• Non ci sono risultati.

IL METODO I. 1 La posizione della critica

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "IL METODO I. 1 La posizione della critica"

Copied!
106
0
0

Testo completo

(1)

IL METODO

I. 1 La posizione della critica

Prima di verificare e analizzare in che modo Tucidide rende i

personaggi dei discorsi ‘portavoci’ di suoi principi di metodo, ci

soffermiamo sui capitoli di introduzione delle storie, deputati ad

accogliere dichiarazioni di programma.

1

E’ questa, infatti, la sezione

in cui Tucidide inserisce il suo programma, circoscritto in una

porzione compiuta di testo piuttosto che diffuso nel racconto storico.

Anche se in altri passi delle storie non mancano espressioni

riconducibili a un programma, Tucidide, differentemente da Erodoto,

è restio a esprimere concetti di metodo e solo raramente, eccezion

1

La funzione di annuncio dei contenuti riservata alla parte iniziale di un prodotto

letterario era tradizionale nella poesia epica: nell’Iliade (I 7), nell’Odissea (I 1-10) e nell’Eneide (I 1-7). Per un esame più dettagliato del proemio storiografico e delle affinità con quelli nati in territorio orientale e con quelli della storiografia romana, cfr. PORCIANI, Forma, 3-78. Nel suo contributo Porciani studia la struttura del proemio storiografico sino alla fine del quinto secolo a.C., mettendone in rilievo la struttura epistolare e il passaggio dall’enunciazione alla prima persona, dopo l’incipit alla terza (il ‘sigillo’). PORCIANI osserva ancora che il magistero ‘metodologico’ di Tucidide non sempre trovò fortuna presso gli autori successivi; da un lato abbiamo l’assenza di proemi metodologici nel Senofonte storico dell’Anabasi e delle Elleniche, e dall’altra, in Eforo e Teopompo, una notevole accumulazione di tratti convenzionali. Dunque, ancora nel quarto secolo a.C., non esisteva una identità metodologica nella prassi storiografica. Secondo LICHAŃSKI, Rhetorique, 25-48, fino al II d.C. la storiografia non ha avuto delle regole definite e particolari che ne giustificassero lo statuto e la diversità dagli altri generi. Secondo NICOLAI, Storiografia, 109, “è difficile credere che non siano esistiti fino a Luciano trattati dedicati specificamente allo stile dell’opera storica”. “Inoltre – prosegue Nicolai - i precetti sparsi nei trattati retorici e il carattere stesso dell’opuscolo lucianeo, che appare una raccolta dei più consolidati to/poi relativi alla storiografia, fanno pensare a una lunga tradizione, della quale conosciamo soltanto le fasi terminali a causa del naufragio della retorica ellenistica”. Una minuziosa disamina di alcune problematiche testuali e esegetiche inerenti al proemio di Tucidide è offerta da CANFORA, Proemio, 252-267.

(2)

fatta per i capitoli in questione (I 20, 1-22, 4), concede al lettore il

privilegio di esserne informato. E anche riguardo tale sezione

programmatica, non ci è dato di conoscere le tappe del percorso di

Tucidide nell’acquisizione delle informazioni.

Se analizziamo una sezione dei capitoli,

2

notiamo che Tucidide

opera preliminarmente una distinzione tra i fatti storici,

ta\ d'e)/rga tw=n praxqe/ntwn

, per i quali è stato possibile, anche se difficile, restituire

una visione reale dei fatti, e i discorsi pronunciati dagli oratori durante

il conflitto,

lo/goi,

per i quali è stato necessario, a causa

dell’impossibilità della mente umana di ricordare esattamente tutte le

parole, riportare

ta\ de/onta

, tenendosi

e)ggu/tata th=j cumpa/shj gnw/mhj tw=n a)lhqw=j lexqe/ntwn

.

Questa precisazione, interpretata stricto sensu, ha suscitato molte

divergenze d’opinione e spesso ha posto, a nostro parere, dei falsi

problemi. Alcuni hanno cercato nel capitolo sul metodo una risposta a

una questione dibattuta e ancora aperta: Tucidide riproduce

fedelmente i discorsi ascoltati o a lui riferiti, oppure non ha mantenuto

la stessa scrupolosità riservata agli

e)/rga

? Inoltre, l’esposizione del

metodo di indagine sui

lo/goi

lascia emergere una deroga, da parte di

Tucidide, ai consueti principi di acribia? Alcuni accettano la

sostanziale verosimiglianza dei discorsi delle storie, ammettendo che

Tucidide sia intervenuto, ma soltanto a un livello superficiale e

rispettoso della realtà dei fatti.

3

2

I 22,1-2 3

GOMME, Commentary I, 140-142 (“If he was to give a speech as such at all, the words, the style, that is the literary quality, as opposed to the historical content, must be his own”) e Essays, 125-126, sostiene che la rielaborazione dei discorsi interessi esclusivamente l’aspetto formale dei discorsi. L’esegesi di Gomme si basa sul presupposto che non è metodologicamente corretto procedere a

(3)

un’arbitraria valutazione del metodo di Tucidide che non tenga conto di quanto lui ha puntualizzato nei capitoli sul metodo. Contra cfr. DE ROMILLY, Histoire, 238. GROSSKINSKY, Programm, 41- 43, crede che la ricostruzione di Tucidide dei discorsi sia rispettosa della realtà storica e che l’intervento di Tucidide si manifesti soprattutto nella disposizione e nello sviluppo delle argomentazioni. Convinto che Tucidide abbia rielaborato il materiale inerente ai discorsi sulla base del loro senso globale con un’attenzione particolare all’opportunità della situazione è JAEGER, Paideia I, 656- 658, secondo cui esiste una verità oggettiva nei lo/goi ed è da ricercare nella consapevolezza in base a cui lo storico è in grado di penetrare la logica della argomentazioni dei singoli oratori, ricavandone volta per volta ta\ de/onta. RUSTEN, 13, sostiene che l’antitesi tra e)/rga e lo/goi non è avvertita da Tucidide con la stessa intensità con cui la intende la critica moderna. Secondo Rusten non è utile né metodologicamente corretto analizzare le singole parole dei capitoli sul metodo. Tenta di risolvere il problema che hanno voluto vedere molti studiosi ipotizzando l’esistenza due diversi tipi di discorsi: “Generalising speeches” e “Reconstructed speeches”. Questi ultimi sono riportati secondo quanto ciascuno avrebbe detto nel modo più adatto nelle diverse situazioni successive, mentre i primi sono riportati secondo il loro significato complessivo. Cioè, secondo Rusten, Tucidide, nella composizione dei suoi discorsi, ha dovuto affrontare due diverse situazioni: in alcuni casi si è trovato davanti a discorsi realmente pronunciati, ta\ a)lhqw=j lexqe/nta, e ha potuto estrapolarne h( cu/mpasa gnw/mh, in altri casi questo problema non si è posto, dal momento che nessuno era a conoscenza di tali discorsi e Tucidide non aveva dunque una fonte cui affidarsi. Se diverso è dunque lo stato delle fonti di cui lo storico si serve, diverso sarà anche il suo approccio alle stesse. Rusten conclude sostenendo che il compito dello storico implica necessariamente questa diversità di orientamenti: la ricostruzione più fedele possibile di discorsi realmente esistiti (e)xome/n% o(/ti e)ggu/tata th=j cumpa/shj gnw/mhj tw=n a)lhqw=j lexqe/ntwn) e la libera ricostruzione di discorsi che potrebbero essere realistici ma che non sono storicamente attestati (w(j d’a)/n e)do/koun e)moi\ e(/kastoi peri\ tw=n ai)ei\ paro/ntwn ta\ de/onta ma/list’ei)pei=n). MOMIGLIANO, Composizione, 22, distingue tra i discorsi presenti nei libri I-IV, in cui Tucidide avrebbe optato per una ricostruzione più libera, e i discorsi dei libri VI-VII “che si differenziano per un’aderenza di gran lunga superiore al racconto dai discorsi dei libri I-IV che vanno sempre più in là della singola questione per cui dovrebbero nascere”. Grande è la distanza che intercorre tra i discorsi di Tucidide e quelli di altri storici (Erodoto, Senofonte, Teopompo, Plutarco e altri.) secondo WESTLAKE,

(4)

C’è invece chi nota nella struttura dei discorsi regole compositive

di stampo retorico e ne deduce dunque che l’intervento dello storico

deve essere stato ben più determinante. Secondo alcuni, infatti,

Tucidide non ha usato la stessa acribia nel vaglio delle notizie relative

agli avvenimenti e ai discorsi. Essi non ammettono che Tucidide si sia

attenuto alle orazioni realmente pronunciate: lo storico li avrebbe

inventati o comunque liberamente rielaborati. Tale rielaborazione

avveniva secondo i dettami delle

te/xnai

che allora si andavano

diffondendo in Atene, anche a scapito della verità storica. Una parte

della critica contemporanea ha infatti posto in primo piano il carattere

retorico o, più in generale, l’aspetto letterario del racconto di

Tucidide.

