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SAAD PRINT | ON Occasioni della ricerca | 1

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Academic year: 2021

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Food

and Space

a cura di

Marco d’Annuntiis e Giulia Menzietti

Quodlibet | SAAD

Luca Bracchetti

Pippo Ciorra

Sara Cipolletti

Luigi Coccia

Ivo Covic

Marco d’Annuntiis

Mariana Donnola

Alberto Felici

Saggi di

Mladen Josic

Gabriele Mastrigli

Giulia Menzietti

Lucia Nucci

Emmanuele Pedicone

Massimo Perriccioli

Gianmaria Socci

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SAAD PRINT | ON Occasioni della ricerca | Comitato scientifico

Federico Bellini, Pippo Ciorra, Marco d’Annuntiis, Graziano Leoni, Giuseppe Losco, Maria Federica Ottone, Massimo Perriccioli, Lucia Pietroni, Salvatore Santuccio, Michele Talia

Direttore SAAD Giuseppe Losco Responsabile editoria Marco d’Annuntiis

SAAD

Scuola di Architettura e Design – Università di Camerino Colle dell’Annunziata – viale della Rimembranza 63100 – Ascoli Piceno

Tel. 0737 404221

e-mail: saadprint@unicam.it

Progetto grafico Nicolò Sardo

Prima edizione: novembre 2017 ISBN 978-88-229-0127-9 © 2017 Quodlibet srl

via Giuseppe e Bartolomeo Mozzi, 23 62100 Macerata

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Indice

6 7 Indice

Indice

9 A partire dal cibo

Starting from the Food

Giulia Menzietti 19 Cibo & Spazio

Food & Space

Marco d’Annuntiis

37 Gli alimenti dell’architettura

The Architecture’s Nourishment

Pippo Ciorra

SAGGI

49 Land Use. Agricoltura e impatto

Luca Bracchetti

55 Cibo in città: il ruolo degli allotment e delle aree agricole di cintura

Lucia Nucci

63 Allevamenti sostenibili per la riattivazione delle aree agricole abbandonate. Progetto innovativo in uno dei terreni pubblici concesso ai giovani

Mariana Donnola

69 Designing Land & Sea Farms

Marco d’Annuntiis

77 Sostenibilità delle produzioni primarie costiere

Alberto Felici

83 Paesaggio culturale e paesaggio tecnologico, isola di Hvar

Mladen Josic

89 Urbanità agricola nelle aree costiere adriatiche

Sara Cipolletti

97 Le Strade del Vino nel medio Adriatico

Emmanuele Pedicone

103 Super Mercato. Cinque mercati per l’integrazione sociale a Bologna

Gianmaria Socci 109 Metamorfosi della crisi

Luigi Coccia

117 Cibo come patrimonio

Giulia Menzietti

125 Rituali e macchine. Lo spazio del cibo, dalla dimensione domestica alla sfera pubblica

Gabriele Mastrigli

133 Micro, food and the city. Un sistema di piccole strutture mobili e temporanee per l’area portuale di Civitanova Marche

Massimo Perriccioli

141 Blue-green (proactive) strategies. Per una nuova tecno-antropizzazione del mare

Ivo Covic 150 Profilo degli autori

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A partire dal cibo 9

La generale riflessione sul tema dell’alimentazione, sviluppata in occasione dell’Esposizione Universale di Milano del 2015 Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita, ha costituito un importante momento di confronto tra i protagonisti della comunità internazionale sulle principali sfide dell’umanità, tra cui, appunto, il problema del nu-trimento dell’Uomo e della Terra. Si tratta di un percorso avviato con la conferenza internazionale Rio +20 di Rio de Janeiro e con la Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite, verso una con-sapevolezza condivisa circa gli obiettivi di sviluppo e crescita de-mografica, alla luce della rilevanza con cui il tema della sicurezza e salubrità alimentare si pone a scala planetaria. Un tema con così ampie implicazioni non può che coinvolgere ambiti della ricerca scientifica molto diversi, che vanno da quello tecnologico all’agro-alimentare, dall’economia alla geografia, dagli studi antropologici e sociali a quelli ambientali e territoriali, fino agli studi inerenti le diverse produzioni culturali e i relativi patrimoni.

Dalla visione del cibo come chiave interpretativa delle dinamiche di trasformazione e sviluppo delle società, emergono due aspetti ap-parentemente contrapposti. Da un lato, il problema dell’approv-vigionamento delle risorse alimentari: una questione che a scala planetaria accomuna, con le doverose distinzioni, le comunità dei paesi Terzi e quelle di nuova marginalizzazione all’interno di tutte le metropoli del mondo. Dall’altro, le opportunità offerte da una cultura del cibo sempre più raffinata e inclusiva, che attraverso la

1. Agnes Denes, Wheatfield more

than green, 1982.

A partire dal cibo

Giulia Menzietti

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Giulia Menzietti

10 11 A partire dal cibo

costante ricerca di qualità delle materie prime e delle produzioni controllate sembra rappresentare uno dei più importanti fattori di competitività e sviluppo dei territori.

Il problema dell’accesso ai prodotti alimentari da parte delle comu-nità più svantaggiate, nei grandi paesi in via di sviluppo, non può che essere affrontato da organizzazioni mondiali, governative e non governative. Rimane tuttavia una restante parte, sempre più rilevante nell’attuale congiuntura economica di crisi, rappresentata dalla pre-senza del problema anche nel corpo vivo delle metropoli avanzate. La difficoltà di acquisto dei prodotti alimentari e la ribellione alle logi-che di approvvigionamento e distribuzione delle grandi catene mul-tinazionali sembrano sempre più privilegiare il ritorno a un rapporto diretto tra produttore e consumatore e alla coincidenza dei luoghi della produzione con quelli del consumo. Questo atteggiamento, che trova le sue ragioni profonde in una ritrovata sensibilità ambientale, si rispecchia anche nella maggiore attenzione al territorio e alle sue risorse. La qualità dei prodotti delle attività primarie e delle loro suc-cessive trasformazioni, la sostenibilità dei processi produttivi e della distribuzione dei beni alimentari, nonché la identificabilità immediata dei territori e delle culture da cui tali beni provengono, appaiono or-mai elementi irrinunciabili nelle politiche di sviluppo territoriale, tanto nelle regioni europee e nei paesi avanzati, quanto nei paesi emergenti e in quelli in via di sviluppo. Fattori determinanti sono la qualità della vita delle singole comunità, ma anche la capacità di penetrazione dei rispettivi sistemi produttivi nei mercati mondiali e di attrazione dei flussi turistici, che a livello globale costituiscono oggi una delle mag-giori opportunità di sviluppo economico.

Attraverso lo studio delle attuali dinamiche di produzione, distri-buzione e consumo di alimenti, e le conseguenti trasformazioni dei paesaggi contemporanei, urbani e rurali, appare possibile in-dividuare le relazioni qualitative esistenti tra cibo e insediamenti; si prospetta così la possibilità di tracciare il quadro delle diverse corrispondenze, con l’obiettivo di concorrere alla elaborazione di modelli insediativi e produttivi virtuosi basati su un uso efficiente delle risorse, e di accelerare la transizione verso una bioeconomia europea sostenibile.

Sono queste le questioni affrontate da FOODSCAPE, la ricerca biennale finanziata dall’Ateneo di Camerino per la Scuola di Ar-chitettura e Design Eduardo Vittoria di Ascoli Piceno all’interno del programma F.A.R. FOODSCAPE. La prima giornata di studi della ricerca si è svolta presso la sede dell’Annunziata di Ascoli Piceno il 30 giugno 2016, e ha offerto la prima occasione di con-fronto tra le varie voci coinvolte in questo dibattito. Questo libro raccoglie i contributi del seminario e l’indice ne riproduce esatta-mente la struttura: nella prima parte vengono raccontate espe-rienze tratte da diversi ambiti disciplinari che riescono a delineare il circuito virtuoso della produzione, distribuzione e consumo del food come dispositivo di qualità per lo spazio urbano-rurale. La seconda parte raccoglie le riflessioni sugli effetti che l’evoluzione del cibo ha causato nel paesaggio costruito, e dunque

un’indagi-2. LUMO Arkitekter, Ricovero per bovini, Odder, Danimarca, 2007-2012.

