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Giurisprudenza : Insidia stradale, sinistro, responsabilità, fatto illecito, ANAS, colpa Cassazione civile, sez. III, sentenza

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Giurisprudenza : Insidia stradale, sinistro, responsabilità, fatto illecito, ANAS, colpa Cassazione civile , sez. III, sentenza 16.01.2013 n° 907

Anche se l’anas ha dimesso il tratto stradale teatro dell’incidente con consegna al Comune, ma comunque continua ad effettuare,di fatto, la manutenzione ordinaria e straordinaria del tratto di strada ove è avvenuto l’incidente , è comunque responsabile ai sensi dell’art. 2043 c.c, se il guard-rail, elemento determinante del sinistro, era stato posto in opera dalla stessa ‘Anas che ne aveva curato sempre la manutenzione.

Il gestore della strada pubblica, in virtù del principio del neminem laedere, è tenuto a far sì che il bene demaniale non presenti una situazione di pericolo occulto per l’utente, dando luogo al c.d. trabocchetto o insidia stradale. L’insidia stradale, d’altronde, intesa come pericolo occulto, non visibile e non prevedibile, non integra una regola sostanziale, cioè un’autonoma figura di illecito, ma è solo una figura sintomatica del comportamento colposo dell’ente gestore della strada pubblica. La norma di riferimento rimane quindi sempre l’art. 2043 c.c., e la colpa dell’ente gestore consiste nell’aver creato un affidamento nell’utente della strada o delle sue pertinenze, sulla non pericolosità della stessa. (Contrariamente a quanto è invece nella fattispecie accaduto al ricorrente, ove il guard-rail, tenuto in cattivo stato di manutenzione, a seguito dell’urto della sua autovettura, che sbandava nel percorrere una rotonda, era penetrato come una lama nell’autovettura stessa tranciando entrambe le gambe del guidatore allora diciannovenne.) Dott.

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Giuseppe Aiello, C.te Polizia municipale di Lioni. Ins.to da arial 29.01.2013

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE SEZIONE III CIVILE

Sentenza 10 ottobre 2012 – 16 gennaio 2013, n. 907 (Presidente Petti – Relatore Armano)

Svolgimento del processo

Con citazione del 15-1-93 M..B. ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Brescia l’Anas per ottenere il risarcimento dei danni subiti in data (omissis) mentre percorreva la Statale (omissis) allorquando, nel percorrere la rotonda esistente in località (omissis), l’autovettura sbandava ed andava ad urtare contro un guardrail in cattivo stato di manutenzione con pezzi di lamiera non più agganciati e posizionati orizzontalmente che, quasi come una lama, si conficcarono nel vano motore amputandogli ambedue le gambe all’età di appena diciannove anni.

L ’ A n a s n e l c o s t i t u i r s i i n g i u d i z i o h a n e g a t o o g n i responsabilità perché il sinistro era da addebitare a colpa esclusiva dell’attore eccependo inoltre di avere dimesso il tratto stradale teatro dell’incidente fin dal …, con consegna al Comune di Presceglie.

Dopo l’espletamento della prova testimoniale il Giudice ha ordinato la chiamata in causa del Comune di Presceglie ex art.107 c.p.c. nei cui confronti il B. ha esteso la domanda di risarcimento del danno. Il Comune nel costituirsi ha negato ogni addebito, sul rilievo che il guard-rail era stato posto in opera dall’Anas che ne aveva curato sempre la manutenzione.

Il Tribunale di Brescia Ritenuto che il diritto dell’attore nei confronti del Comune di Preseglie era prescritto ai sensi dell’art. 2947 2 comma c.c. e che l’evento dannoso era

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ascrivibile nella misura di due terzi alla condotta di guida del B. , che aveva affrontato la rotatoria a velocità eccessiva perdendo il controllo dell’autovettura, e per un terzo all’Anas, che aveva posizionato il guard-rail in modo abonrome, ha respinto la domanda di risarcimento nei confronti del Comune ed ha condannato l’Anas al pagamento in favore del B. della somma di Euro 220.000,00, somma da cui ha escluso il risarcimento il danno patrimoniale. Avverso detta sentenza ha proposto appello principale l’Anas e appello incidentale il B.

ed il Comune di Presceglie.

