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Rilevanza dei periodi di congedo straordinario per il conseguimento di dottorato di ricerca, astensione obbligatoria per maternità, congedo parentale ed ordinario sul periodo oggetto di valutazione di professionalità.

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Rilevanza dei periodi di congedo straordinario per il conseguimento di dottorato di ricerca, astensione obbligatoria per maternità, congedo parentale ed ordinario sul periodo oggetto di valutazione di professionalità.

(Risposta a quesito dell’8 maggio 2013)

Il Consiglio superiore della magistratura, nella seduta dell'8 maggio 2013, ha adottato la seguente delibera:

- vista la nota in data 24 ottobre 2012 con la quale il Presidente della Corte di appello di … comunica che il Consiglio giudiziario, nella seduta dell'11 ottobre 2012, ha sottoposto al Consiglio il seguente quesito: "Se in caso di coincidenza dell'intero periodo oggetto di valutazione di professionalità con periodi di congedo straordinario per il conseguimento di dottorato di ricerca ovvero di interdizione dal lavoro ed astensione obbligatoria per maternità e successivamente per congedo parentale ed ordinario, il Consiglio giudiziario competente sia tenuto alla formulazione di un parere di professionalità in senso stretto nei modi descritti nella relativa circolare ed, in caso positivo, quali elementi dovranno essere considerati per la manifestazione del parere medesimo";

letto il parere dell’Ufficio studi n. 63 del 2012 che - in altra procedura - ha ricostruito i profili di disciplina della materia

osserva

1. Il quadro normativo vigente in merito alla periodizzazione delle valutazioni di professionalità.

Il decreto legislativo 5 aprile 2006 n.160, come modificato con l’abrogazione e la modifica disposta dagli articoli 1 e 2 della legge 111/07, prevede che i magistrati siano sottoposti a valutazione di professionalità con cadenza quadriennale, a decorrere dalla data di nomina fino al superamento della settima valutazione di professionalità.

Il Consiglio superiore della magistratura, in applicazione delle disposizioni e delle riserve contenute nel D.Lgs. 160/06, ha emanato la circolare n. 20691 dell’8 ottobre 2007 e successive modifiche, che detta i nuovi criteri per la valutazione di professionalità.

La circolare ha definito i parametri di valutazione ed i relativi indicatori, disciplinato nel dettaglio il procedimento di valutazione ed integrato la disciplina transitoria di cui all’art. 5, comma 2, n.

111/07.

Il testo vigente della circolare, frutto anche di successive modifiche ed integrazioni, ha definito la disciplina procedimentale, introducendo rigorose scansioni articolate attraverso la previsione di termini per ogni fase dell’istruttoria che prevede la elaborazione di una autorelazione del magistrato interessato, del rapporto del Capo dell’ufficio, del parere del Consiglio giudiziario competente ed infine la deliberazione del Consiglio superiore, con l’obbiettivo di rendere i tempi complessivi il più possibile contenuti e comunque certi, al fine di limitare lo scarto cronologico inevitabile intercorrente tra la data di maturazione da parte del magistrato dell’anzianità richiesta per la valutazione, ed il provvedimento di formale riconoscimento di essa.

La disciplina secondaria prevede la sospensione della procedura di valutazione di professionalità nei casi in cui il magistrato sia sospeso obbligatoriamente dalle funzioni e dallo stipendio ai sensi dell’art. 21 D.Lgs. n. 109/2006, quando sia sottoposto a misura cautelare personale, ovvero quando sia sospeso in via facoltativa dalle funzioni e dallo stipendio, ai sensi dell’art. 22 D.Lgs. n.

109/2006, in quanto indagato per delitto non colposo, in quanto sottoposto a procedimento disciplinare.

E’ prevista, invece, la sospensione della valutazione, in via facoltativa, in caso di pendenza di processo penale o del procedimento disciplinare nonché nelle ipotesi di formale apertura del procedimento di trasferimento d’ufficio ai sensi dell’art. 2 R.D.L. 511/1946. In tali casi, la sospensione è disposta con provvedimento motivato all’esito di una verifica circa la gravità dei comportamenti ascritti al magistrato e sempre che l’accertamento dei fatti oggetto del procedimento penale e/o disciplinare abbia effettiva incidenza sul giudizio di valutazione della professionalità.

