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Una historia de nunca acabar

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Academic year: 2021

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(1)

di Daniele Camoni

Dottorando di ricerca in Diritto pubblico comparato

Una historia de nunca acabar. Sul

travagliato rinnovo del Consejo General

del Poder Judicial e del Tribunal

Constitucional in Spagna

(2)

Una historia de nunca acabar. Sul travagliato

rinnovo del Consejo General del Poder Judicial e del

Tribunal Constitucional in Spagna

*

di Daniele Camoni

Dottorando di ricerca in Diritto pubblico comparato

Università degli Studi di Milano-Bicocca

Abstract [It]: L’articolo esamina i recenti ritardi nel rinnovo del Consejo General del Poder Judicial (CGPJ) e di una

parte del Tribunal Constitucional (TC) in Spagna. In primo luogo, si guarderà al quadro delle disposizioni normative (costituzionali e non) applicabili, nonché alle modalità con le quali i membri di tali organi sono eletti ed all’estensione del loro mandato oltre i termini ordinari (prorogatio). A seguire, si presterà attenzione alle difficoltà politiche che storicamente si sono verificate nel corso di alcuni rinnovi del CGPJ e del TC, soprattutto a partire dagli anni Duemila. Infine, saranno forniti alcuni spunti in relazione alla necessità di implementare riforme di natura costituzionale e legislativa, con l’obiettivo di evitare che siffatte violazioni della Costituzione possano ripetersi nuovamente.

Abstract [En]: The paper deals with the recent delays in the renewal of the Spanish Council of the Judiciary

(CGPJ) and a part of the Constitutional Court (TC). First of all, it will consider the rules (established both in the Constitution and in some Leyes Orgánicas) that apply, as well as the way the members of these institutions are chosen and the extension of their powers beyond the ordinary terms legally established (prorogatio). Then, attention will be paid to the political difficulties that sometimes arose while renewing the CGPJ and the TC, especially from the 2000s onward. Finally, some modest proposals will be drawn on the need of constitutional and legal reforms, in order to avoid future (and similar) breaches of the Constitution.

Sommario: 1. Premessa introduttiva. 2. L’art. 122.3 CE come “peccato originale” nella configurazione del CGPJ. 3. Il rinnovo parziale del TC tra Costituzione e riforme legislative. 4. Il problema della prorogatio degli organi

costituzionali. 5. Le difficoltà di una crisi ciclica. Le proroghe del CGPJ… 5.1. (Segue)… ed i mancati rinnovi del TC. 6. Alcune (modeste) proposte di riforma.

1. Premessa introduttiva

Una celebre incisione del pittore Francisco de Goya del 1799 (Capricho n. 43) recava il seguente titolo: «El sueño de la razón produce monstruos». L’immagine artistica così evocata può essere riproposta, sul piano giuridico, in relazione ai clamorosi ritardi che ancora oggi caratterizzano, in Spagna, il mancato rinnovo del Consejo General del Poder Judicial (CGPJ) ed una parte dei giudici del Tribunal Constitucional (TC)1.

*Articolo sottoposto a referaggio.

1 In relazione ad organi con un mandato già scaduto, si deve fare riferimento anche al Defensor del Pueblo, la cui carica è

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Il primo opera in un controverso regime di prorogatio dal 4 dicembre 2018. In termini analoghi, il Presidente González Rivas, la Vicepresidente Roca Trías ed il giudice Ollero Tassara continuano a far parte dell’organo di giustizia costituzionale nonostante il loro mandato sia formalmente scaduto il 7 novembre 20192.

In questa prospettiva, il sonno della ragione (politico-istituzionale) genera mostri (costituzionali)3.

L’ordinamento spagnolo risulta, infatti, composto da istituzioni che, a causa dell’insipienza delle forze politiche, sempre più spesso sono “costrette” ad esercitare le rispettive funzioni oltre i termini stabiliti dalla Costituzione ovvero con una parte dei propri componenti che avrebbe già dovuto essere sostituita.

Per comprendere come si è arrivati allo scenario attuale, è necessario soffermarsi innanzitutto sul reticolato normativo nel quale si inquadrano i descritti organi, sulle modalità di elezione dei componenti e su una loro “continuità” istituzionale – una volta concluso il mandato per il quale sono stati eletti – favorita dalla previsione di discutibili modelli di prorogatio (non contemplati nel testo costituzionale). Sul piano concreto, sarà fatto altresì riferimento ad alcuni episodi significativi che, soprattutto a partire dagli anni Duemila, hanno coinvolto il CGPJ ed il TC, cercando di ricostruire le ragioni (anche) politiche che hanno condotto a tali condotte anomale, minando di conseguenza il prestigio e l’autorevolezza delle rispettive istituzioni.

In conclusione, saranno considerate alcune possibili riforme che, attraverso puntuali modifiche della Costituzione e della legislazione applicabile, potrebbero contribuire quantomeno a ridurre i rischi che tali criticità si verifichino nuovamente.

2. L’art. 122.3 CE come “peccato originale” nella configurazione del CGPJ

Con riferimento al CGPJ, l’art. 122.3 CE prevede che esso sia composto da venti membri, escluso il Presidente (scelto dai neo-componenti di tale organo nel momento successivo alla loro elezione, a maggioranza dei tre quinti)4.

un membro in meno dal 16 gennaio 2018, in attesa della prossima scadenza dei restanti undici componenti, il 20 luglio 2021.

2 A sua volta, la loro elezione era frutto di un precedente ritardo, avendo essi prestato giuramento il 23 luglio 2012,

anziché il 7 novembre 2010: sul tema, cfr. infra, §§3 e 5.1. Tra i giudici in scadenza il 7 novembre 2019 vi era anche Valdés Dal-Ré: tuttavia, il 14 ottobre 2020 egli ha rassegnato le sue dimissioni, dopo essere stato rinviato a giudizio per presunti maltrattamenti in famiglia.

3 La combinazione tra immagini artistiche e questioni giuridiche (sub specie di diritti fondamentali) è stata recentemente

esaltata dallo stesso TC: v. E. ROCA TRÍAS, P. GONZÁLEZ-TREVIJANO (a cura di), Los derechos constitucionales. Un paseo por el Prado, Madrid, 2020.

4 L’estraneità del Presidente del CGPJ dall’organo di governo della magistratura al momento della sua elezione è

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Dodici sono eletti tra gli appartenenti all’ordine giudiziario – nei termini stabiliti dalla corrispondente Ley Orgánica – quattro dal Congreso de los Diputados e quattro dal Senado (a maggioranza dei tre quinti della Camera corrispondente) tra avvocati o giuristi di chiara fama.

Per quanto attiene ai candidati di elezione parlamentare, è inoltre necessario che essi vantino almeno quindici anni di esercizio nella propria professione; nel caso dei membri provenienti dalla magistratura, invece, l’art. 578.3 della Ley Orgánica del Poder Judicial (LOPJ) prevede che tre di essi siano Magistrados del Tribunal Supremo (d’ora in avanti TS), tre Magistrados con almeno venticinque anni di anzianità e sei Jueces o Magistrados senza requisiti di anzianità.

Già sul piano della sua configurazione è possibile riscontrare un’importante asimmetria strutturale, nella quale radica il “peccato originale” che avrebbe dato corso alle problematicità che ancora oggi lo caratterizzano.

Da un lato, la citata disposizione costituzionale assegna alle Cortes Generales la nomina di una ben definita porzione dei componenti del CGPJ (otto su venti), individuando altresì le categorie soggettive all’interno delle quali questi dovranno essere eletti.

Dall’altro, tuttavia, la stessa non stabilisce chi deve eleggere i (restanti) membri “togati” del CGPJ, avendo preferito delegare tale funzione al circuito della sovranità parlamentare, il quale provvederà sul punto mediante Ley Orgánica.

In proposito, la dottrina aveva già messo in evidenza, con espressione (purtroppo) profetica che, in questo modo, «la posición final del órgano queda en cierta medida desconstitucionalizada y sometida a la eventualidad de los procesos políticos que puedan condicionar la actuación del legislador»5.

