo nato non è né potrà mai essere, in una corretta valutazione medico legale di responsabilità, automatico indizio di negligenza o imprudenza nelle scelte assistenziali, né di comportamento imperito nelle manovre attuate per l’espulsione delle spalle, sino a incontrovertibile e documentabile prova contraria che dovrà essere illustrata con solidi e non generici argomenti, una volta escluse, come abbiamo visto, altre cause non correlate alla condotta dei sanitari, espressione della difficoltà che, anche in mani prudenti e sperimentate, può incontrare la previsione e la risoluzione di questa complicanza, che è solita rivelarsi nella sua gravità solo nell’ultima fase del parto.

Un parere di imperizia nelle manovre assistenziali o di imprudenza relativamente alla scelta della via di espletamento del parto o di negligenza nel seguirne l'evoluzione dovrà sempre tener conto delle nozioni che siamo andati elencando e della complessità degli elementi che vanno doverosamente cercati nella documentazione di cui si dispone, senza escludere quelli ricavabili dalla visita ginecologica della periziando, come eventuali caratteristiche sfavorevoli del canale del parto nei suoi vari elementi che fossero state ignorate o sottovalutate al momento del parto stesso.

Quanto abbiamo detto può anche essere d'aiuto per formalizzare protocolli di valutazione e di assistenza per il personale sanitario, che contribuiscano a ridurre nei limiti del possibile l'incidenza della distocia di spalla e le sue possibili conseguenze, senza identificare il Taglio Cesareo come unica strada che possa cautelare contro eventuali chiamate in giudizio.

Un’adeguata informazione e collaborazione della partoriente e se possibile un suo eventuale consenso informato sono comunque, e lo saranno sempre più, un momento irrinunciabile delle modalità e delle scelte assistenziali.

Riferimenti

Documenti correlati

2/5/2014 Adapt, rischio paralisi altissimo per Garanzia Giovani - Adnkronos

Sezione orizzontale della rocca: segmento labirintico ┴ all’asse della rocca, obliquo in senso latero-supero-mediale,.. progressivamente &gt; superficiale, parete post-sup

I percorsi terapeutici dei bambini con PC possono essere quindi molto diversi tra di loro in base all’età, al tipo di danno neurologico, alle problema- tiche emergenti,

Agency for International Business Promotion of the Modena Chamber of Commerce with a view to showing that it is possible to guide the global stakeholders to better apprehend

Il tipo di lesioni riscontrate nella neonata, paralisi ostetrica e frattura della clavicola, nonché la testimonianza dell’ostetrica: “La bambina faticava ad uscire

DINA GUGLIELMI Professoressa ordinaria Dipartimento di Scienze Dell’Educazione “Giovanni Maria Bertin”, Università degli Studi di Bologna. AGNESE ZAMBELLI Borsista di

10 Tra i tanti sul punto S TELLA , Giustizia e modernità, cit., 353, “si assiste così alla crisi del diritto penale d’evento: ancorato al minimo assoluto (per

Le aule adibite ai corsi saranno al piano seminterrato (Gruppo A1 e A2) e l’auletta al secondo piano (Gruppo A0) del plesso ex asilo; al primo piano del plesso nuovo per