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Di una alternativa all'inflazione nell'economia di guerra

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(1)

I UNA ALTERNATIVA

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FLAZIONE NELLA

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JUKACCOH[

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(4)
(5)

VITTORIO MARRAMA

DI UNA ALTERNATIVA ALL'INfLAZIONE

NELL'ECONOMIA DI GUERRA

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(9)

INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO 1. - IL PROBLEMA DEL FINANZIAMENTO DELLA GUERRA.

Pago

§ 1. Premessa . . . 15 § 2. Spese militari in uno Stato lontano dalla guerra . . . 18 § 3. Spese militari in uno Stato che si prepara alla guerra 25 § 4. Spese di guerra in uno Stato belligerante 33

CAPITOLO II. - ALCUNE ESPERIENZE IN CORSO.

§ l. Considerazioni preliminari. § 2. Stati Uniti

§ 3. Inghilterra S 4. Germania .

§ 5. Considerazioni conclusive

CAPITOLO III. - IL RISPARMIO FORZATO.

§ l. Generalità. . . . § 2. Il sistema tedesco . . .

§ 3. Il sistema progettato dal Keynes

§ 4. Il sistema delle assicurazioni obbligatorie sulla vita § 5. Conclusioni . . . .

INDICE DEI NOMI .

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INTRODUZIONE

1. - Nel 1916 il Prof. Amoroso, iniziando la lettura di un discorso sul costo della guerra, pronunciava tra l'altro le seguenti parole: « Inchiniamoci per gratitudine ai forti che la morte quotidianamente affrontano ed i disagi sopportano: inchiniamoci ancora ai popoli che per uno scopo ideale virilmente affrontano una distruzione di ricchezze, della quale più grande non conosce la storia: la resistenza economica è fenomeno altrettanto superbo quanto la resistenza militare». Ma soggiungeva poco dopo: « lo chiedo ai miei ascoltatori uno stato d'animo di serena obbietti-vità: dimenticare per un istante che la guerra è la passione della nostra vita giornaliera: dimenticare le ferite che essa ha inferte nell'animo di ciascuno di noi, e pensare ad essa con la serenità di spirito con cui si mediterebbe una tragedia passata e lontana ... Le passioni, l'amore come l'odio, sono sante talora, sono talora forze veementi che spingono all'azione, ma non giovano alla serena valutazione delle forze in giuoco» (I).

Quali parole meglio di queste riuscirebbero a definire, con lo stesso potere di sintesi e con la stessa efficacia, quella che deve essere la posizione psicologica dell'economista di fronte ai feno-meni economici e finanziari derivanti dalla guerra, perchè ne possa obbiettivamente esaminare gli aspetti e valutare le ripercussioni?

(I) It costo delta guena, in «Giornale degli Economisti» dicembre 1916. Discorso letto il 17 novembre nel R. Istituto Superiore di Studi Commerciali di Bari per l'inaugurazione dell'anno accademico.

(12)

-Anche il Pigou, scrivendo del costo della guerra, faceva osser-vazioni di carattere introduttivo pressochè analoghe (I).

Nella serena e cosciente indagine di questi fenomeni sta d'altro canto il contributo .dell'uomo di studio allo sforzo che compie tutta la nazione per il conseguimento della vittoria finale delle armi. La quale, oltrechè dipendere da fattori extraeconomici, come la strategia, il morale, il sistema delle alleanze politiche e militari ecc., è anche strettamente legata al fattore economiço. 2. -

E

noto che la passata guerra mondiale sorprese i paesi belligeranti in uno stato di forte impreparazione dottrinale. Ciò si dovette principalmente a due cause: I) al marcato carattere locale dei conflitti verificatisi dopo le guerre napoleoniche; 2) alla breve durata di essi, connessa ad un impiego di mezzi di offesa e di difesa scarsamente specializzati. Cause queste che mantennero relativamente basse le spese delle guerre allora com battute. Si pensi ad es. che il conflitto franco-tedesco del 1870 costò global-mente alla Germania poco più di 2 miliardi di marchi. Ora, benchè questa spesa sia da considerare in rapporto al valore di quell'epoca della moneta ed alla entità del reddito, il suo importo rimane sempre molto basso (2). Spese egualmente esigue comportarono cosi la guerra anglo-boera che la guerra russo-giapponese.

Conseguenza naturale di queste modeste esperienze fu che la scienza economica ebbe a considerare il fenomeno « guerra» come eccezionale e non meritevole pertanto di particolare inda-gine scientifica. D'altra parte la teoria liberale, allora solidamente fondata su principi individualistici per le non remote impronte di filosofia cartesiana ed illuministica, riteneva che anche in questa evenienza la normale vita economica non avrebbe dovuto subire alterazioni 'di ~orta. A ben guardare non possiamo dire che gli

(I) The economy and finance oj 'War, Londra, I916, pago 9·

(2) Il rapporto tra spese pubbliche e reddito nazionale durante la guerra franco-tedesca si aggirò per la Germa.nia sul 16-17 %. Come si vede questa percentuale è di poco più elevata di quella relativa agli odierni rapporti tra ' spese e reddito in tempo di pace (v. K. BURKHEISER, Quellen unti Methoden de1 Kri:egsfinanzierung, in ~ Finanzarchiv,) 1940, voI. 8, n. I).

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-economisti classici errassero ne1 considerare il fenomeno da questo punto di vista; a ciò li autorizzava pienamente l'esperienza che

avevano sotto gli occhi. .

Alle menzionate cause di inattività scientifica negli studi di economia e finanza di guerra se ne aggiungeva, nei primi anni del secolo attuale, un'altra, che contribuiva a mantenere povera la letteratura in materia: la convinzione cioè che la guerra futura sarebbe stata brevissima, non potendo gli Stati sopportare che per pochi mesi un conflitto che si annunziava dispendiosissimo per il progresso nella tecnica degli armamenti. Nei pochi studi in argo-mento che apparvero prima dello scoppio delle ostilità, tutti mantenevano i loro calcoli sulle spese di guerra intorno à cifre modeste e non osavano neanche prevedere, per rispetto agli orto-dossi principi monetari (I), un fabbisogno finanziario superiore ad un anno. Ricorda il Wagemann (2) che soltanto il colonneilo von Renauld calcolò con grande approssimazione nel Ig01 quello che sarebbe stato il costo della guerra per la Germania. Egli ritenne infatti che tale costo si sarebbe aggirato intorno ai 22 miliardi di marchi, ciò che in realtà si verincò nel J915 quando le spese ammontarono a 23 miliardi. Anche il Renauld però non spinse le sue previsioni oltre un anno di guerra (prevista per il Ig22).

Si può perciò convenire pienamente con il Piatier quando osserva che nel 1914 non esisteva neppure la nozione dell'economia di guerra (3).

(I) Sull'attitudine dei governanti e del pubblico del 1914 nei riguardi della moneta, vedasi P. E1NZ1G, Economie warlare, Londra, J940, pagg. 8-2 I. Si leggano inoltre alcuni interessanti brani dell'altro libro dell'EINZIG, Eco-nomie probtems 01 the next war, Londra, 1939, riportati integralmente dal FOVEL in un suo articolo-recensione apparso tempo fa (Guerra senza inflazione, in 4 Politica Sociale» febbraio-marzo 1940).

(2) Wo kommt das viele Geld her. Geldsch,OPlung und Finanztenkung in Krieg und Frieden, Diisseldorf, 1940, pagg. 17-18.

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Brusco risveglio si ebbe all'inizio del conflitto mondiale, che, per la sua estensione e per la raggiunta elevata (( industria-lizzazione» degli armamenti, impostò immediatamente un com-plesso di problemi alla soluzione dei quali non si era fino allora mai pensato in misura adeguata (I). SU bi to si ripetè la previsione che la guerra sarebbe durata poche settimane. ((

E

nel sentimento di tutti - scriveva il Pantaleoni - una trasformazione soltanto provvisoria, che tra breve, dovrà dar luogo ad una nuova trasfor-mazione inyersa, e perciò è trattata come tale dai singoli e dagli organi degli interessi collettivi» (2). L'esperienza si incaricò di dimostrare l'erroneità di queste profezie, e con l'andar dei mesi e degli anni non pochi furono gli economisti che si indussero a cambiar parere sulle effettive possibilità di finanziamento che esi-stono in un paese ed a dedicarsi allo studio di questioni per il

pas-sato trascurate.