Con sentenza depositata il 2-3-2006 la Corte di Appello di Brescia ha rigettato l’appello principale dell’Anas,ha accolto in parte l’appello incidentale del B. nei confronti dell’Anas e, ferma la ripartizione di responsabilità fra il B. e l’Anas come determinata dal primo giudice, ha condannato l’Anas a risarcire al B. anche il danno patrimoniale non liquidato dal Tribunale.

Ha confermato il rigetto della domanda di risarcimento proposta dall’attore nei confronti del Comune di Presceglie ed ha dichiarato inammissibile, perché nuova, la domanda proposta dall’Anas nei confronti del Comune.

Propone ricorso l’Anas con quattro motivi.

Resiste con controricorso il Comune di Presceglie e propone ricorso incidentale con quattro motivi.

Resiste con controricorso M.B.

L’Anas resiste con controricorso al ricorso incidentale del Comune di Presceglie.

Motivi della decisione

Preliminarmente vanno riuniti i ricorsi a norma dell’art. 335 c.p.c. in quanto proposti avverso la stessa sentenza.

1. M..B. ha eccepito l’inammissibilità del ricorso dell’Anas

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per mancanza di sottoscrizione della copia notificata del ricorso da parte del difensore in violazione dell’artt. 365 c.p.c.

2. L’eccezione è infondata.

ai fini dell’ammissibilità del ricorso per cassazione, qualora l’originale dell’atto rechi la firma del difensore munito di procura speciale e l’autenticazione, ad opera del medesimo, della sottoscrizione della parte che la procura ha conferito, la mancanza di tale firma e dell’autenticazione nella copia notificata non determinano l’invalidità del ricorso, purché la copia stessa contenga elementi, quali l’attestazione dell’ufficiale giudiziario che la notifica è stata eseguita ad istanza del difensore del ricorrente, idonei ad evidenziare la provenienza dell’atto dal difensore munito di mandato speciale.

La mancanza di tale attestazione, non consentendo di accertare l’identità della persona che ha richiesto la notifica, determina l’inammissibilità del ricorso. Cass., Sentenza n.

4548 del 24/02/2011; Cass. Sentenza n. 5932 del 11/03/2010;

Cass., Sentenza n. 636 del 15/01/2007.

3. Nella specie l’originale del ricorso è sottoscritto d a l l ’ a v v o c a t o d e l l o S t a t o T i t o V a r r o n e e risulta,dall’attestazione dell’ufficiale giudiziario, che la notifica è stata effettuata a richiesta dell’Avvocatura Generale dello Stato.

4. Si osserva inoltre che il ricorso non contiene la procura speciale in quanto, come statuito dalle S.U. 7/8/2001, n.

10894, anche nell’ipotesi di rappresentanza e difesa facoltativa degli enti pubblici da parte dell’Avvocatura dello Stato, non è necessario che, in ordine ai singoli giudizi, l’ente rilasci uno specifico mandato all’Avvocatura medesima, giacché, a norma dell’art. 45 del regio decreto n. 1611 del 1933, anche al patrocinio cosiddetto facoltativo si applica il

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secondo comma dell’art. 1 del citato regio decreto, a termini del quale gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede e non hanno bisogno di mandato, neppure nei casi nei quali le norme ordinarie richiedono il mandato speciale, bastando che consti della loro qualità. (Fattispecie relativa alla difesa in giudizio dell’Ente Nazionale per le Strade, per il quale è previsto il patrocinio facoltativo dell’Avvocatura dello Stato a norma dell’art. 2, quarto comma, D.Lgs. n. 143 del 1994).

5. Con il primo motivo si denunzia violazione e falsa applicazione degli artt. 2043 e 2051 c.c., dell’art. 28 della L. 20-3-1865 n.2248 all. F e dell’art. 5 R.D. 15-11-1923 n.

2506 ex art. 260 n. 3 c.p.c.

