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IL MARKETING DELLE ESPERIENZE

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Academic year: 2021

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Capitolo 4

IL MARKETING

DELLE ESPERIENZE

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4.1 Il marketing

L’evoluzione del mercato, e di conseguenza, delle modalità con cui le imprese vi si presentano offrendo prodotti e servizi, ha portato nel tempo non solo alla nascita del marketing, ma anche ad un rapido sviluppo e ad un progressivo allargamento delle attività che lo caratterizzano.

La definizione di marketing, data dall’American Marketing Association ben risponde alla progressiva estensione dei campi di applicazione di questa particolare disciplina, in quanto individua il marketing come quel “processo necessario per pianificare e realizzare lo sviluppo, la promozione e la distribuzione di idee, beni e servizi, per creare uno scambio che soddisfi le aspirazioni degli individui e delle organizzazioni1”.

Un’organizzazione dovrebbe cercare di realizzare profitto soddisfacendo i bisogni di gruppi di clienti; è questa, in parole povere, l’idea base del marketing, la sua filosofia. E’ un concetto molto semplice e largamente ispirato al buon senso, tanto che, proprio per questo motivo, spesso non viene tenuto nella giusta considerazione.

Scopo di questa filosofia è quello di focalizzare l’attenzione del responsabile marketing sul soddisfacimento di ampie classi di bisogni della clientela (orientamento verso il cliente) piuttosto che sulla produzione attuale (orientamento verso la produzione) o sui metodi per attirare la clientela verso i prodotti offerti in quel momento (orientamento alla vendita). Il marketing è oggi molto più diffuso e capillare di un tempo: se le prime tecniche di marketing intervenivano solo dopo la fase di produzione, occupandosi del percorso delle merci fino al punto vendita, nelle moderne imprese di grandi dimensioni queste precedono il processo produttivo e implicano una complessa serie di attività di indagine ed analisi, per l’individuazione dei beni o servizi da produrre.

Un efficace processo di marketing consiste prima di tutto nell’individuazione dei bisogni del cliente e, solo successivamente, nella ricerca dei prodotti o dei servizi più idonei a soddisfare tali bisogni, nel rispetto di una logica orientata al cliente.

In questo modo i responsabili del marketing potranno massimizzare la soddisfazione del cliente nel presente e anticiparne l’evoluzione dei bisogni nel futuro. Le organizzazioni dovrebbero pertanto focalizzare la propria attenzione sull’instaurazione di rapporti durevoli con la clientela, secondo un processo in cui la vendita è da considerarsi solo come un primo

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American Marketing Association, 1985

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passo e non il risultato finale del rapporto commerciale, come si vede in Figura 4.1, l’obiettivo principale di un’azienda cliente-centrica non è vendere ma fidelizzare il cliente. Operando secondo questo principio il cliente sarà più soddisfatto e l’azienda potrà conseguire maggiori profitti.

Fig. 4.1: Il modello “Prodotto-centrico” e “Cliente-centrico”

4.2 Le fasi storiche del marketing

Non si può dire che il marketing abbia sempre riscosso l’attenzione che oggi gli viene riconosciuta. Come gran parte delle discipline scientifiche, anche il marketing è continuamente soggetto a un contrasto tra persistenza e mutamento; la persistenza è legata al suo obiettivo di base, ovvero alla soddisfazione delle esigenze del cliente; il mutamento deriva, invece, dalla globalizzazione e dalle nuove tecnologie informatiche che rendono rapidamente obsolete le informazioni di cui l’azienda dispone. Per capire come si è giunti a questo livello di evoluzione, vale la pena ripercorrere brevemente i cambiamenti intervenuti, nel tempo, nell’impostazione della funzione commerciale per la gestione del rapporto azienda- mercato. Si deve comunque tener presente che non si tratta di un vero e proprio processo evolutivo caratterizzato da tappe diverse che si succedono in ordine cronologico, in quanto i diversi tipi di approccio, che saranno di seguito illustrati, possono ancora esistere in alcune aziende, in quanto dipendenti sia da caratteristiche aziendali interne (dimensioni dell’impresa, livello di innovazione, ecc..), sia da caratteristiche del mercato (concorrenza, visibilità del cliente, ecc..).

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I tipi di orientamento della funzione commerciale che possono essere individuati sono principalmente quattro [Miolo, 2000]:

• orientamento al prodotto; • orientamento alla ve ndita; • orientamento al mercato; • orientamento al marketing;

Orientamento al prodotto (1930 - 1940): questo orientamento si sviluppa subito dopo la rivoluzione industriale, la focalizzazione è rivolta prevalentemente alla progettazione e alla produzione, in quanto il mercato è caratterizzato da una domanda eccedente rispetto all’offerta (situazione che garantisce un’immediata collocazione di tutta la produzione ottenuta).

In questa situazione l’impresa non ha, evidentemente, alcun motivo di interessarsi del mercato e di capire quali sono le esigenze della clientela, in quanto le favorevoli condizioni esistenti consentono comunque di vendere tutto ciò che produce.

Orientamento alla vendita (1940 - 1955): con il passaggio ad una situazione in cui l’offerta diventa superiore alla domanda, il marketing assume un ruolo decisamente più importante. Le imprese devono cominciare a pensare di potenziare le proprie strutture di vendita, con il particolare obiettivo di indurre i potenziali acquirenti a scegliere il proprio prodotto piuttosto che quello delle imprese concorrenti. La domanda non è ancora molto complessa ma, alle aziende, è comunque richiesto uno sforzo dal lato delle attività promozionali visto che il potenziale cliente risulta più influenzato da diminuzioni di prezzo e attività pubblicitaria piuttosto che dalle reali differenziazioni tecniche del prodotto che rimane poco differenziato. E’ la capacità di pressione del produttore sul consumatore che ne determina il successo rispetto alla concorrenza che diventa a poco a poco sempre più aspra tanto da rendere fondamentali concetti quali notorietà e pubblicità, che permettono la sopravvivenza sul mercato.

Orientamento al mercato (1955 - 1980): il periodo che va dalla metà degli anni ’50 al 1980 è caratterizzato dall’orientamento al mercato, orientamento da considerarsi vero e proprio precursore dell’attività di marketing. Ora il mercato si presenta evoluto, formato da consumatori più informati, esigenti e con maggiori disponibilità di reddito. In questo mercato è dunque il consumatore a guidare le scelte produttive e l’unico strumento per assecondarlo

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sta nella ricerca di un’adeguata gestione della funzione di produzione, che consente di realizzare i vari prodotti nelle quantità e qualità richieste dal mercato. Per questo il sistema produttivo deve presentarsi flessibile ed elastico proprio per essere in grado di offrire un prodotto differenziato, sofisticato ed articolato.