Oggi possiamo constatare che il contributo dato dagli stu-diosi di economia durante la passata guerra mondiale alla solu-zione dei problemi da questa derivanti è stato notevolissimo, sicchè verso la fine del conflitto gIà molta luce si era fatta su quanto di sacrifici, spese e rinuncie implica una guerra altamente tecniciz-zata, estesa e di lunga durata. Non per nulla allo studio di eletti problemi si dedicò una eletta schiera di economisti tra i più il-lustri che la storia economica ricordi (3). Ma questo avveniva grano olandese, stimando che era inutile sovraccaricare la Germania con stock di grano troppo rilevanti! Poco dopo l'Inghilterra iniziava il blocco che ren-deva difficili i rifornimenti del Reich.

(I) La nuova tecnica della guerra totale ed i derivati nuovi aspetti eco-nomici della siessa sono egregiamente tratteggiati dall'ARENA in un suo re-cente studio (L'economia di guerra, Roma, 1941, pago 7 e segg.). Per un esame completo ed originale, sebbene un pò troppo teorico, del fabbisogno in uomini, in armi ed in materiali per la condotta di una guerra moderna vedasi S. Pos-SONY, L'economia della guerra totale, Torino, 1939, parte I.

(2) Fenomeni economici della guerra, in (, Giornale degli Economisti» marzo 1916,' e numeri successivi.

(3) In Italia si occuparono dello studio dei fenomeni economici e finan-ziari della guerra economisti come PANTALEONI, EINAUDI, BACHI, AMOROSO, CABlATI, GRIZIOTTI per dire soltanto di alcuni. Chi voglia avere un'idea più

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-~-purtroppo soltanto a guerra inoltrata, cosicchè gli uomini di governo dovettero far fronte in un primo momento ed ancora per molto alla nuova situazione di emergenia senza l'ausilio di una solida base dottrinale su cui poggiare la loro politica, con un minimo di sicurezza riguardo alle ripercussioni sia spaziali che temporali che ne sarebbero derivate. ti I governi lanciarono i loro paesi in una guerra di dimensioni senza precedenti - scrive l'Ein-zig - ignorandone le ripercussioni economiche e non prendendo nessuna delle misure che, alla luce degli eventi successivi, doveva apparire come una questione di buon senso» (I).

Le dolorose conseguenze del loro agire furono da tutti indi-stintamente, tanto belligeranti che neutrali, scontate durante e specialmente dopo la guerra. Riprova questa della necessità che l'economia, come scienza, non può limitarsi a studiare quanto avviene in un mercato perfetto dove tutto funziona automatica-mente in base a certe leggi, sia pure per esperienza trovate esatte, ma deve anche portare la sua indagine su quanto accade in un ambiente caratterizzato dalla presenza di attriti e talora di scon-volgimenti, tra i quali la guerra, che capovolgono o turbano grave-mente la posizione di equilibrio tendenziale propria di un deter-minato sistema economico, e che non possono essere superati se non mediante un'attenta revisione, per quanto non modifica-trice di principi, delle nozioni acquisite. « La vera scienza, diceva Barone, non ha feticci ».

Gli scritti che fiorirono dopo la passata guerra mondiale unitamente a quelli già compilati nel corso della stessa ed a quelli che comparvero non appena si ebbe sentore dell'approssimarsi del·nuovo conflitto, hanno creato una vasta letteratura in materia,

completa dell'apporto italiano alla corrente di pensiero alimentata dalla guerra consulti il succoso studio bibliografico del RUIN!, Rassegna di studi sulla po-litica ecorwmica e finanziaria di guerra, in «Studi economici, finanziari e cor-porativi » aprile 1941. Dello stesso Autore vedi anche, L'economia di gue"ra, Bari, 1940, libro che può considerarsi come un'introduzione allo studio della economia di guerra.

(I) Ecorwmic warfare, cito pago 8.

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-che si è dimosfrata oggi utilissima agli uomini di governo quando si è trattato di impostare e man mano risolvere i problemi della guerra in corso (1). Riprova questa, a conforto della precedente, della utilit'à della scienza economica che, applicata allo studio di nuove questioni, ha il diritto e nel contempo il dovere di pronun-ciare la sua parola in piena obbiettività di vedute. Per cui può sempre ripetersi con il Prof. Papi che ({ invano si cercherebbe di proclamare il tramonto o la bancarotta di un sistema di verità, accertate mediante un rigoroso determinismo logico e control-late dai fatti» (2).

Sebbene gli scritti più recenti sull'economia di guerra poco aggiungano, dal punto di vista sostanziale, a quelli dei grandi economisti che fecero sentire la loro autorevole voce nella passata guerra e negli anni che immediatamente la succedettero, sarebbe tuttavia erroneo sminuire l'importanza degli apporti di pensiero che man mano si sono venuti accumulando negli ultimi anni e che si danno tuttora. Come le altre scienze, anche l'economia si arric-chisce gradualmente di nuove esperienze e di nuove formulazioni teoriche, ed il contributo del singolo, seppure minimo, giova alla costruzione dell'edificio scientifico. Lo stesso dicasi per quella particolare branca, non a sè ma intimamente connessa al tutto, che riguarda l'economia di guerra (3). L'essenza dinamica del-l'organizzazione politica e perciò economica dei popoli richiede questo processo di aggiornamento dei presupposti scientifici dell'economia senza di che l'intero edificio peccherebbe di sta-zionarietà.

(I) Vedasi a proposito del libro famoso del BRESCIANI- TURRONI sulle vicende del marco tedesco dopo la passata guerra e degli insegnamenti uti-lissimi che da esso si ricavano il recente scritto del CABlATI, Gli insegnamenti

dell'inflazione tedesca post-bellica, in « Rivista di Storia Economica» giugno 194 I.

(2) Lezioni di economia politica corporativa, Padova, 1939, VoI. I, pago 14· (3) Sulla questione se l'economia di guerra debba considerarsi come una sezione speciale dell'economia politica oppure come la negazione di questa vedi A. PIATIER, loc. cit. pago 15, e segg ; C. RUINI, Economia di guerra, cit. pago 57 e segg.

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-3. - Sarebbe difficile comprendere l'evoluzione dell'odierna economia di guerra se non si ponesse mente ad un fenomeno che ha caratterizzato il trascorso ventennio di pace, e che oggi dà il tono alla politica economico-finanziaria dei paesi belligeranti: l'intervento sempre più intenso dell~ Stato nella vita economica nazionale. Sulla importanza di questo intervento e sulla neces-sità della sua intensificazione in tempo di guerra reputiamo neces-sario spendere qualche parola in questa introduzione, per quanto solo in seguito sarà possibile apprezzarne tutta la portata.

Altra questione da considerare in via preliminare è quella della maggiore o minore preminenza dell'aspetto economico del problema del finanziamento della guerra sull'aspetto finanziario del problema stesso. Anche di tale questione diremo qui breve-mente. perchè è sopra tutto nella trattazione seguente che se ne può trovare la soluzione definitiva. Comunque deve fin d'ora mettersi in rilievo che uno stretto rapporto di interdipendenza esiste tra il grado di intensità dell'intervento statale e la valuta-zione attribuita al finanziamento in senso stretto (raccolta dei mezzi di pagamento) rispetto al finanziamento in senso lato (sfrut-tamento delle risorse economiche presenti e future) (I).

4. - Se una differenza sostanziale esiste tra l'organizzazione economica interna dei vari Stati all'inizio della guerra mondiale e quella all'inizio dell'attuale conflitto essa deve ricercarsi nel fattore « intervento dello Stato l). Mentre allora il passaggio dal-l'economia di pace aldal-l'economia di guerra si verificò, per espri-merci in termini pantaleoniani, sotto forma di percussione, so-pratutto perchè repentina fu l'adozione di un regime di controllo in luogo di un regime di liberismo economico, nel 1939 tale pas-saggio si è svolto quasi senza scosse perchè in tutti i paesi, dove più dove meno, il controllo statale dell'economia era già un fatto compiuto. Di questa evoluzione strutturale, che distingue

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mente le premesse dottrinali e di fatto, da cui prese le mosse la regolamentazione coattiva dell'economia nella passata guerra mondiale, dalle premesse su cui si impernia l'odierna politica eco-nomica e finanziaria, coglieremo meglio l'importanza decisiva più avanti, quando esamineremo i metodi adottati in pratica da alcuni paesi per finanziare le spese di guerra. Sia sufficiente per ora ricordare che da questa diversità di premesse è derivata una fondamentale divergenza di politica; mentre infatti dal 1914 al 1918, anche nel periodo di massimo intervento statale, i gover-nanti pensarono ed agirono sempre su di un piano individuali-stico, oggi invece essi hanno operato fin dal primo momento su di un piano statalistico, con un totale mutamento dei

presup-posti concettuali. .

