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Certificazione e Standard nei sistemi di telecomunicazioni

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Certificazione e Standard nei sistemi di telecomunicazioni

Alberto Tibaldi

10 febbraio 2010

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Indice

1 Normativa Internazionale 2

1.1 Servizi televisivi via etere . . . 3

1.1.1 Cenni alle canalizzazioni VHF e UHF . . . 4

1.1.2 Televisione satellitare . . . 5

2 Televisione Analogica 9 2.1 Standard per la televisione bianco e nero . . . 11

2.1.1 Elenco delle componenti del segnale televisivo . . . 11

2.1.2 Rapporto 624 . . . 12

2.1.3 Segnale video nel dominio della frequenza . . . 14

2.2 Colorimetria . . . 15

2.2.1 Applicazione: la televisione a colori . . . 16

3 Televisione Digitale 19 3.1 Televisione digitale: studio . . . 20

3.1.1 Raccomandazione 601 . . . 20

3.2 Codifica per la trasmissione (Tx) . . . 22

3.2.1 Joint Picture Expert Group (JPEG) . . . 22

3.2.2 Compressione di immagini in movimento (MPEG) . . . 23

3.3 Transport stream multiplex . . . 25

4 Il sistema DVB 28 4.1 Blocchi funzionali di un sistema Tx digitale . . . 28

4.1.1 Modulazione digitale . . . 30

4.1.2 COFDM . . . 32

4.2 Osservazioni finali . . . 32

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Capitolo 1

Normativa Internazionale

Assolutamente indispensabile, parlando di telecomunicazioni, `e l’introduzione di una normativa internazionale per qualsiasi blocco del sistema: ricevitori, trasmettitori, e quant’altro. A livello mondiale, l’ente principale per quan- to riguarda il controllo e l’emissione delle normative `e l’ITU (International Telecommunication Union): si tratta di un’ente il cui scopo principale `e quel- lo di coordinare lo spettro radioelettrico, disciplinandone l’uso per differenti servizi.

Parlando di spettro, ossia di range di frequenze assegnate a differenti servizi, `e necessario introdurre una normativa estremamente dura: dalla nascita delle telecomunicazioni, `e nato un fenomeno soprannominabile ”fame di frequenze”: al fine di trasmettere, ciascun servizio desidererebbe avere a disposizione la massima quantit`a di banda, cosa naturalmente impossi- bile senza andare in conflitto con altri servizi. La normativa si occupa per l’appunto di attribuire a ciascun servizio una priorit`a, basandosi su differenti parametri che saranno in seguito discussi, al fine di garantire un buon numero di servizi di buona qualit`a.

La normativa internazionale deve essere dura non solo in termini di asseg- nazione delle frequenze, ma anche in base ad altri parametri: ai fini di ridurre i problemi di compatibilit`a elettromagnetica, e di aumentare al massimo la compatibilit`a dei dispositivi su scala nazionale e poi mondiale, `e necessario creare e uniformare degli standard, basati non solo sulla rigida assegnazione di range di frequenze a differenti servizi, ma anche sulla determinazione di altri parametri, quali ad esempio i diagrammi di irradiazione delle antenne, le modulazioni utilizzate per trasmettere il segnale, e quant’altro. Parlando di radiodiffusione, di ”broadcasting”, si parla per l’appunto di diffondere il segnale non ”punto-a-punto”, come si potrebbe fare con un cavo, ma ”a pi- oggia”, cosa di fatto buona sotto certi punti di vista, come la possibilit`a di raggiungere in modo relativamente semplice differenti siti, ma cattiva sotto il

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punto di vista delle incompatibilit`a che si vengono a creare tra i vari servizi.

Le normative sono dure, ma non irragionevoli: esistono infatti diverse eccezioni alle normative, causate da un fatto: trattandosi di normative nate ben dopo la nascita dei servizi radiofonici o televisivi che dir si voglia, di fat- to per ciascun paese esistevano standard differenti: in America si diffondeva infatti con un sistema NTSC, in Europa con il sistema PAL, e ciascun paese presentava al suo interno varianti di questo sistema, basate su differenti usi della banda. Le normative non han potuto modificare ci`o che gi`a esiste- va, poich`e modifiche dello standard si sarebbero ripercosse sugli utenti della televisione, rendendo di fatto problematico l’accesso ai servizi.

1.1 Servizi televisivi via etere

Come gi`a detto, a ci`o che si sta per scrivere si sovrappongono differenti ram- ificazioni, differenti eccezioni, causate dal fatto che molti servizi risultavano essere gi`a presenti al momento della nascita della normativa. Si sappia in- oltre che parte di questi discorsi risulteranno essere validi esclusivamente per la televisione analogica, in fase di eliminazione (al momento in cui si stanno scrivendo questi appunti, ossia Aprile del 2009), parte invece verr`a mantenu- ta ed estesa, adattata, a ci`o che concerne la televisione del futuro, ossia la televisione digitale.

Per quanto riguarda le bande disponibili, ne esistono sostanzialmente di due categorie:

• VHF : Very High Frequency

• UHF : Ultra High Frequency

Si considerano sostanzialmente cinque bande, assegnate in diversi periodi, e con differenti scopi; tre di queste vengono canalizzate come VHF, due come UHF; analizziamone rapidamente gli scopi e gli utilizzi:

• Banda I : 41 ÷ 68 MHz: si tratta della banda assegnata ai primi servizi televisivi; in queste bande si trasmettevano segnali televisivi molto dif- ficili da gestire, modulati mediante AM (ovviamente, in analogico!);

si parla di onde metriche con canalizzazione VHF (lunghezze d’onda dell’ordine dei metri).

• Banda II : 87, 5 ÷ 108 MHz: si tratta di una banda, anch’essa su onde metriche, utilizzata soprattutto per radiofonia. Secondo la normativa dovrebbe di fatto essere utilizzata esclusivamente per radiofonia, tut- tavia in alcuni paesi ci`o non `e stato rispettato, come in Italia, per

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ragioni storiche (legate all’uso di trasmettitori americani post-guerra):

il ”Canale C”.

• Banda III: 174 ÷ 230 MHz: si tratta di una seconda banda, in ambito VHF, destinata esclusivamente per servizi televisivi; viene introdotta nel periodo della ripresa post-guerra, al fine di aggiungere servizi televi- sivi; sia in questa banda, che nella Banda I, si utilizzano canalizzazioni da 7 MHz, ossia ciascun canale viene impostato con una larghezza spettrale di 7 MHz.

• Bande IV / V : 470 ÷ 960 MHz: si tratta della banda attualmente in uso, con canalizzazione UHF, sulla quale si ammoderna il sistema televisivo analogico; si noti che queste bande prevedono un’estensione spettrale superiore rispetto alle bande precedenti: a questo punto, per ciascun canale, viene assegnata una frequenza pari a 8 MHz (a meno di alcune differenze nei vari paesi).

1.1.1 Cenni alle canalizzazioni VHF e UHF

Canalizzazione VHF

La banda prima non `e particolarmente interessante: trattandosi della prima banda, ora `e completamente in disuso. Discorso simile per quanto riguarda la banda terza: i canali, non pi`u usati dalle televisioni commerciali, sono liberi, dunque vengono utilizzati per fare sperimentazioni riguardo la televisione digitale.

Nonostante la fame di frequenze, queste bande vengono liberate; esiste un motivo preciso, per cui avviene questo fenomeno: al momento della nascita delle televisione, lavorare su onde corte era alquanto difficile a causa dei limiti imposti dall’elettronica; sviluppandosi la tecnologia, lavorare su onde corte risulta essere pi`u facile, poich`e riducendo la lunghezza d’onda (e aumentando di conseguenza la frequenza di lavoro) `e possibile ridurre le dimensioni delle antenne utilizzate per la trasmissione.

Gi`a con la banda terza, per poi continuare con le bande quarta e quinta, riducendo le dimensioni delle antenne, si `e passati all’uso di antenne a banda larga, in modo da migliorare le prestazioni e ridurre i costi dei sistemi.

Canalizzazione UHF

La grande innovazione della canalizzazione UHF `e la larghezza spettrale ded- icata a ciascun canale: 8 MHz. Nella normativa europea, nella banda quarta

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e quinta vengono assegnati i canali dal 21 al 68, ossia i canali in questo momento utilizzati nella televisione analogica.

L’uso di una canalizzazione a 8 MHz ha innovato notevolmente la norma- tiva europea, uniformandola abbastanza (anche se in modo non definitivo, come dopo si accenner`a); questa normativa `e cos`ı attuale e valida, tuttavia, che, per quanto con modalit`a diverse, sar`a ancora utilizzata in ambito di televisione digitale: un canale digitale, infatti, utilizza sempre 8 MHz di larghezza spettrale, ovviamente con differenti sistemi di modulazione.

