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CAP 4. - INTESA SAN PAOLO E CARIFIRENZE: DUE REALTA’ A CONFRONTO 4.1. Presentazione

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CAP 4. - INTESA SAN PAOLO E CARIFIRENZE: DUE REALTA’ A CONFRONTO 4.1. Presentazione

13 Luglio 2009, giorno della migrazione. Inizia la nuova storia della banca storica dei fiorentini con il definitivo passaggio ai sistemi e alle piattaforme informatiche del gruppo di Intesa San Paolo. Io ho avuto il “piacere” di assistere in prima persona a questo cambiamento. Assunta da circa 3 anni all’epoca, sono stata catapultata in questo ciclone che ha portato tante novità nel giro di poco tempo.

Ma quali erano sulla carta gli obiettivi di questa incorporazione?

L’aggregazione avrebbe dovuto comportare al Gruppo Intesa Sanpaolo un significativo rafforzamento del posizionamento competitivo nelle 5 regioni del Centro-Nord Italia in cui è concentrata la rete di sportelli di Carifirenze1.

Carifirenze, nel quadro del modello della Banca dei Territori, avrebbe finito con il presidiare in esclusiva le regioni della Toscana e Umbria2, diventando in tal modo, una banca leader del centro Italia e all’ottavo posto in Italia con circa 900 sportelli (ante eventuali interventi Antitrust).

A Carifirenze spetterà la direzione e il coordinamento - per conto della Capogruppo e nell’ambito delle sue politiche generali - delle banche commerciali presenti nel territorio di riferimento.

Cosa di assoluta importanza, Carifirenze manterrà, nell’ambito delle politiche generali del Gruppo Intesa Sanpaolo, i propri marchi e autonomie commerciali e creditizie allineate al modello del Gruppo.

Questo è quello che traspare dai documenti societari e di gruppo. Il mio lavoro si pone l’obiettivo di entrare nel profondo di queste due diverse realtà, andando ad analizzare le similitudini e le principali differenze delle stesse per capire se, in fondo, questa incorporazione ha generato nuove problematiche oppure se i benefici apportati sono stati maggiori dei sacrifici che sono stati sostenuti. In questo capitolo metteremo a confronto alcuni aspetti principali delle realtà bancarie, come le politiche attuate in merito alla gestione del personale, il sostegno alla comunità, le strategie pianificate, per avere un’idea più precisa di quello che le due banche sono adesso e come si presentavano più di un anno fa.

Un gruppo come quello di Intesa San Paolo, uno dei maggiori a livello nazionale ed internazionale, avrà sicuramente degli obiettivi di più ampio respiro rispetto ad una banca del territorio come la realtà fiorentina. E ciò si ripercuote in ogni singola strategia messa in atto.

1 Soprattutto in Toscana, dove con l’aggregazione la quota di mercato di sportelli cresce dal 4,5% al 18,6%.

2 A cui di dovrebbe aggiungere la Liguria orientale (provincia di La Spezia), la provincia di Viterbo, la provincia di

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Ho avuto modo di vivere in prima persona la fase della migrazione informatica e dell’incorporazione di Banca CR Firenze nel gruppo di Intesa SanPaolo, cercherò di riportare la mia esperienza diretta, il più fedelmente ed obiettivamente possibile. Questo è il mio contributo, il valore aggiunto che posso dare a questo lavoro. Semplicemente la mia esperienza soggettiva e poi una valutazione più oggettiva attraverso l’analisi di dati provenienti da altre fonti esterne.

Durante quest’ultimo periodo ho, infatti, cercato di fare interviste a personaggi chiave all’interno della Banca per cercare di estrapolare diversi punti di vista da persone con differenti mansioni e ruoli. Ho partecipato a metà ottobre ad un focus group che la banca ha organizzato, attraverso una società esterna, per cercare di capire il grado di soddisfazione dei dipendenti e i possibili margini di miglioramento e, infine, ho sottoposto un breve questionario ad un piccolo campione formato da circa 50 aziende per verificare se, la migrazione e il cambiamento, era stato avvertiti dai clienti con effetti negativi e/o positivi. Il campione, pur non essendo molto rappresentativo poiché con caratteristiche quantitative simili, ha prodotto dei risultati interessanti che vedremo nel prossimo e ultimo capitolo. Ho, successivamente, fatto un’indagine sul livello di soddisfazione del personale in servizio attraverso la somministrazione di un breve questionario ad un campione di colleghi, provenienti da diverse realtà e con ruoli differenti.

Come abbiamo già avuto modo di verificare nei capitoli precedenti, il mondo bancario è profondamente mutato nel corso degli ultimi decenni e, sempre più, gli istituti bancari e finanziari devono “inventarsi” qualche nuova idea per riuscire a competere in un mercato sempre più internazionale e competitivo, qualche nuova leva strategica per attrarre clienti e, al tempo stesso, non perdere quelli già esistenti. Ecco il perché di tante alleanze, fusioni, incorporazioni e acquisizioni.

Come analizzato da vari spunti teorici in precedenza, il nodo fondamentale è riuscire a capire se, alla fine dei conti, conviene creare alleanze strategiche per abbattere la concorrenza sul mercato, soprattutto riguardo ai risultati di medio e lungo periodo. Delle realtà completamente diverse che si fondono, spesse volte fanno fatica ad integrarsi e, se non vengono gestite nei modi più corretti e con estrema velocità, finiscono con il provocare danni all’intera collettività. Diversamente, le F&A possono creare delle ottime sinergie per gli attori coinvolti.

Cercheremo nei prossimi paragrafi di analizzare quelle che sono le similitudini e le divergenze di Intesa San Paolo, da una parte, e della ormai ex Banca CR Firenze, dall’altro.

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Non si può parlare di caratteristiche e strategie se non si è prima osservato il passato di questi due colossi finanziari. Molte volte, la storia ci insegna molte cose sul presente e ci aiuta anche nella scelta delle strategie future. La storia della Carifirenze è profondamente radicata nel territorio e nel tessuto storico, soprattutto di Firenze. Era la banca per eccellenza dei fiorentini, il simbolo di San Giovanni, patrono di Firenze, ne rappresenta l’emblema. Il passaggio del gruppo fiorentino a ISP è stato visto come una specie di “tradimento” dai clienti che, ormai, avevano aperto i conti correnti da più di trent’anni. Diventare parte di un insieme così eterogeneo e così grande, per alcuni versi, ha spaventato molti clienti, specialmente quelli più avversi al cambiamento e con ferrei principi. Altri, invece, hanno visto uno stimolo al cambiamento e al rinnovamento, con nuove opportunità di crescita.

Intesa San Paolo, invece, si presentava come un nuovo gruppo con due realtà molto forti che avevano da poco iniziato a cooperare insieme. Sia il San Paolo che Banca Intesa avevano alle spalle dei percorsi diversi. Cerchiamo di analizzarne i passaggi storici principali.

4.2.1. Intesa San Paolo: breve presentazione e storia

Intesa Sanpaolo è un istituto bancario italiano attivo dal 2 gennaio 2007, nato dalla fusione tra Banca Intesa3 e Sanpaolo IMI4 con sede legale a Torino e sede secondaria a Milano.

La fusione tra le due banche, annunciata ad agosto 2006, si è poi concretizzata nel dicembre dello stesso anno.

Il gruppo bancario, oltre alla sua attività caratteristica, si pone come obiettivo quello di svolgere un ruolo importante nel sostegno alla cultura, all'arte e all'economia del Paese. Come modello distributivo per poter accedere a tutto il territorio nazionale, Intesa SanPaolo ha scelto una particolare organizzazione definita banca dei territori5.

3 Banca Intesa nasce nel 1998 dall'integrazione di Carialo e Banco Ambrosiano Veneto. Nel 1999 la Banca

Commerciale Italiana entra a far parte del Gruppo Intesa. Con la successiva fusione di Comit in Banca Intesa (maggio 2001) il Gruppo assume la denominazione di IntesaBci. Nel dicembre 2002 l'Assemblea delibera, con effetto 1° gennaio 2003, la modifica della denominazione sociale in Banca Intesa.

4 Sanpaolo IMI nasce nel 1998 dalla fusione dell'Istituto Bancario San Paolo di Torino e IMI (Istituto Mobiliare

Italiano). Si tratta di due realtà fortemente complementari: l’Istituto Bancario San Paolo di Torino, è specializzato nell'attività creditizia retail, l'IMI, ente di diritto pubblico fondato nel 1931 per sostenere la ricostruzione del sistema industriale nazionale, è una primaria banca d'affari e di investimento.

