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IV TEMPI DI GUERRA 1

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Academic year: 2021

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IV

TEMPI DI GUERRA

1 “Al quel momento s’era tutti fascisti” Regime e democrazia

Il Regime, come è noto, si preoccupava di plasmare coscienze e costumi di tutti i cittadini fin dalla più tenera età. Le donne che qui raccontano sono per lo più nate negli anni venti e sono state dunque nutrite a pane (poco) e ideologia (molta) per questo, non avendo fatto esperienza, fino al 1945, di una realtà socio-politica differente da quella proposta dal fascismo, affermano che non si rendevano conto delle limitazioni della libertà personale. La consapevolezza ha luogo solo col “senno di poi” o, in qualche caso, allo scoppio della guerra. È il caso di segnalare come per qualcuna di loro la capacità critica sia tutt’ora allo stato embrionale

Chiara: Che cosa si faceva da Giovani Italiane? Maria C: Eh, s’andava a scuola, a scuola s’andava!

Chiara: Le Giovani Italiane fino a che anni era più o meno? Maria C: Mmmm… non mi ricordo

Chiara: Ragazze, ragazzine forse

Maria C: Eh, perché io andavo a scuola, avo fatto la quinta e, e dopo ho fatto l’avviamento professionale, sicché ho fatto altri tre anni, come ora fanno le medie, io feci

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Chiara: Quindi fortunata, perché non era da poco…

Maria C: Eh, sì! C’avevo sempre i miei, eh, mi tenevano bene. Però nel periodo del fascismo non, non sono stata male, dico la verità. Chiara: Perché uno forse non si rendeva conto

Maria C: No, no, è tutto venuto dopo. Io le dico la verità: un poinìno, poininìnino [pochino] di memoria [nel senso di “bei ricordi”] di quel tempo mi è rimasta, a me sì. E, perché ero bimba, ho conosciuto quei, quella cosa lì.

Renzo: Come maschi era, si partiva da Figlio della lupa, poi dopo veniva Balilla, Balilla Moschettiere e poi dopo Avanguardista, e poi Giovane Fascista, questa era la gradazione delle varie associazioni, ‘nsomma, del fascismo.

Chiara: (rivolta a Maria) E invece con le donne com’era?

Maria M: E era: Piccole Italiane, Giovani Italiane, e… non me lo ricordo, basta così. Come vestito…

Renzo: (ride) E poi col coso che… a Roma è andata la tu’ mamma… Maria M: Ah, quello erano le Massaie Rurali

Chiara: E cosa erano le massaie rurali?

Maria M: Ma… dovevano esse’ come contadine,diciamo, no?

Renzo: Sì, sì, le donne con le donne colone fecero un’assemblea a Roma

Maria M: A Roma, Mussolini, andarono tutti a Roma, erano ‘ontente matte! ‘un andavano mai a punti posti! [in nessun posto] (ride)

Renzo: Poi, ecco, no, il fatto del fascismo… Maria M: Noi se n’è sentito poco, però, eh! Noi. Renzo: S’è visto dopo, cos’era il fascismo! Chiara: Ecco, quand’è che vi siete resi conto…

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Renzo: éramo anche contenti

Maria M: Eh, io avevo un vestito io, c’aveva anche la mantella grande che io ‘un ce l’ho mai avuta perché ‘un avo sordi (ride), e questa dopo, è stata ancora dopo prestata… era, era bello, si stava bene

Chiara: Sembrava d’esse tutti uguali Maria M: ‘nsomma in quei momenti lì…

Renzo: E poi per esempio il sabato pomeriggio si doveva andare alla Casa del Fascio, no? E si faceva…

Maria M: Ecco, quello si “doveva” eh!

Renzo: Guai, perché sennò se ‘un ci s’andava lo comunicavano alla scuola e incideva nel voto

Chiara: E invece le bimbe al sabato?

Maria M:Io ‘un me lo riòrdo ‘osa si faceva, anche noi alle volte s’andava, si faceva… delle girate, però ‘un è che mi ricordi molto… Maria M: A quel momento…

Renzo: A quel momento s’era tutti fascisti, ‘un mi vengano a dire… anche quelli che poi dopo sono diventati comunisti, no? che…

Maria M: No! Presempio al mi’ nonno gli levarono il garofano e lo picchiarono, no? Tutti tutti no, ma i più sì [erano fascisti]. Sì, aveva, aveva un garofano, ‘un so avevano fatto una festa, aveva un garofano rosso e gliele dettero. Questo, questo sì.

Renzo: Anch’io mi sentivo fascista, mi sentivo proprio perché Mussolini diceva: “Non è giusto che l’Inghilterra, la Francia, abbiano le colonie, sfruttino le colonie e noi siamo poverini” eccetera...

Maria M: [Mussolini] ‘un era mìa partito tanto male eh! Poi ha fatto tutte le cose…

Anna M: Noi eravamo sempre inquadrate, io, io, come me altri, in modo particolare essendo la figliola della maestra, la maestra o

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volenti o nolenti, quello era l’insegnamento scolastico e… in casa come le ho detto io in precedenza prima di tutto che mio babbo non ebbe mai la tessera (ride) E io invece ero prima Piccola Italiana, poi Giovane Italiana

Chiara: Seguendo tutte le tappe

Anna M: Seguendo tutte le tappe, andavamo il sabato la sua nonna non so se il suo [mio] bisnonno ce la mandava, poverina. Io ero capo manipolo delle Giovani Italiane, sì, capo manipolo, ma si riduceva a questo: d’andare il sabato, proprio il sabato fascista, di andare su al comune, poi partivamo dal comune e c’era tutte inquadrate con la capo manipoli, dato che io avevo avuto l’esperienza d’andare giù [in colonia a Marina di Pisa] dicevamo “Uno, due, uno, due, uno, due, passo…!”

Chiara: Anche le femmine

Anna M: Certo! Certo! Si faceva ‘ saggi ginnici, questo sì… prima, prima però, saggi ginnici e una volta mi ricordo lo facemmo in piazza della chiesa, proprio davanti la chiesa, una volta, più di una volta andammo a Vicopisano, a Vicopisano c’era la direzione didattica de delle scuole elementari, e ‘nsomma andavamo con la carrozza, ci portavano a fare questi saggi ginnici in qua e in là, perché il duce, c’era l’istituzione in modo particolare della ginnastica.

Chiara: Lei è vissuta durante il tempo del fascismo, cosa si ricorda? Auretta: c’era il sabato, c’era, ci vestivamo da Piccole Italiane, con la divisa, era blu e la maglietta bianca, la camicetta bianca, sì. Si faceva qualche marcetta, si camminava insieme, così qualche cosa.

Chiara: E quindi non s’andava a scuola

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(…)Chiara: Del fascismo cosa ricordate?

Fortunata: Quando s’andava a scuola, prima piccini, poi Italiane e Piccoli Italiani bisognava… e poi quando si cresceva, allora via via c’erano le feste, bisognava le Italiane vestite come le Piccole Italiane con la gonnella a pieghe

Rosina S: Nera

Fortunata: O blu, la camicettina bianca. Le ragazze invece, e gli òmini invece il sabato bisognava

Rosina S: I ragazzi andavano a fare istruzione

Fortunata: A istruirsi. Poi via via si sentiva parlare il duce, allora c’era un posto

Rosina S: C’era la radio

Fortunata: Con la radio si sentiva allora

Rosina S: A volte ci si portavano giù alle scuole, quaggiù da Rosa, dove sta Gino di…

Chiara: E invece la casa del fascio? Qui ci stava? Qual era la funzione della casa del fascio?

Rosina A: La casa del fascio... Eh dunque c’era questo centurione, sì, c’era questo segretario del partito fascista, erano un po’ quelli tutto fare,no? Poi il sabato, perché il sabato fascista si diceva a quel tempo là, allora venivano riuniti tutti questi ragazzi dovevano andare al corso militare si diceva, no? Chi mancava guai, chi mancava guai! Una volta Venturino mio marito un sabato ‘un so per quale motivo mancò e il secondo sabato se la trovò, si trovò anche la tirata dagli orecchi! Venturino…!

Patrizia: Eran tutti ragazzini eh, balilla... Rosina A: Ragazzi di quindici, diciott’anni.

Patrizia: Quando andava a scuola te l’ha detto doveva vestire…? Chiara: Col grembiulino?

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Patrizia: No… Cosa portavi a scuola? La divisa fascista?

Rosina A: Eh, tutti ci s’aveva secondo l’età si partiva dalla divisa delle, delle piccole italiane, come si diceva, poi c’erano le giovani fasciste, io c’avevo un mantellone mi sembravo un prete! (ridiamo) Patrizia: E andava a scuola con la divisa fascista..

Rosina A: Obbligatorio eh! Obbligatorio…

Chiara: Ma ve la forniva la scuola o dovevate farla voi?