Dal momento che si `e in una fase di transizione, si pu`o verificare questo fatto (fino a quando non disattiveranno i trasmettitori analogici, verso la fine dell’anno solare 2009) analizzando lo spettro (mediante un analizzatore di spettro) dell’etere: si possono vedere, ”assieme”, ossia uno affiancato ad un altro, segnali analogici e digitali; essi sono facilmente distinguibili per il fatto che uno spettro digitale tende ad avere una forma rettangolare abbastanza regolare, quelli analogici forme pi`u svariate.

La decisione di non cambiare la larghezza di banda per canale `e detta- ta da un fatto che ha spesso influenzato, e continua a influenzare le inno- vazioni tecnologiche: ogni modifica di una certa portata implica una con- seguente modifica dell’impianto ricevente, ossia dei dispositivi a disposizione degli utenti; non `e mai buona cosa costringere gli utenti a cambiare, o anche solo migliorare i propri dispositivi, di conseguenza quello delle normative `e un campo molto stazionario: al fine di garantire ricevitori sempre uguali, e possibilmente economici (al fine di garantire il servizio al maggior numero di persone possibile), le normative vanno stabilite una tantum, e mai variate se non in caso di estrema necessit`a.

1.1.2 Televisione satellitare

Si parla di DDS, ossia di Diffusione Diretta da Satellite, ogni qual volta si parli di diffusione di servizi di vario genere (nel nostro caso, di tipo televisivo), mediante l’appoggio su satelliti.

Quando si parla di DDS, dunque, `e necessario conoscere un certo numero di parametri:

• Posizione orbitale

• Frequenza centrale del canale

• Larghezza di banda del canale

• Polarizzazione

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• EIRP

• Area di copertura

Si tratteranno ora con pi`u dettaglio alcuni di questi parametri, mentre altri, pi`u intuitivamente comprensibili, saranno tralasciati.

Polarizzazione, EIRP, canalizzazione

Si considerano assieme questi parametri, poich`e meno interessanti sotto il punto di vista della trattazione.

• Polarizzazione: un’antenna pu`o essere polarizzata in due maniere, sostanzial- mente: orizzontale, o verticale. A seconda del satellite che si intende raggiungere, e a seconda dei canali che si intende osservare, l’antenna dovr`a essere polarizzata in una delle due maniere; si possono leggere in- formazioni ulteriori riguardo questo parametro, e riguardo alle modalit`a di impostazione del sistema ricevitore satellitare, nella documentazione relativa ai consorzi dei cui servizi si intende usufruire.

• EIRP: Potenza irradiata sulla superficie terrestre: a seconda delle nor- mative, un satellite deve essere in grado di irradiare una determinata potenza in determinate aree di servizio, in modo da poterle ”coprire”

in modo soddisfacente.

• Canalizzazione: si tratta semplicemente delle frequenze assegnate a differenti servizi, distribuiti mediante satelliti.

Prima frequenza intermedia

Dal momento che il segnale satellitare viene trasmesso a frequenze molto ele- vate, capita che i normali apparati di riproduzione non siano compatibili con il range di frequenze utilizzate per il trasporto del segnale elettromagnetico.

Mediante sistemi elettronici ad-hoc (delle sorte di decoder), si utilizza il concetto, spesso esistente in ambito di telecomunicazioni, di ”prima frequen- za intermedia”: le bande alte, al fine di essere ri-portate in un range inter- pretabile dai riproduttori televisivi, vengono convertite a quella che viene det- ta prima frequenza intermedia, variabile dai 950 ai 2150 MHz, negli standard DBS.

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BSS contro FSS

Esistono sostanzialmente due tipi di bande, utilizzate per la distribuzione di servizi mediante l’uso di satelliti: BSS (Broadcasting Satellite Services), e FSS (Fixed Satellite Services).

In principio, ciascun paese aveva a disposizione un certo numero di canali, per quanto riguarda il broadcasting via satellite, ossia il BSS. L’idea princi- pale, era quella di utilizzare proprio i BSS, ossia i servizi da broadcasting per satelliti nazionali, per la trasmissione via satellite.

Si incominci`o a utilizzare i FSS, regolamentati secondo la seguente rego- la: consegnata una pianificazione all’ITU, si decideva se assegnare i canali o meno; l’unica condizione era il fatto che la diffusione doveva essere per l’utente. Quando i ricevitori incominciarono a costare poco, si incominci`o ad affittare canali su FSS; dagli anni 90 non si usarono pi`u satelliti nazionali, e inizi`o la corsa per l’affitto di canali FSS.

La banda assegnata per le trasmissioni satellitari `e 10, 7÷ 12, 75 GHz:

Maneggiare una banda cos`ı larga non `e semplice; tenendo conto inoltre del fatto che, trattandosi comunque di trasmissioni via etere (anche se non nel senso ”classico” del termine), sono necessari filtri atti ad alzare il rapporto segnale/rumore al ricevitore. Vengono introdotti dei filtri, detti ”low-noise blocks”, che devono gestire una banda estremamente larga.

L’idea alla base della trattazione della banda `e la seguente: l’intera banda viene suddivisa in due semi-bande, ciascuna di met`a ampiezza; se necessario, si possono introdurre ulteriori suddivisioni, quali la sola considerazione della polarizzazione orizzontale o verticale; trattando a questo punto bande pi`u limitate, la realizzazione di filtri `e pi`u semplice, e pu`o dunque essere effettuata pi`u tranquillamente.

Il fatto che si abbiano due parametri di libert`a su cui lavorare, ossia po- larizzazione e semi-bande, introduce la suddivisione della bande in quattro parti. Quando si osserva un sistema di trasmissione, spesso, si notano quattro fili, nei quali scorrono i segnali elettrici; questo `e perch`e si usano queste quat- tro suddivisioni, riunite da un dispositivo in grado di selezionare, a seconda del canale che si intende visualizzare, quale delle bande `e la interessata.

Ulteriori note sui sistemi satellitari

Si considera un esempio di distribuzione televisiva, a partire dal consorzio Eutelsat (poich`e esso ha fornito una documentazione abbastanza completa);

si analizza parte della documentazione, al fine di trarre spunti interessanti per la trattazione:

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• Si sconsigliano diametri piccoli del paraboloide per la ricezione: dal momento che si diminuisce il diametro, si allarga il fascio di ricezione, dunque non si riesce a distinguere quale dei satelliti si deve usare, e si hanno grossi fenomeni di interferenza;

• La polarizzazione varia a seconda di canali adiacenti: canali adiacenti potrebbero provocare interferenze dovute ai filtri; per questo motivo, si varia la polarizzazione: evitando di portare diversi canali adiacenti a terra trasmettendoli con segnali sullo stesso piano di polarizzazione, si riesce a ridurre notevolmente i fenomeni di interferenza.

Si pu`o notare il fatto che esistono canali da 33 MHz di banda (dunque dalla maggiore larghezza spettrale rispetto alle trasmissioni via etere); questo

`

e, di fatto, lo ”standard” garantito dal consorzio Eutelsat. Potrebbe tuttavia capitare che, per qualche motivo, servano canali a banda molto pi`u elevata;

sono stati per questo motivo messi a disposizione canali a banda pi`u larga, in modo da permettere la conduzione di esperimenti o di trasmissioni ad altissima definizione.

Il fatto che i satelliti siano gestiti da grossi consorzi come Eutelsat per- mette di avere a disposizione fondi notevoli: ciascun satellite contiene diversi

”tubi” di trasmissione, che tuttavia, dopo alcuni anni, tendono a degradarsi o andare in avaria; ci`o non `e un problema per i consorzi: avendo a disposizione molto denaro, le spese destinate al cambio dei satelliti, quando troppi tubi sono andati in avaria, sono assolutamente irrisorie.

L’introduzione dei sistemi satellitari ha permesso di sviluppare le trasmis- sioni ”in diretta”: data questa tecnologia realizzare stazioni di trasmissione portatili `e molto pi`u semplice, dunque, mediante dei ”pullmini”, affittando determinati canali per determinati tempi, `e possibile registrare e presentare su satellite ”in diretta” diverse trasmissioni.

Anche a tal fine si introducono sistemi di cifratura dei segnali: spesso capi- ta infatti di non poter trasmettere qualcosa per questioni di diritti, tuttavia sistemi di criptatura permettono di risolvere questi problemi, trasmettendo il segnale in broadcast, ma rendendolo accessibile solo ai diretti interessati (o agli spettatori paganti).

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Capitolo 2

Televisione Analogica

Finora si `e discusso riguardo un argomento preciso: la suddivisione della banda in canali, e le caratteristiche di questi ultimi, nei vari tipi di sistemi di trasmissione. Ci si potrebbe a questo punto porre una seconda domanda:

”Cosa si mette nei canali?”

La risposta `e semplice, e gi`a stata accennata: tendenzialmente, o un programma televisivo o uno radiofonico.