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Giulia Menzietti

12 13 A partire dal cibo

ne sull’heritage prodotto dal food, e sul food come nuova forma di patrimonio culturale.

Il seminario si è svolto poco prima delle scosse di terremoto che, a partire dalla notte del 24 agosto 2016 in poi, hanno devastato i territori di Amatrice, Arquata, e di altre frazioni che si trovavano a pochissimi chilometri dalla sede della Facoltà di Ascoli Piceno. La ricostruzione si prospetta molto lenta e faticosa; una delle po-che opere completate, a oggi, è la mensa e il Villaggio del Food che Stefano Boeri ha disegnato per Amatrice: un complesso di strutture che verranno affidate ai ristoratori locali per rilanciare l’economia del guanciale, dei salumi, del pecorino, dei prodot-ti alimentari prodot-tipici del posto. Le costruzioni, e dietro, vicinissimo, l’abbraccio delle montagne, fanno da quinta a una scena dove i prodotti del territorio diventano gli attori principali per la ricostru-zione di una comunità, di un tessuto sociale ed economico. Una piccola conferma dunque dell’importanza che assume oggi il cibo, alla luce della consapevolezza, condivisa ancora più intensamente nell’emergenza, del suo potenziale come ricchezza economica ma soprattutto come risorsa culturale, dalla quale ripartire come vola-no per una ricostruzione, materiale e immateriale, delle comunità, delle storie, dei territori.

3. Stefano Boeri, Villaggio del Food «Amate Amatrice», Amatrice, luglio 2017. Foto Paolo Rosselli.

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15 Starting from the Food 14 Giulia Menzietti

The general reflection on food, developed in the Universal Exhibition at the Expo 2015 in Milan, Nutrire il Pianeta, Energia

per la Vita, has represented an important time for dialogue and

an exchange of ideas amongst leaders of the international com-munity. Discussions focused on the main challenges faced by society today, including the issue of nourishing human beings and Earth. This is a journey that began with the international conference Rio +20 in Rio de Janeiro and with the Declaration

of the Millennium by the United Nations. The aim is to create

awareness about the objectives of development and demo-graphic growth, considering the universal importance afforded to the theme of food safety and health, whether directly or indi-rectly involving mankind.

It appears to be clear that a theme with such broad-spanning im-plications can’t help but involve significantly diverse fields of sci-entific research, ranging from technology to food farming; from economics to geography; from anthropological and social studies, to environmental and territorial ones, and to studies involving dif-ferent cultural productions and their relative assets.

Two apparently contrasting aspects emerge following the consid-eration of food as the interpretive key of current transformation and development trends in our societies.

On one hand, there is the problem of supplying food resourc-es. This is a universal issue shared by third-world communities

and new, marginalised communities in all the large metropolises throughout the world, whilst noting their rightful differences. On the other hand, we have the opportunities offered by food culture, which is becoming increasingly sophisticated and inclu-sive and which, through its constant search for quality primary materials and controlled production, seems to represent one of the most important factors of territorial competitiveness and de-velopment.

The problem of access to food products by disadvantaged com-munities, generally distributed throughout developing countries, must be managed at a global level by worldwide, government and non-government organisations. It nonetheless remains a residue of increasing importance within the context of the cur-rent economic crisis, represented by the emergence of the prob-lem even in the thriving centres of advanced metropolises. The difficulty experienced when purchasing food products and the rebellion against the supply and distribution logic of large mul-tinational chains, is now generating social phenomena that are encouraging the return to a direct relationship between the ducer and the consumer, as well as the correspondence of pro-duction places with consumption ones. This attitude, which finds its deep-seated reasoning in renewed environmental sensitivity, is also reflected in other contexts by an increased focus on the territory and its resources.

The quality of products generated by primary activities and their subsequent transformation, the sustainability of production pro-cesses and the distribution of food products, as well the imme-diate identification of the territories and cultures from which these products originate, appear to be now fundamental ele-ments in territorial development policies, in European regions and advanced countries as mush as in emerging and developing countries. Influential factors, in addition to the quality of life of individual communities, are the capacity to penetrate respective production systems in worldwide markets, as well as the capacity to attract tourist flows, which – at a global level – now constitutes one of the best economic development opportunities.

Starting from

the Food

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Through the study of current food production, distribution and consumption trends and the transformation of contemporary ur-ban and rural landscapes, it will be sought to identify the quali-tative relationships that exist between food and communities. It would be, thus, possible to trace out a profile of the different areas of correspondence with the main purpose to pursue the ex-pansion of virtuous settlement and production models, based on the efficient use of resources, to accelerate the transition towards a sustainable European bioeconomy.

FOODSCAPE oversees these matters through the biennial research economically supported by the University of Camerino for the Scuola di Arichitettura e Design Eduardo Vittoria of Ascoli Piceno with the program F.A.R. FOOD-SCAPE. The first day, that took place at the office of Annunziata of Ascoli Piceno in June 30th 2016, has been dedicated to these research studies and it has of-fered the first chance to compare the several opinions involved in this debate. This book contains the contributions of the seminar, while the index reproduces the exact same structure of it. In the first part there is the description of the experiences coming from different disciplinary fields that can outline the virtuous circuit of production, distribution and consumption of food as qualitative device for the urban-rural space. The second part gathers consid-erations on the effects that food development caused in the built landscape, and, therefore, an inquiry on the heritage produced by food and on food as new cultural patrimony.

The seminar took place not long before the earthquake that, start-ing from the night of August 24th on, had destroyed the territo-ries of Amatrice, Arquata, and other fractions located very few kilometres far from the Facoltà of Ascoli Piceno. The rebuilding is expected to be very slow and laborious; anyway, one of the few works almost completed, as for today, is the canteen and the Villaggio del Food that Stefano Boeri has designed for Amatrice: a complex of buildings that will be assigned to the local restau-rateurs to relaunch the economy of the Italian guanciale, cured meats, pecorino and other local food products. The buildings and, behind them, the very close mountainous surroundings work as

flat for a scenery where the territorial product become the lead actors for the reconstruction of a community and of a social and economic fabric. A little confirmation, thus, of the importance that food has today, in light of the awareness, shared even more intensely during this emergency, of its potentiality as economic wealth; but most of all as cultural resource, from which restart for a rebuild, material and immaterial, of the communities, the stories and the territories.

17 Starting from the Food 16 Giulia Menzietti

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Cibo & Spazio 19

Produzione, distribuzione e consumo del cibo stanno provocando a livello planetario rilevanti «effetti collaterali» sulle comunità e sui territori. Mutamenti fisici e concettuali legati alle diverse implica-zioni della nutrizione, che incidono ormai sulla vita degli uomini, verticalmente, a tutte le scale: dalla dimensione minima dell’ambi-to domestico all’equilibrio ecologico globale del pianeta.

Nella consapevolezza della sua rilevanza trasversale, il tema del cibo è qui considerato quale riflesso del suo più generale e inscin-dibile rapporto con la modificazione dell’ambiente messa in atto dall’uomo per meglio vivere. Una relazione che mette in gioco sia i mutamenti nelle abitudini alimentari, in perenne transito dal pane quotidiano a esperienze esclusive o etniche, passando per il fast-food, sia l’affermarsi di nuove forme di coltivazione agricola che invadono le città o trasfigurano le campagne.

Per questa ragione, al fine di tracciare una quadro plausibile e non dispersivo della questione, è possibile individuare preliminarmente tre ambiti delle attività umane che riguardano l’alimentazione, utili a sistematizzare contributi disciplinari diversi nel segno delle loro implicazioni spaziali: gli spazi della produzione alimentare, gli spa-zi del movimento del cibo e gli spaspa-zi del nutrimento.

Spazi della produzione alimentare

Il mondo della produzione alimentare riguarda in generale tutte quelle attività umane finalizzate alla creazione di cibo attraverso

1. Ignazio Gardella, Antonio Migliasso, Mensa Olivetti, Ivrea, 1955-1961.

Cibo & Spazio

Marco d’Annuntiis

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Marco d’Annuntiis

20 21 Cibo & Spazio

l’intervento sulla natura. Tecniche e tecnologie hanno modificato i sistemi di caccia e pesca, di allevamento, di coltivazione, di tra-sformazione e di conservazione del cibo. La storia dell’uomo è an-che la storia dell’evoluzione nella capacità di approvvigionamento del cibo lungo il percorso che dalla perlustrazione della natura, attraverso l’organizzazione della campagna e l’allevamento degli animali, avanza attraverso la ricerca avvalendosi delle tecnologie nella produzione e conservazione del cibo (in scatola, surgelato, sottovuoto ecc.) fino alle più recenti forme di «composizione» af-fidate a stampanti alimentari 3D.

