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Capitolo 1

Inquadramento dell’area di studio.

§ 1.1 Inquadramento geografico dell’Isola d’Elba.

L’Isola d’Elba è situata a circa 10 Km dal Promontorio di Piombino sulla terraferma tra il 42° e il 43° parallelo. L’ex stazione semaforica della Marina Militare situata nei pressi di Capo Vita, punta a NE dell’isola, ha coordinate geografiche pari a 42° 51’ Lat. N e 10° 24’ Lon. E.

Fig. 1 Isola d’Elba.

Essa convenzionalmente rappresenta il confine tra Mar Ligure e Mar Tirreno.

L’Elba ha una forma caratteristica che si sviluppa per circa 27 Km, in direzione est-ovest, tra Capo Ortano e Punta Nera e circa 18 Km, in direzione nord-sud, tra Capo Vita e Punta dei Ripalti.

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Con i suoi 224 Km2 di superficie è la più grande delle isole dell’Arcipelago Toscano e la terza in ordine di grandezza tra le isole Italiane.

Le coste dell’isola, contraddistinte da un continuo susseguirsi di cale, insenature, promontori e spiagge, raggiungono uno sviluppo complessivo di 147 Km.

La parte occidentale dell’isola ha una forma pseudo-circolare indotta dalla presenza del grande plutone granodioritico del Monte Capanne (1.018 m), con una sola minuscola insenatura a sud protetta dalla Punta di Fetovaia (da “La carta geomorfologica dell’Arcipelago Toscano: l’isola d’Elba e le sei isole minori”, 2009 in stampa ad opera del Servizio Geologico Nazionale).

La parte centrale dell’isola è caratterizzata dalla presenza di numerosi golfi che si susseguono sia lungo il versante sud, Golfo di Campo, Golfo di Lacona e Golfo Stella, sia lungo il versante nord, Golfo di Procchio, della Biodola e la grande Rada di Portoferraio. In questa zona si osservano due restringimenti del corpo dell’isola, uno fra Procchio e Marina di Campo e l’altro fra la Rada e il Golfo Stella.

La parte orientale dell’isola che si estende per circa 18 Km in direzione nord-sud, ha una significativa altitudine media con quote che vanno dai 200 ai 400 m s.l.m. La costa presenta una grande articolazione ed un ampio golfo che prende il nome di Porto Azzurro.

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§ 1.2 Caratteristiche geomorfologiche.

L’ENEA all’interno di un accordo di programma con il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, nell’ambito del progetto “Il Mediterraneo Difesa del Mare e delle Coste”, ha intrapreso uno studio che fornisce una nuova e dettagliata classificazione di tipi morfologici per rappresentare la distribuzione geografica dei tipi costieri lungo tutto il litorale italiano tramite supporto GIS (Geographic Information System). In questo lavoro sono riportate una serie di informazioni tratte dall’“Atlante delle Coste” e per ogni Regione sono definiti gli aspetti morfo-sedimentologici, le situazioni di erosione e gli eventuali interventi di difesa. Questo lavoro ha implementato i dati contenuti in una precedente grande opera “L’Atlante delle Spiagge italiane” del C.N.R. a cura di G. Fierro edito nel 1997.

La caratterizzazione delle coste, nel progetto dell’ENEA, ha seguito una classificazione e una terminologia per certi aspetti innovativa sulle quali per altro è lecito, secondo il mio relatore, fare alcune riserve.

Il litorale della Regione Toscana si sviluppa per circa 582 Km di cui circa 366 Km risultano di costa rocciosa, quasi 200 Km sono le spiagge e circa 16 Km le coste armate. Il morfotipo prevalente è la costa di falesia (fig.2 e tab.1), che occupa il 40% del litorale ed è in particolar modo presente lungo il litorale dell’isola d’Elba e dell’isola del Giglio. Altre coste alte sono brevi tratti di costa terrazzata e di golfo.

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Fig.2 Morfotipi presenti in Toscana (Barsanti et alii, “Elementi di gestione costiera. Parte Prima. Tipi morfo-sedimentologici dei litorali italiani, 2003).

Tab. 1 Morfotipi presenti in Toscana (Barsanti et alii, “Elementi di gestione costiera. Parte Prima. Tipi morfo-sedimentologici dei litorali italiani, 2003).

Da questo studio e dalla figura riportata sopra si può vedere che le coste dell’isola d’Elba sono principalmente coste a falesia e nel tratto centrale costa di golfo. Quest’ultima denominazione è di fatto un neologismo.