In questi anni parlare separatamente di servizi televisivi e radiofonici sta divenendo improprio, con la nascita della multimedialit`a; considerando tuttavia il mondo analogico, come si intende fare in questo capitolo della trattazione, presentare separatamente i due mondi ”audio” e ”video” pu`o essere una scelta pi`u appropriata.

Come gi`a accennato, i programmi puramente radiofonici vengono solita- mente trasmessi in banda seconda, mediante una modulazione in frequenza (FM), o talvolta in ampiezza (AM).

Nei canali destinati alla televisione, si introducono per l’appunto pro- grammi televisivi, ossia segnali video associati a segnali audio. Essi vengono trattati separatamente, dando una notevole importanza all’audio, modulato mediante FM anche nel caso delle trasmissioni televisive: la modulazione di frequenza `e molto robusta, per quanto complicata, tuttavia, dal momento che si definisce l’audio come ”l’ultimo baluardo dell’informazione”, si sceglie di utilizzare un’idea del genere.

Come si trasmettono immagini? Beh, a differenza di un segnale acustico, quello video `e un oggetto bidimensionale, formato da areole elementari di immagini, ”pixel”. Per ciascun pixel del reticolo si considerano l’informazione di luminanza e tre componenti colorimetriche; l’ampiezza del segnale modula il valore della luminanza.

La soluzione `e quella di prendere i segnali in maniera sequenziale, e ri- trattarli in maniera sequenziale; trattandosi di sequenzialit`a, dunque, si han-

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no dei limiti, legati alla velocit`a di trasmissione. Dal momento che l’occhio umano `e relativamente lento, `e necessario trovare una velocit`a di trasmis- sione idonea, atta a sfruttare la persistenza dell’immagine sulla retina. Una velocit`a stimata sufficientemente valida `e circa venticinque fotogrammi al secondo.

Come si effettua la riproduzione? Le telecamere elettroniche, nelle quali si forma un’immagine elettronica, contiene informazioni sulla luminanza di ciascun pixel, informazioni contenute in elettroni che vengono eccitati in modo proporzionale all’energia luminosa, costituendo una sorta di pennel- lo elettronico che preleva e riproduce le informazioni1. Convenzionalmente, la direzione di lavoro `e da sinistra verso destra, e dall’alto verso il basso.

Ad una frequenza di 251 di secondo, ossia trasmettendo 25 fotogrammi al secondo, limite abbastanza elevato per la tecnologia del tempo, si verificava un fenomeno piuttosto fastidioso: il ”flickr”, o ”sfarfallamento”. Per quanto riguarda i diversi campi in cui si stavano sviluppando le tecnologie, si sono presentate diverse soluzioni:

• Per quanto riguarda il mondo cinematografico, utilizzando un ottura- tore, ossia un dispositivo che ”scatta” due volte per ogni fotogramma, si presentavano 50 alternanze al secondo luce-buio, ”simulando” i 50 Hz.

• Per quanto riguarda il mondo televisivo, si `e adottato un sistema dif- ferente, ancora oggi in uso: anzich`e scansionare progressivamente tutte le righe per quadro, se ne scandiva una s`ı, e una no, a intermittenza;

ogni quadro veniva scansionato due volte, leggendo ogni volta met`a delle righe (si torner`a sul concetto). Questo sistema `e noto come

”interlacciamento”, e ciascun semipiano presentato ”trama”.

Anche negli schermi LCD, con la attuale tecnologia, si utilizza l’interlac- ciamento, per quanto si cerchi di raggiungere il progressivo; ci`o significherebbe dover materialmente raddoppiare la frequenza ma, al giorno d’oggi e con l’at- tuale sviluppo delle tecnologie elettroniche, una cosa di questo tipo non `e pi`u proibitiva.

Di tutte le righe, la parte utile di immagine, al fine di consentire i ritorni,

`

e ridotta: i tempi di ritorno in salita e in discesa riducono l’immagine utile;

alle righe attive, ossia a quelle che effettivamente permettono di ”mostrare”

immagine, si alternano tempi morti, nei quali avvengono i ritorni del pennello elettronico.

1Ovviamente, sono necessari anche i tempi di ritorno del ”pennello”: circa 10 o 12 µs.

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2.1 Standard per la televisione bianco e nero

Si considera, in seguito a questa introduzione, esclusivamente la televisione in bianco e nero, escludendo temporaneamente dal discorso la televisione a colori, che verr`a in seguito introdotta come estensione dei concetti per ora presentati.

Come gi`a introdotto, le immagini vengono riprodotte mediante i movi- menti di una sorta di “pennello elettronico” che, mediante le scansioni sec- ondo segnali a rampa, proiettano pennellate a “righe” sullo schermo. Al termine di ogni riga, tuttavia, `e necessario “tornare indietro”.

Ciascuna riga viene contestualizzata, assegnando un preciso numero. Og- ni riga, a partire dall’inizio della scansione verso la fine, ha un numero che identifica sia la riga attiva che l’istante di ritorno orizzontale che preparer`a la scansione della riga successiva.

Al fine di introdurre un maggior formalismo, una convenzione pi`u solida, sono stati introdotti due comandi fondamentali:

• 0v: comando di ritorno verticale;

• 0h: comando di ritorno orizzontale.

Gli unici comandi con un “nome” sono questi; essi vengono progettati dal costruttore, senza dunque la presenza di uno standard, di una normativa; si tratta di due segnali di trigger, abilitati dal momento in cui una riga termina, o in cui una scansione verticale termina. Incominciando dunque a contare le righe appena dopo un comando 0v, e terminando il conto al nuovo, `e possibile identificare le 625 righe che identificano la scansione.

Al fine di realizzare l’interlacciamento, si effettua il seguente stratagemma sulle righe: la 313 riga, ultima della prima trama, viene divisa in due; la 625, ultima riga della trama 2. Si analizzeranno con maggiore attenzione i tempi di scansione ulteriori, ossia quelli di blanking e quelli attivi.

2.1.1 Elenco delle componenti del segnale televisivo

A questo punto il nostro obiettivo `e quello di inviare segnali in grado di pilotare il sistema di riproduzione dell’immagine descritto. Si usano per questo segnali di sincronismo orizzontali (H) e verticali (V). Si parla nella fattispecie, in questo ambito, di supersincronismo (SS): un segnale unico, dal quale `e possibile ricavare sia il segnale di sincronismo orizzontale, H, che quello di sincronismo verticale, V. In questo ambito, i segnali di sincronismo vengono identificati, come normalmente si fa in elettronica, mediante i loro fronti; essi vengono tuttavia classificati in modo differente: anzich`e parlare

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in modo unico di fronte di salita e fronte di discesa, si parla di I e II fronte:

a seconda della realizzazione dello standard nell’apparato, `e possibile che vi siano inversioni del segnale, dunque si mantiene una certa libert`a nella rappresentazione. Lo studio di questi segnali viene comunque effettuato in maniera relativamente semplice: un derivatore permette di “spacchettare” i segnali di sincronismo orizzontale, un comparatore di soglia di identificarli e discriminarli. Per quanto riguarda il sincronismo verticale, sar`a sufficiente allargare i segnali impulsivi, ottenendo anche il sincronismo verticale.

La trattazione del segnale di sincronismo non `e dunque molto difficile;

difficile `e il fatto che il segnale televisivo risultante `e composto dal super- sincronismo e dal segnale video. Questo segnale risultante `e detto anche

“segnale composito”.

A questo segnale, al momento dell’introduzione della televisione a colori,

`

e stato necessario aggiungere l’informazione del colore; sommando a ci`o che

`

e stato finora descritto la componente di colore, `e stato possibile per i vecchi televisori vedere un’immagine pressoch`e inalterata (come si vedr`a), per le televisioni pi`u moderne anche informazioni di colore. Anche le informazioni di crominanza, come vedremo, vanno sincronizzate: la fase del segnale di crominanza fornir`a informazioni riguardo la “tinta” del segnale.

2.1.2 Rapporto 624

Al fine di parlare di normativa internazionale sul segnale video, un documento assolutamente fondamentale `e il rapporto 624: esso `e un trattato di televi- sione analogica attualmente valido (per quanto periodicamente revisionato), che ora si spiegher`a come leggere.

Vi `e una divisione in righe ed una in colonne, per ciascuna delle 32 pagine del trattato, sulla quale si possono vedere diverse lettere; “M”, “N”, “G”,

“B”, e altre.

Cosa rappresentano queste lettere? Per ciascuna di esse, si ha un differ- ente standard televisivo: ogni paese ha infatti, come gi`a detto in precedenza, risolto “a modo proprio” determinati problemi, dunque introducendo vari- azioni rispetto ad uno standard “base”, come pu`o essere il PAL. Da qui, sono nati i vari PAL-G, PAL-B, PAL-K, e cos`ı via. Il rapporto 624 contiene la definizione dello standard PAL, e le varie differenze tra i sott-standard esistenti.