Assume la ricorrente che erroneamente la Corte di merito ha ritenuto che a carico dell’Anas vi fosse l’obbligo di m a n u t e n z i o n e e d i c u s t o d i a d e l l a s t r a d a o g g e t t o dell’incidente, mentre l’obbligo di custodia andava posto a carico del Comune di Presceglie, al quale con ordinanza del 1982 era stato comunicato dall’Anas che il tratto in oggetto non costituiva più strada statale e rientrava nel demanio comunale.

6. Con il secondo motivo si denunzia vizio di motivazione per avere la Corte di merito accertato che la strada oggetto del sinistro era di proprietà del Comune di Presceglie, senza riconoscere che a tale ente in qualità di custode competeva la manutenzione della strada e del guardrail.

7. Con il terzo motivo si denunzia vizio di motivazione per aver la Corte di merito ritenuto l’Anas responsabile del risarcimento dei danni per aver continuato a occuparsi della manutenzione del tratto stradale in oggetto anche dopo il 1982.

A s s u m e l a r i c o r r e n t e A n a s c h e l a c i r c o s t a n z a c h e saltuariamente si fosse occupata della manutenzione del tratto

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in oggetto, in quanto vicino ad una strada statale,non poteva avere alcuna rilevanza fra l’Anas ed il Comune,e, una volta dismesso il tratto stradale, non poteva costituire fonte legale o negoziale per far sorgere l’obbligo di custodia.

8. I tre motivi si trattano congiuntamente per a stretta connessione logico giuridica e sono infondati.

Va anzitutto premesso che, essendo stata la questione introdotta e trattata nelle fasi di merito sotto il profilo della norma di cui all’art. 2043 c.c., negli stessi termini deve continuarsi ad esaminare in sede di legittimità (cfr.

S.U. 7.8.2001, n. 10893).

Il B. ha richiesto il risarcimento dei danni derivanti dalla cattiva manutenzione del tratto stradale, su cui erano presenti buche che assentamente hanno provocato lo sbandamento d e l l ’ a u t o v e t t u r a , e d a l g u a r d r a i l , p o s i z i o n a t o dall’Anas,citato come gestore della strada, e dalla stessa tenuto in cattivo stato di manutenzione, facendo valere la generalissima responsabilità ex art. 2043 c.c.

Le sentenze di primo e secondo grado hanno esaminato la domanda sotto il profilo della responsabilità ex art. 2043 c.c., non facendo alcuna menzione della presunzione di responsabilità che grava sul custode ai sensi dell’art. 2051 c.c. e dell’eventuale prova del caso fortuito fornita dal custode per liberarsi della presunzione di responabilità.

9. Il punto su cui si fonda la ratio decidendi della sentenza impugnata è che il guard-rail era stato posizionato dall’Anas e che la manutenzione della rotonda e del guard rail era stata sempre curata dall’Anas, anche dopo la formale dismissione avvenuta con il provvedimento del 1982.

Stante tale ricostruzione fattuale, la Corte di merito ha ritenuto sussistere la responsabilità dell’Anas,,tenuta alla manutenzione, a norma dell’art. 2043 c.c., sotto il profilo dell’insidia stradale.

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10. L’insidia stradale, intesa come pericolo occulto, non visibile e non prevedibile, non integra una regola sostanziale, cioè un’autonoma figura di illecito, ma è solo una figura sintomatica del comportamento colposo dell’ente gestore della strada pubblica, che, in virtù del principio del neminem laedere, è tenuto a far si che il bene demaniale non presenti per l’utente una situazione di pericolo occulto, cioè non visibile e non prevedibile, che dia luogo al c.d.

trabocchetto o insidia stradale.

11. La norma di riferimento rimane pur sempre l’art. 2043 c.c., e la colpa dell’ente gestore consiste nell’aver creato un affidamento nell’utente della strada o delle sue pertinenze, sulla non pericolosità della stessa, quale appare, contrariamente a quanto è invece nella realtà accaduto poiché il guar rail, tenuto in cattivo stato di manutenzione, a seguito dell’urto, è penetrato come una lama nell’autovettura tranciando entrambe le gambe del guidatore.