Ciò ripetasi per il campo dottrinario. Le vivaci discussioni sulla opportunità o meno dell'intervento statale nella vita econo-mica del paese durante l'emergenza, ancora possibili nel corso della guerra mondiale, non sono oggi neanche sorte. Il concetto su cui si fonda la necessità dell'intervento ci sembra del resto facilmente individuabile. Poichè alberga nella stessa natura umana l'istinto della lotta per il raggiungimento del benessere, diviene indispensabile durante il conflitto, se anche non lo fu in tempi normali, limitare questa competizione che sarà altrimenti dannosa allo Stato ed a determinate categorie di cittadini. Tollerare la lotta sarebbe pericoloso, sperare in una autolimitazione dei sin-goli, concezione da Tommaso Moro! « Nessun economista -osservava altra volta il Barone - che non sia schiavo di pre-concetti potrebbe negare la sua approvazione a questo inter-vento l) (I).

~er gli economisti italiani e tedeschi, che già da tempo coope-rano alla formulazione di principi teorici aderenti alla nuova configurazione storica dell'economia, quanto detto appare ovvio. Ma lo stesso può dirsi anche per gli economisti anglosa.ssoni, che ormai non esitano pitI a pronunciarsi, nella maggioranza, in favore di un ampio intervento dello Stato. Chi, come ad esempio

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-ultimamente l'Hayek (r), pensa ancora di poter affidare la solu-zione dei vari problemi economici della guerra alle libere forze del mercato, è, a nostro avviso, fuori della realtà. « Questa è una idea interessante - afferma il Clarke non alludendo però espli-citamente all'Hayek - ma è difficile pensare che i suoi sosteni-tori ne raccomandino seriamente l'adozione» (2).

E

vero però che lo stesso Hayek in un articolo successivo a quello menzionato, nel quale riafferma la preminenza del meccanismo dei prezzi rispetto a qualunque altro sistema di regolamentazione coattiva del mercato, attenua l'intensità delle sue precedenti affermazioni in vista di problemi di equità e di finanza statale che lo lasciano dubbioso sulla opportunità di un libero pricing.

Ad eccezione di qualche dissenziente ostinato, è chiaro però che la predominante corrente dottrinale anglosassone è favorevole ad un largo intervento dello Stato in tempo di guerra. Basti qui ricorrlare tra gli altri il Keynes che, fin dall' epoca del suo studio sull'autarchia economica, si è decisamente schierato, sebbene con qualche riserva, nel campo di coloro che riconoscono le nuove funzioni dello Stato come organo ultimo di controllo e direzione dell'economia nazionale (3).

. Qualche differenza tra sistema e sistema può se mai regi-strarsi riguardo all'intensità di tale intervento. Rimane però in ogni caso da escludersi il tipo limite di intervento, caratteristico di una economia collettivista. Eppure, potrebbe osservare qual-cuno, in una economia collettivista c'È' l'enorme vantaggio che

(I) Pricing versus rationing, in « The Banker ,), settembre J939. (2) The economie effort 01 the war, Londra, 1940, pagg. 16-17. Vedi anche in questo senso: dello stesso Autore, Organizing industry 101' de/e'rose, in «The Banker '), agosto 1939, e J. STAFFORD, Planning 101' war, in (, Economie J our-nal~, marzo 1940.

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non esiste il problema della raccolta dei mezzi di finanziamento. Questo è vero, ma esistono tanti altri svantaggi, quali la difficoltà di organizzare in pratica un totale razionamento della produzione e del consumo ed il pericolo di una eccessiva burocratizzazione, che sommergono il vantaggio anzidetto di una completa assenza del problema finanziario. La distribuzione del flusso dei beni disponibili e degli impieghi, osserva l' Arena, avviene nel modo più economico « ma solo da un punto di vista astratto, perchè una siffatta organizzazione integralmente collettivista dell'eco-nomia incontrerebbe attriti concreti nel modo di sentire degli individui ed altri costi nella piena burocratizzazione dell'economia. Anche di fronte alle nuove esigenze che accrescono il carattere collettivo della vita economica è opportuna certa libertà» (r). 5. -- Pochi cenni ora sulla seconda questione preliminare. Per lo Stato che entra in guerra il problema da risolvere si riduce praticamente ad uno solo, quello cioè di procacciarsi i beni indispensabili per armare, equipaggiare ed alimentare le truppe combattenti. Questo problema, che chiameremo fonda-mentale, si fraziona in pratica in mille altri, che profondamente diversificano lo stato di guerra dalle normali condizioni di pace. Riteniamo che preoccupazione dello studioso di fronte ad un cosi complesso problema, debba essere in primo luogo quella di sceverare gli aspetti sostanziali dai formali per evitare di smar-rirsi in un inestricabile labirinto di nozioni e perdere in tal modo di vista il nocciolo del problema stesso, in secondo luogo quella di suddividere per grandi settori gli aspetti sostanziali, si da poterne singolarmente valutare l'i.mportanza ai fini dello studio che si è . proposto di svolgere.

(I) L'economia di guerra, cito pago 30. Vedi anche in questo senso, K. BUR-KHEISER, Kriegsfinanzierung und Wirtschajtssystem, in « Bank Archiv», 15 luglio 1940. Per una completa indagine sulle difficoltà cui vanno incontro, anche in tempi normali, i regimi collettivisti V. G.U. PAPI, Lezioni di economia

politica corporativa, Padova, 1939, VoI. III, pago 185 e segg., e Schemi re-centi di comunismo e socialismo, in «. Giornale degli Economisti » maggio-giugno 1936.

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-Per una· efficiente soluz.ione del problema fondamentale anzidetto, lo Stato deve da ~na parte cercare di, moltiplicare il flusso di certi beni (finanziamento in senso lato), dall'altra pro-curarsi i mezzi di pagamento occorrenti.per fronteggiare le spese di acquisto dei beni stessi (finanziamento in senso stretto). Sono i due aspetti sostanziali del problema fondamentale; tutti gli altri dipendono da questi più o meno strettamente.

La questione economica e quella finanziaria, sebbene distinte tra di loro, rimangono però sempre aspetti diversi dello stesso problema, e stanno pertanto in intima connessione reciproca. Molte discussioni sono sorte in questi ultimi tempi sulla valutazione da attribuire alle due questioni, se cioè' sia preminente il momento economico oppure quello finanziario. A nostro avviso non v'è dubbio che, al fine della condotta vittoriosa delle opera-zioni militari, il lato preminente del problema fondamentale sia quello economico. Per quanto si possa dire, infatti, nessuno può ragionevolmente negare che per vincere quel che importa sopra-tutto è mettere le truppe combattenti di terra, del mare e del cielo in condizione di battersi efficacemente. Ora questo obbiet-tivo può raggiungersi soltanto se il flusso dei beni all'uopo neces-sari si mantiene costantemente in aumento in dipendenza delle esigenze di carattere militare.

Tra gli economisti, specialmente i tedeschi condividollo in pieno questa opinione, sostenendo che la questione finanziaria ha soltanto un'importanza di secondo piano. « Il comando - scrive il Koch - è diventato il principio fondamentale della trasforma-zione economica, l'inflazione e la deflazione il principio se-condario» (I).

Una volta assicurato lo sfruttamento delle risorse presenti e del patrimonio per quel tanto che è necessario a garantire un flusso di beni di guerra corrispondente alle esigenze della condotta delle operazioni militari, il problema fondamentale è pratica-mente definito. L'aspetto finanziario del problema stesso si risolve

(I) Finanzpolitik und Einkommenspolitik, in (. Finanzarchiv~, 1940, voI. 8, n. I.

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-da sè automaticamente, come vedremo con maggiori dettagli in seguito parlando della Germania.

