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4.1 Il Telerilevamento 4 - METODOLOGIE

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4 - METODOLOGIE

4.1 Il Telerilevamento

Nell’uso attuale il termine Telerilevamento (Remote Sensing in inglese), indica l’acquisizione a distanza di dati riguardanti il territorio e l’ambiente nonché l’insieme dei metodi e delle tecniche necessarie per la successiva elaborazione ed interpretazione. Il principio del Telerilevamento si basa sulla capacità di differenziare il maggior numero possibile di oggetti sul territorio cercando di descriverne le caratteristiche spettrali alle varie lunghezze d’onda a cui sono sensibili i diversi sensori utilizzati. I sensori consentono quindi la misura a distanza basata sul comportamento che le superfici dei corpi mostrano rispetto alle onde elettromagnetiche nel visibile, nell’infrarosso e nelle microonde. I sensori impiegati per le risorse terrestri non effettuano delle fotografie della superficie terrestre, ma misurano l’energia riflessa dalle superfici dei vari corpi presenti sul suolo; lo scopo che si cerca di raggiungere è quello di stabilire una corrispondenza tra la quantità e la qualità della energia riflessa e la natura o lo stato dei corpi o delle superfici dai quali proviene, a seconda delle varie lunghezze d’onda. Ogni corpo è capace di emettere radiazioni della stessa frequenza di quelle che è in grado di assorbire, con intensità variabile nelle varie frequenze in dipendenza delle caratteristiche fisico-chimiche del corpo.

Lo spettro emesso da un corpo ad una certa temperatura è perciò caratteristico del corpo stesso e consente di differenziare i singoli oggetti. Ciò avviene attraverso il loro colore quando l’analisi è limitata al visibile, ma la possibilità di misurare l’intensità dell’emissione su finestre spettrali più ampie, in particolare nell’infrarosso e nelle microonde, amplia notevolmente la possibilità di identificare a distanza i corpi, attraverso quella che viene detta la “firma spettrale”. L’insieme dei parametri misurabili da satellite e da aereo è assai ampio e le applicazioni dei dati del Telerilevamento nell’ambito delle scienze ambientali sono così diversificate da risultare utili negli studi della geologia, oceanografia, idrologia, nella classificazione delle risorse agricole e forestali ecc.

L’elaborazione delle immagini fornite dai vari tipi di sensori, pur non potendo sostituire totalmente le misure analitiche tradizionali, può fornire un quadro conoscitivo globale costantemente aggiornato mediante indicazioni parziali o indirette sui fenomeni di inquinamento in atto o di situazioni territoriali che si modificano con una dinamica molto alta e quindi frequentemente fuori da ogni controllo, rispetto ad una scala spazio-temporale normale di intervento. Il Telerilevamento nella fase di prevenzione può ricoprire un ruolo estremamente importante soprattutto come conoscenza aggiornata della realtà di un determinato territorio, in

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altro modo difficilmente valutabile. Nel Telerilevamento la radiazione elettromagnetica gioca un ruolo fondamentale in quanto, oltre ad essere una delle forme di trasferimento di energia, è proprio il mezzo che trasporta le informazioni relative ai fenomeni che si intendono studiare. Lo spettro elettromagnetico (Fig. 4.1.1) è l’insieme di tutte le radiazioni elettromagnetiche ordinate secondo la loro lunghezza d’onda; viene convenzionalmente suddiviso in diverse regioni o bande spettrali, che prendono il nome o dalla sorgente, come i raggi gamma, o come un’estensione del visibile, quali ultravioletto (UV), infrarosso (IR), o ancora per il proprio utilizzo, come le onde radio.

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4.1.1 I principali sensori e la loro risoluzione

I sensori che vengono impiegati per le registrazioni dei dati possono essere distinti in attivi, cioè che provvedono autonomamente a fornire l’energia che il bersaglio rifletterà verso il sensore (tipico esempio è il radar) e passivi, che registrano la radiazione solare riflessa dall’oggetto in esame; questi ultimi sono i più usati soprattutto per la maggior facilità di interpretazione dei dati e di questo tipo sono i sensori installati a bordo dei satelliti Landsat e Spot.

