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1955- LA RETE DELL’ACQUEDOTTO.

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196 5.1- Caratteristiche generali dell’acquedotto di Uthina.

La colonia di Uthina era alimentata attraverso tre acquedotti principali351 A, B, C, che possedevano ognuno una fitta rete di ramificazioni per riuscire a captare, durante il loro percorso, tutte le sorgenti che nascevano dalle montagne a sud della città antica (Jebel Mekhima, Kef Lahmar, Kef Etachima; fig.1, 2, 3).

I tre rami dell’acquedotto si riunivano, prima di entrare in città, in un unico canale chiamato grande collettore che proveniva da sud-est, dalla fonte Aïn Matmata (fig.1, n.338) che lo alimentava, ed arrivava fino a sud del foro dove convogliava le acque raccolte in due grandi cisterne, la prima di forma circolare, forse un castellum divisiorum, l’altra di forma rettangolare352 (fig. 22, p. 50; fig. 19). La rete si presentava di modeste dimensioni, circa 12km. in totale, ma molto complessa nell’esecuzione essendo ricca di ponti che attraversavano valli, monti e fiumi.

351

Supra p. 58; Montauzan 1907, 105-106; Ben Hassen, Maurin 1998, 202 e Ben Hassen, Maurin 2004, 209; Maurin 2003 (apud Ben Hassen, Maurin 1998 e Ben Hassen, Maurin 2004).

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5.1.1- L’acquedotto A.

L’acquedotto A353 si sviluppava dalla fonte Aïn Tagtaga (fig. 1, n.221; fig.2, 3) fino alla condotta comune, grande

collettore, dove riversava le sue acque per una lunghezza totale di 3710 m.

La fonte presentava un bacino di captazione delle acque ormai scomparso354, mentre ciò che è ancora visibile è un pozzo d’ispezione posto subito dopo l’inizio della canalizzazione. A partire dall’Aïn Tagtaga l’acquedotto disegnava una larga curva sul fianco occidentale della collina e dopo un inizio di percorso sotterraneo, la canalizzazione355 correva a livello del suolo (fig. 1, 2, 3).

L’acquedotto A aveva necessitato lungo il suo percorso della costruzione di

cinque ponti356 (AP1-AP5; fig. 1, 8): il primo ponte AP1357 (fig. 1) fu costruito per superare la depressione scavata dalle acque che sgorgavano dalla fonte Aïn al Karma (fig. 1, n.107), il ponte aveva una lunghezza di 141m. e si elevava per 17,5m. sul letto del fiume.

353

Ben Hassen, Maurin 1998, 190 e Ben Hassen, Maurin 2004, 184.

354

Poco lontano da questa fonte scaturiscono altre due fonti l’Aïn al Karma e l’Aïn as Saboun che presentano tracce di una sistemazione monumentale per la captazione delle acque: una costruzione in pietra con tracce di stucco e pareti dipinte. Queste due fonti oggi non hanno connessione con l’acquedotto A, ma probabilmente durante l’epoca romana dovevano essere collegate.

Ben Hassen, Maurin 1998, 190; Maurin 2003, 164-165 n. 028.221 (apud Ben Hassen, Maurin 1998 e Ben Hassen, Maurin 2004).

355

Il canale aveva una larghezza media da 40 a 45cm. ed era installato entro un condotto voltato costruito in pietra. Tutte le pareti del canale erano rivestite con un sottile strato di opus signinum.

356

Ben Hassen, Maurin 1998, 190 e Ben Hassen, Maurin 2004, 184; Maurin 2003 (apud Ben Hassen, Maurin 1998 e Ben Hassen, Maurin 2004).

357

Questo ponte dell’acquedotto fu denominato da Sadoux, che ne eseguì il rilievo, Grand Pont poiché sembrava il più monumentale di tutta la rete. Supra p. 12; fig. 5, p. 13.

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200 AP2 (fig. 1) fu costruito per superare un altro fiume, le deboli pendenze del versante della valle hanno necessitato di un ponte di circa 181m. di lunghezza entro gli appoggi, e di circa 48 archi in totale.

Il ponte aveva una altezza di 14,50 m.

AP3 (fig. 1) aveva caratteristiche analoghe al ponte precedente, dovendo attraversare anch’esso il letto di un fiume derivato dall’Aïn el Kalba AP4 (fig. 1) superava il fiume derivato dalla fonte Aïn Hlalif attraverso un versante scosceso: aveva una lunghezza totale di 168m., e con circa 29 arcate si elevava dal letto del fiume di 12 m. L’ultimo ponte AP5 (fig. 1) superava un versante in forte pendenza: la lunghezza del ponte era di 77, 20m., supportata da 21 archi per un’altezza di 15m. sulla valle.