Rosina A: Eh dovevamo pagarla, altro che forniva la scuola! Eh! Ce le procuravano ma bisognava pagarle. Sì, la camicetta bianca, la cravattina nera, la gonnellina nera e la mantella sopra, e noi sembrava d’esser principesse! E poi in caso quel pacchettino… (tocca la testa) quel baschettino via! E quando dicevano la domenica c’è festa in piazza, no? allora ci facevano andare tutti vestiti così poi si faceva il corteo... Eh un po’... Il dittatore di quel tempo. E se uno mancava era preso un po’ d’occhio, non era preso d’occhio i figlioli, ma era preso d’occhio i genitori che dicevano non ce li mandavano, no?

Chiara: Magari uno era perché non poteva permettersi, magari anche di comprare la divisa fascista...

Rosina A: E da quel momento là, pensar che il mi’ suocero era stato purgato dai fascisti perché era un antifascista dichiarato e pensare che il su’ figliolo come mio marito diciamo, dovè andare perché poi se mancava…(fa il gesto della tirata d’orecchi)

(…)Rosina A: Becchi e bastonati si diceva... Becchi e bastonati, infatti si diceva che era una dittatura, che era un dittatore, ‘nsomma… Avea fatto tante cose bone anche lui certamente ha fatto le sue buone perché insomma a quel tempo là qualche cosa di buono avrà fatto anche lui, Mussolini diciamo, però poi ha fatto l’ultima che non gliel’hanno perdonata, a far la guerra con... Insieme ai Tedeschi,

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prima ad esempio anche sul lavoro, le ducent’ore l’aveva fatte lui, le ferie,vero? Erano state messe, ‘nsomma… Un po’ di bene e un po’ di male!

Chiara: Come quasi in tutto...

Rosina A: Come quasi in tutte le cose. Tutti fanno bene e tutti qualche cosa sbagliano. Anche in questi di oggi qualcuno fa bene e... La solita persona un po’ fa bene e un po’ fa male, ‘nsomma gli sbagli vengono fatti da ambo le parti... Un po’ di qua, un po’ di là, certamente ognuno va bene che ha la sua idea però bisogna vedere che idea si difende, almeno difendiamo... Il rango in cui siamo. Sono parole mia!

Chiara: Poi alla fine uno deve difendere quella che ritiene la parte lesa oppure... Il proprio rango appunto.

Chiara: E com’era la vita durante il fascismo?

Paola: Mah, era ‘ome ora, per me era come ora, cosa le dicon, tutti ‘osì?

Chiara: quand’è il momento che uno col fascismo non ci sta più? Palmira: Da quando erano cominciati i partiti, da quando sono cominciate queste cose qui perché prima non… qualcuno si è ribellato ma io ‘un me lo ricordo

Mario: No, perché successe che Mussolini finchè… Palmira: Finchè non era andato ‘n guerra era tutto bene

Mario: Erano tutti cont<enti>, andava tutto bene, quando poi successe che le cose, io lo sto scrivendo ora un opuscolo, che cosa successe? Che quando cominciò ad essere un po’ di crisi, diciamo io sono stato un allievo come altri giovani, il Sandroni il…

Vincenzo [il nipote]: Se Mussolini non entrava in guerra ci s’aveva fino al settanta!

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Palmira: La più colpa ce l’ha avuta il re!

Palmira: E sennò tutti i sabati i ragazzi, i ragazzi, dalla Chiesa, alla pieve, fino a Certosa, andavano avanti ‘ndietro, avanti ‘ndietro, avanti ‘ndietro, tutti quanti e guai chi non c’andava!

Chiara: E le bimbe invece che facevano? Palmira, Mario: Niente!

Palmira: Solo i maschi, e chi non c’andava venivano anche puniti eh! Mario: Ci facevano marciare, eh! Ci dettero, ci dettero un moschetto Palmira: Squadristi, squadristi erano!

Vincenzo: No, nonna! Non eran squadristi, non dir sciocchezze per cortesia!

Mario: Perché quando ci fu la guerra d’Affrica, contro l’Abissinia, no? il paese era tutto con loro eh! Tant’è vero che a scuola c’avevano date puere delle cartine, con tutte Eritrea, Somalia e Etiopia, laddove con delle spille e delle bandierine, ci si mettevano sopra, in casa tutti, l’avanzata che veniva fatta fino a Addis Abeba e s’era tutti indottrinati

Palmira: Eh, però c’era degli uomini, de vec<chi>, più grandi di noi che erano contro già il fascismo

Mario: Per esempio il mi’ babbo era Fascista per andà a giocà a tombola

Palmira: Prima della guerra davano già l’olio di ricino

Mario: No, ma quello dopo, durante la guerra, dopo la marcia su Roma, via Palmira, facevan le purghe! Chiamavano i Pipisti, del Partito Popolare

Palmira: Prima della guerra questo, no?

Mario: Nel ventidue! Quando Mussolini ha fatto la marcia su Roma! I famosi squadristi eccetera eccetera.

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Anna M: A parte che quando è il momento più bello, nei diciott’anni, nei diciannov’anni, quando dovevamo godere un po’ la vita della gioventù, cioè, eravamo sotto il regime fascista, questo si capisce, nel ventidue, l’anno che nacqui io, di settembre, e di ottobre…

Chiara: Pronti via il fascio

Anna M: Ecco, pronti, e tutte eravamo inquadrate, nonna se lo ricorderà bene, perché vede per esempio quella foto lì, eravamo con la GIL, era la Gioventù Italiana del Littorio,eravamo, andammo giù a Marina, io, Marina di Pisa, io ci sono andata due anni prima di loro, perché essendo figliola della maestra non è che avessi le più possibilità, era necessità di casa mia, già che c’era questa cosa che dava facilità di poter prendere il mare, e mi ci mandarono, poi dopo io feci un po’ di propaganda con queste amiche, insomma, e vennero anche loro, a parte c’è da tener presente che io ci andavo e ci stavo “abbastanza” volentieri (fa un gesto con la testa come per dire “non troppo”) i primi anni, poi dopo mmmh, insomma, cominciai un po’… E loro non so se finirono ora non ricordo se erano una quindicina o mensile o venti giorni, non me li ricordo, ‘nsomma s’ebbe occasione d’andà lì e questo quando eravamo bimbe.

In quanto Italiani, si era “caldamente invitati” a manifestare il proprio attaccamento alla Patria anche privandosi, all’occorrenza, persino di oggetti personali carichi di valore affettivo o necessari per svolgere le normali attività domestiche. È l’inizio della misteriosa storia dell’oro di Dongo

Chiara: E quando il duce chiese le fedi nuziali?

Milena: Eh! E la mi’ mamma gliela dette per prima, perché aveva [paura] mamma mia, se ‘un gliela dava… E ‘nvece la mia socera ‘un

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gliela voleva dare, la mia socera no, ci s’era fidanzata, ava ragione, no no non gliela voleva dare. Lei dice: “Io la fede non gliela voglio dare” e poi lì c’ho un po’ il rimorso perché noi ‘un gli si comprò più, ni si poteva riomprare io e ‘l mi’ marito, e invece ‘un gli si comprò più, e tenne sempre quella fede lì [la fede sostitutiva] proprio senza pensarci, ecco, perché la mia suocera è morta nel sessantadue, quindi c’era tempo. Però io le ho voluto tanto bene, l’ho avuta tre anni, quasi quattr’anni ferma eh, proprio, proprio ferma e [non] voleva altri ‘he me, e c’ava anche la figliola eh, ma lei diceva ‘un c’ava garbo. (…) è stata una donna grande, n’ho voluto tanto bene, lei di più

Chiara: Proprio come una figliola

Milena: Di più, perché la figliola l’aveva ma…

Chiara: A un certo punto il duce chiese le fedi nuziali alle donne Anna M: Certo! In casa mia, le fedi, il rame, la lana

Chiara: Ma anche la lana?

Anna M: la lana: “un pugno di lana toglietelo dalle vostre materasse” questo è l’insegnamento che veniva fatto, allora io, dato che ho avuto la fortuna sfortuna sotto certi aspetti, andai anche a questa raccolta, dovetti andare a questa raccolta, con un carretto, e di ricevere, come giusto era, cattive risposte perché non tutti erano propensi a levare un pugno di lana. La fede, la fede, tutte le donne, la mia mamma e il mio babbo andarono a portà la fede al Comune che venivano raccolte tutte queste fedi, la mia nonna disse: “Mi dispiace, ho perso mio marito che avevo ventisei anni e questa che mi ha dato lui non gliela do!” e non gliela dette, però stavamo con la paura, però la mia mamma gliela fece togliere, gliela fece mettere da parte perché

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Anna M: Che non gliela vedessero. Poi ci fu la raccolta del rame, allora, deve sapere che prima nelle case c’era, in tante case, nella mia anche, c’era un attaccarami, un attaccarami dove c’era tutte le teglie di rame che generalmente servivano per fare le schiacciate pasquali, schiacciate di Pasqua, e noi ce n’avevamo tante perché la mia nonna l’aveva ereditate dalla suocera insomma, sì, e ce n’avevamo parecchie e si dovettero dare tutte

Chiara: Tutte!?