I mercati diventano segmentati (vengono formate categorie omogenee di consumatori), complessi e dinamici, anche perché la lotta concorrenziale è sempre più severa. La complessità della domanda è indiscussa ma il ruolo della funzione commerciale non è per il momento molto sviluppato.

Le aziende leader in questo periodo sono quelle che riescono ad ottimizzare la produzione, a raggiungere l’efficienza con sistemi produttivi flessibili, ma allo stesso tempo, che ricercano la qualità totale del prodotto.

Orientamento al marketing - al consumatore (1980 – fino ad oggi): con l’orientamento al marketing si giunge finalmente ad una riconciliazione tra le esigenze interne di razionalizzazione della produzione e quelle provenienti dai consumatori. In questo caso la considerazione del mercato interviene non soltanto in un momento successivo alla produzione, quando si tratta di gestire le attività legate alla vendita, ma ricopre un ruolo fondamentale da un punto di vista strategico nella stessa individuazione dei beni da produrre. Il marketing in questo nuovo contesto, diventa una funzione di primaria importanza e le aziende più accorte hanno cercato di adeguarsi a questa realtà sviluppando delle azioni coordinate volte a studiare, controllare ed influenzare il mercato per poter rendere più diretto e stabile il legame con il cliente e consentire un più sicuro collocamento della produzione.

Nell’ambito degli studi sul consumatore il termine “esperienziale” riceve consacrazione nei primi anni Ottanta ad opera di Holbrook e Hirschman, i quali definiscono l’experiential view come un approccio, contrapposto all’information processing view, che si focalizza sulla natura simbolica, edonistica ed estetica del consumo, e che si fonda sulla concezione della consumption experience come attività volta alla ricerca di fantasie, sensazioni e divertimenti. Successivamente altri autori dimostrano sul piano teorico e su quello empirico la natura composita dei processi di consumo, evidenziando come la componente razionale/funzionale e quella emozionale/edonistica spesso coesistano nelle scelte del consumatore, in modo da influenzarne congiuntamente anche il livello di soddisfazione. Ne deriva che, sebbene rimanga ancora privilegiato il collegamento tra i

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concetti di “esperienziale” ed “emozionale”, è ormai ampiamente riconosciuto che nei comportamenti di consumo “emozioni e cognizioni non possono essere separate”.

Le più recenti tendenze evolutive del mercato hanno indotto ulteriori modifiche nel comportamento delle imprese: l’estrema frammentazione della domanda e le esigenze fortemente differenziate fra un individuo ed un altro, anche in relazione al soddisfacimento di uno stesso bisogno, portano spesso il singolo cliente a divenire l’interlocutore principale dell’impresa, tanto da meritare politiche promozionali, di comunicazione e di assistenza mirate e personalizzate (orientamento al consumatore).

Il vero cambiamento in atto è tuttavia quello legato all’avvento delle nuove tecnologie informatiche.

I nuovi mezzi di comunicazione operano, per così dire, su due fronti: da un lato consentono un’interazione diretta azienda-consumatore, che mostra ampie potenzialità, tra cui quella di mantenere un contatto continuo col cliente dalla fase progettuale a quella di assistenza, creando forti basi per conquistarsi la fedeltà del cliente; dall’altro hanno influenzato enormemente l’aumento della complessità del mercato. Infatti il consumatore ha di fronte talmente tante possibilità di scelta, talmente tanti messaggi promozionali che gli pervengono con ogni mezzo, che tende a diventare indifferente nei confronti della differenziazione dovuta alla marca.

L’obiettivo delle aziende diviene quello di evitare che i propri clienti si orientino verso i prodotti della concorrenza, ridonando nuova forza ai propri marchi, attraverso una gestione scrupolosamente attenta delle relazioni con essi; in altre parole l’obiettivo è quello di migliorare il rapporto con i clienti e di conseguenza la loro fedeltà nei confronti del marchio definendo un nuovo modo di fare marketing e customer care.

Sono quindi nati i software di TQM (Total Quality Management) e CRM (Customer Releshionship Management), i programmi di Customer Satisfation e il Marketing Relazionale nel tentativo di conoscere meglio i bisogni dei propri clienti, incrementarne la fedeltà e il LifeTime Value2, di conseguenza la redditività unitaria.

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LifeTime Value: si tratta di realizzare che un cliente non vale solo per quanto ha appena comprato, non vale solo per il suo ultimo acquisto, bensi’ per tutti i potenziali acquisti che potra’ effettuare anche nel futuro. Mettere a rischio la relazione col cliente comporta dunque la perdita di tutto il flusso di affari generato dal cliente nel corso del tempo.

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4.3 Il marketing esperenziale

Il marketing esperenziale, quindi, diviene una nuova disciplina di orientamento verso il mercato e che si aggiunge a quelli già da tempo individuati, alla produzione, al prodotto, alla vendita, al mercato, al marketing, alla relazione. Questi diversi orientamenti non devono intendersi come una mera sequenza evolutiva in cui ciascuno di essi migliora il precedente, ma come modi diversi di confrontarsi con il mercato e gestire il rapporto con il consumatore3. La loro diversità, peraltro, non ne comporta la reciproca esclusione, in quanto essi possono coesistere e anche la singola impresa può porre in essere differenti approcci nello stesso periodo in risposta ad esigenze diverse.

Nel marketing, quindi, il riferimento all’esperienza del consumatore è utile non tanto per definire una nuova forma di produzione delle imprese che si sostituisce ai prodotti ed ai servizi, quanto piuttosto per segnare un cambiamento di prospettiva rispetto ad altri modelli. Focalizzarsi sull’esperienza significa, quindi, riferirsi al vissuto personale del consumatore riconoscendo il suo ruolo attivo: da un lato, egli non è considerato più un “target” come nel marketing management originale, dall’altro, si ammette l’impossibilità di conoscerne dettagliatamente il profilo per indirizzare l’offerta come si cerca di fare, sia pure con spirito pragmatico, nel marketing one-to-one4.

Il marketing orientato all’esperienza si distingue per alcune peculiarità:

Q presuppone un contesto caratterizzato da un più rilevante ruolo della domanda nella determinazione dell’offerta,

Q si rivolge alla persona consumatore con la quale sviluppare una relazione multidimensionale incentrata sul sistema esperienziale di offerta,

Q si attua secondo strategie di sperimentazione consone ad uno scenario complesso.

E’dunque in tale logica che nasce il Marketing Esperienziale, un approccio molto più completo rispetto a quello classico in cui l’impresa non si concentra più sui soli attributi fisici dei prodotti ma sull’esperienza che essi sono in grado di far vivere al consumatore. Vengono coinvolti tutti gli elementi che compongono la marca, che si trasformano da indicatori a fornitori di esperienza (Schmitt 1999).