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Al di fuori delle ipotesi citate, la disciplina primaria e secondaria delle valutazioni di professionalità non contempla ulteriori casi di arresto o di dilazione del procedimento, sul presupposto che, evidentemente, debba in generale essere favorito il sollecito riconoscimento - all’esito del quadriennio - della legittima aspettativa del magistrato ad ottenere gli avanzamenti in carriera per i quali abbia maturato l’anzianità, perché ad essi sono connesse conseguenze favorevoli in termini economici ed in termini di carriera, sia in senso assoluto - con la possibilità di accedere alle funzioni per le quali una specifica valutazione di professionalità sia richiesta - che in senso relativo, in ipotesi di valutazione comparativa tra magistrati in occasione di tramutamenti o di conferimenti di funzioni.

Per rispondere al quesito posto dal Consiglio giudiziario di … se in caso di coincidenza dell'intero periodo oggetto di valutazione di professionalità con periodi di congedo straordinario per il conseguimento di dottorato di ricerca ovvero di interdizione dal lavoro ed astensione obbligatoria per maternità e successivamente per congedo parentale ed ordinario, il Consiglio giudiziario competente sia tenuto alla formulazione di un parere di professionalità in senso stretto nei modi descritti nella relativa circolare ed, in caso positivo, quali elementi dovranno essere considerati per la manifestazione del parere medesimo”, è necessario analizzare le singole tipologie di assenze previste dalla normativa primaria:

1.2. Aspettativa e congedo straordinario.

Come è noto, l’art. 276, comma 3, R.D. n. 12 del 1941 stabilisce che “ai magistrati dell’Ordine giudiziario sono applicabili le disposizioni generali relative agli impiegati civili dello Stato, solo in quanto non sono contrarie al presente Ordinamento ed ai relativi regolamenti”. Secondo l’interpretazione consolidata sul punto, al fine di escludere l’applicabilità ai magistrati di una normativa la quale indichi come destinatari gli impiegati dello Stato non è sufficiente che i primi non siano menzionati, ma è necessario che essa sia contraria a disposizioni espressamente dettate per i magistrati nella medesima materia e che lo status ad essi riconosciuto ne impedisca l’estensione. Solo in via di eccezione, espressamente enunciata, si può escludere l’applicabilità ai magistrati del trattamento previsto per gli impiegati dello Stato.

Da tale principio interpretativo discende l’estensione al personale di magistratura dei principali istituti attinenti al rapporto di servizio degli impiegati dello Stato.

Così, per ciò che rileva in relazione all’oggetto della presente indagine, i magistrati possono usufruire delle ipotesi di aspettativa e congedo straordinario previsti dalla disciplina generale del pubblico impiego.

In via di estrema semplificazione, secondo la classificazione tradizionale, può rilevarsi che aspettative e congedi costituiscono ipotesi di esonero temporaneo del pubblico dipendente dal servizio. E’, tuttora, ribadita la distinzione dogmatica secondo cui mentre il congedo non influisce sulla pienezza del rapporto di impiego, l’aspettativa concretizza una modificazione temporanea di esso, consistente nella sospensione dell’obbligo dell’impiegato di prestare servizio e di esercitare la funzione connessa all’ufficio al quale è addetto1. Così se, in linea generale, il congedo non ha effetto sul rapporto di servizio, le norme generali sul pubblico impiego discriminano tra diverse ipotesi di aspettativa in ordine alla conservazione o cessazione di alcuni effetti del servizio stesso, con la sola eccezione della conservazione del posto, di cui l’amministrazione non può disporre in nessun caso (art. 66 u.c. D.P.R. 1957 n. 3) perché rimane occupato dall’impiegato collocato in aspettativa.

Tale classica distinzione, d’altra parte, soffre numerose eccezioni a seguito della stratificazione legislativa generale e speciale, con cui sono state introdotte molteplici figure di congedo straordinario e di aspettativa, non sempre coerenti con essa.

1.3. Le principali ipotesi di aspettativa a. Le principali ipotesi di aspettativa

1 Cons. Stato sez VI 8 ottobre 1982 n. 466; Lucifredi e Amendola, voce Aspettativa (imp. Publ.) in Enc dir. 1981 vol.

VIII, 1057

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A) Con riferimento alla normativa speciale per il personale di magistratura, l’art. 203 Ord. giud.

prevede che la concessione di aspettativa al magistrato provoca la sua collocazione fuori dal ruolo organico e la dichiarazione di vacanza del posto ricoperto, immediatamente se è concessa per motivi di famiglia, dopo due mesi se per motivi di salute o di servizio militare; ciò per la preminente esigenza di assicurare la continuità della funzione giudiziaria relativamente alla sede occupata dal magistrato in aspettativa.