Anna M: Tutte! Addirittura anche le brocche dove andavamo a prendere l’acqua, e si dovette comprare dei secchi, e delle brocche di alluminio di roba che facevano…

Chiara: A non le davano in cambio?

Anna M: No! noi si dovevano dare, basta. Perché ha sentito parlare del tesoro di Longo [Dongo] perché non solo le fedi le donne, ma anche gli orecchini, se c’avevano una catenina, tutto. Furono… questo tesoro di Longo non è mai venuto alla luce ma da qualche parte è andato perché non è stato fuso l’oro, addirittura tutto quell’oro che fu preso dagli Ebrei… è stato fatto proprio delle cose… Chiara: E il valore affettivo oltre che il danno economico

Anna M: Valore affettivo (annuisce), allora poi gli furono date delle fedi di alluminio, di alluminio, di acciaio, sostitutive che il mio babbo non se lo volle mettere mai.

Chiara: Ma c’è qualcuno ancora, sa, che tiene le fedi di alluminio Anna M: E sarà qualcuno ancora dei fedeli, fedelissimi.

Chiara: Si ricorda c’è stato un periodo in cui si chiedevano le fedi alle donne?

Asia: E anche quella s’è data! Diamine! Ma mìa solo quella! Le brocche ‘ome quelle là, si sono date per la guerra, e in più c’è stato anche e mariti, mi’ marito s’è fatto sett’anni di guerra ‘onsecutivi,

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poi prese la malaria, ma sta’ zitto, va’! per l’amor di Dio! Diamine! Prendilo un biscottino! E ‘nsomma, o bimbi, è così, la mi’ vita è questa.

Chiara: In un certo periodo il duce aveva chiesto alle donne di donare la propria fede.

Rosina A: Anche quella è stata brutta…sì, anche quella è stata brutta perché…tant’è vero che dicevano: “Ma cosa vogliono vincere la guerra con le fedi delle donne?”, ‘nsomma,no? Io mi ricordo che la mi’ mamma lo comprò l’anello, disse: “Il mio non lo prenderanno mai!”

Chiara: Sicché prese un altro anello e gli dette quello!

Rosina A: Comprò un anello, glielo dette, mail suo no, dice: “Il mio non si tocca”, ‘nsomma l’offrì lo stesso perché ‘nsomma chi non l’offriva poteva anche uno dire: “Io l’ho perso, non ce l’ho”. E in cambio dettero un affarino di… Metallo, s’eran d’argen… No, non era certo d’argento, sarà stato tipo alluminio, non lo so…

Chiara: Dopo l’oro hanno chiesto il rame…

Rosina A: Poi hanno chiesto le cardaie, chi c’aveva le teglie, chi c’aveva…

Patrizia [la nuora]: Eh ma la gente le rimpiattava ‘n terra!

Rosina A: …le brocche… Lì anche la mi’mamma le dette eh, perché era una famiglia che ci s’aveva mi ricordo du’belle teglie così, di rame…e poi ci s’aveva che siccome si faceva, a quel tempo là si faceva il bucato con la cardaia, un paiolo molto grande, poi ci s’aveva quello che ci faceva il sapone, c’avea quello che faceva le ricotte, ‘nsomma, e due o tre di questi paioli li dette sì, con queste due belle teglie che a me, quelle mi dispiace guardi, a volte si mettono alle pareti, belle belle lucide sì, presero l’oro, presero questo

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rame ma io non so se qualcuno poi ci si è arricchito… (ride) Non facciamo cattivi pensieri eh!

Chiara: ma venivano a cercare in casa o…?

Rosina A: Ma anche la lana, Patrizia, ti sembra d’aver sentito di pensare che anche della lana cercavano, che qualcuno aveva levato la lana dalle materasse per dargliela... Eh mi sembra, Patrizia…

Patrizia: Io quello non… Io ho sempre sentito dire dalla mi’nonna no? Le teglie di rame, le brocche di rame, che quelle ci volevano e tanti le rimpiattavano con la paura che le venissero a prendere... Però poi con la paura venissero a fa’ i sopralloghi…

Rosina A: Qua…Qua dove stavo io che si va ‘n Venezia c’era si diceva la casa del fascio, no? C’era la casa del fascio che riguardava Montemagno ‘nsomma e c’era... Stava qui, questa casa qui guardi; e c’era il segretario fascista, aveano portato là una damigiana, una damigiana no? E questi anelli li buttavano giù dentro, una damigiana piena d’anelli (sorride) Eh… E qualcuno a volte diceva che dove saranno andati a finì quegli anelli, ‘nsomma… Uno l’ha fatto a buon fine, poi se uno ha imbrogliato affari suoi... è meglio non fare cattivi… Siccome poi oggi non c’è mai da meravigliarsi di niente di nulla di quello che viene fatto perché viene fatto un po’di tutto! (sorride)…Via

Nonostante gli sforzi del Regime, l’adesione non era per tutti spontanea e convinta, per alcuni era più un fatto di convenienza. I grandi slanci di passione politica a favore del fascismo sono considerati gesti da sempliciotti o da sprovveduti. Il giudizio delle donne non è certo più benevolo per gli oppositori del Regime che sono ritenuti incoerenti o addirittura opportunisti

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Milena: [il marito] era una persona religiosa perché la mi’ socera aveva un fratello sacerdote, quindi da una famiglia di religione, perché anche io non l’ho quella religione che aveva mia mamma perchè la mia mamma diceva al tempo di guerra che, allora ‘ comunisti, ‘nsomma, qui hanno sempre vinto loro, no? diceva: “Io se…mi dicessero che i cristiani li bruciano ‘n piazza io sarei la prima a farmi bruciare” la mia mamma aveva questa religione qui, eh! Poi sono entrata in una famiglia lo stesso tanto religiosa, la mi’ socera aveva un fratello e un cugino prete, mi son trovata bene, la mi’ suocera mi ha adorata, tant’è vero ha lasciato tutto a me.

Rina: E poi venne... per un po’ di tempo venne l’incubo dei… Dei cosi... Che scendevano da’monti... Come diceste si chiamavano? Chiara: I partigiani.

Rina: I partigiani.

Chiara: Perché andavano a cercare…

Rina: I Fascisti! I fascisti… E siccome nonno Rigoletto, s’era… pe’ prendere, perché il fascio dava due milioni... See! ...dumila lire allora erano duemila lire alle perzone che... Agli squadristi, e allora lui si fece segnare, ma non era andato alla marcia su Roma. Si fece segnare per avere le duemila lire... (ride) e risultava segnato sicchè per un periodo, almeno una settimana o due gli toccò stare nascosto.

Milena: Io non ero fascista. Il mio babbo non era fascista. Perché il mio babbo non era fascista per una cosa perché uno di Montemagno era comunista e poi uscì fuori il fascio... L’indomani lo fecero… E quando era comunista… Il mio ba <bbo>, la mi’ zia, che poi andò via, la sorella del mio babbo, si stava, si abitava a Montemagno,

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aveva una bottega ‘un so nemmeno se era una bottega perché poi, era un salotto dove aveva le sigarette, sai, vendevano i cotoni, così, ‘nsomma, a quel tempo, i bottoni, queste ‘ose qui da poco, e lui come comunista gl’andarono a buttar dalla finestra tutta la roba. Ma siccome era un tipo di quelli che non aveva paura [il padre], purtroppo, e lui andò avanti, comprò tutta la roba, e la vendevano quasi a niente, la roba della mi’ zia e l’indomani lui quello comunista lo fecero segretario del fascio e il mi’ babbo disse, si chiamava Peppino [il neosegretario del fascio], c’aveva ‘na cooperativa e il mi’ babbo dice: “Come? Io mi devo segnare nel fascio? Ieri era, avan fatto alla mi’ sorella questo e oggi è fascista?” No, il mi’ babbo non ci si segnò, però noi s’ebbe tante, tante ‘ose che… Tanti problemi, ecco.

(…)Milena: Quando arrivavano gli Ameriàni, gli Americani fu una gran festa eh, perché ci dettero la luce subito, e quindi, ci venivano a veglia da noi perché noi cis’aveva quella [lampada] a olio, i Titoni venivano a veglia da noi, appena arrivarono gli Americani ci dettero subito la luce, allora tutti quelli che abitava<no>, allora io stavo nella Corte, erano tutti comunisti, però all’Ameriàni n’andarono tutti incontro eh! E invasero le case eh, però, noi ci misero, sì sì, su dove ci s’aveva il granaio, levaro tutto ‘l grano loro e ci misero cinque o sei Ameriàni

Chiara: E si paga la liberazione, mica è gratis!

