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3 L'MBO dell’azienda ALFA

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Academic year: 2021

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Indice

1 Aspetti teorici delle operazioni di Management buy out ... 3

1.1 Definizione di Management Buy out e di Leveraged Management Buy out ... 3

1.2 Manager o imprenditori? Il conflitto tra le due categorie ... 5

1.3 Le caratteristiche principali di un MBO ... 11

1.3.1 La motivazione manageriale ... 11

1.3.2 Il ruolo dell‟istituzione finanziaria ... 12

1.3.3 La creazione del business plan ... 14

1.4 Le procedure operative di acquisizione dell‟impresa Target ... 16

1.5 Le fasi tecniche delle operazioni di LMBO ... 18

1.5.1 Scelta dell‟advisor finanziario ... 18

1.5.2 La selezione del partner finanziario ... 20

1.5.3 Il private equity ... 22

1.5.4 Il ruolo del private equity nelle operazioni di buy out ... 24

1.6 La Due diligence: aspetti contabili, fiscali e legali ... 26

1.7 Le modalità di finanziamento nell‟LMBO ... 28

1.8 La fase post-operazione: le forme di way out dell‟investitore ... 31

1.9 Elementi critici nelle operazioni di LMBO ... 34

2 La valutazione esterna ed interna dell‟operazione di MBO ... 36

2.1 Il prezzo dell‟azienda Target... 36

2.2 Le fasi di determinazione del prezzo ... 36

2.3 Scelta del modello valutativo ... 41

2.3.1 Il metodo del Discounted Cash Flow ... 42

2.3.2 Il metodo dei multipli di borsa ... 45

2.4 Le caratteristiche principali dell‟azienda target ... 47

2.5 Determinazione del valore dell‟azienda target ... 49

2.6 Dal valore al prezzo di acquisizione ... 55

2.6.1 Meccanismi di incentivazione ... 60

2.7 Il Valore attuale netto dell‟operazione di MBO ... 63

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3 L'MBO dell‟azienda ALFA ... 67

3.1 Il business dell‟azienda Alfa ... 67

3.2 Il mercato di riferimento ... 67

3.3 La struttura del gruppo Alfa ... 70

3.4 Struttura dell‟acquisizione... 74

3.5 Modalità di finanziamento ... 80

3.6 Il piano di stock option e l‟earn out ... 83

3.7 Le implicazioni di carattere fiscale ... 89

3.8 La due diligence ... 90

3.9 L‟analisi dei flussi di cassa... 93

3.9.1 La determinazione del tasso di attualizzazione dei flussi ... 95

3.10 Il Van dell‟acquisizione di Alfa ... 99

3.11 La chiusura effettiva del LMBO di Alfa ... 102

3.12 Il disinvestimento del PE Beta e PE 2 ... 105

3.13 Considerazioni conclusive... 106

BIBLIOGRAFIA ... 111

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1 Aspetti teorici delle operazioni di Management buy out

1.1 Definizione di Management Buy out e di Leveraged Management Buy out

Il management buy out (in seguito MBO) è definito come una tecnica di acquisizione dell‟impresa in cui partecipa attivamente il management interno dell‟impresa stessa.

Secondo un accezione comunemente diffusa, questa tecnica finanziaria fa parte della più generale categoria del Leveraged buy out (LBO), operazione di acquisizione di un impresa tramite lo strumento del debito, mentre non è dello stesso avviso G. Ferrario, il quale non considera queste due tecniche concettualmente ed operativamente equivalenti.

Il LBO identifica una consolidata tecnica di acquisizione delle imprese che ha come caratteristica principale il ricorso alla leva finanziaria1, intesa come elevato rapporto tra capitale di terzi e capitale proprio.

Sorta negli Stati Uniti durante gli anni ‟60 in seguito al fenomeno del

“Public to Private” o PTP, dove le società quotate oggetto di takeover2 ostili erano ritirate dal mercato e ristrutturate con una forte focalizzazione sul core business, questa tecnica finanziaria si è diffusa in Italia solo a partire dalla fine degli anni ‟80.

Dopo numerosi anni in cui si dibatteva sulla legalità di tale operazione3, è stata legittimata nel 2001 con l‟introduzione nell‟ordinamento Italiano della

1 La “leva finanziaria” nasce dalla possibilità di usufruire dei vantaggi del c.d. “effetto leva” derivanti dalla possibilità di ottenere profitti tramite variazioni nell’intensità dell’utilizzo delle passività. CALORI G., UBAGO VIVAS J.N., Strategie finanziarie d’impresa, Ipsoa, 1990, pag. 41

2 Takeover è il termine utilizzato per indicare il processo di scalate ostili verso i vertici di un’impresa. In altre parole rappresenta il metodo attraverso il quale alcuni soggetti riescono ad ottenere la proprietà dell’impresa acquisendo piccoli pacchetti azionari fino ad ottenerne il controllo.

3 Per approfondimenti sulle problematiche giuridiche scaturenti dalle operazioni di LBO prima della riforma del diritto societario, si veda M. CLEMENTI e V. BANCONE, “Leverage buy-out: ora è più legittimato”, Amministrazione & Finanza n. 6/2003, p. 8; P. MONTALENTI, 2004, Commento art. 2501 bis, in Il nuovo diritto societario - Commentario diretto da G. Cottino, G. Bonfante, O. Cagnasso e P.

Montalenti, Zanichelli Ed., vol. II, p. 2311; M. SANDULLI E V. SANTORO, “La riforma delle società”, Commento art. 2501-bis, a cura di P. Serrao d’Aquino, G. Giappichelli, Torino, 2003, vol. 3, pag. 424; E.

CIVERRA, “Le operazioni di fusione e scissione”, La riforma del diritto societario, Ipsoa, 2003

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legge delega n. 366 del 3 ottobre 2001 che ha introdotto nel codice civile l‟art.

2501 - bis titolato “Fusione a seguito di acquisizione con indebitamento”.

Le operazioni di LBO sono strutturate in molteplici fasi che prendono avvio dalla costituzione, da parte dei promotori dell‟iniziativa, di una nuova società detta newco, che procede all‟acquisizione (buy out) di un‟impresa, detta società bersaglio o target, mediante il ricorso all‟indebitamento (leverage). L‟operazione si conclude generalmente con la fusione per incorporazione della target nella newco (forward merger) o della della newco nella target (reverse merger).

Sostanzialmente, l‟MBO segue questa stessa struttura operativa, ma seguendo l‟impostazione di Ferrario, tracciamo i possibili elementi di differenziazione tra LBO ed MBO.

I promotori di un LBO sono generalmente imprese industriali o finanziarie che acquisiscono un‟azienda target ricorrendo a finanziamenti da parte di terzi, con lo scopo di ottenere sinergie strategiche di natura operativa, finanziaria e fiscale.

Nell‟MBO, invece, sono i manager della stessa impresa target, che formalizzano la proposta di acquisizione, con lo scopo di divenire loro stessi i padroni dell‟azienda per cui lavorano.

La differenza sostanziale tra LBO e MBO, dunque, risiede sia nella natura dei propositori sia, soprattutto, nello scopo, in quanto l‟MBO è un operazione di acquisizione non sinergica che ha l‟obiettivo di apportare innovazione manageriale e gestionale.

Quindi LBO e MBO, pur seguendo lo stesso schema strutturale, non sono sinonimi, perché nel primo caso si tratta di un‟acquisizione sinergica la cui componente principale è rappresentata dallo strumento finanziario, mentre nel secondo caso si tratta di un‟acquisizione industriale il cui centro è rappresentato dal gruppo manageriale4.

