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Dinamiche organizzative di una microimpresa. Il caso Cantine d'Araprì.

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in Strategia, Management e Controllo

Tesi di laurea magistrale

Dinamiche organizzative di una microimpresa.

Il caso Cantine d’Araprì.

Relatore: Prof.ssa Mariacristina Bonti

Candidato: Gabriele Palermo

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INDICE

INTRODUZIONE 5

CAPITOLO 1 - L’organigramma e le strutture organizzative 9

1.1 - L’organigramma aziendale 9

1.2 - Tipologie di organigramma 12

1.3 - Come costruire l’organigramma 17

1.4 – Le strutture organizzative 20

1.4.1 – La struttura semplice e la struttura gerarchico-funzionale 21

1.4.2 – La struttura funzionale modificata 28

1.4.3 – La struttura a matrice 32

1.4.4 – La struttura divisionale 36

CAPITOLO 2 - L’Organizzazione per processi 40

2.1 – Il cambiamento organizzativo 40

2.2 - La definizione di processo aziendale e le sue caratteristiche 45

2.3 – La classificazione dei processi 51

2.4 – La gerarchia dei processi 59

2.5 - La mappatura dei processi 60

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CAPITOLO 3 - d’Araprì Srl. La Capitanata nelle “bollicine”:

la valorizzazione del Bombino bianco 70

3.1 – Obiettivo della tesi e metodologia 70

3.2 – Modello di Preti 72

3.3 - San Severo e il Vino: un antico legame 79

3.4 – Il Bombino Bianco 85

3.5 – La d’Araprì: l’arte e la passione 85

3.6 – L’origine dello Spumante: cenni storici 90

3.7 – I metodi di spumantizzazione 92

3.7.1 – Metodo Charmat o Martinotti 93

3.7.2 – Metodo Marone-Cinzano 95

3.8 - Definizione e formalizzazione dell’organigramma

delle Cantina d’Araprì 96

3.9 - Il Macro-processo “Produzione e Vendita di vino spumante”

in d’Araprì S.r.l. 100

3.9.1 – Il Processo di Approvvigionamento 101

3.9.2 – Il Processo di Produzione 108

3.9.3 – Il Processo di Distribuzione 115

CAPITOLO 4 - Analisi organizzativa attuale e la sua evoluzione nel tempo,

attraverso l’applicazione del Modello di Preti: alcune riflessioni di sintesi 123

4.1 – Descrizione del settore vitivinicolo 123

4.2 – L’applicazione del Modello di Preti al caso le Cantine d’Araprì 131

BIBLIOGRAFIA 140

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INTRODUZIONE

Il presente lavoro di tesi si è concentrato sull’analisi e formalizzazione della struttura organizzativa delle Cantine d’Araprì, una microimpresa1 produttrice di vino spumante metodo classico nel cuore della Capitanata2, al fine di valutarne la coerenza con la situazione competitiva all’interno della quale l’azienda opera. Al termine di tale analisi inoltre, si è provveduto ad effettuare delle simulazioni di cambiamenti dello scenario competitivo, per valutare il modo in cui la struttura attuale riesce ad adattarsi ai nuovi contesti.

Tale studio nasce dalla consapevolezza che, indipendentemente dall’ambito dimensionale di appartenenza, è fondamentale il mantenimento di una coerenza dinamica tra la strategia e l’assetto organizzativo per poter operare in un contesto competitivo sempre più dinamico ed incerto.

1

La definizione contenuta nella Raccomandazione n.03/361/CE ed entrata in vigore dal 1° gennaio 2005, prevede che un impresa possa essere considerata di piccole-medie dimensioni se soddisfa, contemporaneamente tre requisiti: 1) requisito di autonomia; 2) requisito occupazionale; 3) requisito finanziario. Un impresa è definita “autonoma” se non è né associata né collegata, ovvero se non controlla altre imprese e non è controllata da altre imprese, direttamente o indirettamente. Se la prima condizione è rispettata, gli altri due parametri di ordine dimensionale, identificano un impresa come: 1) “media impresa” se contemporaneamente occupa meno di 250 persone e ha un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro o un attivo patrimoniale non superiore a 43 milioni di euro; 2) “piccola impresa” se, contemporaneamente occupa meno di 50 persone e ha un fatturato annuo o un attivo patrimoniale non superiore a 10 milioni di euro; 3) “microimprese” se, contemporaneamente occupa meno di 10 dipendenti e ha un fatturato annuo o un attivo patrimoniale non superiore a 2 milioni di euro.

2 È la parte settentrionale della Puglia. L'origine del nome risale probabilmente all'epoca della

dominazione bizantina, col significato di territorio amministrato da quei funzionarî del governo bizantino che ebbero il nome di "catapani". La Capitanata è costituita da tre zone: il subappennino dauno, il Tavoliere di Puglia e il Gargano.

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6

Molti imprenditori si accorgono sempre di più che il binomio piccolo/disorganizzato non può essere più sostenibile e che la struttura organizzativa diventa invece una componente essenziale per il raggiungimento degli obiettivi aziendali3.

La scelta di studiare l’esperienza delle Cantine d’Araprì è nata non soltanto perché l’azienda ha raggiunto risultati di successo, ma anche in quanto essa opera in un contesto territoriale a forte vocazione imprenditoriale, dove si sta sviluppando un’elevata sensibilità ai temi dell’organizzazione (vedi le spinte per la costituzione di un “Distretto Spumantistico della Capitanata”), caratteristica, questa, che non accomuna tutte le realtà imprenditoriali di piccole dimensioni. Inoltre la d’Araprì è tra le pochissime realtà della Daunia4 ad aver scommesso, con successo, sul territorio e la sua valorizzazione, fungendo così da guida ed esempio per le altre realtà imprenditoriali locali, producendo un prodotto di alta qualità nonostante le ridotte dimensioni.

Al fine di effettuare tale studio la prima attività è stata quella di capire la struttura aziendale, i ruoli, le responsabilità e i meccanismi di coordinamento. Si è successivamente provveduto alla definizione e alla formalizzazione dell’organigramma e dei processi aziendali. Le attività sul campo si sono basate su una serie di strumenti, quali interviste all’Amministratore Unico, Girolamo D’Amico, analisi documentali e sull’osservazione diretta delle strutture aziendali e dei processi produttivi.

A supporto dell’analisi di coerenza tra struttura organizzativa e situazione competitiva è stato utilizzato il Modello di Preti5 che si avvale di due variabili misurabili: l’una inerente i rapporti tra l’azienda e il suo sistema competitivo di riferimento (situazione competitiva), l’altra riguardante la dotazione di risorse umane identificabili all’interno dell’organizzazione considerata (profilo professionale medio). Attraverso questo modello l’imprenditore può riconoscere,

3 Puricelli M. (2007), Organizzare le Piccole imprese. Storie e casi aziendali, Milano, Egea.

4 La Daunia (in greco Δαυνία) è una subregione geografico-culturale della Puglia nord-occidentale, tra

l’Ofanto ed il Fortore.

5 Preti P. (1991), L’organizzazione della piccola impresa. Nascita e sviluppo delle imprese minori,

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previa analisi della situazione competitiva e del grado di complessità delle risorse umane, l’organizzazione più adatta per operare nel contesto determinato.

La metodologia sopra citata è di carattere qualitativo ed anche in questo caso le attività sul campo si sono basate su interviste e analisi documentali.

L’elaborato si compone di quattro capitoli, nei quali si provvede prima ad una descrizione degli strumenti ritenuti necessari ad un’adeguata comprensione di una realtà aziendale e successivamente alla loro applicazione all’oggetto di studio.

Nel primo capitolo, l’organigramma e le strutture organizzative, si sono acquisiti tutti gli elementi utili ad una adeguata redazione dell’organigramma e alla comprensione delle varie forme di struttura organizzativa, evidenziandone i diversi aspetti distintivi.