12. Non ricorre la dedotta violazione di legge in quanto i giudici di merito hanno rispettato le norme regolatrici della fattispecie, come introdotta in citazione dall’attore, e l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità e dalla prevalente dottrina.

13. Non coglie nel segno la censura di vizio di motivazione della sentenza impugnata là dove ha fatto discendere dalla circostanza che l’Anas si occupava della manutenzione del tratto stradale un obbligo di intervento a carico della stessa, il cui inadempimento la rendeva responsabile nei confronti del B.

14. Tutte le censure articolate dalla ricorrente – anche là dove denunciano la violazione o la falsa applicazione di norme d i l e g g e – s i r i s o l v o n o i n u n a c o n t e s t a z i o n e dell’utilizzazione della prova per presunzioni e della rilevanza probatoria degli elementi valorizzati dal giudice di merito.

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Ma tali critiche non considerano, per un verso, che la prova per presunzioni costituisce prova completa, alla quale il giudice del merito può legittimamente ricorrere, anche in via esclusiva, nell’esercizio del potere discrezionale, i s t i t u z i o n a l m e n t e d e m a n d a t o g l i , d i c o n t r o l l a r n e l’attendibilità e di scegliere, tra gli elementi probatori sottoposti al suo esame, quelli ritenuti più idonei a dimostrare i fatti costitutivi della domanda; e, per l’altro verso, che è riservata all’apprezzamento discrezionale del giudice del merito la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, a e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di presunzione (Cass., Sez. 3^, 4 marzo 2005, n. 4743; Cass., Sez. 3^, 11 maggio 2007, n. 10847; Cass., Sez. 3^, 13 novembre 2009, n.

24028).

15. L’unico sindacato riservato al giudice di legittimità è, infatti, sulla congruenza della relativa motivazione, nel controllo cioè che le argomentazioni giustificative del convincimento espresso dal giudice di merito siano immuni da incoerenza logica e da vizi giuridici o da omissioni vertenti su elementi decisivi, che abbiano formato oggetto di rituali deduzioni.

16. La Corte di appello ha affermato che nella specie non r i l e v a l a p r o p r i e t à f o r m a l e d e l l a s t r a d a b e n s ì l’individuazione del soggetto tenuto o che comunque ha curato la manutenzione del tratto stradale interessato dal sinistro.

Dalla istruttoria espletata è emerso che il guard-rail causa dell’incidente era stato posto a protezione del tratto di strada sovrastante il torrente XXXXXX dall’Anas prima del XXXX e si congiungeva con un altro guard rail rettilineo posizionato dall’Anas o dalla Provincia di Brescia, con esclusione di alcun intervento da parte del Comune di Preseglie; e che il tratto di strada non era stato mai formalmente consegnato al Comune di Preseglie dall’Anas, e che quest’ultima ne aveva sempre curato la manutenzione.

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Il teste Ro..Be. , tecnico dei comune di Preseglie, ha dichiarato che la manutenzione ordinaria e straordinaria del tratto di strada ove è avvenuto l’incidente è sempre stata effettuata dall’Anas che la curava tutt’ora.

Il teste b.a. , capo cantonierie Anas, ha dichiarato che l’Anas ha sempre curato la manutenzione della rotonda alla cui protezione era stato posto il guard-rail.

17. La Corte di merito ha escluso qualsiasi responsabilità del Comune di Preseglie, che non ha posizionato il guard-rail e che non ne curava la manutenzione, né ordinaria né straordinaria, perché questa era di pertinenza esclusiva dell’Anas che, indipendentemente da qualsiasi provvedimento sulla proprietà formale della strada, ha continuato a comportarsi come proprietaria della rotatoria e dei vari tratti di accesso alla stessa, anche dopo l’incidente de quo.

18. Le argomentazioni della Corte di merito sono logiche, non contraddittorie e conformi al diritto, e adeguatamente danno conto degli elementi istruttori valutati e ritenuti prevalenti su cui si è fondato il convincimento del giudice.

19. Con il quarto motivo si denunzia violazione art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 3 per aver la Corte di merito omesso di pronunziarsi sul sesto motivo di appello con cui l’Anas aveva contestato l’accertato concorso di responsabilità nella causazione dell’incidente.

