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CAPITOLO 4 - LA RICERCA DELLA FORMA DELLA MEMBRANA

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 4 - LA RICERCA DELLA FORMA DELLA MEMBRANA

4.1 Definizione dello “stato 0”

Nonostante le membrane siano una delle prime forme strutturali costruite dall’uomo (basta pensare alle tende dei nomadi), fino alla metà del secolo scorso pochissimi strumenti analitici risultavano a disposizione dei progettisti per modellare la loro risposta meccanica alle azioni esterne e per la definizione del loro “stato 0”, ovvero, della configurazione che le membrane assumono nelle normali condizioni di esercizio, quando sono sottoposte alla sola azione del peso proprio e della pretensione imposta.

In assenza di pretensionamento, una membrana non possiede una forma propria, ma, al contrario, si adatta ai carichi che di volta in volta agiscono su di essa; in particolare, se la membrana è completamente priva di rigidezza flessionale, la forma della sua superficie media varia continuamente, istante per istante, inseguendo la configurazione funicolare dei carichi che su di essa sono applicati.

Di solito il peso proprio delle membrane è trascurabile e, per tale motivo, incapace di influenzare apprezzabilmente la forma della membrana. Il carico da neve, invece, risulta spesso preponderante rispetto alle altre azioni esterne, e gioca un ruolo importante nella determinazione dei carichi da considerare. Fortunatamente, le membrane ben si adattano a tale tipo di carico, raggiungendo facilmente una configurazione deformata più adatta a sopportare il peso imposto dalla neve. Di conseguenza, l’azione fondamentale per la progettazione delle membrane è quella esercitata dal vento che, specialmente nelle strutture di altezza apprezzabile, come nel caso in esame, risulta sempre particolarmente severa.

Nel seguito, stante le incertezze del quadro normativo nazionale, e tenendo sullo sfondo il dettato della normativa europea (EC1), sono stati definiti i valori dei carichi da vento e da neve, introducendo opportune ipotesi semplificative, e adattando al caso in esame alcuni risultati dedotti in situazioni più generali.

4.2 Il metodo della densità di sforzo per la definizione dello “ stato 0

Come accennato in precedenza, il metodo della densità di sforzo fu proposto nel 1972

da Linkwitz e Schek per lo studio e la successiva determinazione della forma della

copertura dello Stadio Olimpico di Monaco per i Giochi olimpici del 1972. Il principio su

cui si basa tale metodo riconduce il problema fortemente non lineare della ricerca della

forma ottimale delle reti di funi e delle membrane pretensionate a quello delle condizioni di

(2)

equilibrio statico di una travatura reticolare spaziale, governato invece da un sistema di equazioni lineari di facile soluzione. Il metodo assume costante e noto in ciascun tratto in cui la generica fune può pensarsi idealmente suddivisa dai nodi del reticolo, il rapporto fra lo sforzo assiale presente nel tratto, inizialmente incognito, e la lunghezza del tratto stesso anch’essa incognita, da cui il nome di metodo della densità di sforzo.

Con riferimento a una generica porzione di una rete spaziale di funi (V. Figura 16), consideriamo l’equilibrio del generico nodo I, rappresentato in dettaglio nella Figura 17, soggetto al carico P, e supponiamo che tale nodo sia collegato ai nodi adiacenti A, B, C, D, tramite le aste a, b, c, d.

Figura 16: Porzione di una rete spaziale di funi su una superficie a doppia curvatura

Figura 17: Nodo di una rete spaziale di funi – rappresentazione delle forze agenti

L’equilibrio tra le forze interne e le forze esterne è espresso in forma vettoriale dalla relazione:

0 P N N N

N1+ 2 + 3 + 4 + =

,

dove le forze interne incognite si assumono positive se si allontanano dal nodo. Mettendo

in evidenza i valori degli sforzi assiali nei diversi tratti, la stessa equazione può essere scritta

come:

(3)

0 P n n

n

n

1

+

2 2

+

3 3

+

4 4

+

I

=

1

N N N

N ,

in cui N

1

, N

2

, N

3

ed N

4

sono gli sforzi assiali incogniti, mentre n

1

, n

2

, n , ed

3

n

4

, sono i versori, anch’essi incogniti se la geometria non è completamente nota, dei diversi tratti di fune, orientati positivamente se uscenti dal nodo I.