Il Servizio Geologico d’Italia (SGI) ha realizzato, nell’ambito delle attività di cartografia geomorfologica, un progetto dal titolo “La

carta geomorfologica dell’Arcipelago Toscano: l’isola d’Elba e le sei isole minori” (Aringoli et alii, 2009) al fine di verificare, Isola d’Elba

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sperimentare e aggiornare le Linee Guida al rilevamento della carta geomorfologica d’Italia, edite dal Servizio Geologico Nazionale (1994). Il progetto, durato poco più di due anni, è stato attuato mediante una specifica Convenzione stipulata con l’ex APAT, il Servizio Geologico d’Italia, Dipartimento Difesa del Suolo ed il Dipartimento di Scienze Geologiche dell’Università degli studi di “Roma Tre”. In questo lavoro vi è un capitolo dedicato all’isola d’Elba, dal quale ho preso le informazioni relative alle caratteristiche geomorfologiche e litologiche dell’isola stessa. Questo lavoro è attualmente in stampa sulla collana “Memorie descrittive della Carta Geologica d’Italia”.

L’illustrazione delle caratteristiche morfologiche dell’isola d’Elba è sviluppata suddividendo il territorio in settori definiti sotto l’aspetto geografico e geologico a causa dell’estensione dell’Elba, del suo particolare assetto morfostrutturale e della varietà litologica che la contraddistingue.

I settori presi in considerazione sono: settore occidentale (Monte Capanne), centrale, nord-orientale e sud-orientale (Monte Calamita). Il settore occidentale è completamente occupato dal rilievo del Monte Capanne che si estende per circa 80 Km2 con una forma in

pianta sub circolare e versanti molto acclivi. Le coste del Monte Capanne sono quasi esclusivamente rocciose e poco articolate con numerosi piccoli tratti ad andamento marcatamente rettilineo. Fra questi ultimi da segnalare i tratti da Punta della Fornace a Punta Nera e da Capo S. Andrea a Punta della Zanca nella parte occidentale, e tra Punta Palombaia e Capo di Poro nella parte meridionale. Le insenature più grandi, oltre ai golfi di Campo a sud e di Procchio a nord, sono quelle di Marciana Marina e Fetovaia. Le falesie sono quasi tutte attive e con altezze mediamente attorno ai 10 m. I valori di altezza più elevati, in alcuni casi superiori a 20 m, sono stati osservati in corrispondenza di Capo S. Andrea , Punta della Fornace e Punta Polveraia. Sulle falesie è evidente un processo

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di alveolizzazione, processo di alterazione del granito che scolpisce piccole depressioni a goccia di diametro massimo di qualche decimetro e profonde pochi centimetri. Questo processo si verifica quando l’aerosol marino genera condizioni di umidità e di salinità elevate ed uniformi sulle superfici esposte.

I depositi di spiaggia più estesi sono quelli prevalentemente sabbiosi-ghiaiosi del Golfo di Procchio e dell’insenatura di Fetovaia, seguiti da quelli minori di Cavoli e Seccheto. Gli altri accumuli lungo le coste del Capanne sono di dimensioni modeste, discontinui e composti prevalentemente da ghiaie. Si trovano localizzati in piccole insenature della costa rocciosa (a nord di Punta Polveraia e a est di Punta della Crocetta), alla base di ampie scarpate di degradazione (a nord di Punta Nera e Punta le Tombe) e allo sbocco di alcune valli principali (spiagge di Pomonte, Chiessi, La Cala, Redinoce e Punta Agnone).

Le scarpate di degradazione risultano particolarmente frequenti nelle aree costiere. Nel tratto di costa fra Punta Nera e Punta della Fornace è presente una scarpata di degradazione alta mediamente più di 70 m, che termina nella parte

inferiore in corrispondenza

dell’orlo della falesia. La stessa situazione morfologica è stata osservata nell’area del Promontorio di Punta del Nasuto.

Fig.3 Costa nei pressi di P. del Nasuto. In altri casi invece, come ad esempio ad est della Guardia o a sud della Punta Nera, la scarpata di degradazione si sviluppa fino al mare, non mostrando tuttavia caratteri riferibili all’erosione marina.

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Questo ci porta a credere che queste forme rappresentino l’evoluzione di antiche scarpate di frana, i cui corpi sono attualmente sommersi.