Sul punto, merita però di essere ricordato che l’art. 112 dell’Anteproyecto della Costituzione del 19786

accoglieva, su ispirazione del Consiglio Superiore della Magistratura italiano7, la piena

costituzionalizzazione dei criteri necessari per eleggere ed essere eletti al CGPJ, stabilendo che i dodici consiglieri di estrazione giudiziaria fossero scelti «a propuesta y en representación de las distintas categorías de las carreras judiciales»8. Come però appena evidenziato, tale soluzione non è stata

cristallizzata nel testo definitivo, rimanendo una mera possibilità.

governativa, tollerando l’ingerenza della politica al di là degli schemi normativi previsti. Sul tema, cfr. R. BLANCO VALDÉS, Juicio a la Justicia, disponibile in

https://www.revistadelibros.com/articulo_imprimible.php?art=5373&t=articulos e ID., La politización de la justicia, in

www.letraslibres.com, 31 de octubre de 2009.

5 A.J.PORRAS NADALES, El Consejo General del Poder Judicial, según la STC 108/1986, de 29 de julio, sobre la Ley Orgánica

del Peder Judicial, in Revista Española de Derecho Constitucional, n. 19/1987, p. 228.

6 Disponibile in Boletín Oficial de las Cortes, n. 44, 5 de enero de 1978.

7 V. L.PEGORARO, El derecho comparado y la Constitución española de 1978. La recepción y «exportación» de modelos, in

Anuario Iberoamericano de Justicia Constitucional, n. 9/2005, p. 309.

8 Tale impostazione era stata fatta propria anche nella primissima stesura del testo costituzionale (approvato il 27

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L’impostazione disegnata dall’art. 122.3 CE ha trovato una prima attuazione mediante la Ley Organica 1/1980, de 10 de enero: in particolare, l’art. 12 prevedeva che «los Vocales del Consejo General de procedencia judicial serán elegidos por todos los Jueces y Magistrados que se encuentren en servicio activo».

In questo modo, il Legislatore compiva la scelta ragionevole di demandare l’elezione di una quota dei membri dell’organo di (auto)governo9 dei giudici allo stesso ordine giudiziario, garantendo un

equilibrato bilanciamento rispetto alla componente “laica” (minoritaria) di derivazione parlamentare. Tale decisione appare condivisibile, poiché garantiva ai “rappresentati” il potere di scegliere la parte maggioritaria dei componenti di un organo decisivo nell’organizzazione e funzionamento della complessa macchina giudiziaria e, al tempo stesso, configurava un sistema di pesi e contrappesi tra la componente “togata” – espressione diretta della magistratura – e quella scelta dalle Assemblee legislative, scongiurando il rischio di un pericoloso squilibrio in favore di uno solo dei protagonisti. Il fatto che tale prerogativa sia stata però rimessa dalla Costituzione ad una maggioranza assoluta in Assemblea determina, tuttavia, un effetto non secondario ove il requisito numerico-elettorale venga letto in sinergia con l’evoluzione storica della forma di governo spagnola.

Pur a fronte di un modello di tipo parlamentare, infatti, gli sviluppi di quest’ultima sino alle elezioni generali del 20 dicembre 2015 hanno dimostrato il consolidamento di un parlamentarismo a forte impronta presidenzialista10, sovente egemonizzato da un unico partito di governo con mayoría absoluta e

rispetto al quale le Camere assumevano una funzione di ratifica delle decisioni adottate11.

Di conseguenza, il rischio che il CGPJ si trasformasse fin da subito in un “filtro” attraverso il quale la politica avrebbe potuto penetrare sino alle radici dell’amministrazione della giustizia non era così irreale. Orbene, se pure è vero che tale scenario non poteva essere previsto nel 1978, era comunque ragionevole ipotizzare che, in un sistema democratico, anche un solo partito politico prima o poi

LANDÍN, La composición del Consejo General del Poder Judicial, in Revista del Centro de Estudios Constitucionales, n. 9/1991, pp. 145-174 e F. SÁINZMORENO, Consejo General del Poder Judicial. Trabajos parlamentarios, Madrid, 1980.

9 Sulle (non secondarie) implicazioni del considerare il CGPJ organo di governo o autogoverno della magistratura si è

espresso in dottrina L.M. DÍEZ-PICAZO GIMÉNEZ, Régimen general del Poder judicial, Madrid, 1991, p. 141, affermando che il rinvio costituzionale alla legge organica della nomina dei componenti togati «[…] ha permitido concluir che el Consejo no está constitucionalmente configurado como un órgano de autogobierno del Poder Judicial».

10 Sia consentito rinviare a D.CAMONI, Continuità e discontinuità nell’evoluzione del parlamentarismo spagnolo nel prisma del

diritto comparato, in Diritto Pubblico Comparato ed Europeo, n. 2/2020, pp. 283-316. Sul tema, v. anche R.L. BLANCO

VALDÉS, Il parlamentarismo presidenzialista spagnolo, in A. DI GIOVINE – A. MASTROMARINO (a cura di), La

presidenzializzazione degli esecutivi nelle democrazie contemporanee, Torino, 2007, pp. 97 ss.

11 V. I. FERNÁNDEZSARASOLA, Algunas reflexiones en torno a la primacía del Presidente en el gabinete ministerial, in Teoría

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avrebbe potuto conseguire la maggioranza dei seggi in Parlamento, grazie alle tradizionali formule elettorali12.

La conseguenza di tale disegno istituzionale lasciava quindi persistere il timore che il potere esecutivo (attraverso la correa de transmisión rappresentata dalle due Camere) potesse determinare le modalità e le maggioranze necessarie per l’elezione dell’intero CGPJ, come accaduto a partire dalla riforma della LOPJ del 1985.

Con Ley Orgánica 1/1985, de 18 de enero, il ragionevole (quanto fragile) equilibrio congegnato nel 1980 fu superato in modo radicale, riservando alle sole Camere parlamentari la scelta di tutti i componenti del CGPJ.

Sul punto, si consideri però quanto segue. Il tenore letterale dell’art. 122.3 CE sembrerebbe riferire l’esigenza di una maggioranza dei tre quinti unicamente ai componenti “laici”, demandando alla LOPJ non solo la decisione sull’organo che sceglierà i “togati”, ma anche quella relativa al sistema elettorale13.

Poiché le successive leggi di riforma hanno sempre mantenuto ferma l’elezione parlamentare di questi ultimi, ci si è chiesti se non vi sia stata, a posteriori, una sorta di costituzionalizzazione “implicita” della maggioranza dei tre quinti in seno alle Cortes Generales. La risposta può essere affermativa, laddove si adoperi un criterio che vada oltre il mero dato testuale.

Da un lato, appare privo di coerenza che, nell’elezione dei componenti del CGPJ (e quindi nell’esercizio di un’unica funzione), il Parlamento possa servirsi di due maggioranze diverse per adempiere alla medesima funzione: il fatto che solo dodici membri su venti debbano appartenere al potere giudiziario non può essere una motivazione sufficiente per giustificare tale discrasia.

Dall’altro, è del tutto irrazionale che un organo di rilevanza costituzionale possa essere eletto con una maggioranza che, in quanto non qualificata, è riservata all’adozione delle ordinarie decisioni “politiche”, estranee al circuito delle garanzie previste dalla Costituzione.

In questo senso, ad esempio, rimettere la sua elezione ad una maggioranza assoluta (che, in presenza di tutti gli aventi diritto, equivale alla maggioranza semplice) significherebbe far dipendere il principio della

12 Prima delle elezioni del 2015, i cittadini spagnoli sono stati chiamati ad eleggere i componenti delle Cortes Generales in

undici occasioni. In cinque di esse (1982, 1986, 1989, 2000 e 2011) il partito vincitore ha ottenuto la maggioranza assoluta (almeno 176 seggi); si precisa che, nel 1989, il PSOE ottenne una maggioranza de facto assoluta (175 seggi), a causa della politica di abstentionism dei 4 deputati del partito separatista basco Herri Batasuna. Nelle altre sei occasioni, il maggior distacco del partito vincitore rispetto alla maggioranza assoluta è stato di venti seggi (nel 1996, quando il PSOE conquistò “solo” 156 seggi).

13 Art. 122.3 CE: «El Consejo General del Poder Judicial estará integrado por el Presidente del Tribunal Supremo, que

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separazione dei poteri «de la democracia de mayoría y no de la democracia de consenso»14, causando

una lacerazione dell’intero tessuto istituzionale potenzialmente irreparabile15.

Grazie alla riforma del 1985, invece, la struttura bifasica dell’art. 122.3 CE venne ad appiattirsi sulla sola dimensione assembleare. In concreto, essa rispondeva ad una più ampia esigenza politico-sociale – particolarmente sentita dal PSOE, vincitore delle elezioni nel 1982 con una maggioranza schiacciante (202 deputati) – di rinnovamento e “democratizzazione” del potere giudiziario, i cui membri si erano formati ed avevano esercitato le loro funzioni durante il periodo della dittatura franchista16.