Nel successivo capitolo, l’organizzazione per processi, l’obiettivo è stato quello di impadronirsi di ulteriori strumenti per poter osservare la struttura anche da un altro punto di vista, ovvero per processi. Infatti l’organigramma mostra come sono organizzate le persone, ma non le attività dell’azienda. Per questo motivo si è cercato di mettere in luce il valore aggiunto di questo tipo di approccio, attraverso un suo inquadramento teorico fino ad osservare le tecniche di mappatura dei processi, per riuscire a classificare con precisione le attività aziendali e darne una rappresentazione grafica.

Dopo aver effettuato una descrizione teorica dei due strumenti di analisi organizzativa, organigrammi e processi, con il terzo capito, d’Araprì Srl. La

Capitanata nelle “bollicine”: la valorizzazione del Bombino bianco, si entra nel

vivo del caso oggetto di studio, con l’applicazione degli strumenti sopra citati, cercando di formalizzare la struttura organizzativa delle Cantine. Prima di procedere in questa attività, si è ritenuto necessario ripercorrere le principali tappe storiche dell’impresa, attraverso una contestualizzazione del territorio in cui opera l’azienda, ponendo l’attenzione sul legame profondo che intercorre tra la città di San Severo, sede delle Cantine d’Araprì, e il suo peculiare prodotto: il vino. Dopo la breve contestualizzazione, si è provveduto alla redazione dell’organigramma dell’azienda che, al momento delle interviste effettuate, non

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era ancora formalizzato. Anche se, come anticipato, la comprensione delle modalità di funzionamento di un’organizzazione non può esaurirsi nella lettura dell’organigramma, lo stesso ha rappresentato per il prosieguo di questo lavoro un valido strumento per riconoscere la struttura organizzativa oggetto di studio. Dopo aver descritto e analizzato l’organigramma il lavoro si è basato sull’analisi e la descrizione dei processi svolti dall’impresa.

Nell’ultimo capitolo, analisi organizzativa attuale e la sua evoluzione nel tempo,

attraverso l’applicazione del Modello di Preti: alcune riflessioni di sintesi, si è

analizzata la coerenza tra strategia e struttura in d’Araprì, utilizzando il modello degli assetti organizzativi delle PMI. Quest’ultimo è stato utilizzato in chiave statica (cioè senza ipotizzare variazioni della situazione competitiva e della complessità delle risorse umane) e in chiave dinamica (ovvero prevedendo cambiamenti nella variabile interne ed esterne).

Da tale analisi è risultato che l’assetto operante è coerente con le variabili di contesto e che lo stesso potrebbe funzionare anche con un’eventuale loro variazione.

Al termine di questa premessa vorrei ricordare e ringraziare sinceramente i soci fondatori della d’Araprì, Girolamo D’Amico, Ulrico Priore e Louis Rapini, che mi hanno non solo aperto le porte delle loro Cantine, ma, attraverso la loro grande passione per il vino, mi hanno fatto anche riscoprire il legame profondo con la nostra terra Dauna. Un particolare ringraziamento va a Girolamo D’Amico, in figura di Amministratore Unico, per la disponibilità accordatami nelle interviste e per la pazienza nel rispondere ad ogni mia domanda e curiosità riguardante il “mondo delle bollicine”.

Un ulteriore sentito ringraziamento va alla Professoressa Mariacristina Bonti, per aver accettato l’incarico di relatrice della mia tesi e per avermi guidato nella sua realizzazione.

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CAPITOLO 1

L’organigramma e le strutture organizzative

1.1 - L’organigramma aziendale

La struttura organizzativa6 è rappresentata nell’organigramma. Esso infatti è la rappresentazione grafica della struttura organizzativa, mediante la quale è possibile visualizzare, almeno in linea teorica, il funzionamento dell’organizzazione. Infatti, l’organigramma può essere utile per comprendere il modo in cui un’azienda funziona: esso mostra le varie parti di un organizzazione, il modo in cui sono collegate e come ogni posizione e unità si collochi nell’insieme7.

Questo è uno strumento che ci da una descrizione verticale dell’organizzazione, identificando le relazioni di sovra/subordinazione.

L’organigramma può essere un valido mezzo solo se ha un certo grado di completezza e di dettaglio degli elementi che lo compongono, ma non bisogna dimenticare che rimane sempre uno strumento a livello macro; esso è infatti uno strumento di sintesi, quindi non è centrale definire tutte le sue microcomponenti.

6 I componenti chiave nella definizione della struttura organizzativa sono i seguenti.

a) La struttura organizzativa indica i rapporti di dipendenza formale, compresi il numero di livelli gerarchici e lo span of control di manager e supervisori.

b) La struttura organizzativa identifica il raggruppamento di individui in unità organizzative e di unità organizzative nella totalità dell’organizzazione.

c) La struttura organizzativa comprende la progettazione di sistemi che assicurino una comunicazione e un coordinamento efficaci e l’integrazione degli sforzi fra le unità organizzative.

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L’organigramma ci permette di identificare almeno quattro caratteristiche dell’organizzazione:

- la denominazione delle unità organizzative; - le relazioni gerarchiche di sovra/subordinazione; - le unità organizzative permanenti e continue;

- il sistema dei ruoli ed il loro ambito d’azione (collocazione in line/staff). In estrema sintesi, esso deve permetterci di individuare le diverse unità organizzative (U.O.), la loro denominazione e le relazioni gerarchiche intercorrenti tra le U.O8.

L’organigramma non fa altro che esplicitare le responsabilità organizzative/funzionali9 delle diverse unità organizzative, ovvero responsabilità

di funzionamento, coordinamento e controllo tecnico-professionale del personale affidate alle varie U.O.

All’interno di un organigramma è possibile osservare organi di line e organi di

staff. Ai primi è affidata la responsabilità decisionale di tutta o di parte della

struttura organizzativa, a seconda del livello gerarchico (ad esempio: direzione generale, direzione commerciale, direzione di produzione), mentre ai secondi sono assegnate funzioni consultive di supporto e di sostegno alle attività degli

organi di line10.

E’ importante anche sottolineare l’utilità dell’organigramma, infatti esso può essere11:

- uno strumento di comunicazione, in quanto può descrivere l’assetto organizzativo dell’azienda sia alle stesse componenti dell’organizzazione o ai neo assunti, sia ai terzi esterni, facilitando così l’orientamento del personale interno ed esterno;

8

Serpelloni G. (2002); Quality Management, Verona, La Grafica.

9 È concettualmente diverso dal Piano dei Centri di Responsabilità (CdR) che ne sono una specifica e ne

esplicita e definisce le responsabilità economiche, ovvero responsabilità sui risultati intermedi, attività e risorse utilizzate, affidate ai vari Centri di Responsabilità.

10

Gambel E. L. (2002); Management & Organizzazione, Milano, FrancoAngeli.

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- uno strumento di analisi dell’organizzazione esistente, permettendo la rappresentazione delle linee di autorità e di responsabilità (organi, posizioni e relazioni);

- uno strumento per lo studio dello sviluppo delle carriere, consentendo di visualizzare i percorsi di carriera e quindi di programmare i possibili movimenti;

- uno strumento di reengineering organizzativo, che permette di riflettere sui problemi della struttura, stimolando la ricerca di nuove soluzioni, attraverso la visualizzazione di ipotesi e la valutazione delle conseguenze. Viceversa, i limiti dell’organigramma, sono così individuati:

 offre una rappresentazione semplificata e limitata della realtà;  non descrive i comportamenti informali;

 non sempre chiarisce compiutamente l’ambito di attività delle unità organizzative o i criteri di aggregazione utilizzati;

 identifica solo gli organi permanenti e continui, a meno che si decida di rappresentare le unità organizzative temporanee e/o discontinue con specifiche modalità grafiche;

 illustra essenzialmente le relazioni di tipo gerarchico;

 non identifica i contenuti della delega, le caratteristiche del decentramento o la forma di controllo utilizzata;

 è statico mentre l’organizzazione è dinamica;

 può enfatizzare una visione rigida dell’organizzazione e le sue divisioni interne, anziché una visione integrata ed olistica;

 può creare disagio se un’unità organizzativa si vede rappresentata ad un livello inferiore rispetto al contributo che gli operatori che vi operano pensano di dare.