Attraverso questa tecnica si crea nuova imprenditorialità, perché si parte da un gruppo, il management, già altamente professionale e dotato di grandi

4 M. C. FERRARIO, Management buy out: strumenti per un imprenditorialità diffusa, Isedi, 1991

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capacità, che è in grado di poter sviluppare al meglio le potenzialità della nuova impresa.

Ciò non esclude, comunque, che anche in questa operazione si possa far ricorso allo strumento finanziario del debito.

Secondo molti autori, è proprio il ricorso alla “leva finanziaria” la caratteristica che accomuna LBO e MBO, in quanto l‟utilizzo del capitale di debito rende possibile a coloro che pur avendo volontà di inserirsi nell‟azienda, ma non dotati di adeguate disponibilità finanziarie, di poter procedere con l‟acquisizione ed inserirsi nella gestione imprenditoriale senza l‟esborso di capitali.

La maggior parte delle operazioni di MBO effettuate finora, infatti, comprende anche la componente finanziaria del leveraged, perciò spesso si parla di operazioni di Leveraged Management Buy Out ( o LMBO).

1.2 Manager o imprenditori? Il conflitto tra le due categorie

La distinzione tra proprietà (coloro che detengono il controllo) e management (coloro che esercitano l‟attività di governo) nasce con lo sviluppo dello strumento giuridico della “società per azioni”, che denota una netta separazione tra i possessori del capitale di rischio ed i dirigenti dell‟impresa.

Nelle realtà più evolute, in cui la proprietà è frazionata fra molti azionisti di minoranza (sul modello delle public company del mondo anglosassone) la separazione tra le due categorie è più accentuata.

In questa realtà si pongono problemi di “capitalismo manageriale”, in quanto la direzione è lasciata quasi libera di agire, visto che non esiste una forma di controllo ben specificata5.

I manager, effettuano le scelte di tipo operativo senza però assumersi il tradizionale rischio d‟impresa, che rimane in capo ai possessori delle azioni, per

5C.E. SCHILLACI , Management e proprietà, G. Giappichelli, Torino 1997, pag. 26 e seguenti

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cui si crea il c.d. conflitto manager-azionisti, che vede contrapposti gli interessi degli uni con gli interessi degli altri.

Il problema principale è la presenza di asimmetrie informative tra gli individui e la conseguente esistenza di conflitti d‟interesse, in quanto chi è meglio informato tende a sfruttare la posizione di vantaggio di cui gode mentre la controparte ha difficoltà a monitorare effettivamente l‟operato degli altri.

La relazione esistente tra manager ed imprenditori è interpretata attraverso la teoria dell‟agenzia che mette in evidenza la relazione tra l‟individuo principale, gruppo di comando o imprenditore, e l‟individuo agente, il management team, il quale compie azioni per conto del principale.

Questa teoria assume che i principali e gli agenti agiscono razionalmente e pongono in essere delle azioni per massimizzare il proprio benessere. Ciò implica che gli agenti hanno delle motivazioni personali alla base delle loro azioni e probabilmente avranno l‟opportunità di agire, non a favore, ma contro l‟interesse del principale, c.d. problema del “moral hazard”6.

Gli azionisti vogliono che i manager aumentino il valore dell‟impresa per diventare più ricchi, ma i manager potrebbero mirare solo al proprio arricchimento. Da questa contrapposizione nascono i costi di agenzia che si creano proprio quando i manager non cercano di massimizzare il valore dell‟impresa e gli azionisti devono sostenere costi per controllare e influenzare i loro comportamenti7.

I costi di agenzia possono essere di tre diverse tipologie:

 costi di monitoraggio: legati alla predisposizione di un opportuno sistema informativo sia ex-ante, sia ex – post;

 costi di bonding: sono connessi alla fissazione di limiti all‟attività dell‟agente per contenere l‟estensione dei conflitti d‟interesse;

 perdita residua: rappresenta la perdita connessa all‟esistenza dei conflitti di interesse, in quanto anche in presenza di sistemi di

6 ADAMS M. B., “Agency Theory and the Internal Audit”, Managerial Auditing Journal, 1994, vol. 9, n. 8, pag. 8

7 BREALEY A.R., MYERS C.S., SANDRI S., Principi Di Finanza Aziendale, McGraw – Hill, Milano 2003, pag. 8

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monitoraggio e di vincoli contrattuali continuano a sussistere costi di agenzia.

I costi di agenzia si producono quando il gruppo di comando è interessato a massimizzare la propria quota-parte del valore economico delle azioni (se le possiede) ed all‟ottenimento dei benefici privati intesi come possibilità di gestire l‟azienda secondo le proprie finalità e massimizzare le proprie prestazioni professionali, in un ottica di miglioramento del proprio status e prestigio sociale.

Gli azionisti – speculatori al contrario sono interessati a massimizzare il rendimento in relazione al rischio assunto con il proprio investimento, ossia al solo valore economico dell‟impresa, e spesso le strategie che massimizzano l‟uno sono diverse da quelle che massimizzano l‟altro8.

Il management non è incentivato a perseguire il bene dell‟azienda, ossia a massimizzare il valore del capitale economico, quando non è remunerato direttamente in base al valore economico dell‟azienda, ma per esempio esiste un meccanismo di remunerazione fissa, il che inevitabilmente non incentiva il management a perseguire gli obiettivi degli azionisti.

In un ottica di assunzione del rischio, gli stessi obiettivi del management si traducono nell‟accettazione di un rischio minore per preservare la stabilità del proprio posto di lavoro, perciò il management sarà più avverso al rischio e tenderà a privilegiare investimenti a basso rischio, a discapito della redditività.

In questo senso si ragiona in termini di scelta del livello di leva finanziaria, intesa come rapporto tra debiti e mezzi propri, che influenza il ROE (return on equity), ossia l‟indice di redditività del capitale proprio. La minor propensione del management ad assumersi rischi si traduce in un limitato uso della leva finanziaria e quindi in un più basso rendimento del capitale.

Infine il management nella propria posizione gode anche di benefici non pecuniari, che generano costi per gli azionisti. Tali benefici non pecuniari sono

8 FERRARIO M. , op. cit., pag. 44 secondo il quale l’incremento del tasso di autofinanziamento che consegue al “sacrificio” dei dividendi a favore di investimenti aziendali o del servizio del debito, è condizione imprescindibile per il successo dell’operazione di LMBO e più facilmente ottenibile in imprese gestite dalla proprietà.

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collegati direttamente all‟ammontare di cash flow disponibili per l‟impresa che permettono di investire in altri progetti d‟investimento a Van positivo.

Secondo Jensen (1986), i manager tendono ad investire i cash flow in nuovi progetti perché hanno l‟obiettivo di incrementare il valore dell‟azienda. Il potere dei manager di creare valore è dato dall‟incremento di risorse sotto il loro controllo. Tuttavia i manager di imprese con alti cash flow e basse opportunità di crescita tendono a investire in progetti marginali o con Van negativo che potrebbero gratificare loro con l‟ottenimento di benefici non pecuniari, ma al contempo sacrificare gli interessi degli azionisti9.

Il management, dunque, potrebbe anche essere incentivato a far crescere l‟impresa la di là della dimensione ottimale, ma al solo fine di aumentare le risorse a propria disposizione, al contrario non accetterebbe di buon grado una riduzione delle risorse disponibili, che potrebbe avvenire tramite la distribuzione dei dividendi agli azionisti.