Milena: Sì, sì, è vero. Poi cioccolate ci dettero, di tutto.

Valentina: Ma eravate senza luce perché i Tedeschi avevano tagliato i…?

Milena: …senza luce, si viveva… la luce noi l’abbiamo vissuta a lume di candela, eh! La candela e olio, ‘ lumini a olio, quello lo sa la mamma [in realtà intende dire “nonna” e si riferisce alla nonna di Valentina]. E noi ci dettero subito la luce, e cioccolate così (fa il

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gesto di tirare) caramelle, e i figlioli, te lo immagini, nella Corte. No ma qui tutti a abbracciare l’Ameriàni, e poi invece poi son diventati tutti comunisti nella Corte c’era proprio la piccola Russia

Valentina: Sì! L’ho sempre sentito dire della piccola Russia

Milena: Noi s’era soltanto tre famiglie nella Corte: Begliuomini, Titoni e noi. E poi i Lupetti ma tegamiggiavano [“offrivano i loro servigi” ad entrambi gli schieramenti politici] un po’... Sgonnelli lo stesso non erano comunisti però ci tenevano Famiglia Cristiana, in quel tempo Vita Nova a quel tempo, Vita Nova e ci tenevano anche il giornale comunista, ce l’avevano tutti e due, dice c’avevano la bottega dice: “Noi bisogna farlo”. Però i begliuomini no, Fausto no. E io no, io leggevo proprio Vita Nova a quel tempo perché le suore me lo portavano a me. E noi ci s’aveva scritto qui (indica la fronte) che eravamo così perché il cugino di Adolfo [il marito] era onorevole e quindi veniva con lo stemma della Democrazia Cristiana, ci portava la su’ mamma da noi e quindi noi non si poteva dire che ‘un s’era comu… che ‘un s’era democratici, ecco.

Anna M: Alla sua nonna gli ricordi Costantina Chini. Su’ babbo fu uno stùpito [stupido], gli piaceva emergere, no? E quando fu proprio il canto del cigno, no? Lui volle fare il segretario politico, quel cretino! Ma l’ambizione è tale… E fece il segretario politico, naturalmente fu, fu proprio il canto del cigno, per finire il loro potere, e dovettero scappare su al nord.

Aldilà delle proprie reali convinzioni chi non sosteneva almeno formalmente il Regime, diventava sicuro bersaglio dei soprusi di coloro che si erano guadagnati un posto nella gerarchia delle istituzioni fasciste

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Milena: ‘nfatti dicevo sempre al mi’ marito: “Te eri fascista e ci strappasti anche i cosi, i manifesti” diceva lui: “Ma sei scema? Io ci venivo a ballà!” e ‘nsomma…

Chiara: Perché? Che manifesti strappavano?

Milena: Perché noi quando si face<va>, si prese poi la bottega, poi si venne giù si fece, si prese, si ‘omprò, esta bottega, e pe’, solo pe’ carnevale si faceva ‘ balli, ballare e all’ultimo era la pentolaccia, no? e s’attaccava ‘ manifesti per dire che… e questa volta proprio, il mi’ babbo, mi ricordo che era già, aveva già ordinato le paste, perché si faceva le quadriglie in quel tempo e poi ‘l cavaliere portava la signorina a mangiare una pasta e insomma, ‘un sembrava vero, e allora il mio babbo non essendo fascista aveva già era già preparato tutto, addobbata tutta questa sala perché venivano ‘ giovani, c’era tanti giovani anche lì della Corte e venivano a addobbare la sala, no? Tutto ‘l banco, tutte le paste e poi, ci sarà state aranciate, non so nemmeno, o vino, era un rinfresco e qui chi offriva di più e chi offriva meno. E quando alle tre noi si partì con la mia mamma e con la bicicletta, sai mìa con la macchina, e s’andò a Pisa per ritirare questo permesso, quando io arrivai rimasi a guardare le biciclette perché a quel tempo le rubavano (…) e quando s’ andò a prendere questo permesso la mi’ mamma rimase a guardà le biciclette e… quando arrivai allo sportello disse: “Signorina ma lei s’è dimentiàta che il su’ babbo non è fascista? E quindi non può avere…” e noi la sera si doveva ballare, capito? E c’era già tutta la roba, e noi qui a casa dice: “Non è fascista e non può avere questo permesso”. E allora si ritornò a casa in bicicletta e allora il Cerrino, lo avrai sentito rammentare, no? Noi siamo stati anche dal su’ figliolo tante volte a... Su ’ laghi, è professore, che c’ha la casa sempre, no? E allora si

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arrivò a casa e il mi’ babbo disperato era! C’era tutta la roba tutta pronta poi ‘ coriandoli, stelle filanti, si vendeva di tutto este robe qui, e allora il Cerrino partì, prese la bicicletta e partì e andò lui e disse: “Cerri Giovanni non è fascista, Cerri Cerrino è squadrista” e ritornò col permesso. Capito? Quindi il mio babbo, per il mio babbo si buttava via tutto, eh! ‘n si poteva ballare perché sempre venivano… e questa sera venne due di Caprona, vi immaginate io avevo incignato… ‘un era mìa come ora se ‘un c’avevo uno vado di là e ce n’avevo dieci [vestiti] come ce l’avete voi, e io avo incignato una gonnellina blu con una maglina rossa e blu, di quelle fatte così, l’aveva fatta ‘na calzettaia, questa maglina mi pareva d’avere chissa ‘osa e (fa il gesto di annodarsi qualcosa al collo) che faceva la cravatta, sai? E quindi, e venne questi chiamarono il mio babbo e dissero: “La su’ figliola c’ha la maglina rossa e nera? Di’ di levassela perché noi tra un’ora si ritorna, se non se l’è levata si butta all’aria tutto”. Il mi’ babbo non era fascista… per una maglina io ‘n ce l’avevo mìa artre, ‘un ce n’avevo mìa artre eh! ‘un ischerziamo eh! Mi pareva d’averci chissà cosa d’aver indignato (ride)! E infatti il mi’ babbo venne, mi chiamò, dice: “Ma io –dice- cosa guardo di cosa la maglina...” e io lì davanti facevo: “Guardi che non è rossa e nera, è rossa e blu, è blu!” “Per me è rossa e nera” disse, anche lui poi diventò comunista, di Caprona ma però ne lo feci sapere eh! Dopo tanti anni ne lo feci sapere eh!

Chiara: Ha fatto bene!

Milena: Diventò segretario, quando poi ritornò al comunismo, ritornò su

Chiara: Ha saltato sul carro del vincitore

Milena: Eh, è stato quello che m’ha fatto levare la maglina, lo dissi proprio alla su’ moglie, eh! (…) io la trovai lì che andava dal su’

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e ora è comunista! -ni dissi- mi fece levare una maglina che a quel tempo c’avevo quella lì sola” gli dissi proprio alla su’ moglie, si zittì, rimase sai un po’ ‘osì

Chiara: E poi cosa s’è messa addosso?

Milena: Eh, mi misi ‘na maglina rosa, che me l’ava portata la signora De Parsò [?] che venivano dall’America, no? Una maglina rosa, bellina, perché ero bella io! (ridiamo) ora vi faccio ridere! E mi ci misi una vestaglina che si portava ‘n bottega, ‘un c’avo niente, no, ma poi la maglina era sbracciata, allora me la potevo mette’ con la gonna e basta.

Valentina: Ma poi la maglia non te la sei più potuta mettere?

Milena: No, non me la misi più poi, eh, se n’è passate eh! Se invece babbo fosse stato fascista, e ‘nfatti il Cerrino disse: “No, lei la tiene [la maglia] e poi ci sto io sulla porta” no, ma il mio babbo me la fece levare

Chiara: Non si sa mai, era pericoloso

Milena: Era pericoloso, sì. …E poi niente, mi sono fidanzata, mi sono sposata e poi sono vecchia ora.

Chiara: Episodi durante il fascismo qui a Calci?

Auretta: Ne son successi parecchi, sì, ma non mi ricordo, tante cosette son successe, la gente li purgavano, li davano l’olio…

Chiara: Allora eran tanti i fascisti qui? Auretta: E ce n’era parecchi.

Anna M: C’era il fascio che essendo maestra [la madre] volenti o nolenti doveva seguire, sia la mamma, sia i figli, sia… E mio babbo invece non gli riuscì mai di prendere (ride) la tessera, non gliela davano! Non gliela davano, ma no che mio babbo avesse fatto … Non era che si occupasse per niente di politica ma, forse avrà fatto

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qualche espressione e non sarà andata a genio a, a ‘ capi, e ‘nsomma la tessera del Fascio non la potè avere MAI.

Chiara: Addirittura? Anna M: Addirittura.