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1.2 - Tipologie di organigramma

Ogni tipologia di azienda dovrebbe avere un organigramma, affinché le procedure al proprio interno siano ben coordinate, ma non è sempre così soprattutto nelle realtà di minori dimensioni12. Infatti in queste, in cui si registra l’assenza di questo strumento o l’esistenza di più versioni (e neanche aggiornate!), è frequente che i rapporti tra le unità organizzative si basino su convenzioni tacite; questo perché si riscontra: una gestione centralizzata dell’imprenditore/proprietario, l’assenza di una struttura ben definita, una scarsa definizione delle mansioni e non si ritiene importante l’utilizzo dell’organigramma e la sua formalizzazione.

Solo nel breve periodo può sussistere l’assenza di esso, questo però fino a quando nulla all’interno dell’organizzazione viene a mutare, ma ovviamente non è sempre così. Le imprese infatti sono sempre più dinamiche, proattive e attente ai cambiamenti del mercato e mutano; quindi in assenza dell’organigramma, anche solo l’inserimento di una nuova figura può compromettere l’equilibrio dell’organizzazione, non essendo definiti ruoli e compiti (“chi fa che cosa”) possono sorgere dei conflitti di autorità o venirsi a creare delle sovrapposizioni di funzioni .

Questo strumento organizzativo può offrire diverse prospettive di lettura, a seconda che si consideri13:

 l’organigramma ufficiale: che rappresenta come l’organizzazione dovrebbe funzionare;

 l’organigramma percepito: che rappresenta l’organizzazione così come i suoi membri la percepiscono;

 l’organigramma reale: che rappresenta l’organizzazione così come essa è nei fatti;

 l’organigramma ideale: che rappresenta l’organizzazione come essa dovrebbe essere.

12

Nel caso trattato nei capitoli successivi, d’Araprì S.r.l., si registra l’assenza di questo strumento.

13

Bernardi S., Nani M. (2011), L’imprenditore nel cassetto: come organizzare e gestire una PMI di successo, Firenze, Giunti.

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L’organigramma ufficiale può essere ottenuto sia attraverso documenti quali i regolamenti interni, gli ordini di servizio, le relazioni e i rapporti ufficiali, sia attraverso interviste ai componenti dell’Alta Direzione.

Con questo secondo metodo, c’è il rischio che l’organigramma realizzato possa essere quello percepito piuttosto che quello ufficiale, anche se si deve ritenere che proprio in quanto esso derivi dal contributo dei massimi livelli di responsabilità della organizzazione, tende ad avvicinarsi in maniera particolare all’organigramma ufficiale.

L’organigramma di fatto, sia esso quello percepito che quello reale, può essere ottenuto solo mediante interviste a tutti i responsabili delle diverse unità organizzative in modo da ottenere il concreto funzionamento del sistema organizzativo.

Le informazioni così raccolte possono essere sintetizzate e schematizzate in diversi tipi di organigramma14:

 l’organigramma verticale;  l’organigramma orizzontale;  l’organigramma ripiegato;  l’organigramma circolare.

L’organigramma verticale o ad albero (Fig. 1.1), ha uno sviluppo piramidale ed

è il più utilizzato, in quanto particolarmente adatto a esprimere il flusso gerarchico dell’autorità. Esso riporta al vertice la posizione preminente e, nei livelli sottostanti, le aree o funzioni subordinate.

L’organigramma verticale è molto utilizzato e riflette bene la struttura organizzativa delle piccole e medie imprese, dove l’imprenditore/proprietario è al vertice dell’organigramma, mentre tutti gli altri si ritrovano in una posizione gerarchica inferiore.

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Fig. 1.1: Organigramma verticale, od adalbero.

Fonte: M.Modica, Il controllo e la valutazione del cambiamento organizzativo, Giuffrè, Milano, 1984.

Nell’organigramma orizzontale invece (Fig. 1.2), si differenzia dal tipo

precedente esclusivamente per il fatto che i collegamenti gerachici si sviluppano da sinistra a destra con il vertice nella parte sinistra dello schema.

Fig 1.2: Organigramma orizzontale.

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Questo tipo di rappresentazione ha un significato prevalentemente politico, in quanto, collocando tutte le posizioni orizzontalmente, dà l’impressione ai diversi responsabili aziendali, di non essere schiacciati dalla struttura15.

L’organigramma verticale ripiegato, invece ha la medesima logica dell’organigramma verticale ma permette di recuperare spazio, riuscendo a rappresentare organizzazioni complesse, anche se questo va a discapito della chiarezza e della leggibilità (Fig. 1.3).

Fig. 1.3: Organigramma verticale ripiegato.

Fonte: M.Modica, Il controllo e la valutazione del cambiamento organizzativo, Giuffrè, Milano, 1984.

Infine vi è l’organigramma circolare o radiale (Fig. 1.4), che è la forma più complicata da un punto di vista grafico, però consente una più semplice individuazione dei livelli gerarchici. I diversi livelli delle unità organizzative sono disposti secondo cerchi concentrici e al centro è collocato il vertice16.

15

Gambel E. L. (2002); Management & Organizzazione, Milano, FrancoAngeli.

16

D’Amico R. (2007); L’analisi della pubblica amministrazione. Teorie, concetti e metodi, Milano, FrancoAngeli.

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16

Fig. 1.4: Organigramma circolare.

Fonte: M.Modica, Il controllo e la valutazione del cambiamento organizzativo, Giuffrè, Milano, 1984.

È una rappresentazione non molto diffusa ma che presenta dei vantaggi nell’eliminazione delle posizioni “alte” e “basse” e che evidenziano le relazioni in modo meno gerarchico e più dinamico. Può anche essere interpretato come una forma ibrida tra l’organigramma orizzontale e l’organigramma verticale, in quanto cerca di mediare le due enfasi.

È importante fare anche riferimento al funzionigramma, spesso confuso erroneamente con l’organigramma per l’apparente somiglianza grafica. In realtà entrambi fanno riferimento a diverse convenzioni ed oggetti di rappresentazione. Questi oggetti sono per il primo le funzioni, le attività ed i criteri di articolazione delle stesse, mentre per il secondo sono gli organi e le relazioni gerarchiche. Il funzionigramma evidenzia i criteri di specializzazione del lavoro utilizzati e riesce, meglio dell’organigramma, a mettere in luce sovrapposizioni di competenze o aree scoperte di responsabilità.

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1.3 - Come costruire l’organigramma

Come già accennato l’organigramma è una rappresentazione grafica (diagramma) di una struttura organizzativa che mette in evidenza le relazioni intercorrenti tra le unità organizzative.

Il contenuto dell’organigramma può essere sintetico o analitico. Nel primo caso si adotta un approccio macro, limitandosi ad evidenziare lo sviluppo e le connessioni tra le varie unità organizzative17, mentre nel secondo caso si adotta un approccio micro, dove si specifica il responsabile di ciascuna delle parti rappresentate nonché il numero di risorse ad esse appartenenti.

Per quanto riguarda la rappresentazione grafica dell’organigramma, ovvero l’organografia, in genere si utilizzano caselle rettangolari che definiscono l’unità organizzativa attraverso un titolo che ne descrive la funzione (ad esempio: Direzione Generale, Direzione commerciale, Controllo qualità) e di linee che rappresentano le relazioni gerarchiche tra i diversi livelli della struttura.