La crescita dell‟impresa nella sola ottica del gruppo di comando porterebbe alla rinuncia dei benefici della diversificazione e spesso a non attuare progetti a Van positivo o ad operare in condizioni sub ottimali rispetto al settore10.

In conclusione il conflitto di interessi tra azionista e gruppo di comando, ossia i costi di agenzia del capitale azionario, tendono a crescere all‟aumentare del rapporto tra benefici privati e quota parte del valore del capitale economico spettante al gruppo di comando.

Una possibile alternativa per diminuire i costi di agenzia del capitale azionario è quella di far ricorso al capitale di debito, in modo che una parte dei cash flow esce dal controllo del management perché impiegata nel servizio del debito che deve essere remunerato con scadenze ed importi predeterminati.

I diversi obiettivi perseguiti dai protagonisti della vita d‟impresa si rispecchiano anche nelle decisioni riguardanti la politica dei dividendi. Uno dei

9 RAHMAN AULIA FUAD, MOHD – SALEH NORMAN, “The Effect of free cash flow Agency Problem on the value of Relevance Earning and book value”, Journal of financial Reporting & Accounting, 2002, vol. 6, n.

1, pag. 76

10 CATTANEO M., Manuele di Finanza Aziendale, Il Mulino, Bologna 1999, p. 585

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compiti che spetta al management, infatti, e decidere quando e quanti dividendi distribuire.

Da un lato, è facilmente intuibile che gli azionisti siano interessati a riscuotere i dividendi più alti possibili ed il prima possibile, mentre, dall‟altro lato i manager sono disposti a sacrificare il pagamento dei dividendi a favore di un reinvestimento degli utili per un ulteriore sviluppo dell‟azienda.

Il pagamento dei dividendi comporta una riduzione delle risorse disponibili per l‟impresa e la conseguente necessità per quest‟ultima di far ricorso a finanziamenti esterni o aumenti di capitale, che se da un lato si traducono in un maggior grado di monitoraggio dell‟attività manageriale, dall‟altro comportano costi di transazione e di emissione dei nuovi titoli che devono essere messi a confronto con i costi di agenzia. Finché i benefici derivanti dalla maggiore attività di monitoraggio superano i costi di transazione e di emissione è favorevole aumentare i dividendi distribuiti.

Questa politica, però, potrebbe non essere auspicata dagli azionisti di minoranza che, avendo un‟ottica speculativa, potrebbero essere interessati maggiormente al reinvestimento degli utili nell‟attività aziendale, in modo da far crescere il valore dell‟impresa, e dunque delle proprie azioni, al fine di rivenderle ed ottenere il capital gain.

La teoria dell‟agenzia considera che anche le decisioni di struttura finanziaria possono essere utilizzate come meccanismi di segnalazione per trasmettere informazioni agli investitori. La contrazione di un nuovo debito, infatti, potrebbe segnalare la fiducia del management nelle prospettive future dell‟impresa e nella sua effettiva capacità reddituale di ripagare tale debito.

Dall‟altro alto la detenzione di una quota di capitale sociale da parte dello stesso gruppo di comando può significare la fiducia nel successo dei progetti intrapresi dall‟impresa. In ogni caso l‟utilizzo delle decisioni di finanziamento come meccanismo di segnalazione di informazioni all‟esterno non assume notevole importanza rispetto alle finalità del processo decisionale d‟impresa e comunque non elimina il problema dell‟asimmetria informativa.

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In conclusione possiamo quindi affermare che la complessità dei rapporti tra manager e azionisti comporta non poche problematiche nelle scelte di tipo strategico ed operativo dell‟attività d‟impresa.

Tuttavia nella realtà dei fatti la divergenza degli obiettivi non è esattamente così ben demarcata, anzi spesso si creano delle aree di interesse comune, per esempio la “crescita del valore” è un obiettivo comune a tutti i protagonisti che partecipano all‟attività d‟impresa.

Da questo punto di vista quindi è auspicabile un maggior coinvolgimento dei manager nella partecipazione al capitale di rischio per il raggiungimento degli obiettivi comuni, per esempio tramite il conferimento a questi soggetti di quote di capitale.

Negli ultimi anni l‟evoluzione del ruolo di entrambi i protagonisti, sia nelle realtà capitalistiche più avanzate, sia in contesti più tradizionali11, ha portato ad un processo di avvicinamento tra proprietà e management.

Tale processo è gestito in termini di coinvolgimento del management nella partecipazione al capitale di rischio. Diverse sono le forme in cui questo coinvolgimento può avvenire12, ma quella che a noi più interessa è il management buy out.

In quest‟ottica le operazioni di management buy out si inseriscono in un contesto di transizione del potere imprenditoriale in cui la crisi dell‟imprenditore si riflette sul controllo delle risorse aziendali e conseguentemente aumenta il coinvolgimento del management nella direzione d‟impresa.

Le operazioni di MBO sono anche utilizzate come strumento di difesa in situazioni di break-up o di takeover perché consentono di mantenere l‟identità e la continuità dell‟impresa preservando sia il management, sia la cultura e la strategia dell‟impresa stessa.

L‟aspetto caratterizzante dell‟MBO è la presenza di manager dotati di elevate competenze professionali che conoscono bene l‟impresa e le sue

11 Per contesti “più tradizionali” si intende la realtà del mercato Europeo e soprattutto Italiano, in cui la maggior parte delle imprese è di medie e piccole dimensioni, con forme di proprietà chiusa o familiare.

12Per approfondimenti si veda sempre C.E. SCHILLACI, Management e proprietà, G. Giappichelli, Torino, 1997, capitolo quarto

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necessità, e sono dunque gli attori più indicati a gestire una fase delicata come quella del passaggio di proprietà.

In queste operazioni è fondamentale l‟individuazione di eventuali potenzialità dell‟impresa, in termini di capacità di indebitamento non ancora sfruttate, capacità prospettiche di reddito, buon posizionamento competitivo e qualità delle risorse umane.

L‟esperienza dei manager potrebbe contribuire ad individuare agevolmente percorsi di ristrutturazione dell‟azienda ed a fronteggiare adeguatamente i costi i varia natura legati al processo di buy out, per esempio riducendo i costi di agenzia.

1.3 Le caratteristiche principali di un MBO

Come si è avuto modo di anticipare, l‟MBO è un‟ operazione che vede come protagonisti i manager dell‟impresa.

In questa fase essi sono, però, affiancati da un investitore istituzionale, che oltre al ruolo di finanziatore dell‟operazione complessiva, svolge anche il ruolo di supporto all‟attività manageriale per la preparazione al passaggio di proprietà.

Il primo “legame” tra questi due soggetti avviene nella fase propositiva dell‟operazione tramite la presentazione all‟investitore del business plan redatto dal management.

Possiamo dunque, individuare quali elementi caratteristici di un MBO il team manageriale, l‟istituzione finanziaria ed il business plan.

1.3.1 La motivazione manageriale

Il team manageriale è il fulcro delle operazioni di MBO, per cui è molto importante individuare le caratteristiche che lo contraddistinguono.

In primis si considera l‟aspetto psicologico del soggetto manager, elemento molto importante perché riflette il bisogno di autorealizzazione del soggetto che può vedere i suoi bisogni personali soddisfatti all‟interno del sistema aziendale.

Inoltre sono importanti le caratteristiche personali del soggetto che deve essere dotato di forte personalità emotivamente equilibrata e determinata, in

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quanto il passaggio dallo status di “dipendente” dell‟impresa allo status di proprietario comporta inevitabili cambiamenti anche nella vita privata, modificando le scelte di vita ed il rapporto con la propria famiglia.