20. Il motivo è inammissibile.

L’omessa pronuncia su una domanda, ovvero su specifiche eccezioni fatte valere dalla parte, risolvendosi nella violazione del principio di corrispondenza fra il chiesto ed il pronunciato (art. 112 cod. proc. civ.), deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 4, e, conseguentemente, è inammissibile il motivo di ricorso con il quale la relativa censura sia proposta sotto il profilo della violazione di norme di diritto, ovvero come

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vizio della motivazione (v. ex plurimis Cass. n. 375 del 2005;

n. 14003 del 2004; n. 604 del 2003; n. 9707 del 2003; n. 11260 del 2000, Sez. 3, Sentenza n. 7268 del 11/05/2012).

Il ricorso incidentale del Comune è assorbito.

Le spese del giudizio fra l’Anas ed il Comune di Preseglie si compensano in considerazione dell’assorbimento del ricorso incidentale e seguono la soccombenza fra l’Anas e B.M.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara assorbito il ricorso incidentale.

Compensa le spese del giudizio di cassazione fra l’Anas ed il Comune di Preseglie e condanna l’Anas al pagamento delle spese processuali in favore di B.M. , liquidate in Euro 8.200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Corte dei Conti condanna il Comandante per danno erariale determinato dall’omessa notifica dei verbali

Corte dei conti Sezione giurisdizionale centrale d’appello sez. III 19/6/2013 n. 407 La mancata notifica dei verbali di accertamento di violazioni al Codice della strada comporta la responsabilità erariale del comandante della polizia municipale che omette di controllare il regolare svolgimento delle procedure di notifica. Egli, pertanto. è chiamato a

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risarcire il danno economico provocato alle casse comunali. il Comandante è ritenuto responsabile esclusivo del servizio redazione ed invio (per notificazione) delle contravvenzioni al Codice della Strada acclarate nel territorio intercomunale”

Sulla colpa grave per danno erariale determinato dall’omessa notifica dei verbali – non salva il comandante il complesso quadro normativo. G. aiello agosto 7.08.2013 2013

Corte dei conti Sezione giurisdizionale centrale d’appello sez. III 19/6/2013 n. 407

(Omissis) FATTO

E ’ i m p u g n a t a l a s e n t e n z a n . 6 9 / 2 0 1 0 d e l l a S e z i o n e giurisdizionale per la Regione Marche che ha condannato l’odierno appellante al pagamento di euro 4.000,00, aumentata della rivalutazione monetaria e con gli interessi legali dalla pubblicazione all’effettivo soddisfacimento del credito dell’erario oltre le spese del giudizio (liquidate in euro 529,45) a favore dell’Erario statale.

L’appellante, nella sua qualità di Comandante del corpo di Polizia municipale del Comune di …, è stato convenuto nel giudizio di primo grado unitamente a un dipendente del suo Ufficio (parimenti condannato, ma non appellante), per aver prodotto danno all’Erario del Comune provvedendo, fuori termini, alla notifica di verbali di accertamento di contravvenzioni stradali.

La Corte di primo grado ha ritenuto la responsabilità limitata ai verbali tardivamente notificati per l’esercizio 2005, ritenendo, invece, che per quelli del 2004, una certa difficoltà normativa poteva escludere la colpa grave in capo ai convenuti. L’importo per cui è condanna è la risultante della sottrazione dall’importo complessivamente richiesto dal Procuratore regionale (8.418 euro) dell’importo dei verbali relativi, appunto, al 2004; sull’importo di danno così determinato (complessivamente 5.490 euro) è stata effettuata la ripartizione tra i due convenuti in primo grado e la

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Sezione territoriale ha ritenuto equo, ai sensi dell’art. 1226 c.c, porre a carico dell’odierno appellante, proprio per la carica rivestita di capo dell’ufficio, l’importo di euro 4.000,00.

L’appellante, ritiene la sentenza ingiusta e propone appello p e r i m o t i v i n o n s p e c i f i c a m e n t e i n d i c a t i , m a c o s ì ricostruibili (nelle more dell’attuazione dell’art. 342 cpc nella nuova formulazione).