5 Oggi, la vera sfida che devono affrontare le banche consiste nell'essere più vicine al territorio, inteso come dipendenti

e come clienti. L’organizzazione della Banca dei Territori cercherà di rendere la propria organizzazione più snella, più "corta", e con nuove strutture sempre più mirate alle diverse esigenze della clientela. Marco Morelli, nuovo direttore generale vicario di Intesa Sanpaolo e responsabile della divisione Banca dei Territori definisce la banca dei territori in questi termini: «Sì, la vera sfida è proprio questa: essere vicini al territorio. E per farlo serve un'organizzazione "corta", perché la vicinanza al cliente si raggiunge solo se il "centro" della banca è in rapido contatto con la "periferia" delle filiali, con i colleghi che stanno a contatto diretto con i clienti e ne conoscono le esigenze. Che evolvono, rapidamente. E che non sono uguali nelle varie aree dell'Italia. Il punto di partenza è la conoscenza delle varie esigenze dei territori in cui siamo presenti. Le imprese del Nordest hanno necessità diverse, ad esempio, da quelle del Mezzogiorno e delle

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Il marchio di Intesa Sanpaolo è espressione della storia e dei valori di due protagonisti del settore del credito in Italia - Banca Intesa e Sanpaolo IMI - che hanno deciso di unire le proprie energie e risorse per dare vita al più grande gruppo bancario in Italia e uno dei maggiori in Europa. Il logotipo, infatti, rappresenta l'unione delle due denominazioni originarie collegate dal marchio, raffigurato da un pittogramma quadrato (forma perfetta, armoniosa ed equilibrata) nel quale appare il disegno stilizzato di un acquedotto romano, simbolo di solidità e sviluppo, nonché di vita e prosperità, unione di culture e di genti. La figura dell'acquedotto è l'elemento che meglio esprime e rappresenta la fusione delle due Banche - come tale è posizionato al centro del logotipo - dei valori e impegni che ne ispirano l'azione.

L’attività di Sanpaolo ha inizio nel 1563, quando a Torino la Confraternita della Compagnia di San Paolo pone le basi del Monte di Pietà cittadino che si impegna a prestare denaro a bassissimi saggi di interesse per sottrarre i bisognosi dall’usura. L’istituzione diviene una vera e propria banca nel XIX secolo. Nel 1950 assume la denominazione di Istituto Bancario San Paolo di Torino. Nel 1998 si realizza l’integrazione con l’IMI – Istituto Mobiliare Italiano, ente di diritto pubblico costituito nel 1931 per sostenere il finanziamento del sistema industriale italiano.

Banca Intesa nasce dall’unione di tre grandi Istituti di credito, protagonisti della storia del sistema bancario italiano sin dal XIX secolo:

1. La Cassa di Risparmio di Milano, poi Cassa di Risparmio delle Province Lombarde, fu costituita a Milano nel 1823 dalla Commissione Centrale di Beneficenza e, nel corso dei decenni, seppe ben coniugare impegno sociale e impegno economico in Lombardia, propria regione di competenza.

Isole - spiega Morelli - e quindi noi dobbiamo avere un'organizzazione che sia in grado di servire le diverse realtà. Avendo chiara l'esigenza di adeguare l'offerta - pur mantenendo al centro le funzioni di coordinamento e indirizzo strategico di gruppo - servono politiche commerciali mirate. E quindi un assetto organizzativo adeguato, rapido nel cogliere le richieste che arrivano dal "fronte"».

«Organizzazione snella e velocità nel captare le richieste differenziate della clientela consentiranno un approccio su misura al servizio della clientela - spiega Morelli - pur nell'ambito di un grande gruppo che manterrà centralizzate tutte quelle funzioni che consentono sinergie di gruppo». I cambiamenti, che sono stati appena avviati, sono frutto - osserva il neo direttore generale vicario di Intesa Sanpaolo - di mesi di dialogo con il personale di tutta la rete. I recenti cambiamenti nella prima linea del management del network retail («tutti effettuati valorizzando risorse interne», precisa Morelli) servono a dare una nuova scossa dall'alto. Ma tutto il percorso della riorganizzazione è basato sulla riscoperta del personale che opera sul territorio. È su loro che punta il gruppo Intesa Sanpaolo ed è da loro che la Banca dei Territori attende suggerimenti, in tempo reale, sulle mutevoli esigenze della clientela. «Una scossa necessaria per superare le difficoltà che, date le attuali condizioni dei tassi d'interesse, tutta l'industria bancaria retail sta attraversando. «La raccolta tiene e il risparmio gestito è in ripresa - precisa Morelli - ma la domanda di credito ancora langue: il 20-25% di credito accordato dalla Banca dei Territori non è utilizzato». La riorganizzazione dovrà tenere conto dell'evoluzione della rete agenziale, tuttora in fase di assestamento. «Entro la fine di giugno contiamo di definire la cessione di 150-200 sportelli al Credit Agricole, come previsto dagli accordi, e anche il definitivo passaggio delle 50 filiali del Monte Paschi».

Dopodichè, riassetto terminato? «Valuteremo possibili acquisizioni di sportelli nelle aree in cui siamo meno presenti. In 15 Regioni su 20 abbiamo una quota di mercato superiore al 15%. L'obiettivo è di avere una presenza uniforme su tutto il territorio. Ma dipenderà dalle occasioni che si presenteranno».

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Nel 1991, contestualmente all’incorporazione del già controllato Istituto Bancario Italiano, l’attività bancaria venne conferita a una nuova società, la Cariplo S.p.A.

2. Il Banco Ambrosiano Veneto, nato nel 1989 dalla fusione fra il Nuovo Banco Ambrosiano e la Banca Cattolica del Veneto, attivo principalmente nel Nord Italia, avviò ben presto un processo di trasformazione che lo portò a operare su tutto il territorio nazionale, attraverso l’acquisizione di diversi istituti bancari meridionali.

3. La Banca Commerciale Italiana, fondata nel 1894 da un pool di banche tedesche, austriache e svizzere, fu gestita inizialmente secondo il modello della “banca mista” diffuso in Germania. Dopo che l’IRI ne acquisì il controllo nel 1933, la Comit fu trasformata in banca di credito ordinario, con la qualifica di “Banca di interesse nazionale”. Protagonista del sistema bancario italiano, fu tra tutti gli istituti quello con la maggiore presenza all’estero.

4.2.2. Banca CRFirenze: un tuffo nel passato

Banca CRFirenze è da sempre stata protagonista indiscussa della vita di Firenze. Fortemente ancorata e legata al territorio, ha da sempre promosso lo sviluppo della sua città, partecipando a vari progetti e promovendo eventi, mostre e molte altre forme d’arte e di cultura.

La sua prerogativa fondamentale è sempre stata quella di essere una banca “vicina” ai suoi clienti, un istituto in grado di unire tradizione e modernità, interpretando il proprio ruolo in chiave dinamica e cercando di anticipare le necessità dei clienti e di rispondervi prontamente. Il forte radicamento al territorio si evince anche dal logo della Cassa, rappresentato dal patrono di Firenze, San Giovanni.

La storia dell'Ente Cassa di Risparmio di Risparmio di Firenze inizia nel 1829, quando 100 cittadini, per autonoma iniziativa costituirono, come società privata, la "Società della Cassa di Risparmio", al fine di favorire la formazione del risparmio e la previdenza nelle classi meno agiate. I 100 soci promotori, apportarono un capitale sociale per 6.000 fiorini diviso in 100 azioni da 60 fiorini l'una e rinunciarono ai loro diritti di “azionisti”, al profitto individuale ed accettarono che in luogo della successione testamentaria o legittima vi fosse quella per elezione assembleare, privilegiando così la natura altruista della loro generosa iniziativa.

I frutti dell'attività creditizia, oltre ad alimentare le riserve di capitale, vennero da allora destinati a scopi di beneficenza e pubblica utilità.

Come ricorda Martini Bernardi6, la prima erogazione liberale della Cassa di Risparmio di Firenze risale al 1835, in occasione dell'epidemia di colera che colpì la popolazione; il Consiglio

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d'Amministrazione deliberò di destinare 1600 fiorini per “soccorrere le famiglie più bisognose”. Ma solo con la Legge sul riordinamento delle Casse di Risparmio del 15 luglio 1888 e con la conseguente circolare interna del 1893 venne istituzionalizzata la prassi della beneficenza7.

Dalla sua origine la Cassa di Risparmio di Firenze ha continuato a svolgere l'attività di salvaguardia del risparmio attraverso le vicende storiche che hanno segnato l'evoluzione del sistema bancario italiano. Nel periodo statalista (anni '20-'30), con la disciplina pubblicistica adottata nei confronti di tutte le casse di risparmio, l'antica autonomia di società privata si indebolì, anche per l'equivoco che sorse per le funzioni di pubblica utilità svolte con l'attività filantropica.

Nella storia recente, in applicazione della Legge 30/7/90 n. 218 e del D. Lgs. 356/90, la Cassa di Risparmio di Firenze con atto del 10 aprile 1992, ha conferito l'azienda bancaria alla società per azioni denominata “Cassa di Risparmio di Firenze S.p.A”, assumendo l’attuale denominazione di “Ente Cassa di Risparmio di Firenze”.

Si è giunti così alla separazione in due soggetti con funzioni specifiche: all'Ente Cassa di Risparmio di Firenze, quale azionista della neo costituita Società per azioni, era rimasta la funzione di pubblica utilità attraverso l'erogazione di contributi, con l'impiego dei dividendi distribuiti dall'azienda bancaria partecipata.