Senonchè questa asserzione è esatta soltanto per certi paesi. Nessun dubbio che in una economia fortemente controllata dallo Stato già in tempo di pace la posizione di secondo piano del finan-ziamento in senso stretto rispetto al finanziamento in senso lato risponda alla realtà. Ma se altrettanto può dirsi per le organiz-zazioni economiche che, seppnre con molti limiti, erano ancora imperniate, prima dell'attuale guerra, su principi liberali, per queste la rigidità della predetta asserzione va notevolmente attenuata. Tutto in definitiva dipende dall'abitudine che le diverse economie hanno contratto ad un regime di esteso e intenso inter-vento statale. Nei paesi in cui il maggiore intervento dello Stato non costituisce una novità, i poteri centrali possono operare con più decisione nel rendere liberi i mezzi di pagamento necessari e quindi nel rastrellarli, essendo le reazioni del mercato già sopite per l'ahitudine al sistema. Diversamente invece accade in certi altri paesi: in questi, provocando il maggiore intervento statale un mutamento di posizioni acquisite più sensibile che nei prece-denti, l'autorità centrale deve attuare l'intervento stesso per gradi ed è perciò obbligata a manipolare con più prudenza le leve finan-ziarie di cui dispone in modo da non provocare sfavorevoli riper-cussioni sul mercato.

Sarebbe pertanto errato criticare un determinato sistema economico perchè in esso si attribuisce alla questione finanziaria un'importanza maggiore di quella attribuita alla questione stéssa da un altro Stato. Quando si parte da premesse diverse è impos-sibile giungere alla medesima conclusione. In linea di massima si può stabilire che il lato finanziario del problema fondamentale perde gradatamente di importanza man mano che passiamo da una organizzazione economica interna, dove l'intervento dello Stato si manifestava nell'anteguerra in misura relativamente blanda, ad organizzazioni economiche interne in cui è stato sempre molto marcato l'intervento, fino a sparire completamente in una economia collettivista.

Quanto fin qui detto non deve però autorizzarci a credere

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-che nel paese ad economia già fin dal tempo di pace fortemente controllata l'aspetto finanziario sia da trascurarsi. Troppi sono infatti i legami tra la politica finanziaria e la struttura economica nazionale perchè possa solo per un momento pensarsi ad una con-clusione del genere. Sebbene nei paesi in oggetLO la soluzione della questione finanziaria avvenga automaticamente in conseguenza della soluzione data alla questione economica, non bisogna mai dimenticare che, anche in questi, dalla politica finanziaria perse-guita dallo Stato dipende la stabilità del potere di acguisto della moneta nazionale e la distribuzione degli oneri derivanti dalla guerra fra le varie classi della popolazione. Ora non sono queste conseguenze talmente di piccolo momento da poter essere ignorate (I).

Dal discorso che precede si può perciò trarre la conclusione che, per quanto l'aspetto economico del problema fondamentale sia sempre di importanza preminente in confronto all'aspetto finanziario, quest'ultimo non può nè deve essere trascurato qua-lunque sia il tipo di organizzazione nazionale a cui ci si riferisce.

6. - Oggetto del presente studio è l'esame delle cause che in tempo di guerra tendono a provocare lo sviluppo del processo inflazionistico e la ricerca dei mezzi atti a neutralizzarle. Assu-miamo come dimostrato - nè crediamo potrebbe essere altri-menti - che l'inflazione monetaria è il peggiore dei mali, dopo quello della sconfitta, che possa colpire il paese belligerante. Da q uesta posizione iniziale si diparte perciò la nostra indagine. Analizzeremo nel primo capitolo, da un punto di vista teo-rico e attraverso tre ipotesi successive di approssimazione alla realtà odierna, quando sorge il problema del finanziamento delle spese militari e come si giunga al movimento inflazionistico. Per ragioni di metodo ed anche per non discostarci dalla situazione

(I) In questo senso

J.

NEUBAUER, Das Problem der J<.riegsfinanzierung und die Frage der Vor - und Nachkriegsfinanzierung, in (, Weltwirtschalftliches Archiv» novembre 1940, e E. SCHREWE, Die Kriegsfinanzierung im Rahmen der deutschen Wirtschaftslenkung, in (, Wirtschaftsdienst ,) 27 giugno 1941.

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-reale che ha preceduto la guerra, supporremo che lo Stato cominci ad erogare spese per armamenti durante la fase depressiva.

Passeremo quindi in rassegna nel secondo capitolo alcune esperienze in corso, negli Stati Uniti (I) ed in due dei maggiori paesi helligeranti, Inghilterra e Germania, per renderei conto del come avvenga in essi il finanziamento delle ingenti spese militari necessarie per la preparazione e la condotta di una guerra molto più costosa, in via assoluta e relativa, di quella del 1914. Farà parte della stessa indagine lo studio dei mezzi adottati, nei paesi ora menzionati, per frenare il processo di inflazione.

N el terzo capitolo infine torneremo alla teoria, nel tentativo di trarre insegnamenti giovevoli dall'esperienza e di richiamare l'attenzione su alcuni sistemi, adottati in pratica o semplicemente ipotizzabili, idonei ad evitare, od almeno contenere, lo sviluppo del processo inflazionistico ed a distribuire equamente tra le varie classi sociali gli oneri della guerra.

(I) Il presente studio era già in corso di stampa quando è scopoiato il conflitto nippo-americano. N on abbiamo potuto pertanto tener conto,

nell'esame dell'espe6enza nord-americana, èella nuova situazione creatasi nel Pacifico.

(25)

-CAPITOLO I

IL PROBLEMA DEL FINANZIAMENTO DELLA GUERRA

§ I. - PREMESSA

L - Prima di lnlZlare lo studio dei vari sistemi di fi.nanzia-mento delle spese militari e delle ripercussioni di queste, occorre confutare una credenza molto diffusasi in questi ultimi tempi, che cioè le spese di carattere bellico siano improduttive. Si sostiene che l'attuazione di un programma di riarmo non può mai generare ripercussioni favorevoli sull'entità del reddito reale nazionale inteso, in senso stretto, come l'insieme dei beni di consumo civili, sia a fecondità semplice che ripetuta, prodotti dalla collettività 111 un certo periodo di tempo (I).

(I) Intendiamo 'per reddito reale in senso lato il flusso di tutti i beni di-retti e strumentali, a fecondità semplice e ripetuta, civili e militari, e di tutti i servizi utili prodotti da una collettività in un certo periodo di tempo, de-dotti i beni strumentali a fecondità semplice ed il logoro dei beni strumentali a fecondità ripetuta occorsi per produrli. La definizione di reddito reale in senso stretto - che corrisponde approssimativamente alla definizione di red-dito data da alcuni economisti (TAUSSIG, SMART, DE VITI DE MARCO, MAser) - non si contrappone a quella di reddito reale in senso lato - anch'essa cor-rispondente ad altre definizioni di reddito sociale (MARSHALL, FANNO) - ma ne costituisce semplicemente una alternativa. A nostro avviso le dette defi-nizioni sono ambedue necessarie e non si escludono a vicenda: mentre in-fatti la prima ci dà la misura del benessere della collettività che la seconda può anche non darci (ad esempio è possibile che in tempo di guerra il reddito reale in senso lato aumenti, mentre il reddito reale in senso stretto diminuirà

(26)

~5-Ora noi crediamo che la nozione dell'improduttività delle spese militari sia, se non del tutto ingiustificata, per lo meno suscettibile di sostanziali qualificazioni. Non è vero infatti che l'effettuazione di dette spese non possa mai produrre una espan-sione del reddito reale della nazione. Sia in teoria che in pratica è possibile dimostrare che in determinate condizioni ambientali avviene proprio il contrario. Se mai quanto ci sembra a buon diritto sostenibile è che le spese militari reagiscono sull'entità del reddito reale con minore intensità di quanto non facciano le normali spese pubbliche.

:f.:

questo anzi il punto fondamentale di differenziazione tra le une e le altre.

N on è qui il caso di parlare a lungo del modo con cui si mani-festano, in tempo di pace, le ripercussioni delle spese pubbliche civili sul reddito reale. Ci basti ricordare che esse possono influire sulla sua entità per due vie:

r) perchè stimolano la produzione dei beni di consumo, attraverso la maggiore domanda formulata dalle nuove categorie di lavoratori ora occupate nella costruzione di strade, edifici pub-blici, ponti ecc. oppure di impiegati assunti in uffici governativi, e quindi la produzione dei beni strumentali che si riflette in seguito sulla prima. Questo motivo di espansione del reddito reale si ricollega in parte alle note teorie del moltiplicatore e dell'acce-leratore ;

2) perchè generano una riduzione dei costi di produzione cui vanno incontro le industrie, sia di beni di consumo che stru-mentali, nello svolgimento del ciclo produttivo. Tale riduzione di costi è rappresentata dalle economie esterne che si verificano in seno alle varie aziende in conseguenza delle opere sopradette e dell'approntamento di quegli altri servizi pubblici che contri-senza dubbio in misura sensibile), la seconda a sua volta ci permette di de-terminare la durata eventuale di un movimento di ripresa e la sua natura, che la prima ci nasconde.