La parte del canale dell’acquedotto che collegava i vari ponti era costruita a livello del suolo (fig. 4); fra i ponti AP1 e AP2 l’acquedotto era alimentato anche da una fonte affluente captata vicino a Borj Foud (fig. 1, n.337; fig. 6), e collegata alla rete principale da un canale di circa 20m. posto in forte pendenza;

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mentre fra i ponti AP4 e AP5 l’acquedotto era anche alimentato dalla fonte Aïn Alalgiya (fig. 1, n.368; fig. 2, 3, fig. 11, A’), principale affluente dell’acquedotto A, attraverso un canale sotterraneo di 401m. di lunghezza.

Alla fonte l’acqua era raccolta in una camera di captazione sotterranea costruita in opus quadratum e successivamente riversata in un bacino coperto rivestito di opus signinum (fig. 5).

Le acque raggiungevano il grande collettore, a circa 50m. a monte del ponte AP5, attraverso un canale di 0,45m. di larghezza voltato a botte.

Tutto il percorso dell’acquedotto A aveva numerosi pozzi d’ispezione alcuni dei quali sono ancora visibili nel tratto di canale fra AP3 ed AP4 (fig.7).

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5.1.2- L’acquedotto B.

L’acquedotto B358 si estendeva per appena 1820m. dalla sua fonte principale Aïn Ouled Khalifa fino alla giunzione con il grande collettore (fig. 1, 2, 3). Questa rete idrica correva parallela al corso inferiore dell’acquedotto C (fig. 10), eccetto che per due giunzioni a monte della fonte Aïn ez Zaouia (fig. 1, n.220; fig. 9).

Alla fonte principale l’acqua doveva essere raccolta tramite un pozzo antico costruito in opus quadratum nella parte inferiore, e in pietra rivestita in opus signinum in quella superiore. Vicino al pozzo probabilmente dovevano esistere altre strutture, bacini per la raccolta delle acque, simili a quello trovato presso la fonte Aïn Alalgiya (fig. 5).

Dalla fonte Aïn Ouled Khalifa non c’è più traccia della costruzione dell’acquedotto, che si ritrova dopo in prossimità della fonte affluente Aïn ez Zaouia, dove la captazione doveva avvenire attraverso una cisterna ed un bacino di forma quadrata, entrambi costruiti in pietra rivestita da uno strato di opus signinum; subito dopo la captazione l’acquedotto superava un burrone procedendo su un ponte BP1 (fig. 1) di lunghezza modesta 6,50m. e, all’uscita dal ponte, il canale principale riceveva le acque di un altro affluente attraverso un’altra canalizzazione che formava con quella principale un angolo di 90°359.

Poco dopo la prima giunzione ed il ponte BP1 (fig.1), il canale effettuava un altro cambiamento brusco di direzione tanto da necessitare, in prossimità dell’angolo del canale, una lastra verticale probabilmente usata per rallentare la velocità dell’acqua in arrivo (fig. 9, A).

358

Ben Hassen, Maurin 1998, 196 e Ben Hassen, Maurin 2004, 193.

359

Per attenuare la pressione dell’acqua alla giunzione fra i due canali, il condotto affluente fu costruito, per una lunghezza di 4m., secondo una direzione obliqua.

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204 La struttura di questo ramo dell’acquedotto sembra differire molto nei modi di costruzione rispetto ai rami A e C: il canale della rete era provvisto di un rivestimento idraulico solo sul fondo mentre nessun rivestimento copriva le pareti, come se il flusso delle acque fosse di minima intensità, mentre l’uso della lastra di calcare per rallentarne la velocità sembra invece indicare il contrario.

Questi aspetti dell’acquedotto B lasciano supporre che probabilmente questa parte della canalizzazione non fosse funzionante in epoca romana o che avesse comunque funzionato solo per un breve lasso di tempo, come soluzione provvisoria per l’approvvigionamento idrico.

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206 5.1.3- L’acquedotto C.

L’acquedotto C360, per i numerosi affluenti che riceveva durante il suo percorso e la complessità della sua rete, avrebbe formato da solo un sistema di adduzione di acque sufficiente per la colonia di Uthina (fig. 1, 2, 3, 11).

Alla fonte dell’acquedotto la rete si divedeva in due branche: l’una captava le acque dell’Aïn Sfisifa e l’altra della fonte Aïn Kef Ghrab, per poi riunirsi all’altezza del primo ponte CP1, dopo aver raccolto lungo il loro percorso le acque di numerosi altri affluenti (dalla fonte Aïn Sfisifa all’arrivo al grande collettore, l’acquedotto C era lungo 4578m.; fig. 2, 3, 11).