I satelliti per il Telerilevamento vengono impiegati essenzialmente per due scopi: civile e militare; è chiaro che dei satelliti ad uso militare poco è dato di conoscere, anche se sono intuibili le grandi capacità di analisi e di indagine di tali sistemi. Per quanto riguarda gli usi civili, essi comprendono applicazioni meteorologiche da cui si ottengono le previsioni del tempo (Meteosat e NOAA) e applicazioni per le risorse terrestri (Landsat, SPOT, ERS, IRS, JERS, ecc).

Ogni strumento è inoltre caratterizzato da diverse risoluzioni che sono correlate alle diverse modalità di osservazione degli oggetti:

La risoluzione geometrica è in relazione alle dimensioni dell’area elementare al suolo di cui si rileva l’energia elettromagnetica; la dimensione al suolo del pixel dipende dall’altezza di ripresa e dalle caratteristiche del sensore e può variare da un metro fino a più chilometri.

La risoluzione spettrale è l’intervallo di lunghezze d’onda a cui è sensibile lo strumento (numero di bande e relative ampiezze).

La risoluzione radiometrica è la minima energia in grado di stimolare l’elemento sensibile affinché produca un segnale elettrico rilevabile dall’apparecchiatura oltre il rumore intrinseco (numero di variazioni energetiche registrabili, espresso in bits per pixels).

La risoluzione temporale è invece il periodo di tempo che intercorre tra due riprese successive di una stessa area.

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4.1.2 Satelliti Landsat

I satelliti Landsat operano su orbite circolari, quasi polari, eliosincrone, posti ad altezze di circa 920 km (1° generazione) e 705 km (2° generazione). Il Landsat compie un’orbita ogni 103 minuti, quindi vengono completate 14 orbite al giorno e riprende l’intero pianeta ogni 18 giorni; questo nei Landsat 1, 2, 3 di prima generazione. Nei Landsat di seconda generazione l’orbita è stata studiata in modo che il satellite copra ogni 16 giorni la stessa area con passaggio alle nostre latitudini alle 9.30 circa, ora solare, del mattino. Nei programmi della NASA sono stati lanciati finora 7 satelliti:

- Landsat 1 (in origine ERTS-1, Earth Resources Technology Satellite) lanciato nel luglio 1972, ha continuato a funzionare fino al gennaio 1982.

- Landsat 2 lanciato nel gennaio 1975, ha continuato a funzionare fino al febbraio 1978. - Landsat 3 lanciato nel marzo1978, funzionante fino all’ottobre 1982.

- Landsat 4 lanciato nel luglio1982, operativo fino al 1996. - Landsat 5 lanciato nel marzo 1984, tuttora funzionante.

- Landsat 6 lanciato nell’ottobre 1994, disperso nello spazio in fase di correzione d’orbita e purtroppo irrimediabilmente perso.

- Landsat 7 lanciato nell’aprile 1999.

Nella prima generazione, i satelliti Landsat 1, 2, 3, avevano a bordo il sistema multispettrale Return Beam Vidicon (RBV), poi abbandonato, ed il Multi Spectral Scanner (MSS),operativo anche sui Landsat 4 e 5; sempre in questi due satelliti venne trasportato il Thematic Mapper (TM), caratterizzato da 7 bande spettrali con rappresentazione radiometrica a 8 bit. Con il Landsat 7 e già con il Landsat 6, se non fosse andato perso, è stata apportata un’importante innovazione e cioè l’aggiunta di una banda pancromatica con 15 m. di risoluzione ripresa in contemporanea e a registro con le altre sette bande del Thematic Mapper.

Questo ha consentito di riunire in un unico satellite i vantaggi del TM multispettrale e l’elevata risoluzione geometrica del pancromatico. Le principali nuove caratteristiche del sensore ETM a bordo del satellite Landsat 7 sono infatti una banda pancromatica con 15 metri di risoluzione spaziale ed un miglioramento della calibrazione radiometrica assoluta (Tab.1a,b).