Nella indagine che segue quando alla parola «reddito » faremo seguire la specificazione «reale » alluderemo al reddito reale in senso stretto; quando non faremo questa specificazione intenderemo parlare del reddito reale in senso lato.

(27)

-huiscono a snellire l'attività economica e ad aumentare la produt-tività dci fattori della produzione. Da questi elementi deriva ovviamente una espansione della quantità dei beni prodotti. A differenza di quanto avviene per le spese pubbliche normali, l'effettuazione delle spese militari può provocare un aumento del reddito reale soltanto attraverso la prima delle due vie ora citate. Finchè esistono riserve disponibili di fattori produttivi, sia umani che materiali, può infatti' registrarsi, in seguito allo spostamento verso destra della curva di domanda, una estensione anche nella produzione dei beni di consumo. Se ed entro quali limiti si svi-luppi tale fenomeno dipende naturalmente dall'entità dell'assor-bimento che, ai fini del finanziamento del riarmo, lo Stato opera delle risorse materiali ed umane disponibili. Ma di questo problema diremo piil avanti. Per ora è sufficiente precisare che, in linea di principio, l'attuazione del riarmo può dar luogo ad una espan-sione del reddito reale, per quanto più modesta di quella che nor-malmente dovrebbe essere prodotta dalle spese pubbliche di natura civile (1).

Alla classificazione sistematica che precede è possibile muo-vere a rigor di logica una obbiezione: non in tutti i casi le spese pubbliche civili reagiscono sul volume del reddito reale con mag-giore intensità delle spese pubbliche militari. Può accadere anche ù contrario. Se ad esempio in un certo periodo di tempo il governo decidesse di riempire una città di monumenti commemorativi, le ripercussioni di queste opere pubbliche presenterebbero carat-teristiche analoghe a quelle dianzi attribuite alle spese di carate tere militare. Se invece nello stesso periodo di tempo il governo venisse nella determinazione di far costruire una ingente quantità di strade di carattere strategico, che avessero nel contempo anche una funzione di grande utilità per la normale attività economica, dette spese militari provocherebbero ripercussioni simili a quelle prodotte dalle spese erogate per fini ci vili.

(I) L'ingente programma di rianno attuato in Germania non ha impe-dito che aumentasse il tenore di vita della popolazione civile (WAGEMANN, loc. cit., pagina IO). Per gli Stati Uniti vedasi appresso il rapitolo II.

(28)

-Questa obbiezione è in fondo giusta. Senonchè essa rimane fuori degli ordini di grandezza reali e costituisce perciò soltanto un'eccezione alla regola. Le ripercussioni sulla formazione del reddito reale rimangono in prevalen,za quelle su esposte e valgono in ogni caso a dimostrare l'inesattezza dell'opinione formatasi in taluni sull'improduttività delle spese militari.

§ 2. - SPESE MILITARI IN UNO STATO LONTANO DALLA GUERRA. 2. - Ogni Stato è solito prelevare una quota del reddito mone-tario nazionale - inteso come l'espressione in termini di moneta del reddito reale in senso lato prodotto da una collettività in un certo periodo di tempo - allo scopo di finanziare quelle opere pubbliche e quelle prestazioni di servizi, che servono a soddisfare i bisogni della collettività. Il reddito' monetario globale di un paese concorre pertanto da un lato alla copertura dei bisogni individuali, dall'altro alla copertura dei bisogni collettivi.

Parte della quota di reddito monetario prelevata dallo Stato viene da questo destinata, anche in tempi normali, a spese di carattere militare. Queste comprendono: I) le spese occorrenti per l'alimentazione, l'equipaggiamento e la retribuzione dei contin-genti di truppe alle armi; 2) le spese per l'armamento delle truppe stesse e per la costruzione di opere militari di vario genere, come fortificazioni permanenti, vie di comunicazione strategiche ecc. N elI'analisi che segue ed in quella del paragrafo successivo faremo riferimento soltanto alle spese di quest'ultima categoria perchè sono, a,lmeno nel periodo di pace, le più rilevanti.

Il prelievo dei fondi necessari per il finanziamento delle spese pubbliche, sia di natura civile che militare, viene effettuato dallo Stato con il sistema delle imposte dirette e indirette, ordi-narie e straordinarie. Se queste non sono sufficienti per assicurare il pan,ggio del bilancio, lo Stato colloca tra i privati titoli del debito' pubblico, preferibilmente a media ed a lunga scadenza, realizzando in tal modo entrate straordinarie. In tempi normali, quando il deficit non raggiunge che cifre modeste, lo Stato può fare assegnamento su quella aliquota di risparmi che si trova sul

(29)

18-mercato in cerca di investimenti sicuri oltrechè convenientemente remunerativi.

N ella situazione di depressione, in cui supponiamo di tro-varci, è probabile che il deficit sia ancora più marcato, dato il gettito ridotto dei gravami fiscali dovuto alla diminuita intensità del movimento degli affari ed alla conseguente scarsa entità del reddito nazionale. J n queste circostanze è però più agevole il collocamento dei prestiti pubblici, perchè una forte aliquota dei risparmi privati è disoccupata per mancanza di proficui investi-menti nelle industrie.

3. - La posizione di equilibrio, alla quale si è assuefatta l'economia del paese in oggetto sulla base di un determinato ritmo di spese pubblic!1e, viene evidentemente alterata allorchè lo Stato decide di aumentare le proprie spese, o civili o militari. A tale decisione il governo può addivenire, nel primo caso per l'opportunità di intervenire nella vita economica nazionale al fine di svincolare il paese dalla fase depressi va, nel second o caso per motivi di carattere puramente prudenziale. Per far fronte alle nuove esigenze si deve prelevare una quota maggiore del reddito monetario nazionale.

Può darsi però che lo Stato non ricorra ad alcuno degli anzi-detti sistemi di finanziamento, ma si procuri i mezzi di pagamento con metodi inflazionistici, cioè o stampando carta moneta o facen-dosi anticipare dalla Banca Centrale i mezzi stessi oppure collo-cando titoli a breve scadenza tra le Banche di credito commerciale.'

E

probabile che l'autorità finanziaria centrale preferisca questo sistema di finanziamento durante la fase depressiva. Scarterà eli proposito il ricorso ad inasprimenti fiscali perchè questi, riducendo la domanda privata di beni e servizi, ostacolano il raggiungimento dell'obiettivo che lo Stato direttamente od indirettamente intende conseguire, cioè la ripresa economica. A meno che i privati non paghino le imposte contraendo i risparmi; in questa evenienza viene però danneggiata altra fonte stimolatrice della ripresa. Lo stesso dicasi per il finanziamento delle nnove spese merliante prestiti, il quale, benchè preferibile di massima li. quello fiscale

(30)

-per il motivo che non incide sui consumi (I), presenta sempre l'inconveniente di depauperare una sorgente potenziale di risorse a cui deve attingere il movimento di ripresa.

L'adozione di metodi di finanziamento inflazionistici durante la depressione è stata di recente nuovamente prospettata dallo . Hansen (2). N on occorre però risalire molto addietro nel tempo per trovare l'opera fondamentale del Keynes, la Teoria Generale, nella quale si consiglia una politica di denaro a buon mercato per usci re dalla fase depressiva; politica seguita In pratica nel passato decennio dalla generalità dei paesi.

N on crediamo possa mettersi in dubbio che lil un periodo di depressione il sistema che appare a prima vista migliore per finanziare le nuove spese, ad es. militari, sia quello di immettere in circolazione potere di acquisto addizionale. Per giudicare della bontà di un sistema di finanziamento non bisogna però fermarsi alle posizioni iniziali; occorre anche guardare al successivo svol-gimento della congiuntura economica per poter esattamente valutare se convenga seguitare a percorrere una certa via piu t-tosto che intraprenderne un'altra.