Quindi il primo passo (Fig.1.5) è disegnare una casella per ogni unità organizzativa dell’azienda e scrivere al suo interno il nome (solitamente al vertice dell’organigramma troviamo come unità organizzativa, la funzione di Direzione generale).

Fig. 1.5: Individuazione mediante caselle delle Unità Organizzative

17 Come vedremo successivamente, per la costruzione dell’organigramma della d’Araprì S.r.l., è stato

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I bordi delle caselle possono essere disegnati con una linea tratteggiata, anziché con la consueta linea unità, per indicare che si tratta di un’unità organizzativa non ancora costituita al momento della redazione dell’organigramma ma di cui è prevista la creazione; altre volte si adotta una linea continua pesante per differenziare alcune U.O. o per richiamare l’attenzione.

La dimensione delle caselle possono essere mantenute uguali in tutto l’organigramma ma, solitamente, variano a seconda del livello della posizione. Il motivo principale per cui le dimensioni delle caselle si riducono via via che si scende lungo la linea gerarchica è solo per comodità grafica: ai livelli inferiori le unità organizzative diventano spesso numerose e , per poterle rappresentare tutte, occorre ridurre le dimensioni.

Il secondo passo è evidenziare i rapporti gerarchici tre le varie U.O. che sono espressi dal modo in cui le caselle sono collegate tra loro; infatti un collegamento verticale indica la dipendenza della casella sottostante da quella soprastante, mentre le U.O. poste sullo stesso livello, hanno la stessa responsabilità gerarchica, venendo cosi a comporre diversi livelli gerarchici all’interno del diagramma (Fig. 1.6).

Fig. 1.6: Rapporti gerarchici tra le Unità Organizzative

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Sempre per esigenze di spazio, nel disegnare l’organigramma alcune caselle vengono talvolta disposte più in alto ed altre più in basso.

Ciò non significa che chi è raffigurato nelle prime sia necessariamente più importante di chi è raffigurato nelle seconde: ciò che conta nella lettura di un organigramma è il collegamento tra una casella e quella immediatamente superiore.

Qualora si voglia utilizzare l’organigramma per rappresentare anche la differente graduazione nei contenuti di responsabilità/autonomia delle varie unità organizzative, non ci si deve limitare alla collocazione delle stesse in relazione al numero dei livelli gerarchici che le distanziano dal vertice, ma occorre allinearle sullo stesso livello per omogeneità di responsabilità/autonomia.

In ogni caso, l’appartenenza ad un livello della struttura organizzativa, pur fornendo indicazioni circa la collocazione all’interno della gerarchia e circa il ruolo svolto, non approfondisce la complessità della gestione e le difficoltà insite nel ruolo di direzione.

Il terzo passo invece, è la collocazione delle caselle che individuano gli organi di staff (Fig.1.7). Esse sono collegate da un segmento orizzontale alla linea verticale che congiunge la casella relativa alla posizione supportata a quella/quelle da essa dipendenti. Gli organi si staff posso esercitare la propria attività avendo come ambito di riferimento l’intera azienda o un sottosistema aziendale. Quando l’ambito d’azione dell’organo di staff è tutta l’azienda, esso sarà collocato sotto la casella denominata Direzione Generale, mentre quando l’ambito d’azione dell’organo di staff è solo su un sottosistema aziendale, esso sarà a supporto di una particolare divisione .

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Fig. 1.7: Organigramma con organi di staff.

Fonte adattata: E. L. Gambel, Management & Organizzazione, Milano, FrancoAngeli, 2002.

Solitamente quando si fa riferimento all’organigramma in maniera semplicistica, quindi errata, si identifica l’organizzazione aziendale. Errore ancora più grave è che spesso questo documento, che spicca nelle pareti di ingresso di molte aziende, resta li “incolume” ai normali mutamenti organizzativi, con nominativi di dirigenti o quadri aziendali ormai non più presenti in azienda.

L’organigramma non fa altro che scattare un’istantanea della realtà aziendale, infatti esso ha una struttura statica, mentre l’organizzazione costituisce un elemento dinamico ed in continua evoluzione.

1.4 – Le strutture organizzative

Ogni azienda ha la sua organizzazione e l’organigramma è solo la sua rappresentazione grafica. Della struttura organizzativa possiamo individuare due dimensioni verticale e orizzontale.

La dimensione verticale evidenzia il potere gerarchico all’interno dell’organizzazione e quindi i vincoli di subordinazione/dipendenza. I collegamenti verticali sono creati per coordinare le attività tra il vertice e la base operativa, in maniera tale che i dipendenti dei livelli inferiori operino in linea con gli obiettivi dei livelli superiori e che a livello intermedio, ovvero i dirigenti,

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siano a conoscenza delle attività e dei risultati del livello inferiore. A supporto di questa dimensione diventa importante l’implementazione di sistemi informativi verticali, che consentono lo scambio di informazioni in modo efficiente dall’alto verso il basso e viceversa.

La dimensione orizzontale permette di superare le barriere tra le varie unità organizzative, permettendo un migliore coordinamento tra i dipendenti. Differentemente dai collegamenti verticali, che hanno più una funzione di controllo, i collegamenti orizzontali nascono come funzione di coordinamento e di collaborazione, vi sarà quindi una riduzione del controllo.

Le organizzazioni possono orientarsi o verso un organizzazione tradizionale, enfatizzando quindi la comunicazione e il controllo verticale, o verso una moderna learning organization18, caratterizzata da una comunicazione e da un coordinamento orizzontale.

Spesso si è portati a confonde l’organizzazione con l’organigramma. La scelta della rappresentazione grafica dipende dalla modalità di funzionamento dell’organizzazione. Nei paragrafi successivi si proverà brevemente a mettere a fuoco gli aspetti distintivi della struttura semplice, della struttura gerarchico-funzionale, della struttura funzionale modificata, della struttura a matrice e della struttura divisionale, mentre si demanda ai successivi capitoli la trattazione della struttura organizzata per processi.

1.4.1 – La struttura semplice e la struttura gerarchico-funzionale

Solitamente la struttura organizzativa semplice si adatta ad aziende con combinazioni produttive elementari caratterizzate da piccole dimensioni, un’unica linea di prodotto e con una netta dominanza o della funzione produzione o della funzione commerciale (Fig. 1.8). Figura centrale di questo

18

La learning organization (organizzazione che apprende) promuove la comunicazione e la collaborazione in modo tale che ognuno sia coinvolto nell’identificazione e nella risoluzione dei problemi, permettendo all’organizzazione di sperimentare, migliorare e incrementare di continuo le proprie capacità. Nelle organizzazioni orientate all’apprendimento continuo gli elementi della progettazione organizzativa (struttura, compiti, sistemi, cultura e strategia) sono interconnessi e si influenzano vicendevolmente.

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tipo di organizzazione è l’imprenditore, che si colloca al vertice dell’organizzazione dove esercita il controllo economico, il potere direzionale e di coordinamento, accentrando su di sé:

- la direzione delle linee strategiche dell’impresa (mercati sui quali operare, tecnologie e risorse da utilizzare);

- la gestione delle attività operative (le attività da svolgere, la loro priorità e “chi fa che cosa”);

- la scelta dei collaboratori e il loro coordinamento

Fig. 1.8: Struttura organizzativa semplice.

Fonte: G.Serpelloni, Quality Management, La Grafica, Verona, 2002.