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Band Number Spectral Range(microns) Ground Resolution(m) 1 0.45 to 0.515 30 2 0.525 to 0.605 30 3 0.63 to 0.690 30 4 0.75 to 0.90 30 5 1.55 to 1.75 30 6 10.40 to 12.5 60 7 2.09 to 2.35 30 Pan 0.52 to 0.90 15

Tabella 1a – Le Bande delle immagini satellitari Landsat 7 -ETM

Tabella 1b – Caratteristiche del satellite Landsat 7

La Terra viene osservata lungo una striscia di ampiezza 185 km con un’orientamento Nord-Sud. Le informazioni rilevate dagli strumenti di bordo e codificate in sequenza di cifre binarie da un convertitore analogico-digitale vengono poi trasmesse a terra e ricevute da stazioni al suolo in contatto radio diretto con il satellite (tali stazioni sono sparse un po’ in tutti i continenti). Le informazioni relative alle zone non coperte dalle stazioni vengono registrate a bordo del satellite e trasmesse alle stazioni riceventi all’atto del passaggio del satellite nella loro area di ricezione, oppure inviate a satelliti geostazionari TDRSS (Tracking Data Relay Satellite Systems) che rimbalzano i dati a terra.

Swath width: 185 kilometers

Repeat coverage interval: 16 days (233 orbits)

Altitude: 705 kilometers

Quantization: Best 8 of 9 bits

On-board data storage: ~375 Gb (solid state)

Inclination: Sun-synchronous, 98.2 degrees

Equatorial crossing: Descending node; 10:00am +/- 15 min.

Launch vehicle: Delta II

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4.1.3 Vidicon a ritorno di fascio (RBV)

Questo sistema non contiene pellicola, ma le immagini vengono riprese attraverso un’ottica con otturatore centrale e immagazzinate su una superficie fotosensibile. Questa superficie viene quindi analizzata a scansione lenta in forma raster mediante un fascio di elettroni, o pennello elettronico, per produrre un segnale video simile a quello delle telecamere; poiché tale sistema riprende una scena come una fotocamera, le immagini hanno una fedeltà geometrica maggiore di quelle acquisite mediante il sistema MSS Landsat. Tale sistema RBV era un sistema multispettrale costituito da tre bande spettrali con una risoluzione al suolo di 80 m., per i Landsat 1 e 2 :

Banda 1 : 0.475-0.575 micron Banda 2 : 0.580-0.680 micron Banda 3 : 0.680-0.83 micron

Proprio per la loro denominazione, le bande spettrali utilizzate nel MSS furono denominate 4, 5, 6, 7. Sul Landsat 3 il sistema RBV multispettrale fu sostituito da un RBV pancromatico operante da 0,505 a 0,750 micron con una risoluzione a terra di circa 40 m.

4.1.4 Multi Spectral Scanner (MSS)

Tale sistema è caratterizzato da 4 bande spettrali e da uno specchio che oscilla attorno ad un asse parallelo alla direzione di volo e realizza così una scansione trasversale della scena. La frequenza di oscillazione è di 13,72 hertz che corrisponde a un periodo di 73,42 millisecondi. La ripresa viene effettuata durante la semioscillazione dello specchio da ovest verso est sia nella fase di ritorno dell’oscillazione dove si ha, anche, la taratura dei rilevatori. E’ inoltre presente un sistema di 24 rilevatori, 6 per ognuna delle 4 bande, che permette la ripresa di strisce parallele contigue a ogni oscillazione dello specchio; la radiazione proveniente dalla scena e che colpisce i rivelatori è trasformata in un segnale elettrico che viene digitalizzato a 6 bit, rappresentando numeri indice da 0 a 63. Le dimensioni dei pixel così ottenuti sono di 57 metri (ovest-est) per 79 metri (nord-sud).

Le 4 bande spettrali che caratterizzano tale sensore sono le seguenti:

MSS 4 : 0,5-0,6 micron (verde, giallo). Utilizzata specie per studi sui corpi idrici a motivo della buona penetrazione della radiazione a questa lunghezza d’onda; in questa banda si riscontra però un notevole effetto di diffusione atmosferica (vedi oltre)

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vegetate e terreni scoperti oltre che fra i diversi tipi di vegetazione.

MSS 6 : 0,7-0,8 micron (rosso, infrarosso). Caratterizzata da una scarsa penetrazione in acqua, mentre mette bene in evidenza le caratteristiche morfologiche e la tessitura dei suoli.