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Come affermano Stanton, Varaldo, 1989: “ L’impresa deve mettersi in grado di adattare il proprio tipo di approccio al mercato, in funzione delle diverse situazioni e condizioni del suo concreto operare”.

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L’efficacia di questa nuova filosofia è dimostrata dalla crescente domanda di intrattenimento in tutte le componenti della vita sociale [Codeluppi 2000 e 2003] e dalla nascita di una cultura di loisir [Morin 1974].

Il Marketing Esperienziale cerca di rispondere a tutte queste esigenze offrendo alcuni strumenti teorici e pratici che presentano una similitudine di fini con quelli della dottrina classica ma se ne discostano profondamente sia a livello pratico che concettuale. Quella delle esperienze si presenta come un’offerta economica autonoma, distinta da commodity, beni e servizi, di cui rappresenta un’evoluzione nella scala del valore, garantendo la differenziazione dell’offerta e il mantenimento di margini elevati.

L’impresa dovrà quindi cercare di mettere in scena un’esperienza completa e multisensoriale che non si limiti ad intrattenere, ma che sia anche in grado di educare, coinvolgere ed estasiare il consumatore [Pine & Gilmore 2000].

L’obiettivo finale è la creazione di un’esperienza olistica, che si ottiene integrando esperienze sensoriali (SENSE), affettive (FEEL), cognitive (THINK), comportamentali (ACT) e sociali (RELATE) [Schmitt 1999, 2003]. In questa logica rivestono un ruolo decisivo non solo gli strumenti classici di comunicazione come la pubblicità, ma tutti gli elementi che rimandano alla marca e che devono essere coordinati dall’impresa per determinare l’arricchimento semantico dell’esperienza del consumatore. Per questo avranno grande rilevanza la pianificazione degli spazi, la gestione delle comunità e la creazione di eventi dedicati che avvicinino i consumatori ai valori della marca.

L’evoluzione storica del concetto di “esperienza” ha inizio alla fine degli anni ’90 con J. Pine e J. Gilmore Quasi contemporaneamente viene pubblicato “Experiential Marketing” di B. Schmitt, e, poco dopo, fioriscono altri contributi. Possiamo sintetizzare tali studi in due principali concezioni di “Customer Experience”:

§ Per Pine e Gilmore le imprese “mettono in scena un’esperienza ogniqualvolta coinvolgono i clienti entrando in contatto con loro in modo personale e memorabile. Sicché il valore dell’esperienza è dato dalla sua “memorabilità” ottenuta spesso con azioni e processi di spettacolarizzazione;

§ Per altri, tra cui LaSalle e Britton, l’esperienza ha un grande valore e suscita anche emozioni quando il cliente vive in modo eccellente, positivo, secondo e oltre le sue aspettative, senza intoppi o difficoltà, ogni momento che compone l’intero processo di relazione con la “soluzione” alla quale è interessato.

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Ovviamente le due concezioni non si escludono a vicenda. Tuttavia la prima tende a trasformare un prodotto/servizio in una esperienza “memorabile” aggiungendo perciò una fondamentale componente di valore capace di trasformare un “servizio” in una esperienza. Essa quindi implica un certo mutamento della logica di bus iness. La seconda concezione, invece, comporta un modo diverso di applicare la stessa logica di business e da esso scaturisce il maggior valore: realizzare con cura, con l’ottica del cliente, ciascuna micro-componente dell’offerta e della esperienza che il cliente può fare.

Comune a ambedue le concezioni è comunque l’idea che l’esperienza è un evento del tutto personale e che coinvolge l’individuo “a livello emotivo, fisico, intellettuale o anche spirituale”. Solo che, secondo l’accezione di LaSalle e Britton, questo coinvolgimento “totale” scaturisce dalla “eccellenza” di tutti i “momenti della verità” attraverso i quali passa il cliente.

4.4 Il consumatore post-moderno

Durante tutta la storia dell’economia il consumatore è sempre stato visto come un essere razionale che prende decisioni basandosi sulle caratteristiche tecniche dei prodotti, la loro qualità e il loro prezzo. Un simile approccio provoca una visione parziale dei processi d’acquisto prima e dei rapporti tra marca e clienti poi. I motivi che spingono all’acquisto, come dimostrato da molti studi5e dall’esperienza personale di ognuno di noi sono molteplici e spesso irrazionali. Compriamo in relazione all’umore del momento, alle sensazioni che proviamo o alle emozioni che un determinato oggetto ci suscita. Il che è largamente distante da una decisione puramente razionale.

La prospettiva esperenziale riceve un ulteriore impulso in virtù dell’affermarsi del pensiero postmoderno, che pone definitivamente in crisi gli assunti univoci di razionalità funzionale del consumatore, rimarcando la soggettività dei processi di consumo. In un contesto dove tendono a sfumare le contrapposizioni tra beni e servizi, prodotti e processi, consumatori e produttori, la nozione di esperienza di consumo viene a rappresentare l’essenza stessa del rapporto domanda/offerta e dell’interazione del consumatore con il contesto esterno. In particolare, si evidenzia che essa non può essere ridotta a mero atto di distruzione o uso di

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cose6, ma rappresenta un campo in cui si manifesta la personalità umana e la sua identità, secondo logiche non riconducibili solo alla mera funzionalità di tipo utilitaristico, ma riguardanti anche e soprattutto la sfera affettiva e relazionale.

Il marketing orientato all’esperienza diviene, quindi, un modello per interpretare le relazioni con il mercato, forse più in linea con la complessità dell’epoca postmoderna, che riconosce maggiore rilevanza al vissuto del consumatore ed alla sua capacità di autodeterminazione dell’offerta.

Appaiono evidenti i legami del marketing orientato all’esperienza con il pensiero postmoderno. In primo luogo, si prende atto del venire meno della certezza – propria invece del marketing relazionale, ma di cui ne sono già stati rimarcati i limiti riguardo al mercato dei beni di consumo – di conoscere e soddisfare in maniera mirata le esigenze del consumatori. In secondo luogo, la considerazione dell’esperienza come parte della vita stessa della persona mette in risalto il valore del consumo quale ambito in cui si può esprimere liberamente la personalità umana.

4.5 Il concetto di “esperienza”

Cosa intendiamo per esperienza? Per comprendere il reale significato dell’esperienza di consumo e l’effettivo valore del riferimento ad essa nel marketing, occorre partire dall’analisi filologica del termine e tenere conto delle critiche mosse all’approccio esperienziale manageriale.