Se però guardiamo alla motivazione formale che sorreggeva il cambio di modello del CGPJ, è possibile riscontrare alcune criticità. La mossa riformatrice veniva infatti giustificata attraverso una costruzione concettuale articolata: poiché il CGPJ rappresenta uno dei poteri dello Stato e questi trovano fondamento nella legittimazione popolare, l’elezione parlamentare dei componenti del CGPJ doveva ritenersi la soluzione maggiormente legittima (e democratica), essendo le Cortes Generales espressione privilegiata della volontà del popolo sovrano17.

L’argomentazione appare assai discutibile. Da un lato, infatti, l’intervento esplicito del potere legislativo nella configurazione del CGPJ era già stato plasmato dall’art. 122.3 CE, riservando alle Camere – seppur con una formula ambigua – la scelta di una porzione ben individuata e non “esclusiva” dei suoi componenti18.

Dall’altro, l’assolutizzazione del principio della sovranità popolare nei termini descritti risulta eccessivo e fuori luogo. Portando il ragionamento alle estreme conseguenze, sarebbe forse ancor più “legittimata” (ammesso che si possa discorrere di legittimazione popolare nei termini descritti) una magistratura composta da membri scelti in via diretta e per un periodo temporale limitato dal corpo elettorale, sulla scia del modello rivoluzionario francese?19.

La legittimazione democratica del potere giudiziario non può essere equiparata a quella che caratterizza l’esercizio della funzione legislativa e di governo. In relazione alla prima, essa si manifesta attraverso l’espressione del diritto di voto, nel quale si traduce la volontà del corpo elettorale di scegliere direttamente i propri rappresentanti; con riferimento al potere esecutivo, invece, la legittimazione si

14M. ARAGÓN REYES, La Constitución no lo permite, in El País, 15 de octubre de 2020.

15V. G. RUIZ-RICO RUIZ, Indipendenza e governo del potere giudiziario. Indipendenza e imparzialità giudiziaria nell’ordinamento

costituzionale spagnolo, in S. GAMBINO (a cura di), La magistratura nello Stato costituzionale. Teoria ed esperienze a confronto,

Milano, 2004, pp. 175-199.

16 Cfr. A.RODRÍGUEZ-DÍAZ VERGARA, in AA.VV., Encuesta sobre la independencia del poder judicial, in Teoría y

Realidad Constitucional, n. 38/2016, p. 36.

17 Cfr. la relativa Exposición de motivos, §VI.

18 Secondo M.I. SÁNCHEZBARRIOS, La elección de los miembros del Consejo General del Poder Judicial español y de sus

homólogos europeos, Valencia, 2007, p. 119, «si el Constituyente hubiera querido un nombramiento de todos los

componentes del CGPJ por las Cámaras, lo hubiera manifestado y no habría creado dicha distinción entre vocales».

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esprime o in una scelta diretta del suo vertice (modello presidenziale) ovvero attraverso l’esistenza di un rapporto fiduciario tra i rappresentanti della sovranità popolare ed il Governo (modello parlamentare)20.

Diversamente, per quanto attiene al potere giudiziario è necessario discorrere di una «legittimazione da funzione»21 che, in presenza di un’istituzione non rappresentativa, trova fondamento nel dettato

costituzionale e si estrinseca nell’esercizio di funzioni dallo stesso attribuite a tutela dell’organizzazione ed amministrazione della giustizia22.

Inoltre, le difficoltà nel funzionamento del CGPJ non devono far dimenticare che esiste una profonda differenza tra le categorie di “legittimazione” e “legittimità”. Come è stato ricordato in relazione al TC23, la prima trova fondamento «en virtud de las competencias que la Constitución le atribuye y en la

medida en que aplique la propia Constitución desde criterios jurídicos de objetividad, eludiendo los criterios políticos de oportunidad», mentre la seconda è un «concepto sociológico, imprescindible para la pacificación política, que dice de la aceptación social del sentido y del contenido de las sentencias»24.

Pertanto, nel caso degli organi giurisdizionali considerati e, lato sensu, inquadrati nell’ambito del potere giudiziario, il riferimento alla legittimazione democratica va declinato in modo corretto, con riferimento alla esclusiva soggezione di chi esercita tali competenze alla Costituzione ed alla legge, frutti della sovranità popolare nella duplice veste di potere costituente e potere costituito25.

Viceversa, nei dibattiti parlamentari più recenti sull’ennesima (possibile) riforma del CGPJ si è sostenuto che la magistratura già godeva di un potere di scelta e rappresentazione nell’organo di governo. Pertanto, la combinazione di queste ultime modalità di “intervento” giudiziario con quella parlamentare garantiva comunque una doppia legittimazione CGPJ, senza bisogno di apportare alcun mutamento sul punto26.

20 Cfr. C.MILIONE, La función judicial en el marco del estado social y autonómico español: ¿poder o servicio público?, in Estudios de

Deusto, n. 62-2/2014, pp. 293-295.

21 L. MEZZETTI, Legittimazione democratica e tecniche interpretative della Corte Costituzionale italiana, in Pensamiento

Constitucional, n. 14/2008, p. 73.

22 Imprescindibili sul tema le riflessioni sistematiche di C.MEZZANOTTE, Corte costituzionale e legittimazione politica,

Napoli, 2014. Come già ricordato da L.ELIA, La Corte nel quadro dei poteri costituzionali», in P. BARILE – E. CHELI – S. GRASSI (a cura di), Corte costituzionale e sviluppo della forma di governo in Italia, Bologna, 1982, p. 517, «le legittimazioni vanno riferite alle funzioni da svolgere: per essere servi e custodi della Costituzione bisogna essere giuridicamente diversificati da chi è chiamato ad approvare le leggi. Le legittimazioni, dunque, devono essere secundum quid; esse non possono paragonarsi che in relazione alla medesima funzione ed al suo esercizio».

23 Seppur con argomentazioni estensibili anche al CGPJ.

24 A. FERNÁNDEZ-MIRANDACAMPOAMOR, in AA.VV., Encuesta. Orientación actual del derecho constitucional, in

Teoría y realidad constitucional, n. 21/2008, p. 53.

25 Cfr. le parole del deputato Prendes Prendes (Diario de Sesiones del Congreso de los Diputados (Pleno y Diputación

Permanente), n. 174, 20 de diciembre de 2018, pp. 49-50), nonché L.LÓPEZGUERRA, La legitimidad democrática del juez, in Cuadernos de Derecho Público, n. 1/1997, pp. 43-76.

26 In questi termini si è espressa la deputata del PSOE Leal Fernández (Diario de Sesiones del Congreso de los Diputados

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In particolare, la riforma introdotta con la Ley Orgánica 2/2001, de 28 de junio, prevedeva che le associazioni di magistrati avevano diritto di proporre alle Camere fino a trentasei candidati, distribuiti tra le stesse in modo proporzionale al numero di iscritti27.

Ciononostante, è evidente che il potere “indiretto” di proposizione delle candidature non può intendersi equivalente ad una vera e propria scelta attraverso l’esercizio del diritto di voto; inoltre, la selezione degli aspiranti consiglieri risultava viziata già in origine, in quanto articolata sulla base di un “contingentamento” dei posti a disposizione che modellava diversamente il voto all’interno delle singole associazioni.

In questo modo, infatti, il numero di iscritti garantiva ad ogni “corrente” il diritto di proporre un numero più o meno elevato di candidature (con maggiori probabilità di successo finale), attraverso un meccanismo di “voto ponderato” che premiava la fedeltà associativa a discapito della competizione effettiva, escludendo soprattutto i candidati non iscritti ad alcuna associazione28.

Tale meccanismo di distribuzione “preventiva” dei posti è stato formalmente superato con la riforma del 2013, la quale prevede che possano optare ad un posto nel CGPJ i magistrati la cui candidatura sia appoggiata da almeno venticinque colleghi ovvero da una associazione29. In ogni caso, il sostegno delle

“correnti” continua ad essere decisivo e la scelta finale rimane nella esclusiva disponibilità delle Cortes Generales.

In relazione alle criticità del nuovo modello del CGPJ, già con la STC 108/1986, de 29 de julio30, il

Giudice delle Leggi – chiamato a giudicare della legittimità costituzionale della riforma del 198531

aveva messo in guardia rispetto a possibili degenerazioni nella selezione dei membri dell’organo di governo della magistratura.