4

4

FINLEY, Thucydides, 94-104, crede che Tucidide abbia esposto in modo disteso argomentazioni che in realtà erano molto più condensate e che dunque abbia aggiunto pensieri propri non rispondenti alla effettiva realtà dei discorsi. Favorevole all’idea che Tucidide abbia fortemente rielaborato, se non del tutto inventato, i discorsi sia dal punto di vista del contenuto sia da quello dell’espressione, è WALLACE, Thucydides 251-261. Anche COLE, Retorica, 7-21, è a favore di una rielaborazione totale dei discorsi da parte di Tucidide. Cole studia i discorsi nelle storie di Tucidide e, in seguito ad un’analisi di carattere perlopiù stilistico, giunge a considerarli un manuale di retorica composti di esempi destinati alla lettura e anche alla memorizzazione. Tra le peculiarità dei

lo/goi che provocherebbero, secondo Cole, “un fallimento strepitoso davanti a qualsiasi uditorio”, lo studioso elenca la struttura rigida e formale, la mancanza di particelle, la monotonia dello stile, il disinteresse per le consuete regole di eufonia che avrebbero assicurato una recitazione gradevole all'udito, la mancanza di caratterizzazione dei personaggi, la predilezione per l’astratto e il generale. Il senso della dichiarazione di metodo di Tucidide, secondo Cole, consiste nella riproduzione del senso generale dei discorsi, e ciò soltanto nella misura in cui corrisponde a ciò che gli oratori avrebbero dovuto dire. Sulla stessa linea WOODMAN, Rhetorical, 11-15, che, differentemente dagli studiosi favorevoli all’ipotesi di una rielaborazione meramente formale, propende per la tesi di una libera invenzione da parte di Tucidide senza alcun interesse per la realtà storica dei discorsi, convinto che “the majority of each speech in his work is the creation of the historian himself”. Woodman, partendo dall’intento di evidenziare la

(5)

componente retorico-artistica dell’opera di Tucidide contro i sostenitori dell’oggettività e dell’imparzialità, dedica parte del suo contributo a evidenziare i punti dei capitoli sul metodo in cui Tucidide si serve dell’amplificatio e, più in generale, di altre tecniche retoriche dimenticando l’obiettività che molti studiosi hanno invece ritenuto componente essenziale della sua cuggrafh/. Segue l’impostazione di Cole anche NICOLAI, Fortuna, 7, Storiografia, 63-69, Studi, 13-22 e 85-86: i discorsi di Tucidide hanno un rilevante carattere di esemplarità (Studi, 85-86, arriva a parlare di “pratica tucididea di costruire discorsi deliberativi fittizi” e a vedere nell’epitafio di Pericle del II libro “il precedente dei sofisti, che abitualmente diffondevano per iscritto i loro discorsi epidittici come modelli per gli allievi”) che coinvolgerebbe, oltre all’aspetto retorico su cui tanto insiste Cole, anche quello politico. La tesi di Nicolai, tendente a considerare l’aspetto di esemplarità come obiettivo cui mirerebbe Tucidide, si basa sulla constatazione, a dire il vero poco condivisibile, che tali discorsi “sono scritti in uno stile retoricamente elaborato e difficile, dove la compressione può essere sì legata alle esigenze dello storico che ha vincoli di equilibrio compositivo, ma forse anche a quelle di che voleva memorizzare i discorsi come modelli di eloquenza”. Nel suo contributo sulla prassi letteraria di Isocrate e sulla comunicazione letteraria nel IV sec. a.C, Studi, 87, chiude la sezione dedicata al confronto tra Isocrate e Tucidide sottolineando (il concetto ricorre anche altrove nel suo volume) che “le loro opere sono destinate a essere diffuse per iscritto e a raggiungere un pubblico non soltanto ateniese, interessato alla politica e dotato di un certo livello di cultura” e che “i discorsi di Isocrate […] non si possono comprendere appieno senza il precedente dei discorsi tucididei, funzionali all’analisi politica e insieme modelli di discorso. In modo diverso, perché diversi sono i generi, sia i discorsi in Tucidide sia i discorsi in Isocrate svolgono una forte funzione politica attraverso l’esemplarità retorica”. Contrario all’idea di Cole è ARRIGHETTI, Cultura, 126-127, che invece invita a considerare, nella lettura del passo sul metodo relativo ai discorsi, la volontà di Tucidide di ricostruirli secondo un criterio di verosimiglianza:“si può ammettere che, dato l’impegno della riflessione dello storico sui fatti che narra, siano discorsi poco adatti ad essere pronunziati, ma appare francamente riduttivo – oltre che obiettivamente errato – intendere queste parole come se volessero dire che egli ha composto dei discorsi con l’intento di proporre dei modelli retorici”. Decisamente contrario alla tesi di Cole e favorevole all’unità del discorso storico è MOMIGLIANO, Storicismo, 11-24, 76 e Rhetoric, 465-476. Momigliano, forte della sua opposizione alla tendenza ‘retoricheggiante’ che svuota di contenuto la ricerca storica, è stato un forte sostenitore della non insegnabilità della disciplina, convinto che la retorica era una veste formale che non poteva inficiare la serietà e la veridicità dei contenuti di un racconto storico. De ROMILLY, Histoire, 237-238, avanza una tesi che, in un certo senso, elimina il problema dell’oggettività/soggettività dei lo/goi e che si allontana dall’idea che la dimensione retorica dei suoi discorsi possa inficiare la loro attendibilità: “les exigences de la fidélité historique, les besoins d’une analyse précise, bien en rapport avec les faits, passent donc, chez Thucydide, avant le goût de la dialectique. […] Sans doute ne reconstruit-il pas les discours en y faisant figurer les arguments, à ses yeux, les meilleurs, comme le dissent les partisans de la liberté de composition”. Secondo la De ROMILLY, dunque, Tucidide si è

(6)

La questione si è avviata verso una soluzione quando si è smesso

di cercare nelle storie la trascrizione pedissequa dei discorsi realmente

pronunciati e di considerarli tout court come documenti da cui

estrapolare notizie. Noi riteniamo che insistere più di quanto Tucidide

stesso abbia inteso fare sulla dimensione retorica dei discorsi produca

dei falsi problemi e spinga in una direzione che inevitabilmente

danneggia la serietà e l’attenzione ai

geno/mena

che Tucidide si è

proposto di ottenere, come ha spiegato chiaramente nei capitoli sul

metodo. L’esemplarità, che secondo l’approccio retorico è la

caratteristica essenziale dei discorsi, a nostro avviso difficilmente può

convivere con l’intento dello storico di attenersi alla

cu/mpasa gnw/mh tw=n a)lhqw=j lexqe/ntwn

, e antepone inevitabilmente l’aspetto della

riservato un ampio margine di libertà nella rielaborazione dei discorsi senza che ciò abbia compromesso l’obiettività del suo racconto. Così crede anche PORCIANI, Discorsi, 134-135: “lo storico non solo ha cambiato qualche parola qua e là, non si è limitato a dare una vernice stilistica personale alle frasi o ai periodi «veramente pronunciati»; egli ha certo ‘tagliato’, ‘sintetizzato’ e ‘condensato’ frasi o periodi o intere parti; […] insomma ha dato forma, nel senso più pieno, alle orazioni che sceglieva di riportare: ma è proprio in questo che si mostrava il suo impegno di restituire, con la massima consapevolezza permessa dalle fonti, il pensiero che l’oratore aveva svolto. […] Tucidide ha abbandonato l’idea di una precisione letterale, che avrebbe garantito un rispetto assoluto, per volgersi a una probabilità data da una forte tensione al rispetto. Il suo è stato un gesto di conoscenza, non d’invenzione”. Sulla questione si è espressa anche la HUNTER, pur approdando a conlusioni opposte; significativa, a questo proposito, la conclusione cui giunge, Reporter, 184: “If objective means not to allow one's own outlook, philosophical or otherwise, to obtrude, then he was surely the least objective of historians”. Per una disamina di alcuni punti trattati dalla Hunter nella sua monografia cfr. CONNOR, Modernist, 290-298. Anche NICOLAI,

Storiografia, 11-21, sostiene ripetutamente che una corretta valutazione del

metodo di Tucidide deve necessariamente prescindere dal nostro concetto di ‘vero storico’ e deve partire dal presupposto che, Storiografia, 17, “è opportuno sottolineare la distanza che separa la storiografia antica dalla nostra scienza storica, le quali non hanno in comune né la finalità né il metodo, ma soltanto l’oggetto”.