A pagina 29/30 si possono ad esempio possono vedere quali standard vigono nei vari paesi: in Italia vigono gli standard B e G: essi sostanzialmente differiscono per la banda assegnata al canale video nominale (B ha 7 MHz, G 8 MHz, relativi a trasmissioni relativamente VHF e UHF); nel Regno Unito vi

`

e uno standard PAL-I : esso, come si pu`o osservare, differisce di mezzo MHz

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nel segnale in banda base video, ottenendo, per una miglior definizione, 5,5 MHz anzich`e 5. Ci`o rende inutilizzabile un apparecchio italiano nel Regno Unito: la portante audio `e infatti localizzata, nello spettro del segnale PAL- G, a 5,5 MHz, cosa che la rende indecifrabile nel Regno Unito, poich`e fino a quel punto il segnale `e ancora video.

Si esaminano, per comprendere meglio l’importanza e i metodi di uso di questo rapporto, alcuni esempi di informazioni in esso contenute:

• A pagina 2 sono presenti le informazioni pi`u basilari; si pu`o osservare ad esempio, considerando la sezione relativa allo standard G, quale sia la frequenza di riga (il reciproco di 64 µs), la frequenza di trama (50 Hz), e via;

• Tra i vari parametri se ne osservi uno particolarmente interessante: il livello di riferimento del nero. Si vede che il picco del bianco, al quale viene associato il 100 % dell’ampiezza massima del segnale, `e pari a 0,7 V. Questo fatto non `e casuale: il segnale di sincronismo ha un’ampiezza pari a 0,3 V, che, sovrapposta ai 0,7 V, fa ottenere 1 V.

• Si pu`o osservare, nella sezione “nominal video bandwidth”, ci`o che `e stato precedentemente detto: nello standard G si hanno 5 MHz di banda riservata al video; questo parametro dice, in sostanza, quale sia la banda, in uscita dalla telecamera, dallo studio, del segnale video di pubblico dominio, per l’appunto filtrato fuori dallo studio.

• Si pu`o vedere quale sia l’impedenza di uscita di un sistema PAL: 75 Ω.

Un problema “famoso” che veniva spesso a presentarsi, riguardo queste ultime osservazioni, `e la confusione tra “Black” level e “Blanking” level: le telecamere dovevano essere impostate in modo da agevolare la separazione tra parte video e parte sincronismo, dunque si dovevano distinguere i due livelli; ci si rese poi conto che non si trattva di un problema fondamentale, dunque si trascur`o.

In seguito alla definizione degli standard, venne anche emessa una racco- mandazione, atta ad eliminare la possibilit`a di nuovi standard: la raccoman- dazione 472. Essa afferma che, al momento della creazione di nuovi servizi e relativi nuovi sistemi, ci si debba attenere alle normative gi`a presenti, quindi avere una nominal video bandwidth pari a 5/5,5/6 MHz, e non altre, al fine di mantenere, per quato possibile, valide, le normative gi`a presenti.

Nelle pagine successive si introducono poi dettagli ulteriori:

• A pagina 4 si definiscono in detaglio le caratteristiche che devono avere i segnali;

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• A pagina 5 si introduce il periodo nominale di riga (nel nostro caso, 64 µs), l’intervallo di cancellazione di riga (line blanking interval, ultima colonna, nel nostro caso 12 µs), il “pianerottolo frontale” “C” (front porch, 0,5 µs). Per differenza si pu`o ottenere il “back porch”:

BP = Tsync− C − ...

• A pagina 6 si introducono tutti i sistemi utilizzati, tranne quello “M”

(americano).

Esistono alcune informazioni aggiuntive nel trattato: il fatto ad esempio che, dalla riga 16 alla riga 22, siano presenti informazioni un tempo non utilizzabili, ora riempite mediante il televideo: essendovi tempi morti, `e sta- to possibile “riempirli” trasportando informazione. Un tempo questi spazi venivano utilizzati per segnali di prova, in grado di fare misure automatiche, quali la prova di segnali di rumore per testare la resistenza ad eventuali interferenze.

Non `e detto che si usi esclusivamente uno degli standard presenti, o quan- tomeno nei “modi riportati”: in Brasile, ad esempio, si utilizza lo standard M per la scansione, il PAL come sistema televisivo.

2.1.3 Segnale video nel dominio della frequenza

Come si pu`o osservare mediante un analizzatore di spettro, nel segnale risul- tante vi `e il taglio parziale di una delle bande laterali (taglio vestigiale): si taglia una detta della banda laterale inferiore (ossia a sinistra della portante), al fine di ridurre l’occupazione spettrale.

I filtro prodotti per effettuare il taglio devono essere a bassa distorsione di fase, al fine di non rendere irriconoscibile il segnale in uscita dalla telecamera.

La portante-audio viene introdotta a 5,5 MHz poich`e il filtro, dopo 0,5 MHz, ha attenuato notevolmente la banda passante; essa viene, per ques- tioni di robustezza, modulata in frequenza. Come portante di riferimento si utilizza comunque quella video, per la frequenza intermedia.

Caratteristiche di modulazione

Le modulazioni utilizzate per trattare il segnale prima di una trasmissione de- vono essere adeguate ai servizi che si intendono realizzare. Una modulazione positiva, ossia dove si fa “partire” la portante da un valore minimo per far aumentare la ricchezza spettrale, viene detta positiva; altrimenti, negativa.

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La modulazione positiva `e importante in quanto fornisce una buona pro- tezione delle immagini a forte luminanza: allo zero si associano livelli neri, e cos`ı se i sincronismi hanno disturbi, i bianchi, ai quali gli occhi sono pi`u sensibili, sono maggiormente protetti. Con le modulazioni negative, i bianchi sono meno protetti. Con la positiva trasmettere neri costa dunque di meno poich`e `e necessaria una minor potenza rispetto alla portante, e si ha maggior protezione sul nero, sul bianco il contrario.

2.2 Colorimetria

Ci`o che ci si sta accingendo a studiare `e la colorimetria, ossia la scienza che misura i colori, applicata alla televisione. In questo caso, molte delle nozioni che si apprenderanno saranno applicabili anche alla televisione digitale.

I parametri che si contraddistinguono in colorimetria sono tre: brillanza (livello di illuminazione), tinta, saturazione. La brillanza `e per l’appunto la luminanza che ha il colore; la tinta `e ci`o che contraddistingue un blu da un rosso da un verde ecc. La saturazione indica quanto ci si allontani dal colore bianco, ossia quanto la tinta sia lontana dal bianco: un rosso a piena saturazione, ossia un rosso fuoco, intenso, avvicinandosi al punto a saturazione zero, diventa un rosa, e quindi un bianco.

Si introduce la cosiddetta “teoria tricromatica”: dati tre proiettori di luce con ciascuno dotato di un colore, detto “primario”, si riesce ad ottenere qualsiasi tinta. Tre colori spesso utilizzati nella teoria tricromatica sono il verde, il rosso, il blu: se su di uno schermo bianco si proiettano i colori, mescolando in differenti maniere le energie luminose dei tre, si ottengono diverse mescolanze, diversi risultati.

Esistono due tipi di sintesi:

• Sintesi additiva: quella appena descritta, ossia il fatto di aggiungere le energie luminose di diversi colori, e ottenere differenti colori;

• Sintesi sottrattiva: dati dei pigmenti (spesso giallo, magenta, ciano), il pigmento giallo colpito dal bianco assorbe il complementare (blu), non mostrandolo, ed emette luce rossa e verde. Ci`o che si riflette `e ci`o che si vede.

Nei sistemi televisivi si usa una sintesi di tipo additivo: sommando de- terminate quantit`a di primari, regolate mediante segnali elettrici, `e possibile ottenere qualsiasi colore.

Il concetto di base dietro la televisione a colori `e il seguente: parlan- do di somme di quantt`a indeterminate, `e necessario effettuare misurazioni

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confrontabili; una volta stabiliti dunque tre primari, si sono scelti sistemi tridimensionali con vettori che rappresentano le brillanze degli oggetti di una certa tinta; tutto quindi si riduce in calcolo vettoriale: tutti i punti sul piano x + y + z = 1 sono a luminanza costante.

A ci`o `e necessario introdurre gli altri due parametri colorimetrici: tinta e saturazione. Il traguardo finale `e ottenere il cosiddetto “triangolo dei colori”:

questo diagramma permette di quantizzare in maniera dettagliata i parametri che riguardano il colore.

I parametri in questione sono i seguenti:

• La curva che limita il grafico `e quella dei “colori spettrali”, ossia quelli con la massima saturazione. Ai i vari colori spettrali si associano le lunghezze d’onda λ, dagli infrarossi agli ultravioletti;

• Curva del corpo nero riscaldato: scaldando un corpo nero, questo di- venta dapprima rosso, poi va verso i bianchi, e via verso il viola. A partire dalla curva che rappresenta questo andamento colorimetrico, si riesce a tradurre il colore in una temperatura equivalente. Come bian- co di riferimento nel nostro sistema, ad esempio, si utilizza il D65 , ricavabile dalla tabella.