L’appellante considera cha la Sezione territoriale ha accolto, in motivazione, la propria difesa riguardante le difficoltà interpretative cui avevano dato luogo gli artt. 126 e 180 del Codice della strada (CdS), ma avrebbe errato nel considerare risolti tali dubbi interpretativi nel febbraio 2005, allorché il Ministero dell’Interno, modificando il suo precedente orientamento e prendendo atto del contenuto della Sentenza della Corte Costituzionale 27/2005, disponeva per l’applicabilità della sanzione di cui all’art. 180 CdS nelle ipotesi di mancata comunicazione, da parte del proprietario del veicolo, del soggetto conducente dello stesso al momento del rilevamento dell’infrazione.

Il Giudice di primo grado ha ritenuto che diversamente, per le infrazioni contestate nell’anno 2005 i responsabili della locale Polizia municipale avrebbero dovuto applicare con sollecitudine le nuove istruzioni impartite dal Ministero dell’interno, nel mutato quadro normativo determinato dalla sentenza “additiva” del Giudice delle leggi. Non vale al riguardo eccepire che, anche dopo la sentenza della Corte C o s t i t u z i o n a l e , o c c o r r e v a a t t e n d e r e l ’ i n t e r v e n t o chiarificatore del Legislatore in quanto il Giudice di pace di Recanati non aveva mutato il proprio orientamento.

Sicché, scrive la difesa dell’appellante, la soluzione al problema avrebbe dovuto rinvenirsi nel ricorso agli ordinari mezzi di impugnazione in sede giurisdizionale e non in quello di fare acquiescenza ad un indirizzo giurisprudenziale minoritario o comunque contrastante con l’interpretazione della Corte Costituzionale.

Insomma, per l’appellante la sentenza è ingiusta ed errata

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perché ha ritenuto che l’obiettiva difficoltà interpretativa e applicativa del regime normativo posto dall’art. 126-bis CdS e dalla norma di richiamo, l’art. 180 CdS, ha limitato temporalmente tale stato al febbraio 2005, escludendo, per il periodo successivo, che una medesima incertezza interpretativa ed applicativa continuasse a permanere e potesse così giustificare il protrarsi di una condizione di dubbio sul se procedere o meno nell’irrogazione delle sanzioni e quindi alla notifica dei relativi atti dispositivi.

Secondo la difesa dell’appellante, la sentenza della Corte costituzionale non aveva affatto definito la questione e t a c i t a t o i d u b b i e l e p e r p l e s s i t à , i n p a r t i c o l a r e sull’applicazione della sanzione di cui all’art. 180 CdS.

La Corte delle leggi si era pronunciata unicamente sul problema della decurtazione dei punti della patente, esclusa a carico del proprietario che non aveva comunicato i dati del conducente al momento del rilevamento dell’infrazione.

Nello specifico, la giurisprudenza del Giudice di Pace di Recanati non aveva subito alcun tipo di mutamento per effetto della sentenza della Corte Costituzionale, mantenendo questi inalterata la posizione interpretativa secondo la quale la sanzione di richiamo dell’art. 180 CdS potesse essere applicata solo all’ipotesi dell’omessa comunicazione dei dati del conducente concretizzatasi nell’azione dell’agente di omessa ottemperanza all’invito dell’autorità di presentarsi entro il termine stabilito per fornire informazioni…

In ogni caso la stessa sentenza della Corte costituzionale lascia chiaramente intendere, accennando all’ovvio potere del legislatore di conferire alla materia un nuovo e diverso assetto, l’opportunità di un intervento chiarificatore di quest’ultimo.

La sentenza impugnata è palesemente errata dove ha ritenuto che l’intervento della Corte costituzionale e del Ministero dell’Interno(con la circolare febbraio 2005) abbiano costituito presupposto per ritenere definita l’incertezza interpretativa e applicativa della sanzione di richiamo dell’art. 180 CdS.

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In ogni caso, non si poteva prescindere dall’orientamento dell’ufficio giudiziario competente a risolvere le controversie sui verbali, tenuto anche conto, che nel periodo, si ebbe la massima propensione al ricorso avverso i provvedimenti di cui si tratta.