(7)

riuscita letteraria a quello dell’aderenza alla realtà. Sono proprio le

dichiarazioni di metodo esternate da Tucidide e il suo interesse verso

un racconto vero e utile, anche a scapito della perfezione formale e del

diletto dell’uditorio, a spingere nella

direzione opposta a quella

indicata da chi invece preferisce considerare la dimensione retorica

dei discorsi come caratteristica precipua. L’attenzione al testo

trasmesso da Tucidide, che sarà oggetto della nostra indagine, induce

a escludere l’ipotesi radicale che lo storico abbia inventato i discorsi o

che vi abbia aggiunto dati e argomentazioni di proprio arbitrio. Non si

può non accettare l’idea che almeno il presupposto di salvare

ta\ de/onta

sia mantenuto ben saldo. Possiamo attribuire a Tucidide una

consapevolezza metodica che, ancorché in fieri, lo avrà indotto a

elaborare un racconto storico in cui la dimensione retorica si rivela un

aspetto imprescindibile, come si evince dalla struttura elaborata e dalle

argomentazioni dei discorsi. La diffusione della prassi oratoria

connessa con l’arrivo dei sofisti ad Atene era senza dubbio un

fenomeno importante nel quinto secolo. Tucidide era a conoscenza

delle

te/xnai

e, in qualità di intellettuale, non poteva prescindere dalla

padronanza della retorica, prerogativa fondamentale per qualsiasi

autore che si cimenti in una produzione letteraria. Del resto, e lo

verificheremo, nei discorsi di Tucidide non mancano

to/poi

dell’oratoria che derivano, con ogni probabilità, dalla cultura sofistica

di Tucidide. Questa constatazione, però, non autorizza a credere che

l’educazione retorica e le pratiche a essa connesse abbiano avuto un

impatto e un’influenza così determinanti anche sulla storiografia

politica. Noteremo, nell’analisi di alcuni discorsi delle storie, che

Tucidide non può non aver tenuto conto degli influssi culturali della

sua epoca, e in particolar modo, delle suggestioni retoriche e delle

(8)

te/xnai

che in quel periodo si andavano diffondendo ad Atene: i suoi

discorsi sono costellati di interrelazioni e di riprese di argomentazioni

tipiche, sono strutturati con un’attenzione consapevole alla dispositio,

ma ciò non ci autorizza a immaginare che Tucidide abbia seguito

pedissequamente criteri formali nella composizione del suo racconto.

Oltre la querelle sulla realtà storica dei

lo/goi

, ci si è posti il

problema del rapporto tra le premesse di metodo e loro realizzazione

nel racconto. Alcuni studiosi, che riconoscono la precisione e la

veridicità delle sezioni descrittive del racconto di Tucidide, non sono

disposti ad ammettere la stessa acribia per i discorsi e ipotizzano che

Tucidide non abbia applicato fedelmente nei

lo/goi

i principi esposti

nella sezione sul metodo. In altre parole, la dichiarazione di metodo di

I 22, 1 inerente ai discorsi,

w(j d’a)\n e)do/koun moi e(/kastoi peri\ tw=n ai)ei\ paro/ntwn ta\ de/onta ma/list’ei)pei=n, e)xome/n% o(/ti e)ggu/tata th=j cumpa/shj gnw/mhj tw=n a)lhqw=j lexqe/ntwn

, ha sollevato secondo

alcuni studiosi dei problemi di interpretazione, in quanto conterrebbe

una contradictio in terminis. Questa constatazione ha generato

opinioni, spesso poco equilibrate, decise a risolvere la presunta aporia:

le premesse di metodo avrebbero soltanto un valore di programma che

lo storico non necessariamente ha applicato a tutti i discorsi delle

storie; Tucidide, in altri termini, non avrebbe usato

la stessa

scrupolosità nella descrizione dei fatti e dei discorsi inerenti a tali

fatti.

5

5

Tra gli studiosi che hanno voluto dilatare, anche smisuratamente, tale distanza, citiamo POHLENZ, Thukydidesstudien II, 56-82, che, partendo dalla convinzione che il senso di e)ggu/tata th=j cumpa/shj gnw/mhj tw=n a)lhqw=j lexqe/ntwn

significasse perfetta aderenza della materia e della forma dei discorsi riportati da Tucidide, ha stabilito un criterio di discriminazione nella composizione dei discorsi, secondo tale minore o maggiore aderenza. Pohlenz pone inoltre l’accento

(9)

sulla contraddizione tra premesse di metodo e realizzazione concreta dei discorsi e ipotizza, per risolvere l’aporia, che il capitolo sul metodo non appartenga alla stessa fase di composizione del racconto ma ad un momento precedente; Tucidide, secondo Pohlenz avrebbe abbandonato nel corso del tempo i presupposti di metodo indicati nella sezione iniziale del suo racconto. MOMIGLIANO,

Composizione, 8-10, sostiene invece che il capitolo 22, 1-4, deve essere stato

aggiunto dopo il 404 a.C, in quanto rivela una consapevolezza di metodo adatta a un Tucidide più ‘maturo’. In particolare, nota MOMIGLIANO, il quarto paragrafo rivelerebbe una pienezza di coscienza del proprio valore più facilmente attribuibile al tempo in cui le concezioni di Tucidide erano diventate più consapevoli e organiche. FINLEY, Thucydides, 95, sostenitore della libera rielaborazione dei discorsi, pone l’attenzione sulla prima parte della dichiarazione di metodo di I 22, 1 e spiega che la clausola participiale (e)xome/n% o(/ti e)ggu/tata th=j cumpa/shj gnw/mhj tw=n a)lhqw=j lexqe/ntwn) ha soltanto un valore secondario che non inficia la volontà dello storico di ricostruire a proprio arbitrio i discorsi che intende inserire nel racconto. Contrario all’idea di Finley è ANDREWES,

Debate, 64-67. La questione, spiega Andrewes, è sul significato da attribuire alla

dichiarazione di Tucidide; definire secondaria una frase non equivale ad annullarne il valore, poiché non è possibile non tener conto di una dichiarazione espressamente riportata da Tucidide: come lo stile di Tucidide subisce un cambiamento a partire dal quarto libro e diventa “more polished and dramatic”, allo stesso modo anche nei discorsi si può registrare una variazione nell’approccio. Secondo Andrewes, dunque, la rielaborazione cui lo storico sottopone i suoi discorsi si concentra sulla forma e non tocca il loro contenuto; Tucidide può aver scelto di riportare discorsi rielaborati proprio allo scopo di inserirli nel contesto, aggiungendo dettagli e ciò che a lui sembrava rientrare nei

ta\ de/onta. KAGAN, Mytilene, 75-79, decide di sorvolare appositamente sul problema perché crede impossibile la sua risoluzione attraverso l’analisi della dichiarazione di Tucidide: “it is surely bad method, to try to resolve a puzzle by means of an enigma, to explain ignotum per ignotius”. La sua idea è che non c’è alcun motivo di dubitare della verosimiglianza del racconto di Tucidide e che non è possibile dimostrare che esiste un solo discorso nelle storie che non possa essere stato scritto con lo stile tipico di Tucidide. In sostanza Kagan difende la plausibilità e l’autenticità dei discorsi: sarebbero il prodotto di una mente unica ed esprimono il punto di vista dello storico senza però essere una sua libera invenzione: “Thucydides claims only to have kept as closely as possibile to the

cu/mpasa gnw/mh of what was actually said”. Come Kagan, convinto che Tucidide non abbia mai perso di vista il desiderio di raccontare ta\ a)lhqw=j lexqe/nta, pur avendo sottoposto i discorsi a un processo di selezione e di interpretazione è anche ANDREWES, Debate, 71. Importanti e condivisibili argomentazioni che mirano a difendere la fedeltà di Tucidide alle dichiarazioni di metodo sui discorsi presenti in I 22, 1 sono in DOVER, Thucydides, 21-27 e in PORCIANI, Discorsi, 121: Porciani tenta di risolvere l’apparente contraddizione della dichiarazione di metodo in I 22, 1 intendendola invece come “una prima e fondamentale pretesa di veridicità” e restituendo dunque al passo “un’armonia” e una coerenza logica che molti studiosi hanno invece negato. Una disamina delle questioni inerenti ai capitoli sul metodo e alle loro interpretazioni si legge in VATTUONE, Logoi,

(10)

1-In seguito si è smesso di analizzare l’opera di Tucidide allo scopo

di trovare una risposta a tale presunta aporia, e si è pensato che la

lettura del nostro passo avesse prodotto il falso problema della

‘oggettività-soggettività’ dell’indagine di Tucidide.

6

390, una monografia dedicata al racconto di Tucidide della spedizione in Sicilia. Di tale monografia TOSI, Logoi, 991-994, ha curato la recensione.