Proiettando l’equazione precedente sugli assi x, y e z del riferimento globale, si ottengono le tre equazioni scalari:

 

 



 

=

− +

− +

− +

− +

=

− +

− +

− +

− +

=

− +

− +

− +

− +

0 0 0

4 3

2 1

4 3

2 1

4 3

2 1

z I DI

I D CI

I C BI

I B AI

I A

y I DI

I D CI

I C BI

I B AI

I A

x I DI

I D CI

I C BI

I B AI

I A

L P z N z

L z N z

L z N z

L z N z

L P y N y

L y N y

L y N y

L y N y

L P x N x

L x N x

L x N x

L x N x

,

valide per ciascun nodo del sistema strutturale. In esse, L

AI

, L

BI

, L

CI

e L

DI

sono le lunghezze attuali dei tratti che collegano il nodo I ai nodi circostanti, mentre P

Ix

, P

Iy

e

P

Iz

sono le componenti del carico P

I

nel sistema di riferimento globale (O, x, y, z). Se tali equazioni sono scritte per tutti gli N nodi della rete di funi si ottiene un sistema di

× N

3 equazioni che traducono le condizioni di equilibrio dell’intero sistema.

Le stesse equazioni descrivono anche le condizioni per l’equilibrio statico dei nodi di una travatura reticolare spaziale soggetta a condizioni di carico e di vincolo generiche. Vi sono però delle differenze sostanziali fra le due tipologie strutturali considerate. Infatti, nel caso delle travature reticolari la geometria del sistema è nota, così come lo sono i carichi, perciò il sistema delle equazioni di equilibrio è normalmente utilizzato per determinare gli sforzi assiali incogniti nelle aste e le reazioni vincolari, se la travatura è staticamente determinata. Nel caso delle reti di funi, invece, la geometria del sistema è incognita, perciò sono incognite sia le coordinate dei nodi, e conseguentemente le lunghezze delle aste, sia i valori degli sforzi assiali nei diversi tratti di fune assieme alle eventuali reazioni vincolari.

L’idea di Linkwitz e Schek consiste nell’assumere costanti e noti i valori dei rapporti

k k

k

N L

q = / fra lo sforzo assiale N e la lunghezza

k

L del tratto di fune k-esimo cui si

k

riferiscono, per cui, ad esempio, il sistema precedente diviene:

(4)

 

 

= +

− +

− +

− +

= +

− +

− +

− +

= +

− +

− +

− +

0 )

( ) (

) (

) (

0 )

( ) (

) (

) (

0 )

( ) (

) (

) (

4 3

2 1

4 3

2 1

4 3

2 1

z I I D I

C I

B I

A

y I I D I

C I

B I

A

x I I D I

C I

B I

A

P z z q z z q z z q z z q

P y y q y y q y y q y y q

P x x q x x q x x q x x q

,

dove q

1

, q

2

, q ed

3

q

4

sono le densità di sforzo nei tratti di fune considerati.

Se tali equazioni sono scritte per tutti i nodi della rete, si ottiene un sistema di 3 × N equazioni lineari, risolvibile attualmente per via numerica con estrema facilità, nelle 3 × N incognite x

i

, y

i

, z

i

, i = 1 , L N costituite dalle coordinate dei nodi del sistema. Ovviamente, per giungere alla geometria dello stato 0 della membrana non occorre conoscere i valori delle densità di sforzo tratto per tratto, ma è sufficiente conoscerne solo i rapporti.