Elementi, questi, ben diversi da quelli che caratterizzano l‟aspirazione professionale tipica dei manager, generalmente limitata al benessere economico.

In tutti i casi l‟investitore istituzionale deve riconoscere e condividere le aspirazioni imprenditoriali del management, il quale, in un certo senso, deve

“convincere” l‟investitore della sua reale propensione ed abilità nel governare un‟azienda.

La reale volontà dei manager di diventare imprenditori è valutata dalla loro propensione all‟investimento, e misurata con la disponibilità ad impegnarsi finanziariamente sottoscrivendo la quota di capitale di rischio, sempre limitatamente alle loro disponibilità finanziarie.

Ulteriore elemento che attesta la volontà dei manager di divenire imprenditori è dato dalla dimostrazione della propria competenza tecnica e gestionale nella preparazione di un accurato business plan, documento in cui si evidenziano i punti di forza e di debolezza dell‟impresa, il posizionamento competitivo, il piano strategico per il futuro e si individuano i cash flow generati dal business.

L‟impegno posto nella redazione del business plan riflette, in questo caso, quanto essi stessi credono nella realizzazione del piano di management buy out, dato che il loro ruolo è quello di trasformare il business plan in realtà.

1.3.2 Il ruolo dell’istituzione finanziaria

Nelle operazioni di LMBO, ruolo altrettanto importante è quello del soggetto investitore.

Il soggetto investitore può essere un fondo chiuso di private equity a carattere locale o internazionale, una società finanziaria di partecipazione o una banca.

La partecipazione dell‟investitore istituzionale, a seconda dell‟approccio di gestione adottato, può essere passivo o attivo. Nel primo caso, definito approccio

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hands off, l‟istituzione si limita ad apportare capitale di rischio e ad avere una rappresentanza nel consiglio di amministrazione, e solo saltuariamente effettua controlli sull‟andamento dell‟investimento, mentre nel secondo caso, approccio hand on, non si limita al finanziamento necessario alla realizzazione dell‟acquisizione, ma offre anche un pacchetto di servizi ed è coinvolto direttamente nella gestione dell‟impresa13.

Gli investitori istituzionali nel nostro caso sono chiamati a risolvere situazioni di crisi del modello imprenditoriale originario, intervenendo nella fase del passaggio di proprietà per aiutare a ridare vitalità alla nuova impresa risultante dopo l‟operazione di LMBO, per cui, l‟investitore istituzionale assume un approccio di gestione attivo, in quanto svolge soprattutto un ruolo di assistenza al team manageriale.

L‟istituzione finanziaria, infatti, partecipa attivamente a tutte le fasi del piano di LMBO, dalla preparazione allo sviluppo dell‟operazione.

Il ruolo primario dell‟investitore rimane comunque quello di finanziatore dell‟intera operazione, dunque il suo scopo è quello di gestire al meglio il proprio investimento, per questo motivo è interessato in primis a verificare la reale motivazione che spinge i manager ad intraprendere questo cammino e successivamente a supportare il management nelle fasi operative.

L‟investitore, grazie alle sue competenze tecnico-manageriali, finanziarie e di marketing, partecipa al piano di LMBO collaborando con il management nella realizzazione di un accurato business plan e nella definizione delle linee guida, contribuendo a discutere con occhio critico le ipotesi di base e la definizione del piano strategico per il futuro, nonché la struttura finanziaria ed economica dell‟azienda.

Inoltre esso facilita l‟uscita dei vecchi proprietari senza sottrarre risorse finanziarie all‟impresa e contribuisce a migliorare l‟immagine dell‟impresa nei confronti sia del mercato finanziario, sia dei finanziatori di capitale di debito

13 Guida pratica al capitale di rischio, Quaderni AIFI, PWC 2000

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tradizionali, agevolando il reperimento di capitale di debito con migliori condizioni di prestito14.

1.3.3 La creazione del business plan

Il business plan è un documento di pianificazione che descrive l‟idea imprenditoriale e permette di valutare oggettivamente la fattibilità del progetto.

Il business plan svolge la sua utilità in differenti momenti di vita dell‟impresa, per cui in ogni caso deve fornire le informazioni specifiche opportune allo scopo per il quale è stato redatto.

In questo caso specifico, il business plan deve dare informazioni sulla fattibilità del piano di management buy out.

Da questo documento si deve desumere la motivazione manageriale, il piano strategico di sviluppo dell‟impresa, e le previsioni del futuro andamento dell‟impresa.

La redazione accurata del business plan è molto importante perché è tramite questo documento che il management si “presenta” all‟investitore.

Con il business plan il team manageriale deve “convincere” l‟investitore della reale opportunità dell‟investimento, della propria capacità di gestire l‟attività aziendale e di ripagare il debito.

Nelle realtà più evolute di business è il solo team manageriale che redige il business plan per presentare l‟idea all‟investitore, mentre in Italia, in cui la cultura manageriale non è ancora molto sviluppata, spesso si tende a dare poca importanza a questo documento, per cui è lo stesso investitore che collabora con il management nella redazione del business plan, contribuendo con occhio critico alla definizione di strategie, simulazione di scenari e analisi di sensibilità.

L‟importanza di questo documento non si limita alla sola fase preliminare dell‟operazione, anzi continua a svolgere un ruolo importante anche successivamente in quanto costituisce la base per la verifica a posteriori del raggiungimento degli obiettivi stabiliti15.

14R. DEL GIUDICE e A. GERVASONI, Finanziarsi con il Venture Capital, Etas, 2002, pag. 52

15 A. FOCHI e G. PONZO, Il business plan per valutare un’acquisizione aziendale, Amministrazione e Finanza 9/2009, pag. 31-36

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Esso è composto da varie parti che descrivono in modo dettagliato lo scopo, la struttura e gli obiettivi di un‟attività imprenditoriale.

Il percorso di elaborazione del business plan si articola in varie fasi:

1. descrizione sintetica del progetto e obiettivi perseguiti (executive summary);

2. analisi del mercato di riferimento, in cui si descrive il prodotto, la concorrenza, la penetrazione del mercato, e la determinazione del potenziale di vendita;

3. la definizione dei piani tecnici operativi di produzione, commercializzazione, marketing e organizzazione;

4. la quantificazione dei costi;

5. la definizione del prezzo di vendita e stima del fatturato previsto;

6. la previsione della struttura economico-finanziaria dell‟impresa;

7. la definizione del fabbisogno finanziario;

8. il servizio del debito.

Il business plan descrive in maniera esplicita gli effetti della strategia che si intende attuare, attraverso la pianificazione, nel medio - lungo periodo, degli obiettivi di varia natura: strategico, organizzativo, economico, commerciale, produttivo, legale, finanziario e patrimoniale. Esso analizza tutte le informazioni di natura quantitativa e qualitativa, di fonte interna o esterna, che possono influire sulla realizzazione del progetto.

Dal business plan il PE deduce le informazioni sulla base delle quali decide se approfondire o no il progetto, perciò è fondamentale considerare tutti gli aspetti possibili ed evidenziare i punti di forza e di debolezza del business.

Elementi a favore possono essere l‟aver effettuato un‟analisi di scenario prevedendo più scenari possibili (atteso, pessimistico e ottimistico) ai quali è attribuita una probabilità di verificarsi, e l‟aver coinvolto l‟intera organizzazione aziendale.

Il processo di preparazione del business plan, infatti, deve coinvolgere tutti i soggetti che hanno una posizione chiave nell‟ambito del progetto, per cui si

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richiede che in questo caso i manager siano impegnati attivamente nel progetto, per definire gli obiettivi da raggiungere nel lungo termine, identificare la missione aziendale, le risorse necessarie alla realizzazione e la strategia che si intende utilizzare per raggiungere gli obiettivi.

