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I recenti sviluppi della teoria del ciclo economico

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Academic year: 2021

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C

APITOLO

20

I recenti sviluppi della teoria del ciclo economico

Domande di ripasso

1. La teoria del ciclo economico reale spiega le fluttuazioni del livello di occupazione attraver- so le fluttuazioni dell’offerta di lavoro. La teoria pone l’accento sul fatto che la quantità of- ferta di lavoro dipende dagli incentivi economici con i quali il lavoratore si confronta. Nel determinare la risposta degli individui agli incentivi economici, un ruolo particolarmente importante è svolto dalla sostituzione intertemporale del lavoro, cioè dalla disponibilità dei lavoratori di riallocare il lavoro nel tempo: per esempio, se oggi il salario o il tasso di interesse sono temporaneamente elevati, lavorare oggi è relativamente più allettante di lavorare do- mani.

2. I principali punti di disaccordo nel dibattito sulla teoria del ciclo economico reale sono quattro. Su tali punti non si è ancora giunti a una posizione di consenso e, di conseguenza, rimangono oggetto di attività di ricerca. Li elenchiamo a seguire.

(i) Interpretazione del mercato del lavoro. Nel corso del ciclo economico il tasso di disoc- cupazione subisce ampie fluttuazioni. I sostenitori della teoria del ciclo economico reale affermano che le fluttuazioni dell’occupazione sono il risultato di variazioni del numero di individui che desiderano lavorare: per ipotesi, l’economia si trova sempre sulla curva di offerta di lavoro. Questi studiosi sono convinti che le statistiche della disoccupazione siano difficili da interpretare per almeno due ragioni: gli individui possono dichiararsi disoccupati per poter beneficiare del sussidio di disoccupazione; e i disoccupati po- trebbero essere disposti a lavorare se venisse loro offerto il salario che percepivano in precedenza.

I critici di questa teoria ritengono che le fluttuazioni dell’occupazione non riflettano il numero di individui che desiderano lavorare: sono convinti che l’elevato tasso di di- soccupazione nei periodi di recessione sia indice del fatto che il mercato del lavoro non raggiunge l’equilibrio, cioè il salario non si aggiusta in modo da equilibrare domanda e offerta di lavoro.

(ii) L’importanza degli shock tecnologici. I sostenitori della teoria del ciclo economico reale ipotizzano che la capacità dei sistemi economici di produrre beni e servizi, dati gli input di capitale e lavoro, vari nel tempo. Tali variazioni sono provocate dal clima, dalle leggi a tutela dell’ambiente, dai prezzi dei prodotti petroliferi e dalla tecnologia.

I critici della teoria del ciclo economico reale si domandano «che cosa sono gli shock», ritenendo probabile che il progresso tecnologico si manifesti con gradualità e mettendo in dubbio che i fenomeni recessivi siano effettivamente provocati da istanze di regresso tecnologico. L’accumulazione di tecnologia può rallentare, ma sembra improbabile che si fermi o arretri.

(iii) La neutralità della moneta. Le contrazioni della crescita monetaria e dell’inflazione so- no generalmente associate a periodi di elevata disoccupazione. La maggior parte degli osservatori interpreta tale fenomeno come una prova della forte influenza della politica monetaria sull’economia reale. La teoria del ciclo economico reale pone l’accento sulle cause non monetarie (quindi «reali») delle fluttuazioni economiche, affermando che la stretta correlazione tra moneta e prodotto aggregato sia dovuta al fatto che le fluttua- zioni del prodotto aggregato provocano fluttuazioni dell’offerta di moneta, non il con- trario. Dunque, i sostenitori della teoria del ciclo economico reale affermano che la poli-

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teoria del ciclo economico reale ritengono che anche in macroeconomia si debba far valere la stessa ipotesi, e che la vischiosità dei prezzi e dei salari non sia rilevante al fine della comprensione delle fluttuazioni economiche. I critici di tale teoria, invece, fanno notare che molti salari e molti prezzi sono rigidi e si dicono convinti del fatto che questa rigidità spieghi sia l’esistenza della disoccupazione sia la «non neutralità» della moneta.

3. Lo scaglionamento delle decisioni di prezzo influenza la velocità di aggiustamento del livello generale dei prezzi in risposta a una contrazione dell’offerta di moneta: se una sola impresa decide di aggiustare il proprio prezzo, probabilmente sarà riluttante a farlo variare sensi- bilmente, dato che una variazione rilevante altererebbe il suo prezzo reale (cioè il prezzo re- lativo rispetto alle altre imprese). Il risultato di queste variazioni incrementali è che il livello aggregato dei prezzi non si aggiusta completamente al nuovo livello di equilibrio, neppure dopo che tutte le imprese hanno variato almeno una volta il proprio prezzo.