Il 23 Dicembre 1998 venne definitivamente approvata la Legge n. 461/98 recante delega al Governo per il riordino della disciplina civilistica e fiscale degli enti conferenti di cui all'articolo 11, comma 1, del decreto legislativo 20 Novembre 1990, n.356, e della disciplina fiscale delle operazioni di ristrutturazione bancaria, cioè delle c.d. Fondazioni di origine bancaria.

Successivamente venne emanato il Decreto Legislativo 17 Maggio 1999 n. 153 contenente le norme predisposte dal Governo per la disciplina civilistica e fiscale dei detti enti conferenti. Il 5 Agosto 1999 venne poi pubblicato l'Atto di Indirizzo a carattere generale in materia di adeguamento degli statuti delle fondazioni di origine bancaria alle disposizioni della Legge delega e del Decreto legislativo sopraindicati.

In applicazione della normativa di cui sopra si era proceduto alla dismissione di una parte della partecipazione nella Società bancaria conferitaria, la Cassa di Risparmio di Firenze Spa, attraverso la cessione di quote azionarie a San Paolo Imi e Paribas e attraverso la quotazione ed il collocamento sul mercato del 25% del capitale azionario della Cassa di Risparmio di Firenze Spa. L'approvazione del nuovo statuto, nel luglio 2000, da parte del Ministero del Tesoro ha segnato la conclusione della prima fase di attività della fondazione. Ricostruiamone velocemente il percorso storico:

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• 1829. Su iniziativa di un gruppo di notabili cittadini, in buona parte membri dell'Accademia dei Georgofili, viene fondata la Società della Cassa di Risparmio; il suo scopo è di raccogliere il risparmio delle classi meno agiate, fornendo una rendita contenuta ma sicura a cui attingere in caso di bisogno.

• 1842. La Cassa inizia ad evolvere da istituto previdenziale a banca vera e propria.

• 1929. La Società della Cassa di Risparmio cambia nome in Cassa di Risparmio di Firenze. • 1947. Viene incorporata l'Azienda dei Presti, uno dei più antichi monte dei pegni italiani,

fondato nel 1495.

• 1950. La Cassa partecipa attivamente alla ricostruzione economica e sociale del dopoguerra, finanziando importanti opere pubbliche locali e sostenendo le piccole e medie imprese toscane.

• 1979. La banca inizia una fase di espansione in altri settori attraverso la creazione di società specializzate.

• 1984. Vengono costituite Findomestic e Infogroup. Attraverso la società Fondicri la banca entra nel settore dei fondi comuni d’investimento. Nello stesso anno la Cassa viene autorizzata ad operare su tutto il territorio nazionale.

• 1992. A seguito della legge 218/90 (la cosiddetta “Legge Amato”) la Cassa di Risparmio di Firenze è oggetto di una profonda e radicale trasformazione che determina la nascita di due soggetti distinti: l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze (Fondazione), ente non profit che residua dalle operazioni di conferimento dell'azienda bancaria, e la Cassa di Risparmio di Firenze S.p.A., azienda bancaria con una nuova entità giuridica.

• 1995. Viene abbandonato il progetto di aggregazione di Casse di Risparmio operanti in Toscana, intrapreso nel 1992 dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze con altre sei fondazioni bancarie.

• 1997. Viene acquisito il 51% del capitale sociale della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, oltre al 28,57% della Cassa di Risparmio di Civitavecchia e della Cassa di Risparmio di Orvieto. L’acquisto della maggioranza delle due banche verrà completato nel 2000 per la prima e nel 2001 per la seconda.

• 1998. Viene formalizzata la costituzione del Gruppo Bancario Cassa di Risparmio di Firenze, di cui la "Cassa" è la Capogruppo.

• 1999. Nel quadro della normativa prevista dalla direttiva Dini concernente la dismissione delle partecipazioni nelle S.p.A., l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze cede una quota di capitale al Sanpaolo IMI e una quota a BNP Paribas. Tra i tre soggetti viene concluso un

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patto di sindacato destinato a regolare i loro reciproci rapporti per assicurare l'ordinata ed efficiente gestione della Cassa.

• 2000. Viene acquisita un’ulteriore quota del 45% della Cassa di Risparmio di Orvieto, raggiungendo il 73,57% del capitale sociale in due distinti trasferimenti, perfezionati tra il 2000 e il 2001. Si perfeziona l’acquisto di una quota pari al 10,98% della Cassa di Risparmio di Civitavecchia, che porta la "Cassa" a detenere il 51% della banca. Viene acquisita una partecipazione del 20% nella Cassa di Risparmio di Mirandola che nel 2001 aumenta fino al 50,7%. Il 17 luglio la Cassa di Risparmio di Firenze viene quotata alla Borsa Valori di Milano.

• 2001. Viene acquisita una partecipazione del 7% della Cassa di Risparmio di Forlì. Il Credito Fondiario Toscano viene incorporato dalla “Cassa”. In autunno viene varata la rete dei promotori finanziari “Liberamente Network”.

• 2002. Nuovo piano triennale con l'obiettivo di migliorare il servizio alla clientela e varo di un nuovo assetto distributivo con la divisionalizzazione in due aree commerciali: Retail, Imprese e Private.

• 2003. Viene adottata la denominazione di Banca CR Firenze, già presente nello Statuto fin dal 2000 come denominazione abbreviata. L’adozione di tale nome favorisce un più chiaro riconoscimento al nuovo marchio “Gruppo Banca CR Firenze”, deliberato dall'Assemblea degli Azionisti del 28 aprile 2003, che contraddistingue il gruppo bancario di cui la Banca è Capogruppo.

4.3. La composizione del gruppo e presenza sul territorio

Le due banche hanno un assetto territoriale molto diverso: da un lato un grande gruppo a livello nazionale e internazionale, dall’altro una banca fiorentina che ha allargato i propri orizzonti alleandosi con altre banche di piccole e medie dimensioni, sempre con le stesse caratteristiche di forte radicamento territoriale.

Anche in merito alla composizione interna le due banche presentavano molte diversità.

4.3.1 Intesa San Paolo

Intesa Sanpaolo si colloca tra i primi gruppi bancari dell’eurozona con una capitalizzazione di mercato di 31,5 miliardi di euro ed è leader in Italia in tutti i settori di attività (retail, corporate e wealth management). Grazie a una rete di 6.000 sportelli capillare e ben distribuita su tutto il

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territorio, con quote di mercato superiori al 15% nella maggior parte delle regioni, offre i propri servizi a circa 11,2 milioni di clienti.

Figura 4. 1Fig. 4.1. Il posizionamento di ISP

Fonte: Bilancio Sociale di Intesa SanPaolo, 2009.

Ha una presenza selettiva in Europa centro-orientale e nel bacino del Mediterraneo, grazie a circa 1.900 sportelli e 8,5 milioni di clienti delle banche controllate operanti nel Retail e Commercial Banking in 13 paesi. Vanta inoltre una rete internazionale specializzata nel supporto alla clientela corporate, che presidia 34 paesi, in particolare il bacino del Mediterraneo e le aree in cui si registra il maggior dinamismo delle imprese italiane, come Stati Uniti, Russia, Cina e India. La banca è azionista in Telco, la holding che da ottobre 2007 possiede la maggioranza relativa di Telecom Italia. Dal dicembre 2007 è stato perfezionato un accordo con Noverca per la costituzione di una società per la gestione di servizi di telefonia per i clienti della Banca

Nel 2008, come abbiamo visto, si è perfezionata l'opa nei confronti della Cassa di Risparmio di Firenze, che successivamente è stata comprata.

L'elenco dei principali azionisti (con un possesso azionario superiore al 2%) di Intesa Sanpaolo:

Socio Possesso azionario

Compagnia di San Paolo 9,888%

Crédit Agricole S.A. 5,982%

Assicurazioni Generali 5,077%

Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo 4,924%

Fondazione Cariplo 4,680%

Ente Cassa di Risparmio di Firenze 3,378%

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Carlo Tassara S.p.A. 2,504% Barclays Global Investors UK Holdings Ltd. 2,017%

In Italia l'attività di Intesa Sanpaolo è divisa secondo il progetto Banca dei territori nelle seguenti banche: Intesa Sanpaolo, Banca dell'Adriatico, Banca di Credito Sardo, Banca di Trento e Bolzano, Banco di Napoli, Cassa di Risparmio di Bologna, Cassa di Risparmio di Firenze, Cassa di Risparmio di Forlì e della Romagna, Cassa di Risparmio del Friuli-Venezia Giulia, Cassa di Risparmio di Venezia, Cassa di Risparmio del Veneto, Cassa di Risparmio della Provincia di Viterbo, Cassa di Risparmio della Spezia, Cassa di Risparmio di Ascoli Piceno, Cassa di Risparmio di Città di Castello, Cassa di Risparmio di Civitavecchia, Cassa di Risparmio di Foligno, Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, Cassa di Risparmio di Rieti, Cassa di Risparmio di Spoleto e Cassa di Risparmio di Terni e Narni.