MSS 7 : 0,8-1,1 micron (infrarosso). Utilizzata per la separazione fra i corpi idrici e terra a motivo dell’alto assorbimento dell’acqua; in tale banda il reticolo idrografico appare nettissimo e la vegetazione è molto riflettente.

Per i satelliti Landsat 4 e 5 queste stesse bande spettrali vengono invece indicate rispettivamente con MSS 1, MSS 2, MSS 3 e MSS 4, visto che in tali satelliti non è più utilizzato il RBV.

4.1.5 Thematic Mapper (TM)

Tale sistema è caratterizzato da 7 bande spettrali; è costituito da uno specchio che oscilla attorno ad un asse parallelo alla direzione di volo in modo da realizzare una scansione trasversale della scena caratterizzato da una frequenza di oscillazione di 7 hertz, quindi con un periodo di 142 millisecondi. La ripresa viene, anche qui, effettuata sia durante la semioscillazione dello specchio da ovest verso est sia nella fase di ritorno. E’ inoltre presente un sistema di rivelatori, 16 per ognuna della bande spettrali da 1 a 5 e per la 7 con una risoluzione a terra di 30 metri. Per la banda 6 i rivelatori sono 4 con una risoluzione al suolo di 120 metri. A differenza del MSS qui le radiazioni provenienti dalla scena che colpiscono i sensori sono trasformate in segnali elettrici digitalizzati, successivamente, a 8 bit, rappresentando quindi numeri indice da 0 a 255.

Le bande spettrali di funzionamento di tale tipo di sensore sono:

TM 1 : 0,45-0,52 micron (blu-verde). Utilizzata per lo studio delle zone costiere a motivo della forte penetrazione nei corpi idrici. Qui è possibile ottenere una migliore differenziazione, rispetto al MSS, tra le conifere e le latifoglie.

TM 2 : 0,52-0,6 micron (verde). Utilizzata soprattutto nella stima dello stato di salute della vegetazione, è anche applicata, assieme ed in rapporto con la banda 1, nello studio di materiali in sospensione in corpi idrici. Nell’ambito di ricerche geologico-strutturali consente verifiche indirette sulla presenza di un dato lineamento; spesso, infatti, le zone intensamente fratturate sono sede di una più intensa circolazione idrica sotterranea che induce la crescita di maggiore e talora diversificata vegetazione.

TM 3 : 0,63-0,69 micron (rosso). Banda più importante per la diversificazione tra le varie classi di vegetazione a motivo dei diversi valori di assorbimento della clorofilla tra le diverse specie.

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Sono, qui, messi in evidenza i limiti tra zone scoperte e superfici vegetate; inoltre il disturbo dell’atmosfera è più basso che nel resto nel visibile, per cui le forme superficiali appaiono con maggiore contrasto.

TM 4 : 0,76-0,90 micron (infrarosso vicino). Essendo presente anche in questa regione dello spettro un picco di riflettività della vegetazione, tale banda è indicata per lo studio della biomassa. Di notevole importanza è la discriminazione delle aree interessate da concentrazione d’acqua rispetto a zone più aride; ciò è dovuto al forte assorbimento di queste lunghezze d’onda da parte dei corpi idrici. Tale banda rappresenta, assieme alla 7, una tra le più indicate per individuare i lineamenti poichè concentra in sè i vantaggi sia della più facile individuazione delle aree più umide o a maggiore circolazione idrica, sia della capacità di riconoscere le zone con vegetazione più o meno rigogliosa. Consente inoltre di individuare i boschi di conifere rispetto a quelli cedui.

TM 5 : 1,55-1,75 micron (infrarosso). In tale banda la riflessione del manto fogliare è altamente dipendente dal contenuto di umidità e per questo tale banda è molto usata nel rilevamento della siccità dei raccolti.

TM 6 : 10,4-12,5 micron (infrarosso termico). Utilizzata per il rilevamento di stress nella vegetazione, per studi sull’attività geotermica e sull’inerzia termica.

TM 7 : 2,08-2,35 micron (infrarosso). Utilizzata per differenziare i vari tipi di rocce in zone soggette ad alterazioni idrotermali. Utile inoltre nel determinare il contenuto di umidità del suolo, questa banda è la più indicata per studi geologici in genere.