Chiara: Che poi era anche un guaio non aver la tessera del Fascio Anna M: E sì! E dovete adattarsi poi a andà da’ frati a… Lui faceva il sarto e, ma sa, il sarto in quel tempo vestiti nessuno se li faceva, chi è che, che, aveva la possibilità? E se qualche paio di pantaloni poteva cucirli, prega Dio che gli pagassero la fattura! Allora a quel punto lì potè avere la “fortuna” di prende’ tre soldi proprio, di entrare lì dai frati a Certosa, era un lavoro umiliante, umiliante molto, perché doveva, era un lavoro che lo umiliava, doveva attaccare le toppe, allora s’attaccava le toppe alle tonache dei frati e ai lenzoli dei frati e ‘nzomma era un lavoro che lo umiliava ma d’altra parte…

Chiara: Come chiedere a un pittore di far l’imbianchino

Anna M: Poi c’era che venivano a visitare la Certosa e poteva ‘nsomma portando i signori a visitare la Certosa che, le parti che poevano esser viste, poi alla fine c’era chi gli dava una mancia, chi no, ‘nsomma, per racimolà qualcosa perché la famiglia era grave, eravamo sette persone e…

Chiara: Tante bocche da sfamare

Anna M: Tante bocche da sfamare, certo! E poi naturalmente venendo la guerra venne ancora, vennero ancora maggiori sacrifici, questa venne che, come già le ho detto prima, che io avevo già diciotto anni.

Anna M: Giuliana il su’ babbo era fascista, era di quelli che picchiava. Il su’ babbo era fascista, era di quelli sempre col Fez, era di quelli che picchiava il su’ babbo, sì. E poi, questo non è che si

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stava male che poi insomma è morto andarono in casa di quest’òmo c’era un attaccarami pieno! Pieno di rami!

Chiara: Guarda caso…

Anna M: Guarda caso, Madonna, mi venne in mente subito il rame, fra loro fascisti… erano pezzi grossi, “pezzi grossi” era un pezzo piccolo perché era contadino, ma era, approfittavano proprio di gente ignorante, di gente ignorante per mandarla a fare (fa il segno di “botte” con la mano) era questa povera gente che per l’ignoranza che avevano andavano e picchiavano “vai picchia tale, vai picchia tale!” Chiara: Erano mandati

Anna M: Erano mandati, erano mandati ma lo facevano anche volentieri.

Chiara: Dei tempi del fascismo che cosa si ricorda?

Giuliana: Eh, mi ricordo, sì, allora era un po’…’nsomma, ‘l fascismo mi riòrdo sempre di quando facevano… picchiavano, sì, c’era un po’ di… qualcuno, eh, no tutti! C’era anche chi era fascista e erano persone per bene, non è detto che tutti quanti, ma insomma, e, erano un po’… sì… (espressione contrariata) confusionisti, diciamo! Si sente dire eh, eh.

Chiara: Sicché anche qui a Calci successe…

Giuliana: Eh, sì, qualche baruffella l’avran fatta anche qui a Calci. No, ‘nsomma, ma ‘nsomma qualche cosa sì, un po’ di rancore poi c’era stato fra altre… ‘nsomma fra fascisti, comunisti… Sì c’era stata un po’...

Chiara: Sì, sapevo, mi hanno raccontato qualcosa, che hanno bruciato la casa di un socialista

Giuliana: Sì, Sì, ecco, quello era… però di chi era esta casa ‘un me lo riòrdo. Sì, sì, poi picchiavano e facevano andà ‘n carcere, qualcosa… Chiara: Li facevano andare in carcere?

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Giuliana: Sì, sì, a volte sì.

Asia: E poi lo, lo chiamarono anche al Fascio, lo picchiarono, mi’ padre

Chiara: Sì?! Ma qui a Calci?

Asia: Eh! (annuisce) qui a Calci! E quelli che non avevano fatto male, quelli che erano fascisti, non han fatto nulla! E quell’altri (fa il gesto “botte” con la mano) l’han passata brutta anche con quelli che erano in montagna, no? Che guardavano il paese. Eh,era tutto un macello!

Chiara: Come mai l’han preso i fascisti?

Asia: Perché i fascisti, il Fascio c’era! Mi’ padre, dov’è i carobinieri [carabinieri] a Calci c’ha fatto i viaggi eh!

Chiara: Sì?!

Asia: Ah, no!? Pe’ fa’ questo Fascio, capito? E poi l’hanno picchiato anche! Comunque, lasciamo perde’, perché sai, lui era un po’ ribelle, un po’ svelto, sai, ‘on le mani, e la gente con le mani, oh, ‘un voleva mìa! Mio fratello Carlo, marito di Ermolada, che lo conoscevi, quando è andato a lavorare alla Fìatte [FIAT] a Marina, eh, lì, anche lui c’entrò, gli dette un cazzotto il fascistone che c’era, che è morto, ora ‘un mi ricordo come si chiama, capito? C’è però ‘ figlioli, la moglie ‘un so se è morta, pare di sì, stava a Livorno, e voglio ditti che anche lì ‘l mi’ fratello tutti ‘giorni ‘ndava, vedi, quando uno torna di soldato, si sa, cercan lavoro per mezzo anche di, di, che c’è, che c’è anche ora, lì a prendere nota pe’ segnassi perché ‘un hanno lavoro, a parte ora c’è anche sui giornali, chi vòle, no?

Chiara: Il collocamento, insomma?

Asia: Sì, sì, sì. E voglio dire, e c’andò, dice: “Guà!” appena lo vide dice, aveva il banco no? Dice: “Vieni qua te Possenti” dice:

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“Ah!-fascistone e ni dette uno schiaffo [il fascista al fratello] e lui chiappò, ni dette un cazzotto, andò dall’altra parte del tavolo! Lesti lesti ni va quelli, i carabinieri, a prenderlo e portarlo dentro, dice: “Guardi eh, io vengo dentro, ma il primo è stato lui! Mi chiama, io mi credo mi dia un nome per andà a lavorare perché tornati siamo tornati di guerra ora, s’ha bisogno di andare a lavorare pe’ guadagnà qualcosa pe’ mangiare” ‘nsomma oh, e ci fu anche il processo e lo vinse il mi’ fratello! Eh, oh, perché aveva torto, oh, c’era pieno così fòri lì dove c’era il mi’ fratello, che andò a di’: “Ah, proprio te Possenti!” andò lì e quello gli da’ uno schiaffo. Quell’altro fu svelto: un cazzotto e and di là dal tavolo, e dice: “Oh, e mi son difeso, eh! Io vado per lavoro, ‘un vado mìa pe’ picchiammi!” eppure, oh, anche lì, guarda, ci si stava male eh! Guardate che, ‘un esiste la vita che uno ha passato ‘n tempo di guerra! Perché faccio a volte quando vedo la Gerusalemme tutti e… ecco, cosa lo fanno a fa’? è finita la guerra, figurati, si sbudellano per i partiti, via! Ma che mondo è diventato? Io ‘un lo riònosco da quando ero bimba io! Ci credi? Ti dìo la verità, sai, anche, proprio chiara, sai? Non m’importerebbe di morì subito, anche ora, no? Da quante ne ho passate!

Patrizia [la nuora]: Poi ci stava un gerarca fascista lì, nel castello lì… Rosina A: eh, quello che dissi… lo andò a prendere quel babbo... Quel figliolo che era purgato…

Chiara: Sì sì sì… Non mi ricordavo di questo fatto...

Rosina A: Anche Quello lì, in tempo del fascismo c’era questo gerarca che magari lui non andava, lo dissi vero? lui non andava ma mandava e allora mandava a purgare questi fascis... Questi che non erano fascisti... Non fascisti, gente venuta fuori dal primo socialismo ‘nsomma e furono purgati i campi e glielo dissi che avevano bruciato anche le case a Castelmaggiore… Sì.

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(…)Rosina A: Durante il fascismo successe tante cose brutte. Il mi’socero fu uno anche che fu purgato.

Chiara: Allora anche qui ci sono stati episodi…

Rosina A: Ma che si scherza davvero? C’erano le bande, bruciavano anche le case a Castelmaggiore. Fu… Bruciaro la casa a uno che era un po’… Un po’ rosso e loro erano neri, ‘nsomma. Parliamo come se noi [io e lei] non si fosse né rossi né neri.

Chiara: No no, va bene…

Fiorella: Però ‘nsomma, neri no.

Rosina A: Però ci sono stati tanti casi brutti, brutti, brutti, brutti. Qui, qui. Ci sta una villa che c’era un signore che era veramente un po’… Muzio, fascista, fascista, fascistone, era un fascistone. Lui non andava però mandava.

Chiara: Quindi peggio anche!

Rosina A: Lui non c’andava, era pero ‘l mandante, però mandava. Chiara: Erano in tanti i fascisti qui?