L’art. 202 Ord. giud. a sua volta stabilisce che: “il periodo trascorso dai magistrati in aspettativa per servizio militare o per motivi di salute non importa interruzione del servizio, né pregiudizio all’anzianità”. Tale normativa speciale coincide con quella generale per il pubblico impiego con riferimento all’aspettativa per infermità (art. 68 comma 6 T.U. impiegati dello Stato). Il periodo trascorso in aspettativa per motivi di famiglia, invece, “non è computato ai fini della progressione in carriera” (l’art. 69 comma 5).

B) Un particolare tipo di aspettativa è previsto dalla legge 11 febbraio 1980 n. 26 a favore dell’impiegato dello Stato il cui coniuge, anch’esso dipendente della pubblica amministrazione, presta servizio all’estero. Il tempo trascorso in tale aspettativa non dà diritto ad alcun assegno e non è computato ai fini della progressione giuridica ed economica, né del trattamento di quiescenza e previdenza. La legge 25 giugno 1985 n. 333 ha esteso i benefici della legge 26/80 ai dipendenti statali il cui coniuge presti servizio all’estero per conto di soggetti non statali.

C) Ulteriore ipotesi di aspettativa, è quella prevista dall’art. 8 del D.P.R. 30 marzo 1957 n. 361 recante norme per la elezione ala Camera dei Deputati, applicabile anche alla elezione al Senato (art. 5 D.Lgs. 20 dicembre 1993 n. 533), che prevede una specifica causa di ineleggibilità per i magistrati, superabile solo ove essi siano stati collocati in aspettativa già all’atto dell’accettazione della candidatura. In caso di elezione al magistrato si applica la normativa generale concernente i dipendenti dello Stato, che prevede il collocamento “d’ufficio in aspettativa per tutta la durata del mandato parlamentare” (art. 88 D.P.R. 361 del 1957). Il periodo trascorso in tale posizione “è considerato a tutti gli effetti periodo di attività di servizio ed è computato per intero ai fini della progressione in carriera, dell’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e di previdenza” (art. 88 cit.).

Le disposizioni dell’art. 88 citato si applicano anche ai membri del Parlamento Europeo (art. 2 legge n. 384 del 1979, come modificato dall’art. 2, L. n. 78 del 2004).

L’art. 68 D.Lgs. n. 165 del 2001 dispone che “I dipendenti delle pubbliche amministrazioni eletti al Parlamento nazionale al Parlamento europeo e nei Consigli regionali sono collocati in aspettativa senza assegni per la durata del mandato”, precisando al comma 2 che “Il periodo di aspettativa è utile ai fini dell’anzianità di servizio e del trattamento di quiescenza e di previdenza”.

Analoga aspettativa è prevista dalle leggi 154 del 1981 per i magistrati che partecipano alle elezioni a Consigliere regionale e dal D.Lgs. n. 267 del 2000 per le elezioni a Sindaco, Presidente della provincia, Consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale, con la precisazione che la causa di ineleggibilità dei magistrati opera solo con riferimento ai territori in cui esercitano le loro funzioni e può essere superata, oltre che con l’aspettativa, con il trasferimento a sede diversa. Pertanto, per gli appartenenti all’Ordine giudiziario che partecipino a tali elezioni la richiesta di aspettativa è facoltativa.

D) L’art. 23 bis del D.Lgs. 165 del 2001 stabilisce la possibilità che determinate categorie di dipendenti pubblici, tra cui sono considerati espressamente i magistrati ordinari, siano, a domanda, collocati in aspettativa presso enti ed organismi pubblici, anche operanti in sede internazionale. Il periodo di aspettativa comporta il mantenimento della qualifica posseduta ed anche la ricongiunzione dei periodi contributivi. L’aspettativa è deliberata per i magistrati e gli avvocati e procuratori dello Stato, dai rispettivi organi di governo competenti, che possono valutare la ricorrenza di “ragioni ostative” all’accoglimento dell’istanza. L’art. 578 della legge 27 dicembre 2006, con norma di interpretazione autentica dell’art. 23 bis citato, ha chiarito che ai magistrati collocati in aspettativa è riconosciuta l’anzianità di servizio.

