STRATEGIE DI ALIMENTAZIONE DEL PROPELLENTE
4.1 Introduzione
In questo capitolo saranno presentate, sotto un aspetto prettamente teorico, alcune potenziali strategie di alimentazione del propellente per un propulsore FEEP a liquidi ionici.
In particolare, si analizzerà il meccanismo fisico utilizzato per dar luogo ad uno spostamento di fluido all’interno di un condotto, specificandone i limiti e le condizioni richieste per un corretto funzionamento.
Esistono svariati modi con cui l’emettitore di un sistema propulsivo ad emissione di campo può essere alimentato, ognuno dei quali con i relativi vantaggi e svantaggi. In questo capitolo sono stati analizzati quelli che, almeno apparentemente, sembrano più idonei; in particolare si descriveranno:
alimentazione per capillarità,
alimentazione per mezzo dei dispositivi MEMS.
L’alimentazione per capillarità è stata scelta in quanto, essendo un sistema passivo, non richiede potenza elettrica e quindi da questo punto di vista rimane sicuramente la più vantaggiosa. Tuttavia, il disegno della geometria del sistema (serbatoio e i condotti dell’alimentazione) richiede grande attenzione ed anche la sperimentazione
28
a terra risulta ostacolata dalla presenza della forza di gravità.
I dispositivi MEMS (microelectromechanical system) invece sono dei buoni candidati a causa della loro capacità di generare portate di fluido decisamente basse:
si è potuto constatare dalle ultime attività sperimentali effettuate presso Alta SpA sui liquidi ionici come il consumo medio di propellente si aggiri intorno ai .
4.2 Alimentazione per capillarità
Questo tipo di alimentazione sfrutta i fenomeni di tensione superficiale per portare il fluido in corrispondenza della fessura di emissione.
In effetti le dimensioni tipiche dei condotti o dei canali in cui il propellente si trova a dover scorrere sono tali da far divenire queste forze importanti che quindi possono essere utilizzate a tutti gli effetti per indurre un moto spontaneo del liquido.
Per capire l’origine di queste forze e per poterle quantificare in termini numerici, seppure in maniera approssimata, è necessario innanzi tutto il riesame della teoria base riguardante i fenomeni di superficie e le azioni capillari in un liquido.
Successivamente, dopo questa breve introduzione, saranno presentati dei modelli monodimensionali per il calcolo delle forze capillari in condotti assialsimmetrici.
4.2.1 Teoria dei fenomeni di superficie
4.2.1.1 Tensione superficiale e forze capillari
Si consideri un telaio a forma di U di larghezza l e su esso un filo rettilineo scorrevole, sul quale si fa formare una lamina di liquido come indicato in fig.4.1.
29 A
B A
D
mg
C
Fig. 4.1 Dispositivo per la misura della tensione superficiale
Si osserva che nonostante la presenza del peso proprio del filo rettilineo la lamina tende a contrarsi, e solo una certa zavorra (di massa M) pone il sistema in una condizione di equilibrio.
Si definisce tensione superficiale il rapporto [12]:
in cui P rappresenta la forza peso (fili più zavorra) che agisce sulla lamina di liquido, e il fattore 2 tiene conto del fatto che la lamina ha due facce che si contraggono.
La tensione superficiale rappresenta quindi in base alla (4.1) una forza per unità di lunghezza perpendicolare al filo rettilineo di fig.4.1 e giacente sul piano della lamina di liquido.
Per avere un’idea più intuitiva del significato di si pensi di effettuare un taglio sopra la superficie del liquido: esprime la forza per unità di lunghezza che si oppone alla separazione delle due labbra del taglio, tangenzialmente alla superficie.
Alla tensione superficiale può anche essere data un’interpretazione a livello energetico [12]: considerando sempre la fig.4.1, se si varia la superficie della lamina, con un abbassamento pari a dx del lato CD, la forza esterna compie sul sistema un lavoro dL pari a:
dove dA indica la variazione di superficie delle due facce della lamina; dalla (4.2) si ricava:
30
Quindi la tensione superficiale rappresenta il lavoro compiuto per aumentare di una quantità unitaria la superficie totale di una lamina liquida. Il lavoro L può essere riottenuto diminuendo lentamente e a temperatura costante la superficie della lamina;
ciò induce a pensare che una lamina liquida possiede una energia superficiale a carattere potenziale, il cui valore cambia in accordo con il lavoro esterno compiuto per variare la superficie. Questo equivale a dire che durante la trasformazione la variazione di energia potenziale del sistema si equilibra con una variazione opposta dell’energia superficiale.