4. - Di fronte alle nuove spese, il paese seguirà presumibil-men te, come si è detto, una politica finanziaria espansionistica. Da questa deriverà una estensione sia della circolazione monetaria che creditizia. L'aumento della circolazione provocherà a sua volta una espansione dei consumi e dei risparmi. Taluni economisti hanno creduto e credono ancora che dall'aumentata propensione al consumo e dall'accresciuta efficienza marginale del capitale, in conseguenza del ribasso del saggio dell'interesse, dipenda l'avvio del movimento di ripresa: economica. Ciò però è errato. In un nostro precedente lavoro abbiamo tentato di dimostrare come la ripresa può derivare soltanto dalla manifestazione di un evento

(I) Cfr. N. K.UDOR, PrinciPles 01 emergency finance, in (, The Banker» agosto 1939.

(2) Delense financing and inflation potentzaz.ities, in « The Review of Economie Statistics» febbraio I94I.

(31)

-favorevole, quale ad esempio l'eliminazione di certe cause interne

di decurtazione del reddito reale oppure l'ampl-iamento degli

scambi internazionali, e non dagli elementi anzidetti (I). Finchè

nell'economia di un paese esistono fattori dinamici depressivi che

Ìl~pedi~cono un'espansione del redd.ito reale, la ripresa economica non può rivelarsi.

Orbene è evidente che il finanziamento delle nuove spese militari potrà proseguirsi con metodi inflazionistici a seconda che si verifichi o meno la ripresa economica.

In caso affermativo, quando cioè le favorevoli ripercussioni

delle spese militari sul reddito reale non vengono neutralizzate da sfavorevoli ripercussioni prodotte da fattori dinamici depres

-sivi - ciò che rappresenta di per sè stesso un evento favorevole -l'aumento del reddito monetario ed il conseguente incremento

del consumo determineranno un'espansione del reddito reale; l;e

n-trata in vigore dei fenomeni della moltiplicazione e dell'accele-razione tenderà d'altro canto ad accentuare il movimento di ripresa

economica. In questo caso l'esecuziolle delle spese militari, benchè non agisca direttamente sulla produttività delle aziende come avviene per le normali spese civili, serve a determinare il

movi-mento di ripresa. La descritta fenomenologia si manifesta a maggior

ragione quando l'ambiente economico, in cui vengono effettuate le nuove spese, è già positivamente influenzato dall'apparizione dell'evento favorevole.

(I) Precisazioni sugli interventi stimolatori delta ripresa economica, in « Rivista Internazionale di Scienze Sociali >) settembre 1941. La teoria del l'evento favorevole, come fattore determinante la fase di ascesa, è sostenuta dal Prof. G.U. PAPI, che a varie riprese nei suoi scritti ne ha dimostrato la fondatezza. « Anche a non riguardare fatti troppo remoti - egli scrive nelle sue Lezioni di economia politica corporativa, Val. III, pag. 31. - per molti paesi, che offrono statistiche attendibili, è possibile mettere in rapporto l'ini-zio di una fluttuazione economica con il verificarsi di un evento favorevole. che veniva a dischiudere prospettive di maggiori redditi >) e più avanti a pago 32 « ... questi eventi sono indispensabili affinchè possa avere inizio una fluttua-zione economica >} Cfr. dello stesso Autore, Escape trom stagnation ; an essay on business fluctuations, Londra 1933, e Aspetti economici di una politica di opere pubbliche, in Studi della R. Università di Pavia, 1938, Val. 22.

(32)

-N elle dette condizioni, le spese militari, finanziate in un primo momento dallo Stato con sistemi infiazionistici, conti-nuano a finanziarsi da sè. L'aumentato movimento degli affari ingrossa infatti il gettito delle imposte esistenti, cosi da permettere allo Stato di coprire il deficit di bilancio con le entrate ordinarie. Lo Stato ricorrerà probabilmente a sistemi di finanziamento infiazionistici finchè queste ultime non diverranno sufficienti a coprire le maggiori spese. N on vi è pericolo di inflazione, mone-taria o creditizia, perchè all'aumentata massa di potere di acquisto in circolazione fa riscontro l'accresciuto fabbisogno del mercato. Eventuali difficoltà sorte all'inizio del finanziamento vengono in seguito facilmente superate man mano che la maggior quota di reddito monetario richiesta dallo Stato perviene a questo auto-maticamente senza render necessaria la soluzione di ulteriori problemi. Durante l'ascesa non sorge alcuna forma di concorrenza tra consumo e risparmio (1), nè tra domanda privata e domanda pubblica di quest'ultimo.

Diversamente vanno le cose allorchè la ripresa economica, supposta l'esistenza di fattori dinamici depressivi, non si sviluppa. In questo caso, non manifestandosi l'aumento del consumo e non agendo per conseguenza i fattori espansivi della moltiplicazione e dell'accelerazione sull'attività produttiva privata, il nuovo potere di acquisto supera il.fabbisogno e non entra perciò in circo-lazione, ma va ad accumularsi in depositi bancari inattivi. Il rialzo dei prezzi, che varrebbe ora a stimolare la produzione, non ha modo di verificarsi per la diminuita velocità di circolazione della massa monetaria.

In tali circostanze non conviene allo Stato continuare a finan-ziare le nuove spese militari con metodi inflazionistici, perchè così facendo verrebbe a creare una base di espansione creditizia talmente vasta da costituire una perenne minaccia di inflazione. Un mutamento, anche giustificato, nelle previsioni degli

opera-(I) Cfr. sull'argomento della concorrenza tra consumo e risparmio nella fase di ascesa economica l'interessante ed ampio studio di A. GAMBINO, Ri-sparmio e consumo, in (' Giornale degli Economisti,) aprile e maggio 1938.

(33)

-tori basterebbe a provocare il riaffiusso subitaneo sul mercato del potere di acquisto fino a quel momento inattivo, che, per la

sua stessa entità, non manchereb1:>e di generare uno squilibrio

sensibilissimo tra circolazione e fabbisogno. Il conseguente rialzo

dei prezzi non rivestirebbe il carattere di elemento stimolatore della ripresa, ma sarebbe di natura puramente inflaziotIistica

danneggiando la ripresa stessa.

Di fronte a questa eventualità non si offre allo Stato altra alternativa che quella di sospendere in tempo, prima cioè che si

manifesti il processo di inflazione, il finanziamento delle nuove

spese militari con metodi espansionistici. Il ritorno ai normali

sistemi di rastrellamento dei mezzi di pagamento diviene tanto

più necessario quanto più si dimostra, alla prova dei fatti,

l'esi-stenza di fattori dinamici ostacolanti un effettivo movimento di

ripresa. Non intendiamo con ciò escludere che lo Stato possa in un

terzo istante dare nuovamente di piglio ai sistemi per il momento

scartati. Ma ciò deve avvenire soltanto quando appare l'evento

favorevole oppure quando l'economia non è più soggetta al

pro-cesso di involuzione dovuto alla presenza di fattori dinamici

depressivi. Nel secondo momento il finanziamento delle nuove

spese con le imposte ed i prestiti rappresenta un agire con

pru-denza. D'àItra parte l'impiego di questi sistemi è sufficiente per

dare il segno della mutata situazione congiunturale. Anche essi infatti importano un aumento della propensione al consumo,

perchè trasferiscono il potere di acquisto da certi operatori ad altri (classi lavoratrici) più disposti a consumare (I). Non appena la produzione dei beni di consumo aumenta lo Stato può di nuovo

adottare, sempre però con senso di misura, sistemi di

finanzia-(I) Sulla propensione marginale al consumo influisce non soltanto l'al-tezza dei redditi individuali, ma anche la loro distribuzione. Quando il reddito viene meglio distribuito in modo da permettere alle classi meno abbienti della popolazione il godimento di una maggiore quota di reddito monetario a scapito di quella spettante alle classi più abbienti, la propensione margi-nale al consumo aumenta. Diminuisce nel caso contrario (vedi il nostro studio dianzi citato e gli autori ivi ricordati).

(34)

-mento espansionistici senza pericolo, questa volta, di creare masse di potere di acquisto inflazionistiche ai limiti del mercato.

Anche nel caso di mancata ripresa è evidente che non si avrà concorrenza tra consumo e risparmio, nè tra domanda pub-blica e domanda privata di risparmio. Esistono infatti notevoli quantità di potere di acquisto inutilizzate più che bastevoli per soddisfare le aumentate esigenze finanziarie dello Stato, senza che ne risultino incise le correnti di risparmio, del resto esigue, indirizzate verso le industrie di pace.