6

Per citare un tentativo di uscire da questa apparente impasse, VATTUONE,

Logoi, 31, invita a non soffermarsi stricto sensu sulla terminologia del passo in

questione, ma a valutare ciò che le premesse di metodo rappresentano: “un’indicazione generale, un’avvertenza critica, rispetto alla complessa varietà dei singoli discorsi, e non un unico problema da definire una volta per sempre”. Inoltre, prosegue VATTUONE, Logoi, 31, “la formulazione tucididea su cui occorrerà poi fermarsi esclude preliminarmente che i discorsi possano essere ai poli opposti o ‘invenzione’ dello storico rispetto al corso degli eventi e ai personaggi principali o ‘registrazioni’ di interventi politici e militari redatte sulla base di un testo acquisito ‘stenograficamente’. Questa duplice, ovvia, constatazione esclude che sia in gioco un’integrale soggettività o un’integrale oggettività”. Un presupposto imprescindibile di Vattuone risiede dunque nella scelta di evadere i termini di ‘obiettività’ e di ‘soggettività’ e di esaminare Tucidide senza perdere di vista il testo che lui stesso ci ha lasciato come garanzia più attendibile del suo pensiero. Convinto della necessità di ridimensionare la portata del problema è anche NICOLAI, Fortuna, 6: “anche lo storico più obiettivo è costretto a fare letteratura. […] Tucidide dovrebbe essere sottoposto a una corretta analisi letteraria e storico-culturale, libera dai pregiudizi che la nostra scienza storica proietta sui suoi presunti predecessori”. “Le pur notevoli difficoltà esegetiche del passo programmatico – prosegue Nicolai – risulterebbero certamente ridimensionate e si potrebbe in questo modo sanare la contraddizione tra attaccamento alla verità e libera ricostruzione dei discorsi, che ha tanto turbato gli interpreti di Tucidide”. Sempre NICOLAI, Fortuna, 6, sottolinea l’esigenza di “un’interpretazione che riesca a saldare l’aspetto storiografico con quello letterario attraverso quelli che possono essere considerati i naturali anelli di congiunzione tra due realtà per noi distanti: da una parte la politica, dall’altra quella disciplina che, nell’Atene del V secolo, permetteva di tradurre in pratica le idee dei grandi statisti: la retorica”. Cfr. anche HORNBLOWER, Thucydides, 45-46, convinto che non si possa valutare il rapporto tra obiettività e soggettività con i criteri della moderna ricerca storica; Tucidide non avrebbe potuto avere tale ‘consapevolezza metodica’, perché ancora non esisteva, nel periodo in cui scrive il suo racconto, una teorizzazione dei criteri della storiografia. Anche la DE ROMILLY, Histoire, 12-13, esprime delle considerazioni che tentano di risolvere il falso problema dell’obiettività del racconto di Tucidide: “cette histoire, qui fournit de si hautes garanties, et qui tend de façon si émouvante à la parfaite objectivité du savant est bien celle où l’intervention de l’auteur est aussi la plus profonde. Tout y est construit, voulu. Chaque mot, chaque tour, chaque silence,

(11)

A ben vedere, nella differenziazione introdotta dallo stesso

Tucidide, si è voluto trovare molto più di ciò che egli stesso intendeva

comunicare. Infatti, se si legge attentamente la formulazione sul

metodo, si può escludere che Tucidide opti per una delle due soluzioni

estreme: intendere i discorsi o arbitraria invenzione o esatta

riproduzione di orazioni storicamente autentiche. Da ciò che si evince

da un’attenta lettura del passo in questione, Tucidide ha mirato a

ottenere la massima approssimazione al vero, senza preoccuparsi

minimamente di fare un brillante sfoggio di retorica a danno della

serietà della ricostruzione. La definizione che lui stesso ha dato del

proprio prodotto letterario, un racconto

a)terpe/steron

e privo del

muqw=dej

, induce a pensare che lo storico abbia voluto evitare gli

abbellimenti retorici e tutto ciò che potesse sviare dal suo obiettivo

primario: aiutare gli uomini a

to\ safe\j skopei=n.

Del resto, come

vedremo, la scelta di fornire un racconto verosimile è testimoniata

dalla difficoltà in cui si è imbattuto nella fase di reperimento e di

selezione del materiale a disposizione. Tale difficoltà deve essere stata

ben maggiore, e lo storico lo lascia intendere, nel ricercare

testimonianze attendibili sui

lo/goi

: dipendere dalle informazioni

altrui, come vedremo, implica necessariamente sacrificare la verità dei

geno/mena

alla

cu/mpasa gnw/mh

. Va ricordato, infatti, che la prassi di

redigere resoconti scritti di eventi non era comune nel periodo in cui

chaque remarque, contribue à dégager une signification qui a été distinguée par lui et imposée par lui”. Si tratta di uno straordinario equilibrio tra obiettività e ragione: “il a, en somme, réalisé ce paradoxe de faire servir l’objectivité la plus rigoureuse à l’élaboration la plus personelle”.

(12)

visse Tucidide, come ha osservato Momigliano con altri studiosi,

7

e

diventerà usuale nel secolo successivo. Si ovviava alla scarsità di

documentazione cartacea ascoltando e selezionando, nel caso di

Tucidide, i racconti altrui, quando non si poteva garantire la

partecipazione

diretta

agli

avvenimenti.

Ciò

comportava

necessariamente un intervento dell’autore nella fase di stesura e di

rielaborazione La ricerca negli archivi e la consultazioni di documenti

sarà un’acquisizione della moderna ricerca storica. Già Mazzarino

aveva proposto una valutazione meno rigida dell’obiettività dei

lo/goi

:

“Tucidide dice di riferire i discorsi seguendo il più possibile l’effettiva

verità di ciò che fu detto, ma anche quella che a lui sembra la sostanza

delle cose che avrebbero dovuto dirsi, dal punto di vista di ogni

oratore, nelle varie circostanze. Per l’uomo greco il contrasto fra

‘subiettivo’ e ‘obiettivo’ non è altrettanto vivo come per l’uomo

moderno. […] L’obiettività di Tucidide culmina proprio là dove noi

moderni meno penseremmo di trovarla: nei discorsi”.

8

7

MOMIGLIANO, Storiografia, 9: “Tucidide non si scostò dalla regola erodotea di preferire la testimonianza orale a quella scritta. In definitiva egli lasciò nei suoi successori l’impressione che osservazione diretta e racconti orali di testimoni diretti fossero nell’insieme da preferirsi alle testimonianze scritte”. Alcune riflessioni sul grado di alfabetizzazione della cultura ateniese del V a.C. si leggono in HARVEY, Literacy, 585-635. Lo studioso si pronuncia a favore di una graduale e ampia diffusione della scrittura pur ammettendo che “Greek culture was much more a culture of the spoken than of the written word”. Interessanti argomentazioni sulla inusualità, in epoca antica, degli archivi come fonte d’informazione e sulla preferenza accordata dagli storici alla testimonianza viva dei protagonisti, sono in CANFORA, Lezione, 9-13.

8

MAZZARINO, Pensiero I, 257. Sempre Mazzarino, Pensiero I, 8, definisce i discorsi “vecchia maniera d’origine epica”. DE ROMILLY, Construction, 7-11 e 41, crede che Tucidide abbia ricostruito la verità senza venir meno né all’obiettività né all’imparzialità, scegliendo però di ordinare gerarchicamente secondo un proprio criterio gli avvenimenti su cui incentra il suo racconto storico; egli è portatore di una “objectivité dirigée, il done les faits qui lui paraissent utiles, mais il classe, il subordonne, il organise”. Cfr. anche LONGO, Comunicazione,

(13)