Rosina A: Allora a uno qui di paese una volta a Ezio della Brise, ‘nsomma, al su’ babbo, gli mandarono i fascisti, bussarono la sera a casa, presero quest’uomo e li fecero ‘ngoiare l’olio di ricino. Lo purgarono. C’era ‘na signorina in casa, la figliola, Laura si chiamava, aveva le mestruazioni. Lo spavento di questa cosa gli andarono via le mestruazioni e non ci fu più verso di venire. ‘Nsomma questa figliola fu la su’ morte. Fu la su’morte.

Chiara: Per lo spavento così grande?

Rosina A: Ma scherza davvero? Una branca di gente, manganelli… Chiara: E come mai? Cosa aveva fatto quest’uomo?

Rosina A: Nulla, soltanto per essere comunisti. I primi tempi del fascismo, del socialismo, ‘nsomma, nei tempi là, nel ventuno, ventidue, ventitré, ‘nsomma,quel tempo là.

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Fortunata: A quel tempo lì al fascismo eramo abituati, si sopportava, siamo nati sotto il fascismo! E chi si ribellava? Pochi si ribellavano! Chiara: C’è un momento in cui uno diceva che non gli stava più bene il fascismo?

Fortunata: Sì, diamine!

Rosina S: Quando cascò il fascismo!

Fortunata: Quando cascò il fascismo, vennero fuori tanti, anche chi lo faceva per forza specialmente, d’andare ai comizi, d’andare a queste riunioni, ‘un ci s’andava…

Rosina S: Sì, infatti li picchiavano, i gran Fascisti, quelli che erano contrari, e c’erano quelli che ‘un volevano esse’ fascisti, allora picchiavano, picchiavano i fascisti

Fortunata: Picchiavano forte! Gli davano l’olio di ricino a bere, per forza,

Chiara: Ma erano persone di paese però! Rosina S, Fortunata: Diamine!

Fortunata: Generalmente…

Rosina S: Poi c’era quello fascista proprio di… e poi quello che fascista non era, era contrario, allora quei fascisti purgavano questi che non erano fascisti. E poi la sera dicevano, la sera se andavano fòri, dicevano: “Vai a letto! Te ‘un ci devi sta’ qui!” e quello bisognava prendesse la cas<a>, sì, la strada…

Fortunata: Sulle botteghe a chi non gli garbava li mandavano a letto e sennò picchiavano. Co’ manganelli

Rosina S: E comandavano loro!

Gina: E sotto casa vostra dettero fòo alla casa d’Arrigo Rosina S: Tò!

Fortunata: ‘un me lo riòrdo… Gina: Viaa! Ai genitori di Alfa… Rosina S: No, ma mìa allora…

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Fortunata: No ai genitori! A Marietto, no sotto casa nostra, dove stava Marietto

Gina: Eh! Sì ho detto, così, per esse’ più vicini!

Rosina S: Ma lo sai quando successe? Quando è nato Osvaldo, Osvaldo è nato nel ventidue

Chiara: Chi è Osvaldo?

Rosina S: Il mi’ cugino, quello lì che t’ho detto che è morto nel novantuno

Gina: Ah, non fu…?

Rosina S: La notte che gli bruciarono…

Gina: Ah, non fu appiccato dal fascismo, allora? Rosina S, Fortunata: Sì! Diamine!

Fortunata: C’era il duce, nel ventidue! Gina: Ah! Ah!

Fortunata: Noi ‘un ci s’era

Rosina S: La mi’ mamma stava davanti a Sara Gina: Ah, ecco!

Rosina S: La mi’ mamma stava davanti a Sara Gina: Allora si è sentito dire!

Fortunata: Ecco!

Rosina S: La mi’ mamma stava davanti a Sara, si levarono di notte si sentì un urlìo, e erano a da’ fòco a esta casa

Chiara: E come mai le dettero fuoco? Rosina S: E perché quelli non eran fascisti Gina: Perché facevano quello che volevano loro! Rosina S: Per fanni spregio…

Fortunata: Eran contrari al fascismo…

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Fortunata: O qualcuno gli avrà fatto qualche sgarbo… bisognava ubbidire eh!, cosa dicevano loro bisognava ubbidire, “credere obbedire…

Rosina S, Fortunata: …e combattere!” era scritto da tutte le parti Chiara: Dove era scritto?

Fortunata, Rosina S: Eh, ne’ muri! Rosina S: Ne’ muri delle case!

Fortunata: Ne’ muri delle case, degli edifici, era nei muri, dove si chiamava ir Fascio, era un edificio pubblico, “credere obbedire combattere” certe parolone così!

Le molteplici arroganze dei fascisti, vengono al limite malsopportate ma mai dimenticate. Come si suol dire “la vendetta è un piatto freddo” e chi si è dovuto piegare aspetta il momento più opportuno per restituire il favore

Chiara: Ma dopo che è finita la guerra, mi domando, che in un paese si sa chi è da una parte, chi dall’altra, nessuno si è… a me sarebbe venuto da vendicare, ora patisci tu quel che ho patito io…

Anna M: Sì, venne! Venne! E se la nonna se lo ricorda, perché tanti pezzi grossi del Fascio scapparono su al nord, scapparono al nord Chiara: Anche di qui di Calci?

Anna M: Anche di qui di Calci. Alla sua nonna gli ricordi Costantina Chini. Su’ babbo fu uno stùpito [stupido], gli piaceva emergere, no? E quando fu proprio il canto del cigno, no? Lui volle fare il segretario politico, quel cretino! Ma l’ambizione è tale… e fece il segretario politico, naturalmente fu, fu proprio il canto del cigno, per finire il loro potere, e dovettero scappare su al nord, quando ritornarono, questo Carlino Chini, Guido Cei, lo Scaramelli, ‘somma tanti che erano pezzi grossi qui del Fascio di allora, scapparono su al

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nord, quando tornarono sia i partigiani, sia le persone che la pensavano diversamente da loro, e che potevano vendicarsi, a uno mi pare fosse il maestro Scaramelli, mi pare ma ora non ricordo se era lui o se era questo Guido Cei, lo nerberarono bene bene e poi gli fecero votare [svuotare] che allora c’era il pozzo nero a tenuta, gli fecero votare il pozzo nero

Chiara: E lui zitto!

Anna M: Eh! A quel tempo lì! ci fu la ribellione, ci fu una ribellione, e come se ci fu!

Asia: Allora quando è finito questa guerra, mi’ padre un giorno va a sapere che era questo Meucci [ad aver fatto la spia], e era il macellaro, ma non quello che c’è ora, sono i nipoti di quello che ora è nella Corte che ora ha la bottega di macelli, ‘un so come si chiama quello, su’ nonno aveva la bottega di macelleria e stava lì nella Corte e lui seppe mi’ padre che era stato lui e sicché gli disse: “Sudicio! Spione! Sei una robaccia te! Bisognerebbe ammazzatti! –gli disse- e qui e là e sotto e sopra” oh, e lui ni dette uno schiaffo, mi pa’ ni dette un cazzotto e sicché lì finisce la, la banda, e sicché lui lo denunciò, lo chiamarono anche i fascisti, “Era un fascista – disse- e se volete ve lo dìo anche a voi, mi ci mandò e ‘ Tedeschi a prendere la vacca che era della mia sorella, si vede lo sapeva e ha fatto la spia! E ‘un si fa cosi! -dice- si porta rispetto a una persona” era un òmo diritto, preciso per pagare sempre, quelle cose guai! Un debito guai! Gli dicevano: “Possenti [il padre] ha ‘ quarini [quattrini] !” e ‘nvece ‘un ce l’aveva mìa ‘ quarini, ‘n ce n’era quarini! Si viveva giorno per giorno, uhm! E con tanta miseria e a sta’ attenti a quello… se una ‘osa, se questo bicchiere si poteva comprà si comprava sennò si ‘un si faceva nulla, si faceva così prima!

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Anna A: E ‘l mi’ babbo una notte lo rincorrevano lassù, allora stàvamo dove sta Brezza, l’hai visto dove si va sul Serra? Io stavo prima lì e poi dentro al… comu… Dio bono… al mulino, al mulino lì in quella chiostra, sai? Ma di sotto, lì dove sta Brezza, c’è una casa col cancello, e c’era un borgonaio come c’era… mi’ babbo tornava col cavallo e c’era questi, questi che lo cercavano, capito? Lo cercavano perché lui non era, non era fascista, e lo cercavano, eh, allora lui che fa? Si rimpiatta in fondo a questo borgonaio [dove casca l’acqua dalle pale del mulino], e quest’altri, poi li sentiva, facevano: “No, è andato di lì! No è andato di là!” sicché questo lì zitto. Poi dopo un po’ se ne andarono, quando videro che ‘un c’era risultati se n’andarono. Allora alla mattina allora c’era il podestà, l’hai conosciuto te (rivolge la parola all’amica Manola)? Il podestà, no? ora c’è il sindaco, prima c’era il podestà. Allora il mi’ babbo va lì, sòna e viene il podestà e ni dice: “Guardi che io vado per le strade e siccome c’ho sei figlioli c’ho da, da mantenè ‘ figlioli, da portanni da mangiare, e ‘un do noia a nessuno e ‘un voglio nemmeno esse’ nemmeno annoiato, perché ieri sera a me, mi cercavano… Li sentivo” e allora ni disse, sai il mi’ babbo, ‘ce: “Se mi risuccede – dice- ‘un vado a cercà le pecore eh! E vengo dal pastore!”