Oltre alla forte presenza in Italia, Intesa SanPaolo è presente con diverse filiali e uffici di rappresentanza in tutto il mondo:

• Filiali - Amsterdam, Atene, Dombim, Francoforte, Innsbruck, Londra, Madrid, Monaco, Parigi, Vienna, George Town, Nassau, New York, Dubai, Hong Kong, Shanghai, Singapore, Tokyo e in Svizzera.

• Uffici di Rappresentanza - Barcellona, Bruxelles, Istanbul, Mosca, Stoccolma, Varsavia, Buenos Aires, Città del Messico, Los Angeles, San Paolo, Santiago, Bangkok, Beirut, Dubai, Mumbai, Pechino, Seoul, Teheran, Casablanca, Il Cairo, Tunisi.

Inoltre il Gruppo controlla direttamente diverse banche straniere, specialmente nell'area dell'Europa Centro Orientale e del bacino Mediterraneo, che garantiscono una rete di più di 1.900 filiali e circa 8,3 milioni di clienti gestiti dalle banche estere del gruppo, operanti in 13 paesi nel retail e commercial banking. La forza del gruppo in queste aree sta nel controllo di una rete bancaria fortemente radicata localmente, con molte banche che detengono un'importante quota di mercato. Le banche del Gruppo:

• Intesa SanPaolo Bank - Albania e Grecia - A giugno 2007, Intesa SanPaolo ha finalizzato l'acquisizione dell'80% della American Bank of Albania (ABA), fondata a Tirana nel 1998. Nel gennaio del 2008 la banca si è fusa con la Banca Italo Albanese (BIA), divenendo la seconda istituzione bancaria nel paese per Totale Attivo. Oggi Intesa Sanpaolo Bank Albania è il numero due del paese nel settore del credito e dei depositi e serve circa 112.000 clienti con una rete di 30 filiali in Albania e 4 in Grecia, con l'obiettivo di supportare da un lato i cittadini albanesi che vivono e lavorano in Grecia, dall'altro per facilitare le relazioni di lungo periodo tra aziende albanesi e greche operanti nei due paesi.

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• Intesa SanPaolo Banka - Bosna i Hercegovina - Intesa SanPaolo Banka Bosna i Hercegovina, risultato della fusione di UPI Banka e LTG, è la sesta banca del paese per totale attivo, servendo 112.000 clienti con 50 filiali. Opera nell'intero mercato della Bosnia e Herzegovina, vantando una posizione importante nelle aree maggiormente sviluppate e popolate come Sarajevo, Tuzla e il Cantone della Bosnia Centrale. Come banca commerciale offre un'ampia gamma di prodotti per clienti corporate e retail. È stata la prima banca in Bosnia Erzegovina a offrire servizi di banking elettronici ai propri clienti.

• Privredna Banka Zagreb - Croazia - PBZ, privatizzata nel 1999 (fu acquisita da Comit e in seguitò aggregò altri piccoli istituti creditizi) è la seconda banca croata per Totale Attivo e prima per numero di clienti. Offre i suoi prodotti e servizi ad oltre 1.6 milioni di clienti attraverso una rete di 230 filiali, distribuite in tutto il paese. È il partner privilegiato di aziende locali e internazionali, piccole e medie aziende e pubblica amministrazione. PBZ vanta un'alta penetrazione nel settore retail e ha raggiunto livelli eccellenti nel settore dei prestiti, del credito al consumo e delle carte di credito, ricevendo riconoscimenti internazionali.

• Bank of Alexandria - Egitto - La Bank of Alexandria, fondata dal governo Egiziano nel 1957, è oggi la sesta banca in Egitto per Totale Attivo e possiede circa 200 filiali. A seguito dell'acquisizione dell'80% da parte del Gruppo nel 2006, la Bank of Alexandria ha lanciato un ambizioso piano di sviluppo che si concretizzerà nei prossimi anni.

• Intesa SanPaolo Bank - Romania - Intesa Sanpaolo Bank Romania fondata nel 1996, ha numerose filiali in tutto il paese, con una particolare concentrazione in Transilvania e nell'area di Timisoara, dove si è stabilita la maggior parte degli imprenditori italiani. Oltre ad una vasta gamma di servizi bancari, offre consulenza e supporto alle imprese Italiane e Ungheresi operanti nel paese.

• KMB Bank - Russia - Fondata nel 1992, KMB è diventata parte del gruppo nel Settembre del 2005. Con un Totale Attivo di 1.293 milioni di euro, offre un'ampia gamma di servizi bancari, con una particolare attenzione alle necessità delle piccole imprese. Grazie ad un'ampia rete di filiali distribuite in tutta la Russia, infatti, KMB serve oggi circa 100.000 piccole imprese.

• Banca Intesa Beograd - Serbia - Banca Intesa Beograd è la prima banca in Serbia per Totale Attivo, con una quota di mercato del 12.3%. Dopo la fusione nel Gennaio 2008 con la Panonska Banka (Sanpaolo), la banca è attiva nel paese attraverso una rete di 224 filiali distribuite in tutto il paese, la più diffusa rete di terminali ATM e POS, servendo circa 1.3

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milioni di clienti. Banca Intesa Beograd è inoltre leader nazionale nel settore dell'e-banking e nei sistemi di pagamento.

• VUB Banka - Slovacchia e Repubblica Ceca - VUB Banka è la seconda banca slovacca per Totale Attivo, con una quota di mercato del 16.2%. La banca ha una presenza capillare nel paese con una rete di 247 filiali, servendo 1.5 milioni di clienti. La banca è presente anche in Repubblica Ceca, con una filiale a Praga. Leader nel settore del retail banking, è anche una presenza importante nel settore del corporate banking, affiancando nelle loro attività sia piccole e medie imprese, sia grandi aziende nazionali e internazionali attive nei mercati ceco e slovacco. Grazie alla CFH, Consumer Finance Holding, la banca è molto attiva anche nel settore del credito al consumo. Ha inoltre acquisito la società di leasing BOF.

• Banka Koper - Slovenia - Banka Koper, fondata nel 1955, è la sesta banca in Slovenia per Totale Attivo, con una quota di mercato del 5% circa. La banca ha una rete di 46 filiali, con una particolare concentrazione in Istria, servendo circa 150.000 clienti. Banka Koper offre una gamma ampia e completa di servizi bancari: commercial banking, investment banking, private banking, operazioni internazionali e leasing finanziario e operativo. Già partner di molte grandi aziende, la banca si sta ora concentrando nel settore retail e delle piccole e medie imprese.

• CIB Bank - Ungheria - CIB, risultato della fusione di CIB (Comit, poi Intesa) e Inter-Euròpa Bank (Sanpaolo), è la seconda banca ungherese in termini di Totale Attivo. È oggi un gruppo diversificato che offre una completa gamma di prodotti a 720.000 tra aziende e privati, attraverso una rete distribuita su tutto il territorio ungherese (142 filiali). CIB gioca un ruolo importante nell'area del corporate banking grazie all'offerta di servizi a valore aggiunto rivolti alle grandi imprese ed è leader nei servizi di mobile e internet banking e nel leasing con circa il 16.6% di marketshare.

• Pravex Bank - Ucraina - Pravex Bank è stata fondata nel 1992 ed è diventata parte del gruppo Intesa Sanpaolo nel giugno 2008. La banca offre un' ampia gamma di servizi bancari e finanziari ad oltre 1,2 milioni di clienti (privati e aziende) attraverso 579 filiali e più di 1900 punti vendita per il credito al consumo.

• Qingdao City Commercial Bank - Cina (partecipazione minoritaria) - La legislazione cinese non permette un controllo diretto di una banca cinese da parte di uno straniero e fissa nel 20% il tetto massimo di partecipazioni acquistabili. Nel 2007 Intesa SanPaolo ha deciso di entrare nel mercato cinese acquistando il 20% della Qingdao City Commercial Bank (QCCB), diventando in questo modo la prima banca italiana ad entrare ufficialmente nel mercato cinese.

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4.3.2 Banca Cr Firenze, una banca del territorio

Banca CR Firenze guidava un Gruppo fortemente radicato sul territorio del centro-nord Italia, articolato in:

• 5 casse di risparmio (banche retail) e 1 banca di credito al consumo, che costituivano la rete distributiva;

• società di prodotto: rendevano disponibile al Gruppo un’ampia gamma di prodotti e servizi per clientela in settori specifici;

• società strumentali: offrivano servizi di supporto alle altre entità del Gruppo, garantendo economie di scala ed integrazione di prodotti e di servizi con le altre società del Gruppo, e in alcuni casi operavano anche sul mercato.

All’interno del Gruppo, Banca CR Firenze svolgeva il ruolo sia di banca operativa che di capogruppo, con compiti di direzione e coordinamento.

Dal 1998 il Gruppo è stato ampliato fino a comprendere, oltre alla Capogruppo, le Casse di Risparmio di Civitavecchia, Mirandola (dal 2006 incorporata in Banca CR Firenze), Orvieto, Pistoia e Pescia e della Spezia, ciascuna delle quali era profondamente radicata nel proprio territorio di riferimento.