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4.2 Tecnologia GIS

4.2.1 Premessa

La tecnologia GIS è stata scelta per realizzare una banca dati in grado di strutturare al meglio tutte le informazioni acquisite, sia bibliografiche che prodotte in questo studio. Sono state infatti prese in esame cartografie storiche dei paleoalvei, la rete idrica della piana alluvionale di Lucca, le tipologie di formazioni superficiali affioranti derivanti dalla cartografia CARG, le prove penetrometriche, le stratigrafie di pozzi, il modello digitale del terreno, le ortofoto a toni di grigio e a colori, le immagini satellitari, le cartografia di base dell’IGM 1.25.000, le cartografia di base vettoriale 1.10.000 al fine di ricostruire il corso del paleoSerchio.

Prima di descrivere la banca dati costruita, è opportuna richiamare alcune nozioni fondamentali dei Sistemi Informativi Geografici (G.I.S.).

4.2.2 Nozioni fondamentali di un sistema informativo geografico (G.I.S.)

Sono numerose le definizioni volte a stabilire che cosa sia un G.I.S.; in modo molto semplice possiamo dire che esso è un sistema informativo geografico (acronimo tradotto) in grado di rappresentare, gestire ed analizzare informazioni spaziali. Una delle caratteristiche fondamentali di un GIS è la capacità di lavorare con dati georeferenziati. In altre parole ogni oggetto viene rappresentato da un elemento grafico (vettoriale-raster) memorizzato secondo le coordinate del sistema di riferimento cartografico in cui realmente è situato l'oggetto e linkato ad un database interrogabile. Possiamo riassumere il concetto di GIS attraverso le sue cinque componenti essenziali (Fig. 4.2.2.1) che interagiscono tra di loro, ovvero hardware, softwares (programmi che gestiscono ed elaborano dati territoriali), utenti, dati, e procedure.

Fig. 4.2.2.1 Le componenti di un Sistema

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4.2.3 L'organizzazione dell'informazione geografica nel G.I.S.

Tutte le entità che costituiscono il territorio e che sono quindi rappresentabili su una mappa possono essere connotate attraverso due tipi di informazione, quella geografica e quella descrittiva (attributi). L'informazione geografica viene visualizzata tramite una rappresentazione cartografica (vettoriale-raster) mentre quella descrittiva è rappresentata attraverso gli attributi delle entità memorizzate in tabelle. Possiamo definire questa struttura con la sigla n (G-A) ovvero un insieme di layers informativi (n) relativi alle entità caratterizzati dall'informazione geografica (G) e dagli attributi agganciati (A). Poiché la componente geografica racchiude concetti di geometria, topologia e georeferenziazione e la componente attributi descrive informazioni alfanumeriche, la struttura di tipo n (G-A) permette di sfruttare le potenzialità degli operatori definiti “spaziali” e di integrare tali potenzialità con quelle degli operatori che agiscono nel campo dei valori alfanumerici tradizionali. Vediamone le principali caratteristiche di tale struttura:

Rappresentazione spaziali dei dati (G)

Come precedentemente scritto il territorio può essere schematizzato seguendo approcci di diversa rappresentazione cartografica, vettoriale o raster.

Modello vettoriale: tali modelli sono nati per primi, intorno agli anni 60, sulla base di esigenze cartografiche di tipo catastale. Nel formato vettoriale ogni oggetto viene descritto da una serie di coppie di coordinate per ognuno dei punti cospicui che concorrono a configurarne con sufficiente dettaglio la forma. Le primitive per modellare la geometria degli oggetti del mondo reale nel campo vettoriale sono: Punto, Linea ed Area.

Il Punto

La primitiva Punto è costituita da una coppia di coordinate a cui sono associati attributi. La primitiva Punto modella oggetti del mondo reale che possiamo rappresentare come punti; alcune entità mondo reale sono da un punto di vista semantico veri e propri punti, come ad esempio la cima di un monte. Altri invece possono essere rappresentati come tali o per motivi di scala o secondo l'uso che si intende fare di tali dati.

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La Linea

La primitiva Linea è costituita da un insieme ordinato di punti a cui sono associati degli attributi. Il punto iniziale e quello terminale vengono chiamati estremi. Anch'essa, come nel caso dei punti, dipende dalla scala e/o dall'uso che si fa dei dati. Ad una primitiva geometrica sono associati attributi che descrivono caratteristiche dell'entità del mondo reale che la primitiva rappresenta. Gli attributi possono così assumere un valore che è da ritenersi valido per tutta la primitiva.