La captazione dell’acqua ad Aïn Sfisifa361 doveva avvenire attraverso una costruzione in pietra che doveva appartenere ad un santuario delle acque (fig. 12). Dal monumento partiva il

condotto sotterraneo che convogliava l’acqua: era coperto da una volta a botte e controllato attraverso numerosi pozzi di

ispezione, alcuni di forma quadrata altri di forma rettangolare.

Il canale aveva una larghezza di 48cm.

per un’altezza di 1,10m.

ed era completamente rivestito in opus signinum.

Della captazione alla fonte d’Aïn Kef Ghrab362 (fig. 11, C’) così come del canale che convogliava le acque raccolte fino alla giunzione delle due branche non resta più nulla, se non i resti di un bacino, verosimilmente simile a quello costruito alla

360

Ben Hassen, Maurin 1998, 197 e Ben Hassen, Maurin 2004, 194.

361

Ben Hassen, Maurin 2004, 195.

362

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fonte Aïn Alalgiya (fig. 5), che ipoteticamente potrebbe essere riferito all’epoca romana.

A circa 200m. dal punto di captazione delle acque la canalizzazione sotterranea presenta due diverse tipologie costruttive dei pozzi d’ispezione: a sinistra il pozzo risulta essere di forma circolare, adestra invece di sezione rettangolare.

Poco più a valle di questa canalizzazione ne appare un’altra che correva a livello del suolo.

In questa parte dell’acquedotto si è in presenza quindi di due tipi diversi di canalizzazioni una sotterranea che presenta pozzi di ispezione tipologicamente diversi fra loro e una a livello del suolo, alimentate, però, verosimilmente dalla stessa fonte (Aïn Kef Ghrab).

L’ipotesi più plausibile è che si sia di fronte a diverse tracce di canalizzazione per colpa di errori di costruzione o di calcolo, poiché subito dopo questo punto una parte della canalizzazione sparisce completamente, mentre prosegue fino alla congiunzione con il ponte CP1 solo il canale sotterraneo (fig. 1, 2, 3, 11), oppure che si sia di fronte a periodi distinti di utilizzo di questo ramo dell’acquedotto. I due rami dell’acquedotto C si riunivano a valle del ponte CP1 (fig. 1, 11), che superava il burrone creato dal corso del fiume proveniente dalla fonte Aïn Sfisifa, e di cui restano poche tracce che non permettono di ricostruirne le caratteristiche generali.

I due condotti, prima di formare una condotta comune, si sovrapponevano e il canale proveniente dall’Aïn Kef Ghrab risulta essere al di sotto di quello proveniente dall’Aïn Sfisifa, facendo pensare ad un rapporto cronologico fra i due in cui il primo è sicuramente di costruzione precedente rispetto al secondo.

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208 Il ponte CP2363 superava l’oued El Hanaya con una lunghezza di 63m. e un’altezza sul fiume di 13m. (fig. 13). All’uscita dal ponte il canale seguiva un percorso a livello del suolo per poi diventare sotterraneo, con numerosi pozzi d’ispezione di diversa fattura che potrebbero dimostrare una costruzione effettuata in due momenti distinti.

363

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210 All’entrata del ponte CP3364 il canale è raggiunto da

un altro canale affluente (fig. 11, C’’) che convoglia le acque di due condotti separati, ma entrambi sotterranei e coperti da una volta a botte.

Il ponte CP3 (fig. 14), lungo 53m. entro i 12 pilastri, aveva un’altezza di 6m. sulla depressione che superava; il ponte CP4365 aveva una lunghezza di 63, 50m. e un’altezza di 11m. sopra il letto del fiume; all’uscita dal ponte il canale era largo 45cm.e rivestito di uno spesso strato di opus signimun, la volta che lo chiudeva era rivestita di lastre di calcare disposte a doppio spiovente (fig. 15, 16).

Il ponte CP5 superava l’oued Aleya per una lunghezza di 166m. e 12m. di altezza, il canale dell’acquedotto in questo punto

presentava due diversi strati

impermeabilizzanti, segno forse di una riparazione dovuta probabilmente a cause naturali come il cedimento del terreno. Prima di arrivare al ponte CP6366, il canale sotterraneo percorreva 180m., del ponte non resta quasi nulla, probabilmente doveva avere una lunghezza entro gli appoggi di 30 m; infine l’ultimo ponte dell’acquedotto C, CP7, superava un piccolo fiume probabilmente solo su un arco, vista la breve distanza di 40m., prima di arrivare al grande collettore (fig. 1, 2, 3, 11).