Il Gruppo poteva inoltre contare su un articolato insieme di società specializzate partecipate e su significative sinergie con altre istituzioni finanziarie che permettevano di offrire alla clientela un’ampia gamma di soluzioni personalizzate di natura bancaria, finanziaria, assicurativa e di credito al consumo.

Il Gruppo Banca CR Firenze, negli ultimi anni, si era dotato di un network territoriale di oltre 550 filiali compresa CR Romania (per un portafoglio di circa 1 milione di clienti), a cui si erano affiancati nuovi canali operativi che consentivano al cliente l’accesso alle attività finanziarie nei tempi e nei modi a lui più congeniali: i Centri Private Banking, i Centri Imprese ed una Rete di promotori finanziari che nei primi mesi del 2007 aveva esteso la sua presenza in tutta Italia.

Nel 2006, con l’acquisizione da parte di Banca CR Firenze della maggioranza della banca rumena Daewoo Bank (oggi Banca CR Firenze Romania), è stato avviato un processo di internazionalizzazione dell’attività bancaria e di supporto alle aziende italiane operanti nell’Europa dell’Est.

Il modello distributivo, inizialmente adottato da Banca CR Firenze e poi esteso a tutte le banche del Gruppo, rispondeva a due principali esigenze strategiche:

• assicurare una forte personalizzazione del servizio, attraverso politiche differenziate per segmento di clientela;

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• rendere disponibili una pluralità di sistemi e modalità di accesso ai prodotti e servizi, attraverso l’utilizzo integrato di diversi canali distributivi. Il modello distributivo si basava su una segmentazione della clientela per fatturato, patrimonio ed aree di business, affidate a due specifiche strutture commerciali:

o Retail, focalizzato sulle piccole aziende (Business) ed i privati con patrimonio normale e medio-alto (Family e Personal);

o Imprese e Private, dedicato alle imprese di maggiore dimensione (segmento Imprese), agli Enti Pubblici e ai privati con elevato patrimonio personale (Private).

4.4. Assetto proprietario e governo d’impresa

L’assetto proprietario è una variabile assai complessa che deve essere analizzata considerando la concentrazione azionaria, intesa come l’entità delle quote di capitale possedute dal primo o dai principali azionisti dell’impresa, e l’identità dei soggetti che detengono le maggiori quote azionarie. Anche in questo caso, all’aumentare della complessità del gruppo bancario, aumenta la complessità della composizione e della struttura di gruppo.

4.4.1 Intesa San Paolo: il sistema dualistico8

Intesa Sanpaolo ha adottato il modello di amministrazione e controllo dualistico, sistema di derivazione germanica, introdotto con la Riforma del diritto societario del 20039, caratterizzato dalla presenza di un consiglio di sorveglianza e di un consiglio di gestione.

In termini generali, il Consiglio di Sorveglianza10, oltre a essere titolare dei compiti di controllo tipici del collegio sindacale, è investito, secondo la previsione normativa, anche di taluni compiti

8 Il modello dualistico nasce in Germania già alla fine dell’800 a seguito dell’abolizione dell’autorizzazione statale per

la costituzione delle società commerciali e con l’obiettivo di porre freno ad alcuni scandali finanziari verificatesi in quell’epoca . Si passò da un modello in cui gli indirizzi gestionali e il controllo dell’operato dei manager era affidato ad un Consiglio di Amministrazione, ad uno caratterizzato dalla presenza di due organi collegiali: il Consiglio di Sorveglianza (Aufsichtsrat) e il Consiglio di Gestione (Vorstand).

Pur mantenendo l’impianto originario del “doppio consiglio” e la relativa ripartizione di responsabilità, tale modello fu parzialmente rivisitato alla fine del secondo dopoguerra in concomitanza con l’affermarsi in Germania della c.d. economia sociale di mercato, ispirata a principi di giustizia sociale e di solidarietà. In tale ottica, nelle imprese, si riconobbe il diritto dei lavoratori ad avere propri rappresentanti in seno all’Aufsichtsrat, ma non anche – per evidenti ragioni connesse alla necessità di garantire la fluidità della gestione - nel Vorstand, generalmente costituito dai responsabili delle unità di business della società. Vista la presenza delle parti sociali all’interno del Consiglio di Sorveglianza, il modello duale, tuttora impiegato in Germania, è definito anche di “codeterminazione”. In Italia, il sistema di amministrazione e controllo duale è regolato dagli artt. 2409 octies - 2409 quinquisdecies del codice civile.

9 In Italia, è la prima applicazione di questo modello in una società di così grandi dimensioni.

10 Il Consiglio di Sorveglianza svolge funzioni che possono essere definite di indirizzo e di supervisione strategica

(funzioni alle quali concorre il Consiglio di Gestione, nell’ambito delle proprie competenze), oltre a quelle tipiche di controllo. Il Consiglio di Sorveglianza svolge anzitutto compiti che nel sistema tradizionale sono di competenza

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tradizionalmente propri dell’Assemblea degli Azionisti e, in base a una scelta statutaria, di funzioni cosiddette di supervisione strategica; il Consiglio di Gestione11 è titolare pieno ed esclusivo del potere di gestione sociale e concorre, nell’ambito delle proprie distinte competenze, nell’esercizio della funzione di supervisione strategica.

In conformità con gli indirizzi generali e programmatici approvati, al Consiglio di Gestione spetta in modo esclusivo l’esercizio del potere di gestione ordinaria e straordinaria dell’impresa.

Intesa Sanpaolo annette particolare valenza al bilanciamento di compiti e poteri realizzato con la definizione dei diversi ruoli dei propri Organi collegiali, anche in funzione della responsabilizzazione di ciascuno di essi, sia sotto il profilo del diritto comune sia per le attribuzioni di vigilanza che sovrintendono all’attività d’impresa nel delicato settore dell’intermediazione del risparmio.

In questo quadro, la Società ha tenuto conto delle indicazioni contenute nel Codice di Autodisciplina, riferendo le singole previsioni al sistema di governance concretamente adottato, in

dell’Assemblea degli Azionisti quali la nomina, la revoca e la remunerazione dei componenti del Consiglio di Gestione; per lo svolgimento di tali compiti si avvale del supporto del Comitato Nomine e del Comitato Remunerazioni. Al Consiglio di Sorveglianza spetta anche il compito di approvare il Bilancio d’Esercizio e il Bilancio Consolidato. Secondo una specifica disposizione statutaria, il Consiglio di Sorveglianza può, qualora si renda necessario adeguare lo Statuto a disposizioni normative, deliberare le opportune modifiche.

A proposito delle funzioni di supervisione strategica, al Consiglio di Sorveglianza sono state attribuite funzioni che accentuano i suoi compiti di indirizzo e permettono di riconoscere ai suoi componenti un coinvolgimento collegiale nelle principali scelte di governo della Banca e del Gruppo.

Inoltre, il Consiglio di Sorveglianza può rappresentare al Consiglio di Gestione il proprio indirizzo, ai fini della predisposizione della relativa proposta con riferimento ad alcune operazioni strategiche di particolare rilievo.

Il Consiglio di Sorveglianza, come prevede l’ordinamento, è altresì l’Organo a cui spetta la funzione di controllo della Banca ed esercita, pertanto, la vigilanza sull’osservanza delle norme di legge, regolamentari e statutarie, sulla corretta amministrazione e sull’adeguatezza degli assetti organizzativi e contabili. Il Consiglio di Sorveglianza è il destinatario dei compiti di controllo previsti dalla normativa di vigilanza; tra questi, secondo le disposizioni di Banca d’Italia, quello di valutare il grado di efficienza e di adeguatezza del sistema dei controlli interni, con particolare riguardo al controllo dei rischi, al funzionamento dell’Internal Auditing e al sistema informativo contabile.

Tutte le funzioni di controllo, tra cui l’esercizio di compiti ispettivi, vengono svolte dal Consiglio di Sorveglianza con lo specifico supporto del Comitato per il Controllo. Rientra altresì tra i compiti del Consiglio di Sorveglianza esprimere il parere per la nomina del Dirigente preposto e, ai sensi dello Statuto, modificato alla luce delle Nuove Disposizioni di Vigilanza e del Regolamento Congiunto Banca d’Italia/Consob, anche dei responsabili delle funzioni di controllo interno. L’elezione del Consiglio di Sorveglianza è avvenuta sulla base di liste di candidati (presentate dai soci titolari di almeno lo 0,5% del capitale rappresentato da azioni ordinarie) in possesso dei requisiti di professionalità, onorabilità e indipendenza richiesti dalla legge e dallo Statuto con l’indicazione – ove ricorrente – della condizione di indipendenza, ai sensi del Codice di Autodisciplina.

11 Al Consiglio di Gestione spetta, in via esclusiva, la gestione dell’impresa in conformità con gli indirizzi generali,

programmatici e strategici approvati dal Consiglio di Sorveglianza, con il quale peraltro concorre, nell’ambito delle proprie competenze, a esercitare la funzione di supervisione strategica. A tal fine il Consiglio delibera tutte le operazioni necessarie, utili o comunque opportune per il raggiungimento dell’oggetto sociale, siano esse di ordinaria come di straordinaria amministrazione.