27 Cfr. art. 112.3 LOPJ. In alternativa, era previsto che potesse candidarsi qualsiasi magistrato che avesse raccolto

l’appoggio di almeno il 2% dei giudici in servizio attivo. Se guardiamo al primo quadro statistico disponibile in

www.poderjudicial.es, al 1° maggio 2004 risultavano in servizio 4075 magistrati: ciò significa che un potenziale candidato avrebbe dovuto convogliare su di sé il sostegno di almeno 82 colleghi. Come si vedrà infra nel testo, nel 2013 il numero di appoggi necessari è stato ridotto a 25 unità.

28 Cfr. R. SERRA CRISTÓBAL, La elección de los miembros del Consejo General del Poder Judicial. Una propuesta de consejo más

integrador e independiente, in Teoría y Realidad Constitucional, n. 31/2013, pp. 302-305. Secondo le (ultime) statistiche

contenute in www.poderjudicial.es, al 30 settembre 2019 risultava associato il 55,4% dei magistrati con funzioni giudicanti.

29 Cfr. Ley Orgánica 4/2013, de 28 de junio, art. 574.1 LOPJ. Applicando il parametro percentuale del 2001, oggi sarebbe

necessario il sostegno di almeno 108 magistrati su 5419 totali, più che quadruplicando il requisito attualmente in vigore.

30 Pubblicata in Boletín Oficial del Estado (BOE) n. 193, de 13 de agosto de 1986, Sección T.C., Suplemento del Tribunal

Constitucional, pp. 14-26.

31 Peraltro, il CGPJ aveva promosso in precedenza conflicto de competencias nei confronti della stessa legge. A commento

della STC 45/1986, de 17 de abril (pubblicata in Boletín Oficial del Estado, n. 102, de 29 de abril de 1986, Sección T.C., Suplemento del Tribunal Constitucional, pp. 15-23), v. C. RODRÍGUEZ-AGUILERA DE PRAT, Acerca del conflicto de

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In quella pronuncia, infatti, era stato nitidamente affermato che un tale sistema portava con sé i rischi congeniti di una possibile configurazione del CGPJ secondo logiche orientate alla mera spartizione del potere (politico) tra i partiti32.

Tra le pieghe dell’interpretazione compiuta dal TC era quindi leggibile la preoccupazione per una indesiderata «lottizzazione alla spagnola»33 che, pur insufficiente a dichiarare l’illegittimità della legge,

avrebbe comunque dovuto indurre le forze politiche a fare buon uso della prerogativa costituzionale indicata.

In parallelo, il TC aveva addirittura suggerito una revisione del modello appena implementato, a fronte della «existencia y aun la probabilidad de ese riesgo, creado por un precepto que hace posible, aunque no necesaria, una actuación contraria al espíritu de la Norma constitucional»34. Come recita un noto

proverbio spagnolo, ben si potrebbe dire che il Giudice delle Leggi le había visto las orejas al lobo35.

Non si dimentichi, inoltre, che l’art. 122.3 CE dispone che il CGPJ duri in carica cinque anni e che i suoi componenti non possono essere rieletti. In questo senso, l’asincronia rispetto alla durata ordinaria di una legislatura parlamentare (quattro anni) non è un refuso del Costituente, bensì ha rappresentato una scelta consapevole, volta a garantire che il rinnovo di tale organo non si sovrapponga con l’elezione delle Camere.

È quindi del tutto normale che non vi sia sempre “coincidenza” tra la maggioranza parlamentare di un determinato momento storico ed il CGPJ eletto sulla base di una precedente (e diversa) composizione delle Assemblee. Tale indice, inoltre, costituisce un’ulteriore conferma dell’impossibilità di sovrapporre la legittimazione di cui gode il potere giudiziario con quella relativa alle istituzioni inserite nel circuito democratico della sovranità popolare36.

Infine, l’anomalia spagnola è stata evidenziata in diverse sedi ed occasioni anche a livello sovranazionale. In ordine cronologico, la Raccomandazione CM/Rec(2010)12 del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, del 17 novembre 2010, ha indicato che «not less than half the members of such

32 Cfr. STC 108/1986, FJ 13.

33 J.F. LÓPEZAGUILAR, in AA.VV., Encuesta sobre la independencia del poder judicial, cit., p. 31. Secondo P. LUCAS

MURILLODELACUEVA (ivi, pp. 32-33), «el problema no es la lottizzazione, es decir, el reparto de cuotas en la formación de los órganos constitucionales sino la lottizzazione mal hecha, la que busca partidarios o se hace desentendiéndose cada uno de a quien propone el otro con tal de que acepte al propio, sin consideración alguna a la excelencia profesional y a la calidad de los propuestos».

34 STC 108/1986, FJ 13.

35 Il significato è equivalente al “mangiare la foglia” dell’analogo proverbio italiano.

36 In questo senso, «la norma fundamental configura el Consejo como una institución “no subordinada a los demás

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councils should be judges chosen by their peers from all levels of the judiciary and with respect for pluralism inside the judiciary»37.

Inoltre, il meccanismo dell’integrale selezione dei membri del CGPJ da parte del Parlamento (con specifica attenzione a quelli di estrazione giudiziale) è stato in più occasioni censurato anche dal Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO), organo anticorruzione nato all’interno del Consiglio d’Europa nel 1999 con l’obiettivo di valutare il corretto funzionamento dei sistemi giudiziari degli Stati membri.

Nel dettaglio, i pareri pubblicati il 15 gennaio 2014, il 10 ottobre 2016 ed il 3 gennaio 2018 hanno messo in luce (tra gli altri aspetti) i punti critici relativi a tali modalità di elezione, senza tuttavia ottenere risposte soddisfacenti da parte delle autorità spagnole38.

Quale postilla finale, sia consentito ricordare che, a livello comparato, la Spagna è l’unico tra i venti Stati appartenenti allo European Network of Councils for the Judiciary (ENCJ)39 nel quale la selezione dei membri

“togati” del proprio Consiglio giudiziario è rimessa esclusivamente all’Assemblea parlamentare40.

In via uguale e contraria, la regola prevalente è rappresentata dalla presenza di un sistema di elezione “misto” tra Parlamento e magistrati e dalla scelta dei componenti “togati” direttamente da parte dello stesso ordine giudiziario41.

Con riferimento ad alcune eccezioni, è possibile raggruppare brevemente queste ultime secondo indici identificativi comuni. A tal proposito, esistono Consigli che agiscono come organi amministrativi indipendenti, seppure inquadrati in seno al Ministero della giustizia (Danimarca)42; Consigli che non

contemplano un intervento del Plenum delle Assemblee parlamentari nel momento elettorale (Francia,

37 COMMITTEEOF MINISTERS,Recommendation CM/Rec (2010)12 of the Committee of Ministers to member states on

judges: independence, efficiency and responsibilities, §27. Tale Raccomandazione riproduce sul punto quanto già affermato al

§1.3 della Carta Europea sullo Statuto dei Giudici, adottata dal Consiglio d’Europa l’8-10 luglio 1998.

38 Per un’ultima panoramica sul sistema giudiziario spagnolo, v. la specifica sezione del 2020 Rule of Law Report della

Commissione europea, pubblicato il 30 settembre 2020 (disponibile in

https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/es_rol_country_chapter_0.pdf). Oltre ad aver ribadito la problematicità dell’elezione parlamentare dei componenti “togati”, il Report ha anche evidenziato l’assenza di un’indipendenza sufficiente del Fiscal General del Estado (Procuratore Generale) dal potere esecutivo.

39 Cfr. https://www.encj.eu/encj-guide. Non è inclusa nell’elenco la Polonia in quanto, a seguito delle riforme

implementate a partire dal 2015, in data 17 settembre 2018, l’Assemblea Generale dell’ENCJ ha disposto la sospensione del Consiglio Nazionale della Magistratura polacco, a causa della carenza dei requisiti minimi di indipendenza dal potere esecutivo e legislativo.

40 In ottica comparata, si vedaM.VOLPI, I Consigli di Giustizia in Europa: un quadro comparativo, in E. ALBAMONTE –

P. FILIPPI (a cura di), Ordinamento giudiziario: leggi, regolamenti e procedimenti, Torino, 2009, pp. 3-44 e ID., I Consigli della

magistratura in Europa, in Cosmopolis. Rivista di filosofia e teoria politica, 1/2009.

41 Fa (parziale) eccezione in questo senso il caso romeno, ove l’elezione “interna” di quattordici magistrati (nove

giudici e cinque pubblici ministeri) deve essere convalidata dal Senato (art. 18, Legge 317/2004).