1.4. Principali ipotesi di congedo straordinario.

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A) L’art. 37 del D.P.R. n. 3 del 1957 stabilisce che all'impiegato dello Stato, oltre il congedo ordinario, possono essere concessi per gravi motivi congedi straordinari.

Tale tipologia di congedo, quindi, non risponde ad esigenze specificamente individuate, ma può essere concessa per qualsiasi ipotizzabile ragione, soggetta all’apprezzamento dell’amministrazione, che impedisca la prestazione del servizio, ivi compresi anche i motivi di salute e di famiglia.

L’assenza dal lavoro non può superare la durata di quarantacinque giorni nel corso dell’anno.

La stessa norma prevede che il congedo straordinario compete di diritto quando l'impiegato debba contrarre matrimonio o sostenere esami o, qualora trattisi di mutilato o invalido di guerra o per servizio, debba attendere alle cure richieste dallo stato di invalidità. Nel caso di matrimonio, l'impiegato ha diritto a 15 giorni di congedo straordinario.

Come si è già visto, gli artt. 39 e 40 dello stesso testo di legge stabiliscono il computo dei periodi di congedo straordinario ai fini dell’anzianità professionale.

B) L’art. 4 c.2 della legge 53/2000 dà al lavoratore la facoltà di richiedere un periodo di congedo

“per gravi e documentati motivi familiari”. Il congedo può essere chiesto in forma continuativa o frazionata per un periodo complessivo non superiore a due anni. In questo periodo il dipendente conserva il posto di lavoro, ma non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere attività lavorativa;

il congedo non è, altresì, computato nell’anzianità di servizio né ai fini previdenziali.

C) La stessa legge n. 53 del 2000 all’art. 5 contempla una ipotesi di congedo straordinario per la formazione in favore dei dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, che abbiano almeno cinque anni di anzianità di servizio presso la stessa azienda o amministrazione, per un periodo non superiore ad undici mesi, continuativo o frazionato, nell'arco dell'intera vita lavorativa. Durante il periodo di congedo per la formazione, il dipendente conserva il posto di lavoro e non ha diritto alla retribuzione. Tale periodo non è computabile nell'anzianità di servizio e non è cumulabile con le ferie, con la malattia e con altri congedi.

D) L’art. 2 della legge n. 476 del 1984 prevede la concessione al pubblico dipendente ammesso ai corsi di dottorato di ricerca, a sua domanda e compatibilmente con le esigenze dell’amministrazione, di un congedo straordinario per motivi di studio senza assegni per il periodo di durata del corso. Stabilisce espressamente che “Il periodo di congedo straordinario è utile ai fini della progressione di carriera, del trattamento di quiescenza e di previdenza”.

E) Il congedo parentale (art.32 D.Lgs. 151/2001) spetta a ciascun genitore per i primi otto anni di vita del bambino. La durata non può, comunque, superare i dieci mesi complessivi nel caso in cui ne fruiscano entrambi i genitori. Nel caso in cui il padre se ne avvalga per un periodo di tre mesi continuativi, il periodo si eleva a sette mesi individuali e undici cumulativi. Nel caso di un solo genitore il periodo massimo è dieci mesi. Tale periodo deve essere computato nell’anzianità di servizio del magistrato (art. 34 comma 5).

Esso può essere prolungato in base all’art. 33 del D.Lgs. 151/2001 in favore della lavoratrice o in alternativa del lavoratore genitori di minore con handicap in situazione di gravità ex art. 4 c. 1 L.

104/92, fino a tre anni a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati.

F) Il congedo di maternità (art. 16 D.Lgs. 151/2001) è previsto per cinque mesi, da due a un mese prima del parto e da tre a quattro mesi dopo il parto. Il comma 3 dell’art. 22 del medesimo testo di legge prevede che “I periodi di congedo di maternità devono essere computati nell'anzianità di servizio a tutti gli effetti, compresi quelli relativi alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia e alle ferie”.

G) Il congedo di paternità (art. 28 D.Lgs. 151/2001) è il corrispondente del congedo di maternità in caso di morte o di grave infermità della madre, ovvero di abbandono nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre, e ne segue la disciplina.