Risolto il sistema di equazioni, la geometria della rete è finalmente nota perciò si conoscono le lunghezze finali delle funi, tratto per tratto. Se si vuole che il tratto k-esimo nello stato 0 sia soggetto allo sforzo di pretensione N

k

, nell’ipotesi di comportamento lineare del materiale ed ipotizzando deformazioni piccolissime se non infinitesime, è sufficiente assegnare al tratto stesso la lunghezza iniziale.

k k k

k

l q EA

L = +

1

0

1

,

in cui EA

k

è la rigidezza estensionale della fune.

4.2 Dati geometrici generali del reticolo di base

Per poter applicare vantaggiosamente il metodo della densità di sforzo, occorre predisporre di un reticolo di base i cui nodi siano posti in corrispondenza biunivoca con i punti della membrana nella configurazione iniziale definita dallo stato 0. Nel nostro caso, come appare nella successiva Figura 18, il reticolo di base è costituito da 2 circonferenze eccentriche: la più grande ha raggio 12 m e contiene al proprio interno la minore, di raggio

m

2 , il cui centro divide il diametro maggiore in due parti nel rapporto 1:3.

Successivamente, sono state introdotte 36 suddivisioni circonferenziali e le 20

suddivisioni radiali del cerchio maggiore a partire dal centro del cerchio minore. I

quadrilateri creatisi con tale ripartizione sono stati ulteriormente suddivisi ciascuno in due

aree triangolari con una delle due diagonali, come mostrato nella stessa figura.

(5)

Figura 18: Il reticolo di base

4.3 La generazione della rete di funi equivalente alla membrana

La numerazione dei nodi è stata effettuata associando il numero 1 al nodo in corrispondenza dell’intersezione tra il raggio verticale superiore e la circonferenza minore, proseguendo progressivamente lungo tutto il raggio e estendendo tale numerazione a tutti i raggi. In questo modo abbiamo ottenuto 756 nodi, ai quali dobbiamo aggiungerne altri 3 che si trovano sulla verticale passante per il centro della circonferenza minore posti sul pilone verticale.

Nella modellazione meccanica la membrana è considerata come un grigliato spaziale di

funi. I tratti di fune equivalenti alla membrana e quelli corrispondenti alle funi metalliche

radiali irrigidenti, sono state introdotti nel modello numerico mediante degli elementi “aste”,

fornendone la matrice delle incidenze che definisce l’esistenza di un collegamento tra due

nodi adiacenti. Per tale motivo ciascun tratto è stato identificato col numero dei due nodi

collegati. La numerazione è stata effettuata in primis per i tratti di fune radiali, per questo

caratterizzate dalla successione di due numeri consecutivi, successivamente per i tratti di

(6)

fune circonferenzialiali e, infine, per quelle diagonali; questo per ognuno dei 36 settori circolari in esame.

Al solo scopo di ottenere una buona rappresentazione grafica, la membrana è stata altresì modellata mediante un insieme di pannelli piani che collegano ciascuno tre nodi adiacenti del grigliato spaziale. Ciascun pannello corrisponde ad uno dei due triangoli in cui è diviso ciascun quadrilatero individuato dai “meridiani” e dai “paralleli” del conoide.

In definitiva, il modello numerico in verità assai sofisticato adottato per il reticolo di base risulta costituito da 759 nodi, 2270 aste, 1458 pannelli. Per la sua generazione è stato approntato un apposito programma di calcolo.

4.4 Le condizioni al contorno

Per la generazione dei nodi, delle aste e dei pannelli, tutti i nodi della circonferenza maggiore esterna sono stati vincolati alla quota z

2

= 16 m lasciandone invariate le ascisse e le ordinate, quelli della circonferenza minore sono stati vincolati alla quota z

1

= 12 m senza variarne la proiezione nel piano, mentre i restanti, in maggior numero, sono stati lasciati liberi. Vincoli particolari sono stati posti anche ai 3 nodi appartenenti all’antenna: il nodo corrispondente alla base del pilone è vincolato a terra z

min

= 0 , 0 m , quello corrispondente al centro dell’anello rigido è posto a quota z

1

= 12 m , mentre il nodo corrispondente all’apice del pilone è posto infine a quota z

MAX

= 22 m . Nel dettaglio:

• i nodi 21, 42, 63, 84, 105, 126, 147, 168, 189, 210, 231, 252, 273, 294, 315, 336, 357, 378, 399, 420, 441, 462, 483, 504, 525, 546, 567, 588, 609, 630, 651, 672, 693, 714, 735, 756 sono vincolati a quota z

2

= 16 m ;

• i nodi 1, 22, 43, 64, 85, 106, 127, 148, 169, 190, 211, 232, 253, 274, 295, 316, 227, 358, 379, 400, 421, 442, 463, 484, 505, 526, 547, 568, 589, 610, 631, 652, 673, 694, 715, 736, 757 sono vincolati a quota z

1

= 12 m .

I nodi dell’antenna corrispondono ai numeri 757, 758, 759.

L’insieme dei nodi vincolati è riportato nella successiva Figura 19.

(7)

Figura 19: Nodi vincolati

4.5 La scelta dei valori delle densità di sforzo

Per la generazione della forma della membrana nello stato 0, è fondamentale la scelta delle densità di sforzo di ciascun tratto di fune (asta). Essa influisce in modo determinante sulla forma finale della membrana, poiché coincide con il rapporto tra lo sforzo assiale presente nella situazione di esercizio nella singola asta e la lunghezza dell’asta stessa. Nel seguito si riportano i risultati, in termini grafici, delle prove effettuate durante la ricerca della forma desiderata, attribuendo alle aste densità di sforzo diverse.

Densità di sforzo unitaria per tutte le aste

Assegnando a tutte le aste una densità di sforzo comune ed uguale ad uno, la forma che

si ottiene per la membrana è rappresentata nella Figura 20.

(8)

Figura 20: Forma della membrana relativa ad una densità di sforzo unitaria

I raggi che nel reticolo di base risultano più corti, appaiono fortemente incurvati rispetto ai raggi più lunghi. Ciò è dovuto al fatto che in corrispondenza dei raggi minori le circonferenze del reticolo sono molto addensate cosicché la membrana è localmente molto rigida in direzione circonferenziale e poco in direzione radiale. Per ovviare a tale situazione, occorre incrementare la densità di sforzo delle aste radiali rispetto a quelle circonferenziali.

Densità di sforzo relativa pari a 50 per tutte le aste radiali

Come secondo tentativo è stata, considerata una densità di sforzo per le aste radiali pari a 50 volte quella unitaria delle rimanenti aste. Il risultato, riportato nella Figura 21 seguente, non è ancora conforme alle aspettative dal momento che la membrana assume una conformazione a cono quasi rigido essendo le generatrici pressoché rettilinee.

Figura 21: Forma della membrana relativa ad una densità di sforzo delle aste radiali pari a 50

(9)

Densità di sforzo relativa pari a 20 per tutte le aste radiali

Una forma decisamente migliore rispetto ai casi precedenti, si ottiene attribuendo alle aste radiali un valore densità di sforzo pari a 20 e lasciando inalterato e pari ad uno il valore della densità di sforzo delle rimanenti aste del reticolo. Così facendo otteniamo la membrana a forma di conoide rappresentata in Figura 22.

Fig. 22: Forma della membrana relativa ad una densità di sforzo delle aste radiali pari a 20

Tale soluzione costituisce un buon compromesso fra le soluzioni ottenute in precedenza e giustifica pienamente l’inserzione di cavi metallici radiali effettivamente presenti nelle membrane della soluzione adottata da Tilke per il circuito di Shangai.

4.6 La soluzione proposta

Della soluzione ottenuta, nelle pagine seguenti si riportano la pianta (Figura 23), due

prospetti (Figure 24 e 25), ed infine due assonometrie significative (Figure 26 e 27). Da

queste immagini risulta ben definita la forma prescelta per la membrana.

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Fig. 23: La soluzione proposta in pianta

Fig. 24: La soluzione proposta in prospetto a)

Fig. 25: La soluzione proposta in prospetto b)

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Fig. 26: La soluzione proposta in assonometria a)

Fig. 27: La soluzione proposta in assonometria b)

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