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Il preavviso nel cambio di appalto

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@bollettinoADAPT, 22 settembre 2014

Il preavviso nel cambio di appalto

di Pietro Rizzi

Tag: #preavviso #cambioappalto #CCNL #lavoro

Tra le molte problematiche che il cambio di appalto porta con sé c’è senza dubbio anche il preavviso, prescritto dall’art. 2118 c.c., e disciplinato nello specifico dai diversi Ccnl.

Tale norma nasce giustamente dalla necessità di garantire alla parte che subisce il recesso un tempo sufficiente a riorganizzarsi e, qualora invece manchi il preavviso, fattispecie prevista nello stesso articolo del codice civile, venga allo stesso modo riconosciuta un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso, la c.d. indennità di preavviso. La prassi in caso di cambio d’appalto, soprattutto se di notevole entità, vede ormai intercorrere un lasso di tempo variabile tra l’aggiudicazione di una gara, l’esame della situazione da parte dell’impresa subentrante e delle organizzazioni sindacali per valutare gli eventuali mutamenti delle esigenze tecnico-organizzative, ricorsi amministrativi, ed il reale subentro. L’impresa cessante si trova quindi in una specie di “limbo” nel quale non si sa per quanto tempo rimarrà e ciò si ri-percuote chiaramente sui lavoratori che, per quanto i Ccnl garantiscano loro l’assunzione da parte dell’impresa subentrante, sono coinvolti in questa situazione di incertezza.

Le parti firmatarie di Ccnl di settori nei quali i cambi di appalto sono la regolarità, come nel caso di quello per il personale dipendente da imprese esercenti servizi di pulizia e servizi integrati/multi servizi oppure quello per i dipendenti da aziende della ristorazione collettiva, hanno con lungimi-ranza affrontato la questione del preavviso specificando in modo esplicito che per il personale coin-volto nel passaggio di appalto, qualora non vi sia soluzione di continuità, l’azienda è esonerata dalla corresponsione dell’indennità sostitutiva del preavviso. Ciò ha chiaramente logica, sia poiché il la-voratore non subisce alcun danno economico, sia poiché l’erogazione dell’indennità sostitutiva del preavviso da parte delle imprese cessanti sembrerebbe una beffa per queste ultime, che non solo si vedrebbero privare degli introiti derivanti dal mantenimento dell’appalto, ma sarebbero inoltre tenu-te all’esborso di rilevanti somme a favore di lavoratori ai quali mutenu-terebbe solamentenu-te il proprio dato-re di lavoro.

Altri Ccnl, di settori in cui vige il cambio di appalto, non prevedono nulla riguardo il preavvi-so e ciò rappresenta allo stato attuale un problema di notevole entità. Un capreavvi-so su tutti il Ccnl Mobilità, area attività ferroviarie, che vuole regolamentare il rapporto di lavoro per il personale, viaggiante e non, tradizionalmente dipendente da Trenitalia. Le Parti sembrano aver compreso la necessità delle aziende a ricorrere all’appalto, soprattutto per accompagnamento treni notte e servizi connessi, assistenza e/o ristorazione a bordo treno, pulizia sul treno o negli impianti e relativi servi-zi ausiliari nell’ambito delle attività di trasporto ferroviario, come ben specifica l’art. 16 bis, tuttavia tali ambiti, abbastanza limitati in passato, si sono sviluppati sensibilmente dall’entrata in funzione

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dell’Alta Velocità-Alta Capacità e meriterebbero di essere disciplinati più in dettaglio così come ri-chiesto, ormai da molto, dalle associazioni datoriali dei vari settori di riferimento.

Questo vuoto normativo nell’ambito della Mobilità non è passato inosservato e numerosi lavoratori che hanno cessato il loro rapporto di lavoro con le imprese uscenti, attraverso licenziamento per giustificato motivo oggettivo, astrattamente inquadrabile nell’alveo dell’art. 2118 c.c., hanno propo-sto ricorso per l’accertamento ed il riconoscimento del diritto all’indennità di preavviso, così come previsto dall’art. 53 Ccnl Mobilità, area attività ferroviarie, nonostante fossero passati presso il nuo-vo datore di lanuo-voro senza alcuna soluzione di continuità.

Le diverse sezioni del lavoro che si sono trovate a dover giudicare si sono orientate, in assenza di un intervento correttivo del legislatore o della contrattazione collettiva che regolamenti la fattispecie, a dare ragione ai ricorrenti, ma sempre con maggiore frequenza hanno rilevato, la Se-zione del Lavoro del Tribunale di Milano in primis, che nonostante i giudici non abbiano altre pos-sibilità tale valutazione è discorde rispetto alle finalità sottese alla disposizione di cui all’art. 2118 c.c., così come interpretato dalla Corte di Cassazione in Cass. 21 gennaio 2014, n. 1148, che sareb-bero individuate “nell’esigenza di impedire che il lavoratore si trovi all’improvviso e contro la sua volontà di fronte alla rottura del contratto ed in conseguenza di ciò versi in una imprevista situazio-ne di disagio economico e, dall’altra, in quella di consentire che il lavoratore stesso possa usufruire di un tempo minimo per trovarsi una nuova occupazione o di organizzare la propria esistenza nell’imminenza della cessazione del rapporto di lavoro”. I criteri appaiono quindi il disagio econo-mico imprevisto, che in caso di cambio di appalto il lavoratore non subisce, oltre al tempo necessa-rio per trovare una nuova occupazione, che risulta manifestamente inutile avendo il lavoratore in-staurato un nuovo rapporto di lavoro contestualmente alla cessazione del precedente.

La Suprema Corte, nella medesima sentenza, sembra quindi contraddirsi riconoscendo l’indennità di preavviso.

D’altro canto è possibile riflettere verso quale altra soluzione potrebbe propendere la parte datoriale cessante per rispettare correttamente la normativa. Premettendo che un preavviso ge-nerico di cambio di appalto senza conoscere la data esatta di cessazione del rapporto potrebbe appa-rire poco valida, sia giuridicamente sia concettualmente, si può riflettere sull’eventualità che l’impresa, anche in rispetto delle sentenze, comunichi il preavviso solo dopo aver conosciuto il giorno esatto di cessazione. In tal caso il lavoratore si troverebbe costretto, per assumere servizio presso l’azienda subentrante, a presentare dimissioni e, trasponendo analogamente il ragionamento della giurisprudenza, a dover corrispondere l’indennità di preavviso all’impresa cessante. Tale si-tuazione sarebbe vessatoria nei confronti del lavoratore dal quale ne deriverebbe per lui un danno sensibile. La soluzione migliore sarebbe dunque una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, ma proprio perché consensuale essa dovrebbe derivare dalla comune volontà delle parti, e chiara-mente non imponibile.

Appare quindi evidente, alla luce di tali ragionamenti, la falla dell’impianto normativo nei Ccnl che non contemplino tale fattispecie, ed in assenza di un cambio di orientamento della giurisprudenza esistente, che appare quanto meno improbabile, spetta alla contrattazione col-lettiva agire quanto prima per evitare che si sviluppino danni a carico dei lavoratori o delle imprese.

Pietro Rizzi

Scuola internazionale di dottorato in Formazione della persona e mercato del lavoro ADAPT-CQIA, Università degli Studi di Bergamo

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