42 Si è parlato, in proposito, di un “modello nord-europeo” di Consiglio: cfr. W. VOERMANS, Councils for the Judiciary

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Lettonia, Malta e Paesi Bassi) e, infine, Consigli ad integrale composizione ed elezione giudiziaria (Grecia, Irlanda, Lituania e Ungheria).

Per quanto riguarda la Spagna, nonostante il ritorno al modello bipartito del 1980 sia stato invocato da alcune forze politiche43, nessun passo concreto è stato ancora compiuto. Al contrario, il Governo

socialista in carica ha dato corso al procedimento legislativo per una riforma subitanea della LOPJ, diretta a ridurre la maggioranza necessaria per eleggere i componenti “togati” e a limitare i poteri del CGPJ in carica44.

In particolare, suscita seria inquietudine l’abbassamento di tale maggioranza dai tre quinti degli aventi diritto previsti nella attuale LOPJ alla maggioranza assoluta (qualora non si raggiunga la descritta maggioranza qualificata nella prima votazione).

Iniziano così ad essere visibili, seppur in penombra, alcune analogie con la controversa legge polacca sul Consiglio Nazionale della Magistratura del 201745. Anche in Polonia, infatti –prima dell’avvio della

regressione democratica inaugurata con un “pacchetto” di riforme che, dal 2015, ha coinvolto la Corte costituzionale, la Corte Suprema e l’intero ceto giudiziario – era previsto che il corrispondente Consiglio di giustizia fosse composto da una quota maggioritaria di membri “togati” (quindici, scelti dagli stessi magistrati) ed una minoranza di membri “laici” di elezione parlamentare (quattro dal Sejm e due dal Senato)46.

Con il descritto intervento legislativo, invece, anche l’elezione dei componenti “togati” è stata affidata alla Camera bassa (Sejm); inoltre, si è previsto che, laddove in prima votazione non si riesca ad eleggere i candidati con una maggioranza qualificata dei tre quinti (in presenza di almeno la metà più uno dei componenti del Sejm), nella seconda sarà sufficiente la maggioranza assoluta.

43 L’ultima proposta formulata in questo senso (dal partito Ciudadanos) è stata respinta in prima lettura dal Congreso de los

Diputados il 22 settembre 2020, con una votazione di non passaggio agli articoli (174 contrari, 152 favorevoli e 19

astenuti). In precedenza, una riforma analoga (su proposta del PP) era stata approvata dal Senado il 4 dicembre 2018 ma respinta dal Congreso de los Diputados il 20 dicembre 2018.

44 Si veda il disegno di legge presentato dai due partiti della maggioranza di Governo (PSOE e Unidas Podemos)

all’Ufficio di Presidenza del Congreso de los Diputados il 13 ottobre 2020 (disponibile in

http://cadenaser00.epimg.net/descargables/2020/10/13/e7d508738693916a1d7fd73045a2aacd.pdf). In particolare, la natura “sostanziale” dell’iniziativa di Governo è stata elusa attraverso la presentazione di una proposición de ley parlamentare, anziché ricorrere ad un più corretto proyecto de ley di matrice governativa: in questo modo, il potere esecutivo evita che il CGPJ si debba pronunciare con proprio parere sulla riforma, come espressamente previsto dall’art. 561.1.1.a LOPJ.

45 Si vedano diffusamente sul tema S.GIANELLO, La nuova legge polacca sul sistema giudiziario: cresce (ulteriormente) la

distanza che separa Varsavia e Bruxelles e P. MORI, La questione del rispetto dello Stato di diritto in Polonia e in Ungheria: recenti sviluppi, in Federalismi.it, n. 8/2020, pp. 116-146 e 196-210. Per una ricostruzione storica dell’autogoverno della

magistratura polacca, v. A. ŚLEDZIŃSKA-SIMON, The Rise and Fall of Judicial Self-Government in Poland: On Judicial

Reform Reversing Democratic Transition, in German Law Journal, n. 19-7/2018, pp. 1839-1869.

46 Si aggiungano anche tre membri di diritto (il Presidente della Corte Suprema, il Ministro della Giustizia ed il

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Sul punto, si consideri altresì che la possibilità di un controllo parlamentare integrale del Consiglio Nazionale della Magistratura polacco è stato reso possibile, analogamente a quanto accaduto in Spagna, da una disposizione “aperta” della Costituzione del 1997 (art. 187.2), la quale si limita a richiedere che i quindici consiglieri togati siano scelti “tra giudici” (ma non necessariamente da questi ultimi), con la possibilità che anche il Potere legislativo possa agire in tale direzione47.

Nel caso spagnolo, nonostante l’obiettivo formale sia quello di porre termine al mancato rinnovo del CGPJ – frutto di un indissimulato ostruzionismo parlamentare – la soluzione attualmente in discussione andrebbe a conculcare, una volta di più, l’indipendenza di un potere giudiziario già “sotto stress” e sottometterebbe il CGPJ al controllo – di per sé censurabile – non più delle diverse forze politiche, bensì dei soli partiti della maggioranza e, quindi, del Governo stesso48.

In questo senso, allora, tale progetto di riforma contribuirebbe in modo decisivo ad aprire il vaso di Pandora sul corretto funzionamento del sistema giudiziario in un ordinamento fino ad oggi (quasi) al di sopra di ogni sospetto49. Parallelamente, le garanzie di un eventuale controllo di costituzionalità

indipendente ed imparziale – a differenza di quanto (non) accade in Polonia50 – possono costituire un

importante “argine di contenimento” che, tuttavia, non deve condurre a sottovalutare le criticità di una riforma già incardinata e, allo stesso tempo, i tentativi di ricorrente politicizzazione del TC.

Nel momento in cui sono stati da poco celebrati i quarant’anni dalla prima costituzione del CGPJ (23 ottobre 1980), non può esservi miglior regalo che rinunciare a qualsiasi tentativo di (ulteriore) controllo politico e pensare sul serio alle riforme che tale organo necessita veramente.

3. Il rinnovo parziale del TC tra Costituzione e riforme legislative

In relazione al TC, uno dei problemi “temporali” più spinosi riguarda la disciplina della durata in carica dei giudici e le modalità della loro sostituzione una volta concluso il mandato51 L’art. 159.3 CE afferma

47 Come confermato dalla sentenza K 5/17, 20 giugno 2017, del Tribunale costituzionale.

48 Nonostante la STC 108/1986, FJ 13 abbia fatto salva l’elezione dei componenti “togati” da parte delle Cortes

Generales, sembrerebbe che tale “deroga” sia stata giustificata solo in ragione del fatto che «la Ley adopta ciertas cautelas, como es la de exigir una mayoría calificada de tres quintos en cada Cámara». Di conseguenza, il rischio che l’abbassamento di tale maggioranza determini l’incostituzionalità delle nuove modalità elettorali non è irragionevole (come anche sottolineato dal Giudice emerito del TC M. ARAGÓN REYES, La Constitución no lo permite, cit.).

49 Da ultimo, si veda la dura lettera del Presidente del GRECO Marin Mrčela al capodelegazione spagnolo, redatta il

14 ottobre 2020 (disponibile in http://rm.coe.int/0900001680a010c8), nella quale si evidenzia che «this legislative initiative departs from the Council of Europe standards concerning the composition of judicial councils and election of their members and may result in a violation of the Council of Europe anti-corruption standards».

50 Sul controllo politico-governativo della Corte costituzionale polacca, cfr. A ANGELI, Polonia. Le derive di una

democrazia (quasi) maggioritaria, in Federalismi.it, n. 17/2016.

51 Già lo avevano evidenziato F. RUBIO LLORENTE, El Tribunal Constitucional, in Revista Espanola de Derecho

Constitucional, n. 71/2004, pp. 14-15 e E. ESPÍNTEMPLADO, Articulo 16, in J.L. REQUEJO PAGÉS (a cura di),

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che «los miembros del Tribunal Constitucional serán designados por un período de nueve años y se renovarán por terceras partes cada tres».

Al di là dell’ovvia impossibilità di far coincidere i due requisiti (durata novennale e rinnovo di quattro giudici ogni tre anni) al momento della prima costituzione ufficiale del TC (nel 1980), anche sul piano della successione dei rinnovi è oltremodo complicato che entrambi i parametri riescano a combaciare perfettamente52.