La morfologia costiera del settore centrale dell’Elba si presenta molto articolata e caratterizzata da coste alte a falesia che si alternano a coste basse, generalmente corrispondenti ai principali golfi e insenature. Tratti continui di falesie attive alte fino a 25 m si osservano lungo la costa a nord e a nord-ovest di Portoferraio, lungo tutta la costa di Capo Stella, lungo la costa meridionale tra la Spiaggia del Margidore e la Spiaggia del Lido e nell’area di Porto Azzurro. Le falesie hanno in genere andamento irregolare e sono interessate da frequenti processi gravitativi.

Le spiagge, a granulometria prevalentemente ghiaiosa, sono in genere larghe poco decine di metri, ma possono raggiungere lunghezze considerevoli come ad esempio La Spiaggia di Magazzini-Schiopparello che misura 3 Km. Spiagge a granulometria prevalentemente sabbiosa si rinvengono nel settore meridionale dell’isola, in particolare la Spiaggia di Marina di Campo dove l’arenile raggiunge una lunghezza superiore a 1,5 Km e sono presenti barre e cordoni litoranei emersi. Depositi di spiaggia non attiva sono osservabili a Schiopparello-Magazzini, dove si estendono per circa 100-200 m alle spalle della spiaggia attuale e bordano verso mare i depositi di laguna costiera antichi. Questi ultimi si estendono verso terra per circa 1 Km e sono ben marcati anche dall’andamento della Strada Provinciale di Bagnaia, che originariamente ne seguiva i margini. A Cala di Mola si riconosce un’antica laguna costiera, estesa verso l’interno per circa 1 Km e sbarrata verso mare da un cordone dunare oggi non più conservato a causa della recente realizzazione di opere portuali.

Lungo la costa sono presenti numerosi scogli emersi e semisommersi, testimoni dell’arretramento delle falesie; sono inoltre presenti alcune grotte di modeste dimensioni (ad esempio sul lato

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occidentale di Capo Pini), impostate lungo fratture o linee di debolezza del substrato. Un solco di battente attivo è stato riconosciuto sul lato orientale del Promontorio di Capo Marinaro e a Padulella.

Nel settore centrale dell’isola d’Elba si sono sviluppate le principali forme di origine antropica che riguardano soprattutto l’attività estrattiva. A Portoferraio la presenza dell’area portuale e delle opere connesse hanno modificato profondamente la morfologia della costa, così come la realizzazione di saline, oggi in disuso. Esiste la possibilità che le saline fossero state realizzate in corrispondenza di lagune, presenti anche in altri tratti costieri dell’area, ma l’intensa antropizzazione non permette il riconoscimento di forme caratteristiche. Un’altra importante opera antropica che ha modificato il paesaggio nell’area del Golfo di Portoferraio è la discarica degli altiforni presenti nell’area portuale e attivi fino agli anni ’50. Tutta l’area della discarica è oggi sede del settore artigianale, industriale e commerciale di Portoferraio.

Fig.4 Rada di Portoferraio

Il settore sud-orientale dell’isola d’Elba è dominato dal promontorio del massiccio del Monte Calamita che si erge bruscamente dal mare fino alla quota di 412 m. La costa del promontorio di Punta Calamita è circondata da ripide falesie, in gran parte attive, le quali raggiungono anche altezze superiori ai cento metri, come nel tratto di costa da Punta dei Ripalti a Punta Galera. In questa zona,

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sottoposta ad un’intensa azione erosiva del mare, sono presenti numerose grotte di origine marina di piccole dimensioni. La linea di costa è frastagliata ed articolata a causa delle numerose insenature intercalate a dorsali rocciose che si protendono verso il mare: ad esempio Punta Morcone e Punta Pareti che delimitano le omonime spiagge. I depositi di spiaggia emersa si ritrovano all’interno delle cale e delle piccole baie. Dal punto di vista granulometrico, questi depositi sono estremamente variabili, passando dalle sabbie grossolane ai grossi blocchi arrotondati. Nella Spiaggia della Madonna, a Morcone, a Pareti, nella Cala dell’Innamorata e presso la Spiaggia di Cala Grande, si rinvengono depositi alluvionali costituiti in prevalenza da sabbie sciolte e ghiaie scarsamente elaborate.

Lungo le coste alte a falesia spesso si rinvengono piccoli movimenti franosi prevalentemente di crollo e di ribaltamento.