Il concetto di “esperienza”, prescindendo dalle piccole variazioni tra un dizionario e l’altro, ha due categorie di significati7:

1. La prima comprende tut te le definizioni in cui è considerata come “fonte o effetto del conoscere” in quanto mette in evidenza una dimensione alquanto trascurata nell’approccio manageriale americano. Si mette in risalto, infatti, il valore cognitivo dell’esperienza connesso all’uso, alla pratica, all’osservazione, allo stud io o alla

6 Firat e Venkatesh, 1993.

7 Definizione di esperienza del Grande Dizionario della Lingua Italiana Utet (1968): 1. conoscenza diretta e profonda di una situazione, di una nozione, di un sentimento, di una persona (anche di sé), di un problema, di un aspetto della realtà, acquisita personalmente mediante l’uso, l’osservazione, lo studio, la consuetudine (e anche ogni singolo atto che ne consente l'acquisto); 2. pratica, perizia; 3 il contenuto specifico di tale conoscenza come arricchimento interiore; 4. maturità e sviluppo morale, intellettuale, culturale di una persona; 5 lo sperimentare, il provare; e de “Lo Zingarelli” (2001): 1. conoscenza diretta delle cose acquisita nel tempo per mezzo dell’osservazione e della pratica; 2. filos: il complesso dei fatti e dei fenomeni acquisiti mediante la sensazione, elaborati e strutturati dalla riflessione, verificati attraverso l’esperimento; 3. esperimento.

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Eccitazione Flusso Controllo Distensione Noia Apatia Preoccupazione Ansia Basso Basso Elevato Elevato Livello di abilità Livello di sfida

consuetudine, laddove non risulta rilevante la dimensione emozionale tanto enfatizzata in molti studi di marketing da essere intesa come distintiva dell’approccio esperienziale.

2. Il secondo tipo di significato definisce l’esperienza come “prova” o “esperimento” e suscita un’interpretazione probabilistica del termine “esperienziale”, più vicina alle sfumature dubitative di tipo postmoderno, in contrapposizione alla tradizionale certezza di offrire per ogni situazione le soluzioni adatte in termini di marketing mix. L’orientamento del marketing all’esperienza, infatti, evidenzia come gli operatori, nel definire il sistema di offerta attraverso il confronto con il mercato, siano soggetti ad una ricerca sistematica esposta al rischio di errore, in quella inevitabile scommessa che la complessità del consumo costringe a giocare.

La nozione di esperienza mette in evidenzia due aspetti contrari ma congiunti: il primo di passività, l’altro di attività. Alcuni elementi salienti del concetto di esperienza derivano dal riferimento alla persona ed al suo vissuto nel significato più pieno: le sensazioni, i sentimenti, l’interpretazione cognitiva, la memoria, le relazioni sociali, le azioni.

Due dimensioni principali permettono di effettuare una distinzione tra le esperienze: il livello delle abilità (skills) e il livello di sfida (challenge). L’esperienza di flusso (FLOW) si realizza quando competenze e sfida sono entrambe al livello massimo.

Fig. 4.2: La tipologie delle esperienze di Csikszentmihalyi (1997).

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Il valore personale e multidimensionale dell’esperienza è messo in evidenza anche in altre discipline. In filosofia, l’esperienza è generalmente considerata in relazione alla conoscenza. Aristotele la intendeva come un processo di unificazione che implica il sentire e la memoria, ma anche le capacità intellettive dell’induzione. Successivamente, invece, in particolare nel pensiero moderno, il concetto di esperienza è riferito alla conoscenza empirica contrapposta a quella astratta o teorica (empirismo vs. razionalismo); in altri termini, in questa prospettiva essa rappresenta la componente sensibile dell’atto conoscitivo, concerne ciò che può essere oggetto di percezione sensoriale, ossia gli oggetti che possono produrre sul nostro corpo reazioni psichiche come sensazioni o percezioni. In psicologia l’esperienza è vista come espressione di componenti diverse (cognitive, emozionali, sensoriali) riconducibili alla personalità umana, che influenzano il vissuto individuale e quindi anche il comportamento di acquisto e consumo8. Per la ricerca sul comportamento del consumatore, un’esperienza è soprattutto un vissuto personale – spesso caricato emozionalmente – fondato sull’interazione con stimoli che sono i beni o i servizi resi disponibili all’interno del sistema di consumo. Per il consumatore postmoderno, invece, consumare non è un semplice atto di assorbimento, di distruzione o di utilizzo di qualcosa. Non è neppure l’ultimo anello della catena del processo economico; è un atto di produzione di esperienze e di identità o di immagini di se stessi […]. Per arricchire e rendere affascinante la vita è necessario concedersi esperienze multiple, vissute sia emozionalmente sia razionalmente, e utilizzando tutte le dimensioni dell’essere umano. La vita deve essere prodotta e creata, ossia costruita attraverso esperienze multiple nelle quali il consumatore si immerge.

4.5.1 La gestione delle esperienze

L’offerta di esperienze comporta una serie di strategie e di strumenti autonomi rispetto a quelli utilizzati in precedenza. È, perciò, difficile distinguere tra le varie funzioni così come si è sempre fatto nel marketing classico perché le celeberrime quattro P sono ormai sostituite da un approccio unico ed integrato, pieno di sovrapposizioni e contaminazioni. Nell’economia delle esperienze non si può separare il mercato dal target, il posizionamento dalla comunicazione, perché tutto si inserisce in un’ottica più complessa, totale, dove il risultato finale è largamente superiore alla somma delle parti.

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Convegno “Le tendenze del marketing”, École Supérieure de Commerce de Paris ESCP-EAP, 21-22 Janvier 2005.

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I metodi tradizionali basati su approcci di tipo funzionale hanno da sempre fatto uso di strumenti analitici, quantitativi e verbali che, nati per soddisfare il bisogno di dati concreti e affidabili, adesso rischiano di ingabbiare la creatività e la flessibilità del processo di ricerca di informazioni. Un’analisi fondata su elementi statistici ed ancorata a rigidi modelli preconfezionati corre il rischio di fornire un quadro solamente parziale della realtà.

Calder e Malthouse sottolineano come nella visione tradizionale dell’organizzazione il marketing rappresenti una qualsiasi funzione aziendale, al pari di finanza e produzione9. L’immediata conseguenza è il pericolo di una scarsa integrazione tra le diverse funzioni aziendali, con grandi difficoltà per lo scambio dei dati e un danno consistente alla coerenza dell’offerta complessiva dell’impresa.

In un mercato come quello moderno, caratterizzato da una sostanziale omogeneità dei prodotti, a parità di altre condizioni, l’unico fattore discriminante è il prezzo. Ma la competizione sul prezzo non è un modello profittevole né sostenibile nel lungo periodo. Le tattiche di riduzione dei costi, reengineering e downsizing10 degli ultimi anni non hanno apportato nessuna differenziazione all'offerta. Anche il modello di acquisizioni e fusioni è entrato in crisi, visto che le economie di scala sono sostituite dalle economie di velocità. I tempi sembrano insomma maturi per un’evoluzione del marketing tradizionale. Come afferma Hamel “per creare nuova ricchezza, un’azienda deve essere disposta ad abbandonare la propria strada corrente…ed abbracciare un modello di business rivoluzionario”. L’economia delle esperienze, appunto.

