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Eucaristia per il mondo Il sacramento della trasformazione

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Academic year: 2022

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Che sta succedendo?

Chi non crede nella Prov- videnza di Dio vi può vedere l’azione del Male e l’impoten- za di Dio. Ma noi sappiamo che queste catastrofi non sono imputabili al caso né al castigo di Dio. Dio ha creato il mondo buono e bello; e Lui non è vendi- cativo come noi. Tuttavia noi ci ricordiamo della parola di Gesù:

“Se non vi convertirete…”. È un invito a cambiare il nostro modo di vivere, per costruire un mon- do di giustizia e di pace.

La nostra conversione deve cominciare da un nuovo modo di guardare il mondo e il creato.

Dio non ce li ha dati perché ne facciamo quello che vogliamo, ma perché tutti, vivendo in mo- do sobrio e solidale, possano far- ne una terra di fratelli, figli dello stesso Padre.

Trasformare il mondo Da dove possiamo cominciare?

Siamo alla conclusione dell’an- no eucaristico. Il messaggio per la giornata missionaria mondia- le ci ricorda che l’Eucaristia è il mistero dell’amore di Dio che si sacrifica per noi, per la nostra salvezza e benessere. È il luogo e la scuola della trasformazione del mondo secondo il disegno di Dio. Il pane e il vino sono sim- boli di tutto il creato. Nei grani di frumento e negli acini d’uva sono presenti non solo le sostan- ze minerali e gli agenti fisici. Vi confluiscono l’intelligenza, il la- voro, la capacità, in una parola, la cultura dell’uomo. In queste due realtà umane e cosmiche tra- sformate dalla sua parola, Gesù assume tutto il mondo dell’uomo per trasformarlo in sé e farne il mistero di comunione dell’uomo

e del mondo con il Padre.

L’Eucaristia ha in sé la potenza trasformante della risurrezione.

È, come dice Ignazio d’Antio- chia, “farmaco d’immortalità”, perché impregna di energia divi- na noi che la mangiamo e, attra- verso noi, il mondo. Il sacramen- to eucaristico ci dice che c’è una reale corrispondenza tra ciò che vediamo e il mondo invisibile;

che il pane e il vino diventano il segno e la forza che opera la tra- sformazione del mondo. La fede ci permette di vedere l’intensità di significato nascosta nel pane e nel vino. Vi vediamo un mon- do nuovo, che apparirà in tutta la sua bellezza l’ultimo giorno, ma che già cresce per la potenza trasformatrice del Risorto e del suo Spirito.

Tocca a noi rinnovarlo A noi missionari è affidata la responsabilità di trasformare il mondo. Sentiamo che l’Euca- ristia è la forza che dobbiamo mettere in esecuzione. Ma tutti noi che comunichiamo al miste- ro di Gesù, morto e risorto per il mondo, dobbiamo sentirci sfidati a costruire questo mondo nuovo in cui non ci siano più bambi- ni che non riescono a crescere, madri che non hanno cibo da far mangiare, uomini che devono lavorare in nero per vivere. Un mondo nuovo, in cui la creazio- ne non sia distrutta dalla negli- genza o dalla voracità.

L’Eucaristia non è solo un dono che ci offre la presenza di Gesù per la nostra consolazione.

Essa fa rivenire tra noi Ge- sù Cristo, per of- f r i r c i la pos- s i b i - lità di ri-tor- n a r e con lui verso Dio.

L’Eucaristia ci apre la strada

verso Dio, ma ci chiede l’im- pegno di vivere questo ritorno a Dio insieme con tutti i nostri fratelli e con l’intero creato.

La missione “in sinergia”

Essa ci mette “in sinergia” con Dio. Questa parola viene dalla teologia orientale e dice molto più di un’azione fatta insieme con qualcun altro. “Sinergia”

parla dell’azione creatrice di Dio che dall’Eucaristia è messa alla nostra portata, perché conti- nuiamo l’opera trasformatrice e santificatrice iniziata in Gesù.

La missione è proprio questo:

entrare nell’azione di Dio che continua a creare il mondo e a rinnovarlo con la potenza della risurrezione, per farne già ora un mondo nuovo. Che apparirà in tutta la sua bellezza quando il Risorto tornerà. L’Eucaristia è il sacramento della consacrazione del mondo. ■

stimoli proposte per gli amici dei missionari

mozamBiCo Sierra Leone BangLadeSh FiLippine giappone indoneSia Taiwan

amazzonia BraSiLe CoLomBia meSSiCo

CSAMCentro Saveriano Animazione Missionaria Via Piamarta, 9 - 25121 Brescia Tel. 030.3772780 – Fax 030.3772781 E-mail: [email protected]

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2005 ottobre n.

ANNO 58°

9

Eucaristia per il mondo

Il sacramento della trasformazione

p. GABRIELE FERRARI, sx

2005 OTTOBRE n. 9

Eucaristia e missione 9 - andare.

Oggi tutti hanno fretta. Anche il missionario ha fretta di andare, ma sa restare davanti all’Eucaristia, pane spezzato per la vita del mondo. Nella foto di J. Martínez González, il bambino del Burundi sembra pronto per ”andare”, con la bisaccia ai fianchi e il sorriso...

evangelico .

l messaggio per la gior- nata missionaria mon- diale porta la firma di Giovanni Paolo II, il Papa missionario che ha tanto viaggiato per visitare i popoli e annunciare a tutti il vangelo di Cristo. L’aveva fir- mato già il 22 febbraio, anche se è stato reso pubblico solo dopo la sua morte. Il suo ulti- mo atto ufficiale è un gesto di attenzione, è un atto d’amore alla chiesa missionaria. Ci com- muove profondamente.

È un messaggio che ha il sapore di un testamento spiri- tuale, come il suo titolo - “Mis- sione: pane spezzato per la vi- ta del mondo”. Parla del Pane eucaristico che è Cristo Gesù.

Egli “continua a manifestare compassione verso l’umanità povera e sofferente”. Parla dei missionari che continuano a percorrere le strade del mondo per portare a tutti l’annuncio della salvezza.

La chiesa italiana, invece, per la giornata missionaria del 23 ottobre ha scelto un altro te- ma: “Donne e uomini di spe- ranza”. La scelta è stata fatta per dare, già da ora, un tono

“missionario” al convegno ec-

clesiale nazionale che si terrà a Verona nell’ottobre 2006, sul tema, “Testimoni di Gesù risor- to, speranza del mondo”. Pos- siamo trovare un nesso tra il messaggio del Papa e la scelta italiana: come Gesù, i missiona- ri spezzano il pane per la vita del mondo e diventano donne e uomini di speranza. Dice in- fatti il Papa:

“Anche oggi Cristo comanda ai suoi discepoli: Date loro voi stessi da mangiare (Mt 14,16).

In suo nome, i missionari si re- cano in tante parti del mondo per annunciare e testimoniare il vangelo. Essi stessi si fanno pane spezzato per i fratelli, giungendo talvolta sino al sa- crificio della vita. Quanti mar- tiri missionari in questo nostro tempo! Il loro esempio trascini tanti giovani sul sentiero del- l’eroica fedeltà a Cristo! La chiesa ha bisogno di uomini e di donne, che siano disposti a consacrarsi totalmente alla grande causa del vangelo”.