Come si riproducono in un apparato televisivo i colori contenuti nel di- agramma? Beh, la scelta dei primari colorimetrici `e fondamentale: essa va fatta, all’interno del triangolo. A seconda dei sistemi si utilizzano differenti colori primari. La resa colorimetrica di un sistema dipende infatti dalla scelta dei primari. La SMPTE ha scelto alcuni colori, per l’America, l’EBU altri.

L’EBU per il sistema europeo ha scelto una gamma di colori ridotta;

questo `e un prezzo pagato al fine di usare dei fosfori molto pi`u efficienti rispetto a quelli impiegati negli standard americani (NTSC), avendo maggior efficienza luminosa.

2.2.1 Applicazione: la televisione a colori

Partendo dalla teoria tricromatica, si “splitta”, mediante il “filtro dicroico”, il fascio luminoso in uno R (rosso), G (verde), B (blu), ottenendo di fatto tre sistemi televisivi monocromi tra di essi separati. Per ciascun sistema si ricava un segnale di luminanza.

Dal momento che non `e assolutamente ammissibile un aumento della ban- da del segnale televisivo al fine di introdurre la televisione a colori, `e stato trovato un sistema in grado di far contenere tutto il segnale, comprensivo di

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colore, nei 7÷ 8 MHz (mantenendo oltretutto la compatibilit`a con i prece- denti standard, ossia facendo in modo che i vecchi televisori, in bianco e nero, continuassero a funzionare in modo ordinario).

E intervenuta una considerazione: a colori, l’occhio umano `´ e meno sen- sibile ai dettagli di luminanza, rispetto al caso della televisione in bianco e nero; essendo l’occhio meno sensibile, `e stato filtrato il segnale di luminanza a colori, per ciascuno dei tre colori, secondo il seguente ragionamento: da una telecamera si estrae lo stesso, identico segnale che si identificava per quanto riguarda il bianco e nero (ossia la luminanza del bianco e nero); vengono quindi ricavati altri due segnali, ossia i segnali“differenza di colore”, a 1,3 MHz.

• La compatibilit`a con il vecchio formato `e rimasta inalterata;

• Si ha sempre un segnale da 5 MHz, e due segnali “differenza di colore”

da 1,3 MHz

Questi due nuovi segnali vengono introdotti in un codificatore, dal quale esce un unico segnale “di crominanza”, a circa 4,43 MHz; sommando il tutto, si riesce a produrre il segnale risultante, a colori.

Il segnale di crominanza in teoria non influisce sugli altri, poich`e, per le immagini fisse, dotate di uno spettro a righe, si introducono “in mezzo alle righe spettrali” le righe contenenti le informazioni di colore; usando un passa basso sulla luminanza ed un passa alto sulla crominanza, dunque, si separano i due segnali, e si trattano.

I sistemi di questo tipo hanno tre percorsi diversi: luminanza, R-Y, B-Y;

i tre si compattano, e modulano con una portante apposita, per poi essere trasmessi. Lo spacchettamento avviene con un taglio “traumatico” di lumi- nanza e crominanza, ottenendo per`o un effetto sgradevole: il “cross-color”, ossia l’incrocio di bianco e nero (che spesso dava fastidi agli utenti).

Dai segnali contenenti informazioni di colori (i tre appena descritti), si effettua una combinazione lineare, attribuendo dei pesi differenti ai segnali elettrici, fino ad ottenere “1”; nel sistema PAL, ad esempio, viene indicata la seguente combinazione lineare per i vari segnali:

EY = 0.299ER+ 0.587EG+ 0.114EB

EU = 0.493(EB− EY)

EV = 0.877(ER− EY)

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Modulazione

La modulazione viene effettuata in quadratura, ossia in coseno; dato il segnale m(t) di esempio, sinusoidale:

m(t) = A cos(ωt)

Al fine di modularlo in quadratura, lo si moltiplica per un’altra sinusoide, in questo caso di pari frequenza, traslata di una certa fase φ:

[A cos(ωt)]· cos(ωt + φ)

Il riferimento di fase `e fondamentale: la fase infatti `e l’elemento che con- tiene le informazioni della tinta; se non si introduce un riferimento di fase, si perdono le informazioni, ottenendo grosse variazioni della tinta equivalente.

Nel PAL la fase a righe alterne viene ribaltata: facendo un ribaltamento ed una media con la linea di ritardo, si riesce ad eliminare qualsiasi alter- azione della fase causata da elementi spuri contenuti nel segnale, riducendo la perdita di informazioni. Si noti che, tuttavia, vi devono essere elementi nel segnale, in grado di informare i sistemi riguardo un ribaltamento nel burst.

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Capitolo 3

Televisione Digitale

Finora sono stati trattati esclusivamente sistemi televisivi di tipo analogi- co, ossia basati sulla trasmissione di un segnale a tempo continuo, senza introdurre discretizzazioni di alcun tipo.

Ad un certo punto i produttori si “scocciarono” di un grosso, enorme limite della televisione analogica: i vari sistemi PAL, NTSC, non possono essere usati in sede di post-produzione: ci`o che viene elaborato in uno studio, viene anche trasmesso, dopo procedimenti di filtraggio, all’utenza.

L’idea fondamentale `e il cosiddetto chroma-key: dal momento che lavorare in studio, in moltissimi casi, `e estremamente costoso e complesso, un’idea potrebbe essere quella di lavorarvi per poco tempo, ed aumentare il lavoro in post-produzione; i telegiornali attuali presentano un lampante esempio di ci`o: ogni qual volta si mostrino immagini commentate in diretta dal cronista esse non sono effettivamente presenti nello studio, ma vengono solo in seguito inserite, mediante elaborazioni di tipo digitale; questo `e il chroma-key.

Quella che viene in sostanza introdotta `e una codifica digitale per la pro- duzione televisiva: essa permette l’introduzione di una maggior possibilit`a di manipolazione, da parte di chi offre servizi televisivi, del segnale televisivo.

Nasce l’idea di separazione tra ambiente di produzione, e gli altri ambienti (post-produzione, distribuzione..); inizia a diffondersi inoltre il concetto di multimedialit`a: una volta immagazzinato il prodotto effettivamente elabora- to in uno studio, all’interno di un archivio, di un supporto (disco magnetico, memorie flash..), esso si pu`o elaborare, trasmettere all’utente, e cos`ı via, con margini di qualit`a molto, molto buoni.

L’idea come si `e gi`a detto `e dunque la seguente: si considerano le compo- nenti audio e video (e di altro tipo) come separate, quindi vengono elaborate ed incorporate, per poi inviarle solo in seguito all’utenza.

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3.1 Televisione digitale: studio

La struttura di campionamento `e molto semplice, di tipo ortogonale; l’idea di partenza sarebbe stata quella di dividere i campioni in componenti orizzontali e verticali, sui tre piani fondamentali, R G B; se ne avr`a una variante, causata dagli evidenti problemi di memoria, negli anni ’80, per quanto riguarda il segnale; ai tempi infatti, come unico supporto di memoria, il VTR (Video Tape Recorder); si utilizz`o, come struttura di campionamento, qualcosa di gi`a noto: tre piani, uno per la luminanza (o piano del grigio), un piano R-Y e uno B-Y.

Le varie codifiche utilizzate aumentavano notevolmente il bitrate, dalle 2 alle 3 volte; si decise dunque di utilizzare, come frequenza di campionamento, una frequenza pari a 13,5 MHz; la massima frequenza campionabile, per il teorema di Nyquist, dunque, doveva essere pari a circa 6,75 MHz. Per i segnali di colore, tutto va “diviso per due”, poich`e ci si pu`o comunque permettere, come gi`a visto, una riduzione del bitrate senza perdita, per gli occhi di un essere umano, di qualit`a.

I filtraggi di cui si parlava erano ancora analogici: di fatto le operazioni di campionamento avvenivano dopo aver trattato un segnale di partenza; solo a questo punto si poteva parlare di filtraggi di tipo diverso.

3.1.1 Raccomandazione 601

Per quanto riguarda la televisione digitale, una delle “tavole della legge” `e la Raccomandazione 601, dalla quale ora si estrarranno alcune informazioni piuttosto importanti:

• La scala di colore si tara secondo 256 valori, da 0 a 255;

• Il segnale parte da “16”, associato al nero, e arriva a 235, associato al bianco; si sprecano 16 livelli sia in “basso” che in “alto”, poich`e

`

e necessario avere livelli “protetti”, al fine di introdurre segnali di sincronismo.

• Come si potrebbe leggere, per quanto riguarda il discorso del filtraggio, alcuni studi hanno permesso di trovare compromessi tra la massima banda possibile e il dover accettare ripple in banda passante; queste oscillazioni, costringono la possibilit`a di superare il 100% e lo 0% dei segnali di colore, quindi i margini permettono di superare il problema.