In questo punto la distanza con l’acquedotto B era di circa 50 m (fig. 10).

364

Ben Hassen, Maurin 2004, 203.

365

Ben Hassen, Maurin 2004, 206.

366

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5.1.4- Il grande collettore.

Il grande collettore367 non era alimentato solo dalle acque degli acquedotti A, B, C ma era alimentato anche da una fonte captata a sud-ovest l’Aïn Matmata

(fig. 1, n.338; fig. 2, 3, 11).

La captazione era fatta attraverso un bacino di forma quadrata, situato a quasi 1000m. di distanza dal primo bacino della città.

Era costruito in pietra rivestita di opus signinum e dalla fonte l’acqua veniva convogliata attraverso un canale (fig. 11, D), costruito per un primo tratto a livello del suolo368.

Dopo aver raccolto le acque degli altri acquedotti la canalizzazione si innalzava prima su un muro di sostegno poi su di un ponte, in prossimità della città, per circa 700m. (fig. 11, G; fig. 17).

367

Ben Hassen, Maurin 1998, 194, 202 e Ben Hassen, Maurin 2004, 209.

368

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212 5.1.5- Caratteristiche architettoniche.

Per tutte le reti dell’acquedotto si riscontrano caratteristiche di costruzione comuni: tutti i canali risultavano essere voltati su casseforme lignee, tranne in alcuni tratti dove la struttura lignea era sostituita da lastre di calcare tenute insieme da calce (CP4, fig. 16), e tutti i canali erano all’interno impermeabilizzati con strati di opus signinum. L’unico punto in cui la copertura del canale era piatta si trovava vicino all’oued Kef Grhab.

Quando era possibile il canale scorreva livello del suolo, altrimenti veniva alzato tramite i ponti per mantenere la quota e per proseguire su un percorso più diritto possibile verso la città.

Tutti i ponti erano formati da un solo ordine di arcate e generalmente i pilastri più elevati erano costruiti in opus quadratum per gran parte della loro altezza, mentre quelli più bassi erano costruiti in pietra e poi rivestiti con calce.

Tutta la rete dell’acquedotto ha avuto bisogno nel corso del tempo di numerosi interventi di restauro, dovuti in particolare a cedimenti del terreno argilloso e a brusche inondazioni che spesso trascinavano via parte dei condotti ( ad esempio il ponte CP5). Per questo motivo numerosi pilastri dei ponti presentano rinforzi alla base o addirittura sono stati ricostruiti ex novo (CP6).

Anche i canali venivano spesso regolarizzati o riequilibrati aumentando leggermente lo strato impermeabile interno, per mantenerne constante la pendenza della rete (fig. 4, 18).

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214 5.1.6- Cronologia dell’acquedotto.

Una prima impressione generale è che la rete dell’acquedotto di Uthina non sia stata concepita e costruita al medesimo tempo369.

Probabilmente il primo tratto costruito fu la sezione del grande collettore D e il condotto comune G insieme alla rete B (fig. 11).

L’acquedotto B presentava una realizzazione non perfetta, con una pendenza a tratti molto forte e una canalizzazione poco curata e per questo motivo probabilmente fu costruita la vicina la rete dell’acquedotto C e successivamente fu incrementata dalla rete A (fig. 1, 2, 3, 11).

Sembra che entrambe le reti A e C facessero parte di un piano di risistemazione ed espansione dell’alimentazione idrica della città, forse voluto dall’imperatore Adriano, sotto il quale infatti la colonia conobbe una forte espansione anche a livello monumentale, coevo probabilmente alla costruzione della grande cisterna del foro (fig. 19).

Per la prima fase di costruzione, che comprendeva il grande collettore D, il tratto comune G e la rete B, si potrebbe invece avanzare un’ipotesi di datazione precedente sotto l’imperatore Traiano.

Si può quindi ipotizzare che fra la metà del II secolo e la fine del III d.C. l’acqua arrivasse ad Uthina tramite il grande collettore D che raccoglieva le acque delle reti A, B, C e le riversava dentro una cisterna che alimentava il più antico dei due castella divisoria (fig. 11, 18, fig. 22, p.50), mentre fra la Tetrarchia e l’inizio del V secolo d.C. si dovrebbe datare il cambio di direzione verso est del tratto terminale del grande collettore, la costruzione della cisterna dell’acquedotto (fig. 20, I, p.47) e del secondo castellum divisorium (fig. 22, p.50) .

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