L’ottobre missionario aiuti tutti noi a renderci ancora più consapevoli dell’urgente neces- sità di partecipare di persona alla missione evangelizzatrice

della chiesa nel mondo intero, con la preghiera, il sacrificio e il sostegno.

In questo numero vi presen- tiamo alcune riflessioni, che sono dense di significato:

gli stimoli biblici, pastorali e missionari, a pagina 2, sono centrati sull’Eucaristia;

il messaggio dei superiori dei saveriani, a pagina 3, vuol rendere tutti gli amici partecipi dello spirito saveriano;

a pagina 6, proponiamo un’iniziativa importante: la giornata di digiuno e preghie- ra per il dialogo e la pace; nul- la di spettacolare, ma un gesto evangelico di conversione e solidarietà;

nelle pagine centrali, abbia- mo voluto dare spazio all’in- contro dei giovani congolesi, in sintonia con le giornate di Co- lonia; l’entusiasmo dei missio- nari e dei giovani è stato pari all’enorme sacrificio affrontato per realizzare quest’iniziativa, che ha portato raggi di speran- za nel dramma della nazione africana.

Buon ottobre missionario!

i

estate scorsa rimarrà nel- la memoria di

tutti per una serie im- pressionan- te di fatti

luttuosi:

aerei ca- duti, con- domini andati in

fumo in Francia, incendi in Porto- gallo e in Spagna.

E poi gli uragani con le di-

s a s t r o s e inondazio- ni che han- no messo in ginocchio il Paese più potente del mondo.

Il bilancio è impressionante e, purtroppo, in linea con l’inizio dell’anno che si era aperto con lo tsunami in Indonesia.

p. MARCELLO STORGATO sx

Eucaristia e missione 9 - andare

DAL PANE FIORISCE LA VITA

Proposte per il mese missionario

Tommaso, un uomo per strada

Comunione: andare al mulino

L'armonia della vita missionaria

Ricordando Madre Bottego

Uvira: i giovani della speranza

La giornata della gioventù congolese

Non perdiamo la memoria

Dialogo cristiano islamico: 28 ottobre

2 3 4/5 6

L'

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Vedendo le folle bisognose, Gesù “sentì compassione perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore”. Lo stesso Redentore, presente nell’Eucaristia, continua nei secoli a manife- stare compassione verso l’umanità povera e sofferente. È in suo nome che gli operatori pastorali e i missionari percorrono sentieri inesplorati per recare a tutti il pane della salvezza.

Messaggio, giornata missionaria mondiale 2005 un “tutti” che mi inquieta! Lo pronuncio ogni giorno: fra le mani, un pane spezzato per tutti e un vino versato per tutti!

È stato messo nelle mie mani perché io lo distribuisca. Mi scotta fra le mani; mi brucia in cuore. La missione - non ci stancheremo mai di meditarlo - non è solo un mandato, un ordine a cui obbedire.

La missione è una “profonda esigenza della vita di Dio in noi”, se vita di Dio in noi c’è! Il beato Guido scrive così: “Questa vita è luce: la vita era la luce. Dunque deve splendere nella santità de- gli esempi. Questa vita è fiamma: sono venuto a portare il fuoco in terra. Dunque deve divampa- re riscaldando gli altri. Questa vita è forza: una forza usciva da lui. Dunque non deve rimanere inattiva e inoperosa. Questa vita deve aprirsi, li- berare la via, abbattere ostacoli, valicare tutte le barriere. Deve oltrepassare tutti i confini; deve trascinare tutti dietro a sé; deve scuotere tutti ed in tutti trasfondere un impeto gagliardo di ardi- mento e di vigore”.

Conforti crede in quest’energia racchiusa, mi- steriosamente ma realmente, nel pane e nel vino che sono il corpo e il sangue del Signore. “L’Eu- caristia sarà sempre il centro intorno al quale s’andrà svolgendo l’energia e la vita. La sintesi della storia della chiesa può essere in una parola sola: Eucaristia! Perché la storia della chiesa è carità e questa s’incentra nell’Eucaristia, che è l’espressione più bella, la pienezza della carità”. E la carità non ha confini: “Tutto quello che di bello, di grande, d’eroico ammiriamo nell’ordine morale, lo si deve alla virtù e alla forza sovrumana dell’Eucaristia. Ma questo in particolar modo si manifesta nel campo dell’apostolato. L’Eucari- stia è vita e l’apostolato vive di questa vita divina. E poiché ogni vi- ta è energia e l’energia s’irradia influenzando le cose che le stanno attorno, così la vita che per il missionario dall’Eucaristia prende il suo alimento, ha palpiti immensi e sono limiti per essa troppo an- gusti una parrocchia, un paese, una città, una nazione”.

Aveva ragione santa Teresa di Gesù Bambino: “Vorrei correre per il mondo ad annunciare il tuo nome, Gesù. Non mi bastereb- be però una sola missione. Vorrei annunciare il vangelo allo stesso tempo in tutti i continenti, fino alle isole più lontane. Vorrei essere missionaria non solo per alcuni anni; vorrei esserlo fin dalla crea- zione del mondo fino alla fine dei tempi”.

L’amore porta sempre con sé un pizzico di pazzia. Ed è l’amore che fa la missione. La missione, infatti, non è soltanto un ordine, sia pure del Signore Gesù.

2

agliando corto alle obie- zioni degli altri che ten- tavano di scoraggiare Gesù dal tornare in Giudea, avevi detto:

“Andiamo anche noi a morire con lui!”. Infatti, i suoi nemici cercavano di ucciderlo (Gv 11, 6-16). Tu l’avevi capito: il Mae- stro non era uno da convincere, ma uno da seguire. L’hai seguito con gli altri perplessi, verso Be- tania e poi a Gerusalemme. Ul- timi sprazzi di gloria, ma anche sapore di commiato. In quella cena vi aveva parlato a lungo. Si trattava ancora di seguirlo ver- so la casa del Padre, diceva, là dove stava per andare. “Signo- re, non sappiamo dove vai e co- me possiamo conoscere la via?”

gli chiedesti (Gv 14, 1-7). Avevi sentito in cuore l’oscuro presa- gio di avvenimenti gravi che si preparavano. “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”, egli aveva risposto.

iviamo tempi difficili. Di fronte al male che im- perversa vien voglia di grida- re: “Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi…, donaci la pace!”. La li- turgia, che propone quest’acco- rata invocazione prima della co- munione eucaristica, insiste con l’immagine dell’Agnello quan- do vengono mostrati ai fedeli il pane e il vino consacrati: “Ecco l’Agnello di Dio, colui che por- ta sulle sue spalle i peccati tuoi e di tutti”.