Il risultato finale del piano di business è la definizione del fabbisogno finanziario, elemento che rende l‟idea della dimensione dell‟operazione e che rappresenta dal lato del finanziatore il criterio di scelta degli investimenti, soprattutto in relazione alla capacità dei redattori del documento di determinare un adeguato fabbisogno di capitali16.

1.4 Le procedure operative di acquisizione dell’impresa Target

Le operazioni di MBO possono essere effettuate con due diverse modalità di acquisizione. Una consiste nel rilevare le quote di capitale dell‟impresa target (stock acquisition) e l‟altra invece procede all‟acquisizione delle attività patrimoniali dell‟impresa (asset acquisition).

La scelta tra una modalità e l‟altra deriva da considerazioni di natura economica, finanziaria e giuridico-fiscale.

In entrambe le occasioni, comunque, gli effetti dell‟acquisizione saranno riferiti interamente alla nuova società, detta newco, costituita appositamente dagli acquirenti e dai finanziatori.

1. La stock acquisition

Questa procedura rappresenta l‟opzione preferita dal soggetto acquirente, soprattutto in situazioni in cui il valore di mercato dei titoli sottostima l‟effettivo valore dell‟impresa.

Da un punto di vista del venditore, invece, questa modalità sarebbe preferibile qualora il rapporto Prezzo/utili (P/E) sopravvaluti il valore dell‟impresa o nel caso in cui egli voglia liberarsi interamente da qualunque obbligazione connessa al possesso dell‟azienda.

16 R. DEL GIUDICE e A. GERVASONI, op. cit., pag. 69

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La procedura si svolge con la seguente modalità: la newco, che non dispone di adeguate risorse finanziarie per completare l‟operazione, assume un prestito non garantito per poter procedere con l‟acquisizione delle quote della società target. L‟operazione di LMBO si conclude con la fusione tra la società target e la newco, per cui il primo prestito, ottenuto dalla newco, sarà poi garantito dal patrimonio dell‟azienda target e dal futuro flusso di cassa generato dalla stessa.

Figura 1.1: Schema classico di un’acquisizione LMBO

prestito

100% fusione

Nel caso in cui le società in questione, siano quotate sul mercato, è possibile procedere all‟acquisizione delle quote della target anche attraverso un offerta pubblica di acquisto (OPA). In questo caso il prezzo di acquisto dei titoli azionari è stabilito in anticipo, ciò permette al finanziatore di valutare precedentemente il livello di rischio-rendimento dell‟operazione, e solo successivamente procedere all‟erogazione del prestito.

Le principali istituzioni finanziatrici di queste operazioni sono generalmente gli investitori istituzionali, che si caratterizzano per l‟apporto di capitali di rischio. La newco, quindi, spesso ha un capitale interamente sottoscritto dalla società finanziaria e quindi sufficiente a procedere all‟acquisizione di quote della target, senza il bisogno di ricorrere al capitale di debito.

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2. Le asset acquisition

Quando il valore di bilancio delle attività è inferiore al loro valore corrente, o quando c‟è la possibilità di rivalutare i beni in regime di esenzione fiscale, la modalità operativa di acquisto più opportuna per l‟acquirente è quella che consente di rilevare le attività di bilancio dell‟impresa target.

In questo modo si possono ottenere benefici fiscali legati alla possibilità di ottenere maggiori ammortamenti o una minore plusvalenza tassabile in caso di cessione dei cespiti.

L‟acquisizione può avvenire in due modi:

 cedendo i beni a terzi acquirenti;

 liquidando la società dopo aver rilevato le attività selezionate.

Con questa modalità l‟acquirente non subentra al posto del cedente nelle obbligazioni assunte precedentemente da quest‟ultimo durante la gestione dell‟attività, tutelandosi così da qualunque responsabilità pregressa, cosa che invece non accade acquisendo direttamente il pacchetto azionario.

Il prestito erogato alla newco, in questo caso, sarà garantito dalle attività rilevate, che saranno iscritte nell‟attivo del bilancio della nuova società risultante dalla fusione.

1.5 Le fasi tecniche delle operazioni di LMBO

1.5.1 Scelta dell’advisor finanziario

Il primo passo per un MBO è valutare se l‟azienda oggetto dell‟operazione rappresenta il candidato ideale per tale tipo di strategia.

Per capire se un business è adatto ad un operazione di MBO questo deve presentare una delle seguenti caratteristiche17:

17 PERSON B., Successful Management Buy –outs, Management Decision, 1990, vol. 28, n. 4, pag. 60 -63

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1. possedere una certa proporzione di asset strategici, come per esempio immobilizzazioni fisse e capitale circolante, da valutare al prezzo di acquisto;

2. può essere un‟impresa in perdita che sta dismettendo i propri asset.

Il management dovrebbe essere capace di individuare specifiche iniziative per ottenere un profitto accettabile;

3. le imprese operanti in un‟industria matura potrebbero essere ottime candidate per un MBO perché c‟è la probabilità che siano del tipo

“cash cow”;

4. al contrario le imprese che hanno bisogno di un continuo flusso di denaro dopo un MBO non sono adatte. La chiave del successo di un MBO è generare cash flow positivi per ridurre l‟eccessivo carico degli interessi passivi che gravano sull‟impresa.

Il modo migliore per individuare se l‟impresa è adatta ad un operazione di MBO è affidarsi ad un advisor professionale.

La figura del financial advisor, infatti, è molto importante nelle operazioni di acquisizione o cessione di aziende perché esso, oltre a valutare preliminarmente l‟adeguatezza del business, è in grado di offrire una vasta gamma di servizi necessari in questo tipo di operazioni.

I processi di acquisizione delle imprese, sono molto delicati, perché mettono in gioco il futuro dell‟impresa, per cui vanno affrontati adeguatamente con il supporto di un advisor specializzato che dispone della necessaria struttura e competenza, in grado di mettere a disposizione contatti, Know how ed esperienze (ossia il c.d. track record) per implementare con una logica oggettiva la migliore strategia negoziale al fine massimizzare il risultato dell‟operazione18.

Il financial advisor o consulente finanziario, è di norma una banca d‟investimento o una società di intermediazione specializzata in queste attività, in cui lavora un gruppo di professionisti esperti in varie materie in grado di offrire

18 S. ROMITI; Perché l’advisor?, Come valutare, acquisire e cedere un’azienda, Tavolo di lavoro M&A di AIFI

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un servizio unico ed indispensabile che nessun‟altro intermediario è in grado di offrire.

Uno dei servizi più importanti che l‟advisor finanziario offre, è l‟assistenza nella fase di prevendita o preacquisto.

Il consulente finanziario è in grado di suggerire decisioni strategiche di vario tipo, che permettono all‟azienda di mettersi nella migliore posizione possibile in un‟operazione di acquisto.

Il fulcro della fase preparatoria è la determinazione del valore dell‟azienda.

In questo campo, il consulente finanziario ha una profonda esperienza e quindi presta la sua competenza nel determinare un adeguato valore aziendale, che sarà la base per la successiva fase di contrattazione della compravendita19.

Il ruolo del financial advisor non si limita solo alla fase preliminare, ma segue, con un pieno coinvolgimento nell‟operazione, anche dopo aver messo in contatto l‟impresa con il potenziale finanziatore.

Il consulente, infatti, successivamente supporta l‟investitore nella fase di investigazione approfondita dell‟impresa e della sua attività, il consulente legale nella predisposizione del contratto di negoziazione ed il cliente nella negoziazione delle clausole del contratto.