Un’ampia letteratura già restituisce il configurarsi di nuove relazio-ni che sono andate instaurandosi tra gli elementi tradizionalmente ridotti alla coppia antinomica città/campagna. Nuove strutture e nuove caratterizzazioni del territorio agrario coinvolgono pari-menti ambiti urbani e rurali, proponendo categorie interpretative contraddittorie, oscillanti tra l’ibridazione e la radicalizzazione dei paesaggi. Da un lato i territori agricoli (ibridi) ai margini della città: le «campagne urbane»1; dall’altra le coltivazioni specializzate che

costruiscono il territorio agrario delle eccellenze: i paesaggi del vino, dell’ulivo ecc. Tra questi, in alcune aree del nostro paese, riaffiorano con nuova vitalità i sistemi dismessi della produzione agricola novecentesca, legati all’organizzazione mezzadrile e alla rete dei consorzi agrari.

Per altri versi, le forme più evolute della città contemporanea ap-paiono oggi interessate a un profondo ripensamento dei modi di approvvigionamento alimentare, che si manifesta nella riscoperta da parte degli abitanti di pratiche originarie e autogestite di pro-duzione di beni alimentari. Negli ultimi anni, una serie di pubblica-zioni e progetti hanno affrontato il tema della trasformazione con-temporanea e futura del paesaggio urbano come nuova frontiera

1 Pierre Donadieu, Campagne urbane. Una nuova proposta di paesaggio della città, a cura di Maria Valeria Mininni, Donzelli, Roma 2006 (ed. or. Campagnes urbaines, Acte Sud-E.N.S.P., Paris-Versailles 1998); Id. (éd.), L’agriurbanisa-tion. Rêves ou réalités?, Editopics, Paris 2014; Michelle Fagan, Paul Kelly, Gary

Lysaght, FKL architects (eds.), SubUrban to SuperRural, Gandon Editions, Oy-sterhaven 2006.

per l’agricoltura: On Farming (2010), a cura di Mason White e Maya Przybyski, studia il ruolo della produzione di cibo ed energia nella modificazione del territorio e della città; Ecological Urbanism (2010), a cura di Mohsen Mostafavi con Gareth Doherty, discute l’integrazione tra città e agricoltura come nuovo possibile orizzon-te verso una urbanità più sosorizzon-tenibile. Le riflessioni orizzon-teoriche e pro-gettuali contenute in queste pubblicazioni affrontano la questione della trasformazione del paesaggio e di una nuova costruzione di quello agrario proponendo scenari, talvolta futuristici, che ipotiz-zano l’intrusione della campagna e delle pratiche agricole nelle città e nell’architettura, o, al contrario, prefigurano l’ibridazione tra interi brani di campagna e spazio pubblico.

L’idea di portare l’agricoltura in città ha raccolto un generale consenso, soprattutto nelle dense metropoli, dove la scarsità di

2. Robert Venturi, Mc Donald’s, Florida, 1990.

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Marco d’Annuntiis

22 23 Cibo & Spazio

suolo ha indirizzato la ricerca verso la sperimentazione di nuovi metodi di coltivazione giungendo a delineare un’idea di «agricol-tura urbana»2. Sui tetti di New York o Filadelfia sono sorte vere

e proprie fattorie, orti e serre idroponiche che offrono una red-ditizia fornitura di prodotti alimentari a chilometro zero. A De-troit la coltivazione comunitaria di vaste aree urbane dismesse e abbandonate permette il ricostituirsi e la sopravvivenza di nuove reti sociali. Esperienze che nel loro complesso delineano almeno due interessanti scenari per l’approvvigionamento di cibo nelle metropoli/megalopoli del mondo. Il primo, abbastanza consoli-dato e studiato anche in Italia3, investe spazialmente gli interstizi

urbani, gli spazi residuali, le fasce di margine della città mediante processi rigenerativi di ortocultura. Si tratta di una tendenza che lega la riscoperta del ruolo sociale dell’orto urbano con le forma-zioni di comunità, gruppi di autoconsumo, autoproduzione, auto-costruzione, caricandosi a volte di significati politici e ideologici. Il secondo, più sperimentale, teorizzato da Dickson Despommier4,

propone la realizzazione di «vertical farms» quale risposta ai pro-blemi di scarsità di suolo e aumento della popolazione urbana. La realizzazione della Pasona Urban Farm a Tokyo5, progettata da

Kono designs, e di una vertical farm a Shanghai6, costituiscono

dei primi casi utili a verificare l’efficienza e l’effettiva sostenibilità di questi dispositivi architettonici, anche in considerazione delle

2 Mark Gorgolewski, Joe Nasr, June Komisar (eds.), Carrot City. Creating Places for Urban Agriculture (2001), Monacelli Press, New York 2011.

3 Cfr. Massimo Acanfora, Coltiviamo la città. Orti da balcone e giardini urba-ni per contadiurba-ni senza terra, Ponte alle Grazie-Altreconomia ediziourba-ni, Milano

2012; Mariella Bussolati, L’orto diffuso. Dai balconi ai giardini comunitari, come

cambiare la città coltivandola, Orme, Roma 2012; Paolo Cottino, La città im-prevista. Il dissenso nell’uso dello spazio urbano, Elèuthera, Milano 2003; Peter

Lambor Wilson, Avant Gardening, Nautilus, Torino 2011; si veda anche «Lotus international», 149 (Lotus in the Fields), 2012, e il documentario di Michele Mellera, Alessandro Rossi, God save the green, 2013.

4 Dickson Despommier, The Vertical Farm. Feeding the World in the 21st Cen-tury, Picador, New York 2011.

5 Cfr. http://www.dezeen.com/2013/09/12/pasona-urban-farm-by-kono-designs,

e http://konodesigns.com/portfolio/Urban-Farm.

6 Cfr. https://www.youtube.com/watch?v=cY7O5YNxKuI, e https://www.youtube.

com/watch?v=2nFQOkzEjxQ.

sperimentazioni dal carattere più utopico come quelle proposte dallo studio SOA Architectes7.

Spazi del movimento del cibo

La liquefazione dei legami rigidi tra funzioni quotidiane e contesti, che caratterizza la vita urbana nella metropoli planetaria, alimenta la domanda di infrastrutture, prodotti e servizi di supporto alla mobilità di persone e merci. Il cibo, in particolare, con le sue reti di approvvigionamento e di distribuzione, partecipa in modo de-terminante alla costituzione di nuove forme di organizzazione, di comunità, di attività di servizio e di distribuzione che, pur corri-spondendo al nuovo paradigma della mobilità globale, inducono a interrogarsi sulla sostenibilità sociale e ambientale di questo tipo di quotidianità fluida.

7 Cfr. http://www.soa-architectes.fr/fr/about#/fr/projects/tag/14.

3. EMBT, Santa Caterina Market, Barcellona, 2008.

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24 25 Cibo & Spazio

Come e dove si reperisce e distribuisce l’immane quantità di cibo ne-cessario per la nuova comunità planetaria? Come e dove si conserva-no o si acquistaconserva-no gli alimenti? Quali soconserva-no le trasformazioni territo-riali e urbane che adeguano i luoghi a usi e funzioni food-oriented? L’attenzione all’impatto sull’ambiente del movimento del cibo, a tutte le scale, dallo spazio specifico della casa ai flussi globali ge-nerati dalla fornitura e trattamento delle materie prime, dovrebbe costituire un punto di vista privilegiato attraverso cui comparare i diversi modi di affrontare i temi spaziali legati all’immagazzina-mento e alla distribuzione del cibo e delle materie prime da parte dell’architettura e delle scienze urbane.