Lo scandalo più serio, il più serio ostacolo alla fede è il ma- le nella storia. “Non accetterò la creazione finché vedrò un inno- cente soffrire”. Lo dicono, con accenti diversi (e con esiti diver- si per la loro fede), Dostojevskij nel suo romanzo “I fratelli Kara- mazov”, Camus nel suo “La pe- ste”, Graham Greene nel suo “Il nocciolo della questione”. Ma questa è anche la tentazione del- la madre che vede strapparsi il bambino dalla morte, o dell’uo- mo di ogni tempo ingiustamente condannato, derubato, umiliato.

“Ecco l’Agnello di Dio”. Il cristiano guarda l’Ostia consa- crata e chiede - lo chiede a se stesso o a Dio? -, ma che cosa è cambiato da allora? Forse che gli innocenti soffrono di meno dopo che l’Innocente è salito sul patibolo? E anche per i peccato- ri, non è spesso troppo ampia la sproporzione fra il peccato e il dolore? Cosa hanno fatto di così grave le famiglie che perdono i lo- ro cari, i giovani e i bambini, negli attentati terroristici, nelle impre- se della malavita, negli incidenti ma per dove? Io sono la verità, e allora perché condannato? Io sono la vita, ma come, da un se- polcro?

Non credesti agli altri che ti dissero d’averlo visto. Forse ti dicevi: il tempo di credere è fi- nito. Siamo tutti bloccati davanti all’abisso. Quel che si aggiunge sono solo residui di sogni, fanta- smi di disperazione.

Vedere, toccare... solo co- sì avresti potuto ancora crede- re. Credere che la morte, mar- cata dai segni dei chiodi e della

lancia, potesse andare a spasso con la vita ed esserne soggioga- ta. Che lui, proprio lui, fosse an- cora vivo.

Sete di vedere e toccare.

Tommaso, sei un eroe di umano coraggio nel seguire fino in fon- do il Maestro; sei una mente che chiede e cerca di capire, e così preso da inguaribile sete di vede- re e toccare. Come noi. Noi vi- briamo a ogni statua che lacrima, a ogni paralitico che cammina, a ogni malattia che scompare. Fac- ciamo chilometri per vedere, per toccare, per commuoverci.

Noi ti ringraziamo. Per merito tuo, noi sappiamo che Dio non ci disprezza anzi, viene perfino in- contro alla nostra debolezza. Per te sappiamo anche che c’è chie- Non avevi capito, ma ti eri

portato in cuore queste parole.

E poi, è come se dal tuo diario mancassero dieci pagine, le pa- gine dei dieci giorni più duri del- la tua vita. Morire con lui: ma ti è mancato il coraggio. Lo ave- vi visto legato e indifeso, lui che aveva ottenuto dal Padre la re- surrezione dell’amico Lazzaro.

Come un incanto che si rompe, la luce che manca, una solitudi- ne improvvisa e fatale. Condan- nato, trascinato, crocifisso. Quei chiodi li avevi visti infiggere da lontano; in lontananza, ave- vi scorto quella lancia trafigge- re ogni possibile resto di vita. È stato come se si fossero confic- cati nella tua speranza e nel tuo slancio. È stato come se la tua strada si fosse improvvisamente interrotta davanti a un abisso.

Non c’eri neppure con gli altri impauriti chiusi in casa.

Quando uno ha perso tutto, per- de anche la paura. Io sono la via,

me comunioni” circondate di fiori bianchi, di bei vestiti, di musiche angeliche..., o quelle catechesi tutte incentrate sull’in- contro con il “caro Gesù”! Pre- vale ancora una preparazione al- la “prima comunione” che non è vera iniziazione alla Messa, che ci rende partecipi del mistero pa- squale. Come se Gesù fosse una specie di amico buono, chiama- to a colmare le solitudini psico- logiche dei suoi e a compensarle con spirituali tenerezze. No, Ge- sù non paga il conto per noi. Il

“banchetto della vita” si celebra il giorno prima della passione; e non l’abolisce, ma tutta la pro- mette e la contiene.

Il mulino della solidarietà.

Non voglio dire che non ci sia festa, o che non debba esser- ci gioia. Solo che non è la gioia inconsapevole e un po’ ottusa di chi si isola dal mondo e spera di trovare un’improbabile oasi di pace. La pace è quella di un amore che condivide, si fa cor- responsabile, accetta le sfide e le condanne, e anche le bestem- mie di chi soffre. Quando fai co- munione con Gesù, prendi anche tu, sulle tue deboli spalle, quel- lo che lui porta. Non per facili sospiri emotivi, ma donando la vita in uno sforzo quotidiano di solidarietà.

Comunione con Gesù, comu- nione con il mondo. Non è uno sport facilmente praticabile. Co- me ai tempi del martire Ignazio di Antiochia, anche oggi i cristia- ni trovano denti di leoni pronti a macinarli per fare di loro il pane di Cristo. Ma devono andare al mulino. stradali, nelle lunghe e devastanti

malattie? Dov’è la pace, che il Si- gnore risorto ci ha donato?

La Comunione ci inchioda.

Questo rimane: che quando ci moviamo, in distratta processio- ne, per andare a ricevere l’Agnel- lo, non abbiamo neanche coscien- za di caricarci, con lui, di tutto il dolore e il peccato di cui gronda l’universo. Niente come la Co- munione inchioda il cristiano a quell’immensa croce che è l’umanità. Non andiamo, fratelli e sorelle, a cercare facili conso- lazioni. Non andiamo a chiuder- ci in soliloqui dolci e improbabi- li. Perché lui ha sulle spalle l’im- menso peso; e non è che possa sorriderci ...come in un brindisi.

Quale tristezza fanno le “pri-

missione e spirito

L’icona deLLa missione

eUcaristia è missione

Comunione: andare al mulino

Francesco GrasseLLi chiamati aLLa missione

intenZione missionaria e preGhiera deL mese

La paroLa

Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”. Otto giorni dopo i disce- poli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”.

Poi disse a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani;

stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incre- dulo, ma credente!”. Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”.

Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, hai creduto; beati quelli che pur non avendo visto crederanno!”. Giovanni 20,24-29

sto un volo, c’è un rischio che possiamo osare, un canto alto che piace a Dio: “Beati piutto- sto quelli che credono senza ave- re visto”.

Oltre la paura. Dicono che andasti in Persia, oltre la terra dell’antenato Abramo, per an- nunciarvi la buona notizia, e poi in India, e che un sovrano locale pose lì fine ai tuoi giorni. Non ci è difficile crederlo, uomo in via, uomo che Cristo ha trasportato oltre l’abisso, perché la morte non ti facesse più paura.

Chiedi che i messaggeri d’og- gi del vangelo mettano in con- to chiodi e lancia. Perché la via passa per di lì, la vita nasce da lì e la verità s’impara soffrendo.■

Al fondamentale impegno della preghiera, i fedeli uniscano lo sforzo di con- tribuire anche economica- mente all’opera missionaria.

I cristiani non siano scorag- giati dalle sfide della società secolarizzata, ma con piena fiducia diano testimonianza della loro fede e della loro speranza.