L'Area

La primitiva area descrive una parte di piano compresa all'interno di una linea chiusa ed è costituita da un insieme ordinato di punti con associati attributi; il punto iniziale e quello terminale coincidono. La primitiva area modella oggetti del mondo reale che possiamo rappresentare come aree e non presenta problemi di modellazione. Se un attributo varia all'interno dell'oggetto è necessario dividere l'oggetto originario in due o più oggetti in modo da avere omogeneità di attributi. Questo principio di omogeneità degli attributi vale sia per l'area che per la linea ma non per il punto che è adimensionale.

Modello raster: i layers di tipo raster sono nati una decina di anni dopo rispetto a quelli vettoriali e sono stati pensati con supporto ai dati da satellite; qui lo spazio è rappresentato come una griglia, di solito di dimensioni regolari, che va a suddividere il territorio in porzioni denominate pixel. Un oggetto viene quindi localizzato tramite il numero di riga e di colonna della matrice e al singolo pixel viene assegnato l'attributo significativo dell'elemento di territorio che occupa quella determinata posizione. Tale modello presenta vantaggi sulla rappresentazione di informazioni lineari ma occupa molta più memoria rispetto ai modelli vettoriali e la sua accuratezza dipende dalle dimensioni delle celle della griglia, vincolate alla precisione degli strumenti impiegati per raccogliere i dati. Permettendo l'uso di dati da satellite consente un aggiornamento periodico del GIS.

Rappresentazione alfanumerica degli attributi (A)

Le informazioni alfanumeriche legate agli oggetti rappresentati nelle mappe possono essere organizzati in databases (insieme di tabelle relazionabili) che in alcuni casi possono anche gestire la componente grafica: DBMS (Data Base Management System). Sulla base delle diverse strutture i databases si distinguono in:

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Gerarchici: sono caratterizzati da una struttura ad albero la cui cima è la radice a cui sono collegati una serie di elementi inferiori; non sono ammessi collegamenti tra elementi dello stesso livello e tale struttura risulta quindi essere poco flessibile.

Reticolari: hanno una struttura simile al modello gerarchico ma sono dotati di una maggiore flessibilità, sono infatti possibili collegamenti tra gli stessi livelli e gli elementi della struttura sono connessi agli altri con relazioni del tipo molti a molti, molti ad uno e uno a molti.

Relazionali: in questo tipo di modello le tabelle possono essere relazionate tra loro tramite concetti di chiave primaria e chiave esterna. I dati sono organizzati in tabelle dove le colonne sono dette “campi” e le righe “records”. Non esistono gerarchie tra i campi degli stessi records e ciascun campo può essere utilizzato come chiave di ricerca tramite interrogazioni. I dati vengono raggruppati in tabelle dove, sfruttando gli attributi, è possibile instaurare collegamenti tra le diverse tabelle ottenendo in tal modo una struttura elastica. Questo è stato il tipo di DBMS usato nella tesi.

A Oggetti: è un tipo di struttura recente dove gli elementi di base sono gli oggetti e le classi; un oggetto, di qualsiasi complessità sia, viene rappresentato come una entità indipendente dalle altre.

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4.2.4 I dati utilizzati: formati digitali e sistema cartografico di riferimento adottati

Tutte le informazioni raccolte e prodotte (vedi premessa) sono state elaborate col software GIS Arcview 3.3 (piattaforma ESRI) e rappresentati attraverso dati di tipo vettoriale (punti, linee e poligoni) o raster. I formati vettoriali principalmente utilizzati sono stati lo shapefile (*.shp, *.shx; *.dbf) e il dwg mentre, quelli raster sono, il TIFF, JPG, IMG., ECW e BMP. Tutti i dati sono stati georeferenziati sia nel sistema cartografico di riferimento: Roma 40, G.B., fuso ovest che WGS 84, U.T.M., fuso 32 (Fig 4.2.4.1).