Sul punto, infatti, la Disposición transitoria novena aveva previsto che, entro tre anni dalla prima formazione del TC, un terzo dei suoi componenti sarebbe stato sorteggiato con l’obiettivo di provocarne la cessazione dalle funzioni e, in parallelo, un altro terzo avrebbe subito analoga sorte nei successivi tre anni53, innescando l’avvio del meccanismo dei rinnovi parziali54.

In realtà, i quattro giudici “estratti” nel primo sorteggio (nel 1983) – Díez de Velasco, Truyol Serra55,

Rubio Llorente e Tomás y Valiente – sono stati immediatamente rinominati56: in particolare, gli ultimi

due sono rimasti in carica per ben dodici anni57. Nel secondo caso, invece, i giudici “estratti” dopo sei

anni sono decaduti il 21 febbraio 198658, non essendo loro applicabile il meccanismo di rielezione

previsto dall’art. 16.2 della Ley Orgánica del Tribunal Constitucional (LOTC).

A livello strutturale, è però sufficiente il verificarsi di eventi “inattesi” che alterino la normale durata del mandato (es. decesso in carica, dimissioni o destituzione), affinché il doppio criterio dell’art. 159.3 CE fuoriesca dai binari tracciati dalla Costituzione59.

Considerando lo stretto dettato costituzionale, da un lato sarà necessario procedere appena possibile all’elezione di un nuovo componente (il che mette in crisi il rinnovo per terze parti); dall’altro, però, l’unica possibilità per mantenere ferma la regolarità triennale dei rinnovi imporrebbe di “sottrarre” al

52 Un’ampia ricostruzione sistematica in tema è quella di I. BORRAJO INIESTA, Renovarse o morir: el ritmo de las

renovaciones del Tribunal Constitucional español, in Revista General de Derecho Constitucional, n. 16/2013. Lo stesso A. ricorda ivi, p. 13, che il TC ha interpretato in modo distinto l’inizio ufficiale del mandato dei propri giudici nel corso degli

anni: se in un primo momento esso veniva fatto decorrere dalla pubblicazione ufficiale della nomina nel Boletín Oficial

del Estado, a partire dal settimo rinnovo (nel 2001) è stata assunta come data di inizio quella del giuramento.

53 In questo modo, per i “secondi sorteggiati” il mandato fissato dalla citata disposizione costituzionale era di sei anni

(derogando a quello ordinario di nove anni dell’art. 159.3 CE).

54 Si veda F. FERNÁNDEZSEGADO, La problemática de Derecho transitorio de las dos primeras renovaciones parciales del

Tribunal Constitucional, in O. ALZAGA VILLAAMIL (a cura di), Comentarios a la Constitución española de 1978, vol. XII,

Madrid, 1999, pp. 745-67.

55 Subentrato il 9 gennaio 1981 al dimissionario Menéndez Menéndez.

56 In virtù di quanto previsto dall’art. 16.2 LOTC (oggi art. 16.4 LOTC), che consentiva di essere rieletti

immediatamente laddove il mandato espletato non fosse stato superiore a tre anni.

57 Díez de Velasco si è dimesso nel 1986 e Truyol Serra nel 1990.

58 Arozamena Sierra, Gómez-Ferrer Morant, Escudero del Corral e Pera Verdaguer (quest’ultimo nominato il 15

gennaio 1983, in sostituzione del deceduto Fernández Viagas).

59 P. CRUZVILLALÓN, El estado del Tribunal Constitucional, in Claves de Razón Práctica, n. 191/2009, p. 8, ha parlato di

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giudice subentrante il periodo già trascorso in carica dal predecessore, compromettendo la durata novennale del mandato.

Nulla si dice, inoltre, laddove il mandato di un giudice si sia concluso e gli organi competenti non abbiano provveduto in tempo alla sua sostituzione. In questo caso, la previsione di un regime sub-costituzionale di prorogatio60 acuisce ulteriormente il problema, poiché estende la permanenza in carica

oltre il termine ordinario di nove anni.

Il Legislatore ha cercato di porre rimedio a queste distonie con la riforma del 2010 della LOTC61.

Ciononostante, il risultato finale è stato ancor più problematico rispetto alle spinosità che si pensava di risolvere, poiché la nuova disposizione in merito ora prevede che «si hubiese retraso en la renovación por tercios de los Magistrados, a los nuevos que fuesen designados se les restará del mandato el tiempo de retraso en la renovación» (art. 16.5 LOTC).

Così facendo, la continuità del rinnovo per terze parti è stata garantita a discapito della durata del mandato alla quale i giudici subentranti hanno diritto; giudici che vedranno ridursi – senza alcuna responsabilità – la loro permanenza in carica del periodo corrispondente al ritardo con il quale sono stati nominati.

La previsione in esame risulta chiaramente incostituzionale, in quanto attraverso una fonte subordinata alla Costituzione si modifica in modo espresso il criterio novennale sancito dall’art. 159.3 CE62. Al

contrario, solo una revisione costituzionale potrebbe legittimare una compressione della durata del mandato al di là di ipotesi “fattuali”, quali il decesso o la rinuncia (accolta) di un giudice alla carica63.

Ad oggi, peraltro, l’unica possibilità di porre rimedio a questa anomalia dipende da un nuovo intervento legislativo. Sul piano dei rimedi processuali, infatti, si consideri che tale disposizione non è stata impugnata dai soggetti legittimati nel termine di tre mesi dalla pubblicazione della nuova LOTC

60 Del quale si tratterà diffusamente infra, §4.

61Cfr. Ley Orgánica 8/2010, de 4 de noviembre, de reforma de la Ley Orgánica 5/1985, de 19 de junio, del Régimen Electoral

General, y de la Ley Orgánica 2/1979, de 3 de octubre, del Tribunal Constitucional.

62 Per una prospettiva critica “dall’interno” del TC, si vedano le parole di P. SALASÁNCHEZ,Discurso pronunciado por

el Presidente del Tribunal Constitucional, D. Pascual Sala Sánchez, Con ocasión de la X renovación parcial del Tribunal Constitucional (23 de julio de 2012) e F. PÉREZ DE LOS COBOS ORIHUEL, Discurso pronunciado por el Presidente del Tribunal

Constitucional, D. Francisco Pérez de los Cobos Orihuel, con ocasión de la toma de posesión de D. Ricardo Enríquez Sancho como Magistrado del Tribunal Constitucional (19 de marzo de 2014), entrambi in AA.VV., Tribunal Constitucional. Discursos de sus Presidentes, 2006-2017, Madrid, 2018, pp. 29 e 51 e quelle del Vicepresidente emerito T.S. VIVESANTÓN, Sobre el

mandato de los jueces del TC, in El Mundo, 27 ottobre 2010. Contra, J.A.SANTAMARÍAPASTOR, in Encuesta sobre la

renovación del Tribunal Constitucional, in Teoría y Realidad Constitucional, n. 28/2010, p. 85, secondo cui il termine di nove

anni «debe ser entendido como aplicable en situaciones normales de cese y renovación, no en las anormales de cese anticipado o prórroga del mandato por demora en la renovación».

63 I. BORRAJOINIESTA, Renovarse o morir, cit., p. 56 ricorda che «se precisa la intervención del Tribunal, para que el

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(essendo anzi tale riforma stata adottata di comune accordo tra il PSOE ed il PP, i quali sommavano allora 323 deputati su 350 totali)64.

Inoltre, non è verosimile che possa sorgere un incidente di costituzionalità in un giudizio ordinario nel quale si debba applicare l’art. 16.5 LOTC. Infine, non è mai ammesso recurso de amparo per violazione di un diritto fondamentale avverso una disposizione di legge e nemmeno la possibilità di sollevare cuestión interna de inconstitucionalidad da parte dello stesso TC, se non all’interno di un giudizio di amparo (art. 55.2 LOTC)65. Insomma, si è trattato di un vero e proprio delitto perfetto66.

Se non è possibile affermare l’esistenza di un contrasto giuridico tra due segmenti contenuti nella stessa disposizione di legge (peraltro di rango costituzionale), è altrettanto vero che il ritardo “patologico” delle Cortes Generales nella sostituzione dei giudici ha determinato un conflitto che non appare più tollerabile, avendo conferito una patente di normalità giuridica ad un grave vizio nella struttura e nel funzionamento del TC.

In questo modo, l’attribuzione di una preminenza alla disposizione “accessoria” del rinnovo per terze parti rispetto a quella “principale” del mandato novennale rappresenta la legittimazione normativa di una prassi che, consolidando ritardi tutt’altro che fisiologici, non pone rimedio ad un’utilizzazione partigiana del TC ed alla quale quest’ultimo non può far altro che assistere con impotenza e rassegnazione67.