1.5.2 La selezione del partner finanziario

Il financial advisor ha il compito di ricercare il miglior “partner finanziario”

compatibile con gli obiettivi strategici della società, in un ottica comune al management e alla proprietà, di massimizzazione del valore dell‟impresa e del successo dell‟operazione complessiva.

Nella “fase di execution” o fase preliminare, che dura in media dai 3 ai 5 mesi, l‟advisor effettua le seguenti operazioni20:

1. Strategia di marketing ed identificazione controparti: l‟advisor finanziario effettua una pre-verifica di interesse e sviluppa un strategia di marketing per creare un paniere di potenziali investitori interessati all‟operazione. Il consulente finanziario ha una vasta esperienza in operazioni di acquisizione e fusione per cui

19 MILTON L. R., Fusioni e acquisizioni: Aspetti strategici, finanziari ed organizzativi, McGraw Hill, 1990

20Il ruolo del financial advisor, presentazione di Cross Border M&A

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dispone di numerose informazioni riguardanti i potenziali acquirenti. Esso ha la possibilità di accedere a database specifici che gli consentono di determinare una prima rosa di candidati, valutando come primo punto la capacità finanziaria degli stessi.

2. Predisposizione memorandum: si redige un documento preliminare contenente una dettagliata analisi dell‟azienda che si intende acquisire, e tutti gli aspetti negoziali e strutturali della transazione proposta, con l‟obiettivo di dare un quadro completo della società e di evidenziarne i punti di forza e di debolezza.

3. Inizio fase dei contatti: in questa fase l‟advisor crea un profilo anonimo dell‟azienda che ne riassuma l‟attività ed i punti di forza, a questo punto è possibile che tra l‟advisor finanziario e l‟impresa si sigli un accordo di riservatezza, della durata standard di 2 anni, che firmeranno nel caso si proceda all‟analisi dell‟information memorandum.

4. Contatti con le controparti interessate ed invio del memorandum: si coinvolgeranno nel processo le controparti realmente interessate alle quali si invia l‟information memorandum.

5. Raccolta di offerte preliminari e data room on line: le controparti, se interessate, presentano una manifestazione di interesse non vincolante. In questa fase si fornisce anche supporto allo studio legale per la predisposizione della documentazione on line per l‟inizio della fase di due diligence .

6. Selezione controparti ammesse alla data room: sulla base delle informazioni richieste viene selezionato un ristretto numero di interlocutori che avranno accesso al data room on line.

7. Analisi delle offerte vincolanti: fase della comparazione e valutazione dei valori inclusi nelle offerte, delle fonti di finanziamento che si intende adottare, e della tempistica proposta.

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8. Offerta e scelta delle offerte vincolanti: concessione dell‟esclusiva alla controparte selezionata mediante la negoziazione di un lettera d‟intenti21 vincolante per entrambe le parti.

9. Negoziazione finale del contratto di cessione: firma della lettera d‟intenti, supporto all‟investitore per la fase di due diligence, supporto allo studio legale per la stipula del contratto.

1.5.3 Il private equity

Il partner finanziario nelle operazioni di MBO è generalmente un investitore istituzionale, ossia un operatore finanziario specializzato nell‟apporto di capitale di rischio22.

Questo tipo di operatori si definiscono venture capital o private equity e svolgono attività di investimento nel capitale di rischio di imprese non quotate, con l‟obiettivo della valorizzazione dell‟impresa oggetto di investimento ai fini della sua dismissione entro un periodo di medio - lungo termine.

Essi si distinguono principalmente per il momento in cui effettuano l‟investimento: i venture capital nelle fasi di avvio dell‟impresa, i private equity nelle successive fasi di sviluppo e cambiamento dell‟impresa23.

21 La lettera d’intenti è un documento che delinea gli accordi di massima che caratterizzano l’eventuale successivo processo di acquisizione. Essa contiene le condizioni generali previste per la transazione:

oggetto, prezzo, garanzie fornite dalle parti, tempistiche dell’operazione, condizioni di pagamento, ecc.

22 Da un punto di vista giuridico, sono diverse le entità che operano in tale settore:

- Società di Gestione del Risparmio che gestiscono fondi mobiliari chiusi di diritto italiano e altri fondi o società aventi focus di investimento specifico sul mercato italiano;

- Advisor di fondi pan-europei;

- Banche italiane aventi divisioni specializzate in private equity e finanziarie di emanazione bancaria;

- Operatori specializzati in attività di early stage;

- Operatori regionali e pubblici.

Da un’analisi effettuata dall’AIFI (Associazione Italiana del venture capital e private equity) risulta che nel contesto Italiano la categoria di operatori più presente è quella del primo gruppo, che rappresenta più della metà degli operatori attivi nell’intero mercato.

È da notare comunque che le banche italiane, le quali in passato hanno giocato un ruolo fondamentale nel contesto del mercato del capitale di rischio domestico, stanno sempre più sostituendo la loro attività di investimento diretto con la promozione di società di gestione del risparmio aventi una struttura separata (ad oggi il 50% delle SGR sono di emanazione bancaria). Gli investitori di natura bancaria rappresentano il 14% del totale degli operatori.

R. DEL GIUDICE e A. GERVASONI, Le recenti evoluzioni del mercato italiano del private equity e del venture capital,Liuc Papers n. 174, Serie Impresa e mercati finanziari 2, Suppl. a luglio 2005

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Il private equity offre capitale di sviluppo (expansion capital), tipicamente connesso ad un aumento di capitale per finanziare la crescita dell‟impresa, o capitale di sostituzione (replacement capital), offerto nei momenti di ridefinizione dell‟assetto proprietario.

Le operazioni di MBO, come già detto, rappresentano un caso di crisi della proprietà aziendale e del conseguente passaggio di proprietà al management, per cui gli operatori finanziari interessati in questa fase sono i private equity che intervengono fornendo il c.d. “capitale di sostituzione”24.

L‟investitore istituzionale opera in imprese che presentano progetti con un elevato potenziale di sviluppo, che siano capeggiate da un valido imprenditore e da un buon management e per le quali è agevole prevedere la fase del disinvestimento, in quanto l‟investitore oltre a valutare il business tramite gli strumenti classici di analisi finanziaria ed economica, valuta soprattutto le competenze del team direzionale e gestionale e la loro propensione a partecipare attivamente all‟attività d‟impresa anche dopo l‟ingresso del socio finanziatore25.

In termini quantitativi, il PE valuta il proprio investimento attribuendo un valore all‟azienda oggetto di finanziamento basandosi sul tasso interno di rendimento o internal rate of return (IRR). Nel procedimento classico, dopo aver definito il prezzo di acquisizione ed i flussi di cassa generati dall‟azienda si determina l‟IRR al momento del disinvestimento. Altre volte invece si procede inversamente definendo prima il livello di IRR ritenuto soddisfacente dall‟imprenditore e poi determinando il prezzo giusto che si può pagare affinché si ottenga il rendimento desiderato.

Il PE è per sua natura un socio temporaneo che rimane nell‟azienda per un periodo massimo di cinque anni il quale, una volta realizzato il suo obiettivo,

23 Per approfondimenti sulla distinzione tra gli investitori istituzionali si veda R. DEL GIUDICE e A.

GERVASONI, op. cit.

24 Gli operatori di private equity sul mercato Italiano operano maggiormente nella fase di buy out, i dati statistici relativi al primo semestre 2009, infatti mostrano che sono state effettuate 43 operazioni nel mercato del buy out per un controvalore di 785 milioni di Euro, pari al 74% del totale degli investimenti.