Ai sensi di Statuto, al Consiglio di Gestione è assicurata una riserva di competenza su alcune materie di maggiore rilevanza – individuate in modo preciso e analitico – ulteriori rispetto a quelle strettamente prescritte dalla normativa; in tali materie la decisione collegiale consente di coinvolgere attivamente gli esponenti che pertanto partecipano, con autonomia di giudizio, a momenti chiave del governo operativo della Società.

Il Consiglio di Gestione ha inoltre adottato un proprio regolamento con il quale, tra l’altro, ha disciplinato in modo dettagliato le proprie competenze. Ferme restando le riserve normative e statutarie, il Consiglio di Gestione delibera sulle altre materie riservate alla sua competenza dal Regolamento nonché su quelle che non formano oggetto di delega.

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coerenza con gli obiettivi di buon governo societario, trasparenza informativa e tutela degli investitori e del mercato.

In particolare, nel corso del 2009 la governance di Intesa Sanpaolo è stata oggetto di un approfondito riesame al fine del suo adeguamento alle Nuove Disposizioni di Vigilanza che ha comportato la modifica di alcune previsioni statutarie; tra tali modifiche, si segnala:

• un rafforzamento delle materie da sottoporre alla competenza deliberativa dell’Assemblea degli Azionisti;

• una maggiore specificazione delle attribuzioni e delle funzioni proprie del Consiglio di Sorveglianza;

• l’innalzamento del numero dei Consiglieri di Sorveglianza indipendenti;

• l’introduzione della disciplina in materia di interessi dei Consiglieri di Sorveglianza;

• una valorizzazione del ruolo del Comitato per il Controllo, con una rafforzata stabilità, e della presenza di Consiglieri indipendenti negli altri Comitati;

• una maggiore qualificazione delle materie da riservare alla competenza deliberativa del Consiglio di Gestione;

• la presenza e le funzioni proprie di Consiglieri di Gestione esecutivi;

• la costituzione di commissioni specializzate, con funzioni istruttorie e consultive nonché con il compito di apportare un contributo attivo e sistematico all’esercizio delle funzioni gestorie, composte da Consiglieri esecutivi indicati dal Consiglio di Sorveglianza.

4.4.2 Cassa di Risparmio di Firenze spa: il ruolo dell’Ente Cassa e il modello tradizionale

Dal 1999 al 2005 il controllo di Banca CR Firenze S.p.A. è stato esercitato da Ente Cassa di Risparmio di Firenze, Sanpaolo IMI S.p.A. e BNP Paribas S.A. sulla base di un accordo parasociale, più volte prorogato, che prevedeva un equilibrio- azionario e di composizione dei suoi organi di funzionamento - tra Ente CR Firenze da un lato e le banche dall’altro. Nel mese di maggio 2005 tale accordo è cessato nei suoi effetti senza essere rinnovato.

In seguito a tale circostanza, Sanpaolo IMI S.p.A. ha rivendicato nei confronti dell’Ente il diritto all’acquisto di una quota azionaria di circa il 10,78%. Dal momento che l’Ente non ha ritenuto che esistessero validi presupposti per l’esistenza di tale diritto e non ha ceduto la quota azionaria reclamata da Sanpaolo IMI S.p.A., è stato avviato un contenzioso arbitrale che si è concluso nel mese di maggio 2007 a favore dell’Ente.

Nell’aprile 2006, Ente Cassa di Risparmio di Firenze, Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia e Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia hanno stipulato un nuovo patto parasociale,

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della durata iniziale di 3 anni, cui sono state conferite un numero di azioni di Banca CR Firenze S.p.A. pari al 37,6% del capitale sociale. La quota del 30% conferita dall’Ente corrisponde alla misura massima nella quale, in base alle disposizioni vigenti al momento della stipula (e successivamente abolite), l’Ente stesso poteva esercitare il diritto di voto in assemblea.

L’assetto proprietario si è avviato ad una svolta nel maggio 2007, quando l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze ha avviato una trattativa con il Gruppo Intesa Sanpaolo in merito ad un progetto di integrazione della Banca all’interno dello stesso Gruppo, con la prospettiva di accordo fra le principali fondazioni azioniste.

La trattativa si è positivamente conclusa nel mese di luglio, con l’approvazione da parte degli organi deliberanti dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, della Fondazione Cassa di Risparmio della Spezia e di So.Fi.Ba.r. S.p.A. di un’operazione che contemplava la permuta di una quota azionaria di Banca CR Firenze per consentire a Intesa Sanpaolo l’acquisizione del controllo della Banca ed il contestuale ingresso delle Fondazioni e di So.Fi.Ba.r.S.p.A. nel capitale della stessa Intesa Sanpaolo. Intesa Sanpaolo – per effetto della quota già detenuta del 18,6% e della permuta – si troverà a detenere il 58,9% del capitale di Banca CRFirenze e lancerà un’OPA obbligatoria sul capitale di Banca CR Firenze non detenuto e a cui l’Ente Cassa di Risparmio di Firenze non aderirà, mantenendo così una quota del 10,3% nella Banca.

L’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, fino al mantenimento del possesso di quantitativi prestabiliti di azioni della Cassa, godrà di particolari tutele statutarie e parasociali che consentiranno all’Ente stesso di esprimere parere vincolante su tematiche di varia natura tra cui il mantenimento dell’autonomia giuridica della Banca, della denominazione, dell’oggetto e della sede sociale e operativa, nonché la nomina di propri rappresentanti nel CdA, tra i quali il Presidente, ed il godimento di diritti di prelazione e recesso in circostanze prestabilite.

La Banca ha mantenuto, anche dopo l’entrata in vigore della riforma societaria, il modello di governance tradizionale delle società per azioni italiane quotate, in base al quale, in estrema sintesi, l’assemblea degli azionisti nomina sia un organo incaricato della gestione dell’impresa - il Consiglio d’Amministrazione12 -, sia un organo incaricato del controllo sul rispetto della legge e

12 Il Consiglio di Amministrazione riveste il ruolo fondamentale per la gestione di Banca CRFirenze, attraverso lo

svolgimento di funzioni di indirizzo strategico e di coordinamento organizzativo sia per la Banca stessa sia per il Gruppo. La configurazione organizzativa del Gruppo, caratterizzata da un rilevante accentramento di funzioni nella Capogruppo, nonché la disciplina che la Capogruppo ha emanato nell’esercizio dell’attività di direzione e coordinamento, concorrono a far sì che l’Organo Amministrativo di Banca CR Firenze svolga le funzioni previste dall’art.1 del Codice di Autodisciplina delle società quotate con riferimento al Gruppo nel suo complesso ed alle sue componenti fondamentali.

Il Consiglio di Amministrazione è composto da 14 membri. In particolare:

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dello statuto - il Collegio Sindacale13 - sia un organo incaricato del controllo contabile - la società di revisione.

L’assetto dei poteri decisionali della società è incentrato innanzitutto sul Consiglio di Amministrazione, il quale mantiene la competenza deliberativa sulle materie ad esso riservate dalla legge e dallo statuto sociale.

I regolamenti interni della società, approvati dal Consiglio di Amministrazione, che disciplinano i diversi comparti dell’attività aziendale, quali ad esempio l’erogazione del credito, l’assunzione di rischi finanziari, la spesa esterna ed i provvedimenti sul personale, integrano il dettato statutario introducendo un sistema di deleghe gestionali articolato in relazione alla natura delle operazioni ed alla loro entità, riportando alla competenza del Consiglio, o del Comitato Esecutivo, le operazioni di particolare rilievo.

Per quanto non espressamente regolato, il Consiglio ha attribuito in via generale i poteri di gestione al Comitato Esecutivo, organo collegiale le cui regole di funzionamento sono le stesse del Consiglio d’Amministrazione.

Il Direttore Generale, nominato dal Consiglio di Amministrazione, è a capo della struttura aziendale ed ha il compito di dare esecuzione a quanto deliberato dagli organi collegiali.

4.5 Mission e visione strategica

La mission di un’organizzazione o di un’impresa è il suo scopo ultimo, la giustificazione stessa della sua esistenza, è ciò che la contraddistingue da tutte le altre. Visione, missione e valori sono parte della strategia d’impresa, svolgono una funzione di comunicazione della strategia, rafforzano l’identità dell’organizzazione, l’identificazione dei singoli membri con questa e agevolano l’allineamento degli obiettivi individuali. Pertanto, per delineare correttamente la sua • 6 amministratori sono da considerare come indipendenti, poiché essi non intrattengono con i soci principali, la Banca e le società controllate, relazioni economiche di entità tale da poterne condizionare l’autonomia di giudizio, né sono titolari – direttamente o indirettamente – di partecipazioni azionarie nelle società tali da potere in qualsiasi modo incidere sul controllo della medesima.