Si intuisce chiaramente come l’imprenditore sia il baricentro dell’intera organizzazione, in cui i collaboratori non hanno significative responsabilità decisionali e svolgono un attività solo esecutiva19. Comunque i ruoli nella forma

19

Un modello proposto da Henry Mintzberg suggerisce che in ogni organizzazione vi siano cinque parti: il nucleo operativo, il vertice strategico, la linea intermedia, la tecno-struttura e lo staff di supporto. Il

Nucleo operativo: comprende le persone che effettuano il lavoro basilare ; questa parte di fatto produce

gli output dell’organizzazione in termini di prodotti e servizi. La Tecno-struttura: aiuta la struttura ad adattarsi all’ambiente. Gli addetti della tecno-struttura (esempio: insegnanti, informatici e ricercatori), osservano l’ambiente per individuare problemi, opportunità e sviluppi tecnologici. Lo Staff di supporto: è responsabile dell’ordinato svolgimento delle attività e della manutenzione dell’organizzazione, nelle sue componenti fisiche e umane, ovvero, di fornire servizi che non sono direttamente collegati al flusso operativo. Il Vertice strategico: è il livello più alto dell’organizzazione e fornisce la guida, la strategia, gli obiettivi e le politiche per l’intera organizzazione. La Linea intermedia: è il cosiddetto middle management che collega il vertice strategico al nucleo operativo, garantendo l’esecuzione delle direttive del vertice e trasmettendo informazioni verso l’alto o il basso della gerarchia. Gli elementi considerati da Mintzberg interagendo ci permettono di individuare cinque modelli organizzativi: struttura semplice, burocrazia meccanica, burocrazia professionale, soluzione divisionale e adhocrazia. L’ordine con cui vengono enunciati rispecchia la progressione con cui aumenta il peso della discrezionalità individuale nell’attività lavorativa. La riflessione di Mintzberg spinge a considerare che oggi è sempre più difficile

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semplice non sono ben chiari e definiti, non possono dirsi certamente rigidi, anzi questi si adattano in base alle esigenze contingenti dell’impresa, ma il potere decisionale resta sempre accentrato nelle mani dell’imprenditore.

Il principale strumento di coordinamento è la supervisione diretta, che consiste nell’assunzione da parte dell’imprenditore della piena responsabilità dell’organizzazione del lavoro degli altri, ai quali impartisce ordini e ne controlla l’operato. La valutazione, da parte dell’imprenditore, non si concentra sull’operato o sui risultati, ma sulle persone, sul loro livello di fedeltà, di disponibilità e di impegno: non vi è quindi un controllo gestionale.

Non bisogna però pensare che la struttura semplice sia inefficiente, anzi se l’imprenditore riesce a motivare e a coinvolgere i suoi collaboratori, è possibile raggiungere obiettivi di efficienza e di economicità, cosa non semplice da realizzare in strutture più complesse. Tutto questo è reso possibile dal livello di specializzazione e di divisione del lavoro, che risultano modesti, dall’orientamento da parte di tutti i componenti dell’organizzazione ad una gestione complessiva dell’azienda e della disponibilità delle persone a svolgere in condizioni di emergenza, anche compiti diversi.

La forma semplice è caratterizzata da una scarsa specializzazione delle attività operative, situazione, questa, che è difficile da mantenere all’aumento della complessità gestionale e della crescita dimensionale.

A causa di ciò, l’imprenditore non potrà più accentrare a sé tutti i poteri, non potrà più prendere tutte le decisioni e controllare autonomamente l’intera organizzazione, ma dovrà necessariamente delegare e condividere il potere decisionale. Si verrà quindi a delineare la figura del responsabile di area e le unità organizzative conseguenti, al cui interno troviamo diverse persone dotate di competenze comuni e di risorse che hanno come fine comune il raggiungimento del medesimo obiettivo (Fig. 1.9).

fare riferimento ad un modello organizzativo unico nell’interpretazione della realtà. La molteplicità delle esigenze nell’erogazione di beni e servizi obbliga, invece, a non escludere nessuno dei cinque modelli sopra citati, delegando la scelta di alcuni piuttosto che di altri a criteri di efficienza di tipo utilitaristico e culturale. Daft R. (2010), Organizzazione aziendale 4 ed., Milano, Apogeo.

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Fig. 1.9: La struttura gerarchico-funzionale.

Fonte: V.Perrone, Le strutture organizzative d’impresa, Egea, Milano, 1990.

In questo stato di cose, cambia anche la struttura organizzativa:

- si sviluppa la dimensione orizzontale: divisione del lavoro, specializzazioni delle mansioni, formazione di unità organizzative che prendono il nome di funzioni aziendali;

- si sviluppa la dimensione verticale: l’introduzione di uno o più livelli gerarchici tra vertice strategico e nucleo operativo.

Conseguentemente vi è il passaggio della struttura dell’organizzazione, dalla forma semplice alla forma gerarchico-funzionale.

Ciò che caratterizza principalmente questo tipo di struttura è che gli organi direttivi sono specializzati, si parla infatti di funzioni, quali la produzione, la vendita, il marketing, l’amministrazione e via dicendo; mentre, i successivi livelli possono essere variamente organizzati, secondo altri criteri, come quelli del prodotto o del mercato. Le persone svolgono un certo tipo di operazioni e si trovano a lavorare in situazioni sempre simili tra loro, per cui sviluppano una competenza specialistica approfondita, che porta loro a ottenere elevate prestazioni, impegnando minor tempo e minori risorse. Si generano in questo modo le economie di specializzazione, cioè l’aumento di produttività correlato

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alla divisione del lavoro. Le funzioni aziendali diventano quindi, vere e proprie “scuole” che non garantiscono solo lo sviluppo di competenze, ma favoriscono anche la diffusione di comuni orientamenti culturali e cognitivi, con effetti positivi sui processi di comunicazione e di coordinamento20.

In questa forma organizzativa, ritroviamo molti dei principi della “teoria della direzione amministrativa” elaborata da Henry Fayol nel 1916, tra cui:

- unità di comando: nella struttura gerarchica, l’ordine ad un collaboratore può essere dato solo dal suo direttore superiore gerarchico;

- principio scalare: per quanto riguarda l’autorità di impartire ordini, si viene a creare una vera e propria catena di comando, all’interno della quale si sviluppano tutti i flussi di comunicazione verso l’alto e verso il basso;

- centralizzazione: il potere decisionale si concentra tutto in un unico punto dell’organizzazione e da qui, nel rispetto del principio scalare e dell’unità di comando, si distribuisce a tutte le unità organizzative.

Al vertice della struttura gerarchico-funzionale, troviamo la direzione generale, al cui interno non è composta solo dall’imprenditore; questo infatti è affiancato da altre figure che assumono la responsabilità della performance dell’intera organizzazione. I compiti della direzione generale sono: definizione dei criteri organizzativi, definizione della “mission aziendale”, attività ci coordinamento delle diverse funzioni e gestione delle relazioni interaziendali.

Al nucleo operativo spetta invece lo svolgimento delle operazioni elementari, connesse alla specializzazione della funzione di appartenenza.

A causa della crescita dimensionale e della specializzazione del nucleo operativo, le difficoltà di coordinare i processi operativi per il vertice strategico aumentano. Queste difficoltà si riscontrano anche da un punto di vista decisionale. Infatti una sola persona non è in grado di indicare in modo efficiente ed efficace gli obiettivi operativi e di coordinare l’insieme delle unità

20 Costa G., Gubitta P. (2004), Organizzazione Aziendale. Mercati, gerarchie e convenzioni, Milano,

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organizzative, in quanto ognuna di queste ha le proprie risorse, ha specifici sotto-obiettivi e affronta problematiche specifiche.