La Georeferenziazione

La georeferenziazione è la procedura che permette di posizionare un oggetto raster o vettoriale nella corrispondente zona del territorio reale, secondo un determinato sistema cartografico di riferimento che è definito attraverso un datum, una proiezione e un fuso di proiezione. La metodologia utilizzata in questa tesi, per quanto riguarda la georeferenziazione, si basa sul ‘matching’ tra i Ground Control Points (punti di contollo relativi) nell'immagine o dato vettoriale da georeferenziare e i corrispondenti GCP reali (GCP reference) individuati sul terreno o su altre

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informazioni digitali già georeferenziate. Una volta associate le coordinate reali (GCP reference) a quelle relative, un’equazione polinomiale di grado n, consente la trasformazione matematica per ricalcolare le coordinate di output. L’affidabilità di tale trasformazione viene calcolata tramite l' RMS error ovvero il Root Mean Square Error : RMS= √(X0-Xi)2+(Y0-Yi)2. Il software

utilizzato per la georeferenziazione è T-n Sharc Terranova 3.3.

Sistema cartografico di riferimento Roma 40 - G. B. - Fuso Ovest

Utilizza la proiezione cartografica proposta nel 1940 dal prof. Giovanni Boaga. Essa è un caso particolare della proiezione di Gauss ed utilizza l'Ellissoide Internazionale 1924 (proposto da Hayford nel 1909), caratterizzato da semiasse equatoriale a = 6378388 metri e schiacciamento α = 1/297.00. Esistono due proiezioni distinte: fuso Ovest e fuso Est, che differiscono per la scelta dei meridiani di riferimento. Essi sono posti rispettivamente a 9° e a 15° ad Est di Greenwich. Ciascuna proiezione copre una zona di longitudine ampia 6°, separate dal meridiano posto a 12°. Infine il sistema proposto da Boaga definisce anche la posizione dell'ellissoide rispetto alla superficie terrestre. L'orientamento dell'ellissoide (Datum Roma 40) è definito attraverso il punto di tangenza tra l'ellissoide stesso e la superficie della terra in Roma Monte Mario avente coordinate geografiche φ = 41° 55' 25".51 e λ = 12° 27' 08".40. Questo sistema prevede due false origini per le coordinate metriche della longitudine: 1500 km per il fuso ovest e 2520 km per il fuso est (Fig.4.3).

Sistema cartografico di riferimento WGS 84 - U.T.M. - Fuso 32

WGS 84 è l'acronimo di World Geodetic System 1984 e definisce il sistema come geodetico, mondiale riferito al 1984. Esso è un sistema di riferimento cartesiano usato per descrivere la terra e viene definito geocentrico in quanto il centro dell'ellissoide coincide con il centro di massa della terra. L'asse Z passa per il polo nord, come definito dal BIH nel 1984,l'asse X passa per il meridiano di Greenwich mentre l'asse Y è stato scelto in modo da dare una terna destrorsa, ovvero tale che un osservatore posto lungo l'asse Z veda l'asse X sovrapporsi a Y con moto antiorario, il che pone Y in Asia. Anche questo sistema prevede due false origini che sono di 500 km sia per il fuso ovest che per il fuso est.

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Conversione tra sistemi di riferimento cartografici differenti

Per omogeneizzare da un punto di vista spaziale dati georeferenziati in sistemi cartografici differenti, perchè provenienti da diverse sorgenti, sono state effettuate conversioni da un sistema di riferimento all'altro. In particolare sono stati utilizzati due programmi differenti: T-n Sharc Terranova e Traspunto (IGM). Il primo software è stato utilizzato per i dato raster, mentre il secondo per i dati vettoriali in formato .shp. Il software Tn-Sharc 3.3 è caratterizzato da errori di ordine centimetrico non significativi, ha una precisione di circa 3 metri ed un errore massimo di circa 15 metri per longitudini diverse da Monte Mario. Il software Traspunto (IGM) è invece caratterizzato da errori di ordine centimetrico, ha una precisione di circa 20 cm. ed un errore massimo di circa 85 cm. (Baiocchi et al, 2002)

Figura

Figura 4.1.1 Spettro elettromagnetico.
Fig. 4.2.2.1  Le componenti di un Sistema
Fig. 4.2.4.1 I due fusi di proiezione itilizzati per il territorio italiano.

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