L’attuale Consiglio d’Amministrazione è stato nominato, per un nuovo mandato triennale, nel corso dell’Assemblea di approvazione del bilancio dell’esercizio 2005 secondo il sistema di votazione per liste. In Assemblea è risultata prima per numero di voti espressi la lista presentata congiuntamente dalle tre Fondazioni firmatarie del patto parasociale e dalla Sofibar S.p.A., seconda la lista presentata da Sanpaolo IMI S.p.A. e terza quella di BNP Paribas S.A. Dalle liste di minoranza presentate da San Paolo IMI S.p.A. e BNP Paribas S.A. sono stati tratti rispettivamente 3 e 2 Consiglieri.

13Si compone di 3 sindaci effettivi e 2 supplenti. Il meccanismo di elezione, tramite votazione per liste di candidati, del

Collegio Sindacale è disciplinato dalle recenti disposizioni della Consob nonchè dagli articoli 15 e 16 dello statuto sociale, adeguati alle nuove normative in occasione dell’Assemblea straordinaria del 26 aprile2007.

Nell’Assemblea ordinaria tenutasi nello stesso giorno è stato rinnovato il Collegio Sindacale per il successivo triennio. In tale occasione non sono state applicate le nuove norme statutarie, che varranno per la prossima elezione del Collegio. È stata invece data attuazione alla norma di legge che stabilisce che il Presidente del Collegio sia eletto nell’ambito della lista di minoranza.

Nel 2006, oltre a partecipare alle riunioni del Consiglio di Amministrazione e del Comitato Esecutivo, il Collegio Sindacale si è riunito 10 volte.

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strategia aziendale la Direzione preliminarmente dovrà analizzare e definire chiaramente i valori dell’impresa cioè la sua mission e la sua vision. Se è vero che l’impresa nasce con una sua missione (anche se molte volte non dichiarata formalmente), è vero anche che per realizzarla si dota di strutture più o meno formalizzate, di strumenti e procedure, di organigrammi che si animano con il comportamento delle persone. Dotarsi di una mission, una vision ed un sistema di valori aziendali, comunicarli, dichiararli, diventa allora indispensabile per stabilire un'identità, fornire una rotta, indicare un orizzonte, un passaggio dalla situazione attuale a quella di un futuro possibile, se realizzato congiuntamente. È quindi necessario per il raggiungimento degli obiettivi e per fare innovazione che all’interno dell’azienda la Direzione discuta e promuova la mission e la visione. La mission e la vision creano così la cultura aziendale, che può definirsi come il complesso di specifici valori, significati, modi di pensare condivisi dai membri dell’organizzazione, che determina il modo di comportarsi dei membri stessi, sia all’interno che al di fuori dell’organizzazione. La vision mette in evidenza cosa un’azienda vuole essere. Si concentra sul domani, fornisce dei chiari criteri di “decision making” ed è per questo immutabile nella storia di un’azienda. La vision aziendale diventa così la proiezione di uno scenario futuro che rispecchia gli ideali, i valori e le aspirazioni di chi fissa gli obiettivi e incentiva all’azione tutti coloro che operano all’interno dell’azienda. Senza una vision chiara e definita sarebbe difficile stabilire lo scopo dell’organizzazione, la rotta che essa intende seguire e i benefici che ne potranno derivare. Dopo avere definito la vision, la direzione dovrà porsi come obiettivo continuo da conseguire la sua comunicazione e la sua condivisione con il personale dell’azienda. Per ciò è strategico che la vision diventi il "manifesto" dell’azienda in modo tale che riesca a spronare i membri dell’organizzazione e renderli orgogliosi di farne parte. La mission mette in luce cosa sia l’azienda ora. Si concentra sull’oggi: identifica il cliente, identifica il processo o i processi critici e stabilisce il livello di performance. La mission aziendale è un punto fondamentale dei valori aziendali, perché rappresenta la ragione di esistere dell’azienda, descrive quello che l’azienda vuole significare per il mercato in cui opera, chiarisce in cosa essa si distingue rispetto ai concorrenti.

La definizione chiara della mission deve saper cogliere il nocciolo e il senso dell’azienda, se questa manca o non è chiara pregiudica fin dall’inizio lo sviluppo e l’efficacia della strategia aziendale. Per definire la mission aziendale la Direzione dovrà rispondere innanzitutto alle seguenti domande:

• Di cosa ci occupiamo?

• Di cosa possiamo occuparci?

• Di cosa dovremmo occuparci?

Solo basandosi su una cultura comune e su una scala di valori condivisi la mission può assolvere pienamente ed efficacemente il suo compito di guida strategica dell’agire aziendale. La mission e la

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vision creano così la cultura aziendale, che può definirsi come il complesso di specifici valori, significati, modi di pensare condivisi dai membri dell’organizzazione, che determina il modo di comportarsi dei membri stessi, sia all’interno che al di fuori dell’organizzazione.

Gli elementi che andranno a formare l’identità e l’immagine aziendale saranno in particolare simboli e slogan che tendono ad esprimere con l’uso di semplici immagini e parole i valori fondamentali e la “personalità” dell’azienda. L’impatto di uno slogan è in genere alto, in molti casi determinante, sia per i clienti sia per i dipendenti.

Appare dunque innegabile che oggi la cultura aziendale diventa una risorsa strategica importantissima, anzi necessaria per lo sviluppo, una chiave di investimento indispensabile per l’accrescimento della propria competitività.

L’impresa, in tale prospettiva, è infatti un’organizzazione che elabora una specifica cultura orientata a soddisfare domande e bisogni, i processi organizzativi sono dinamici, impara ad osservare i mercati, ad usare il marketing in maniera efficace come pure la comunicazione all’esterno. Possiamo affermare che spesso le aziende prosperano o falliscono più per ragioni umane e sociali, che per cause di natura strettamente economica e ciò accade perché l’azienda è un’entità vivente e non una struttura meramente economica.

E’ difficile mettere a confronto questi valori tra due banche molto diverse tra loro. L’obiettivo principale che hanno le due banche è il medesimo: offrire servizi bancari e finanziari in modo da soddisfare il cliente. Sono diverse le strade intraprese al raggiungimento dello stesso. Intesa SanPaolo, essendo una banca molto più strutturata, ha valori chiave ben definiti, pone maggior attenzione a temi di carattere sociale e ambientale e si impegna, in prima persona, nel promuovere iniziative ad ampio raggio e di grande impatto economico, ma non solo. L’obiettivo è quello di essere una banca attenta al territorio e al rapporto con gli attori economici radicati e operanti nelle dimensioni locali, pur essendo un grande gruppo bancario presente nello scenario internazionale. Banca CRFirenze, invece, ha da sempre avuto meno impatto sul territorio nazionale ma ha partecipato allo sviluppo di quello locale, valorizzando il territorio e promovendo molti eventi culturali a Firenze e provincia.

4.5.1 Intesa San Paolo: i valori del gruppo

La mission del gruppo torinese è quello di fornire servizi bancari e finanziari di eccellenza ai propri clienti, attivando leve di sviluppo per tutte le realtà territoriali nelle quali opera, cercando di promuovere uno stile di crescita attento alla sostenibilità nel tempo dei risultati e alla creazione di

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un circolo virtuoso basato sulla fiducia che nasce dalla soddisfazione dei clienti e degli azionisti, dal senso di appartenenza dei collaboratori e dalla vicinanza ai bisogni della collettività e dei territori. Consapevoli che le decisioni intraprese hanno importanti effetti, diretti e indiretti, sull’ambiente e sulla collettività, Intesa SanPaolo si assume tutta la responsabilità della gestione prudente dei risparmi, impegnandosi per l’ampliamento dell’accesso al credito e agli strumenti finanziari per tutti i cittadini, nonché per lo sviluppo sostenibile del sistema imprenditoriale, per contribuire al benessere non solo materiale e sostenendo o realizzando iniziative culturali e di utilità comune. Come indicato nell’ultimo bilancio sociale, la strategia di crescita mira alla creazione di valore solido e sostenibile sotto il profilo economico e finanziario, sociale e ambientale, costruito sulla fiducia di tutti i nostri interlocutorie basato sui seguenti valori:

• Integrità: perseguire gli obiettivi con onestà, correttezza e responsabilità, nel pieno e sostanziale rispetto delle regole, dell’etica professionale e dello spirito degli accordi sottoscritti.

• Eccellenza: il continuo miglioramento, guardando lontano, anticipando le sfide, coltivando la creatività diffusa e finalizzata all’innovazione, valorizzando il merito.

• Trasparenza: collocare la trasparenza alla base di tutte le azioni, della comunicazione e dei contratti per consentire a tutti gli interlocutori di fare scelte autonome e consapevoli.

• Rispetto delle specificità: al fine di coniugare la grande dimensione con il radicamento territoriale, essere una banca che riesce a pensare in grande e non perdere di vista l’individuo.

• Equità: l’impegno a eliminare ogni discriminazione dalle nostre condotte e a rispettare le differenze di genere, età, razza, religione,appartenenza politica e sindacale, lingua o diversa abilità.