Chiara: Sicché era lui che li mandava evidentemente… Anna A: ‘apito? E il mi’ babbo, sai, ‘un era mìa di quelli… Chiara: Era bello coraggioso il babbo!

Anna A: Eh, coraggioso!dice: “Io ‘un cerco le pecore, cerco ‘l pastore!” come di’ che ce li manda! Poi dopo ‘nsomma, picchiavano e… ‘nsomma facevano delle ‘ose, ma neanche che fosse Mussolini che ne li ‘omandava: c’erano questi… Zelanti, questi che ni garbava di fassi, fassi vedere ‘nsomma.

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Anna A: E ‘nsomma bisognò che si ‘almassero, sennò… eh, dopo venne i comunisti e… ‘nsomma, ‘nsomma, c’è stato tutti esti cambiamenti e guarda, ‘un siamo mìa meglio nemmeno ora! (ride) sempre uguale eh! Perché, ora magari, ma lo vedi, si ammazzano, rubano, spaccano! È tutto un mondo finito ora! Eh! È un mondo che così ‘un si può più andà avanti. Perché alcune notti si cominciava anche a avè paura perché vanno anche a letto a ammazzà le persone a… l’addormentano, ni rubano, è una ‘osa vergognosa eh! Eh.

Rosina A: Poi per esempio c’erano due fratelli, che uno militava coi partigiani e uno mentre... Era un repubblichino, due fratelli, e sai chie? Paolo Consani, ha fatto anche un po’di prigione qui, qui a… E passata la guerra, passata la guerra presero un pochino il sopravvento questi antifasciti diciamo no? e allora non so se... Come un campo di concentramento e questi repubblichini chiamarono e ce li misero per qualche mese, ‘nsomma così, ‘nsomma, no ma grande prigione, non la prigione ma un po’ di prigione, una soddisfazione quasi un po’…

C’è poi un caso controverso: una donna venne rapata ma la paternità del gesto risulta di difficile attribuzione

Anna A: Eh, del periodo del fascismo, anche quello si trovavano fascisti, a una donna del Colle la tosarono tutta. Iolanda.

Chiara: Come la tosarono, perché?

Anna A: Di Niccolò, Iolanda, perché… perché non era fascista. Ni levarono tutti ‘ capelli.

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Chiara: E poi come atti di disturbo (dei fascisti) non se ne ricordano granchè?

Maria C: No. No.

Chiara: No, perché mi hanno detto qualche pestaggio… poi una donna rapata a Montemagno

Maria C: A Castelmaggiore, no a Montemagno Chiara: A Castelmaggiore

Maria C: Sì, a Castelmaggiore,

Chiara: Che non so però chi fosse lei né come successe Maria C: La raparono.

Chiara: Ma perché era rossa?

Maria C: No, no! Perché era fascista! Era fascista

Chiara: Invece mi avevano detto che invece era perché era rossa e l rasarono i fascisti

Maria C: (è perplessa)

Chiara: Non so, forse ho capito male io…

Maria C: No, lei era fascista, e allora i comunisti l’hanno rapata, i comunisti, sì, sì, sì. Stava qui vicino a me [quindi alla Pieve]. Sì. Chiara: Anche qua, mi pare, a Castelmaggiore una signora la… Anna M: La pelarono

Chiara: Ma era anche lei fascista la signora, vero?

Anna M: Fascista, una del Colle, fu rapata. E poi c’erano le spie dei Tedeschi che in generale erano le ragazzine, queste, ce n’erano due che stavano lì a Cappetta, che erano e poi dopo vennero (fa il gesto “rapate”)

Alla fine della guerra le donne sono finalmente chiamate a votare prima per il referendum e poi per le elezioni politiche. Nonostante l’organizzazione

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dell’unico seggio lasciasse un po’ a desiderare creando file interminabili, le Calcesane adempiono al loro nuovo diritto-dovere.

Tra tutte le intervistate, Milena si distingue per il suo zelo politico

Milena: E la prima volta io ho votato subito! Anzi, ero dell’ultime perché ci portavo tante donnine anche eh! Perché prima ci…

Valentina: Una donna dalle mille risorse, proprio!

Milena: E ma io quando… la prima volta che io parlavano i… Gronchi, no? io la prima volta mi disse: “Me la fa lei una domanda?” me la scrisse, diamine, e io la feci, e mi riardo mi’ marito andò via da Livorno, fece al teatro del fratello della mi’ cugina, la Gran Guardia che c’è sempre ma ora ci fanno dei magazzini perché morto lui Fortunato, avava tanti… era tutta sua via Ricasoli, aveva tre figlioli, figliole, poi n’ebbe uno extra coniugale…

Valentina: E ‘nsomma facesti sta domanda? A Gronchi?

Milena: Sì! E il mi’ marito nemmeno ‘un c’era e nemmeno la mi’ cugina. Dice: “E poi se ti sbagli?” “ ‘me mi sbaglio? Se mi dà le… da leggere poi a cena feci ride’ tutti, e ni feci ‘na domanda, lui m’aveva fatto un segno, che io lui non mi aveva risposto a una domanda, io l’avo letta tutta la domanda però lui non m’aveva risposto a, a una domanda, e quando mi disse lui io lessi e mi dice: “Soddisfatta?” s’era d’accordo eh! No! perché lei ‘un ha… a una domanda non ha risposto” Dice: “Sì, signora?” allora dico: “Guardi gliela rileggo” e disse: “Grazie bella signora!” e io feci: “Grazie a lei!” mi chiamò bella, quindi (ride)… e allora dopo a cena ‘nsomma mi dissero che… dissi: “Via, poi mi date il voto eh!” e lui disse che ero stata bravissima e il mi’ marito mi dette sette, dìo: “Ora sette mi dai poìno! Ma dammi anche otto, magari, la prima volta” e poi l’ho

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fatto da tutte le parti, eh, che interpellavo, non l’ho mai fatto al mi’ cugino [politico anch’egli] perché sapevano che ero la su’ cugina, eh, e invece a Togni l’ho fatto tante volte, a Gronchi, a Battistini a Pisa l’ho fatto una volta…

Valentina: E alle votazioni che donnine portavi a votare?

Milena: E poi c’era queste donnine poverine che, era peccato a levalle del letto, eh! Mi riòrdo ci portai la mamma di Ghegga ava ‘l figliolo ‘n Russia, e allora diceva: “Mi porta dal mio figliolo, sì, sì, vengo, vengo!” poverina, era peccato guarda fare queste cose qui, portalle via… ma il primo tempo s’era attaccati, però ‘un abbiamo mai vinto a Calci

Chiara: No eh?

Valentina: No, la Democrazia Cristiana…

Milena: Sempre sinistre. Quindi anche stavolta…sono le sinistre che… questa volta però ‘un mi garban punti, nemmeno Berlusconi a me ‘un mi garba, Casini mi piace eh, però… No, io siccome a sinistra non ho mai votato, abbiate pazienza eh! Ho sempre votato a destra e quindi… ‘nsomma, non è più l’ideale di quel tempo, capito?

Anna M: Nel quarantasei che ci furono le votazioni del Repubblica o Monarchia

Chiara: Lei votò?

Anna M: Certo! Sì, avevo già l’età, e mi ricordo che mia mamma andammo alla messa in Certosa, quella cappella che è fuori, prima i frati dicevano la messa alle sei al mattino, e quando sortimmo dalla messa andammo a votare Monarchia o Repubblica, allora eravamo talmente invasati col re, con il re, che, insomma, la maggior parte delle persone, tra le tanti noi, votammo monarchia Monarchia, a quel punto lì già il mio marito aveva incominciato a, a scrivere, nel quarantasei cominciò già a mandare qualche lettera, e mi ricordo che

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mi mandò, mandò dice: “Penso che tu non abbia votato per la Monarchia, perché…” dopo me lo spiegò perché non si poteva scrivere quello che volevamo perché era censurato, no, c’era la censura, tant’è vero mi sono arrivate tante lettere che conservo ancora tutte quelle lettere che c’era… Venivano lette proprio addirittura c’era…

Chiara: Cancellate?