Un sistema in equilibrio stabile si presenta con un valore di minimo della energia potenziale. Per una massa di liquido, in assenza di forze esterne, questa condizione corrisponde ad un valore di minimo dell’energia potenziale superficiale, ossia alla minima superficie racchiudente il liquido; ciò si verifica quando detta superficie è sferica. Le gocce di pioggia, che rappresentano una prova di questa condizione di minima energia superficiale, sono solo approssimativamente sferiche a causa della presenza della forza di gravità.
4.2.1.2 Contatto tra fasi diverse e legge di Young-Dupré
In un sistema di corpi in equilibrio, ogni parte che risulti omogenea è detta fase.
La superficie di contatto tra due fasi è superficie di separazione tra due parti del sistema, ciascuna per conto suo omogenea.
Le superfici di contatto di interesse pratico sono:
liquido-gas,
liquido-liquido,
liquido-solido,
solido-gas.
Se sono presenti tre fasi, si definisce linea di contatto il luogo dei punti comune a tutte e tre le fasi.
Il caso che in genere interessa maggiormente è quello relativo al liquido a contatto con una parete. Si consideri quindi la fig.4.2 che rappresenta una goccia di liquido su
31 una superficie solida.
Fig.4.2 Goccia di liquido su una superficie solida
In questo modo si ha la formazione di una linea trifase, che all’equilibrio, individua l’angolo di contatto nel punto di incontro tra le interfacce solido-liquido e solido- vapore. Tale angolo viene appunto indicato come angolo di contatto di equilibrio (o statico). Il coseno di tale angolo di contatto è descrivibile attraverso un bilancio tra le forze interfacciali (su unità di superficie) solido-vapore , solido-liquido e liquido-vapore . Attraverso questo bilancio si ricava la nota equazione di Young:
Tale equazione non trova facile applicazione poiché i valori di tensione interfacciale
e sono di complessa determinazione.
La bagnabilità è frutto delle forze coesive e adesive e di conseguenza lo è anche l’angolo di contatto. La tendenza allo spargimento del liquido sulla superficie solida, e quindi il prevalere delle forze adesive, porta ad una diminuzione dell’angolo di contatto. Viceversa, per forze coesive prevalenti, l’angolo di contatto aumenta. In base al valore di quest'ultimo, che può essere compreso tra 0 e 180°, è possibile discriminare tra i vari comportamenti. Angoli di contatto inferiori a 90° indicano che il fenomeno di bagnatura è favorito. Invece angoli maggiori di 90° sottolineano che il fenomeno risulta sfavorito e che il fluido minimizza il contatto con la superficie formando una goccia di liquido compatta.
Nella fig.4.3 vengono riassunti i vari gradi di bagnabilità del solido.
32
Fig. 4.3 Gradi di bagnabilità del solido
Quando un tubo capillare viene immerso in un liquido si ha la risalita di quest'ultimo attraverso il capillare a causa delle forze di adesione tra il liquido e le pareti.
Anche in questo caso si ha una linea trifase in corrispondenza della quale si ha la formazione di un angolo di contatto. Se tale angolo di contatto è minore di 90° allora la superficie del liquido assume forma concava con la formazione del cosiddetto menisco; tale situazione è mostrata nella fig.4.4. Questo fenomeno ha origine grazie alle forze adesive che creano una pressione capillare
descrivibile attraverso l’equazione di Laplace espressa nella (4.5) dove rappresenta il raggio del tubo capillare.
33
Fig.4.4 Tubo capillare immerso in un recipiente contenente un liquido
4.2.1.3 Legge di Washburn
Supponendo di immergere in un recipiente contenente del liquido un tubo capillare;
come descritto nel paragrafo precedente, se la superficie del tubo è bagnabile si osserva una risalita del fluido. Nello specifico, prima che il liquido arrivi in una configurazione di equilibrio, l’equazione di bilancio della quantità di moto si scrive:
con
forza capillare ,
forza peso forza peso della colonna di liquido
forze viscose ).