• Segnali di differenza di colore: 225 livelli di quantizzazione, centrati con lo zero al 128. Ci`o `e necessario, dal momento che la differenza di colore

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pu`o essere sia positiva che negativa, dunque un intervallo simmetrico `e assolutamente utile.

Provando a calcolare alcuni valori, `e possibile confermare i fatti appena esposti.

Esercizio

Ricavare il numero di livelli per riga attiva, dati i seguenti parametri:

fc = 13, 5 MHz, Tr = 64 µs, N = 720 campioni/riga, Tblank = 12 µs Come si procede?

Il periodo di campionamento si calcola come:

Tc = 1

fc = 74 µs

Si sa che Tr, ossia la durata totale di riga, `e pari a 64 µs; si ha che:

Tr

Tc = Tr· fc = 864

Questo `e il numero di livelli presente; si ragiona a questo punto sulla riga:

dati 720 campioni, ciascuno ha una durata pari al tempo di campionamento;

il numero di campioni totali sar`a:

N

fc = 53, 3 µs

La durata di riga attiva si calcola togliendo, dalla durata nominale, il tempo di blanking:

Tr− Tblank = 64− 12 = 52 µs

In pratica, rispetto ad un sistema tradizionale, come si pu`o evincere dal rapporto, si `e migliorato di 1,3 µs la riga attiva, togliendo spazio alla cancellazione, al blanking.

Volendo disegnare la riga attiva, dunque, si parte da quella analogica;

la riga digitale si posiziona a partire da quella analogica, considerando la relazione temporale orizzontale tra riga digitale e analogica (dalla raccoman- dazione 601); essa si riferisce al comando di ritorno orizzontale, 0h; ogni periodo di clock `e Tc (∆), quindi si disegna la riga in modo che tra la fine della riga e lo 0h ci siano 12 campioni, ossia 12− ∆.

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3.2 Codifica per la trasmissione (Tx)

A questo punto della trattazione si parler`a dei meccanismi di compressione utilizzati per la televisione digitale; partendo dallo studio di un’immagine fissa, si estender`a l’idea al caso di immagini mobili, presentando due dei pi`u noti meccanismo di codifica.

3.2.1 Joint Picture Expert Group (JPEG)

Comprimere significa, di fatto, “buttare via informazione”; al fine di non perdere troppe informazioni, ossia da non abbassare eccessivamente la qualit`a risultante, `e buona cosa cercare di capire “cosa” si butta via. Un’idea dalla quale si potrebbe partire, `e quella di sfruttare le informazioni delle immagini fisse, e di esse trasmettere esclusivamente i dettagli comprensibili, sensibili per un occhio umano. JPEG e quindi MPEG permettono di realizzare, con un formalismo scientifico, queste dee.

L’algoritmo JPEG si basa sull’uso di una trasformata particolare: la trasformata coseno discreta. Essa va applicata a blocchi definiti su n × n pixel; per JPEG, nella fattispecie, si utilizzano blocchi 8x8, al fine di ottenere un buon compromesso tra qualit`a e bitrate.

La trasformata ha la seguente espressione:

B(k1, k2) =

N1−1 i=0

N2−1 j=0

4· A(i, j) cos (πk1

2N1 · (2i + 1) )

· cos (πk1

2N1 · (2i + 1) )

In sostanza, come si pu`o qualitativamente vedere, ai coefficienti in alto a sinistra sono associati in qualche modo contributi di frequenze basse, e man mano che si va in basso e a destra si aumenta di frequenza; notando il fatto che con ki = 0, si ha una continua, dal momento che i coseni si annullano, si pu`o vedere facilmente che il coefficiente riferito al punto in alto a sinistra corrisponda alla continua.

Questa trasformata `e dotata di diverse propriet`a, la pi`u importante delle quali interessa la quantizzazione dei coefficienti: si mettono infatti a punto tabelle, che permettono di elaborare le matrici di quantizzazione in modo statistico. In seguito alla quantizzazione, nella tabella, si possono approssi- mare molti termini a zeri, termini che quindi non devono essere pi`u trasmessi, risparmiando energia. A questo punto si de-quantizza, e ci`o che si nota `e che, tra la matrice di partenza e quella antitrasformata, non c’`e molta differenza:

nonostante si trasmetta molta meno informazione, il risultato `e abbastanza valido.

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Al momento della quantizzazione, si azzera un certo numero di coeffi- cienti; quando si trasmette, per`o, bisogna farlo in modo furbo, utilizzando una scansione della matrice (al fine di trasmetterne i coefficienti) in modo da trasmettere prima tutti i valori non-nulli, poi tutti zeri. Una tecnica `e quella di scandire a “zig-zag” la tabella, in modo da trasmettere, dopo un certo valore, tutti zeri (e quindi non-trasmettere!).

Un codificatore JPEG, riassumendo, opera nel seguente modo:

• Si applica al blocco (8x8) la DCT (Discrete Cosine Transform), otte- nendo una matrice in un dominio differente, a partire dalla quale si pu`o lavorare;

• A seconda dello standard che si intende utilizzare, si effettua un certo processo di quantizzazione, atto ad eliminare pi`u componenti possibile della matrice, con la minor perdita di informazione possibile; questo procedimento non `e reversibile, dal momento che cancella informazioni.

• Mediante una codifica run-lenght (scansione a zig-zag) o di altro tipo (codifica di Huffman per esempio), si divide la matrice in parte “da trasmettere” e “zeri”, distinguendo due contributi;

• Si trasmette la matrice, che verr`a antitrasformata, mostrando un’im- magine molto simile alla precedente; quanto sia simile, dipende dal processo di quantizzazione impiegato.

3.2.2 Compressione di immagini in movimento (MPEG)

Finora `e stata introdotta la possibilit`a di comprimere immagini fisse; ag- giungendo alcune complicazioni, `e possibile comprimere anche sequenze di immagini in movimento.

L’idea alla base di questa possibilit`a `e usare un dispositivo detto “predit- tore”, in grado, in sostanza, di fare la seguente cosa: a partire da un’immagine fissa, e da alcune immagini, “supporre” come sar`a l’immagine, e trasmetterla (la parola “trasmetterla” `e sbagliata, come si vedr`a tra poco).

Innanzitutto, bisogna rendersi conto di un fatto, fondamentale. A dif- ferenza di quanto studiato nella televisione analogica, al momento della predi- zione si han gi`a a disposizione le immagini successive; la predizione avviene dunque, basandosi su sequenze di immagini, gruppi di immagini, noti come GOP (Group Of Pictures). Il meccanismo con il quale lavora MPEG, `e il seguente:

• Si parte da una certa immagine fissa, ossia codificata in JPEG, che verr`a trasmessa nella sua interezza;

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• A partire da questa immagine, il predittore “predice” la futura im- magine, e confronta l’immagine predetta con quella effettivamente pre- sente; a questo punto, anzich`e trasmettere l’immagine nella sua interez- za, vengono trasmessi i soli errori di predizione, ossia le sole “zone”

dell’immagine in cui il predittore non ha predetto correttamente.

Questa `e l’idea fondamentale di MPEG: trasmettere non sequenze di im- magini fisse, ma errori, segnali di errore, di correzione, rispetto ad una certa immagine fissa, che nella fattispecie sar`a la prima immagine del GOP.

Si introducono a questo punto i tre tipi di frame esistenti in uno standard MPEG:

• I : inter-frame; si tratta di immagini fisse, codificate in JPEG, trasmesse per intero;

• P : predicted; si tratta di immagini predette, a partire dal frame I;

• B : bi-directional frame: si tratta di immagini preditte sia a partire dalla storia passata che da quella futura.

Si descriveranno meglio questi frame in seguito; per ora, si intende solo presentare la seguente idea: al codificatore `e necessario presentare una certa sequenza di immagini inter-frame, le quali costituiscono una sorta di “reset”, di punto di partenza per un GOP: dati GOP di 20 figure, si ha un’immagine I in principio ad esso, a partire dalla quale si presenteranno gli errori di predizione, mediante B e P; alla 21circ immagine si avr`a nuovamente una I per un nuovo GOP, e cos`ı via. Il blocco di predizione, alla trasmissione di I, viene inibito, in modo da trasmettere l’intero dato, per poi essere in grado di trasmettere solo errori di predizione. Cambiare di tanto in tanto I fa

“bene”: chiaramente, `e possibile che vi siano immagini predette su sequenze ben differenti, dunque non aggiornare I farebbe partire la predizione sempre dalla stessa immagine, anche in contesti completamente diversi, in modo da peggiorare le prestazioni. Pi`u `e lungo il GOP, pi`u efficiente `e il sistema, ma maggiore `e la memoria necessaria.