4.5.2 “Spettacolarizzare” l’attività d’impresa

I principi fondamentali del paradigma esperienziale sono stati formalizzati da Pine e Gilmore, che definiscono l’experience economy come l’attuale fase dello sviluppo economico che segue quella dell’economia industriale e dell’economia dei servizi; in tale prospettiva, le esperienze rappresentano la forma più evoluta di generazione del valore attraverso la gestione delle attività economiche come spettacoli in grado di coinvolgere emotivamente il cliente, sia quello finale che quello intermedio. Esse si sostanziano in eventi che le imprese mettono in scena per affascinare e coinvolgere i clienti e devono essere personali e memorabili in modo da spingere l’“ospite” (il cliente) a ritornare. Per Pine e Gilmore la quota crescente di valore

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B.J. Calder e E.C. Malthouse, What is integrated marketing, in K ellogg on integrated marketing. 10

Processo strategico aziendale che consiste nel decentramento dei dati da un sistema centralizzato (grosso mainframe) verso piccoli computer della rete aziendale, al fine di ridurre i costi di gestione.

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imputabile alle esperienze rispetto alle altre forme di offerta deve indurre le imprese a “esperienziare” le cose (“ing the thing: any good can be inged”) “concentrandosi sull’esperienza che i clienti vivono usando i loro prodotti”, cioè sull’uso che il cliente fa del bene, piuttosto che sul bene stesso.

Per cogliere le opportunità offerte dall’economia delle esperienze, per Schmitt, le imprese devono adottare un nuovo approccio di marketing driven by experience, l’Experiential marketing11.

L’experiential marketing si fonda, pertanto, su quattro concetti-chiave: 1. focus sull’esperienza del cliente,

2. considerazione della situazione di consumo,

3. riconoscimento dei driver sia razionali che emozionali del consumo, 4. impiego di metodologie gestionali eclettiche.

In particolare, Schmitt distingue cinque tipi di esperienze (sensoriali, emozionali, cognitive, comportamentali e relazionali), denominate strategic experiential modules (Sem) che il marketing può creare per i clienti attraverso appositi tactical tools, i così detti experience provider (ExPro), quali:

communications, visual and verbal identity, product presence, co-branding, spatial environments, web sites and electronic media, people. Schmitt precisa, inoltre, che il reale appeal esperienziale sta nel mettere insieme le suddette caratteristiche, soprattutto creando holistic experience che le aggregano tutte e cinque.

4.5.3 Il contesto

Consiste nell’insieme di situazioni caratterizzate da alcuni fattori che possono accrescere l’imprevedibilità dei consumatori e la loro capacità di autodeterminazione dell’offerta, rendendoli, quindi, meno influenzabili dalle imprese: il maggiore accesso alle informazioni, la crescente varietà e variabilità della domanda, la creazione di comunità di consumatori (favorita molto da Internet e dall’evoluzione degli strumenti di comunicazione12), l’innalzamento del benessere.

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Alla base della sua affermazione, c’è la considerazione di tre fenomeni: l’onnipresenza dell’information tecnology, la supremazia del brand, l’ubiquità di comunicazioni e intrattenimento. Schmitt, 1999, pp. 3-12.

12

Il world wide web ha modificato drasticamente il contesto di mercato, con pesanti implicazioni per la stessa struttura organizzativa delle imprese. Innanzitutto, lo sviluppo di importanti tecnologie informatiche a disposizione del consumatore ha provocato un passaggio di potere all’interno dei rapporti economici. Con

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L’orientamento all’esperienza, dunque, è adatto a situazioni caratterizzate da:

1. elevata capacità cognitiva dei consumatori: devono esistere cioè adeguati elementi di valutazione da parte del consumatore in relazione a tutti i fattori attraverso cui l’esperienza prende forma: i bisogni/desideri, i prodotti/servizi disponibili, le imprese/filiere che li offrono.

2. sostanziale imprevedibilità dei comportamenti di consumo: l’imprevedibilità dei comportamenti di consumo è spesso ritenuta tipica della nostra epoca13, o addirittura è considerata una condizione imprescindibile dei sistemi economici. In questa prospettiva, sulla base del principio che la presa di coscienza dell’imprevedibilità del consumatore debba essere la fonte ispiratrice di nuovi approcci di marketing, si definisce addirittura il consumatore come “maître du jeu” nei rapporti con le imprese14.

Dove non è possibile prevedere le esperienze del consumatore – per il loro carattere di estrema soggettività – le imprese o cercano di condizionarne in anticipo le effettive manifestazioni, modellandone aspettative e desideri15, o lo coinvolgono nei processi di creazione dell’offerta. Nei casi in cui le imprese non sono in grado di plasmare le esperienze di consumo oppure al consumatore è riconosciuta adeguata capacità cognitiva, non resta che la seconda via. In tale situazione occorre un insieme di competenze differenziate che gene ri un sistema di offerta in relazione al quale la persona possa scegliere come vivere la propria esperienza di consumo.

Si pone, dunque, una duplice fondamentale differenza anche con l’approccio manageriale del marketing esperienziale di matrice americana. Innanzitutto, come già si è detto, cambia l’impostazione di fondo: non è l’impresa che gestisce la customer experience, ma è il consumatore che determina come vivere la propria esperienza di consumo. L’approccio manageriale, inoltre, sembra focalizzarsi principalmente sugli aspetti relativi a marca e comunicazione di maggiore impatto emozionale, mentre ne dà per acquisiti altri, soprattutto quelli relativi al prodotto/servizio.

Il sistema esperenziale d’offerta può essere definito come l’insieme di prodotti, servizi ed altri elementi del contesto, atto ad interessare più dimensioni della personalità umana attraverso l’avvento di Internet, i costi di acquisizione delle informazioni sono stati drasticamente abbattuti, tanto da ribaltare le equazioni di valore dell’economia precedente. I consumatori, adesso, sono in grado di confrontare offerte e prezzi, comunicare con altri clienti e superare le barriere della territorialità.

13 Hetzel, 2002. 14 Hetzel, 2002. 15 Varaldo e Guido, 1997.

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benefici funzionali e simbolici che il consumatore può scegliere in modo da realizzare la propria effettiva configurazione di valore. Il valore esperenziale di un sistema di offerta è tanto maggiore, quanto più si caratterizza per quattro requisiti:

1. Il coinvolgimento del consumatore è un fondamentale paradigma dell’economia delle esperienze; ed ha lo scopo di far “vivere” più pienamente le attività di acquisto e di consumo.

