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Scapuzzi Rusciano Professionisti associati Piazza Attias, Livorno. Premessa

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Academic year: 2022

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L’epidemia da nuovo coronavirus sta mettendo alla prova chiunque, generando confusione sui comportamenti più idonei da seguire in ambito sociale; Cercando di semplificare il più possibile, almeno nel ramo dei rapporti lavorativi, abbiamo redatto, per l’occasione, il presente vademecum per le aziende, che esamina alcuni dei provvedimenti legislativi adottati dal Governo a sostegno del reddito per la sospensione o la riduzione dell’attività lavorativa. (cfr.: Cura Italia : nuove misure a sostegno del lavoro e delle imprese)

Il documento è predisposto con lo scopo di informare e di fornire una panoramica in ordine alle possibili domande e questioni, giuridiche e operative, che emergono a fronte del ricorso a tale misure, ed in particolare si analizzano i contenuti del Decreto Cura Italia, per quanto concerne le misure della Cassa integrazione ordinaria e della Cassa integrazione in deroga per l’emergenza COVID-19, in funzione del rapporto lavorativo in essere con il dipendente.

Premessa

Le novità in materia di lavoro previste dal decreto economico per il coronavirus, il Decreto n. 18 del 17 marzo 2020, sono diverse e stabilisce, tra l’altro, l’estensione degli ammortizzatori sociali a tutte le aziende che sono costrette a bloccare o ridurre l’attività per l’emergenza, con la novità maggiore introdotta di estendere tale possibilità anche alle aziende di dimensioni minori.

Nello specifico, in materia di ammortizzatori sociali e cassa integrazione, il Decreto “Cura Italia”, agisce su più fronti:

introduzione di norme speciali in materia di cassa integrazione ordinaria;

trattamento ordinario di cassa integrazione per le aziende che si trovano già in CIGS;

nuove disposizione per la cassa integrazione in deroga.

Determina la durata della cassa integrazione in nove settimane, che dovrà essere compresa dal 23 febbraio 2020 al 31 agosto 2020 e non oltre. L’accesso alla CIGO viene notevolmente semplificato ed è stata istituita la causale unica Covid-19 nazionale per le domande.

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Inoltre, ha esteso i permessi legge 104 per lavoratori invalidi e Caregiver, di 12 giornate mensili in più da fruire nei mesi di marzo e aprile, oltre a concedere, a favore dei lavoratori, congedi parentali, bonus ed indennità.

Già il Decreto n. 9/2020, contenente le prime misure economiche per famiglie ed imprese situati nei Comuni della zona rossa, aveva ampliato l’accesso alla cassa integrazione in deroga ai datori di lavoro con unità produttiva situata in tali territori o con dipendenti residenti o domiciliati nelle zone individuate.

L’estensione della "zona rossa" all’intero territorio nazionale ha portato alla necessità di una parallela estensione delle misure a tutela del lavoro.

Le misure adottate dal Governo per contrastare gli effetti dell’emergenza sanitaria superano i vincoli previsti di solito per la cassa integrazione. L’obiettivo è quello di evitare che il coronavirus si ripercuota sugli stipendi dei lavoratori dipendenti che si sono visti ridurre l’orario di lavoro.

Per questo, oltre ad ampliare i settori di attività che possono attivarla, non vengono tenuti in considerazione alcuni requisiti, in precedenza richiesti ai datori di lavoro. Ecco che oltre all’ordinaria modalità di erogazione delle prestazioni tramite conguaglio su Uniemens, sarà possibile autorizzare il pagamento diretto al lavoratore. Parimenti, anche le piccole imprese, escluse dalla CIGO e dalla CIGS, possono accedere alla cassa integrazione in deroga ed il pagamento dell’indennità al dipendente, pari all’80% della retribuzione ordinaria, sarà effettuato esclusivamente con pagamento diretto.

In questo momento particolare, anche chi è in cassa integrazione ordinaria o cassa integrazione in deroga, chi ha l’assegno ordinario (Fis) o di solidarietà, può assentarsi per malattia e/o avere bisogno di permessi e congedi di varia natura.

Vediamo, allora, in quali casi, questi istituti, sono compatibili ed in che modo con la condizione di cassintegrati.

Cassa integrazione, congedo parentale e riposi giornalieri

Dopo il periodo di astensione obbligatoria per maternità, la lavoratrice può decidere se riprendere il lavoro o ricorrere all’assenza facoltativa per congedo parentale.

Nel primo caso, se i dipendenti dell’azienda sono stati messi in cassa integrazione,

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la mamma ne beneficia come gli altri.

Nel secondo caso, invece, non può ottenere le integrazioni salariali e dovrà valutare che cosa le conviene di più, considerato che, al massimo – utilizzando il congedo parentale straordinario previsto per prendersi cura dei figli nel periodo di chiusura delle scuole (nel caso del decreto Cura Italia è stato determinato il diritto di usufruire di un congedo non superiore a 15 giorni per coloro che hanno figli di età non superiore a 12 anni – l’indennità è pari al 50% della retribuzione, mentre il trattamento di cassa integrazione è pari, in generale, all’80% della retribuzione, nei limiti degli importi massimi mensili.

I riposi giornalieri di cui la lavoratrice fruisce durante il 1° anno di vita del bambino, non incidono sul trattamento di integrazione salariale. Nel caso in cui i lavoratori siano comunque tenuti a lavorare per almeno una parte dell’orario, infatti, le ore corrispondenti ai riposi giornalieri vengono considerate come lavorative e, quindi, valide per la cassa integrazione.