Hornblower, propenso a una valutazione meno rigida del metodo

di Tucidide e attento soprattutto a evitare dannose e anacronistiche

sovrapposizioni tra la ricerca storica degli antichi e quella dei

moderni, evidenzia la contraddizione irrisolta tra la pretesa di

obiettività, che emerge in tutta l’opera, e questa apparente deviazione

dal criterio di imparzialità. A suo parere il principio che sottostà alla

documentazione sui fatti di guerra è semplicemente quello della realtà

dei fatti, mentre quello che è alla base della documentazione sui

discorsi pronunciati è un criterio di opportunità in quanto, proprio per

la loro natura ‘orale’, i

lo/goi

richiedono, rispetto agli

e)/rga

, un

532, secondo cui la contrapposizione fra racconto e discorsi testimonia uno “sfasamento fra i lo/goi e gli e)/rga, nel senso che i lo/goi di regola non riflettono, o riflettono solo parzialmente e imperfettamente, non solo la ‘verità’ dei fatti, ma lo stesso pensiero di chi li pronuncia”. Non crediamo che il problema del rapporto fra discorsi e azioni si risolva, come crede Longo Comunicazione, 534, ragionando sugli “atteggiamenti mentali di cui lo storico, in quanto membro di una società tesa nella dialettica oralità/scrittura, è il portatore, e che conduce Tucidide a cercare gli e)/rga scartando i lo/goi ad essi relativi, e ad affidare poi i risultati del proprio lavoro ai mezzi di diffusione scritti, i soli che possano garantire una corretta ricezione e fruizione di un’opera così concepita”. Quantomeno, non ci sembra l’unica direzione da seguire nella valutazione della differenza nel trattamento dei discorsi e delle azioni. Cfr. PORCIANI Discorsi, 135, secondo cui, gli e)/rga, “sul piano gnoseologico, sono ancor più distanti dalla parola storica – e quindi inaccessibili nella loro intima natura – di quanto non lo siano delle cose dette”. Favorevole invece all’ipotesi di una rielaborazione sostanziale dei discorsi è MEISTER, Geschichtsschreibung, 53-54: Tucidide avrebbe inserito nei discorsi ciò che secondo lui era maggiormente adeguato alla situazione, anche a scapito della verità storica. Ciò sarebbe dovuto a alcune caratteristiche dei discorsi da lui inseriti nel racconto storico: limitata ampiezza (soprattutto nel confronto con quelli di Lisia e di Demostene), stile omogeneo e similarità di alcune riflessioni generali sulla guerra, sulla giustizia, sull’utile e sul concetto di potere, mancanza di caratterizzazione dei protagonisti dei lo/goi. Per ulteriori riflessioni sul valore e sulle novità del metodo storico di Tucidide cfr. ARDUINI, Metodo, 147-179. Alcune indicazioni inerenti ai capitoli sul metodo e finalizzate a evidenziare la componente retorica anche nel racconto di Tucidide, si leggono in WOODMAN, Rhetoric, 7-28.

(14)

approccio diverso.

9

Secondo Hornblower non è possibile risolvere la

contraddizione, e all’obiezione di chi crede impossibile che Tucidide

sia caduto in un errore di metodo così grossolano, Hornblower

risponde che non è legittimo analizzare Tucidide pretendendo di

ritrovare nelle sue parole il rigore della moderna ricerca storica.

Secondo alcuni sostenitori della libera interpretazione dei

discorsi da parte di Tucidide, l’espressione

ta\ de/onta

(I 22, 1) sarebbe

indicativa del fatto che Tucidide non riuscirebbe a svincolarsi del tutto

dall’approccio retorico, a scapito della correttezza dell’informazione.

10

9

HORNBLOWER, Thucydides, 45-47. Questa monografia è stata recensita da BOFFO, Recensione, 617-619. Sempre a HORNBLOWER, Pindar, 317-325, spetta il merito di aver rilevato anche in Pindaro l’opposizione, presente in Tucidide, tra e)/rga e lo/goi, sebbene, come spiega lui stesso, Pindar, 317, Pindaro “no less polar mind [...] more usually he prefers to express it as an opposition between action and thought, e)/rga and boulai/” (Pyth. III, 30; V, 119; Nem. I, 126). Hornblower nota, anche, in Pindaro, una minor consapevolezza dell’importanza del discorso all’interno di un contesto diverso. Ciò spiegherebbe, secondo Hornblower, la mancanza di dichiarazioni di metodo e la prevalente presenza, in Pindaro ma non in Omero nè in Tucidide, di soliloqui. Importanti riflessioni sull’argomento esposte da SCHWARTZ, Geschichtswerk, 25-27 e 160-180, secondo cui Tucidide si è mantenuto fedele al contenuto dei discorsi, pur non rinunciando alla “Kunstmittel” derivante dall’influsso della cultura retorico-sofistica. Cfr. anche POHLENZ, Thukydidesstudien II, 95-138; SCHADEWALDT, Geschichtsschreibung, 100 segg. Una panoramica degli orientamenti esegetici inerenti al passo I 22, 1 è in KAGAN, Mytilene, 71-79, che è propenso ad accettare la sostanziale verosimiglianza dei discorsi di Tucidide e contrario a ogni tesi che invece sostiene la libera composizione o rielaborazione da parte dello storico. Una rassegna delle diverse interpretazioni del passo di I 22, 1 è anche in ANDREWES, Debate, 64-71. Cfr. anche DEVELIN, Speeches, 58-60.

10

L’espressione è stata tradotta in diversi modi. GOMME, Commentary I, 140-141 e 395, nega che con ta\ de/onta Tucidide possa aver fatto riferimento a una rielaborazione del contenuto dei discorsi e propone di spiegare l’espressione con “what the speaker needed to say (and therefore, in default of evidence to the

contrary, may be presumed to have said) in order to get his way a particolar audience in particolar circumstances”. SCHMID, Thukydides, 229, sostiene che

Tucidide, scegliendo di riferire ta\ de/onta

,

preserva comunque la tendenza generale dei discorsi effettivamente pronunciati. GROSSKINSKY, Programm, 33, nega che ta\ de/onta possa indicare una rielaborazione soltanto formale. ROKÉAH, Speeches, 386-401, intende ta\ de/onta come ta\ sumfe/ronta: tale presa

(15)

E non si può ignorare la relazione che intercorre tra i discorsi di

Tucidide e la produzione letteraria del tempo (tragedia e oratoria) e i

contatti tra i vari generi letterari. Ma il fatto che i discorsi abbiano

delle affinità con la retorica e con la produzione letteraria del tempo,

non ci autorizza a ritenerli degli exempla destinati alle scuole e del

tutto destituiti di verità. L’idea cui giunge Hornblower, dopo

un’accurata analisi del retroterra culturale di Tucidide, è che lo storico

vive in un particolare contesto: le tendenze della sofistica che si

diffondono rivoluzionano il modo di pensare e scardinano le certezze

dei concetti universalmente tramandati: in questa temperie trae vita

l’opera di Tucidide e in quest’ottica forse possiamo giustificare, o

almeno spiegare, l’apparente ‘deviazione’ dal criterio della verità.

Un’adesione che però non comporta la mistificazione dei

geno/mena

.

Hornblower ha tentato di sanare la contraddizione tra il trattamento

di posizione, però, che nega a Tucidide il merito di essersi attenuto comunque ai discorsi realmente pronunciati, non tiene conto della volontà, esplicitamente dichiarata da Tucidide, di aderire alla realtà effettiva dei discorsi. PORCIANI,

Discorsi, 117-118, sottolinea che “la formula tucididea ta\ de/onta ei)pei=n di I 22, 1 sembra quasi una precoce ed empirica designazione del genere più prestigioso dell’oratoria, quello politico o demegorico” e che “essa si addice anche al sottogenere – ben rappresentato in Tucidide – delle orazioni pronunciate da ambasciatori”. WILSON, Speeches, 95-103, fa riferimento ai concetti appropriati e inseriti dallo storico in determinati punti non necessariamente rispondenti al momento effettivo in cui l’oratore pronunciò il discorso. RUSTEN, 11, propone di tradurre ta\ de/onta con “approximately”, accentuando l’aderenza alla realtà e riducendo lo scarto tra il metodo d’indagine utilizzato per i lo/goi e quello per gli

e)/rga. CIACERI, Obiettività, 71, per giustificare l’assunto secondo cui Tucidide espone concetti in forma più distesa rispetto a quanto avrebbero detto i singoli oratori, propone di intendere con l’espressione ta\ de/onta ‘le cose presumibilmente pensate’. Di ben altro tenore il parere di CONNOR, Thucydides, 273, che invece privilegia l’aspetto ‘retorico’ dell’espressione: ta\ de/onta

sarebbero le argomentazioni appropriate “for any rhetorical situation, the exact phraseology of a speaker was beyond recall, but one could determine the general proposition and the circumstances under which the speech was given”. Utile e puntuale è l’analisi dei singoli termini di I 22, 1 e di tutte le interpretazioni fornite nel tempo dalla critica, offerta da PORCIANI, Discorsi, 103-135.

(16)

riservato da Tucidide ai fatti e ai discorsi: sia nelle parti narrative sia

nei discorsi, Tucidide non rinuncia mai al suo principio di raccontare

ciò che era stato realmente detto. Si rende conto però che vi sono dei

limiti, insiti nella natura umana, alla volontà di rimanere sempre

fedele al suo obiettivo: i testimoni possono fornire versioni molto

diverse anche di uno stesso avvenimento, sia per la debolezza della

memoria sia per le deformazioni dovute alla parzialità politica.

L’obiettivo principale, per Tucidide, resta in ogni caso l’aderenza al

vero che si può raggiungere con più facilità nel raccontare fatti

contemporanei, grazie alla conoscenza diretta e alla maggiore

attendibilità dei testimoni. Il problema resta dunque senza soluzione:

sia se Tucidide ha riportato in maniera fedele i discorsi, sia se li ha

liberamente rielaborati, il lettore è impossibilitato a ritrovarvi il suo

personale pensiero e non può comprendere se i discorsi pronunciati

dagli oratori corrispondono al pensiero dello storico. Possiamo

ipotizzare, ma dobbiamo fermarci qui.