H) L’articolo 42 comma 5 D.Lgs. 151/2001, stabilisce che: “La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre o, dopo la loro scomparsa, uno dei fratelli o sorelle conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità…, per l'assistenza del figlio, hanno diritto a fruire del congedo di cui al comma 2 dell'articolo 4 della legge 8 marzo 2000, n. 53, entro sessanta giorni dalla

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richiesta. Durante il periodo di congedo, il richiedente ha diritto a percepire un'indennità corrispondente all'ultima retribuzione e il periodo medesimo è coperto da contribuzione figurativa.”. La norma prosegue stabilendo che tale congedo, alternativamente, da entrambi i genitori non può superare la durata complessiva di due anni.

Nel 2011 è stato inserito nella norma il comma 5 bis secondo cui “Il periodo di cui al comma 5 non rileva ai fini della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilita' e del trattamento di fine rapporto. Per quanto non espressamente previsto dai commi 5, 5-bis, 5-ter e 5-quater si applicano le disposizioni dell'articolo 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, n. 53”. Tale ultima norma, come emerge dal testo riportato sopra, stabilisce che “il congedo non è computato nell’anzianità di servizio né a fini previdenziali”.

I) E’, infine, previsto dall’art. 47 D.Lgs. 151 del 2001 il congedo per malattia del figlio. Anche per esso il successivo articolo 48 stabilisce il computo dei periodi relativi nell’anzianità di servizio del dipendente.

2. Il quesito proposto e la sua risoluzione.

Il quesito formulato sul se, in caso di coincidenza dell'intero periodo oggetto di valutazione di professionalità con periodi di congedo straordinario per il conseguimento di dottorato di ricerca ovvero di interdizione dal lavoro ed astensione obbligatoria per maternità e successivamente per congedo parentale ed ordinario, il Consiglio giudiziario competente sia tenuto alla formulazione di un parere di professionalità in senso stretto nei modi descritti nella relativa circolare ed, in caso positivo, quali elementi dovranno essere considerati per la manifestazione del parere medesimo equivale, peraltro, a interrogarsi sul se, in tali casi, la valutazione di professionalità debba essere effettuata, comunque, alla scadenza del termine di quattro anni dalla precedente (computando i periodi a decorrere del decreto di nomina) o se si debba attendere che sia stato effettivamente svolto un quadriennio di lavoro.

In merito occorre rilevare, in aggiunta alla ricostruzione sistematica sinora effettuata, che il D.Lgs.

160/2006 non prevede espressamente, quale condizione per il positivo superamento di alcuna delle sette ordinarie valutazioni di professionalità, lo svolgimento effettivo delle funzioni giurisdizionali per un periodo determinato e tanto in evidente difformità rispetto al precedente sistema ordinamentale della progressione in carriera dei magistrati secondo distinte qualifiche.

Invero la legge n. 97/1979 stabiliva che la nomina a magistrato di Tribunale avesse luogo decorsi due anni dalla nomina a uditore giudiziario, precisando, altresì, la necessità che l’uditore avesse effettivamente esercitato le funzioni giurisdizionali per non meno di un anno. Del pari, l’art. 4 della legge 20 dicembre 1973 n. 831 prevedeva che per la nomina a magistrato di Cassazione occorresse non solo aver compiuto sette anni nella nomina a magistrato di Corte d’appello, ma pure aver svolto almeno dieci anni di attività, anche se non ininterrottamente, negli uffici giudiziari. Mancava, invece, una disposizione di analogo tenore per il riconoscimento della qualifica di magistrato di Corte d’appello, come disciplinata dalla legge 25 luglio 1966, n. 570.

Orbene, sia la legge n. 570/1966 sia la legge n. 831/1973 sono state esplicitamente abrogate dall’art.

54 D.Lgs. 160/2006, il quale, tuttavia, non contiene alcuna previsione di tal senso in ordine alla legge n. 97/1979, che non risulta formalmente abrogata. Appare, tuttavia, evidente che tale ultima legge debba ritenersi incompatibile con il vigente inquadramento della carriera in magistratura, strutturata non più per qualifiche, bensì per distinte fasce di valutazione di professionalità; pertanto le prescrizioni in essa contenute - relative agli “uditori giudiziari” ed ai “magistrati di tribunale” con le relative scansioni di carriera - sono sostanzialmente incompatibili con le previsioni di cui al D.Lgs. 160/2006 e, conseguentemente, possono considerarsi abrogate.