Il Comandante della Polizia municipale non verserebbe in colpa grave, sia per avere evitato il costo di innumerevoli ricorsi, fino alla Corte di cassazione, sia perché le pratiche conclusesi positivamente per l’Ente sono il 92,12% e meno dell’8% sono state impugnate.

Riguardata l’azione dell’appellante nel suo complesso, si può affermare che l’azione dell’appellante ha garantito all’Ente un risultato assolutamente lusinghiero, avendo innanzi tutto e primariamente garantito l’espressione/percezione della legittimità e legalità dell’azione amministrativa di sanzionamento, in linea con il maturato quadro normativo ed avendo garantito un rilevante introito economico, ..,. oltre che l’esclusione di ogni contenzioso.

L’appellante conclude, quindi, perché, in via principale, la Sezione voglia respingere in toto la domanda risarcitoria proposta dalla procura regionale Marche; in via subordinata chiede che l’originaria pretesa avanzata dalla Procura regionale sia dichiarata infondata anche in relazione alle pratiche relative al 2005, senza che nessuna responsabilità possa ascriversi all’odierno appellante per i fatti per cui è causa.

Si è costituito il Procuratore generale con memoria depositata il giorno 27 giugno 2012 chiedendo il rigetto dell’appello, con condanna alle spese del doppio grado.

Nell’odierna pubblica udienza, il difensore dell’appellante illustra ampiamente il contenuto dell’atto d’appello, insistendo per l’accoglimento. Il P.G. conferma le conclusioni scritte, ricordando che l’Ufficio non ha discrezionalità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

L’appello non è meritevole di accoglimento. La norma che viene

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in considerazione è l’art. 180 del Codice della strada, il quale recita: Chiunque senza giustificato motivo non ottempera all’invito dell’autorità di presentarsi, entro il termine stabilito nell’invito medesimo, ad uffici di polizia per f o r n i r e i n f o r m a z i o n i o e s i b i r e d o c u m e n t i a i f i n i dell’accertamento delle violazioni amministrative previste dal presente codice, è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 419 ad euro 1.682 Alla violazione di cui al presente comma consegue l’applicazione, da parte dell’ufficio dal quale dipende l’organo accertatore, della sanzione prevista per la mancanza del documento da presentare, con decorrenza dei termini per la notificazione dal giorno successivo a quello stabilito per la presentazione dei documenti.

Nel caso di specie l’appellante è stato convenuto in giudizio nella sua qualità di comandante del corpo di polizia municipale del Comune di …., per avere omesso la notifica di un certo numero di verbali accertativi di violazioni del Codice della strada.

L’appellante ritiene la sentenza ingiusta, perché, a suo dire, anche dopo la sentenza n. 27/2005 della Corte costituzionale, sarebbero residuate incertezze interpretative e, comunque, l’Ufficio del giudice di pace competente per territorio aveva mantenuto un atteggiamento sfavorevole all’Amministrazione.

Le censure non colgono nel segno.

Infatti, la sentenza della Corte costituzionale citata ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 126-bis comma 2, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), introdotto dall’art. 7 del decreto legislativo 15 gennaio 2002, n. 9 (Disposizioni integrative e c o r r e t t i v e d e l n u o v o c o d i c e d e l l a s t r a d a , a n o r m a dell’articolo

1, comma 1, della legge 22 marzo 2001, n. 85), nel testo risultante all’esito della modifica apportata dall’art. 7, comma 3, lettera b), del decreto-legge 27 giugno 2003, n. 151 (Modifiche ed integrazioni al codice della strada), convertito, con modificazioni, nella legge 1° agosto 2003, n.

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214, nella parte in cui dispone che: «nel caso di mancata identificazione di questi, la segnalazione deve essere effettuata a carico del proprietario del veicolo, salvo che lo stesso non comunichi, entro trenta giorni dalla richiesta, all’organo di polizia che procede, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione», anziché «nel caso di mancata identificazione di questi, il proprietario del veicolo, entro trenta giorni dalla richiesta, deve fornire, all’organo di polizia che procede, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione.