La critica contemporanea ha da tempo smesso di analizzare

Tucidide secondo il criterio di attendibilità/inattendibilità. In

quest’ottica si inserisce di il pensiero di Nicolai: “Tucidide fornisce ai

suoi lettori non soltanto acute analisi politiche, utili nella fase

decisionale, che consentono di allestire altri discorsi in situazioni

analoghe. Tutto ciò non inficia in alcun modo l’attendibilità di

Tucidide […]. In ogni caso emerge nello storico l’attenzione a non

tradire il senso generale di ciò che fu effettivamente detto; i discorsi

non sono tratti dai racconti del primo venuto né sono ricostruiti in

modo arbitrario, ma sono oggetto di analisi e valutazioni accurate.

L’intenzionale parallelismo tra le due affermazioni metodologiche,

rafforzato dalla presenza di due costrutti pressoché identici, mostra

(17)

che Tucidide voleva mettere in risalto che il suo intervento personale

riguardava soprattutto i discorsi. […] Va comunque ancora una volta

sottolineato che il valore dell’opera di Tucidide sia come fonte storica

sia come tentativo di analizzare e valutare i fatti, non esce

assolutamente sminuito da questo nuovo approccio […]. In

quest’ottica diventa un falso problema accertare fino a che punto

Tucidide abbia ‘inventato’ i suoi discorsi. In ogni caso egli non

disponeva di registrazioni attendibili e quindi almeno la forma

letteraria doveva esser creata ex novo. Nella stesura dei discorsi egli

avrà certamente tenuto presente sia quello che ricordava

personalmente sia le testimonianze che si era procurato. Su questa

base deve aver proceduto da un lato a selezionare il materiale raccolto,

dall’altro a integrarlo, introducendo di suo argomentazioni adatte alla

circostanza e utili per renderlo organico. Ovviamente, secondo la

quantità e della qualità del suo materiale, Tucidide avrà dovuto

ricorrere in misura più o meno massiccia ad inserzioni ed elaborazioni

personali. Tucidide ha poi sicuramente prestato attenzione

all’inserimento dei discorsi nell’economia generale dell’opera. Per

ottenere questo scopo, è probabile che egli abbia condensato le

argomentazioni esposte dai vari oratori in un certo numero di

occasioni e collocato i ‘suoi’ discorsi in posizioni appropriate nel

contesto dell’esposizione, con una certa libertà rispetto al momento in

cui i vari oratori hanno effettivamente preso la parola”.

11

11

NICOLAI, Storiografia, 67-68. Cfr. anche Storiografia, 11-29, in cui traccia una netta linea di demarcazione tra la storiografia antica e la scienza storica moderna, fornendo interessanti argomentazioni sui confini tra la storiografia e altri generi letterari. Così anche GROSSKINSKY, Programm, 41-43 e KAGAN,

Mytilene, 76-79. Una tesi estrema è riportata da NICOLAI ed attribuita a

EGERMANN, Thukydides, 580, secondo cuicu/mpasa gnw/mh riguarda l’ideologia e la posizione politica complessiva del singolo oratore, non di Tucidide. Dopo

(18)

L’idea prevalente, dunque, tra gli studiosi contemporanei più

equilibrati del metodo di Tucidide, è che non esistono, e se esistono

non è opportuno darvi troppo peso, contraddizioni nel racconto di

Tucidide; anzi, aggiungiamo noi, Tucidide, pur consapevole del

differente approccio verso i fatti concreti e verso i discorsi, manifesta

in ogni caso l’intenzione di rielaborare sì, ma sempre in conformità a

quello che realmente,

a)lhqw=j

, è stato detto. Nei capitoli sul metodo,

infatti, chiarisce fin da subito che, indipendentemente dall’acribia

della sua indagine, è cosciente che la sua ricostruzione della storia non

è e non pretende di essere esente da errori perché vi sono alcuni fattori

connessi alla mente umana che spesso ne inficiano la serietà dei

presupposti. Per i discorsi pronunciati,

o)/sa me\n lo/g£%

, è stato difficile,

xalepo/n

, per lui e per gli altri, ricordare precisamente quello che era

Nicolai, anche PORCIANI ha espresso la sua convinzione sulla coerenza metodologica di Tucidide sia verso i discorsi sia verso le azioni, Discorsi, 134: “avendo rinunciato alla precisione letterale, Tucidide non si accontenta di una costruzione arbitraria, ma mira alla probabilità più alta. L’obiettivo è guadagnato, afferma, con uno sforzo di fedeltà al ragionamento di volta in volta compiuto. Tucidide non è esplicito sulla concreta tecnica di indagine, ma possiamo immaginare da parte sua – data anche la quantità dominabile delle orazioni a cui decise di applicarsi – una critica serrata delle testimonianze vicina a quella relativa agli e)/rga: comparazione tra più resoconti di uno stesso discorso, verifica dei ricordi personali e altrui. L’esito sarà stato anche piuttosto lontano, di fatto, dai discorsi realmente pronunciati: selezioni (che potevano essere involontarie, o anche, quando si trattasse di evitare ridondanze, volontarie) e condensazioni (più discorsi di uno stesso oratore, ad esempio, potevano venir messi a profitto per ricostruire con fondatezza una linea argomentativi lacunosa) avranno certamente contribuito a ‘trasformare’ i discorsi veri in testi molto concentrati, secondo la tipica maniera tucididea.”. Una puntuale disamina diacronica degli orientamenti critici su Tucidide e sulle caratteristiche del suo racconto si trovano in CONNOR,

Modernist, 289-298: l’autore tenta di superare alcune definizioni, troppo

limitative, che hanno accompagnato per anni la valutazione di Tucidide e che non hanno permesso di comprendere appieno la sua figura e l’importanza del suo racconto storico: ‘scienziato’, ‘scrittore drammatico’, ‘artista’. La possibile ricomposizione di tali differenti denominazioni risiede, secondo Connor, in una valutazione più equilibrata che permetta di definire Tucidide storico dell’obiettività ma anche artista di profonda intensità.

(19)

stato detto,

th\n a)kri/beian au)th\n tw=n lexqe/ntwn diamnhmoneu=sai

.

Per i fatti di guerra,

ta\ d’e)/rga tw=n praxqe/ntwn e)n t%= pole/m%

, il

compito non è stato più semplice,

e)pipo/nwj hu(ri/sketo

, poiché

parzialità e dimenticanza,

eu)/noia kai\ mnh/mh

, possono compromettere

ed alterare la verità. Inoltre, mentre per i

lo/goi

è costretto ad

introdurre l’

e)do/koun e)moi/

, che pare introdurre un margine di libertà,

perché non sempre è possibile verificare la tradizione orale, per gli

e)/rga

sembra che voglia escludere il margine di libertà nella

rielaborazione, come spiega con l’espressione

ou)d’w(j e)moi\ e)do/kei

,

perché ha potuto partecipare o controllare i fatti di cui racconta.

12

12

I 22 1-3. Diverse sono le interpretazioni dell’espressione ou)d w(j e)moi\ e)do/kei.

POHLENZ, Thukydidesstudien II, 75, vi scorge un riferimento polemico al proemio dell’opera di Ecateo (FgrHist 1 F 1 a) in cui spiega che ta/de gra/fw, w(/j moi a)lhqe/a doke/ei ei)=nai. Oi( ga\r )Ellh/nwn lo/goi polloi/ te kai\ geloi=oi, w(j e)moi\ fai/nontai, ei)sin. GROSSKINSKY, Programm, 51, vi vede invece una polemica contro Erodoto e il suo modo acritico di raccogliere le notizie. GOMME,

Commentary I, 140-142, respinge le proposte di Pohlenz e di Grosskinsky e

ribatte: “If the words are a polemic against any writer or class of writers (and this

is by no means certain), they are directed against the sophistic tendencies of the time, the tendency to ‘write up’ events out of the immagination, according to a set plan”. L’idea di Gomme è che con l’espressione ou)d w(j e)moi\ e)do/kei Tucidide non abbia voluto contrapporre il trattamento dei discorsi da quello delle azioni, ma che lo storico abbia voluto rimarcare la propria distanza da altri scrittori, sebbene non identificabili con certezza. Sempre secondo Gomme, come abbiamo già notato, l’intervento di Tucidide non può che limitarsi alla veste stilistica, in quanto sarebbe impensabile una contraddizione così evidente con le premesse di metodo. Di parere opposto FINLEY, Thucyides, 94-104, che invece accetta l’ipotesi di una libera rielaborazione da parte di Tucidide finalizzata a illustrare gli argomenti appropriati alle differenti posizioni degli oratori. Alcune riflessioni in generale sul metodo di Tucidide, perlopiù finalizzate a non sminuire l’obiettività di Tucidide pur tenendo presente il processo di caratterizzazione letteraria cui sottopone la sua

cuggrafh/, si leggono in DE ROMILLY, Objectivité, 107-118. Cfr. ancheLORAUX, Collègue, 55-81, SCHMID, Thukydides, 220-233 e LORIAUX,