C’è da notare comunque la diminuzione del 36% dell’ammontare di investimenti rispetto al primo semestre dell’anno scorso, ed anche la riduzione del numero di operazioni che passa da 49 a 43.

Fonte AIFI, http://www.aifi.it/IT/PDF/Statistiche/AnalisiMercatoItaliano

25 Guida pratica al capitale di rischio, Quaderno AIFI, PWC 2000

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ossia il raggiungimento di un IRR soddisfacente, esce dall‟impresa cedendo la propria partecipazione.

1.5.4 Il ruolo del private equity nelle operazioni di buy out

Il ruolo di questo tipo di finanziatori nelle operazioni di MBO è molto importante e soprattutto molto ampio. Il supporto del private equity, non si esaurisce nella mera fornitura di capitale di rischio, ma si estende anche all‟apporto di know how manageriale che l'investitore mette a disposizione dell'impresa per il raggiungimento dei suoi obietti di sviluppo.

Gli operatori di private equity, quindi, svolgono il loro ruolo durante tutto il periodo del finanziamento inserendosi attivamente nella gestione strategica dell‟impresa, lasciando, invece, la gestione operativa ai manager aziendali.

Il ruolo dell‟investitore istituzionale si caratterizza, infatti, per uno stretto rapporto di collaborazione con gli imprenditori ed i manager perché condivide con loro il rischio d‟impresa e l‟interesse al successo della stessa.

In primis l‟investitore tende a separare il patrimonio aziendale da quello famigliare, ad implementare un sistema di revisione dei bilanci ed introdurre sistemi di budgeting e controllo di gestione, nonché di reportistica sulle perfomance aziendali.

Oltre a contribuire alla realizzazione di un sistema di gestione più professionale, il PE offre altri numerosi vantaggi legati alla possibilità di sfruttare occasioni di crescita esterna, come fusioni, acquisizioni, joint venture, ecc., accrescere il potere contrattuale dell‟impresa, migliorare l‟immagine dell‟impresa nei confronti di banche e fornitori ed attrarre management qualificato.

Le esperienze più recenti dimostrano però, che i PE, pur continuando a fare largo uso delle leve d‟intervento tradizionali, quali possono essere la partecipazione ai consigli di amministrazione o la scelta del grado di indebitamento, stanno entrando sempre più nel merito della gestione operativa.

L‟inserimento dei PE nell‟azienda, dunque, comporta una rilevante modifica nella modalità di creazione del valore per gli azionisti, in quanto,

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secondo alcuni, ciò avviene per la capacità dei soggetti investitori di sfruttare asimmetrie informative e di negoziare prezzi di vendita o acquisto favorevoli.

Una diversa tesi invece, sostiene che la creazione del valore derivi dal miglioramento delle performance operative grazie proprio all‟intervento del PE.

Dal primo punto di vista i PE sarebbero in grado di ridurre costi di agenzia, ossia sarebbero in grado di allineare gli interessi tra azionisti e management riducendo quelle inefficienze legate alla separazione tra proprietà e governo.

Gli operatori istituzionali, come già detto, mettono in pratica azioni c.d. di financial e governance engeenering, ossia azioni di cambiamento del governo e della struttura finanziaria che permettono un miglioramento generale delle performance aziendali e che riducono i costi di agenzia26.

È importante però constatare se l‟attività di PE è sempre in grado di attuare con successo tali leve d‟intervento, in un contesto in cui la maggior parte delle aziende target è a proprietà chiusa o familiare, aspetto, quest‟ultimo, che evidenzia spesso la coincidenza tra proprietà e gestione, e dove è difficile identificare la presenza di costi di agenzia.

Nelle imprese familiari, infatti, i costi di agenzia, se presenti, possono avere natura ben diversa da quelli tipici delle grandi imprese, in particolare possono derivare dalla divergenza di obiettivi tra i diversi esponenti della famiglia proprietaria.

Il private equity svolge, in ogni caso, un ruolo determinante nella ridefinizione degli assetti governativi dell‟impresa, perché il suo intervento contribuisce a bilanciare il contributo dei manager all‟attività d‟impresa e conseguentemente a ridurre le inefficienze derivanti dal conflitto management- proprietà.

26 BUTTIGNON F., VEDOVATO M., BERTOLUZZI P., CASARIN, V. ,”L’impatto dei private equity sulle performance delle imprese familiari: il caso italiano”, Economia & Management, n. 2/2009, pag. 101- 116

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1.6 La Due diligence: aspetti contabili, fiscali e legali

Nell‟ultima parte della fase preliminare e successivamente al closing dell‟operazione l‟investitore istituzionale è impegnato nell‟attività di due diligence.

La due diligence è un documento fondamentale per la sua importante funzione informativa e di tutela del potenziale investitore in tutte le operazioni di carattere straordinario che riguardano l‟impresa.

La fase di preparazione di questo documento viene appunto chiamata attività di due diligence, o indagine, e consiste nella raccolta di tutti i dati aziendali di varia natura: patrimoniale, finanziaria, economica, gestionale, strategica e fiscale, necessari a valutare gli elementi di criticità connessi all‟operazione in corso.

In questa fase gioca un ruolo di rilievo l‟advisor finanziario che, come accennato precedentemente, supporta l‟investitore ed i consulenti fiscali e legali predisponendo i dati necessari per la due diligence (predisposizione del data room on line).

L‟attività di due diligence è influenzata dalla tipologia di operazione per la quale è effettuata, dall‟ottica del soggetto committente (venditore o acquirente), e dal tipo di intervento stabilito dalle parti nella lettera d‟incarico27.

Lo scopo di questa attività è quella di dare al soggetto interessato, in questo caso all‟acquirente rappresentato dal fondo di private equity, una visione più completa possibile della realtà aziendale oggetto d‟indagine, con l‟obiettivo specifico di conoscere dettagliatamente l‟impresa target, di massimizzare il profitto, limitare l‟assunzione di rischi e minimizzare l‟esborso finanziario.

La due diligence può essere di varie tipologie a seconda dell‟aspetto che viene approfondito, così si distinguono la due diligence contabile/finanziaria, la due diligence fiscale e la due diligence legale.

27 La lettera d’incarico è un documento redatto dal consulente finanziario, attraverso la quale il committente affida al consulente l’esecuzione dell’attività di due diligence. Questa deve contenere elementi tali da far comprendere le esigenze del committente, le procedure da svolgere durante il corso dell’incarico ed i compiti e le responsabilità del consulente.

L. GRISOLIA, M. SARTORI, A. STESURI, Due diligence, seconda edizione, Ipsoa, 2004, pag. 17

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27

La due diligence contabile/finanziaria deve contenere informazioni relative all‟assetto societario, all‟attività svolta, al posizionamento geografico, ai dipendenti, agli indicatori di performance aziendale, ai rapporti con le parti correlate ed alla struttura finanziaria prevista per l‟operazione.

La due diligence fiscale28 porta a definire una o più aree critiche di natura fiscale con l‟obiettivo specifico di individuare eventuali passività fiscali latenti sulla società, individuare aree di rischio fiscale, correggere eventuali procedure o adempimenti fiscali non eseguiti in conformità alle disposizioni vigenti e raccogliere informazioni utili per il tax planning.

Questa tipologia di due diligence è particolarmente interessante nel nostro caso perché potrebbe far emergere chiari elementi di vantaggio fiscale derivanti dalla situazione debitoria dell‟impresa post operazione, in quanto l‟operazione di LMBO è caratterizzata proprio dall‟ampio utilizzo del debito per il finanziamento dell‟acquisizione, condizione che consente di usufruire di enormi benefici fiscali.