Il Promontorio di Punta Calamita è fortemente caratterizzato dalla presenza di discariche minerarie a cielo aperto che sono state coltivate sin dall’epoca etrusca per l’estrazione dell’ematite e della magnetite. Anche se attualmente l’attività mineraria è sospesa, tali miniere continuano tutt’ora a rappresentare riserve minerarie strategiche per il nostro Paese. La miniera del Polveraio (Punta della Calamita), con un’estensione di circa 2 Km2, rappresenta uno dei più vistosi esempi di attività mineraria dell’isola, che conferisce una forte impronta al paesaggio del promontorio in esame. All’interno dell’area della miniera sono presenti una serie di terrazzi antropici che, a partire dalla quota di 250 m, scendono sino al livello del mare. Nel tratto di costa sottostante l’area mineraria, compreso tra Punta Rossa e Punta della Calamita, si individuano degli enormi massi arrotondati dall’azione del moto ondoso, formati principalmente da rocce mineralizzate.

Infine abbiamo il settore nord-orientale dell’isola d’Elba la cui morfologia è fortemente influenzata dall’assetto litologico e

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tettonico-strutturale del substrato. Il versante orientale è caratterizzato da una maggiore lunghezza e dalla presenza di un’elevata percentuale di rocce metamorfiche. Forme e depositi legati alla gravità sono diffusi lungo la fascia costiera, dove è presente una falesia di altezza inferiore ai 25 m, tranne a sud di Rio Marina dove è maggiore, e quasi continua, interrotta localmente da tratti di costa bassa.

L’assetto morfologico del versante orientale appare fortemente modificato dall’intervento antropico. Sono presenti sui versanti aree a terrazzamento agricolo, sia integre che in degradazione. Inoltre, forme relative all’attività estrattiva mineraria contraddistinguono il paesaggio costiero da Porto Azzurro fino a Cavo.

Fig.5 Lo sbocco della profonda insenatura di Porto Azzurro.

Anche la costa occidentale è caratterizzata da una falesia attiva di modesta altezza, sempre inferiore ai 25 m, interessata da fenomeni di crollo. La costa a falesia è interrotta localmente da vallecole a “V” con andamento normale alla linea di riva, che originano, al loro sbocco al mare, spiagge ghiaiose-sabbiose.

§ 1.3 Inquadramento geologico dell’Isola d’Elba.

La ricchissima letteratura geomineralogica dell’isola d’Elba è frutto sia dell’interesse storico di un’isola i cui giacimenti minerari di ferro sono stati coltivati dagli Etruschi, sia per l’ampia varietà litologica, rappresentata da rocce ignee, metamorfiche e sedimentarie,

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concentrata in un’area non molto estesa come quella dell’isola d’Elba pari a 224 Km2. Tra gli studi più importanti è doveroso citare

lo schema strutturale di Livio Trevisan (TREVISAN,1950;1951) confermato dagli studi successivi, che divide l’isola in V complessi tettonici.

La formazione dell’isola d’Elba ha avuto inizio con lo scontro tra due placche continentali, il sistema Corsica-Appennino.

Successivamente, nel Miocene, il cuneo orogenico Corsica-Appenino è stato interessato da tettonica estensionale che accompagnata da intensa attività magmatica diede luogo alla risalita di magmi, detti plutoni, per innalzamento dell’astenosfera e assottigliamento crostale.

La prima intrusione è andata a costituire il massiccio del Monte Capanne, nel versante occidentale dell’isola; mentre ad oriente si ha il secondo fenomeno intrusivo plutonico, corpo intrusivo di La Serra-Porto Azzurro, rimasto ad una profondità maggiore, sovrastato dalle rocce calcaree e scistose che caratterizzano questa parte dell’isola. Qui si assiste alla formazione dei giacimenti di ematite, magnetite e pirite (e tante altre specie mineralogiche), formatesi grazie al contatto di queste rocce con il magma.

Il più recente modello strutturale (BORTOLOTTI et alii, 2001) suddivide, il settore centro-orientale dell’isola, in nove unità tettoniche:

La prima è l’Unità di Porto Azzurro, composta da filladi,

micascisti e quarziti polimorfosate (“Gneiss del Calamita” Auctt.) appartenenti al Dominio Toscano. Queste rocce sono state interessate anche da intenso termo-metamorfismo indotto dall’intrusione monzogranitica di La Serra-Porto Azzurro. I litotipi metamorfici sono in parte ricoperti da calcari dolomitici cristallini e dolomie.

Segue l’Unità di Ortano, che è divisa da quella di Porto Azzurro da

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Capo Ortano. Questa fascia è costituita da porfiroidi, ossia meta vulcaniti acide grigie e scure, da quarziti nerastre e filladi, scisti e micascisti nero-bruni, da micro conglomerati quarzitici e quarziti e filladi grigio-argentee. In particolare gli Scisti di Capo d’Arco sono interessati da un notevole termometamorfismo.