E’ proprio a causa di questa configurazione che sorge la necessità di inserire un livello gerarchico21. La programmazione, la valutazione e il coordinamento delle unità operative, sono attività che appartengono alla direzione di funzione, responsabile dell’efficienza e dell’impiego delle risorse assegnate. Il manager

di funzione ha un margine di autonomia definito dalla direzione generale; i suoi

compiti possono essere così individuabili:

- tradurre gli obiettivi generali in sotto-obiettivi operativi, nei confronti dei livelli inferiori;

- fornire ai livelli superiori informazione sulle performance e i risultati raggiunti dai livelli inferiori;

- supporto ai livelli superiori per la ridefinizione della scelta delle strategie future, in un’ottica di miglioramento continuo.

Può accadere che un responsabile di funzione non conosca o non abbia tutte le conoscenze e le soluzioni alle eventuali problematiche ed eccezioni poste dall’unità organizzativa gerarchicamente inferiore. Questa situazione può comportare un ritardo nel processo decisionale se l’eventuale problematica viene rinviata all’organo gerarchico superiore o se vengono prese decisioni senza un’adeguata base informativa.

Per ovviare a questa situazione, centrali sono gli organi di line e gli organi di

staff.

Gli organi di line sono gli organi collocati lungo la linea gerarchica ed hanno l’autorità formale di prendere decisioni. Differentemente dalla forma semplice, dove l’imprenditore accentrava a sé il potere decisionale, nella forma gerarchico-funzionale la direzione delega una parte delle decisioni ai livelli gerarchici inferiori.

21

Costa G., Gubitta P. (2004), Organizzazione Aziendale. Mercati, gerarchie e convenzioni, Milano, McGraw-Hill.

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Gli organi di staff invece, sono collocati a lato della linea gerarchica e non sono dotati di potere formale. Questi sono organi che hanno conoscenze e competenze specialistiche ed offrono ai manager di linea, consiglio e supporto nei processi decisionali.

Mintzberg divide gli organi di staff in due gruppi22. Il primo gruppo è quello degli analisti; essi organizzano il flusso produttivo ed hanno come obiettivo quello di rendere più efficace il lavoro di altri. Alcuni esempi possono essere gli addetti alla pianificazione, al controllo qualità e al controllo di gestione, che definiscono nel loro insieme la tecnostruttura dell’organizzazione. Nel secondo gruppo individuiamo gli staff di supporto che forniscono un supporto esterno al flusso produttivo (l’ufficio legale, l’amministrazione del personale e il servizio mensa).

La netta distinzione degli organi di line e di staff, fondata tra chi ha il compito di decidere e chi di consigliare, non trova sempre riscontro. Infatti gli organi di staff prendono delle decisioni, ma queste non riguardano lo sviluppo dell’attività tipica o fondamentale dell’impresa, differentemente dagli organi di line.

Affinché ci sia un corretto funzionamento della struttura gerarchico-funzionale è importante che si attuino meccanismi di integrazione tra le diverse funzioni, in quanto queste puntano a perseguire l’ottimizzazione interna, con il rischio di perdere di vista l’obiettivo generale. L’integrazione può essere attuata con strumenti impersonali e strumenti personali23.

Gli strumenti impersonali sono costituiti da regole, procedure e processi di programmazione. Gli strumenti personali sono invece rappresentati dal ricorso ai livelli gerarchici superiori, unità organizzative di coordinamento (mediatori), strumenti di gruppo (task-force, integratore full-time, team24).

22 Daft R. (2010), Organizzazione aziendale 4 ed., Milano, Apogeo. 23

Perrone V. (1990), Le strutture organizzative d’impresa, Milano, Egea.

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Una Task-force è un comitato temporaneo, infatti, viene sciolto dopo lo svolgimento del suo compito ed è composto da rappresentati di ogni unità interessata da un problema. Ogni membro rappresenta l’interesse della propria unità e può riportare a tale unità informazioni provenienti dagli incontri. L’Integratore full-time è un’unità organizzativa adibita esclusivamente al coordinamento. Questa figura si identifica solitamente con il product manager, project manager, program manager o brand manager. La sua funzione sostanzialmente è quella di coordinare le diverse unità organizzative. I Team sono task-force permanenti e vengono spesso utilizzati congiuntamente a un integratore full-time. Quando le attività tra le

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I tratti distintivi di questa forma organizzativa sono costituiti dall’unità di comando, dalla centralizzazione, dalla specializzazione delle unità organizzative, dall’individuazione degli organi di staff e dallo sviluppo dei sistemi operativi. La specializzazione delle attività, tipica di questa forma organizzativa, permette di raggiungere livelli di efficienza elevati derivanti:

- dalla maggiore professionalità delle risorse umane, connesse alla focalizzazione delle attività (economia di specializzazione);

- dal conseguimento di economie di scala dovute al fatto che, concentrando le risorse tecnologiche all’interno di un’unità organizzativa, si evitano duplicazioni.

Bisogna prestare attenzione anche all’elevata centralizzazione del potere decisionale al vertice, poiché eventuali situazioni di sovraccarico di responsabilità, possono portare a rallentamenti nel processo decisionale stesso e questo, in mercati sempre più competitivi e dinamici, provoca una risposta lenta alle diverse esigenze del cliente. Tutto ciò può essere letale per il futuro dell’azienda.

1.4.2 – La struttura funzionale modificata

Nelle aziende che adottano una struttura gerarchico-funzionale a causa dell’aumento dimensionale o dell’aumento del portafoglio prodotti o anche di un mercato caratterizzato da una forte complessità, può accadere che i meccanismi di coordinamento non siano più sufficienti, in quanto si rischia di avere seri problemi di coordinamento tra le varie funzioni, con il grave rischio di perdere il controllo dell’organizzazione.

In questi casi si ricorre a modelli strutturali che, pur conservando la specializzazione funzionale, permettono la gestione di altre dimensioni rilevanti mediante la creazione di appositi organi che affiancano la configurazione

unità organizzative richiedono un forte coordinamento per un lungo periodo di tempo, la soluzione è spesso rappresentata da un team inter-funzionale.

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tradizionale. In particolare troviamo il product manager, se la dimensione rilevante è quella commerciale, il project manager, se si tratta di quella tecnica25. Questi, detti anche manager integratori, hanno autorità formale, ma non possono imporre le loro decisioni all’interno delle aree di competenza delle direzioni funzionali. In base all’impostazione che l’organizzazione adotta, avremo una struttura per funzioni con responsabilità di prodotto, o una struttura per funzioni con responsabilità di progetto.

Nella struttura per funzioni con responsabilità di prodotto, i manager integratori affiancano la direzione commerciale. La loro responsabilità dipende dalla natura della dimensione gestionale più critica per il successo dell’impresa: un segmento di mercato (market manager), un’area geografica (area manager), un cliente o gruppo di clienti (account manager), un prodotto o una linea di prodotti (product

manager)26.

Il product manager taglia trasversalmente l’organizzazione e la linea gerarchica tradizionale, ed assume la responsabilità dei prodotti che gli vengono affidati, pur non avendo autorità sugli altri organi direttivi. Il manager integratore in questione svolge compiti sia strategici sia operativi. Nel primo caso, si occupa di pianificare obiettivi, strategie per la produzione e la successiva commercializzazione del prodotto o della linea di prodotti di cui è responsabile. In questo caso, il manager di prodotto è alle dipendenze della direzione generale ed è valutato in base alla contribuzione del proprio prodotto sul risultato economico globale (Fig. 1.10).

Dal punto di vista operativo, invece il product manager, deve coordinare le varie funzioni aziendali che concorrono alla realizzazione della sua strategia (funzione produzione, vendita, finanziaria e risorse umane). Si capisce come in questo caso l’organo in questione, non ha più la responsabilità del proprio prodotto ed è posto alle dipendenze della direzione commerciale.

25

Perrone V. (1990), Le strutture organizzative d’impresa, Milano, Egea.

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Costa G., Gubitta P. (2004), Organizzazione Aziendale. Mercati, gerarchie e convenzioni, Milano, McGraw-Hill.