La due diligence legale ha lo scopo di fornire le informazioni relative alla società e alla definizione del contratto di compravendita.

Nella due diligence legale è importante rilevare tutti quei dati che permettono l‟identificazione della società, nonché la sua organizzazione, i dati personali delle figure di rilievo (presidente del Consiglio di amministrazione, Vice presidente, Amministratore delegato, sindaci, ecc.) ed il sistema di amministrazione societaria.

La due diligence legale, però, non si limita ad una mera descrizione di queste informazioni, ma più che altro si concentra sulla verifica della documentazione raccolta al fine di evidenziare il profilo di rischio dell‟operazione per poter valutare attentamente le condizioni contrattuali in modo da poter inserire nel contratto eventuali clausole di garanzia.

L‟attività di due diligence è dunque molto importante, perché solo un‟indagine seria, approfondita e indipendente permette alle parti di negoziare

28 Per approfondimenti sulle diverse tipologie di due diligence fiscale si veda L. GRISOLIA, M. SARTORI, A.

STESURI, op. cit., pag. 115

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28

avendo un quadro informativo ben chiaro per poter svolgere una trattazione ragionata e professionale basata su dati oggettivi verificati.

1.7 Le modalit{ di finanziamento nell’LMBO

La caratteristica principale delle operazioni di LMBO è il ricorso all‟indebitamento per cui assume particolare rilevanza la definizione puntuale del fabbisogno finanziario dell‟acquisizione per la determinazione dell‟entità del debito.

La determinazione del fabbisogno finanziario in questo tipo di operazione è legata principalmente al finanziamento dei costi diretti dell‟acquisizione, rappresentati dall‟emissione di azioni della Newco e dal pagamento delle varie commissioni.

Diversi sono gli strumenti di finanziamento che possono essere utilizzati per reperire risorse finanziarie. Essi tipicamente si distinguono in emissione di azioni ordinarie o privilegiate per il finanziamento del capitale di rischio e obbligazioni o credito bancario per il finanziamento del capitale di debito.

Il finanziamento del capitale sociale della Newco avviene, infatti, in parte grazie alla sottoscrizione delle nuove azioni da parte del private equity ed in parte dal finanziamento concesso dall‟istituto creditizio che interviene nell‟operazione come Banca Arranger/Underwriter.

Nelle operazioni di MBO viene spesso utilizzato lo strumento del debito mezzanino o “mezzanine finance” definito come “qualcosa tra il capitale di rischio ed il debito senior sulla scala del rischio”29. Il debito mezzanino può comprendere diversi strumenti di finanziamento come le azioni privilegiate o le obbligazioni convertibili, il che rende difficilmente classificabile tale tipologia di debito.

Da un lato il debito mezzanino è considerata una fonte di finanziamento costosa in quanto in fase di rimborso delle quote capitali questo è subordinato al debito senior, da un altro punto di vista, il debito mezzanino potrebbe essere

29 Cfr. M. POGUE , “Financing the MBO: a complex issue?”, Management decision, 1991, vol. 29, n. 2, pag. 58-62

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29

percepito come una fonte economica di capitale di rischio, in quanto se non è possibile utilizzare il debito per finanziare il buy-out è necessario il finanziamento con equity e quindi l‟ingresso di nuovi investitori nel capitale di rischio.

La scelta della composizione delle fonti di finanziamento, non è un aspetto da sottovalutare, in quanto il capitale di rischio rappresenta per l‟impresa un impegno a lungo termine nella prospettiva di crescita del valore dell‟impresa e di coinvolgimento nella gestione da parte dei sottoscrittoti, mentre il capitale di debito presuppone il rispetto delle scadenze di rimborso e del pagamento degli oneri finanziari. Inoltre la composizione delle fonti di finanziamento presuppone anche il rispetto di alcuni vincoli finanziari ed economici posti sia dal PE che dalle istituzioni creditizie, in termini di raggiungimento di determinati livelli di redditività, capacità di pagamento degli oneri finanziari, e del mantenimento di un equilibrato rapporto di indebitamento in modo da non aumentare il grado di rischio.

La scelta del grado di capitalizzazione è spesso funzione della capacità di finanziamento del PE, ossia della sua reale possibilità ad erogare l‟importo del finanziamento stabilito, mentre il restante fabbisogno finanziario viene coperto da fonti a titolo di capitale di debito.

In quest‟ottica si può notare che, se da un lato il PE tende a preferire un apporto minore possibile di capitale di rischio, in quanto ottiene un vantaggio significativo se a parità di livello di rendimento minore è l‟importo investito, per l‟impresa, una maggior incidenza di capitali propri è preferibile perché si riduce l‟indebitamento ed i conseguenti oneri finanziari, i quali soprattutto nei primi anni post-operazione abbattono fortemente i cash flow rendendoli spesso negativi.

In ogni caso la scelta della composizione dei finanziamenti è legata anche alla durata degli stessi in relazione alla possibilità di far coincidere periodicamente i flussi in entrata ed i flussi in uscita di capitali ed interessi, in modo da creare una struttura finanziaria coerente rispetto alle esigenze di copertura relative ad investimenti a lungo termine e ad esigenze del circolante.

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Dopo aver determinato la proporzione di capitale di rischio, debito mezzanino e capitale di debito, si procede alla definizione del contratto di finanziamento con la Banca finanziatrice30.

L‟istituto di credito finanziatore, in questo caso, non si limita alla concessione di un solo prestito ma definisce ex-ante un adeguato pacchetto di finanziamenti diversi per tipologia e modalità di erogazione che saranno necessari per l‟operazione.

Caratteristica rilevante del finanziamento del capitale di debito è l‟ottica garantistica. Gli enti creditizi in questo caso, al contrario del finanziatore del capitale di rischio, danno maggior rilievo alle attività immobilizzate detenute dall‟impresa, più che alla creazione dei flussi di cassa, il che evidenzia la scarsa propensione al rischio degli operatori di matrice bancaria. Questo diverso approccio operativo porta ad ottenere i finanziamenti di debito tramite un sistema di garanzie costituite dal pegno sulle azioni dell‟impresa e sulle attività immobilizzate. Nel contratto di finanziamento, inoltre, il finanziatore impone anche una serie di clausole con lo scopo di limitare il rischio di insolvenza.

Queste clausole, dette covenants, sono di natura sia economico-patrimoniale che finanziaria e si sostanziano nel limitare determinate spese o l‟assunzione di ulteriore indebitamento, nell‟obbligo di fornire le informazioni riguardo l‟andamento dell‟attività d‟impresa e nel mantenimento di determinati rapporti tra le grandezze di bilancio31.

Tra i finanziamenti concessi, di primaria importanza è il finanziamento diretto dell‟acquisizione del capitale di Newco, che prende il nome di senior debt, ed è generalmente costituito dal bridge loan, ossia da un grosso prestito accompagnato da garanzie di tipo reale e personale che viene concesso in previsione del closing dell‟operazione. Nella pratica l‟importo del senior debt corrisponde alla quota parte del capitale non sottoscritto dall‟investitore ed è garantito dal pegno sulle azioni della società Newco e della società Target, nel

30 La struttura finanziaria tipica delle operazioni di MBO è descritta da M. POGUE, op. cit., pag. 60

31 M. DALLOCCHIO e A. SALVI, op. cit., pag. 787 propongono un prospetto delle principali covenants dei contratti di finanziamento.

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