L’Unità di Acquadolce affiora nell’Elba orientale, da Terranera a

Rio Marina e nel Golfo Stella, è divisa dall’Unità di Ortano da una fascia cataclastica costituita da un pacco di marmi massicci, parzialmente dolomitici, di spessore variabile e nella parte alta presentano una formazione di calcescisti ben stratificati. I calcescisti a loro volta passano ad una sequenza silicoclastica, composta da filladi grigio-nere-verdi con metarenarie, filladi quarzitiche nere e meta siltiti e infine meta calcari e calcescisti fossiliferi del Cretacico inferiore. L’Unità di Acquadolce è correlabile al Dominio Ligure-Piemontese.

La quarta Unità è quella di Monticciano-Roccastrada che affiora

nell’Elba orientale e con essa sono collegati i giacimenti minerari di Rio Marina. In questa unità troviamo alla base filladi grafitiche e metarenarie grigie, metasiltiti e meta conglomerati di ambiente litorale e deltizio. Segue una sequenza silicoclastica riconoscibile come “Verrucano” nella quale si distingue la Formazione della Verruca, e le Quarziti di Monte Serra, quarziti Verdi e Quarziti Bianco-Rosa, di ambiente fluviale e deltizio grossolano. Seguono calcari, calcescisti, scisti sericitici varicolori, grovacche tipo Pseudomacigno, che chiudono la serie. La sequenza silicoclastica è correlabile al Dominio Toscano.

L’Unità della Falda Toscana si estende, nell’Elba orientale, lungo

una striscia che va da Cavo a Porto Azzurro, e a ovest del fosso della Valdana nell’Elba centrale. E’ costituita da formazioni carbonatiche quali, Calcare Cavernoso, Calcare di tipo Pania di Corfino , Calcari tipo M. Cetona, Calcare Massiccio, Calcari stratificati grigi, Rosso

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Ammonitico, Calcari diasprigni, Marne a Posidonia. Questa serie è attribuibile al Dominio Toscano.

L’Unità Gràssera affiora sia nell’Elba centrale più precisamente

nel Golfo Stella, sia orientale, da Cavo a Porto Azzurro, ed è costituita da argilloscisti varicolori, spesso manganesiferi, con intercalazioni di calcari silicei. Può avere alla base calcescisti. L’unità è assimilabile alle unità del Dominio Ligure-Piemontese. L’Unità Ofiolitica è anch’essa un complesso tipicamente ligure,

composto da un “basamento oceanico” costituito da peridotiti serpentinizzate e gabbri, ricoperto da una coltre di basalti e da una successione sedimentaria con diaspri, calcari sub litografici e Calcari a Calpionella, Argille a Palombini.

L’unità Ofiolitica affiora principalmente nell’Elba orientale e centrale, ma è presente anche intorno al M. Capanne.

L’Unità del Flysch Paleogenico affiora nell’Elba orientale e in una

sottile fascia nel versante occidentale. E’ formata da argilliti fissili grigie, con scarse intercalazioni calcareo-marnose, calcarenitiche , arenacee e localmente anche di brecce carbonatico-ofiolitiche. Nell’unità sono presenti filoni aplitici e porfidi.

L’Unità del Flysch Cretaceo affiora nell’Elba centrale a ovest di

colle Reciso e ad est del Fosso della Valdana. E’ costituita da ofioliti e brecce ofiolitiche alla base, seguite da Argilliti a Palombini, Argilliti Varicolori e da una potente sequenza torbiditica da arenaceo-conglomeratica a calcareo-marnoso-arenacea. Anche questa unità come quella precedente è interessata da filoni spesso porfirici.

L’Elba occidentale è dominata dal plutone monzogranitico del

Monte Capanne circondato da un’aureola termometamorfica con un diametro di circa 8 Km. Tra le rocce dei complessi che lo circondano sono presenti i Complessi IV e V di TREVISAN (1950-1951), rappresentati dall’unità Ofiolitica e dall’unità del Flysch Paleogenico di cui sopra (BORTOLOTTI et alii, 2001).