5· - Si può concludere che il problema del finanziamento delle spese militari non .presenta in questa prima ipotesi alcuna gravità.

Ciò si deve innanzitutto al fatto che l'entità delle spese mili-tari in uno Stato ancora lontano dalla guerra, che si induce a spendere di più in armamenti solo per motivi prudenziali, è in ogni caso modesta. L'equilibrio fondamentale tra consumo e risparmio da una parte e produzione di beni diretti e <ii beni stru-mentali (ivi compresi i materiali e le opere di guerra) dall'altra, benchè turbato con l'attuazione delle nuove spese,'è facilmente rico-stituito .. La facilità con ~cui si ristabilizza la situazione di equilibrio trova una giustificazione oltrechè nella detta relativa esiguità -rispetto al volume globale del reddito monetario - della richiesta di mezzi di pagamento formulata dallo Stato, anche e sopratutto nella esistenza di numerose energie produttive disoccupate, tra le quali va compreso anche il risparmio, che caratterizzano la situa-zione di depressione da cui abbiamo preso le mosse.

Come non sorge in questa prima ipotesi un effettivo pro-blema del finanziamento delle spese militari, cosi non prende significato il concetto di « circuito dei capitali», di cui metteremo invece in risalto tutta l'importanza quando esamineremo la terza ipotesi (r). Per ora ci basti osservare al riguardo che finchè vi è

(I) L'espressione «circuito dei capitali,) è solitamente impiegata dal nostro Ministro delle Finanze. Per una definizione di questo concetto vedi più avanti al § 4.

(35)

la possibilità di espandere la produzione dei beni di consumo la chiusura del circuito non presenta carattere di urgenza; non esistono infatti pericoli attuali di inflazione monetaria o creditizia. Si eccettua naturalmente quanto si è detto più sopra sugli effetti remoti di una politica espansionistica in un periodo di persistente depressione, ripercussioni eventuali che lo Stato può però scon-giurare con un opportuno cambiamento di politica nel corso del finanziamento.

§ 3. -SPESE MILITARI IN UNO STATO CHE SI PREPARA ALLA GUERRA. 6. - Quando lo Stato prevede la possibilità eli venir coin-volto in una guerra di vaste dimensioni, le sue spese militari crescono notevolmente. La misura di queste dipende, com'è natu-rale, dal programma di armamenti che il governo intende svol-gere in vista delle esigenze che occorrerà fronteggiare qualora le previsioni sulla situazione politica internazionale si traducano in realtà. Poichè la condotta di una guerra moderna, data l'elevata tecnica dei mezzi di offesa e di difesa e l'estensione e l'intensità prevedibili delle operazioni militari, richiederà allo Stato belli-gerante sforzi eccezionali fin dal primo giorno delle ostilità, è presumibile che il governo, non appena ahbia sentore del ma tu-rarsi della crisi, intensificherà l'approvvigionamento di materiali bellici e la costruzione di opere militari in modo tale da trovarsi pronto al momento opportuno, quando si chiuderanno le frontiere con gli Stati nemici ed entreranno in vigore le misure di blocco e controblocco economico. Per queste ragioni qualunque programma di riarmo in previsione della guerra, anche il piiI modesto, importa oggigiorno spese molto considerevo1i.

N ella supposta situazione di depressione buona parte dei risparmi privati già accumulati si troverà inattiva ; non dovrebbe essere di conseguenza difficile procurarsi l'ulteriore somma che necessita con un appello a questi risparmi. Tuttavia, come si è detto per il caso precedente, non sappiamo fino a che punto con-venga allo Stato procacciarsi i mezzi di pagamento con un aggravio del carico tributario oppure con l'emissione di un prestito, perchè,

(36)

-pur ammettendo che detti sistemi possono non incidere sul con-sumo, è fnor di dubbio che essi assorbiranno sul mercato finanziario risorse che possono invece servire ad alimentare una eventuale ripresa. Per valutare la bontà di un determinato sistema di finan-ziamento bisogna perciò anche ora considerare innanzitutto la situazione congiunturale del paese stesso.

Se questo si trova sotto l'influenza di un evento favorevole sembrerebbe possibile e conveniente procedere al finanziamento del programma di riarmo mediante metodi inflazionistici.

Senonchè nell'ipotesi in esame entrano in giuoco altri tre elementi, che la diversificano profondamente da quella studiata nel paragrafo precedente:

I) il ritmo crescente delle spese militari;

2) la necessità di destinare in misura sempre maggiore le energie prod u tti ve esistenti alle industrie producenti materiali bellici ed a quelle occupate nella costruzione di apprestamenti difensivi;

3) il rapido approssimarsi alla fase di piena occupazione dell' economia.

Supposto che lo Stato sia costretto, per rafforzare i propri armamenti, ad aumentare continuamente le spese militari, e d'altra parte grande sia la quantità di fattori produttivi impie-gata nella produzione di beni occorrenti alle forze armate rispetto al fondo accantonato ed al flusso, nazionale ed estero, dei fattori stessi, l'incremento della produzione dei beni di consumo, anche in presenza di un positivo evento favorevole, non può mai esser troppo cospicuo. Da ciò deriva l'opportunità che lo Stato usi con prudenza le leve finanziarie a sua disposizione. Un aumento consi-derevole della circolazione di potere di acquisto, in conseguenza dell'adozione di sistemi di finanziamento inflazionistici, ripercuo-tendosi sul mercato attraverso un incremento netto dei consumi privati, provocherebbe uno squilibrio sensibile tra domanda e offerta che potrebbe essere sanato dalla cresciuta produzione di beni di consumo in misura sempre minore. Ne deriverebbe un rialzo del livello generale dei prezzi e di conseguenza un accre-scimento delle spese statali. Il processo, una volta iniziatosi,

(37)

-andrebbe accentuandosi.

E

quindi conveniente che lo Stato nella fase di riarmo intensivo non adotti metodi di finanziamento infla-zionistici, ma provveda ai propri bisogni aumentando il carico fiscale oppure emettendo un prestito od una serie di prestiti a favorevoli condizioni.

Se lo Stato, di cui si discorre, dispone invece di un flusso di risorse cosi abbondante da sembrare inesauribile, le cose cambiano. In. questo caso non v' è tema che si verifichi il movimento infla-zionistico, poichè l'ampliamento della circolazione monetaria e creditizia viene controbilanciato da un aumento del reddito reale, corrispondente a quella parte di reddito nominale, in ecce-denza sul normale, destinata all'acquisto di beni di consumo. Siccome però non può prevedersi fino a che livello saliranno le spese statali e se le risorse materiali ed umane saranno sempre sufficienti ad alimentare, nella necessaria misura, il flusso produt-tivo di beni di consumo, lo Stato adotterà probabilmente anche in questo caso una prudente politica finanziaria, in modo da non mettere in pericolo la stabilità del potere di acquisto della mo-neta. Appare ovvio tuttavia che il pericolo di inflazione è in un paese ricco più remoto che in un paese povero.

Quando nell'economia del paese in esame non SI e

manife-stato nè si manifesta l'evento favorevole e per contro ci troviamo di fronte a fattori depressivi, qualcuno potrebbe credere di dover giungere alle stesse conclusioni, magari più accentuate, di cui 'si è detto nel paragrafo precedente per il caso analogo. Senonchè bisogna ammettere che un vasto programma di riarmo, anche in presenza di fattori dinamici depressivi, importa un aumento com-plessivo dei consumi privati e per conseguenza della produzione dei beni di consumo e strumentali non bellici, superiore alla dimi-nuzione prodotta dagli elementi depressivi.

N aturalmente tale incremento produttivo, per la distruzione di ricchezza che provocano i fattori depressivi in atto, sarà infe-riore a quello che si otterrebbe qualora concorresse a determinare il movimento di ripresa la manifestazione dell'evento favore-vole.

La ripresa economica è perciò in questo caso di ancora minori

(38)

-proporzioni e lo sarà tanto più quanto più il paese è povero di risorse produttive materiali ed umane. Se in queste condizioni congiunturali lo Stato fi:1anziasse le spese militari con procedi-menti inflazionistici i pericoli.. di inflazione sarebbero ancora più prossimi che nel caso dianzi esaminato.