2. La rilevanza del valore simbolico rispetto a quello funzionale. Il riferimento ai processi mentali e sociali, infatti, serve a caricare di significati aggiuntivi prodotti e servizi, rendendoli esperienze salienti per il consumatore.

3. La plurifunzionalità di prodotti/servizi in relazione alla soddisfazione di bisogni e desideri compositi. La logica è quella di migliorare l’esperienza di acquisto o consumo integrando prodotti e servizi con attributi aggiuntivi in modo da differenziare la propria offerta e favorire la personalizzazione e la fidelizzazione dei clienti.

4. La facoltà di autodeterminazione dell’offerta da parte della persona consumatore è probabilmente il principale fattore distintivo nella prospettiva del marketing orientato all’esperienza. Essa rappresenta l’elemento verso cui convergono i requisiti precedenti, e soprattutto la condizione perché “esperienziale” sia inteso come espressione della soggettività personale, e non come semplice sinonimo di “emozionale”. È attraverso l’autodeterminazione che si realizza l’effettiva interazione tra impresa e consumatore e che quest’ultimo può effettivamente appropriarsi della propria esperienza di acquisto o consumo.

4.5.4 Le implicazioni manageriali

Il riferimento alla facolt à di autodeterminazione dell’offerta è importante oltre che sul piano teorico per interpretare i fenomeni aziendali, anche su quello operativo delle implicazioni manageriali. Nel marketing orientato all’esperienza le imprese devono rispettare specifiche condizioni concernenti le logiche di comunicazione e la definizione del sistema di offerta.

Secondo i principi fondamentali del marketing, affinché prodotti e servizi siano percepiti dai consumatori in termini differenziali rispetto alla concorrenza, devono sempre accompagnarsi ad adeguate forme di comunicazione. Esse devono attrarre il consumatore – anche attraverso leve sensoriali o emozionali – e, soprattutto nel caso dell’orientamento all’esperienza, consentirgli i descritti processi cognitivi. Pertanto la comunicazione non deve

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necessariamente cercare di sorprendere e abbagliare, come si enfatizza nell’approccio esperienziale, ma deve soprattutto far conoscere ed aiutare a decidere. Essa non può non basarsi, nel rispetto della persona consumatore, su costrutti come quelli della disponibilità di informazioni, della trasparenza, della fiducia, e in questo ambito Internet può essere uno strumento essenziale.

Infine, per applicare correttamente un orientamento all’esperienza del cliente, la comunicazione deve contribuire a creare aspettative realistiche circa prestazioni, attributi e valori offerti e, quindi, sui benefici effettivamente conseguibili nell’esperienza di consumo16.

In questa logica peraltro il marketing dovrebbe assolvere anche una funzione di consulenza e assistenza al consumatore, favorendo la migliore valorizzazione delle possibili soluzioni prospettate.

In condizioni di incertezza strutturale, le imprese sono esposte alla possibilità sistematica di errore. Questo non è evitabile a priori, ed è per questo motivo che è sempre bene adottare tutte le misure cautelative del caso. I sistemi più evoluti di analisi della domanda e del comportamento del consumatore possono essere utili per individuare e combattere gli errori, sia pure in un contesto ad elevata complessità. La duplice necessità di diagnosi e di decisione, quindi, condannano le imprese a muoversi in uno stato di incertezza che è nella natura intrinseca degli attuali scenari competitivi e di mercato. Si può dire che “la risposta a questa sfida è nella scommessa, assunta coscientemente con le sue probabilità di vittoria ed i suoi rischi di sconfitta, in una strategia che può trasformarsi in corso d’opera. Siamo costretti alla scelta ed alla scommessa; è ovvio che l’incertezza è insita nella na tura della scommessa e in quella della strategia”17.

In questo ambito possono risultare importanti le tecniche statistiche di indagine multivariata18 che aiutano a rilevare e a misurare le relazioni tra i diversi tipi di bisogni, tra i consumi correlati di prodotti e servizi, nonché tra i vari tipi di domanda e offerta.

16 Varaldo e Guido, 1997.

17

Morin, 1999. 18

Con statistica multivariata s'intende quella parte della statistica in cui l'oggetto dell'analisi è per sua natura formato da almeno due componenti, il che è spesso il caso nell'ambito di scienze quali la medicina, psicologia, sociologia, ecologia e biologia. Fanno parte della statistica multivariata metodi quali: analisi di correlazione canonica e analisi delle componenti principali, analisi fattoriale, analisi delle corrispondenze, analisi dei cluster, analisi discriminante, analisi di regressione multidimensionale.

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4.5.5 La visione teatrale dell’esperienza

Le esperienze costituiscono una terza proposta economica che si distingue dai servizi e dai beni. Nel comprare un servizio una persona acquista una serie di attività intangibili che vengono svolte per suo conto. Ma quando compra un’esperienza questa persona paga per poter trascorrere del tempo a gustarsi una serie di eventi memorabili messi in scena da un’impresa come in una rappresentazione teatrale, per coinvolgerlo a livello personale. Le esperienze non si basano esclusivamente sull’intrattenimento: questo è solo un aspetto dell’esperienza. Le aziende mettono in scena un’esperienza ogni qualvolta coinvolgono i clienti mettendosi in contatto con loro in modo personale e degno di essere ricordato. Anche le operazioni più banali possono essere trasformate in esperienze memorabili. La crescita dell’importanza delle esperienze è legata parzialmente alla tecnologia, che alimenta numerose esperienze, e parzialmente alla crescente intensità della competizione, che dà impulso alla costante ricerca di una differenziazione. Ma la risposta più completa si trova nella natura del valore economico e della sua progressione naturale da merce a bene, poi a servizio e infine a esperienza. Un ulteriore motivo per la nascita dell’Economia delle Esperienze è, naturalmente, la crescente ricchezza.

Ma quando si verifica un’esperienza? Questa avviene ogni qualvolta un’impresa utilizza intenzionalmente i servizi come palcoscenico e i beni come supporto per coinvolgere un individuo. Coloro che acquistano un’esperienza attribuiscono valore al fatto di essere coinvolti in qualcosa che l’impresa svela loro nel tempo. Le proposte economiche di un tempo restano distanti, all’esterno dell’acquirente, mentre le esperienze sono personali, hanno luogo all’interno dell’individuo che viene coinvolto a livello emotivo, fisico, intellettuale o anche spirituale. Il risultato? Due persone non possono avere la stessa esperienza – punto e basta. Ciascuna esperienza deriva dall’interazione fra l’evento inscenato e la precedente condizione mentale ed esistenziale dell’individuo. L’esperienza in sé manca di tangibilità, ma le persone danno un enorme valore alla proposta perché il suo valore si trova dentro di loro, e lì permane per molto tempo.