La Procura regionale ha contestato all’odierno appellante, l’omessa notifica, nel biennio 2004 – 2005, di un elevato numero (144, su 292 emessi) di verbali notificati oltre i termini.

Fortunatamente per il Comune, molti cittadini hanno ugualmente pagato e per altri si è proceduto all’iscrizione a ruolo.

E’ rimasto un certo numero di verbali che sono stati impugnati o davanti al Prefetto o davanti al Giudice di Pace.

I verbali del 2005 notificati fuori termini sono 86, di cui 15 (quelli per cui è condanna in primo grado) sono stati oggetto di ricorso.

L’appellante ha contestato, soprattutto, l’esistenza della colpa grave, lamentando, come reitera oggi in appello, le difficoltà interpretative dell’art. 126-bis, comma2, citato.

L’incostituzionalità dell’art. 126-bis del Codice della strada – come ha correttamente rilevato il primo Giudice – è stata dichiarata con riguardo alla sanzione (la perdita dei c.d.

punti della patente) a carico del proprietario del veicolo non conducente anziché una sanzione pecuniaria, in ossequio al principio di solidarietà passiva di cui all’art. 6 della l.

689/1981 e dell’art. 196 del Codice della strada.

In pratica il proprietario del veicolo sanzionato e il cui conducente non è stato identificato, ha l’obbligo di comunicare le generalità del conducente, altrimenti risponde in proprio della sanzione pecuniaria.

Se poi il Giudice di Pace di Recanati non ha mutato la propria

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giurisprudenza, nonostante la sentenza della Corte costituzionale e le nuove istruzioni ministeriali, l’appellante, nella sua qualità, avrebbe dovuto invece valutare i mutamenti intervenuti nel quadro applicativo delle norme di cui si tratta e regolarsi diversamente. E, comunque, ciò che importa è che l’appellante avrebbe dovuto curare che l’Ufficio provvedesse sollecitamente alla notifica e non permettere, invece, che scadessero i termini.

Si è già rilevato che fortunatamente i cittadini hanno un maggior senso civico e alcuni di essi hanno pagato nonostante la notifica fuori termine, ciò che ha notevolmente ridotto il danno a carico dell’Ente.

In ogni caso, proprio la circostanza che altri verbali sono stati, invece, notificati puntualmente, avvalora l’ipotesi della colpa grave in capo al convenuto che, invece, ha trascurato di verificare che l’Ufficio sempre procedesse nei termini. Si può anche rilevare che il termine allora vigente per la notifica delle violazioni al CdS era di ben centocinquanta giorni. Termine senza dubbio a favore dell’Amministrazione, tanto è vero che essendo i termini s p o s t a t i i n a v a n t i s i g n i f i c a t i v a m e n t e a f a v o r e dell’Amministrazione, il legislatore ha inteso riequilibrare la posizione del cittadino, stabilendo il nuovo termine di 90 giorni (l. 120/2010), in conformità, peraltro, al dettato dell’art. 2 della legge 241/1990, come modificato, da ultimo, dall’art. 7, comma 1, della legge 69/2009.

Se, d’altra parte, l’Ufficio avesse avuto difficoltà a rispettare i termini, avrebbe dovuto segnalare la questione all’appellante (per la posizione apicale di questi nell’Ufficio): ciò che non risulta agli atti.

Ancora, la Sezione territoriale ha correttamente valutato l’importanza dell’esecuzione delle procedure nella materia sanzionatoria, ai fini dell’entrata del Comune, per cui sarebbe stata necessaria un’attenzione e una cura particolari che sono mancate nel caso di specie.

D’altronde la Sezione di primo grado ha ritenuto di poter condannare solo per i verbali dell’anno 2005, perché, in

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quell’anno, sarebbero venute meno le difficoltà interpretative delle norme applicabili.

Per le considerazioni svolte, l’appello deve essere respinto e la sentenza di primo grado interamente confermata. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dei conti

Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello

definitivamente pronunziando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette, respinge l’appello e per l’effetto conferma la sentenza impugnata. Condanna alle spese della presente fase del giudizio che si liquidano in Euro 102,34 (centodue/34)

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