Discours, 289-292, che accolgono l’idea di una disparità di trattamento tra

discorsi e azioni, pur non accettando l’ipotesi di una libera ricostruzione dei discorsi. Analoghe considerazioni in WILSON, Speeches, 95-103. Per citare qualche contributo più recente, SWAIN, Thucydides 1.22.1, 33-45; BADIAN,

Speeches, 187-190; BICKNELL, Provocation, 172-178. Più equlibrata la

(20)

Parole e fatti sono sottoposti a un trattamento simile: il maggior grado

di certezza è riservato ai discorsi che lui stesso ha ascoltato e ai fatti a

cui partecipò direttamente. Ciò su cui non ha potuto garantire una

conoscenza precisa o un vaglio critico delle fonti sembra sia scartato a

priori. Dal momento che non sempre si verificano le due circostanze

che garantiscono un’informazione precisa, conoscenza oculare nel

caso dei fatti di guerra e ascolto diretto nel caso dei discorsi, Tucidide

ha dovuto necessariamente far ricorso alle testimonianze altrui, con i

rischio che ciò ha comportato. L’

a)kri/beia

con cui ha passato al

vaglio tali informazioni lo avrebbe preservato comunque dall’accusa

di imprecisione e di parzialità.

Una lettura attenta del passo in

questione ci sembra possa portare in questa direzione: Tucidide

avrebbe sentito l’esigenza di differenziare il trattamento riservato agli

e)/rga

, per i quali sostiene di aver usato la massima accuratezza e di

aver preferito la testimonianza autoptica, da quello destinato ai

lo/goi

che ha richiesto un approccio differente. Avendo ben chiaro lo schema

generale della

cu/mpasa gnw/mh

, Tucidide però non ha voluto derogare

ai suoi principi di acribia, pur non tacendo limiti di perfezione del suo

racconto. Se, infatti, ci soffermiamo ulteriormente su tali sezioni in cui

compaiono dichiarazioni di programma, sembra di capire che

Tucidide, preoccupato di eventuali critiche al suo approccio ai

lo/goi

,

abbia voluto tranquillizzare il suo pubblico, comunicandogli di aver

salvaguardato, se non le parole esatte dei discorsi, almeno il loro senso

generale. Il nucleo delle informazioni che aveva a disposizione per

ogni discorso era la

cu/mpasa gnw/mh

, la ‘sostanza’ degli argomenti.

Partendo da questo nucleo, avrà, con ogni probabilità, rielaborato il

materiale a sua disposizione allo scopo di integrarlo nel racconto e

offrire così un’impressione di coerenza e di efficacia narrativa. Se

(21)

ipotizziamo la presenza di Tucidide nell’occasione del discorso,

possiamo pensare che egli abbia disposto di testimonianze più

dettagliate ma, anche nel caso in cui non poteva vantare una

conoscenza diretta, riteniamo che egli non abbia mai perso di vista la

cu/mpasa gnw/mh

e che, nelle circostanze in cui tali argomenti specifici

mancavano, egli si sia lasciato guidare sempre dal nucleo delle

argomentazioni, prendendo come punto di riferimento la situazione

storica in cui tali

lo/goi

erano stati pronunciati e rielaborando, qui lo

ammettiamo senza problemi, la sostanza delle argomentazioni.

Avendo ben chiara la

cu/mpasa gnw/mh

, crediamo che egli non abbia

potuto e voluto allontanarsene, per non rischiare di cadere in palese

contraddizione con quanto affermato nei capitoli sul metodo. A ciò si

aggiunge l’espressione relazionale

tw=n a)lhqw=j lexqe/ntwn

con cui

Tucidide sembra abbia voluto garantire di essersi in ogni modo

attenuto alla realtà dei discorsi pronunciati: rielaborazione sì, ma

sempre nel rispetto dei

ta\ a)lhqw=j lexqe/nta

. C’è inoltre, a nostro

parere, un elemento unificante che riduce lo scarto tra

e)/rga

e

lo/goi

: la

difficoltà del compito di ricerca dei dati che Tucidide non manca di

sottolineare sia nell’indagine inerente agli

e)/rga

sia in quella relativa ai

lo/goi

. Egli spiega che per i discorsi (I 22, 1)

xalepo\n th\n a)kri/beian au)th\n tw=n lexqe/ntwn diamnhmoneu=sai h)=n

, ma anche per gli

avvenimenti della guerra (I 22, 2-3)

e)pipo/nwj de\ hu(ri/sketo

perché,

come si è già detto, si è dovuto scontrare con le difficoltà di

memorizzazione e la parzialità degli informatori. In entrambi i casi,

l’

a)kri/beia

è accompagnata da espressioni che sottolineano la

difficoltà di procurarsi informazioni attendibili.

13

Nonostante ciò,

13

(22)

prosegue Tucidide, non è venuto meno ai suoi consueti principi: non

ha ritenuto opportuno descrivere i fatti di guerra desumendoli dal

primo venuto né secondo il proprio arbitrio, ma dando la precedenza a

quelli cui ha preso parte e di cui ha avuto notizie da altri,

esaminandoli, però,

o(/son dunato\n a)kribei/# peri\ e(ka/stou

.

L’

a/)kri/beia

non a caso compare ben due volte a breve distanza ed è,

potremmo dire, la garanzia con cui lo storico propone il suo racconto

al lettore e ‘chiede’ di essere accettato. Cade, così, il presupposto di

quanti vogliono vedere un Tucidide che, almeno nella stesura dei

lo/goi

, ha derogato ai suoi rigorosi presupposti di metodo e ha optato

per una libera ricostruzione. D’altro canto, crediamo, se fosse stato

realmente così profondo lo iato tra

e)/rga

e

lo/goi

, probabilmente

Tucidide avrebbe potuto accontentarsi di riportare i discorsi in modo

più libero, senza preoccuparsi di sottolineare la difficoltà della ricerca

e i limiti d’esattezza della sua ricostruzione dei discorsi. Scrupoloso

indagatore di notizie, Tucidide riconosce implicitamente i limiti della

sua stessa ricerca storica e ne rende partecipe il lettore, consapevole

pur diversi ( i discorsi sono riferiti w(j […] e)do/koun e)moi/; i fatti sono raccontati

ou)d’w(j e)moi\ e)do/kei)) sono conformi in questo, che criterio supremo dello storico è, per entrambi, l’amore del vero”. GOMME, Commentary I, 140, ammette che Tucidide deve aver usato un metodo differente nel trattare lo/goi e e)/rga ma non vede contrasto nelle espressioni w(j d’a)\n e)do/koun e ou)d’w(j e)moi\ e)do/kei “in the sense that in one case Thucydides means ‘I did not write the account of a battle as I immagine it ought to have taken place’, in the other, ‘I did compose the speeches as I imagined they ought to have been spoken’. Ou)d’w(j e)moi\ e)do/kei perhaps contrasts his own practice with that of some other writers, but not with his practice in regard to his own speeches”. PORCIANI, Discorsi, 124-135 è del parere che occorre vedere una continuità tra l’approccio di Tucidide ai discorsi e alle azioni (dunque non ci sarebbe contraddizione tra w(j d’a)\n e)do/koun e ou)d’w(j e)moi\ e)do/kei) e crede che “essendo xalepo\n th\n a)kri/beian au)th\n tw=n lexqe/ntwn diamnhmoneu=sai, Tucidide persegue un’alta probabilità, la più alta possibile (w(j d’a)\n …ma/list’): il modo in cui tale probabilità è stata raggiunta è dichiarato con

e)xome/n% ktl.” CANFORA, Totalità, 49, interpreta le dichiarazioni di Tucidide sulla difficoltà del suo compito e sulla meticolosità del suo metodo come un atteggiamento di cautela nei confronti di eventuali detrattori.

(23)

che la sua volontà di scrivere un racconto veritiero si scontra

inevitabilmente con l’imperfezione stessa della natura umana.

Aggiungiamo poi che non sembra proficuo né corretto applicare le

nostre categorie interpretative dei processi storici a un periodo in cui

la storiografia, più che un’impostazione metodologica comune a tutti e

una disciplina organicamente strutturata, era ancora al livello di una

pratica empirica in procinto di darsi un fondamento teorico. Tucidide,

infatti, è il primo degli storici antichi a essersi posto concretamente il

problema dello statuto dello storico prendendo le distanze, anche se

non totalmente, dalle modalità, a lui conosciute, di ricerca storica.