4. Indagini empiriche rivelano che le imprese tendono a variare i propri prezzi con frequenze molto diverse. Tuttavia i prezzi vischiosi sono relativamente comuni: l’impresa media aggiu- sta i prezzi una o due volte all’anno. A detta dei manager delle imprese, vi sono numerose ragioni per non adeguare i prezzi più di frequente. Una possibile interpretazione del feno- meno è che a imprese diverse si applichino teorie diverse, in funzione delle caratteristiche del settore in cui operano, e che la vischiosità dei prezzi sia un fenomeno macroeconomico per il quale non si può trovare un’unica spiegazione microeconomica. Tra le ragioni della vi- schiosità dei prezzi, negli Stati Uniti la più indicata dalle imprese è la mancanza di coordi- namento; in Europa, la presenza di contratti impliciti ed espliciti.

Problemi e applicazioni pratiche

1. Grazie al temporaneo miglioramento del clima, Robinson Crusoe lavora di più. Pertanto il PIL cresce grazie agli effetti congiunti del bel tempo e del maggiore impegno lavorativo.

Crusoe lavora di più in conseguenza della sostituzione intertemporale del tempo libero. A causa del bel tempo, oggi il prezzo del tempo libero è relativamente alto, perché per per- mettersi di riposare Crusoe deve rinunciare a molta produzione. Invece, nei giorni successi- vi il riposo è relativamente più economico perché il tempo non sarà altrettanto bello e quindi la quantità di prodotto a cui Crusoe dovrà rinunciare sarà inferiore. Dati questi

«prezzi», Crusoe sceglierà di consumare meno tempo libero oggi (ovvero lavorare di più), co- sì da potere consumare più tempo libero domani.

Al contrario, se il clima subisce un miglioramento permanente, non c’è un effetto di sosti- tuzione intertemporale del lavoro di Crusoe: la sua produttività di oggi è identica a quella di domani. Tuttavia esistono altri motivi che potrebbero spingere Crusoe a modificare le sue abitudini lavorative in un mondo caratterizzato da un clima costantemente più favorevole.

C’è un effetto di reddito, poiché Crusoe, grazie al bel tempo, diventa ricco più rapidamente e può quindi lavorare meno. L’effetto di reddito è compensato in parte dall’effetto di sosti- tuzione, che agisce in senso contrario: poiché il prezzo del tempo libero in termini di manca- ta produzione è maggiore, Crusoe sarà incentivato a lavorare di più. Non potendo osservare Crusoe, non sappiamo quale di questi due effetti sia il più forte e quindi non sappiamo se la- vorerà di più o di meno.

Se anche col bel tempo Crusoe lavorasse di meno, il PIL probabilmente aumenterebbe comunque, grazie alla maggiore produttività. Infatti Crusoe vorrà utilizzare il suo maggiore potenziale produttivo per garantirsi una quantità maggiore sia di beni sia di tempo libero.

Difficilmente sceglierà di consumare un ammontare di tempo libero tale da ridurre il con- sumo di beni. Utilizzando la terminologia microeconomica, il PIL cresce perché entrambi i beni sono normali, ovvero sono beni che si desidera consumare in quantità crescente all’aumentare del reddito.

2. La teoria del ciclo economico reale parte dall’ipotesi che i prezzi siano perfettamente flessibili. Perciò in questo capitolo abbiamo ignorato la curva LM in quanto non ha alcun effetto sulle variabili reali. In altre parole, abbiamo ipotizzato che il livello dei prezzi si aggiusti automaticamente per mantenere il mercato monetario in equilibrio, in modo che la domanda di saldi monetari reali sia uguale all’offerta:

M/P ⫽ L(r, Y )

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La banca centrale determina l’offerta di moneta M; l’intersezione tra domanda e offerta di saldi monetari reali determina il tasso di interesse r e il livello del prodotto aggregato Y. Sol- tanto il livello dei prezzi è libero di aggiustarsi per far sì che il mercato della moneta sia in equilibrio.

(a) Un aumento del prodotto aggregato Y fa aumentare la domanda reale di moneta. Se la banca centrale mantiene costante l’offerta di moneta M, il livello dei prezzi deve dimi- nuire per riportare il mercato della moneta in equilibrio. I prezzi P e il prodotto aggrega- to Y variano in direzioni opposte.

(b) Supponiamo adesso che la banca centrale aggiusti l’offerta di moneta per stabilizzare il livello dei prezzi. Un aumento del prodotto aggregato Y fa aumentare la domanda reale di moneta. Per stabilizzare il livello dei prezzi, la banca centrale deve aumentare l’offerta di moneta. Allo stesso modo, quando la produzione scende, la banca centrale deve ridurre l’offerta di moneta per mantenere il mercato della moneta in equilibrio e il livello dei prezzi stabile. La quantità di moneta M e il prodotto aggregato Y variano nella stessa direzione.

(c) La correlazione tra le fluttuazioni dell’offerta di moneta e le fluttuazioni del prodotto ag- gregato non contrasta necessariamente con la teoria del ciclo economico reale. Se la banca centrale adotta una politica di stabilizzazione dei prezzi come quella descritta nel- la parte (b), avremo una correlazione tra M e Y, senza che la moneta abbia alcun effetto sul prodotto aggregato. Piuttosto, l’esistenza della correlazione sarebbe il risultato della reazione endogena dell’autorità monetaria alle fluttuazioni del prodotto aggregato.