• Valore della persona: il valore della persona in quanto tale guida il modo di agire: adottando l’ascolto e il dialogo come leve di miglioramento continuo nelle relazioni con tutti gli interlocutori.

• Responsabilità nell’utilizzodelle risorse: mirare a utilizzare in modo attento tutte le risorse, promuovendo comportamenti improntati all’ottimizzazione e a evitare spreco e ostentazione, privilegiando le scelte rivolte alla sostenibilità nel tempo.

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Banca CR Firenze ha voluto essere un’impresa capace di mantenere con i propri stakeholder (clienti, azionisti, personale, fornitori, …) una “relazione valorizzante”, in grado di produrre la soddisfazione reciproca dei propri interessi legittimi.

Particolare rilievo ha da sempre assunto il forte rapporto della Banca con il territorio all’interno del quale essa opera, caratteristico di tutta la sua lunga storia; la Banca ha interpretato il radicamento territoriale in senso dinamico, come capacità di comprendere e anticipare le peculiari necessità del tessuto economico e sociale e di rispondervi adeguatamente, sostenendone lo sviluppo e generando valore per se stessa.

Sulla base di un operare orientato al miglioramento e all’innovazione, il Gruppo Banca CR Firenze ha intrapreso nel triennio precedente all’acquisizione da parte di Intesa SanPaolo, un importante processo di cambiamento, con la prospettiva di divenire polo di riferimento dell’Italia Centrale le cui linee strategiche fondamentali sono state le seguenti:

Segmentazione e differenziazione dell’approccio alla clientela. La capacità di fornire risposte adeguate alle esigenze dei clienti richiede un approccio fortemente personalizzato. La Banca ha quindi provveduto a sottoporre ad analisi e revisione i criteri di segmentazione della clientela e, di conseguenza, a elaborare politiche differenziate, in termini di prodotti e servizi, canali distributivi, competenze del personale dedicato. Tale approccio ha determinato l’adozione, nel 2003, di un nuovo modello distributivo e di un nuovo assetto organizzativo.

Creazione di un modello distributivo integrato. Il modello distributivo adottato si fondava, da un lato, sull’espansione della rete tradizionale delle filiali e degli altri canali fisici, essenziali punti di rapporto personale con i clienti, dall’altro, sullo sviluppo dei nuovi canali di banca virtuale attraverso internet, telefono e GSM. L’insieme integrato di tali canali si traduce in un vantaggio sia per i clienti, che sono facilitati nell’accesso ai servizi, sia per la Banca, che può ottimizzare la struttura dei costi.

Miglioramento dell’efficienza operativa. L’aumento dell’efficienza si fondava principalmente sullo sviluppo di processi di integrazione di alcune funzioni delle banche del Gruppo e sull’esternalizzazione delle attività non facenti parte del core business della Banca.

Valorizzazione delle risorse umane. Attraverso il potenziamento dei livelli di professionalità, lo sviluppo del senso di appartenenza e una maggiore responsabilizzazione su obiettivi e risultati da parte delle risorse umane. Di conseguenza è stato dedicato un forte impegno nel censimento delle competenze,

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nella formazione e nell’aggiornamento professionale e nella realizzazione di un sistema premiante.

Valorizzazione della relazione con il cliente. Banca CR Firenze per tradizione storica ha sempre privilegiato il rapporto fiduciario tra cliente ed azienda, dando spazio al dialogo ed all'ascolto e cercando in modo sempre più efficiente di trovare risposte adeguate che mantenessero nel tempo il legame di fiducia, rafforzando nel contempo le proprie posizioni sul mercato.

4.6. La responsabilità sociale

Nella seconda metà degli anni '90, le Nazioni Unite invitarono le grandi aziende, in particolar modo quelle multinazionali, a definire accordi commerciali che contemplassero e tutelassero i diritti umani di base, quelli dei lavoratori e il rispetto dell'ambiente. Si intendeva, con questo, non solo la creazione di una piattaforma contrattuale equa ed ecologica ma anche l'avvento di un preciso impegno verso il mondo, la società umana globalizzata e l'ambiente che andava oltre la regolamentazione dei comportamenti. Il termine impiegato fu quello di Corporate Social Responsability, CSR, che in italiano diventa Responsabilità Sociale d'Impresa, RSI.

Molte aziende firmarono accordi con tutti i partner commerciali, dai principali clienti e fornitori ai subappaltatori di attività di servizio, affinché si garantissero degli standard etici di minima (rifiuto del lavoro minorile e delle condizioni di sfruttamento umano, pari opportunità etc).

L'Unione Europea iniziò ad elaborare una strategia di coinvolgimento delle aziende nel progetto RSI già a partire dal 1997: venne fondato infatti un organo di consulenza appositamente dedicato e nel luglio 2001 venne pubblicato il libro verde sulla Responsabilità Sociale d'Impresa, un documento destinato specificamente all'apertura del dibattito a livello europeo sulla RSI.

Si individuano come stakeholders, come referenti della RSI, tutti i cittadini - nessuno escluso - che siano in qualche maniera toccati o implicati nelle azioni dell'azienda.

Ma cosa altro è la RSI? Per chi siede nei Consigli di Amministrazione, la Responsabilità Sociale è un importante strumento di governo dell’Impresa, che migliora performance finanziarie, processi di coesione interna, gestione operativa. Per il marketing è una nuova via al posizionamento dei prodotti e del marchio. Per i cittadini e i consumatori la Responsabilità Sociale d’Impresa è valore.

Per definire cosa sia la responsabilità sociale d’impresa , da un lato, e cercare di comprendere le ragioni per le quali questo tema sta entrando così prepotentemente nella riflessione di manager, imprenditori e consulenti aziendali, dall’altro, esiste un discorso centrato sul tema della

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legittimazione etica e sociale del fare impresa. Fino agli anni ‘70 era universalmente accettato che l’unica legittimazione etica e sociale del fare impresa fosse quella di operare per la massimizzazione del profitto nel rispetto delle regole del gioco. Questo fatto, di per se costituiva un indicatore del migliore uso possibile delle risorse e, quindi indirettamente di un operare per il bene comune. Questa sostanziale sovrapponibilità della catena del valore economico e del valore sociale del fare impresa, entra in crisi con l’avvento della società post-fordista, ovvero, partendo da un’altra prospettiva, per effetto dei processi di globalizzazione dell’economia e dei conseguenti processi di delocalizzazione della produzione, delle persone e delle culture.

Esistono tre ragioni fondative, in quanto basate sulla considerazione di elementi non transitori, di questo cambiamento radicale del modo di intendere la responsabilità sociale d’impresa:

La “responsabilità sociale del cittadino-consumatore”, la trasformazione del consumatore da ricettore passivo a soggetto attivo, cioè a consumatore critico, che con le sue scelte intende contribuire a “costruire” l’offerta: in altre parole a questo nuovo consumatore non basterebbe più il parametro del rapporto qualità prezzo; la diffusione su larga scala di nuove sensibilità verso la sostenibilità ambientale e sociale dello sviluppo, stanno trasformando il consumatore da soggetto passivo in attore consapevole e attivo nella catena del valore economico, in cittadino-consumatore che “vuole sapere come quel certo bene è stato prodotto”.

La delocalizzazione dell’impresa, ossia la destrutturazione dell’attività produttiva e la conseguente de-localizzazione delle imprese. La tradizionale corrispondenza fra ”fabbrica” e “territorio” e il rapporto di controllo e mutuo aiuto, formale e informale, fra l’imprenditore e la “sua gente” rendeva superfluo il tema della responsabilità sociale d’impresa. Se prima la legittimazione sociale dell’impresa si fondava sulla contestuale creazione di profitto e di benessere diffuso per una comunità ben identificata, nel tempo dell’impresa globalizzata non legata a nessun contesto territoriale e sociale specifico, si rende necessario acquisire questa legittimazione, presso i cosiddetti “stakeholders”, con nuovi strumenti quali il bilancio sociale, il bilancio ambientale, il cause-related marketing, la comunicazione mediatica e pubblicitaria, la certificazione di eticità, etc.

I cambiamenti organizzativi interni all’impresa. La terza causa è da ricercarsi nei cambiamenti che hanno investito l’organizzazione interna delle imprese, nel passaggio alla cosiddetta fabbrica post-fordista; cambiamenti che hanno conseguito l’effetto di depotenziare l’efficacia dei tradizionali strumenti per la fidelizzazione all’azienda, di controllo dei comportamenti e di incentivazione della produttività dei collaboratori. Secondo molti autori la legittimazione sociale acquisita attraverso il coinvolgimento dell’azienda in attività sociali e l’adozione di comportamenti socialmente responsabili, costituirebbe oggi il più potente strumento di potenziamento della coesione interna. Attraverso la creazione di “corporate culture”, centrate su

Figura

Figura 4. 1Fig. 4.1. Il posizionamento di ISP
Figura 4. 2  La ripartizione dei contributi per settore di attività
Figura 4. 3 Elaborazione grafica delle percentuali dei contributi erogati in base ai diversi settori di  attività

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