4.5.6 Come fare per creare un’esperienza memorabile

Ci sono alcune tecniche che possono essere utilizzate dai marketing manager per cercare di “esperienziare” un bene:

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Immersione Assorbimento Partecipazione attiva Partecipazione passiva Intrattenimento Educazione Evasione Estetica

ñ Creare un’immagine di marca che ponga l’accento sull’esperienza che i clienti possono vivere perché questa è inclusa nell’acquisto, nell’uso o nel fatto di possedere un certo bene.

ñ Produrre beni di cui hanno bisogno i registi di esperienze: crescendo la domanda di esperienze, crescerà anc he la domanda dei prodotti che consentono le esperienze. ñ Rendere rari i beni: quando un’impresa limita la disponibilità di un articolo che ha

successo, essa può trasformare in esperienza il semplice fatto di possedere questo bene.

ñ Sensorializzare i beni: aggiungendo elementi che intensifichino l’interazione sensoriale del cliente con essi. Per fare questo bisogna essere consapevoli di quali sensi influiscano maggiormente sui clienti, concentrarsi su tali sensi e sulle sensazioni provate, e quindi ridisegnare il bene per renderlo più interessante.

ñ Formare un club di prodotti: le imprese, così, possono far pagare ai clienti l’accesso ai loro beni. Costituire un club per mettere in contatto le persone, fisicamente o virtualmente, perché condividano le loro reazioni agli assortimenti o le idee su come vivere al meglio le esperienze dei prodotti.

4.5.7 Mettere in scena un’esperienza

Inscenare esperienze non significa intrattenere clienti, significa coinvolgerli. Adottando un’ottica molto operativa di marketing esperenziale, Pine e Gilmore definiscono i quattro ambiti di un’esperienza a partire dall’incrocio di due dimensioni:

Fig. 4.3: La matrice delle esperienze

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Come evidenziato dal grafico la prima dimensione è rappresentata dal livello della partecipazione fisica dei clienti. Tale caratteristica si suddivide nella partecipazione passiva, in cui i clienti non agiscono né influiscono in modo diretto sulla performance, e nella partecipazione attiva, in cui i clienti agiscono personalmente sulla performance o sull’evento che produce l’esperienza. L’asse verticale del grafico descrive il tipo di connessione o rapporto ambientale che unisce i clienti con l’evento o la performance. A un’estremità di questo spettro si trova l’assorbimento, consistente nell’occupare l’attenzione di una persona nell’attività di captare l’esperienza con la mente, all’altra estremità l’immersione, cioè il prendere fisicamente parte all’esperienza stessa. L’unione di queste dimensioni definisce i quattro “ambiti” di un’esperienza, che spesso si mescolano tra loro per formare incontri unici e personali:

1. Intrattenimento.

2. Educazione: nelle esperienze educative l’ospite assorbe gli eventi che si svolgono davanti a lui, implicando la partecipazione attiva dell’individuo. Per formare veramente una persona e aumentarne le conoscenze e/o capacità, gli eventi educativi devono impegnare in modo attivo la mente e/o il corpo.

3. Evasione: le esperienze di evasione implicano un’immersione molto più profonda rispetto alle esperienze di intrattenimento o educative. L’ospite dell’esperienza di evasione è del tutto immerso in essa, un partecipante coinvolto in maniera attiva. 4. Esperienza estetica: gli individui si immergono in un evento o ambiente ma essi stessi

hanno un’influenza piccola o nulla su di esso, lasciando l’ambiente inalterato. L’estetica di un’esperienza può essere del tutto naturale, essenzialmente artificiale, o una realtà intermedia. Ma non esiste l’esperienza artificiale: ogni esperienza creata nell’individuo è reale, indipendentemente dal fatto che lo stimolo sia naturale o simulato.

Partecipando a un’esperienza educativa gli ospiti vorranno imparare, a un’esperienza d’evasione vorranno fare, a un’esperienza di intrattenimento vorranno provare, mentre chi prende parte ad un’esperienza estetica semplicemente vuole essere lì19.

La maggior parte delle esperienze, tuttavia, si colloca a cavallo fra i confini dei vari campi. Quelle più ricche comprendono aspetti di tutti e quattro i campi, e si intensificano intorno al punto al centro del quadro.

19

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4.5.8 I 5 passi per produrre un’esperienza soddisfacente

Il percorso che deve seguire l’impresa che vuole inscenare un’esperienza, si articola in 5 tappe:

1. Tematizzare l’esperienza: attraverso la scelta di un tema ben definito, in grado di affascinare e stimolare l’individuo. Sviluppare un tema appropriato per un’esperienza è stimolante: la chiave per il successo è nello stabilire ciò che in effetti si rivelerà affascinante e coinvolgente. Cinque sono i principi essenziali per sviluppare un tema simile:

Q Alterare il senso di realtà dell’ospite. Creare una realtà diversa dal quotidiano – per fare, imparare, restare ed essere – è alla base di qualsiasi tema di successo ed è fondamentale nello stabilire un senso di luogo.

Q Gli eventi più ricchi possiedono temi che modificano completamente il senso di realtà di una persona, con effetti sull’esperienza di spazio, tempo e materia. Q I temi coinvolgenti integrano spazio, tempo e materia in un tutto compatto e

realistico.

Q I temi si rafforzano creando una molteplicità di luoghi nello stesso posto. Q Un tema dovrebbe essere adeguato al carattere dell’impresa che inscena

l’esperienza. Un tema efficace deve essere conciso e coinvolgente: troppi dettagli ne impediscono l’efficacia quale principio organizzativo per inscenare esperienze.

Naturalmente, è necessario il coinvolgimento e la partecipazione degli ospiti.

2. Armonizzare le impressioni con indizi positivi: il tema costituisce la base di un’esperienza, e l’esperienza deve suscitare impressioni indelebili. Le impressioni sono il take away dell’esperienza, ciò che si porta via con sé: la coerente integrazione di un certo numero di impressioni tocca l’individuo e quindi soddisfa il tema. Schmitt e Simonson forniscono un elenco utile, che delinea sei dimensioni delle impressioni complessive:

a. tempo: rappresentazioni tradizionali, contemporanee o futuristiche del tema; b. spazio

c. tecnologia: eseguite a mano o a macchina e naturali/artificiali; d. autenticità: rappresentazioni originali o imitazioni;

e. ricercatezza: produzione di rappresentazioni raffinate/rozze o lussuose/economiche;

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f. scala: rappresentazione del tema ingrandita o rimpicciolita.

Ciascun elemento deve sostenere il tema, e nessuno dovrebbe essere incompatibile con esso.