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La mancanza di autorità gerarchica è un tratto distintivo di questa figura, ma rappresenta anche il suo punto di debolezza, che può essere superato facendo leva sulle abilità razionali, che permettono, di ottenere la collaborazione e la partecipazione dei soggetti con i quali entra in contatto.

Fig. 1.10: Struttura con product manager alle dipendenze della direzione generale.

Fonte: G.Costa, P.Giubitta, Organizzazione Aziendale: mercati, gerarchie e convenzioni, McGrawHill, Milano, 2004.

Il caso del product manager rappresenta l’esempio tipico dell’autorità basata sulla competenze. Ciò dipende dal possesso delle informazioni, infatti, data la sua posizione trasversale, riesce ad ottenere informazioni più competitive e globali, rispetto a una posizione funzione; dipende inoltre dalla capacità di coordinamento, mediante la quale si riesce comunque ad ottenere la collaborazione dei dipendenti; infine, dipende dall’esperienza specifica detenuta riguardo al prodotto.

Per concludere, la figura del product manager permette di contrastare i limiti delle forme gerarchico-funzionali e allo stesso tempo permette di sfruttarne i vantaggi.

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Mentre, osservando ora le strutture per funzioni con responsabilità di progetto, l’organo di integrazione è il project manager, cioè un organo temporaneo con competenze tecniche, dotato di autorità gerarchica nei confronti delle persone che fanno parte del team di progetto. I componenti del team sono sottoposti ad una doppia autorità non contemporanea: quella del project manager per la durata del progetto e quella del responsabile di funzione terminato il progetto (Fig. 1.11)

Fig. 1.11: Struttura per funzioni con responsabilità di progetto.

Fonte: G.Costa, P.Giubitta, Organizzazione Aziendale: mercati, gerarchie e convenzioni, McGrawHill, Milano, 2004.

Con questa forma organizzativa, quando si realizza un progetto viene costituito un apposito team, composto da persone appartenenti a diverse funzioni aziendali (ricerca e sviluppo, produzione, marketing), guidate dal project manager, che segue il progetto dalla fase iniziale fino alla sua realizzazione. Al termine del progetto, le risorse umane impegnate ritornano alla funzione di appartenenza, mentre il project manager resta il responsabile del progetto.

Tra i vantaggi derivanti dall’utilizzo di una struttura per progetti dobbiamo citare: - un maggior controllo del prodotto e la possibilità di controllare i risultati; - un minor tempo di sviluppo dei progetti;

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32 - un maggiore coordinamento;

- una maggiore collaborazione e coinvolgimento delle risorse umane impiegate;

- un più elevato orientamento al risultato.

Questo tipo di struttura è particolarmente complessa ed è facile che possano crearsi dei conflitti tra il project manager e il responsabile delle funzioni.

Lo spostamento del personale, formalmente inserito in una funzione, in più progetti, se da un lato amplia il loro portafoglio di competenze e le rende più flessibili e versatili, dall’altra riduce la loro capacita di sviluppare conoscenze specialistiche.

Anche nel caso di struttura per progetti, sarà necessario implementare adeguati sistemi operativi e in particolare, un’ampia gamma di strumenti di programmazione e controllo, come meccanismi formali d’integrazione con gli utenti, meccanismi formali d’integrazione all’interno del team e strumenti formali di pianificazione e controllo.

1.4.3 – La struttura a matrice

Galbraith27 ci dice che “se viene adottata la struttura funzionale i progetti subiscono ritardi, se invece viene scelta l’organizzazione per progetto le tecnologie sono meno sviluppate. La struttura a matrice cerca di conseguire i benefici di entrambe le forme”28. Questa struttura può essere considerata, quindi, anche come un’evoluzione della struttura per progetti.

La struttura a matrice trova applicazione in situazioni nelle quali si presentano contemporaneamente tre condizioni:

- il successo dell’organizzazione dipende dal presidio congiunto di due o più aree critiche;

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Galbraith J.K. (1967); The New Industrial State, Houghton Mifflin, Boston.

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Galeotti M., Garzella S. (2013); Governo strategico dell’azienda: Prefazione del Prof. Umberto Bertini, Giappichelli, Torino, pp. 217.

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- il cambiamento del contesto esterno e le elevate interdipendenze tra le unità organizzative, generano un elevato fabbisogno di coordinamento; - le risorse scarse devono essere condivise tra più prodotti o progetti

contemporaneamente.

Graficamente la struttura a matrice va considerata come una tabella a doppia entrata in cui da una parte sono rappresentate le unità funzionali e dall’altra gli organi di prodotto/progetto (Fig. 1.12).

Fig.1.12: La struttura a matrice.

Fonte: R. Daft,Organizzazione aziendale, Apogeo, Milano, 2010.

Nell’intersezione tra righe e colonne della tabella, troviamo gli organi di secondo livello.

La gestione di una forma organizzativa così strutturata non è semplice. Infatti viene meno il principio dell’unità di comando, perché, oltre la direzione generale, vi sono i responsabili di progetto/prodotto ed i responsabili di funzione (matrix boss: responsabili di un area scientifica e di divisione) e i responsabili degli organi di secondo livello (two boss manager), che devono coesistere.

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La Direzione Generale deve operare affinché ci sia una situazione di equilibrio tra il potere dei responsabili di funzione e i responsabili di progetto, definendo in maniera chiara gli ambiti decisionali e di intervento di entrambi.

I responsabili di funzione e i responsabili di progetto, ovvero gli organi di primo livello, devono gestire le risorse sulle quali non hanno pieno controllo e che sono oggetto di negoziazione con gli altri responsabili per la definizione del rispettivo ambito di attività.

Gli organi direttivi di secondo livello invece, data la posizione organizzativa in cui si trovano, sono sottoposti a continui conflitti. I two-boss manager trovandosi nell’incrocio tra i responsabili funzionali e di progetto, devono mantenere una relazione positiva con entrambi i manager di livello superiore. In una struttura di questo tipo è importante che si sviluppi una cultura organizzativa caratterizzata dalla flessibilità, dalla condivisione di idee e dal coinvolgimento e partecipazione di tutti i membri dell’organizzazione. Quindi è importante che vengano evitati i comportamenti autoritari e il ricorso alla burocrazia per la risoluzione di eventuali contrasti.

La matrice è stata sperimentata in ogni tipo di azienda, compresi ospedali, società di consulenza, banche, compagnie di assicurative, imprese industriali (tra cui la Procter & Gabmble, la la Unilever e la Dow Chemical) e agenzie governative29 .

Affinché la struttura a matrice funzioni efficacemente è necessario:

- un sistema informativo manageriale integrato, che riporta contemporaneamente dati e informazioni sulla performance economico-finanziaria e sullo stato di avanzamento dei progetti;

- soluzioni organizzative di gestione del personale finalizzate a promuovere comportamenti cooperativi e di gruppo;

- meccanismi di soluzione dei conflitti.

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Soffermandoci sui vantaggi derivanti dall’attuazione di una struttura a matrice, è importante ricordare come questa permetta di raggiungere un’elevata efficienza organizzativa, in situazioni in cui si è costretti a fronteggiare contemporaneamente esigenze di economia di scala, incertezza dell’ambiente esterno, elevata complessità dei compiti e un forte fabbisogno di integrazione. Possono essere riscontrati vantaggi anche per le risorse umane, infatti i membri dell’organizzazione sviluppano, oltre alle capacità tecniche, anche capacità direttive e relazionali necessarie in una struttura di questo tipo.

La struttura a matrice è anche una realtà fortemente motivante per le risorse umane, poiché al suo interno vi sono delle opportunità di crescita professionale, un aumento delle posizioni con compiti di natura manageriale e un incremento del grado di partecipazione del personale e del livello di autonomia decisionale (empowerment).