Le considerazioni svolte consentono di affermare che, all’attualità, non vi è alcuna norma di rango primario che condizioni la legittimità del conseguimento della valutazione di professionalità all’effettivo esercizio dell’attività giurisdizionale.

L’unico dato di legislazione positiva è quello che riferisce il controllo periodico a ciascun quadriennio in cui si articola il rapporto di servizio del magistrato, computato a decorrere dal decreto ministeriale di nomina.

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Una diversa soluzione, che collochi la valutazione in un momento successivo e consideri un periodo diverso e più lungo di quattro anni dalla precedente allo scopo di attendere un corrispondente periodo di esercizio delle funzioni, avrebbe l’effetto di modificare sostanzialmente il percorso di carriera individuando una diversa decorrenza giuridica ed effettiva degli avanzamenti economici, nonché degli eventuali tramutamenti funzionali possibili per il magistrato interessato.

Dal punto di vista del sistema, la soluzione ipotizzata provocherebbe una diversa individuazione del periodo oggetto di valutazione, con effetti che influirebbero a catena su tutto il percorso delle successive fasi di verifica professionale.

Sotto il profilo dell’interesse del singolo aspirante al conseguimento della valutazione, l’attesa oltre il quadriennio rappresenterebbe un sostanziale arresto della carriera per un periodo corrispondente allo scarto esistente tra la decorrenza formale del quadriennio e il momento in cui sarà stato raggiunto il periodo corrispondente di effettivo esercizio delle funzioni. Si realizzerebbe, così, in effetti una perdita dell’anzianità.

Tale effetto, a ben vedere, nel sistema di professionalità delineato dal nuovo ordinamento giudiziario, può conseguire soltanto ad una previsione di legge, quali la sanzione disciplinare contemplata dagli artt. 5 e 8 del D.Lgs. n. 109 del 2006 oppure quale conseguenza di una valutazione professionale, negativa o non positiva, secondo quanto previsto dall’art. 11 del D.Lgs.

160 del 2006.

Deve, allora, estendersi l’indagine alla disciplina dello specifico istituto in attuazione del quale l’assenza prolungata del magistrato si è verificata, per comprendere se in quella sede esista una disposizione speciale che disciplini gli effetti dell’assenza sulla carriera del pubblico dipendente interessato.

Solo, infatti, nei casi in cui sia prevista positivamente la sottrazione del periodo di assenza dal computo complessivo dell’anzianità del magistrato, sarebbe ammissibile il corrispondente prolungamento del periodo di valutazione fino al raggiungimento di un quadriennio di effettivo servizio.

Per tale ragione, nel dare conto delle principali figure di congedo ed aspettativa lavorativa, si è riferito della disciplina stabilita da ciascuna singola normativa in relazione agli effetti dell’esonero dal lavoro sulla carriera del dipendente.

Dalla esposizione precedente risulta che la sottrazione del periodo di congedo od aspettativa dal computo dell’anzianità del dipendente è prevista esplicitamente per aspettativa per motivi di famiglia (l’art. 69 comma 5 D.P.R. n. 3/1957), nonché nell’ipotesi di aspettativa prevista dalla legge 11 febbraio 1980 n. 26 a favore dell’impiegato dello Stato il cui coniuge, anch’esso dipendente della pubblica amministrazione, presti servizio all’estero (estesa dalla legge 25 giugno 1985 n. 333 ai dipendenti statali il cui coniuge presti servizio all’estero per conto di soggetti non statali).

Tra le ipotesi di congedo, quella prevista dall’art. 4 c. 2 della legge 53/2000 “per gravi e documentati motivi familiari” esclude il computo del periodo di assenza dal lavoro nell’anzianità di servizio, così come la previsione di cui al successivo art.5, relativa a congedo straordinario per la formazione in favore dei dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati. L’equiparazione di legge con l’ipotesi di cui all’art. 4 della legge n. 53/2000 induce egualmente a ritenere escluso dal computo ai fini dell’anzianità di carriera del dipendente il periodo di congedo straordinario di cui all’art. 42 comma 5 D.Lgs. 151/2001, ottenuto in favore di familiari conviventi di soggetto con handicap in situazione di gravità.