In realtà, il discorso sul ruolo degli spazi del movimento del cibo a livello globale è prevalentemente confinato in studi di carattere produttivo e/o commerciale e rapporti di settore, come gli scenari della filiera agroalimentare elaborati da oggi al 2020, con proie-zioni al 2030, che la Piattaforma Tecnologica Europea Food for Life8 si propone di elaborare. Ma l’indagine ISFORT, pubblicata

nel mese di gennaio 2013, dal titolo La sostenibilità delle filiere agroalimentari – Valutazione degli impatti e inquadramento del-le politiche, aiuta a comprendere il ruolo della logistica non solo nel migliorare la sostenibilità stessa delle filiere agroalimentari, ma anche nello sviluppo economico dei contesti locali e sovralocali in cui queste si inseriscono, concorrendo a produrre occupazione e redditi, nonché nella qualità urbana attraverso azioni possibili sulla «logistica a monte», la distribuzione urbana e il consumo finale. Raramente l’impatto del sistema della distribuzione alimentare entra nel dibattito sulle trasformazioni territoriali e urbane, pur essendone

8 La Piattaforma Tecnologica Europea Food for Life coordina una rete di 36

Piat-taforme Tecnologiche Nazionali, rappresentative di: 35 Paesi (Albania, Austria, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Estonia, Germania, Grecia, Irlanda, Islanda, Israe-le, Finlandia, Francia, Italia, Lettonia, Libano, Lituania, Montenegro, Norvegia, Olanda, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Rep. Ceca, Romania, Russia, Serbia, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ucraina, Ungheria), più di 5.000 imprese, circa 800 centri di ricerca, e oltre 6.000 stakeholder nazionali. Le Piattaforme Nazionali si riuniscono due volte l’anno e stanno assumendo un ruolo sempre più rilevante all’interno della Piattaforma Europea Food for Life che le consulta stabilmente, anche per la revisione dei suoi documenti strategici.

evidente la rilevanza localizzativa e l’imponenza degli insediamenti. Viceversa, diversi studi si sono già occupati di selezionare e schedare le piccole architetture, mobili e non, per il commercio al dettaglio di cibo e generi alimentari. Ricerche che, muovendo dall’idea di «chio-sco», hanno poi indagato il rapporto tra gli spazi tradizionali del mer-cato – a partire dall’archetipo moderno della Boqueria a Barcellona – e la distribuzione capillare nelle strade delle città. Osservazioni che oggi convergono sulle forme del rinnovato ruolo dei mercati generali che, a Rotterdam come a Lisbona, mescolano nello stesso spazio la distribuzione e il consumo degli alimenti, quali ingredienti basici di una inedita socialità ed elementi catalizzatori di nuove attività.

Spazi del nutrimento

Per consumo di cibo generalmente s’intende qualsiasi attività umana legata al nutrimento dell’uomo, dalle più individuali e spontanee, come la raccolta di un frutto durante una passeggiata in campagna, alle più complesse e socialmente organizzate, come una cena nel ristorante esclusivo di una grande città prenotabi-le solo attraverso Internet. Gli spazi utilizzati per consumare cibo possono essere quindi naturali o artificiali, rurali e urbani.

Ogni paese, cultura o religione prevede riti e liturgie del consu-mo di cibo che hanno luoghi propri per essere narrati, condivisi e vissuti. In questo ambito, pertanto, rientrano gli approfondimenti sui luoghi dedicati dall’uomo alla nutrizione e al convivio, nelle diverse culture e nelle loro differenti spazialità legate alle modalità di preparazione e consumo del cibo, ma anche alle più recenti pratiche di riciclo del surplus.

Uno scenario eterogeneo e in continua evoluzione nel quale, tut-tavia, esistono degli spazi appositamente destinati a ciò, e che in forza di questa caratterizzazione si propongono come luoghi del nutrimento: dai chioschi per il cibo di strada, ai banchi dei vendi-tori ambulanti; dagli spazi intimi – siano essi in dimore di città o in accampamenti nomadi nel deserto – a quelli collettivi o di massa; fino ai santuari dell’arte culinaria.

Per comprendere appieno il fenomeno della street-food è possibile tracciare una linea tra i primi chioschi d’autore, come il Ribaudo di

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Marco d’Annuntiis

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Ernesto Basile a Palermo del 1916, in stile Liberty, passando per le provocazioni di Peter Cook con la sua ricerca foto-sitografica sui chioschi dei fast-food9 (2006), fino all’Oribe Tea House di Kengo

Kuma e all’interessante e ironica ricerca del gruppo giapponese Atelier Bow-how.

Nell’evoluzione dei modelli abitativi gli spazi domestici destinati alla nutrizione occupano un ruolo di sempre maggior importanza: dota-zione esistenziale minima per una vita domestica dignitosa, costitui-scono oggi il fulcro rappresentativo dell’abitazione contemporanea. Particolare rilevanza nella comprensione degli spazi del consumo di cibo assume l’osservazione delle mutazioni degli spazi per il consumo collettivo degli alimenti. Un’evoluzione che lega e

con-9 Peter Cook, The Architecture of Fast Food Kiosks Gives Specific Identity to Streets and Cities, «The Architectural Review», 1° giugno 2006.

trappone gli spazi sociali a quelli di massa: le mense delle grandi aziende «illuminate» – dalla Olivetti alla Apple –, alle diverse ca-tene di ristorazione a basso costo che sempre più si propongono anche come spazi di nuova socialità.

Infine, il ritorno a un’alta considerazione del consumo di cibo quale nutrimento e pratica sociale e l’affermarsi della cucina «gourmet» quale esperienza d’élite, negli ultimi anni, hanno determinato la costituzione di una mappa planetaria dei santuari del cibo, sorti spesso al di fuori delle centralità tradizionali, legati invece alle spe-cificità dei territori. Luoghi generalmente presenti in pubblicazioni di settore, ma raramente studiati in relazione alle loro qualità spa-ziali intrinseche o alle loro relazioni territoriali e paesaggistiche.

Cibo e spazio

La varietà di aspetti legati alla filiera del cibo, a volte tra loro anche contrastanti, è indicativa di quanto sia ampio e complesso il tema e pone in evidenza come questo si presti a essere raccontato attra-verso un approccio multidisciplinare capace di tenere insieme col-ture tradizionali e produzione industriale su vasta scala, abitudini alimentari dei singoli individui e tipicità di ogni paese, educazione alimentare e rappresentazione dei luoghi della nutrizione e dei pa-esaggi fisici e immaginari prodotti nel segno del cibo, anche all’in-terno di arti quali la pittura, il cinema, la letteratura e la fotografia. A partire dallo scenario complesso e sfaccettato derivante dai mol-teplici specialismi sviluppatisi intorno al tema del cibo, i contributi presentati concorrono a integrare le distinzioni disciplinari e a mi-surare le rispettive acquisizioni all’interno di un quadro comune, utile a ripensare in modo consapevole e sostenibile le diverse for-me del rapporto tra cibo e spazio.

4. Mercado da Ribeira, Lisbona, 2013.

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Food production, distribution and consumption are generating significant «collateral effects» on communities and territories at a universal level. The theme of food, thanks to its broad-reach-ing relevance, involves numerous thematic areas of human and social sciences, interweaving macro-micro economic aspects with anthropological, social and other aspects still, each tied to society’s relationship with the environment, to cultural production and to the valorisation of cultural heritage.

In this regard, the theme here is considered to be a reflection of a more general and inseparable relationship between the transfor-mation of the territory and the primary production of food prod-ucts – in terms of culture, space and management. A relationship that places into question the changes in eating habits on one hand, eternally evolving from our bread and butter to more ex-clusive or ethnic experiences through fast-food, and, on the other hand, the affirmation of new forms of agricultural farming, which either invade cities or transfigure farmland.

For this reason, in order to define a plausible and non-dispersive framework of the state-of-the-art, it is important to first identify three fields of human activity relative to food that are useful to categorise the different disciplinary contributions into themes ac-cording to their spatial implications: spaces of food production, spaces of food movement, spaces of nourishment.

Spaces of food production

The world of food production predominantly refers to human activ-ities designed to create food by intervening on nature. Techniques and technology have indeed modified fishing, breeding and farm-ing systems, as well as food transformation and preservation sys-tems. The history of mankind is also the history of its evolving capacity to supply food, following a journey that begins from the exploration of the wildest nature, moving on to the organisation of farmland wherein animal breeding and farming go on in food production and preservation techniques (in boxes, deep frozen, vacuum packaged ecc.), finally, more recent «composition» forms have been entrusted to 3D food printers.