Un uomo per strada

Tommaso vuole vedere, toccare...

teresina caFFi, mm

V T

p. aLFiero ceresoLi, sx

è

Foto di A. Costalonga

UN ”TUTTI” CHE INQUIETA

Caravaggio, Potsdam

Firenze, Biblioteca Laurenziana

(3)

bbiamo vissuto due setti- mane di comunione con Dio, tra di noi e con tutta la fa- miglia saveriana, riflettendo su alcuni aspetti della vocazione e della vita missionaria e sul no- stro ruolo di animatori nella fa- miglia saveriana.

per crescere ancora Ascoltando le relazioni dalle varie missioni è cresciuta in noi la simpatia e l’ammirazione per quanto sta vivendo la congrega- zione. Si è rafforzato in noi an- che il desiderio di conversione e la consapevolezza che la nostra identità deve crescere maggior- mente, pur con le nostre debo- lezze. Per crescere, dobbiamo rafforzare le ragioni di fede che fondano e orientano la nostra attività apostolica. Solo queste possono dare maggiore consi- stenza e convergenza alla nostra identità e al nostro modo di fare missione.

Seguendo l’esempio del fon- datore il beato Conforti, in Cri- sto troviamo la forza unificante

3

ricordando madre BotteGo Le saveriane missionarie di Maria, fondate nel 1945, han- no ricordato la loro “madre”

fondatrice Celestina Bottego, nel suo 25.mo anniversario del- la morte, avvenuta il 20 agosto 1980 a Parma. In tutte le co- munità hanno rievocato que- sta grande donna missionaria.

La sua spiritualità può essere compendiata in tre parole: sì, tutto, amen. Una disponibili- tà totale fino alla fine, per la missione di Cristo nel mondo.

Scriveva Madre Bottego: “Que- sto è il miracolo della carità: sa- per trasformare tutto in bene.

Dove regna l’amore c’è la vera presenza di Cristo; vera come nell’Eucaristia”.

Oggi le saveriane sono pre- senti in nove nazioni del mon- do, ad annunciare il vangelo di Cristo e a testimoniare il suo amore all’umanità.

Intanto, il saveriano statuni- tense p. Bob Maloney sta con- tinuando le sue ricerche sul- la famiglia di Madre Bottego.

Certamente padre Bob è oggi la persona più documentata ed esperta sulla fondatrice delle saveriane. ■ attiVità estiVe in missione L’estate è tempo di anima- zione missionaria anche in missione. Le missioni più attive e meglio organizzate sembra- no essere quelle dell’Africa. In Burundi, i saveriani del centro giovani Kamenge, guidati da p.

Claudio Marano, hanno orga-

nizzato cinque campi di lavoro e formazione, da metà giugno a fine agosto: 60 giorni pieni di attività. Vi hanno partecipa- to 125 animatori e 1.750 gio- vani, tra cui anche 42 italiani, svizzeri e austriaci. Cosa hanno fatto? Oltre a sessanta sessioni formative sui principali aspet- ti vitali del Burundi, i giovani hanno costruito 310mila mat- toni per la casa di 160 famiglie povere; hanno ripulito decine di chilometri di strade e fossati;

hanno distribuito 2.200 kit di materiale scolastico e... hanno fatto fuori decine di migliaia di pasti, a base di riso e fagioli.

Anche in congo rd, i save- riani hanno organizzato campi estivi per ragazzi e giovani. Li chiamano “colonie di vacanza”

e impegnano i giovani al mat- tino, dalle 8 alle 12. Nella mis- sione di p. Dovigo, oltre 1.500 ragazzi; a Kadutu, più di 5.000;

a Cahi, con p. Roberto - “il Bag- gio di Bukavu” - i giovani erano oltre 1.700. “Senza nascite non c’è futuro! Con tanti bambini, l’Africa dovrebbe avere un fu- turo meraviglioso”, commenta padre Dovigo. ■ vangelo del Regno. In un mon-

do che dà un’importanza esa- gerata all’auto-realizzazione, al successo personale e all’indivi- dualismo, sentiamo tutta la forza profetica del voto di obbedien- za, che è abbandono della pro- pria volontà nelle mani di Dio e in coloro che ci aiutano a seguir- la. In una mentalità consumisti- ca, percepiamo la novità del voto di povertà come vita di sobrietà e di condivisione, fiduciosi nella Provvidenza. In una visione edo- nistica che mette al centro la ri- cerca del piacere, il voto di ca- stità ci dà la capacità di donare totalmente noi stessi a Dio per servire l’umanità.

Una famiglia di tante nazioni La nostra famiglia saveriana sta assumendo un volto sempre più internazionale. Questo te- stimonia in modo più visibile l’ideale e la bellezza della vita religiosa. Il vivere insieme da fratelli, nella ricchezza delle no- stre origini e come consacrati a Dio per la missione, ci rende se- gno tangibile dell’amore di Dio per l’umanità. Sentiamo, allo stesso tempo, di essere di fronte di tutto il nostro modo di essere

e di agire. L’unione con Cristo, vissuta nell’Eucaristia quotidia- na, ci rende missionari ovunque la famiglia saveriana richiede il nostro personale servizio. Tale unione in Cristo ci permette an- che di evitare ogni separazione fra consacrazione e missione.

La vita per dio e per gli altri Siamo consapevoli che proprio nell’unità armonica tra missione e consacrazione, sta il nucleo dell’identità saveriana, come è stato pensato e proposto dal no- stro fondatore. La totale con- sacrazione a Dio ci rende stru- menti particolarmente idonei al primo annuncio del vangelo. Ci rendiamo conto che l’ideale di unità tra consacrazione e missio- ne è chiaro, ma che la sua attua- zione resta complessa, difficile e ancora insufficiente.

La professione dei voti è un impegno a vivere la nostra vita come dono di sé a Dio e agli al- tri. La testimonianza dei consi- gli evangelici è già annuncio del

L'armonia della vita missionaria

Messaggio di impegno e incoraggiamento

co.sU.ma.

ad una realtà che ci sfida. La no- stra risposta sarà tanto più effi- cace, quanto più sarà radicata la nostra identità di missionari con- sacrati nella famiglia saveriana.

Il luogo più favorevole per crescere nei valori, che sono al- la base del nostro essere, è si- curamente la comunità saveria- na. Gli incontri comunitari e la programmazione del lavoro in- sieme, favoriscono l’armonia fra i valori della consacrazione e quelli della missione. Infatti, là dove si vive bene insieme, si vi- vono anche più facilmente e con gioia gli impegni presi.

testimoni di dio nel mondo Vogliamo dare maggiore at- tenzione alla formazione, alla preghiera, allo studio e alla ri- flessione. È utile anche farsi aiu- tare da persone sagge, per diven- tare sempre più convinti che noi siamo unicamente per Dio e per la missione.

Siamo riconoscenti a Dio che ci ha chiamati a vivere la mis- sione di annunciare il vangelo di Gesù al mondo intero. Pur nella debolezza delle nostre persone, il Signore vuole che noi siamo testimoni della sua vicinanza a ogni uomo e a ogni popolo. ■

appUnti di spiritUaLità missionaria /8 Fare missione insieme

Una delle risorse che abbiamo nel nostro impegno per do- nare la grazia del vangelo ai nostri fratelli è il nostro rap- porto con la comunità. Sembra una cosa semplice, scontata.