Esistono, oltre a tutto ci`o, meccanismi per la compensazione del movi- mento: se vi `e stata ad esempio una semplice traslazione, il predittore `e in grado di traslare i vettori movimento dell’immagine, senza dover inviare grossi dati, ma solo una piccola correzione; tutte queste operazioni possono essere tranquillamente completate, prima della codifica; in base ai vettori movimento, in pratica, il predittore “sposta” la figura, il ricevitore “se ne accorge”; come errore, oltre al vettore movimento, si trasmette l’errore di

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predizione, che fa anche la rotazione; ruotare una figura non `e possibile me- diante i soli vettori movimento, tuttavia `e possibile, ovviamente al prezzo di introdurre errori di predizione, effettuare anche rototraslazioni di immagini.

Si lavora dunque a blocchi di pixel, o meglio a macroblocchi (trattandosi di blocchi molto grossi); lo scopo di MPEG `e elaborarli in 501 di secondo, cosa complicata da fare per un decoder, rendendolo di fatto non accessibile ad un utente (quantomeno, quando la tecnologia stava nascendo). Il predittore per questo cerca le traslazioni dei vettori movimento: se, a velocit`a costante, si ha una traslazione del campo, del vettore movimento, `e molto positivo, poich`e la predizione da fare `e molto semplice, e si riescono ad ottenere anche predizioni del 100%, ossia senza errori.

MPEG, associato ai tre tipi di frame, ha tre strategie di predizione; delle tre, quella legata ai frame tipo B `e senza dubbio la migliore: tengono conto sia della storia presente, sia di quella futura.

Il grosso problema di MPEG `e il cosiddetto “stacco”, ossia una variazione brusca di scena. Se uno stacco avviene in prossimit`a di un frame tipo B, gli errori sono limitati, proprio grazie alla conoscenza della storia.

3.3 Transport stream multiplex

Abbiamo a questo punto capito come elaborare un flusso di dati in uscita dal buffer: preso dallo studio un segnale a bitrate elevato, siamo nel mondo della multimedialit`a, e intendiamo studiare come comprimere il bitrate, me- diante JPEG e MPEG; fatto ci`o, dobbiamo trasmettere questo flusso equiva- lente compresos all’utente, mediante varie piattaforme: televisione, internet, o altro.

Un multiplex `e un sistema che in sostanza occupa un canale di frequen- za; questi canali hanno pressoch`e l’ampiezza spettrale di un singolo canale televisivo analogico, ma ciascun multiplex, al proprio interno, permette di visualizzare molti canali. Con la tecnologia digitale terrestre, in pratica, pri- ma di visualizzare un canale vero e proprio `e necessario posizionarsi su di un multiplex che lo contiene. Con la banda di un canale vecchio se ne ottengono 10 o 12; con una codifica MPEG2 a 8 Mbit/s inoltre si ottiene una qualit`a ottima, molto superiore a quella che si otterrebbe con un sistema PAL, e una riduzione di aliasing ed effetti simili, fino a renderli praticamente invisibili all’occhio umano.

Nei codificatori, a seconda del programma, si pu`o pure scegliere quanto bitrate assegnare ad un certo canale: un telegiornale avr`a chiaramente meno bisogno di bitrate rispetto ad un film d’azione!

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Esistono multiplex di vario tipo, ad esempio statistici: si misurano le qualit`a (tassi di errore), e, impostando alcuni limiti massimi, si fa una sta- tistica della situazione, e si assegna ai vari canali un dato bitrate. Si riesce, inoltre, a:

• Trasmettere informazioni aggiuntive sul contenuto dei programmi;

• Introdurre meccanismo di cifratura, al fine di poter usare un CA (Con- ditional Access).

• I pacchetti di solito sono da 188 bytes;

• I pacchetti sono dotati di un header, di un payload (contenuto “utile”

del pacchetto ai fini del servizio),e talvolta adaptation field;

Consideriamo un esempio: per 576 righe attive, su ciascuna delle quali devono essere presenti 720 campioni, sono 414 kBytes; introducendo i segnali CR e CB, di cromatismo, ciascuno con met`a del bitrate, si ottengono 830 kBytes.

Questa roba entra quindi nel codificatore MPEG2, e da qui escono pac- chetti a lunghezza variabile; tutto ci`o viene pacchettizzato in modo da creare il flusso di pacchetti da 188 bytes: il packet elementary stream.

Non `e detto che il contenuto del pacchetto codificato pesi 188 bytes; gli adaptation fields sono proprio utili al fine di uniformare la lunghezza del pacchetto, facendola sempre arrivare a 188 bytes.

Gli header sono i “dati di targa” del pacchetto; ciascuno ha un byte di sincronismo, un indicatore di errori (per il meccanismo dell’MPEG prima descritto), un bit che dice se quello in questione sia l’inizio del PES (Pachet Elementary Stream), e via cos`ı.

Tra i vari elementi vi `e il GOP-header, indicante l’arrivo di un frame tipo I.

Una nota aggiuntiva riguardo la discrete cosine transform: il coefficiente della continua fa riferimento ad un sistema di tipo DPCM (Differential PCM), al fine di evitare che la componente continua, e di conseguenza l’offset sul- l’intero segnale, quindi la visione, cambi drasticamente.

Il primo standard `e stato il MPEG-1, a bitrate basso (a causa delle velocit`a dei chip e delle memorie del tempo): 1,15 Mbit/s e 350 kBit/s.

Il secondo standard, attualmente in uso, `e MPEG-2: sostanzialmente sim- ile al precedente, ma molto pi`u utilizzato per applicazioni broadcast, grazie al bitrate (e alla conseguente qualit`a) pi`u alto.

La raccomandazione 601 `e 4:2:2 : ci`o si usa per discutere il rapporto, in sede di produzione, tra frequenza di campionamento di grigio e colori.

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Comunemente, si direebbe che si ha 4:2:0, per dire il fatto che rispetto alla luminanza si dimezza la frequenza di campionamento di colore, evidenziando il fatto che per`o come nel SECAM si butta via una riga su due, e se ne trasmette una alternata all’altra, dimezzando la risoluzione verticale.

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Capitolo 4

Il sistema DVB

Una volta “confezionato”, il servizio deve essere inviato all’utente. A questo fine, esistono sostanzialmente tre modalit`a, e tre relativi sottosistemi:

• Satellite (DVB-S);

• Cavo (DVB-C);

• Terrestre (DVB-T).

Si cerc`o di rendere pi`u simili possibili, al variare dei tre standard, le fun- zioni all’interno dei coder e decoder, in modo da non avere troppe differenze tra loro. Ci`o che vedremo, di conseguenza, `e il fatto che buona parte della circuiteria `e comune ai tre tipi di decoder; inoltre, per quanto riguarda cavo e terrestre, il segnale sar`a quasi identico, in modo da non dover cambiare televisione al variare della modalit`a di ricezione.

Dal segnale che esce dallo studio, dalle telecamere, come gi`a visto si entra in un encoder MPEG-2; mediante altri programmi si fa confluire il flusso di bit in uscita da esso nel transport multiplex, si entra in uno scrambler (“dipersore” di energia), atto a “confondere” i pacchetti in modo da au- mentare la dispersione degli errori, dispersione comunque controllata, quindi si effettua una codifica di canale ed una modulazione.

4.1 Blocchi funzionali di un sistema Tx digi- tale

Schemi a blocchi funzionali

A seconda del sistema che si intende studiare, vi saranno alcuni blocchi aggiuntivi. Iniziamo trattando il sistema DVB-T, introducendo eventuali

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differenze:

• Il sistema DVB-T ha, come gi`a accennato, un randomizzatore in ingres- so; ci`o vale anche per quanto concerne gli altri sistemi; si tratta di un sistema in grado di spezzare lunghe sequenze di zeri e uni; i pacchetti di 1 + 187 bytes, vengono modificati “scambiando” i bit in ingresso, in modo da “spezzare” per l’appunto queste catene.

• Si ha un outer coder: si tratta di un FEC (Forward Error Corrector), di tipo Reed-Solomon; vengono individuati mediante tre numeri: 204, 188, t=8. t=8 significa che si correggono, per ogni pacchetto, fino a 8 byte; 188 `e la lunghezza totale del pacchetto senza codifica; 204 `e la lunghezza del pacchetto risultante, con introduzione dell’outer coding, ossia del sistema di controllo/rilevamento/correzione degli errori; tutto ci`o viene fatto, pagando il prezzo di introdurre bit ridondanti (204 - 188). Si noti che questo meccanismo talvolta non `e sufficiente: `e possibile infatti correggere bit di errore, ma spesso i burst, dovuti a disturbi industriali, no; vedremo che per questo, a seconda del sistema, sar`a necessario introdurre ulteriori sistemi.

• Un sistema di outer interleaving: ci`o non `e presente sempre: l’inter- leaver ha lo scopo di accrescere l’efficienza del codificatore RS prima descritto, in presenza di errore; si opera sui 204 bytes, mediante un parallelo di diverse fifo.