3. Eliminare gli indizi negativi: per assicurarsi l’integrità dell’esperienza del cliente non basta accumulare elementi positivi. Chi mette in scena l’esperienza deve anche eliminare qualsiasi cosa che impoverisca, contraddica o distolga l’attenzione dal tema. 4. Coinvolgere i cinque sensi: dal momento che, “quanto più efficacemente

un’esperienza coinvolge i cinque sensi, tanto più sarà memorabile”.

5. Integrare con oggetti di ricordo: da semp re le persone hanno acquistato certi beni principalmente per i ricordi che comunicano. Possono servire da pro-memoria ma ci potrebbero anche essere ulteriori motivazioni: per esempio, il desiderio di mostrare agli altri quello che abbiamo vissuto per fare conversazione e, magari, suscitare invidia. È un meccanismo per estendere l’esperienza stessa. Un altro modo è trasformare in souvenir personalizzati gli articoli che costituiscono una parte dell’esperienza.

4.5.9 L’importanza della personalizzazione

I clienti non si accontentano più di beni e servizi standardizzati, hanno dei gusti e delle preferenze ben definite, e sono soddisfatti quando le imprese riescono ad anticipare e produrre ciò che desiderano. Un insieme di tecnologie moderne ed interattive in rapido sviluppo permette alle imprese di venire maggiormente a conoscenza di desideri, bisogni e preferenze particolari di migliaia, e potenzialmente milioni, di clienti individuali. Più il cliente “insegna ” all’impresa, più questa riesce a fo rnire esattamente ciò che egli desidera – e più difficile sarà per la concorrenza allontanarlo. Anche se la concorrenza riuscisse a costruire esattamente le stesse caratteristiche, un cliente già coinvolto in una relazione di apprendimento, difficilmente sarebbe disposto a passare alla concorrenza, rimanendo fedele alla prima.

Le esperienze che viviamo influiscono su chi siamo, cosa possiamo ottenere e dove stiamo andando, e noi chiederemo in modo crescente alle imprese di inscenare esperienze che possano cambiarci. Gli esseri umani hanno sempre cercato esperienze nuove ed eccitanti per apprendere e crescere, sviluppare e migliorare, riparare e riformare. Benché le esperienze siano meno transitorie dei servizi, l’individuo che vive l’esperienza spesso vuole qualcosa che sia più duraturo del ricordo, qualcosa che vada al di là di quello che qualsiasi bene, servizio o esperienza da solo possa offrire.

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Con il progressivo allontanamento dell’attività economica dai beni e dai servizi, le imprese che inscenano solo esperienze – senza prendere in considerazione gli effetti che queste esperienze avranno sui partecipanti e senza progettare le esperienze in modo tale da creare il cambiamento desiderato – vedranno alla fine massificare le loro esperienze. La seconda volta che farete esperienza di qualcosa, sarà al margine meno piacevole rispetto alla prima volta, la terza volta ancora meno, e così via fino a quando non vi renderete conto che l’esperienza non vi coinvolge più come faceva un tempo. Benvenuti alla massificazione delle esperienze. Le esperienze non sono l’offerta economica finale. Le imprese possono evadere dalla trappola della massificazione attraverso lo stesso tragitto intrapreso da tutte le altre offerte: la personalizzazione. Quando si personalizza un’esperienza per renderla adatta a un individuo – fornendo esattamente ciò di cui ha bisogno proprio in questo momento – non si può evitare di cambiare quell’individuo. Quando si personalizza un’esperienza, automaticamente la si fa diventare una trasformazione, che le imprese creano oltre le esperienze, proprio come creano le esperienze oltre i servizi, e così via. Una trasformazione è ciò che la persona fuori forma, la persona emotivamente turbata, i giovani manager, il paziente in ospedale e l’impresa in difficoltà, tutti desiderano veramente. Le imprese sono maggiormente in grado di ottenere un effetto duraturo sull’acquirente attraverso la messa in scena di una serie di esperienze piuttosto che attraverso un evento isolato.

4.6 Il sacrificio

Il sacrificio comporta una rinuncia per il consumatore che può determinare un impoverimento globale della sua esperienza. Le imprese, dal canto loro, possono modificare o meno il prodotto in sé (le funzioni di un bene o le dimensioni di un servizio) o la rappresentazione del prodotto (la sua descrizione, la confezione, i materiali di marketing, il collocamento, o qualsiasi altra cosa esterna al bene o al servizio stesso). Tali scelte strategiche producono 4 approcci differenti alla personalizzazione:

1. personalizzazione collaborativa: l’esperienza di esplorazione. I clienti si sacrificano quando sono costretti a prendere decisioni difficili e multidimensionali del tipo o…o. L’incapacità di risolvere questo trade-off con offerte prodotte in massa spinge molti clienti a rivolgersi a coloro che attuano la personalizzazione di massa, utilizzando la personalizzazione collaborativa, ossia un processo attraverso cui un’impresa interagisce direttamente con i clienti per determinare ciò di cui hanno bisogno e poi lo

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produce. Cliente e personalizzatore così determinano insieme il valore che può essere creato. Il personalizzatore rinuncia a parte del controllo del processo, permettendo al cliente di partecipare direttamente alla decisione e anche a parte del lavoro di set-up. 2. personalizzazione adattiva: l’esperienza della sperimentazione. Si verifica quando ai

clienti vengono presentati troppi prodotti finiti o troppi componenti ed essi devono imbarcarsi in un pesante processo di selezione. Il rimedio, in questo caso, potrebbe essere rappresentato da un approccio di personalizzazione adattiva, consentendo al cliente una personalizzazione del bene o del servizio secondo i suoi desideri.

3. personalizzazione cosmetica: l’esperienza gratificante. Questo terzo approccio presenta un bene o un servizio stand ardizzato in modo diverso a clienti diversi. Il prodotto non è personalizzato o reso personalizzabile, bensì un’offerta standard è confezionata in modo particolare per ciascun cliente. In tal modo ogni cliente ottiene l’esperienza, gratificante per il proprio io, di vedere l’articolo personalizzato: “solo per lui”.

4. personalizzazione trasparente: l’esperienza sfuggente. Quando i clienti devono ripetutamente svolgere lo stesso compito o fornire le stesse informazioni, vanno incontro al sacrificio di dover ripetere ancora. La personalizzazione trasparente, in questo caso, potrebbe fornire un’offerta su misura ai clienti singoli, senza fare loro sapere in modo esplicito che essa è personalizzata per loro.

Ciascuno dei qua ttro tipi di personalizzazione si rivolge a un tipo diverso di sacrificio, ma ciascuno agisce come base per un tipo distinto di esperienza. Spesso è necessaria una combinazione di approcci per rivolgersi a elementi complessi di sacrificio.

Figura

Fig. 4.1: Il modello “Prodotto-centrico” e “Cliente-centrico”
Fig. 4.2: La tipologie delle esperienze di Csikszentmihalyi (1997).
Fig. 4.3: La matrice delle esperienze

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