Ma non è così. Già rendersi conto che il rapporto personale con Dio passa attraverso i fratelli, per qualcuno può essere una scoperta inaspettata; qualcosa perfino difficile da ac- cettare.

D’altra parte, se noi entriamo in comunione con Dio, è perché siamo in comunione con un Fratello speciale: Gesù.

E la comunione di ciascuno con Gesù è avvenuta e avviene perché la chiesa - cioè fratelli e sorelle in cielo e sulla terra - sono per noi la porta di questa comunione. Ci impegniamo per la missione perché sentiamo il bisogno di piena comu- nione con tutti nella fede; perché solo così la nostra comu- nione con Gesù è piena.

È logico perciò pensare che anche il metodo più giusto per andare incontro agli altri sia quello di farli entrare in un’ami- cizia condivisa, in una famiglia, in un gruppo di nuovi fratelli e sorelle. Si tratta cioè di scoprire, nella comunità cristiana di cui facciamo parte, quelle persone che hanno questa nostra stessa passione missionaria, di parlarci, di vivere momenti di condivisione, di agire insieme.

C’è tuttavia la tentazione di passare subito al fare: come e quali amici contattare; quali attività organizzare; come sen- sibilizzare la parrocchia... Certo, queste cose dobbiamo far- le. Ma la radice di tutto è a livello spirituale. Noi cerchiamo altri fratelli per arricchire la nostra comunione in Cristo. Se questa comunione non è viva, a cosa serve aggiungere altra legna, magari verde, a un fuoco quasi spento? Occorre che la nostra carità scambievole sia forte e profonda; che insie- me ci aiutiamo a crescere nella santità; che ci facciamo dono reciproco dei doni che Dio mette nei nostri cuori. Solo così la nostra comunione è vera e diventa attraente.

In particolare, l’avventura della missione consiste nel con- durre i fratelli a Cristo. È lui l’autore della missione. Perciò è assolutamente necessario che essi vedano lui attraverso di noi, non le capacità dei singoli. Chi ascolta una sinfonia vuo- le percepire l’ispirazione dell’autore, non il virtuosismo dei singoli strumenti.

come raggiungere questo obiettivo? Dobbiamo impara- re a parlarci tra noi, a conoscerci, a diventare amici; e poi condividere i progetti e le idee su quest’azione missionaria, cercando ciascuno di scoprire, nelle molte idee che vengono scambiate, quale sia il suggerimento che Cristo ci sta dando, così da realizzare quello. Siamo una compagnia di attori per la quale l’autore sta scrivendo un dramma da recitare nel- l’attimo stesso in cui viene scritto. Non è facile. Ma è esal- tante, è divino.

Mi viene in mente un altro paragone, che si vive in cu- cina. La missione è come la maionese. La parte più difficile è amalgamare all’inizio uovo e olio. Qui si gioca la capacità della massaia. Fatto questo, aggiungere pian piano l’olio è cosa facile...

SCUOLA DI MISSIONE

A

L'estate in missione Si può approfittare dell’esta- te per andare a vedere e cono- scere di persona la missione e i missionari. Così hanno fatto alcuni giovani che sentono il fascino di donarsi a Cristo per l’umanità. Dalla Sardegna, pa- dre Apicella ha accompagnato un gruppo di giovani nelle mis- sioni del Kenya. Altri, accompa- gnati da p. Andreolli di Desio (MI), con otto laici saveriani so- no stati in Brasile, nelle missioni di p. Trevisan e p. Antonello.

Sono esperienze utili a capire meglio la nostra vocazione mis- sionaria. Basta pensare che un catechista keniota, vedendolo

“ben messo”, ha detto a p. Api- cella: “Perché, invece di stare a ingrassare in Italia, non vieni in missione?”. ■ maKeni: piccoLa UniVersità

Con l’inizio di ottobre sono iniziati i corsi al nuovo “Istituto Fatima”, una piccola università cattolica nella città di Makeni, in Sierra Leone. Ne è vice diret- tore padre Ivaldo Casula, che possiede una lunga esperienza di animazione e formazione nelle scuole. Padre Luigi Brioni, superiore dei saveriani in Sier- ra Leone, è convinto della bon- tà dell’iniziativa, che contribui- rà a formare i futuri dirigenti del Paese, fornendo un’istru- zione di qualità. “Vogliamo ri- dare speranza alla nazione at- traverso l’istruzione, una delle emergenze più gravi dopo un decennio di guerra”, ha affer- mato padre Brioni. ■

p. FaBriZio tosoLini, sx

madre celestina Bottego, fondatrice delle saveriane missionarie di maria

Dall’1 al 14 agosto, nella casa di Tavernerio (Como), si sono incontrati i diciannove superiori e i cinque membri della dire- zione generale dell’istituto saveriano per la “conferenza dei superiori maggiori” (Cosuma). Hanno approfondito tre aspetti:

la teologia della missione; l’unità tra la consacrazione religiosa e la missione; come crescere in questa unità di vita religiosa e missionaria. Al termine, i superiori hanno inviato un messaggio che desideriamo condividere con tutti i nostri lettori.

(4)

14 agosto e hanno fatto a piedi oltre 50 chilometri nella fore- sta, su piste ancora infide e rischiose. Il giorno dopo, ai 70 si sono uniti altri 150 giovani di Kamituga e hanno proseguito insieme, sempre a piedi, per altri 50 chilometri. Il terzo giorno, si sono uniti a loro i 105 giovani di Mwenga e insieme hanno fatto altri 80 chilometri. Dunque, 180 chilometri a piedi in 4 giorni! Gli africani amano molto viaggiare, e quasi sempre, l’unico mezzo di trasporto è ancora quello di Adamo!

A una quarantina di chilometri da Bukavu, i nostri 325 gio- vani sono stati ‘raccolti’ e ammassati su quattro camion-merci senza sedili, che li ha portati per 170 chilometri fino a Uvira.

Qui sono arrivati la notte di venerdì 19 agosto. Sei giorni di pellegrinaggio: 350 chilometri, di cui una buona metà a piedi.

Sul lago Tanganika

Un altro esempio. Dal sud invece, i giovani hanno viaggiato in battello sul lago Tanganika (lungo 730 chilometri e largo 40). Al momento d’imbarcare i 250 giovani a Baraka, 90 chi- lometri a sud di Uvira, il battello si mise a far le bizze... Dopo averlo rimesso in carreggiata, sono arrivati a Mboko a notte fonda, per prendere altri 150 giovani, ma il lago cominciava ad arrabbiarsi. Cosa fare? Far sbarcare di nuovo i 400 giovani?

Per metterli a dormire dove? Per di più, un gruppo di militari, invece di facilitare il pellegrinaggio, stava creando noie...

Alla fine, con trepidazione, i giovani sono ripartiti da Mbo- ko nella notte. Sono arrivati sani e salvi al porto di Uvira all’una di notte. Per motivi di sicurezza, hanno dovuto restare sulla spianata del porto fino all’alba, cercando di chiudere un occhio e di proteggersi dal freddo della notte dietro qualche pezzo di muro!