A livello comparato, si può ricordare che un problema analogo era sorto in relazione alla prima nomina dei giudici della Corte costituzionale italiana68. Al riguardo, l’art. 135, comma 3 Cost. prevedeva che i

giudici costituzionali duravano in carica dodici anni e dovevano essere rinnovati parzialmente secondo le modalità di legge69. Ai sensi della Settima disposizione transitoria, comma 3 Cost., tale meccanismo

non era però applicabile ai giudici nominati al momento della prima costituzione della Corte.

64 Artt. 32 e 33.1 LOTC. In particolare, possono proporre ricorso diretto di costituzionalità nei confronti delle leggi

unicamente il Presidente del Gobierno, il Defensor del Pueblo e cinquanta deputati o senatori.

65 Cfr. M. BACIGALUPO, La patología institucional, sin fin y elevada a categoría legal. La polémica reforma del período de

nombramiento de los magistrados del Tribunal Constitucional, provocada por los reiterados y prolongados retrasos de sus renovaciones, in Informe sobre la democracia en España 2011, Madrid, 2012, p. 275.

66 Cfr. J.DEESTEBAN,E.GIMBERNAT, Un crimen perfecto, in El Mundo, 22 de octubre de 2010.

67 Sul punto, si veda il “tentativo” di dimissioni dei giudici Delgado Barrio, Pérez Vera e Gay Montalvo, annunciate il

13 giugno 2011, in protesta per il mancato rinnovo dell’organo ma respinte dal Presidente del TC.

68 V. A.MANGIA, La durata del mandato dei giudici costituzionali, in A. ANZON – G. AZZARITI – M. LUCIANI (a

cura di), La composizione della Corte costituzionale. Situazione italiana ed esperienze straniere, Torino, 2003, pp. 131 ss.

69 Cfr. art. 4, comma 2, legge cost. 11 marzo 1953, n. 1: «i giudici che sono nominati alla scadenza dei dodici anni dalla

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Nel 1966, con una riforma del proprio Regolamento Generale (art. 18), la Corte costituzionale si dotò dell’istituto della prorogatio, il che avrebbe consentito ai giudici cessati dalla carica di continuare ad esercitare le proprie funzioni fino alla nomina dei rispettivi sostituti70.

Siffatto complicato intreccio normativo venne però troncato alla radice con la riforma introdotta dalla legge cost. 22 novembre 1967, n. 2, la quale espunse dall’art. 135 Cost. la necessità del rinnovo parziale (riducendo altresì il mandato a nove anni) e stabilì in modo espresso la cessazione immediata dei giudici costituzionali dalla carica e dall’esercizio delle funzioni una volta scaduto il mandato.

Tornando alle vicende spagnole, la riforma del 2010 si incrocia, a sua volta, con gli strascichi di quella (altrettanto problematica) approvata nel 200771. In particolare, ai fini che qui interessano era stato

previsto che il Presidente ed il Vicepresidente del TC sarebbero rimasti in carica oltre la scadenza del loro mandato sino a quando non fosse intervenuto il rinnovo della quaterna di giudici all’interno della quale essi erano stati nominati72.

Tale previsione trovava fondamento in un contesto di estrema fibrillazione politica (dominato dalla prossima pronuncia sulla costituzionalità dello Statuto catalano del 2006)73, a sua volta tradottasi in una

serie di ricusazioni “incrociate” dei giudici del TC da parte delle forze politiche – pronte a chiedere l’estromissione dei componenti “proposti” dai partiti diversi dal proprio – ed un’immagine pubblica dello stesso TC mai così deteriorata74.

Sul punto, la dottrina ha colto subito l’intenzione politica sottesa alla riforma promossa dal Governo del PSOE, in quanto diretta a “blindare” – mediante il potenziale voto de calidad del Presidente75 – il

possibile esito di una sentenza che avrebbe prevedibilmente spaccato il TC in due metà esatte al momento della deliberazione76.

70 Il tema è stato trattato da L. ELIA, Durata in carica e “prorogatio” dei giudici costituzionali, in Giur. it., vol. IV, 1966, pp.

55 ss.; G. D’ORAZIO, “Prorogatio”, supplenza, nomina di giudici costituzionali e continuità funzionale della Corte, in Rass. parl., 1965, pp. 265 ss. e P.GROSSI, Considerazioni sul problema della rinnovazione della Corte costituzionale, in Giur. cost., 1965, pp. 1701 ss.

71 Cfr. Ley Orgánica 6/2007, de 24 de mayo, por la que se modifica la Ley Orgánica 2/1979, de 3 de octubre, del Tribunal

Constitucional.

72 Cfr. art. 16.3 LOTC.

73 Sulla quale più ampiamente infra, §5.

74 V. le ampie ricostruzioni di F.J. MATIA PORTILLA, Sobre la adscripción partidaria de los Magistrados del Tribunal

Constitucional y su invocación en el proceso, in Teoría y Realidad Constitucional, n. 34/2014, pp. 235-268; L.E.DELGADO DEL RINCÓN, La recusación de los magistrados del Tribunal Constitucional (Comentario al ATC 26/2007, de 5 de febrero), in

Revista Española de Derecho Constitucional, n. 82/2008, pp. 347-393 e M.IACOMETTI, Ricusazioni “a raffica” per il Tribunal

Constitucional, in Diritto pubblico comparato ed europeo, n. II/2007, pp. 1031 ss.

75 Si trattava di María Emilia Casas Baamonde, eletta dal Senado nel 1998, su proposta del PSOE. Sulle funzioni del

“voto presidenziale”, v. F. SANTAOLALLA LÓPEZ, El voto de calidad del Presidente del Tribunal Constitucional, in Revista

Española de Derecho Constitucional, n. 85/2009, pp. 201-211.

76 L’intreccio tra la riforma del mandato presidenziale e la decisione sullo Statuto catalano è stato evidenziato, tra gli

altri, da A. MASTROMARINO, La mala temporada del Tribunal Constitucional spagnolo. Brevi note alla luce delle più recenti

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Non a caso, si è parlato di una disposizione ad personam (nemmeno contenuta nel testo originario del progetto di legge), subito denominato enmienda Casas, dal nome del Presidente allora in carica77. La

questione è stata oggetto di un “atipico” recurso de inconstitucionalidad78, risolto in modo sfavorevole ai

ricorrenti (cinque voti a tre) con la STC 49/2008, de 9 de abril79, la quale tuttavia contiene diversi

passaggi problematici sul piano argomentativo80.

In particolare, suscita reticenze la torsione cui viene astutamente sottoposta la previsione ex art. 160 CE, nitida nella definizione della durata massima del mandato presidenziale (tre anni) e, soprattutto, del fatto che a tale incombente devono provvedervi i componenti dello stesso TC e non il Legislatore in maniera surrettizia81.

Sul punto, il TC ha superato le obiezioni di incostituzionalità attraverso il discutibile bizantinismo della distinzione tra elezione “formale” del Presidente e proroga del suo mandato82 e l’affermazione secondo

cui la legge altro non avrebbe fatto che tradurre in termini normativi una consuetudine (invero praeter constitutionem) già invalsa in seno allo stesso Giudice delle Leggi.

In via uguale e contraria, tuttavia, si è correttamente osservato che la prorogatio a mandato esaurito di fatto configura un succedaneo di (ri)elezione mascherata dietro un mero formalismo letterale, ripercuotendosi altresì sulla permanenza degli altri giudici in attesa di essere sostituiti.

Inoltre, la disposizione risulta incoerente, in quanto la durata del solo mandato presidenziale (e non quello del Presidente come giudice, sottoposto alla prorogatio ordinaria) viene subordinata alla sostituzione degli altri giudici che, eletti in contemporanea al Presidente stesso, hanno già concluso il loro incarico.

Infine, tale potestà viene temporaneamente sottratta al Collegio per essere rimessa alle Camere parlamentari attraverso il procedimento legislativo (dunque, ad un organo diverso da quello previsto in

Constitucional, cit., p. 73 e I. TORRESMURO, La reforma de la Ley Orgánica del Tribunal Constitucional y del Reglamento del

Senado, puesta a prueba (SSTC 49/2008, de 9 de abril y 101/2008, de 24 de julio), in Revista General de Derecho Constitucional, n.

6/2008, p. 25.

77 Cfr. passim I. ASTARLOA-HUARTE MENDICOA, El Tribunal Constitucional en los tiempos de Zapatero, in Cuadernos de

Pensamiento Político, n. 30/2011, pp. 9-29.