Sempre Hornblower ha notato che prima di Aristotele nessuno aveva

definito il confine esistente tra poesia e storia e che al tempo in cui

Tucidide scriveva il suo racconto, non esisteva ancora una ripartizione

di generi letterari definiti e la scrittura in prosa era una pratica recente:

si deve ad Aristotele (Poet. 1451b) la prima consapevole distinzione

tra il termine tecnico ‘storico’ e il termine ‘poeta’.

14

14

HORNBLOWER, Thucydides, 8-10 e 45-50. Lo studioso si mantiene su una posizione di saggio equilibrio, proprendendo per l’idea che Tucidide non sceglie consapevolmente di seguire le regole delle te/xnai del suo tempo, ma sono le regole che seguono lui. In NICOLAI, Storiografia, 11-29, troviamo utili riferimenti bibliografici per approfondimenti sulla concezione antica della storia e sulle notevoli differenze con il nostro moderno concetto di storia. Nelle stesse pagine l’autore, convinto che la storiografia antica ha in comune con la nostra scienza storica l’oggetto del racconto ma non il metodo né le finalità e partendo dal presupposto che ‘la mancanza di autonomia epistemologica della storia’ ha determinato il carattere ambiguo delle sue prime manifestazioni, illustra i tratti salienti che distanziano gli antichi dai moderni nella ricerca storica: centralità della dimensione politica e letteraria, della coerenza narrativa e dell’efficacia didattica più che dell’attendibilità delle notizie trasmesse. Idee simili si trovano anche in WOODMAN, Rhetoric, 1-47 e 197-198 e in PRESS, Development, 51 e 135. Alcune riflessioni sulla distanza della storiografia moderna da quella antica si leggono in PERCIVAL, Uses, 199-212. Convinta della necessità di ripensare il racconto di Tucidide evitando di giudicare le scelte dello storico con il metro della moderna coscienza critica è anche la DE ROMILLY, Invention, 31-40. Il suo contributo mira a ridiscutere il problema dell’obiettività nella storiografia greca,

(24)

Procederemo, nel capitolo successivo, all’analisi di alcuni

discorsi delle storie in cui emergono punti di contatto con il metodo di

Tucidide; lo faremo avendo ben presente il criterio adottato dallo

storico nell’analisi dei

lo/goi

e esemplificato precedentemente: ogni

discorso deve essere stato innanzitutto effettivamente pronunciato e la

sua

cu/mpasa gnw/mh

deve essere il più possibile rispettata,

o(/ti

partendo dal presupposto che “les anciens n’avaient point à ce sujet les exigences que nous avons […]. Ils ne disposaient ni de journaux, ni d’archives au sens large: ils ignoraient tout de ce que l’on appelle les sciences annexes de l’histoire – épigraphie, archéologie, numismatique, prosopographie, statistique. Ils recouraient à l’expérience directe – ou autopsie – ou à l’enquête également directe, ce qui ne pouvait leur livrer que des informations partielles, et souvent partiales”. Anche MUSTI, Società, 1-7 definisce la storiografia greca prima di tutto come un fenomeno letterario che, al momento della sua nascita ma anche in seguito, ha mantenuto una stretta dipendenza dalla poesia epica (in quanto narrazione del passato, anche se di un passato mitico) e dallo spirito critico della scienza ionica (cioè dell’indagine geografica e della scienza della natura che fiorirono nel VI a.C. nelle città greche, in particolare ioniche, delle coste occidentali dell’Asia minore). Sempre nello stesso contributo Musti si sofferma su un’analogia tra le opere di Erodoto e di Tucidide, così diverse per altri aspetti: “entrambe sono il risultato del reperimento di un materiale in larga misura nuovo, cioè non depositato precedentemente in cronache o tradizioni locali in qualche modo codificate; tramite di questo reperimento è la tradizione orale, in Erodoto anche quella di origine e provenienza remota, in Tucidide quella più direttamente verificabile e relativa in prevalenza a fatti contemporanei. Anche MOMIGLIANO, Fondamenti, 3-45, tende a sottolineare la grande distanza, nelle premesse e nelle finalità, tra la storiografia degli antichi e quella dei moderni, ponendo in evidenza, della prima, la struttura narrativa, il legame con la do/ca

dello storico piuttosto che con la filosofia, la sostanziale mancanza di scientificità connessa con la sua natura di prodotto letterario e retorico, il disinteresse per l’uso delle fonti e dei documenti o comunque la tendenza a non fornire informazioni sui documenti consultati. Per i rapporti tra la storiografia e la nuova concezione del mondo elaborata nel VI a.C. dalla filosofia di ambiente ionico cfr. MEISTER,

Geschichtsschreibung, LORAUX, Collègue, 55-81, nel suo contributo significativamente intitolato «Thucydide n’est pas un collègue», invita il lettore a non sovrapporre il nostro moderno concetto di storia a quello che esisteva nel V sec. a.C; Tucidide ha inteso scrivere "un document sur l’écriture de l’histoire au Vème siècle". La questione della valenza scientifica o letteraria dell’opera di Tucidide è stata affrontata da DOVER, Literature, 54-63, mentre alcune indicazioni sull’epos come forma letteraria precorritrice della storiografia sono in MEISTER, Geschichtsschreibung, 7-10. Una riflessione sulle origini della retorica e sui contenuti delle prime te/xnai che si diffusero ad Atene è offerta da LUZZATTO, Oratoria, 207-209

(25)

e)ggu/tata

. Conta, per Tucidide, riportare ciò che è stato effettivamente

detto: lo stile corrisponde a una precisa scelta dello storico che è

intervenuto a rendere ogni

lo/goj

organico e integrato nel contesto in

conformità alla situazione (

ta\ de/onta

) e a ciò che allo storico appare

appropriato e efficace (

w(j d'a)\n e)do/koun e)moi/

). Il criterio del possibile

è dunque dato non solo dalla realtà delle parole dette, ma anche dalla

loro convenienza alla situazione in cui erano inseriti. Ciò consente a

Tucidide un margine di libertà non sottile nella strutturazione e nella

collocazione dei discorsi all’interno della sua

cuggrafh/

. Il nostro

studio su Tucidide intende rimanere ancorato al metodo che Tucidide

ha indicato nelle sezioni dedicate a dichiarazioni di programma. In

questi luoghi del testo, come osserveremo nel paragrafo seguente, è

costante il riferimento all sforzo derivante dalla sua volontà di

restituire una versione veritiera e coerente degli eventi. Per garantire

tale coerenza, egli ha dovuto di necessità integrare i discorsi e le

azioni di guerra nell’economia del racconto. Ciò avrà comportato

selezioni, compressioni, sintesi. Siamo lontani dalla trasposizione

letterale, ma siamo parimenti lontani dalla libera interpretazione. Del

resto, già da tempo gran parte della critica moderna invita a valutare i

discorsi di Tucidide senza alcuna pretesa di normatività e a

considerarli in una posizione di equilibrio tra la fedele ricostruzione e

la libera interpretazione. Lo sforzo di restare fedele alla sostanza dei

discorsi è sottolineato con una insistenza tale che non permette di

ipotizzare una ricostruzione irrispettosa nei confronti della verità dei

geno/mena

. Questa è, a nostro parere, la conquista di Tucidide storico:

un equilibrio difficile fra

a)kri/beia

e libertà stilistica.

Riferimenti

Documenti correlati

In conclusione, il metodo “1-0” pu` o dare scarse informazioni in alcune circostanze particolari e deve essere accompagnato possibilmente da un’analisi accurata del

Uno spazio topologico è detto localmente connesso se ogni suo punto ammette un sistema fondamentale di intorni connessi. (2a) Sia (X, τ) uno spazio topologico

Lo studente che intende avvalersi del voto ottenuto alla prova intermedia svolga solamente gli esercizi n.. Il tempo a sua disposizione è di

Tra i numerosi premi relativi alla sua attività scientifica, vorrei segnalare la medaglia d’oro del Presidente della Repubblica come benemerito della cultura e della scienza (2000)

Compito parziale di Istituzioni di Fisica Matematica 18 Dicembre 2019. (usare fogli diversi per esercizi diversi)

«Applicando questo punto di vista a un soggetto specifico come la scienza, l'anarchico epistemologico trova che lo sviluppo accettato di questa (...) ha avuto luogo solo perché

È importante segnalare come il programma di attività del nostro gruppo di ricerca non si limiti alle sole serie termometriche e pluviometriche, ma consideri anche altre

Se il primo elemento di C ′ ` e diverso da zero, allora si procede col sottopasso 1.1; altrimenti, si scambia la prima riga di A con un’opportuna altra riga di A in modo da rendere