I momenti forti dell’incontro

Sabato mattina, i cortei colorati dei giovani, stanchi ma gioiosi, sono convenuti attorno alla cattedrale, dove li atten-

devano i gruppi dei più lontani, arrivati con i camion e in battello. Poi, l’acco- glienza e l’apertura dell’incontro, con la gioia e la sorpre- sa di essere in tanti;

il canto dell’inno con lo sventolio di bandiere e di ber- retti; la preghiera e il benvenuto del vescovo mons. Ta- funga.

Molto belli sono stati gli incontri as- sembleari di ascol- to e riflessione sui temi preparati per i giovani. Si sono svolti davanti alla cattedrale, in una specie di grande anfiteatro con sedie e banchi rimediati dalle missioni e scuole della città. Un bel colpo d’occhio. I giovani indos- savano magliette bianche con il logo di Colonia e la foto della cattedrale d’Uvira (fatte arrivare direttamente dalla Cina). I berretti colorati forma- vano chiazze vistose d’azzurro, giallo, rosso e verde. Anche questi... made in China, ma arrivati da Brescia, per in- teressamento di padre Nicola.

Il cibo e la semina

Bello anche il trovarsi insieme a...

divorare montagnole di polenta e fa- gioli, leccando le ossa di una decina di mucche, vittime innocenti della festa giovanile! Non sorridete! Cin- quanta cucine all’aperto, con le pento- le poggiate sui sassi e accudite da un centinaio di mamme... Ma il culmine di tutto è stata una festosa Eucaristia:

tre ore e mezza di canti e di gioia, di preghiera e di ascolto.

Cosa resterà di tutto questo, so- lo Dio lo sa. La semina è stata ab- bondante e tanti i momenti di grazia.

Spetta a noi ora continuare a feconda- re la semina... con la preghiera e con una pastorale giovanile rinnovata. ■ li sguardi di tutti, in quei giorni, erano puntati verso la

Germania. Anche noi dal Congo, nel cuore dell’Africa, abbiamo sbirciato verso la vecchia Europa dove, attorno ai due vecchi Papi, è esplosa ancora la giovinezza della chiesa.

Proprio negli stessi giorni di Colonia, anche noi ad Uvira ab- biamo celebrato, per la prima volta nella storia del Congo, la

“giornata della gioventù”, voluta e testardamente organizzata da padre Carmelo Sanfelice, con il generoso aiuto dei lettori di “Missionari Saveriani”.

La prima volta!

Certo, non c’è paragone tra “le due ...Colonie”. Ma è stata un’impresa ciclopica, nel nostro contesto sociale e per i nostri mezzi. Radunare oltre 3.000 giovani, appartenenti a gruppi et- nici fino a ieri travolti dalla follia di una guerriglia devastatrice, è stato un enorme miracolo. E che tutto sia andato a finire nel migliore dei modi, potete immaginare il sospiro di sollievo di noi tutti, alla fine!

È stato il primo grande evento di riconciliazione tra i giovani di questa regione. È infatti la prima volta che la gente, i giovani in particolare, possono ritrovarsi e incontrarsi pacificamente, dopo un decennio di guerra con stragi, devastazioni e fughe forzate. La cosa più grande, quindi, è il fatto stesso che l’in- contro tra questi giovani abbia potuto realizzarsi e si sia svolto, grazie a Dio, senza tensioni e in un clima di fraternità.

A piedi nella foresta

Per farvi capire le difficoltà concrete, vi racconto il safari- pellegrinaggio dei 70 giovani di Kitutu. Sono partiti domenica

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l tema di base di tutto il congresso dei giovani di Uvira è stato il seguente: “i giovani, protagonisti per costruire la famiglia”. La famiglia è un tema importante anche in Afri- ca. Lo è ancor più nei Paesi rovinati dalle guerre e dalle vio- lenze. Tanti giovani hanno subito forti traumi; non hanno co- nosciuto la vita “normale” di chi fatica e tribola, ma nel con- testo di una convivenza pacifica e costruttiva. I giovani stessi devono riuscire a ricostruire la cultura della convivenza, nella riconciliazione con se stessi e con la società. Per questo sono importanti, nel periodo della crescita, i programmi di forma- zione e la riflessione sulla Parola di Dio.

Il progetto di Dio per la famiglia

La Parola di Dio offre ai giovani la via della salvezza, anche per costruire degnamente la propria famiglia. Abbiamo pre- so in considerazione l’insegnamento di Gesù sul matrimonio, nel dibattito con i farisei, come proposto nel vangelo di Mar- co (10, 2-9). Gesù mette in guardia circa la “durezza del cuo- re umano”, incline a derubare la vera libertà delle persone per renderle schiave del proprio piacere. Rimanda poi al progetto del Creatore, dove l’unità e la complementarietà della donna con l’uomo (“mie ossa e mia carne”) sono presentate come l’immagine di Dio stesso. Abbiamo anche meditato sull’in- segnamento di san Paolo nella lettera agli Efesini (5,21-33):

la preparazione accurata al sacramento del matrimonio apre i giovani al dono di Dio, a quell’amore che rende salda e sere- na la famiglia, anche quando le condizioni materiali diventa- no difficili e critiche.

I problemi reali dei giovani di Uvira

Ma ci sono anche altri problemi molto concreti. I principali problemi che i giovani hanno davanti e che devono affronta- re nell’ambito della famiglia sono questi: la miseria che im- pedisce alla famiglia una vita decorosa; la dote che i giovani devono versare alla famiglia della futura sposa; il culto del piacere che la mentalità consumistica prevalente nel mondo occidentale ha acuito anche qui in Africa; circolano anche qui tante video-cassette pornografiche prodotte e distribuite dai mercati europei e americani...

(senza sponsor!), con berretti di quattro colori (giallo, verde, rosso e blu) secondo le parrocchie di provenienza. Una mas- sa che cantava e danzava. Uno spettacolo suggestivo: nell’ar- rivo dei pellegrini a piedi per gli ultimi chilometri, nelle as- semblee, nei movimenti, nei viaggi in camion, nei concerti e nelle danze... Insomma, è stata una grande festa, un bagno di ecclesialità! Ma è stato un “avvenimento” soprattutto per i valori che abbiamo vissuto e per gli obiettivi che abbiamo preso di mira.

“Umoja na papa - umoja na askofu”: questo è stato il grido di saluto che il salesiano padre Jean Marie aveva preparato per i giovani. Significa, “unità con il papa - unità con il vescovo”.

Ed è subito entrato nel cuore di tutti. Una risposta alle divisio- ni che la chiesa di Uvira ha conosciuto negli anni passati.

I buoni propositi da realizzare

Queste giornate hanno favorito il risveglio dei giovani, per prendere in mano la propria vita, da protagonisti, partendo dal progetto di costruire una famiglia serena e cristiana, cellula vi- va di ogni promozione personale e sociale.

Hanno preso coscienza di essere loro, come individui e co- me gruppo, l’avvenire e la speranza della chiesa e della na- zione. L’inno del congresso, composto da don Joseph Bahane, parte proprio con queste parole: “Sisi vijana ni matumaini ya Eklezya - Noi giovani siamo la speranza della chiesa”. I no- stri giovani, che stanno attraversando una crisi di personalità, possono ri-animarsi nella verità.