Con z che rappresenta la quantità di cui si spostato il menisco a partire da una condizione di riferimento.
Per i tubi capillari l’inerzia del liquido può essere trascurata in confronto alle forze
34
viscose e la (4.6) diventa:
Da notare che
è funzione del tempo dal momento che sia z che V cambiano nel tempo.Durante i primi istanti del moto (oppure se il tubo capillare è in posizione orizzontale) la forza peso può essere trascurata ottenendo:
La soluzione della (4.8) si scrive come (legge di Washburn):
La (4.9) esprime il fatto che la velocità di spostamento del menisco diminuisce nel tempo essendo:
4.2.1.4 Approccio termodinamico ai fenomeni superficiali
Si consideri un sistema in cui siano presenti due diverse fasi (le indicheremo con 1 e 2) separate da un’interfaccia. Lo spessore della superficie di separazione tra due stati di materia è difficilmente definibile a causa dalla variazione continua che vi deve essere fra le proprietà fisiche di questi; si ammetta, comunque, che esso sia infinitamente sottile e si ipotizzino le due fasi omogenee subito al di fuori di detta superficie. Proprio perché le caratteristiche fisiche della regione interfacciale differiscono da quelle delle due fasi, l’interfaccia stessa possiede una propria energia libera molecolare.
Per il sistema considerato, l’energia libera totale [14] si può scrivere come:
35 dove
energia libera dell’intero sistema, energia libera delle due fasi,
energia libera superficiale (o interfacciale)
L’energia libera superficiale è un potenziale termodinamico per il quale la temperatura assoluta T e l’area della superficie interfacciale, indicata con A12, sono variabili indipendenti; vale quindi la relazione:
nella quale è l’entropia interfacciale e rappresenta la variazione a temperatura costante dell’energia libera superficiale per unità di superficie:
Ipotizzando ragionevolmente che le fasi del sistema rimangano a volume costante, l’energia libera della i-esima fase diventa [14]:
In base al primo principio della termodinamica e alla definizione di energia libera, per trasformazioni reversibili isoterme risulta [14]:
ossia il lavoro introdotto nel sistema corrisponde alla variazione di energia libera interfacciale. Dall’equazione (4.15), confrontando la (4.13) con la (4.3), si trova che per trasformazioni isoterme a fasi isocore la tensione superficiale corrisponde alla variazione per unità di superficie dell’energia libera interfacciale [13]:
.
quindi:
36
Si consideri un sistema formato da un liquido, dal suo vapore saturo (che nel caso dei liquidi ionici potrebbe coincidere con il vuoto data la loro bassissima tensione di vapore) e da un condotto solido che li contiene.
In questo caso l’energia libera interfacciale dell’intero sistema (F) può essere scritta in termini infinitesimi nella forma seguente:
In base all’equazione (4.17), per trasformazioni isoterme si può scrivere:
Considerando che ad un aumento dell’area d’interfaccia solido-liquido corrisponde sempre una diminuzione di uguale entità dell’area d’interfaccia solido-vapore secondo la relazione:
e tenendo conto dell’equazione di Young-Duprè (4.5), la (4.20) si riscrive come:
Integrando la (4.21) si ottiene:
È noto che per trasformazioni isoterme reversibili la variazione di energia libera rappresenta il lavoro introdotto nel sistema [14]; in particolare in condizioni isocore delle singole fasi e in assenza di forze esterne la variazione di energia libera superficiale corrisponde al lavoro introdotto dalle forze capillari.
Dunque in una trasformazione isoterma e isocora il modulo e il verso delle forze capillari, agenti sul sistema nella generica direzione x, è dato da:
37
4.2.2 Modelli approssimati per il calcolo delle forze capillari
In questo paragrafo, si applicherà inizialmente la teoria presentata precedentemente per esprimere le forze capillari agenti su una porzione di fluido in due casi specifici:
condotto assialsimmetrico (monodimensionale) in presenza di uno slargo,
condotto (monodimensionale) troncoconico.