Wide-ranging literature has already pointed out the configuration of new relations among elements traditionally limited to the anti-nomic city/farmland duo. New structures and new farming areas similarly involve both urban and rural contexts, offering contra-dictory interpretive categories, shifting between hybridisation and radicalisation of landscapes. On one hand, farming territories (hy-brid) on the outskirts of cities, known as «urban farmland»1, can

be found; on the other hand, there are specialised cultivations that constitute farming territories of excellence, as vineyards, ol-ive farms, etc. Among them, in some areas of Italy, the disman-tled systems of agricultural production of the twentieth century, with regard to the «mezzadrile» organization and the network of agrarian consortia, re-emerge with new vitality.

Otherwise, today, more evolved forms of a contemporary city ap-pear to be affected by a profoundly changed approach for food supply methods, represented by locals’ rediscovery of original and self-managed food production practices.

In recent years, various publications and projects have dealt with the theme of contemporary and future transformation of the

ur-1 Pierre Donadieu, Campagne urbane. Una nuova proposta di paesaggio della

città, edited by Maria Valeria Mininni, Donzelli, Rome 2006 (ed. or. Campagnes urbaines, Acte Sud-E.N.S.P., Paris-Versailles 1998); Id. (éd.), L’agriurbanisation. Rêves ou réalités?, Editopics, Paris 2014; Michelle Fagan, Paul Kelly, Gary

Lysaght, FKL architects (eds.), SubUrban to SuperRural, Gandon Editions, Oysterhaven 2006.

Food & Space

Marco d’Annuntiis

29 Food & Space 28 Marco d’Annuntiis

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ban landscape, as a new frontier for farming: On Farming (2010), by Mason White and Maya Przybyski, analyses the role of food and energy production in the modification of territories and cities;

Ecological Urbanism (2010), by Mohsen Mostafavi with Gareth

Doherty, discusses the integration of the city and farming as a possible new horizon towards a more sustainable form of urban-isation. The theoretical and planning-based reflections found in these publications deal with the question of the landscape’s trans-formation and the construction of a new farming landscape, pro-posing often futuristic scenarios, which hypothesise the intrusion of farmland and farming practices in cities and architecture, or on the contrary, predict the possibility of hybridisation between entire segments of farmland and public spaces.

The concept of bringing farming to the city has gained a general consensus, particularly in dense metropolitan areas where the scar-city of land has led studies towards the experimentation of new farming methods, eventually defining the concept of «urban farm-ing»2. On New York City’s and Philadelphia’s rooftops, actual farms,

vegetable gardens and hydroponic glasshouses have been built, of-fering a rich entirely local supply of food products. In Detroit, the collective cultivation of vast abandoned urban areas allow the re-building and survival of new social networks. These are experiences that, as a whole, depict at least two interesting food supply scenar-ios in metropolises/megalopolises throughout the world.

The first scenario, reasonably consolidated and also studied in Italy3, utilises the space found in urban cracks, residual spaces and

the city’s outskirts, through regenerative horticultural processes. This is a trend that ties in the rediscovery of the social role of

2 Mark Gorgolewski, Joe Nasr, June Komisar (eds.), Carrot City. Creating Places

for Urban Agriculture (2001), Monacelli Press, New York 2011.

3 Cfr. Massimo Acanfora, Coltiviamo la città. Orti da balcone e giardini urbani

per contadini senza terra, Ponte alle Grazie-Altreconomia edizioni, Milan 2012;

Mariella Bussolati, L’orto diffuso. Dai balconi ai giardini comunitari, come

cam-biare la città coltivandola, Orme, Rome 2012; Paolo Cottino, La città imprevista. Il dissenso nell’uso dello spazio urbano, Elèuthera, Milan 2003; Peter Lambor

Wilson, Avant Gardening, Nautilus, Turin 2011; also see «Lotus international», 149 (Lotus in the Fields), 2012, and the video by Michele Mellera, Alessandro Rossi, God save the green, 2013.

the urban vegetable garden, with the formation of communities, self-consumption, self-production and self-construction groups, often taking on political and ideological meanings. The second, more experimental scenario, theorised by Dickson Despommier4,

proposes the development of «vertical farms» as a response to issues of land scarcity and an increase in the urban population. The development of the Pasona Urban Farm in Tokyo5, designed

by Kono designs, and a vertical farm in Shanghai6, constitute the

first examples of cases useful for assessing not only the efficiency, but also the sustainable effectiveness of these architectural devic-es, also in view of experiments of a more utopian nature, such as those proposed by the SOA Architectes firm7.

Spaces of food movement

The liquefaction of strong ties between daily functions and the contexts that define urban life in the universal metropolis, begs the question about which infrastructure, products and services support the mobility of people and goods. Food in particular, with its supply and distribution network, is a determining factor in the constitution of new forms of organisation, communities, service and distribution activities. Although these may correspond to the new paradigm of universal mobility, they nonetheless lead us to question the fluid, day-to-day nature of this type of social and environmental sustainability. How and where do we find and distribute the enormous quantity of food necessary for the new universal community? How and where is food stored or purchased? Which are the territorial and urban trans-formations that adapt places for food-oriented uses and functions? The focus on the environmental impact of food movement, at all levels, from a specific space in the home to global flows generat-ed by the supply and treatment of primary materials, constitutes

4 Dickson Despommier, The Vertical Farm. Feeding the World in the 21st

Century, Picador, New York 2011.

5 Cfr. http://www.dezeen.com/2013/09/12/pasona-urban-farm-by-kono-designs,

e http://konodesigns.com/portfolio/Urban-Farm.

6 Cfr. https://www.youtube.com/watch?v=cY7O5YNxKuI, e https://www.youtube.

com/watch?v=2nFQOkzEjxQ.

7 http://www.soa-architectes.fr/fr/about#/fr/projects/tag/14.

31 Food & Space 30 Marco d’Annuntiis

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a privileged point of view from which to compare the different ways of dealing with spatial themes tied to the storage and distri-bution of food and primary materials, by architectural and urban science disciplines.

The ISFORT study published in January 2013, entitled La

sostenibili-tà delle filiere agroalimentari – Valutazione degli impatti e inquadra-mento delle politiche, helps us to understand the role of logistics in

improving the sustainability of food farming supply chains. In regard to the assessment and promotion of the sustainability of food farm-ing supply chains, the relationship describes how these supply chains impact on the economic development of the local and supra-local contexts in which they are inserted, and also on the development of other supply chain activities or of other sectors, contributing to the generation of employment and income. The study defined a general strategic framework of policies for the sustainability of food farming supply chains, through actions which, when speaking of logistics, refer to «upstream logistics», urban distribution and end consumption. The increased outsourcing of transport and logistics activities, the improved management of loads and routes with ICT systems, the promotion of intermodal transport and the creation of peri-urban logistical platforms, the shared use of low-pollution and low-noise vehicles, and the promotion of public transport and different home delivery systems appear to be essential elements in ensuring the efficiency of the entire supply chain. This relationship explains how the environmental impact of the food farming supply chain not only depends on the distance the goods need to travel, but also on the type of product being transported. If the supply chain is well-organised from a logistical point of view, it will be possible to mitigate the cost of energy resulting from long-distance transport. The modal selection therefore becomes critical from the point of view of the environmental sustainability of the entire sys-tem. In this regard, it must be noted that the debate on the role of spaces of food movement at a global level, is predominantly limited to studies of a productive and/or commercial nature and on industry relations, such as the food farming supply chain scenarios developed for today until 2020, with projections until 2030, which

the European Technological Platform Food for Life8 proposes to

develop. However, rarely does the impact of the food distribution system enter the debate on territorial and urban transformation. Vice versa, various studies have already dealt with selecting and defining small mobile and non-mobile architectures, for the retail sale of food and food products. Starting with the notion of the «ki-osk» and with the modern archetype of the Boqueria in Barcelona, studies subsequently investigated the relationship between tradi-tional market spaces and the capillary distribution in the city streets. Observations that today converge on the renewed role of the gen-eral markets that, for example in Rotterdam and Lisbon, mix distri-bution and consumption of food in the same space, which are the basic ingredients of an unprecedented sociality and the catalysts of new activities.