Nelle ipotesi da ultimo indicate, in presenza di esplicita disposizione di normativa primaria, la sottrazione del periodo dalla complessiva carriera del magistrato avrà la conseguenza, in sede di valutazione periodica di professionalità, che il quadriennio oggetto d’esame dovrà essere individuato computando solo periodi di effettivo servizio o, comunque, rilevanti ai fini della progressione in carriera, con conseguente spostamento in avanti del momento di valutazione per un termine corrispondente al periodo sottratto al servizio.

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In tutti gli altri casi, essendo positivamente prevista l’efficacia del periodo in cui al lavoratore è consentito di sospendere la propria prestazione, uno spostamento in avanti del periodo di riferimento della valutazione di professionalità rappresenterebbe un pregiudizio di carriera contrario alla legge.

Una volta, cioè, che l’assenza dal lavoro sia stata regolarmente autorizzata non potrebbe ammettersi un blocco della carriera nei confronti del dipendente, né una perdita di anzianità in relazione al quadriennio oggetto di valutazione periodica.

Nel caso sottoposto dal Consiglio giudiziario di …, pertanto, si versa in ipotesi in cui non è possibile spostare in avanti la valutazione di professionalità maturata allo scadere del quadriennio poiché per nessuna delle fattispecie di congedo prese in esame la legge stabilisce - e, dunque, consente - la perdita di anzianità. Tale conclusione, evidente dalla disamina della materia sinora proposta, porta pertanto a ritenere di rispondere al quesito nel senso che il Consiglio giudiziario è tenuto a formulare il prescritto parere per la corrispondente valutazione di professionalità maturata anche se l’intero periodo in valutazione coincide con periodi di congedo straordinario per il conseguimento di dottorato di ricerca, astensione obbligatoria per maternità, congedo parentale ed ordinario.

La conclusione illustrata, naturalmente, introduce il problema pratico delle modalità concrete in cui articolare la valutazione di professionalità con riferimento a periodi in cui il magistrato non abbia prestato il servizio che, come visto nel caso concreto e come ipotizzabile in astratto, potrebbero comprendere l’intero quadriennio.

D’altra parte, è in ordine alla corrispondenza tra diritto al periodo di assenza autorizzato e diritto al riconoscimento della propria anzianità, salvo valutazione negativa, che si articola, quindi, la questione della valutazione; il diritto al congedo, ricorrendone i presupposti di legge, ed il diritto ad ottenere la valutazione quadriennale di professionalità, in mancanza di previsioni espresse che determinino la sospensione del procedimento, devono essere ritenuti prevalenti rispetto alla situazione di fatto che si viene a determinare per effetto della mancanza di fonti conoscitive relative all’attività del quadriennio.

In linea di principio, quindi, non può che considerarsi che in mancanza di una normativa primaria o secondaria alternativa, una volta decorsi i quattro anni - ove come si è detto siano integralmente compresi nel percorso professionale - si deve procedere alla valutazione di professionalità sulla base della disciplina dell’art. 11 del D.Lgs. 160/2006 e della circolare consiliare 20691 del 2007 e successive modifiche.

All’interno del quadro ordinamentale, quindi, il rapporto del Capo dell’ufficio ed il parere del Consiglio giudiziario dovranno essere emessi in base ai seppure scarni elementi in loro possesso;

spetterà, poi, al Consiglio superiore emettere il giudizio finale.

D’altra parte, ad ulteriore riprova di tali conclusioni, occorre considerare che l’art. 11 del D.Lgs. n.

160/2006, al comma 16, prevede che “I parametri contenuti nel comma 2 si applicano anche per la valutazione di professionalità concernente i magistrati fuori ruolo. Il giudizio è espresso dal Consiglio superiore della magistratura, acquisito, per i magistrati in servizio presso il Ministero della giustizia, il parere del consiglio di amministrazione, composto dal Presidente e dai soli membri che appartengano all’Ordine giudiziario, o il parere del Consiglio giudiziario presso la Corte d’appello di … per tutti gli altri magistrati in posizione di fuori ruolo, compresi quelli in servizio all’estero. Il parere è espresso sulla base della relazione dell’autorità presso cui gli stessi svolgono servizio, illustrativa dell’attività svolta, e di ogni altra documentazione che l’interessato ritiene utile produrre, purchè attinenti alla professionalità, che dimostri l’attività in concreto svolta”.