I giovani hanno lanciato l’allarme contro il consumismo, che comincia a dilagare anche a Uvira e che spazza via ogni valore cristiano e umano-africano. Le ragazze hanno fatto suonare il grido di sveglia, per diventare protagoniste della propria vita, liberandosi dalla loro condizione di merce ma- trimoniale.

Sono decisi a diventare protagonisti della fede, per reagire all’infiltrazione delle sètte, finanziate dalle multinazionali per mettere in crisi la chiesa cattolica e i valori sociali e cultu-

rali dell’Africa. ■

LA STRADA ERA SCOMPARSA

Certo, anche i giovani italiani che si sono avventurati a Colonia per la GMG hanno pa- tito disavventure. il viaggio interminabile su treni che non arrivavano mai; il cibo insuf- ficiente e non molto gradevole; i maxischermi che non funzionavano; i parcheggi dei pullman introvabili... Ma sentite, dal racconto di padre Carmelo, cosa hanno passato i giovani pellegrini congolesi, per partecipare al congresso dei giovani a Uvira!

I giovani di Kitutu (380 chilometri da Uvira) insieme ai giovani di Kamituga (330 chi- lometri da Uvira) e i giovani di Mwenga (280 chilometri da Uvira) hanno intrapreso il lungo viaggio a piedi, perché la strada dell’Urega è letteralmente scomparsa! Arrivati a Tubimbi (210 chilometri da Uvira), non hanno incontrato i quattro camion che doveva- no trasportarli alla sede del congresso. Hanno perciò continuato il cammino a piedi per altri 20 chilometri, nella speranza di incontrare i camion.

Alle ore 20, sento il telefono squillare. Era don Jean Claude, accompagnatore dei gio- vani di Kamituga. “Siamo a Burale; i camion non sono arrivati e noi siamo distrutti!”.

Rispondo: “È la via crucis! Incoraggia i tuoi giovani, vedrai che l’alba della resurrezio- ne arriverà!”. Don Jean Claude accoglie molto bene queste mie parole ingenue. Ma io, quella notte, non ho chiuso un occhio. Senza i giovani dell’Urega, il congresso sarebbe stato deforme, mutilato...

Cosa era successo? Il diluvio sulla zona di Bukavu aveva impedito i camion di viaggia- re secondo il programma previsto. Solo l’indomani sono riusciti ad arrivare a Burale. Il tempo era ormai troppo stretto per giungere a Uvira prima dell’inizio del congresso. La partenza è stata rapida ma, giunti sulla strada alluvionata, i giovani hanno dovuto spin- gere i quattro camion che, uno dietro l’altro, si erano impantanati.

Il trionfo dei giovani dell’Urega è avvenuto all’una e mezza di notte, tra il venerdì e il sabato, quando li abbiamo accolti - morti di fame, di sonno e di stanchezza - sulla spia- nata della cattedrale di Uvira. Non è un modo di dire! Erano davvero felici di avercela fatta. E noi, che li aspettavamo, felicissimi con loro.

LA NOSTRA PICCOLA ”COLONIA”

Le giornate della gioventù congolese

GIOVANI PROTAGONISTI PER COSTRUIRE LA FAMIGLIA

La Parola di Dio sui problemi giovanili

G

I

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IL PELLEGRINAGGIO

GIOVANI DI UVIRA: LA GIORNATA DELLA SPERANZA

Sì, NE VALEVA LA PENA

Nel numero di aprile di “Missionari Saveriani”, ave- vo presentato il progetto del congresso dei giovani a Uvira, sollecitando anche un aiuto concreto dai nostri amici lettori per la sua realizzazione. L’abbiamo fatto, gli stessi giorni della giornata mondiale dei giovani a Colonia, il 20 e 21 agosto.

La prima parola da dire ora, dopo la celebrazione del congresso, è “grazie!”. Dai generosi lettori ci sono per- venuti 11.550 euro. Sono stati un buon contribuito alla sua riuscita. In tutto abbiamo speso 21.280 euro. Una grossa somma per noi e per il contesto in cui viviamo.

Soldi spesi male? Valeva la pena, per due giorni? Non sarebbe stato meglio costruire una scuola?

Io stesso sono molto attento sull’uso del denaro.

Tuttavia, ora ripeto “grazie!”, mille volte. Infatti, ne è proprio valsa la spesa. Perché il congresso è stato fatto per i poveri e con i poveri (ad aprile parlavo dei “gio- vani in crisi”), e specialmente perché queste giornate hanno avuto un impatto positivo sulla vita dei giova- ni, più di tanti anni scolastici, per la novità e la globa- lità dell’avvenimento. E ancora più per i messaggi che il congresso ha lanciato e che sembra abbiano colpito e impresso il cuore dei giovani.

Di quest’avvenimento, vissuto in comunione con gli altri giovani del mondo riuniti a Colonia, Uvira si ricor- derà per molti anni. Con Maria, noi cantiamo il “ma- gnificat” al Signore, perché è tutto merito suo. E ci rimbocchiamo le maniche per lavorare con i giovani, affinché i frutti dell’evangelizzazione siano abbondan- ti e duraturi.

ABBIAMO STRETTO LE MANI DEGLI AMICI DI UVIRA

DIEGO PIOVANI

artenza in salita. Abbiamo incominciato la preparazione già dal gennaio di quest’anno. La sessione preparatoria è stata travagliata, a causa dell’assenza imprevista del primo responsabile. Il volo aereo che l’avrebbe dovuto portare qui dalla missione di Nakiliza, a 350 chilometri da Uvira, era stato annullato. Inoltre, un problema in seno agli incaricati di avvia- re l’organizzazione, rischiava di far morire il congresso al suo nascere. Grazie a Dio, il problema è stato superato.

Tutto il cammino è stato in salita

È stata un’audace impresa, già a partire dalla semplice idea di un congresso con 3.000 giovani provenienti da tutti gli an- goli di una regione senza strutture stradali. A Uvira, devasta- ta da sei anni di guerra e dalle alluvioni della scorsa stagione delle piogge, la gente non riesce a ospitare neanche i propri parenti. E noi volevamo accogliere tremila giovani? E la sicu- rezza? E l’igiene? E l’organizzazione della ristorazione? E i costi? ...Quanti problemi! quanti timori!

È stata una durissima corsa, una via crucis o meglio, un cammino pasquale. Perché ogni prova ha avuto il suo esito po- sitivo. Quanti passaggi di passione e di resurrezione! Dicevo a me stesso: “Questo congresso sarà una grande cosa per i gio- vani, perciò le forze degli inferi ci si accaniscono contro. Ma non prevarranno!”. Quando poi ho visto che anche le due gior- nate del congresso sono state segnate da qualche colpo man- cino su cose importanti, mi sono sentito smarrito. Non avevo ancora capito che il bersaglio non era il congresso in sé, ma la nuova pastorale dei giovani che ne deriva. Dobbiamo aspet- tarci di ricevere altri colpi: segno che abbiamo imboccato la buona strada verso la resurrezione.