La struttura a matrice è l’unica che permette di adottare contemporaneamente strategie multiple su diverse aree d’affari, ma presenta importanti limiti di funzionamento che ne hanno condizionato la diffusione.

I limiti possono essere così individuati:

- elevati costi di funzionamento, dovuti all’implementazione di sistemi operativi complessi (su entrambe le dimensioni della matrice) e alla creazione di un lay-out specifico (che rivoluzioni gli spazi e la disposizione dell’organizzazione)

- contesto culturale necessario per la sua implementazione, in assenza del quale si creerebbe confusione nei ruoli, sovrapposizione di compiti, frustrazione dei dirigenti funzionali, incapacità dei two-boss manager di gestire il coordinamento della doppia dimensione, incapacità del top management di gestire un numero elevato di conflitti ed una direzione dei vari progetti scoordinata a livello aziendali.

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1.4.4 – La struttura divisionale

Nella struttura divisionale si abbandona il criterio di specializzazione delle unità organizzative per funzioni, tipico della struttura gerarchico-funzionale, a favore di quello per prodotto o mercato.

Si ricorre alla struttura divisionale quando vi sono più linee di prodotto o si è in presenza di mercati molto differenziati e di dimensioni rilevanti, situazione in cui la struttura funzionale (pura o modificata) non riuscirebbe ad essere efficiente.

Quindi possiamo affermare che la struttura oggetto di analisi risulta essere efficiente quando siamo in presenza di un mercato fortemente competitivo e di prodotti ad elevata differenziazione30.

Nella struttura divisionale c’è un ribaltamento della logica di progettazione, che non è più basata sugli input e sulle tecniche che portano alla creazioni delle funzioni e quindi ad una forma funzionale, ma è basata sugli output, scegliendo tra i diversi criteri quello che individua le diversità più ampie e significative. In estrema sintesi, cambia il criterio di specializzazione delle unità organizzative che può essere individuato nel prodotto, nell’area geografica e nel mercato. Gli elementi che caratterizzano la struttura divisionale sono essenzialmente due: la creazione di unità quasi indipendenti che operano come se fossero delle imprese autonome e il decentramento decisionale che implica l’attribuzione di deleghe di responsabilità ai direttori delle divisioni. Ogni divisione poi al proprio interno è organizzata con una struttura gerarchico-funzionale (Fig. 1.13).

La presenza delle divisioni che operano come se fossero delle imprese autonome, fa sorgere la necessità di un forte coordinamento, sia tra le varie divisioni, che tra le diverse divisioni e la direzione centrale. Proprio per questo motivo, vanno individuate in maniera precisa le aree di intervento della direzione generale e delle varie divisioni, al fine di evitare vuoti di potere o sovrapposizioni negli ambiti decisionali di competenza.

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Noe R. A., Hollenbeck J. R., Gerhart B., Wright P. M. (2006); Gestione delle risorse umane, Milano, Apogeo.

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Fig.1.13: Struttura divisionale per prodotto.

Fonte: V.Perrone, Le strutture organizzative di impresa, Egea, Milano, 1990.

Alla direzione generale spetta:

- la definizione della strategia competitiva dell’impresa, all’interno della quale poi ogni divisione dovrà agire;

- la creazione di un sistema di controllo delle performance;

- l’allocazione delle risorse finanziari complessive alle diverse divisioni; - la fornitura di servizi comuni di supporto, che devono essere erogati in

modo coordinato alle divisioni in quanto non sarebbe possibile duplicarli per ragione di efficienza.

I responsabili di ogni divisione sono dotati di un’elevata autonomia e proprio per questo motivo è necessario un forte coordinamento e un penetrante controllo.

Per quanto riguarda il coordinamento, questo viene realizzato attraverso la standardizzazione degli output; cioè viene adottato un parametro

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finanziario comune (ad esempio il profitto) utilizzato per la misurazione della performance della divisione.

Ogni altro meccanismo di coordinamento sarebbe inefficace, poiché limiterebbe l’autonomia dei responsabili di divisione, venendo meno così, un tratto caratteristico di questa forma organizzativa.

Il sistema di controllo invece, si basa solitamente sulle attività di programmazione e pianificazione, che sono svolte da unità operative centralizzate.

La pianificazione e la programmazione costituiscono una delle basi su cui viene implementato il sistema di controllo; le responsabilità attribuite ad ogni divisione vengono esplicitate in parametri sintetici, quali la redditività degli investimenti.

Per l’allocazione delle risorse, il top management valuta le prospettive reddituali dei progetti d’investimento ed eroga risorse finanziarie a quelli che risultano più vantaggiosi per l’azienda31.

Circa la struttura oggetto dell’analisi, è importante osservare quali sono i vantaggi derivanti dalla sua implementazione. Questi sono sicuramente individuati nella capacità dell’organizzazione di rispondere rapidamente ai cambiamenti del contesto competitivo, grazie alla presenza di più divisioni ognuna dotata di autorità decisionale. Inoltre nella struttura divisionale le risorse umane sono più coinvolte e motivate, a causa di una più chiara definizione degli obiettivi da raggiungere e della presenza di un carattere semi-imprenditoriale delle divisione stessa (presenza di deleghe di responsabilità). I responsabili di divisione possono prendere decisioni strategiche, tattiche ed operative relative al business e possono ricorrere agli organi di staff centrale solo a supporto dell’attività della divisione. Tutto ciò da un lato libera la direzione centrale dal rischio di essere coinvolta in problemi operativi dei quali non ha sempre una piena conoscenza, dal rischio di sovraccarico decisionale e dal rischio di prendere decisioni errate, dall’altro può creare comportamenti

31

Galeotti M., Garzella S. (2013); Governo strategico dell’azienda: Prefazione del Prof. Umberto Bertini, Giappichelli, Torino.

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opportunistici da parte dagli stessi responsabili di divisione, che potrebbero orientarsi verso il raggiungimento di obiettivi di breve periodo invece di operare nell’interesse dell’intera organizzazione ovvero in un ottica di lungo periodo.

Quindi per ridurre questi rischi, diventa importante implementare sistemi di controllo interno e di responsabilizzazione degli obiettivi.

Un’altra problematica è la competizione che può nascere tra le varie divisioni e questo, può impedire di cogliere ed individuare eventuali sinergie. In questa situazione centrale è il ruolo della direzione generale, che deve progettare meccanismi di coordinamento, come gruppi di lavoro o comitati, in grado di orientare i comportamenti dei responsabili di divisione verso il raggiungimento degli obiettivi generali dell’organizzazione.

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CAPITOLO 2

L’Organizzazione per processi

2.1 – Il cambiamento organizzativo

La gran parte delle imprese, in particolare dagli anni novanta in poi, hanno iniziato a guardare ai processi come dimensione chiave dell’organizzazione, utilizzandola come leva principale per creare un maggior valore, sia per il cliente esterno che per quello interno. Tra i fattori che spingono al cambiamento vogliamo ricordare:

- l’orientamento al cliente, che risulta essere elemento centrale che guida le scelte manageriali, l’importanza di soddisfare le sue esigenze, è uno dei fattori fondamentali che spingono le aziende a individuare e a gestire i propri processi.

- La time-based competition: la capacità di rispondere alle esigenze dei clienti in tempi sempre più brevi risulta essere un altro fattore critico per il successo dell’azienda, la forte pressione competitiva sui tempi spinge le aziende a ricercare modi sempre nuovi per garantire risposte rapide ai clienti e ridurre i propri tempi interni.

- La ricerca congiunta di efficienza ed efficacia: l’efficienza e l’efficacia possono essere migliorate eliminando tutte quelle attività che generano costi ma non aggiungono valore e focalizzando le risorse sulle attività a maggior valore aggiunto. L’analisi dei processi aziendali è di

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