Spaces of nourishment

Food consumption generally implies any human activity linked to the nourishment of man, from the most individual and spontane-ous actions, such as picking an apple while taking a walk through the countryside, to more complex and socially organised actions, such as dinner in an exclusive restaurant in a big city, which can only be booked online. These spaces are used to consume food and can therefore be natural or artificial, rural andor urban. Every country, culture or religion has rites and liturgies for food consumption, including specific places where these are narrated, shared and experienced. From this perspective, it is therefore pos-sible to analyse the places that man dedicates to nourishment and

8 The European Technological Platform Food for Life coordinates a network of

36 National Technological Platforms, representative of: 35 countries (Albania, Austria, Belgium, Bulgaria, Czech Republic, Denmark, Estonia, Germany, Greece, Hungary, Iceland, Ireland, Israel, Finland, France, Italy, Latvia, Lebanon, Lithuania, Montenegro, Norway, Poland, Portugal, Romania, Russia, Serbia, Slovakia, Slovenia, Spain, Sweden, Switzerland, The Netherlands, Turkey, Ukraine, United Kingdom), more than 5.000 companies, approximately 800 research centres, and more than 6.000 national stakeholders. The National Platforms meet twice a year and are assuming an increasingly important role within the European Platform Food for Life, which regularly consults them, also for the review their strategic documents.

33 Food & Space 32 Marco d’Annuntiis

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feasting in different cultures and their different spaces, each tied to the method of food preparation and consumption, but also to more recent practices of recycling surpluses.

This is an ever-changing scenario in continuous evolution, which nonetheless includes spaces specifically designated by man for the consumption of food, which based on this definition are proposed as places of nourishment; from food kiosks along the street, to hawkers, from domestic spaces (whether in city homes or nomad camps in the desert), to collective or mass spaces, and finally to sanctuaries of culinary art.

In order to, completely, understand the street-food phenomenon, it is possible to trace a line from the first Ribaudo Kiosk by Ernesto Basile in Palermo in 1916, in Liberty style, moving on to the prov-ocations of Peter Cook, with his photo-webography on fast food kiosks 9 (2006), and finally the Oribe Tea House by Kengo Kuma

and the interesting study (of course ironic) by the Japanese group: Atelier Bow-how.

In the evolution of living models, domestic spaces intended for nourishment play an increasingly important role. A basic existen-tial element for a respectable domestic life, these essenexisten-tially con-stitute the representative fulcrum of contemporary living.

Of particular importance, when seeking to understand spaces of food consumption, is the observation of space mutations for the collective consumption of food products. An evolution that ties together and counterpoises social spaces with mass spaces: the «illuminated» canteens of large companies, from Olivetti to Apple, to the various low-cost restaurant chains that are increas-ingly being proposed as new socialising spaces.

Finally, in recent years the return to a high consideration of food consumption as a form of nourishment and a social practice, com-bined with the affirmation of high cuisine as an elite experience, has led to the constitution of a universal map of food sanctuaries, often emerging outside central locations, instead tied to specific

9 Peter Cook, The Architecture of Fast Food Kiosks Gives Specific Identity to

Streets and Cities, «The Architectural Review», June 1st 2006.

territories. These are places generally found in industry publica-tions, but rarely analysed in relation to their intrinsic spatial quali-ties or their territorial and landscape relations.

Food & Space

The variety of aspects tied to food production and consumption process, often contrasting, is indicative of how broad-ranging and complex this specific topic is, and highlights the way in which it can be handled through a multi-disciplinary approach. These aspects include broad-scale traditional farming and industrial production, individual eating habits and national traditions, and finally the rep-resentation of places of nourishment and the physical and imagi-nary landscapes produced in the name of food, also in forms of art such as paintings, cinema, literature and photography.

Beginning with the complex and multi-faceted scenario derived from the multiple fields of specialisation developed around the theme of food, the study seeks to integrate current disciplinary distinctions and measure respective acquisitions within a common framework. The framework of modification of the environment by man to live better, as a logical place wherein to rethink the effec-tive sustainability of the different form of the relationship between food and space.

35 Food & Space 34 Marco d’Annuntiis

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Gli alimenti dell’architettura 37

Gli alimenti

dell’architettura

Learning from today

Nel bel film Arrival la protagonista soffre di reiterati flash-forward (l’opposto del flash-back), che le rivelano la natura non lineare del tempo e alla fine le permettono – come in ogni buon film di fantascienza – di salvare il mondo. Ecco, se grazie alla curvatura del tempo anche noi avessimo avuto delle visioni del futuro una quarantina di anni fa, quando pensavamo che l’architettura fosse fatta soprattutto di architettura, politica e utopia, saremmo sta-ti certamente molto sorpresi dall’idea di una ricerca sul «cibo» lanciata da una scuola votata a formare giovani progettisti. Ma nel frattempo molta acqua (o forse molto buon vino) è passata sotto i ponti e il rapporto tra l’architettura e la società dalle no-stre parti è molto cambiato. Da ieratico demiurgo, l’architetto si è trasformato in un interlocutore della collettività. Non può più limitarsi a forzare la comunità dentro una forma prodotta dal suo mix di estetica e ideologia ma deve prestarsi al dialogo, imparare dalla realtà, convincere direttamente gli individui dell’utilità e della necessità del suo intervento. Negli ultimi vent’anni il carnet delle ricerche degli studiosi di architettura si è quindi arricchito di molti argomenti nuovi, prima considerati prosaici al cospetto del nostro immutabile e vitruviano sapere basato su firmitas, utilitas e venu-stas (in Italia spesso malinteso con vetuvenu-stas). Si è cominciato con l’ecologia e le scienze energetiche, poi la sociologia, quindi siamo tornati ad avvicinarci all’arte, oggi discettiamo ordinariamente di

1. James King, Dressing the meat of

tomorrow, 2007.

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Pippo Ciorra

38 39 Gli alimenti dell’architettura

robotica, neuroscienze e digital sciences. Ma gli ultimi venti anni sono anche quelli nei quali l’industria alimentare, il vino, l’esteti-ca e l’economia del cibo hanno fatto il massimo balzo in avanti andando a occupare sempre più spazio nella comunicazione, nei bilanci import-export, nell’andamento della gestione dei nostri (e non solo nostri) paesaggi, nel definirsi come una specie di lin-guaggio globale dell’innovazione, dell’inclusione senza confini, del lusso politicamente corretto. La filiera del cibo domina anche nel campo dei nuovi vecchi mestieri che danno sbocchi occupa-zionali a giovani generazioni che, specialmente dalle nostre parti, altrimenti hanno grandi problemi ad accedere al lavoro, qualificati o meno che siano. Era quindi ora che le nostre discipline – archi-tettura, design, urbanistica, paesaggio – cominciassero a guardare al cibo con occhio e strumenti diversi, consapevoli di un rapporto sempre più forte e pregnante tra cibo e spazio. La presenza del Food tra i temi del nostro lavoro è inoltre, tanto per chiudere un discorso iniziato in capo al paragrafo, la prova definitiva che i no-stri saperi non possono limitarsi ad attingere alle conoscenze sullo spazio e sulle sue regole conformative e di trasformazione, ma

che devono crescere imparando dalle persone, dalle loro esigenze, comportamenti, bisogni, abitudini ecc. Architettura quindi non come esito del rapporto tra idea formale e contesto, inteso come astrazione, ma tra una forma e un contesto che comprendono a pieno titolo chi lo spazio lo abita, lo modifica con la propria vita, lo subisce.

Post-Expo

Lo sviluppo recente del tema ha trovato sbocco ampio e ufficiale nell’Expo di Milano del 2015, dove la centralità del cibo veniva rappresentata sia come il carburante ideale per un progresso glo-bale virtuoso e sostenibile, sia come metafora perfetta del better living, una specialità nella quale il nostro paese dovrebbe (teori-camente) eccellere. Nonostante i timori e i dubbi che ancora re-stano, soprattutto sul futuro dell’area occupata dall’Esposizione Universale, il lascito dell’Expo è tutt’altro che negativo. Milano ne ha giovato per entrare in un’era di dinamismo e (relativa) pro-sperità che trova conferme ogni giorno, e il cibo ha continuato a essere il progetto industriale più efficace in un’Italia post-crisi che in realtà dalla crisi non riesce a uscire veramente. Per chi lavora e fa ricerca in una scuola di architettura il lascito dell’esposizione è uno sprone a lavorare per ottenere davvero proprio quei risultati che la manifestazione milanese dava per acquisiti. Vale a dire che per far sì che la filiera del cibo possa essere davvero il volano ideale per una crescita felix e per una ridefinizione virtuosa del rapporto tra produzione, paesaggio, turismo e formazione, in Italia biso-gna lavorare alacremente, almeno dal punto di vista di una scuola di architettura, su alcuni temi specifici. E sempre a partire della consapevolezza che il cibo – produzione, lavorazione, stoccaggio, distribuzione, consumo, smaltimento, riciclo (ove possibile) – entra nella definizione del nostro spazio a tutte le scale, da quella più intima dello spazio in cui viviamo (o addirittura di quello interiore) fino alla scala delle nazioni e dei continenti. Insomma il cibo, nei suoi rapporti col progetto, comincia dal cucchiaio e finisce molto più in là della città.