Lo spirito che ha animato il congresso Alle crisi dei giovani si deve rispondere concreta- mente e con verità, evitando il pericolo

della manipolazione così facil- mente operata da parte di certi gruppi di potere. Ci siamo per- ciò messi nel clima dello Spi- rito e del Salvatore.

Le sessioni preparatorie, i questionari, il lavoro di prepa- razione immediata per rende- re i giovani veri “protagonisti”

anche nelle relazioni e i dibat- titi durante il congresso... tutto è stato fatto con senso ecclesia- le, cioè in spirito comunitario.

Per la prima volta, una mas- sa così imponente di giovani di tutta la diocesi si è stretta in- torno al vescovo, per guardare in faccia a problemi cruciali. I

“tremila” sono stati organizza- ti in 50 gruppi di 60 giovani.

Ogni gruppo è stato accolto fraternamente da dieci giovani della cattedrale. Come piccole comunità di base, ogni gruppo aveva la sua “casa” in un’aula delle scuole vicine alla catte- drale, con la cucina e le mamme cuoche: cento mamme vo- lontarie hanno pensato ai pasti per tutti. Così i giovani hanno vissuto una bella esperienza, evitando il pericolo di confusio- ne e di pericolose “infiltrazioni” di gente che avrebbero potu- to rovinare tutto.

Per favorire questo clima ecclesiale, le parrocchie hanno preparato i giovani a viaggiare in spirito di pellegrinaggio, do- po aver celebrato comunitariamente il sacramento della con- fessione.

Un avvenimento veramente ecclesiale

Nell’intimo del cuore, avevo sperato di poter gustare una

“giornata da pente- coste”! Se quei due giorni non sono sta- ti una “pentecoste” a modo mio, certamen- te sono stati due gior- ni di grazia, un “tem- po di Dio”.

Anche lo spettaco- lo visivo è stato stu- pendo: una massa in bianco di giovani ve- stiti di magliette con il logo del congresso L’educazione affettiva dei giovani

Questo è stato il secondo tema di riflessione, connesso al primo tema della” famiglia da costruire”. La sessualità è un dono, voluto da Dio nella creazione e trasmesso nella genera- zione umana. Ma san Paolo ci dice che anche il corpo appar- tiene a Cristo (1Cor 6,19-20). Il “giovane protagonista” è co- lui che si impegna a vivere secondo la definizione presentata nel dizionario di Dio. È cioè capace di gestire la sessualità per la vita, senza essere schiavo delle concupiscenze. L’educazio- ne all’amore deve essere seria, illuminata e attenta.

Il senso e il rispetto dei beni materiali

Il terzo tema di riflessione aiuta a rispondere allo stato di miseria in cui versano le famiglie a Uvira. A riguardo, i giova- ni hanno insistito su due cose: innanzitutto hanno messo l’ac- cento sul lavoro e sull’occupazione, e poi sulla ricerca di un governo attento alla vita del suo popolo e non dominato dal- l’ingordigia delle società multinazionali. Dio, Creatore e Pa- dre, ha creato le ricchezze della terra per il benessere di tutti i suoi figli. È inconcepibile e insopportabile che nel Congo così ricco la gente viva nella miseria!

La fede e la vita dei giovani

L’anima di tutti questi temi importanti è la fede e la vita del giovane. Se il giovane è debole nella fede, allora tutto cede, tutto crolla. La parola “credo” proviene dall’espressione lati- na “cor do”, che vuol dire, “do il cuore”. Dono il mio cuore a Cristo; gli apro le porte della vita con tutti i suoi problemi; mi appoggio a Cristo salvatore, perché mi fido di lui.

È proprio così: la crisi di base dei giovani è la crisi della fede. La mentalità consumistica, la propaganda spietata delle sètte (finanziate perfino dalle multinazionali), il richiamo al- la magia (il mondo degli spiriti detto “deuxième monde - se- condo mondo”), tipico delle religioni animiste e ripreso dalle milizie della guerriglia

in questi anni di guerra:

sono questi gli aspet- ti problematici ai qua- li far fronte, gli obietti- vi verso cui prestare la massima attenzione. ■

L'AVVENIMENTO

p. ANTONIO TRETTEL, sx

l primo pensiero che mi è venuto in mente, leggendo su queste pagine il racconto dei missionari sul raduno dei giovani congolesi a Uvira, è che noi “pellegrini di Colonia” non dovremmo lamentarci dei disagi e disguidi vissu- ti in Germania. Anzi, forse proprio da loro abbiamo qualcosa da imparare. In effetti, a pensarci bene, noi ragazzi del

“nord” abbiamo forse saltato qualche pasto, mentre per i nostri coetanei del “sud” la norma è mangiare quando si può. Dormire su un pavimento è stato faticoso e, alla fine, anche divertente.

Immaginare, poi, che al milione di ragazzi radunati nella spianata di Marienfield si siano aggiunti anche i ragazzi di Uvira, ha impreziosito ancora di più la ventesima giornata mondiale della gioventù. A Colonia eravamo come i re Magi:

“siamo venuti per adorarlo”. Sono sicuro che, durante la veglia di sabato 20 agosto, la luce dei lumini accesi sulla nostra spianata è stata resa più brillante dal collegamento alle candele gocciolanti sulla collina di Uvira, terra fecondata dai martiri. I canti che abbiamo intonato prima e dopo la Messa, i cori alzatisi al cielo per salutare papa Benedetto sono stati rinvigoriti dalle voci e dalle danze provenienti dal cuore dell’Africa.

Con noi erano presenti anche loro, in ascolto delle parole del Vicario di Cristo. Con noi erano presenti tutti coloro che non sono riusciti a raggiungere Colonia né Uvira: genitori, amici di tutte le età, di tutti i Paesi del mondo, di tutte le nazionalità. Per una settimana sono caduti i

confini e i pregiudizi. Ci siamo sentiti fratelli, uniti dall’unico Spirito, accomunati dagli stes- si ideali. Insieme, lungo lo stesso cammino di fede. E tendendo la mano, idealmente, abbiamo potuto stringere quelle dei nostri amici di Uvira.

I

p. CARMELO SANFELICE, sx

IL TEMA DI BASE

P

p. CARMELO, sx Foto di J. Martínez González

p. CARMELO SANFELICE, sx

I TREMILA GIOVANI DI UVIRA

Giorni di grazia, alba di resurrezione

p. CARMELO SANFELICE, sx

I giovani dell'Urega erano morti di fame, di sonno e di stanchezza, ma felici di avercela fatta!

”Io so che voi giovani aspirate alle cose grandi e che volete impegnarvi per un mondo migliore. Dimostratelo al mondo!”.

Papa Benedetto ai giovani, Colonia 2005

I tremila giovani davanti alla cattedrale di Uvira, in una specie di grande anfiteatro,

con il ”logo” della piccola Colonia... africana; al centro, il disegno della cattedrale di Uvira (foto G. Querzani)

Foto G. Querzani

Lo striscione con il tema principale delle giornate della gioventù di Uvira: “i giovani, protagonisti della famiglia” (Foto G. Querzani)

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