Cassa integrazione e malattia

Se durante la sospensione dal lavoro – cassa integrazione a zero ore – insorge per il lavoratore uno stato di malattia, il lavoratore continuerà ad usufruire delle integrazioni salariali e il trattamento di integrazione salariale sostituisce l’indennità giornaliera di malattia e l’eventuale integrazione prevista per contratto.

Trattandosi di attività lavorativa sospesa, non bisogna comunicare lo stato di malattia né all’Inps, né al datore di lavoro e si continuerà a percepire la cassa integrazione. Gli obblighi di comunicazione restano in caso di ripresa dell’attività lavorativa. Qualora lo stato di malattia sia antecedente all’inizio della sospensione dell’attività lavorativa per cassa integrazione, si avranno due casistiche:

se la totalità del personale in forza al reparto, ufficio cui il lavoratore appartiene ha sospeso l’attività, anche il lavoratore in malattia entrerà in cassa integrazione dalla data di inizio della stessa;

qualora, invece, non venga sospesa dal lavoro la totalità del personale in forza al reparto, ufficio a cui il lavoratore appartiene, il lavoratore ammalato continuerà a beneficiare dell’indennità di malattia e l’eventuale integrazione a carico del datore di lavoro, se prevista dal contratto.

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Cassa integrazione, congedo parentale e riposi giornalieri

Dopo il periodo di astensione obbligatoria per maternità, la lavoratrice può decidere se riprendere il lavoro o ricorrere all’assenza facoltativa per congedo parentale.

Nel primo caso, se i dipendenti dell’azienda sono stati messi in cassa integrazione, la mamma ne beneficia come gli altri. Nel secondo caso, invece, non può ottenere le integrazioni salariali e dovrà valutare che cosa le conviene di più, considerato che, al massimo – utilizzando il congedo parentale straordinario previsto per prendersi cura dei figli nel periodo di chiusura delle scuole (nel caso del decreto Cura Italia è stato determinato il diritto di usufruire di un congedo non superiore a 15 giorni per coloro che hanno figli di età non superiore a 12 anni – l’indennità è pari al 50% della retribuzione, mentre il trattamento di cassa integrazione è pari, in generale, all’80% della retribuzione, nei limiti degli importi massimi mensili.

I riposi giornalieri di cui la lavoratrice fruisce durante il 1° anno di vita del

bambino, non incidono sul trattamento di integrazione salariale. Nel caso in cui i lavoratori siano comunque tenuti a lavorare per almeno una parte dell’orario, infatti, le ore corrispondenti ai riposi giornalieri vengono considerate come lavorative e, quindi, valide per la cassa integrazione.

Cassa integrazione e permessi legge 104

Il decreto-legge “cura Italia” prevede l’estensione delle 12 giornate complessive in più ai 3 giorni

mensili per il mese di marzo e di aprile (in totale 18 per i mesi di marzo e aprile).

Il messaggio Inps n. 1281 del 20 marzo chiarisce che è possibile cumulare:

nell’arco dello stesso mese il congedo COVID-19 con i giorni di permesso retribuito per legge 104 così come estesi dal decreto Cura Italia (6 + 12 per marzo e aprile).

nell’arco dello stesso mese il congedo COVID-19 con il prolungamento del congedo parentale per figli con disabilità grave.

Inoltre, il messaggio sopra citato, chiarisce che l’estensione dei permessi legge 104 segue le stesse modalità già esistenti per i tre giorni mensili.

Il principio non cambia, quindi, la normativa in riferimento alla cassa integrazione

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e la fruizione dei permessi legge 104 prevede che i lavoratori in cassa integrazione non possono fruire dei permessi legge 104 art. 3 comma 3 per assistere il familiare con handicap grave durante il periodo di sospensione dell’attività lavorativa, in quanto il lavoratore è già assente dall’attività lavorativa e può dedicarsi alla cura del familiare.

Se la cassa integrazione è a orario ridotto, però, si ha diritto ai permessi previsti dalla legge 104, che vengono riproporzionati in funzione dell’effettivo lavoro svolto.

Cassa integrazione e assegno al nucleo familiare

L’assegno al nucleo familiare spetta anche a chi beneficia dei trattamenti di integrazione salariale, alle stesse condizioni dei lavoratori che svolgono un orario normale di lavoro, ovvero è dovuto in misura intera, durante i periodi autorizzati di Cassa Integrazione, sia a zero ore che ad orario ridotto, ovviamente se era già erogato durante l’attività lavorativa.

Cassa integrazione e TFR

Il TFR si matura completamente, senza nessuna decurtazione, essendo calcolato sulla retribuzione di riferimento a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale svolgimento dell’attività lavorativa. Il relativo costo, anche per il periodo in CIG, è a carico del datore di lavoro.

Cassa integrazione e contributi

Per i periodi di mancato svolgimento dell’attività lavorativa, l’Inps accredita d’ufficio i contributi figurativi.

Questi contributi sono utili per raggiungere i requisiti di anzianità lavorativa e determinare l’importo della pensione.

Il valore da accreditare sul montante pensionistico con i contributi figurativi è calcolato in base alla retribuzione che sarebbe spettata al lavoratore per le ore di

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lavoro non prestate. Quindi, il lavoratore non subisce conseguenze negative sulla futura pensione.

Restiamo ovviamente a disposizione per qualsiasi ulteriore necessità di chiarimento in ordine a quanto sopra esposto ed a quant’altro di Vostro interesse in materia.

Riferimenti

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