78 Essendo il TC chiamato a giudicare, per la prima volta, della costituzionalità di una disposizione relativa al suo

stesso funzionamento. Peraltro, si consideri che, nel caso di specie, il Pleno fu costretto a deliberare con il numero minimo di otto componenti (v. art. 14 LOTC), poiché due avevano formulato richiesta (accolta) di astensione e altri due erano stati ricusati.

79 Pubblicata in Boletín Oficial del Estado (BOE) n. 117, de 14 de mayo de 2008, Sección T.C., Suplemento del Tribunal

Constitucional, pp. 3-28.

80 Per un commento, v. P.RODRÍGUEZ-PATRÓN, El Tribunal constitucional ante la reciente reforma de los artículos 16 de su

Ley Orgánica y 184 del Reglamento del Senado, in Revista de Derecho Político, n. 77/2010, soprattutto pp. 132 ss.

81 Una critica radicale da parte di J.DEESTEBANALONSO, De Constitución normativa a nominal, in Teoría y Realidad

Constitucional, n. 27/2011, pp. 178-180. V. anche S. GARCÍAVÁZQUEZ, La controvertida reforma de la Ley Orgánica del

Tribunal Constitucional, Santiago de Compostela, 2008, p. 80.

82 Cfr. STC 49/2008, FJ 21. I giudici dissenzienti Conde Martín de Hijas e Rodríguez Arribas hanno parlato

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Costituzione), capaci di mantenere in carica un determinato Presidente e di modellare il rinnovo del TC a loro piacimento83.

In questo senso, si consideri che il mandato del Presidente Casas Baamonde – iniziato il 15 giugno 2004 – si è protratto sino al 29 dicembre 2010, superando di oltre tre anni la durata imposta dal dettato costituzionale.

Valga quindi la reiterazione del contenuto testuale dell’art. 160 CE: «El Presidente del Tribunal Constitucional será nombrado entre sus miembros por el Rey, a propuesta del mismo Tribunal en pleno y por un período de tres años». In claris non fit interpretatio.

4. Il problema della prorogatio degli organi costituzionali

Sul piano normativo, la crisi aperta dalle disposizioni citate si lega a doppio filo con il regime di prorogatio previsto nelle legislazioni di riferimento. In primo luogo, è stato posto in dubbio che l’intarsio di fonti applicabili al CGPJ ed al TC contempli la possibilità di estenderne sine die il periodo di durata oltre i termini previsti in Costituzione84.

L’art. 115.2 LOPJ prevede il CGPJ rimanga in carica fino a quando quello subentrante non si insedierà in modo ufficiale. Detta disposizione è stata interpretata nel senso di essere diretta ad evitare momenti di vuoto istituzionale nella successione tra un Consejo General e l’altro, senza invece prevedere una prorogatio potenzialmente indefinita dell’organo il cui mandato è già terminato85.

Tale lettura troverebbe conferma nell’art. 568.2 LOPJ, il quale dispone che il Presidente del CGPJ informi con quattro mesi di anticipo i Presidenti del Congreso de los Diputados e del Senado della prossima scadenza dell’organo, affinché il procedimento di selezione dei nuovi componenti si svolga in tempi tali da assicurare una sostituzione puntuale della vecchia consiliatura da parte di quella nuova.

Nel caso del TC, un riferimento alla proroga dei suoi componenti è contenuto nell’art. 17.2 LOTC, che ne estende la permanenza in carica fino a quando non prestino giuramento coloro che andranno a sostituirli. Analogamente a quanto previsto per il CGPJ, l’art. 17.1 LOTC dispone che il Presidente del

83 Cfr. J.L. REQUEJOPAGÉS– J.C.DUQUEVILLANUEVA– I.TORRESMURO– E.FOSSASESPADALER,

Doctrina del Tribunal Constitucional durante el primer cuatrimestre de 2008, in Revista Española de Derecho Constitucional, n.

83/2008, p. 215.

84 A livello costituzionale, le uniche ipotesi di prorogatio sono quelle previste dagli artt. 78.3 (funzionamento della

Diputación Permanente delle Camere) e 101.2 CE, ove è stabilito che il Governo dimissionario rimarrà in carica fino

all’insediamento di quello successivo. In quest’ultimo senso, tale regime di ultrattività è regolato dall’art. 21 della Ley

50/1997, de 27 de noviembre, del Gobierno, ove sono indicati limiti espliciti alle funzioni che il Presidente e l’Esecutivo

possono esercitare in regime di ordinaria amministrazione (divieto di chiedere al Sovrano lo scioglimento parlamentare, di proporre questione di fiducia o referendum consultivo, di approvazione del progetto di legge di bilancio e di proposizione alle Camere di progetti di legge).

85 Cfr. F. SANTAOLALLALÓPEZ, El problema de la renovación de los órganos constitucionales, in Revista de Derecho Político,

(20)

TC solleciti i Presidenti degli organi collegiali chiamati ad intervenire nel rinnovo dello stesso (Cortes Generales e CGPJ)86 quattro mesi prima della scadenza del mandato dei giudici interessati.

Sul punto, si è così voluto distinguere tra fisiologiche «prolongaciones de mandato de breve duración, derivadas de un retraso explicable y moderado en el proceso de nombramiento» e proroghe con carattere generale che non siano condizionate «a la concurrencia de requisito material alguno, sin límite temporal o, por qué no, sin previsión de sistemas alternativos de renovación»87, aventi invece natura

patologica e contrarie al dettato costituzionale.

Per quanto siffatta distinzione sia apprezzabile, è evidente che essa si muove sul piano dell’interpretazione “ragionevole” e delle valutazioni degli effetti prodotti dalle norme di legge, le quali risultano però sfuggenti e, ad oggi, non prevedono che un regime di prorogatio possa esistere in alcune ipotesi (peraltro non definite dalla legge) e non in altre.

Laddove si mantenga siffatto modello, inoltre, non si può escludere che lo stesso venga utilizzato in modo spurio per soddisfare altre esigenze politico-partitiche, con l’ulteriore difficoltà di delimitare, sul piano temporale ed in assenza di disposizioni specifiche, quando la prorogatio è fisiologica e quando invece non lo è.

Quale rimedio alle distorsioni che ne sono derivate, si potrebbe immaginare – nel caso non si intenda derogare a tale configurazione – che il Legislatore preveda una finestra temporale esplicita sulla durata del mandato degli organi interessati oltre i termini ordinari (ad esempio, quattro mesi dopo la loro scadenza)88, magari limitando altresì le funzioni esercitabili in quello “straordinario” periodo di tempo89.

In termini astratti, il principio sotteso alla prorogatio è quello di assicurare la continuità necessaria degli organi chiamati all’esercizio di pubbliche funzioni – le quali non possono vedere interrotta la loro (essenziale) attività in alcun momento – e non quello di stabilire un procedimento alternativo alle corrispondenti disposizioni costituzionali, lasciando al libero arbitrio degli interessati il rinnovo delle cariche pendenti90.

86 V. art. 159.1 CE: «El Tribunal Constitucional se compone de doce miembros nombrados por el Rey; de ellos, cuatro

a propuesta del Congreso por mayoría de tres quintos de sus miembros; cuatro a propuesta del Senado, con idéntica mayoría; dos a propuesta del Gobierno, y dos a propuesta del Consejo General del Poder Judicial».

87 J.A. SANTAMARÍAPASTOR, La prorogatio de los órganos constitucionales. Apuntes mínimos sobre un tema que no lo es, in

Revista Española de Derecho Constitucional, n. 86/2008, p. 17. Sul tema, molto interessante è il “confronto dialettico” con

L. AGUIAR DE LUQUE, Una nueva reflexión sobre la prorogatio de los órganos constitucionales. Una discrepancia y algunas

puntualizaciones a J.A. Santamaría, in Revista Española de Derecho Constitucional, n. 85/2009, pp. 83-98.

88 In termini speculari rispetto al “preavviso” di quattro mesi entro i quali dovrebbe iniziare il procedimento di

elezione dei nuovi componenti del CGPJ e del TC.

89 Sulla scorta di quanto previsto dalla Ley 50/1997, in relazione al Governo.

90 Cfr. A. RODRÍGUEZ BEREIJO, Discurso del Presidente del Tribunal Constitucional, Don Álvaro Rodríguez Bereijo, con

ocasión de la renovación parcial del Tribunal en 1998, in AA.VV., Tribunal Constitucional. Discursos de sus Presidentes, 1980-2005,

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