7· - Contemporaneamente allo sviluppo di una effettiva, benchè faticosa, ripresa economica, si verifica nel paese che si prepara alla guerra un'altra forma di ripresa, che chiameremo « bellica >l, la cui principale caratteristica sta nell'espansione del-l'attività produttiva specialmente in certi rami industriali.

Finchè le spese militari non sono esorbitanti, per cui parte del fondo e del flusso di risorse rimane a disposizione delle industrie producenti beni di consumo e strumentali, le due forme di ripresa, la normale e la bellica, procedono simultaneamente sebbene non di pari passo. Questa diversità di evoluzione si riflette sul tenore di vita della popolazione, che, in confronto alla produzione totale, sale con ritmo più lento.

E

quanto avviene di solito durante la fase di preparazione della guerra.

Non appena però le enprgie produttive disponibili non sono più sufficienti per alimentare il processo di ripresa normale, questa cede il posto all'altra che della prima conserva soltanto queste caratteristiche: di spingere a livelli elevatissimi l'attività produt-tiva delle industrie pesanti e di provocare il progressivo riassor-bimento della mano d'opera disoccupata. Ciò accade generalmente all'inizio della guerra quando le spese pubbliche diventano gigan-tesche e d'altra parte molte fonti di risorse materiali ed umane scompaiono. Non è impossibile tuttavia che situazione analoga si produca anche in tempo di pace durante l'ultima fase di prepara-zione alla guerra.

All'osservatore superficiale la distinzione tra le due forme di ripresa non appare; si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad una effettiva ripresa economica. Il movimento ascensionale, a meno che non sia fondato solidamente sull'evento favorevole e questo non sia contingent~, è però illusorio; basterebbe che lo Stato sospendesse il programma di riarmo, perchè·l'economia del paese

(39)

28-ricadesse nuovamente nella depressione. Se scoppia la guerra l'illusione permane, sebbene intervengano ora nuovi elementi di giudizio che cominciano ad aprire gli occhi a molti sul reale significato della ripresa in atto (I).

8. - Più sopra si è detto che lo Stato, per finanziare il pro-gramma di riarmo richiede ai privati una quota ulteriore del loro reddito monetario. Come abbiamo visto, in previsione di una ripresa, nella maggior parte dei casi più apparente che reale e comunque sempre inadeguata, il governo non può procedere al finanziamento con sistemi inflazionistici. Prima o poi questa politica finanziaria darebbe luogo ad una vasta inflazione di diversa intensità a seconda delle condizioni congiunturali e strutturali del paese di cui trattasi. Lo Stato deve perciò prelevare la quota addizionale di reddito o aumentando il carico fiscale od emettendo un prestito, in modo da provocare soltanto uno spostamento di potere di acquisto e non nuove immissioni di moneta nel mer -cato.

E

chiaro che in un primo tempo sia le maggiori aliquote fiscali che le. nuove imposte come i prestiti saranno rispettivamente pagate o sottoscritti dai privati con il risparmio tenuto inutiliz-zato presso le banche. Gli aumentati consumi dovuti all

'accre-(I) Dell'effimera prospeJ:ità economica in tempo di guerra parla br eve-mente ma efficacemente il BARONE (loc. cito pagg. 669-67'2). « Per intendere meglio le cose - scrive il nostro grande economista - valiamoci anzitutto di un paragone. Supponiamo, in via di ipotesi, che un certo paese insulare ponendo mano a tutto il tesoro di risparmio che ha all'estero ed all'interno, per un fenomeno di follia collettiva, si ponga sulla via di una serie gigantesca di pazzi lavori ... per prosciugare il mare, poniamo. Il fenomeno di distruzione di ricchezze è evidente. Ebbene il fatto sarebbe senza dubbio accompagnato per qualche tempo da una serie di manifestazioni, le quali potrebbero dare l'illusione di una crescente prosperità: imprese con a1ti profitti, alti salari, maggior consumo e via dicendo. La depressione terribile verrebbe dopo, quando usciti dalla via della folle infatuazione, i lavoratori rientrassero nei quadri della produzione ordinaria e si trovassero a dover lavorare con un risparmio enormemente ridotto rispetto a ciò che era prima, con capitali logori per non averli reintegrati ».

(40)

'29-sciuta velocità di circolazione della massa monetaria esistente -per il trasferimento del potere di acquisto dalle banche a classi eminentemente consumatrici - vengono d'altra parte contro-bilanciati dalla aumentata produzione di beni di consumo. Arri-verà però ben presto il momento in cui, sfruttati i risparmi inat-tivi, bisognerà ricorrere ai risparmi correnti (I).

Supponiamo che all'inizio del riarmo intensivo la collettività era solita accantonare nell'unità di tempo una certa quota del proprio reddito monetario, di cui parte veniva avviata alle banche e parte veniva assorbita dallo Stato per il finanziamento delle proprie spese civili e militari. Finchè dura lo sfruttamento da parte dello Stato dei risparmi accumulati nel passato, la ripartizione del reddito tra consumi e risparmi può continuare a svolgersi indisturbata. Si inaridirà però a poco a poco il fondo di risparmio e lo Stato sarà costretto a chiedere sempre in maggior misura risparmi eli nuova formazione. Se si ammette che nel corso del movimento di ripresa, dato l'aumento del reddito monetario, la quota risparmiata aumenti cosi da soddisfare sia le accresciute esigenze del mercato privato che quelle statali l'equilibrio si ristabilizza su nuovi basi. Qualora invece questo accrescimento dei risparmi non si realizzi completamente oppure le spese sta-tali siano nel frattempo ulteriormente aumentate, lo Stato non potrà fare a meno di gravare sui consumi e sulla quota di risparmio altrimenti destinata ad investimenti in beni strumentali non bellici.

Anche ora l'inadeguatezza del flusso normale dei risparmi varia da Stato a Stato, a seconda che siano ricchi o poveri di risorse materiali ed umane, ed a seconda che sia presente o no l'evento favorevole. L'entità dei risparmi volontari è difatti

diret-tamente proporzionale all'intensità dell'effettiva ripresa economica. Il circolo appare vizioso. Nei paesi poveri di risorse e per di più

(41)

indeboliti dall'esistenza di fattori dinamici depressivi - eventi sfavorevoli - per i quali la ripresa economica non può svilupparsi adeguatamente, il risparmio di nuova formazione sarà insuffi-ciente a coprire le spese dello Stato e diverrà perciò indispensabile, se si vuole evitare l'inflazione, gravare sui consumi e sugli inve-stimenti privati; fenomeni questi che a loro volta reagiscono sulla ripresa stessa ostacolandola ulteriormente. Altrimenti accade nei paesi ricchi dove tale processo involutivo è distanziato nel tempo (tanto più se è in atto l'evento favorevole) e forse evitabile finchè si rimane nella fase di preparazione della guerra.

Dunque è dalla contrazione dei consumi e degli investimenti privati che lo Stato ricava nella maggior parte dei casi l'ulteriore quota di potere di acquisto che gli necessita per coprire le spese militari.

Pu6 però accadere che i privati tentino di sfuggire alla con-trazione degli investimenti e dei consumi chiedendo alle Banche di credito ordinari.o anticipazioni su titoli. Fin quando si considera l'ipotesi della preparazione alla guerra, lo Stato può anche consen-tire una limitata espansione creditizia. A controbilanciare l'au-mento della circolazione di potere di acquisto servirà ancora l'in-cremento del reddito reale. Naturalmente lo Stato, per evitare che il movimento espansionistico si tramuti in una inflazione vera e propria, dovrà controllare la concessione di credito in modo da ridurre la circolazione addizionale di potere di acquisto a quei quantitativi riassorbibili da un accresciuto fabbisogno del mercato. Tale controllo sarà perciò più rigido o più elastico a seconda delle possibilità di ripresa economica che esistono nel mercato. •

N ell'ipotesi che stiamo studiando può assumersi che la coper-tura delle spese di riarmo avvenga in parte mediante l'estensione della circolazione di potere di acquisto controbilanciata dall'au-mentata produzione dei beni di consumo, in parte mediante l'e-spansione dei risparmi sul reddito corrente. Soltanto in casi deter-minati può essere necessario adottare le misure di politica finan-ziaria ed economica del tempo di guerra. Ma l'esame di queste eccezioni è implicito in quanto diremo nel paragrafo e nei capitoli successivi.

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