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La granodiorite del M. Capanne è composta in prevalenza da plagioclasio andesitico, e in parte minore da ortose, quarzo e biotite. Gli accessori più frequenti sono apatite e zircone, quelli più scarsi tormalina e magnetite. Inoltre la granodiorite è attraversata, nelle sue zone periferiche, da un gran numero di filoni di apliti granitiche a biotite e tormalina. Questi minerali hanno reso celebri i filoni aplitici dell’Elba, in particolare quelli della zona fra S. Piero e S. Ilario in Campo. Oltre ai filoni aplitici vi sono anche filoni di porfidi granitici e granodioritici.

Come già accennato prima il secondo stock granitico dell’isola è quello monzogranitico di La Serra-Porto Azzurro che costituisce il basamento di tutta la parte sud-orientale dell’isola, e che affiora solo nel Fosso del mar dei Carpisi.

Questa roccia è di composizione simile a quella di M. Capanne, differisce per una maggiore abbondanza dell’ortose e della tormalina.

Inoltre alla messa in posto dell’intrusione di La Serra-Porto Azzurro, nelle fasi estensionali dell’orogenesi, è connessa la formazione dei giacimenti minerari e degli skarns.

I depositi quaternari sono poco presenti e sono rappresentati da sedimenti di origine continentale, ed in particolare da depositi eolici, depositi alluvionali, localmente terrazzati da depositi eluvio-colluviali, da accumuli di frana e di debris flow, e da depositi di spiaggia attuale.

I giacimenti minerari di ferro dell’epoca etrusca si trovano nell’Elba orientale. Ormai cessate tutte le attività industriali rimane un Parco minerario.

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§ 1.4 Inquadramento meteomarino dell’Isola d’Elba.

Per quanto riguarda l’inquadramento meteomarino dell’isola d’Elba si è deciso di utilizzare i dati meteomarini forniti dall’Istituto Idrografico della Marina, per le stazioni di Capraia, a nord dell’isola, Isola del Giglio a sud ed anche Montegrosso (Elba). I dati riferiti a queste stazioni si trovano nel I Vol. de “Il vento e lo stato del mare

lungo le coste italiane e dell’Adriatico” (1980), dell’Istituto

Idrografico della Marina, nel quale sono raccolti i dati meteomarini rilevati tre volte al giorno nelle 15 stazioni del Mar Ligure e del Tirreno Settentrionale.

La serie di dati relativa alla stazione di Capraia copre un periodo di registrazioni pari a 18 anni; la serie della stazione dell’isola del Giglio 20 anni ed infine la stazione di Montegrosso 27 anni.

Questi dati consentono di definire il clima ondoso della linea di costa esaminata.

Per la stazione dell’isola di Capraia i venti più frequenti provengono da SE e NO, e in percentuale notevole anche da NE; per Montegrosso la direzione più frequente è quella SE e in percentuale notevole anche O e NO, infine la stazione dell’isola del Giglio è maggiormente interessata dai venti provenienti da S e in discreta percentuale anche SE e SO.

Fig.6 Frequenze medie in percentuale dei venti per le stazioni di: Capraia; Montegrosso; Giglio. (da “Il vento e lo stato del mare lungo le coste italiane e dell’Adriatico”, Istituto Idrografico della Marina, 1980).

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La direzione di provenienza delle mareggiate, misurate su frequenze percentuali del mare forza 6-8, occupa il IV° quadrante nel caso di Capraia e Montegrosso (fig.7–8), mentre per l’isola del Giglio le mareggiate interessano particolarmente il II° e III°

quadrante (fig.9). Fig.7 Capraia

Fig.8 Montegrosso (Elba) Fig.9 Giglio

(da “Il vento e lo stato del mare lungo le coste italiane e dell’Adriatico”, Istituto Idrografico della Marina, 1980).

Comunque per quanto riguarda lo stato del mare nei diversi mesi dell’anno calcolato su frequenze medie in percentuale, le tre stazioni hanno più o meno gli stessi risultati, infatti, lo stato prevalente è quello relativo a MARE 2-3 con altezza medie delle onde più grosse e ben formate compresa tra 0,10 e 1,25 metri. Le percentuali sono rispettivamente: Capraia 54%; Montegrosso 56,7%, Isola del Giglio 55% (fig.10).

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Fig.10 Stato del mare nei diversi mesi nelle stazioni di Capraia, Montegrosso e Giglio. (da “Il vento e lo stato del mare lungo le coste italiane e dell’Adriatico”, Istituto Idrografico della Marina, 1980).

Capraia

Montegrosso

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Figura

Tab.  1  Morfotipi  presenti  in  Toscana  (Barsanti  et  alii,  “Elementi  di  gestione  costiera

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