2. Toyohara Chikanobu, Flower

Arrangement in Tea Ceremony,

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Pippo Ciorra

40 41 Gli alimenti dell’architettura

Aree tematiche

I «temi specifici» del cibo sono quelli che abbiamo cercato di in-dagare in questa ricerca. Prima di tutto la scala minima dello spa-zio domestico, che forse a novant’anni di distanza dalla Frankfurt Kitchen merita nuovi modelli e nuovi archetipi. Poi lo spazio pub-blico, con l’atavica presenza di una miriade di microstrutture per la distribuzione del cibo. Atavica, ma mai molto considerata dalla cultura architettonica, che ora deve concentrarsi anche su questo (e ci sono già buoni esempi) perché finalmente ne comprende il potenziale nel fare comunità e nel qualificare lo spazio dell’incon-tro. Quindi i mercati, forse il tipo più longevo della storia dell’ar-chitettura, che possono passare da una fase di declino a una di protagonismo sociale e architettonico. E infine i mille luoghi della produzione e della distribuzione vecchi e nuovi, dai consorzi agrari agli allevamenti di terra e di mare, che reclamano strategie di rici-clo nel primo caso e programmi di sviluppo ben armonizzati al di-segno del paesaggio nel secondo. Cibo quindi come rigenerazione del nostro tessuto sociale ed economico ma anche come alimento di una cultura architettonica in cerca di una nuova condizione di necessità nel mondo e di nuovi argomenti attraverso i quali radi-carsi nella società.

3-4. Margarete Schütte-Lihotzky, Frankfurt Kitchen, 1926.

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Learning from today

In the enjoyable movie Arrival, the female protagonist suffers from repeating flash-forwards (opposite to flask-backs) that show her the linear nature of time and that, at the end, allow her – as in every other sci-fi movie – to save the world. Well, if, forty years ago, thanks to time’s curvature we had had predic-tions from the future – when we though that architecture was merely made of architecture, politics and utopia – certainly, we would have been very amazed by the idea of a research on FOOD launched by a school voted to shape young designer. But, in the meantime, there has been lots of water (or maybe very fine wine) under the bridge and, around here, the connec-tion between architecture and society has changed a lot. From a hieratic demiurge, the architect became a spokesman of the community. The architect cannot constraint him or herself to oblige the community in believing in something shaped by its ensemble of esthetics and ideology, but has to offer a dialogue,

learns from reality, directly persuades the public of the utility

and necessity of his/her intervention. In the past twenty years, the carnet of the researches from architecture experts has been enriched by a large number of new topics; at first, they were considered prosaic in comparison to our unchangeable and

vit-ruviusian knowledge based on firmitas, utilitas and venustas

The Architecture’s

Nourishment

(often confused with vetustas, in Italy). It all started with ecol-ogy and energetic sciences, it continued with sociolecol-ogy, then it went back closer to art and today we ordinarily investigate robotics, neurosciences and digital sciences. However, the last twenty years also focused on food industry, wine, esthetics and economics of food that highly jumped forward gaining more and more space: in communication, in import-export anal-ysis, in the evolution of the management of our landscapes (but not just our own), into defining itself as a sort of original global language, of inclusion without limits and of politically

correct luxury. The food industry also controls the field of the

so-called old craft that offer end market to young generations that, especially in Italy, struggle to find a job, whether they are qualified or not. It was about time, then, that our disciplines – architecture, design, city planning and the cure of landscape – started to look at food with different eyes and tools, recog-nizing a growing strong and rich relation between food and space. Additionally, the presence of Food amongst the themes of our work is, just to end the question started at the beginning of this paragraph, the final proof that our knowledge cannot be limited to merely draw from the knowledge on space and on its adapting and transforming rules, but it must increase learn-ing from people, their needs, behaviors, necessities, habits ecc. Architecture, thus, is not just the result of the relation between the formal idea and a context seen as abstraction, but it comes from the relation between a condition and a context that fully include who inhabit the space, modifying it with their lives and experience it.

Post-Expo

The recent development of this issue found a lead and an offi-cial end at the Expo in Milan, 2015, where the centrality of food was represented both as the ideal fuel to a sustainable and vir-tuous global progress and as the perfect metaphor for a «better living», a specialty in which our country should (theoretically) excel. Nonetheless fears and doubts that are still present, espe-Pippo Ciorra

43 The Architecture’s Nourishment 42 Pippo Ciorra

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cially about the future of the area occupied by the universal ex-position, the Expo’s bequest is far from being negative. Milano benefits from it to enter in an era of dynamism and (relative) prosperity that, every day, finds confirmation and food kept on being the industrial project more efficient in a post-crisis Italy that cannot actually overcome it. For those who work and do re-search in an architecture school, the bequest of the exposition is an incentive to work in order to obtain exactly those results that the Milanese event took for acquired. Meaning that to make the industry of food appear as the ideal flywheel for a felix growth and for a virtuous redefinition of the relation amongst produc-tion, landscape, tourism and formation in Italy, it is necessary to efficiently work on some specific aspects, at least from the point of view of a school of architecture. And always starting from the awareness that food – production, manufacturing, storage, distribution, consumption, disposal, recycling (when possible) – belongs to the definition of our space on every scale, from the most intimate environment of the space where we live (or, even, of the interior one) to nations and continents. Hence, food, in its relations with the project, starts from the spoon and ends a lot further than cities.

Thematic areas

The «specific themes» of food are the ones we tried to investi-gate in this research. Firstly, the minimum scale of the domestic space, that maybe in ninety years from the Frankfurt Kitchen deserves new models and archetypes. Then, the public space, with the atavistic presence of countless microstructures for food distribution. Atavistic, but never entirely respected by the architectural culture, that now must also concentrate on this (and there are already good examples), because, finally, it un-derstands its potentiality for the building of a community and in the qualifying the space of the encounter. So, markets, maybe the most enduring type in the history of architecture, can rise from a phase of downfall to one of complete center, both social and architectural. And finally, the thousand places of

produc-tion and distribuproduc-tion, both old and new, from the agricultural group to the animal farm inland and piscatorial, that demand recycling strategies in the first case and development programs in harmony with the design of the landscapes in the second. Food as regeneration of our social and economic tissue, but also as foster of an architectural culture that looks for a new condi-tion for necessity in the world and new topics able to settle in the society.

45 The Architecture’s Nourishment 44 Pippo Ciorra

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Land Use 49

Composizione, struttura e funzionamento del paesaggio sono influenzati da processi dinamici di origine naturale e antropica, a differenti scale spazio temporali1. Il Paesaggio va visto quindi

come un sistema a dinamica complessa, in cui l’uomo ha rappre-sentato e rappresenta la driving force.

Fino a metà del secolo passato, l’uso delle risorse naturali attra-verso l’attività agrosilvopastorale estensiva ha rappresentato l’e-lemento dominante2 che ha generato in Europa quello che viene

definito il «paesaggio culturale»3.

I profondi cambiamenti socio-economici avvenuti dopo la secon-da guerra mondiale (sviluppo industriale, urbanizzazione, mec-canizzazione dell’agricoltura) hanno determinato poi il repentino spostamento della popolazione verso le aree basso collinari e costiere4.

1 Erich Tasser, Flavio V. Ruffini, Urlike Tappeiner, An Integrative Approach for Analysing Landscape Dynamics in Diverse Cultivated and Natural Mountain Ar-eas, «Landscape Ecology», 24 (5), 2009, pp. 611-628.