• Inner code and puncturing: si tratta una delle pi`u grosse invenzioni:

il codificatore di Viterbi. Si introducono livelli di protezione elevati: a seconda del livello la protezione cresce o decresce; questo circuito viene alimentato con i dati in ingresso, e in uscita si hanno flussi, pi`u robusti, ma che raddoppiano di fatto il bitrate. Il puncturing `e di fatto un modo di “prendere” alcuni dati e tralasciarne altri.

Nelle norme si scrive come utilizzare il codificatore, ossia cosa man- tenere e “buttare” via.

• Inner interleaving: si organizza ci`o che arriva in blocchi da 126 bit; si decide a questo punto se organizzare tutto ci`o in parole da 2, 4 o 6 bit: volendo avere un sistema di modulazione ad alta efficienza si tende ad aumentare il parallelismo delle parole, dunque ad andare verso i 6 bit; in alternativa, per avere un sistema molto robusto, si tende ad abbassare il parallelismo, verso i 2 bit.

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Ogni parola si ottiene prendendo un bit per ogni “colonna” in parallelo.

Si riesce ad ottenere una mappatura che crea una struttura di 126· 48

“mattonelle”.

Dal Viterbi escono parole di 126 bit, che vengono mappate come nella figura.

Il flusso seriale a valle del puncturing `e demultiplato, dunque `e sufficiente interpretare questi flussi di parole.

Il sistema di puncturing ha lo scopo “mitigare” il flusso di parole: in se- guito dal codificatore di Viterbi, infatti, il bitrate `e enormemente aumentato;

il fatto di introdurre un meccanismo di “selezione” dei bit permette di elim- inare alcuni bit di ridondanza; si sappia tuttavia che essi non sono introdotti a caso: un bit di ridondanza pu`o essere molto utile al fine di correggere errori di trasmissione dell’informazione, quindi un puncturing eccessivo potrebbe rendere il sistema “debole” ai disturbi esterni.

Il sistema di interleaving attualmente utilizzato `e anche detto “sistema 8K”: 8K si riferisce a “8000”. Da cosa deriva questa nomenclatura? La base dell’interleaving `e considerare blocchi, come gi`a detto, costituiti da parole di 2, 4 o 6 bit. Ciascun blocco `e costituito, in questo standard, da 48 parole;

il risultato `e ottenere la trasmissione di insiemi da 126x48 = 6048 blocchi, ciascuno dei quali va modulato, in modo da ottenere una diversa collocazione spettrale. A questo punto, `e necessario controllare una portante per ciascun blocco da modulare, cosa un tempo assolutamente assurda: in Gran Bre- tagna, qualche anno dopo la nascita dell’idea dell’interleaving, si incominci`o a lavorare con sistemi 2K, ossia basati sulla modulazione di 2000 blocchi mediante lo stesso numero di portanti; il resto dell’Europa, rimasta indietro negli anni, ha potuto sviluppare un sistema pi`u potente, grazie all’avvento della nuova tecnologia, riuscendo a modulare quasi 8000 portanti; si `e detto che i blocchi sono 6048 ma in realt`a, a causa di vari segnali di controllo, si raggiungono circa i 7000.

4.1.1 Modulazione digitale

Trattiamo con un po’ pi`u di approfondimento il discorso delle modulazioni digitali: trattando segnali non pi`u analogici, ma continui, le vecchie tecniche di modulazione risultano essere inutilizzabili, obsolete, di conseguenza si `e dovuti passare a nuove idee. In sostanza, in ambito televisivo, la modulazioni che si utilizzano sono di due tipi:

• QAM: Quadrature Amplitude Modulation;

• QPSK : Quadrature Phase Shift Keying.

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Senza entrare nei formalismi matematici nascosti dietro queste idee, si presentano solo alcuni concetti fondamentali: l’obiettivo finale `e quello di trasmettere dei dati; si considera, anzich`e il concetto di bit, quello di simbolo, e una relativa durata T di simbolo. Ciascun simbolo, prima di introdurre un sistema di trasmissione, va formattato, ossia va introdotto un formato che sia semplice da trasmettere, e interpretabile da un sistema di ricezione. Il segnale pi`u “bello” da trasmettere sarebbe un’onda quadra; bello, certo, ma anche con un grosso problema: il suo spettro `e estremamente largo, cosa che lo rende non trasmissibile, senza dover occupare una grossa porzione di spettro. Il segnale che si utilizzer`a come simbolo, quindi, sar`a sostanzialmente un’onda quadra, filtrata in qualche modo.

Il filtro in questione sar`a il cosiddetto “filtro di Nyquist”: con la minima banda possibile, a seconda dei parametri che si intendono avere, si dovr`a cercar di massimizzare l’integrit`a del segnale; il senso, in pratica, `e filtrare l’onda quadra mediante un arco di sinusoide che, a seconda della sua rapidit`a, includer`a pi`u o meno armoniche nel segnale di filtraggio. Si introduce il coefficiente di roll-off, α, come il coefficiente che indica quante armoniche vengono incluse nel filtro. Se α ≃ 1, il filtro risulta essere molto “blando”, dunque che permette il passaggio di molte armoniche; se α `e prossimo a 0, sar`a molto pi`u efficiente, e le armoniche conseguentemente attenuate. Un valore del coefficiente spesso utilizzato `e 0,2.

In funzione del coefficiente di roll-off, la banda `e:

B = (1 + α)· 1 2T

Si noti una cosa, tuttavia: questa banda `e quella unilatera, ossia riferita ad un segnale in banda base, del quale si considera solo una semiampiezza;

in seguito alla modulazione, il segnale risulta essere traslato in frequenza, di conseguenza la banda, rispetto a B, deve raddoppiare, al fine di considerare tutta la banda e non solo quella “destra”.

Pi`u il fianco si rende ripido, pi`u si hanno sovraelongazioni, rendendo diffi- cile la trasmissione e la ricezione, a causa del fenomeno noto come ‘`ınterferenza intersimbolica”. Il problema tuttavia `e il fatto che, cercando di ridurre l’inter- ferenza intersimbolica, si agisce spesso, in modo opposto, sul rumore; bisogna dunque essere in grado di dimensionare i parametri del sistema in modo da avere un buon trade-off, che non aumenti troppo il rumore ma neanche la ISI (Inter-Symbolic Interference). Al fine di valutare la validit`a del sistema, esiste un modo, per quanto “soggettivo”, frequentemente utilizzato: il diagramma

“`a occhio”.

Delle varie modulazioni, la pi`u robusta (ma non per questo pi`u utilizzata)

`

e la QPSK; il concetto di base `e prendere a due a due i dati in arrivo, in modo

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da costituire i vari simboli; in questo modo si ha una velocit`a di simbolo pari alla met`a del bitrate di ingresso. Il valore della portante, in questo sistema, pu`o dipendere da quattro valori della fase, ben distinti tra lori; ci`o permette il fatto di rendere ben distinte tra loro le condizioni che portano a due termini, ossia di diminuire la probabilit`a di errore a parit`a di bitrate, rispetto a sistemi di altro tipo.

Sistema pi`u efficiente, ossia in grado di supportare bitrate maggiori, `e la QAM; essa si trova solitamente in due formati: 16-QAM e 64-QAM; la maggior presenza di simboli da un lato potrebbe migliorare la velocit`a di trasmissione dell’informazione, dall’altro potrebbe tuttavia, al crescere dei simboli, aumentare la probabilit`a di errore, rendendo i disturbi al segnale fatali per molte situazioni; per questo motivo la QAM si usa in sistemi intrin- sicamente “robusti”: i minimi disturbi potrebbero causare grosse distorsioni dell’informazione.

4.1.2 COFDM

Una volta mappato il flusso in parole da 2, 4 o 6 bit, `e necessario trasmetterlo!

Per farlo, conoscendo l’andamento della trasformata di Fourier di un segnale a porta, modulando una portante col suddetto simbolo, si ha una traslazione in frequenza, e l’andamento in frequenza della portante modulata dal simbolo ha il solito andamento di seno cardinale.

A questo punto, l’idea `e la seguente: se ciascuna delle portanti (circa 7000) viene trasmessa, in modo da essere piazzata in corrispondenza degli zeri dello spettro del seno cardinale, si piazzano le frequenze centrali dove non c’`e energia, risparmiando notevolmente nei costi di trasmissione. Questo sistema `e alla base della struttura delle “portanti ortogonali”: se si pu`o verificare la seguente situazione:

Tsimbolo = 1

B n

= n B

Dove n `e il numero di portanti, B la banda, si riesce a realizzare questo tipo di meccanismo.

4.2 Osservazioni finali

Si `e parlato di DVB, accennando alcune nozioni fondamentali. Per quanto riguarda il progetto di sistemi, esistono tavole, nei documenti del DVB (di tipo satellitare, terrestre o via cavo che sia), che permettono di determinare

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