Anna M: Certo! Cancellato, coi neretti, allora c’erano, cancellato da non capire cosa il prigioniero poteva dire, ecco, capito? Comunque, questo me lo ricordo bene, dissi: “Madonna! Io ho votato Monarchia, come faccio a dire?” gli riscrissi la lettera e non, non gli dissi niente, non accennai alla faccenda.

Chiara: meglio parlarne poi a quattr’occhi

Anna M: Comunque aveva ragione perché prima meno male, e poi perché dice: “Noi prigionieri il re nemmeno ci ha… Nemmeno una parola ha espresso per noi disgraziati che eravamo in balia dell’onde”. Ritornando al discorso delle prime votazioni, lei sa come è fatto il paese, si votava soltanto nella sala municipale, nella sala municipale, han fatto i primi seggi che non si sapeva nemmeno che cosa volesse dire “votare”, per lo meno io. Allora lei deve sapere che la sala era su, c’era la coda quando noi arrivammo, io e mia mamma, a votare, mi ricordo che aspettavamo lì davanti ai carabinieri perché dalla sala su, la fila per andare a votare! Perché non c’era organizzazione, non c’era niente, e una giornata così da perder tempo, per votare.

Chiara Che emozione però votare per la prima volta!

Anna M: Sì, sì, fu… ma non si sapeva nemmeno che cosa volesse dire!

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Rosina A: Eh, altro che! Nel millenovecentoquarantasei, io alle prime votazioni che hanno fatto sono stata…ci sono stata io, e se voto quest’anno è il sessantesimo anno che vado a votare. Monarchia o repubblica erano le votazioni, monarchia o repubblica e io mi ricordo si votava alle scuole qui comunali di Calci sicché una domenica mattina una fila che dalle scuole arrivava fino giù alla strada a tre quattro, tre quattro, si andò all’otto per tornare a casa a mezzogiorno, le prime votazioni…

Patrizia: Poi era la prima volta che votavano le donne!

Rosina A: Sì, era la prima volta che si votava, io ho avuto l’onore d’esser fra le prime. Quest’anno faccio proprio…che viene dopo le nozze d’oro?

Patrizia: Di diamante!

Chiara: E come si veniva riconosciuti, si aveva un documento?

Rosina A: Sì diamine! Documenti, tutto in regola come ora, bisognava avere il riconoscimento per presentarsi a votare.

Chiara: E come si aspettava il risultato?

Rosina A: E poi chi era entusiasta per la repubblica si esaltava, chi era per la monarchia rimase un po’ a rigroglione [sic. Deluso?]. Come ora magari, se vince uno quello gioisce, quell’altro abbassa un po’ l’ali.

Chiara: Solo che ora magari si rimane davanti alla televisione a vedere.

Rosina A: E allora s’andava dove s’era votato, scrutinarono le cose, così la gente tutt’intorno…

Chiara: Finalmente era una cosa di tutti!

Rosina A: Sì sì, veramente sì, poi c’erano i comizi in piazza e allora si andava proprio a sentire quello, poi dopo del comizio di un partito… Per esempio in piazza qui a Calci c’era un terrazzino là sopra davanti…

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Chiara: Dove c’è il comune?

Rosina A: No, quell’altra piazza di là, dal giornalaio, venivano fatti in quella piazza lì davanti alla chiesa, c’era un terrazzino, c’è sempre? Poi quando finiva il comizio uno e montava quell’altro vedevi sgombrare la piazza e ci andava tutti i simpatizzanti dell’altro. Chiara: Ah, perché era uno dopo di quell’altro!

Rosina A: Sì, era ognuno per conto suo, difficilmente che uno ascoltava quello che diceva quell’altro, tanto ormai l’idea era quella ‘nsomma.

Chiara: In paese ci si conosceva anche tutti…

Rosina A: Sì poi a quel tempo là chi era per esempio…socialista diciamo era comunista perché appena finì la guerra erano rimasti veramente buoni fratelli diciamo, mentre oggi si sono sparpagliati, non si capisce più, quello è di qui, quello è di là… A quel tempo là c’era la democrazia cristiana, socialisti, comunisti, erano tre o quattro…repubblichini ‘nsomma, un po’così… ‘Nvece oggi ce n’è venticinque! Tanti tanti! Il solito socialismo tutti divisi, il solito comunismo tutti divisi… Uno arriva fino lì, quello va avanti più in là…

Chiara: E quindi ognuno si fa il suo partito. Da una parte è meglio perché uno ha più scelta e ha un partito dove si riconosce di più, dall’altra però…

Rosina A: Sì però io di’o che tanti partiti sono sciupa-partiti perché poi quello c’ha il tre, quattro per cento, quello ‘nsomma invece mettendoli un tutti uniti verrebbe un po’ più forte, tanto da una parte che dall’altra.

(…)Rosina A: Al tempo delle prime votazioni la gente, quelli che si sentivano un po’ su, la bassa breve, la bassa breve non si dice, io dico... Il basso ceto! Eh... venivano comprati con un chilo di pasta,

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signorotti tendevano di comprare le persone col voto [intende dire: compravano il voto]. Qui nella la strada che si va a Calci, noi si diceva il colonnello Coli, non so se te l’ hai sentito dire, ma era un signorotto di quei tempi diciamo e la su’ moglie era di quelle che si interessava parecchio di questa...

Chiara: Di questa propaganda elettorale?

Patrizia: Della democrazia cristiana era. Era democristiana?

Rosina A: E diamine, la mamma di Corrada! E questi poveri mandavano i bimbi a bussare a questa porta perché ci trovavano il ninnolo ‘nsomma, un panierino e qualcosa, che poi dopo le votazioni un bel giorno questa signore gli disse: “Bimbi, dite alla vostra mamma che le votazioni ormai sono passate!” (ride)

Chiara: Be’ è stato onesto tutto sommato!

Rosina A: Le famiglie stavano qui a Rezzano, famiglie di cinque, sei figlioli, brancatelle, che poverini magari gli mancava sempre qualcosa, genitori senza un lavoro, senza un lavoro fisso, andavano lì e prendevano un chilo di pasta, un chilo di zucchero, qualcosa... E questa donna, questa signora una volta gli disse: “Dite alla mamma che le elezioni son passate!” ‘Un pò durare a vita! (ride)

Patrizia: Tutto il mondo è paese! Chiara: Da sempre poi…

Patrizia: Da sempre, sì.

Chiara: Soltanto che forse ecco, prima c’era questa cosa che uno era onesto, lo diceva, basta, son finite le elezioni vi ho preso in giro, vi ho comprato, invece ora... Ora fan finta di niente…

Rosina A: Oggi forse lo troverebbero un po’ meno di comprare la gente con un chilo di pasta, sbaglio?

Chiara: Con un chilo di pasta no, ma con le pensioni minime sì…si comprano. Con cinquecento euro di pensioni minime si comprano.

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Rosina A: C’è i’ caso se qualcuno gli offrisse una cifretta diciamo… Speriamo che n’esista pochi di questi... Ci vorrebbe che la faccenda migliorasse per natura e che portassero…

Chiara: Sa cos’è? Che prima uno votava e veniva comprato col pane appunto, avevi fame, io ti do questo e voti; ora il problema è che uno non è sicuro della propria idea, quindi essendo sfiduciato in tutti i partiti è uguale, è indifferente votare per uno o votare per l’altro, ci sono tanti che si fanno comprare il voto! Con i telefonini per esempio, coi videofonini, tu voti per questa persona, mi dai la prova che hai votato questa persona e io ti pago… Sì, però voglio dire, ti vendi un voto, per me il voto è importante, non lo venderei...

Rosina A: Però ci può essere anche quello... Però io quando stavo giù a S. Lorenzo c’era un giovane che voleva entrare a lavorare in Saint Gobin, però questo giovane sarebbe entrato a lavorare in Saint Gobin se c’avesse messo le mani un sacerdote diciamo… Un democristiano di quei tempi, ma questo ragazzo non si sentiva di essere di quell’idea, però seppe mascherare, seppe mascherare, si presentava alla messa, frequentava, faceva, pregava... Ma poi disse: “Ma il mi’voto non l’hanno preso!”… (ridiamo)

Chiara: Insomma s’è saputo giostrare!

Rosina A: Sì… E la mamma di questo prete disse: “Eh -dice- è stato furbo Elio, è stato furbo Elio!”

Chiara: La prima volta che lei ha votato se la ricorda? Asia: Quando?

Chiara: La prima volta che ha votato

Asia: La prima volta no, quello ‘un me lo riòrdo, so che ho sempre votato quando c’è state le votazioni. E anche ora ci vado! Eh, oh! Sì, sì! E diamine! Tanto a me ‘un m’han dato nulla! E dìano: “Le gente

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<che> ha sessantacinquanni ni si fa le spese noi!” e a me ‘un m’han mai dato nulla!

Chiara: E lei quando ha votato per la prima volta?

Maria C: Non mi ricordo io in che periodo abbiamo cominciato a votare…

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