2 Itziar De Aranzabal, Maria Fe Schmitz, Pedro Aguilera & Francisco D. Pineda, Modelling of Landscape Changes Derived from the Dynamics of Socio-Ecologi-cal Systems: a Case of Study in a Semiarid Mediterranean Landscape,

«Ecologi-cal Indicators», 8 (5), 2008, pp. 672-685.

3 Marc Antrop, Why Landscapes of the Past Are Important for the Future,

«Landscape and Urban Planning», 70 (1-2), 2005, pp. 21-34.

4 Alessandra Falcucci, Luigi Maiorano & Luigi Boitani, Changes in Land-Use/ Land-Cover Patterns in Italy and Their Implications for Biodiversity Conservation, «Landscape Ecology», 22 (4), 2007, pp. 617-631.

1. Tullio Pericoli, Pittore e paesaggio, 1999, acquerello e inchiostro su carta, 76 × 57 cm. Courtesy Archivio Tullio Pericoli.

Luca Bracchetti

Land Use

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Luca Bracchetti

50 51 Land Use

Ciò si è tradotto, da una parte, nella libera evoluzione del paesag-gio vegetale (successione secondaria) nei comparti alto collinare e montano e, dall’altra, nell’incremento dell’urbanizzazione e nella banalizzazione del paesaggio vegetale e dei sistemi agricoli, nei comparti basso collinare e costiero.

Le modificazione di origine antropica che si sono concretizzate sul paesaggio naturale a più ampia scala sono riferibili all’agricoltura e, in maniera più contenuta (in termini di spazio occupato), all’ur-banizzazione. Seguendo un approccio naturalistico, si è voluto in

questo contesto osservare l’impatto di tali modificazioni; ciò ha portato alla redazione e all’elaborazione, rispettivamente, di carte e di valori di naturalità del territorio.

Il punto cardine di tale approccio, basato sull’analisi in ambiente GIS dell’uso del suolo, consiste nel paragonare (ratio) una situa-zione potenziale a quella reale; la prima è stata desunta sempli-cemente in ragione dell’altezza sul livello del mare e presuppone una potenzialità a bosco, per quelle aree che risiedono al di sotto dei 1.800 metri, e a prateria primaria, per quelle al di sopra di tale limite. Questa schematica distinzione rappresenta una generaliz-zazione, che viene comunque giustificata dalla scala di indagine. Il dato di partenza è stato lo Shape file del Corine Land Cover 2012; la scelta è caduta su questo dato, poiché open source e omogeneo per l’intero territorio dell’Unione Europea.

Per il nostro scopo, la legenda originaria è stata ottimizzata attra-verso il raggruppamento delle relative classi di copertura (CLCC) in 6 LULC (Land Use Land Cover). Per la visualizzazione grafica, a ognuna di queste è stato assegnato un colore. Per il calcolo del Va-lore di Naturalità (VN) invece, a ogni CLCC è stato prima attribuito un indice di naturalità, in funzione della distanza dalla situazione potenziale (massimo per i boschi naturali e per le praterie primarie, minimo per l’urbano), poi si è proceduto al calcolo delle aree di co-pertura, e per standardizzare il risultato, delle relative percentuali rispetto all’intero territorio indagato; da qui il VN assume il

risulta-3. A sinistra, confronto tra l’andamento demografico di alcuni Comuni dell’entroterra della Provincia di Ascoli Piceno (paesi) con quello del capoluogo stesso (città), rilevato tra gli anni 1860 e 2010; a destra, i conseguenti cambiamenti dell’uso del suolo osservati negli stessi comuni alto-collinari nel periodo 1955-2006 (chst: castagneti, bare: aree nude, plnt: rimboschimenti, crps: coltivi, grss: prati pascolo, shrb: arbusteti, wds: boschi), in L. Bracchetti, L. Carotenuto, A. Catorci, Land-cover

changes in a remote area of central Apennines (Italy) and management directions), «Landscape and Urban

Planning», 104, 2012, pp. 157-170. 2a, d. Esempio di cambiamenti

dell’uso del suolo avvenuti nel medio Appennino in circa cinquant’anni (1955-2006), nei pressi del Monte Ceresa (a) e dell’abitato di Roccafluvione (d); le figure geometriche hanno le stesse coordinate geografiche nei due periodi considerati.

2b. Grotta del Petriennio nei pressi di Tallacano nel Comune di Acquasanta Terme (AP); struttura utilizzata fino alla metà del secolo scorso come deposito del foraggio ottenuto dal disfacimento dei pascoli montani del comprensorio del Monte Ceresa e ricovero per uomini e bestiame. 2c. Rocchetta, piccolo centro rurale nei pressi di Tallacano nel Comune di Acquasanta Terme (AP) ormai abbandonato; ultimamente è stato oggetto di interesse di una cordata di imprenditori locali allo scopo di creare un centro turistico di eccellenza. Centro Alpino Italiano, sez. Ascoli Piceno, 2005. a a b c d d

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Luca Bracchetti

52 53 Land Use

to della sommatoria dei prodotti tra le percentuali di copertura e l’indice di naturalità (valori possibili da 0,01 a 100).

La prima fase di studio si è conclusa con un ulteriore approfondi-mento, volto a valutare la qualità del comparto agricolo attraverso l’uso dei dati dell’ultimo Censimento dell’Agricoltura5. In

parti-colare, sono state estrapolate le superfici delle singole tipologie colturali (indagine a livello di provincia ma possibile anche a livello comunale) e di queste sono state calcolate le percentuali di condu-zione a biologico; il biologico viene quindi considerato l’elemento di qualità dell’agricoltura.

Il passo successivo sarà quello di importare in ambiente GIS i dati ISTAT integrandoli con quelli della carta della naturalità; ciò allo scopo di generare uno strumento cartografico funzionale alla let-tura e alla valutazione integrata del paesaggio.

Infine, si cercherà di elaborare una cartografia delle aree rurali abbandonate che potenzialmente potrebbero essere riutilizzate per la ripresa dell’allevamento estensivo; ciò attraverso l’impiego integrato della carta dell’Uso Suolo regionale (scala 1:10.000), della carta dei Suoli (per vocazione colturale) e della fotointer-pretazione.

5 ISTAT, 6° Censimento Generale dell’Agricoltura. Atlante dell’agricoltura ita-liana, 2013.

Provincia % su S.A.T. % su S.A.U. Ascoli Piceno 11,74 17,02 Fermo 6,76 8,10 Macerata 7,52 9,97 Ancona 4,25 5,03 Pesaro Urbino 6,78 9,74 Reg Marche 7,05 9,28

CEREALI LEGUMI PATATA BARBABIETOLA ORTIVE FORAGGERE VITE OLIVO AGRUMI FRUTTIFERI

Ascoli Piceno 10,65 15,89 8,90 11,62 4,73 1,42 56,45 24,82 2,60 15,98 Fermo 5,78 49,18 0,00 0,91 8,70 0,04 23,03 12,71 0,00 13,04 Macerata 9,36 32,14 6,13 1,90 9,49 0,83 12,01 13,55 0,00 8,83 Ancona 5,09 11,67 4,09 0,00 4,70 0,45 12,90 10,74 0,82 13,17 Pesaro Urbino 12,55 35,89 6,70 0,00 43,12 0,95 23,81 11,68 0,00 12,18 Reg. Marche 8,46 27,96 6,93 1,98 10,79 0,86 30,22 15,43 0,55 13,86 4. Modifiche dell’uso del suolo

avvenute nella seconda metà del Novecento nell’area compresa tra il comune di Roccafluvione (AP) e quello di Montegallo (AP). A sinistra: Pizzo Cerqueto a 1.330 m.s.l. (comprensorio Monte Ceresa); a destra: zona nei pressi dell’abitato di Roccafluvione a 290 m.s.l.

5. Carta della Naturalità e relativo Indice di naturalità per le provincie di Ancona e Ascoli Piceno; il colore giallo (coltivi) domina in entrambi i casi ma, per la provincia di Ancona, si registra un valore di naturalità molto inferiore a quello della provincia di Ascoli Piceno, in ragione del differente uso del suolo (il Valore di Naturalità per la Regione Marche è pari a 41,62). Dati uso suolo: Corine Land Cover 2012.

6. Tabella 1: percentuale di Biologico per provincia, riportato per S.A.T. (Superficie Agricola Totale) e S.A.U. (Superficie Agricola Utilizzata); tabella 2: percentuali di biologico per tipologia colturale per provincia.

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