3. (a) La figura 20.1 mostra i risultati di questo gioco. Se Andrea e Matteo lavorano entrambi alacremente, ricevono entrambi un profitto di 100 euro al quale vanno sottratti 20 eu- ro per lo sforzo: il guadagno finale è 80 euro. Se, invece, soltanto uno dei due lavora con impegno, colui che si impegna riceve 70 euro meno 20 euro per lo sforzo, mentre l’altro ottiene 70 euro senza alcuna detrazione per lo sforzo. Infine se nessuno lavora con im- pegno il guadagno è di 60 euro.

Matteo lavora alacremente

80 80 50 70

70 50 60 60 Andrea

Figura 20.1 batte

la fiacca lavora

alacramente

batte la fiacca

(b) Andrea e Matteo preferirebbero lavorare entrambi con impegno, così da ottenere il guadagno massimo, 80 euro.

(c) Se Andrea prevede che Matteo lavorerà con impegno, può scegliere tra lavorare con impegno, guadagnando 80 euro, e rilassarsi e guadagnare 70 euro. Di conseguenza, e- gli sceglierà di lavorare con impegno. Matteo ha le stesse opzioni e farebbe la stessa scelta. Lavorare con impegno rappresenta pertanto un equilibrio: se ciascuno di loro prevede che l’altro lavorerà con impegno, entrambi sceglieranno di lavorare con impe- gno, soddisfacendo così le reciproche aspettative.

(d) Se Andrea prevede che Matteo lavorerà con scarso impegno, potrebbe lavorare con impegno e guadagnare 50 euro oppure non impegnarsi e guadagnare 60 euro. Pertan- to sceglierà di lavorare con scarso impegno. Come nel caso precedente, lavorare con scarso impegno rappresenta un equilibrio: se entrambi i giocatori prevedono che l’altro lavorerà con scarso impegno, sceglieranno di lavorare impegnandosi poco, soddisfacen- do le reciproche aspettative.

(e) Questo gioco rappresenta un tipico esempio di mancato coordinamento nelle relazioni produttive. Andrea e Matteo potrebbero finire per lavorare senza impegno, anche se si troverebbero in condizioni migliori lavorando con impegno. Se potessero coordinarsi e lavorare con impegno, raggiungerebbero un equilibrio migliore, ma nessuno dei due ha

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d’affari (e tra coautori) hanno più le caratteristiche di un gioco ripetuto nel quale in ogni periodo i giocatori decidono il tipo di impegno da porre nel lavoro. Nei giochi ripe- tuti esistono strategie del tipo «io mi impegno solo se l’ultima volta tu ti sei impegnato», che rendono più facile il raggiungimento di un equilibrio.

4. (a) La figura 20.2 mostra le curve di costo marginale, di domanda e di ricavo marginale. La curva di ricavo marginale è al di sotto della curva di domanda: se si abbassa il prezzo per aumentare le vendite, il ricavo su tutte le unità vendute in precedenza diminuisce.

La quantità che massimizza il profitto si trova nel punto in corrispondenza del quale il ricavo marginale è uguale al costo marginale. Il monopolista fissa il prezzo scegliendo il punto sulla curva di domanda che corrisponde a quella quantità. Nel diagramma, il surplus del consumatore è individuato dall’area A mentre il profitto del monopolista è dato dall’area B.

A

B

D C

R

Quantità Prezzo

P0

Figura 20.2

(b) La figura 20.3 mostra che, in corrispondenza del prezzo più elevato, il surplus del con- sumatore è A. Confrontata con il punto di ottimo, la variazione del surplus del consu- matore è –(B ⫹ C). I consumatori perdono entrambe le aree perché meno consumatori possono acquistare il bene e perché il prezzo è più elevato.

A

D C

R

Quantità Prezzo

P0

B C

D E P1

Q0 Q1

Figura 20.3

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I profitti passano da D ⫹ E (valore ottimo) a B ⫹ D. Confrontata con il valore ottimale, la variazione dei profitti in corrispondenza del prezzo più elevato è B – E. I produttori subiscono una perdita perché la quantità di beni venduta è inferiore, ma hanno anche un guadagno perché il prezzo di ogni unità venduta ora è maggiore.

(c) L’impresa modifica il prezzo se E – B è maggiore del costo dei menu. Nel fare questa scelta, l’impresa ignora i costi che il prezzo più alto ha sul surplus del consumatore. Per la società nel suo complesso, un cambiamento dei prezzi sarebbe preferibile se la perdi- ta di benessere sociale, C ⫹ E, fosse maggiore del costo dei menu. In altre parole, in presenza di costo dei menu, la frequenza con la quale i monopolisti adeguano i prezzi è insufficiente.

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