A tale disposizione primaria è stata data esecuzione con la previsione del capo VI della circolare sulle valutazioni di professionalità, in base al quale: “1. Le disposizioni che precedono si applicano anche ai magistrati destinati a funzioni non giudiziarie, in quanto compatibili, ivi compresi coloro per i quali il parere è formulato dal Consiglio di amministrazione del Ministero della giustizia.

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2. Il parere è espresso sulla base della relazione dell’Autorità presso cui gli stessi svolgono servizio, illustrativa dell’attività svolta, e di ogni altra documentazione che l’interessato ritiene utile produrre, purché attinente alla professionalità e che dimostri l’attività in concreto svolta”.

E’ la stessa norma di legge, dunque, che introduce la possibilità di assumere ulteriori fonti di conoscenza, rispetto a quelle provenienti dagli uffici giudiziari, relative all’attività effettivamente svolta dal magistrato nel quadriennio in funzioni non giudiziarie.

Letteralmente essa si riferisce solo alle ipotesi in cui il periodo di assenza dall’ufficio sia stato determinato da una collocazione fuori ruolo. Ciò esclude, evidentemente, che essa possa essere applicata in ipotesi di congedi per motivi personali, familiari o di salute.

Viceversa, essa può essere utilizzata per acquisire utili elementi integrativi di conoscenza ove il magistrato abbia svolto attività diverse in posizione di aspettativa, cui, spesso, fa seguito il formale collocamento fuori ruolo da parte del Consiglio.

Così, nella prassi consiliare, sono collocati fuori dal ruolo organico i magistrati in aspettativa per mandato parlamentare o amministrativo, ed anche quelli che usufruiscono dell’aspettativa ex art.23 bis della legge 165/2001.

Per i magistrati in aspettativa a seguito di elezione al Parlamento, in enti territoriali, o nell’Organo di governo autonomo, il Consiglio ha, quindi, sempre proceduto alla valutazione professionale valutando anche l’attività compiuta nella sede diversa da quella giudiziaria in cui ha operato, sulla base delle risultanze offerte anzitutto dall’autorelazione dell’interessato e, quindi, delle informazioni fornite dagli organi rappresentativi dell’ente - Presidenza del ramo del Parlamento o Comitato di Presidenza del Consiglio superiore.

La centralità dell’autorelazione (rectius relazione sull’attività svolta, proposta dallo stesso magistrato) nel nuovo sistema delle valutazioni di professionalità (cfr. sul punto la recente modifica della circolare in materia n. 20691 del 8 ottobre 2007, intervenuta con delibera del 25 luglio 2012, in particolare la Relazione di accompagnamento) offre senza dubbio un plausibile strumento di lavoro per coloro i quali sono tenuti a redigere il rapporto e il parere, in un’ottica di valorizzazione del principio di responsabilità degli attori del procedimento valutativo.

Nel caso di specie tale prassi, conforme al disposto del già citato articolo 11 comma 16 del D.Lgs.

160/2006, può estendersi alla valutazione dell’attività di contenuto tecnico, quale quella di dottorato di ricerca, da cui sia possibile trarre informazioni utili a valutare le doti professionali, quali la capacità, la competenza giuridica e l’impegno, anche sulla base di eventuali atti o documenti prodotti dal magistrato interessato.

Tanto premesso

delibera di rispondere al quesito nei termini di seguito indicati.

Sulla base delle esposte considerazioni, deve ritenersi che nel caso di specie il Consiglio giudiziario è tenuto a formulare il prescritto parere per la corrispondente valutazione di professionalità maturata anche se l’intero periodo in valutazione coincide con periodi di congedo straordinario per il conseguimento di dottorato di ricerca, astensione obbligatoria per maternità, congedo parentale ed ordinario. Infatti, eventuali periodi di assenza del magistrato dal lavoro, a seguito di aspettative o congedi straordinari, non consentono il corrispondente prolungamento del quadriennio di valutazione a meno che non sia previsto esplicitamente il mancato computo di detti periodi ai fini della determinazione dell’anzianità del magistrato.

Nel caso di specie, per l’espressione del parere da parte del Consiglio giudiziario, dovranno essere considerati gli elementi seppure scarni in suo possesso (in particolare l’autorelazione del magistrato interessato ed eventuali atti o documenti prodotti).

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