Successivamente si presenterà un modello meccanico, anch’esso monodimensionale, applicato ad un condotto assialsimmetrico in presenza di slargo giungendo allo stesso risultato.
Si ipotizza per semplicità che il sistema sia soggetto ad una trasformazione isoterma reversibile con le singole fasi a volume costante.
Si consideri la fig.4.5 che rappresenta un condotto assialsimmetrico con un cambio improvviso di sezione, all’interno del quale è presente un liquido bagnante, ovvero con angolo di contatto .
Fig. 4.5 Condotto assialsimmetrico con slargo
Dalla (4.23) e (4.22), si può scrivere:
x r1
r2
38
Per il tipo di geometria scelta sono valide le seguenti relazioni:
Andando a sostituire le (4.25) nelle (4.24) si ottiene la forza capillare agente sulla porzione di fluido nel condotto:
Si osserva come la forza è diretta nel verso positivo della x, cioè verso il tratto di condotto di raggio minore.
Si consideri ora il caso di condotto
(
assialsimmetrico) troncoconico rappresentato in fig.4.6 con una porzione di liquido al suo interno:Fig. 4.6 Condotto assialsimmetrico a sezione circolare rastremata
Essendo questa geometria decisamente più complicata da trattare, si fanno le seguenti ipotesi che hanno il fine di rendere il problema più trattabile dal punto di vista analitico:
1. condotto poco rastremato ,
r α
39 2. liquido perfettamente bagnante ( ,
3. goccia lunga (
La superficie totale dei menischi si può approssimare (ipotesi di menisco emisferico) come:
mentre la superficie di separazione della fase solida/liquida può essere approssimata come:
Sostituendo le (4.28),(4.27) nella (4.22) si ha:
Quindi, la (4.26) diventa:
Dalla (4.30) si osserva come la forza di capillarità è orientata verso la parte convergente del condotto.
Per le ipotesi 1 e 2, valgono le seguenti relazioni:
dove è l’angolo di semiapertura del tratto di cono in cui è presente la goccia ed l è la lunghezza del tratto di condotto bagnato dal liquido.
Utilizzando le (4.31), la (4.30) diventa:
40
Sarà ora presentato un modello meccanico monodimensionale per il calcolo delle forze capillari in un condotto assialsimmetrico in presenza di un cambio improvviso di sezione (fig.4.7).
Fig. 4.7 Condotto assialsimmetrico con slargo
In particolare, si consideri la porzione di liquido campita; questa è soggetta in corrispondenza delle estremità alle forza di tensione superficiale la cui risultante N si esprime come:
Nella (4.33), per evitare di imbattersi in strane relazioni geometriche per esprimere
l’angolo β (da non confondere l’angolo di contatto ), si procede nel seguente modo:
si consideri inizialmente una geometria più semplice come quella di fig.4.8 che rappresenta un condotto assialsimmetrico a sezione uniforme con del liquido al suo interno;
β γLV
γLV
r1
41
Fig. 4.8 Condotto assialsimmetrico a sezione uniforme
Il sistema risulta essere in equilibrio; senza perdere di generalità, la porzione di fluido tratteggiata è sottoposta da una parte alla forza di capillarità che tende a
“tirare” il fluido verso sinistra lungo la linea di contatto delle tre fasi, dall’altra agisce una sorta di “pressione negativa” indicata con P che pone il fluido in tensione.
Imponendo l’equilibrio della parte tratteggiata si ha:
da cui
Quindi, ritornando alla fig.4.8, dopo aver applicato lo stesso ragionamento, la forza N1 che agisce sulla porzione di menisco espressa dalla seguente relazione
può essere sostituita dalla:
Utilizzando la (4.37), la (4.33) che esprime la risultante delle forze di tensione superficiale sul volume di fluido evidenziato in fig.4.8 si scrive come:
γ
LVr vuoto
42
L’espressione trovata coincide con la (4.26) ricavata utilizzano un approccio di tipo termodinamico.
Si noti come per tendente a zero, si ritrova la legge di Washburn.
Dalle analisi effettuate appare evidente come sia importante, ai fini di sfruttare al meglio i fenomeni di tensione superficiale, rispettare due condizioni:
angolo di contatto più basso possibile,
condotto decrescente nella direzione in cui si vuole ottenere un moto del fluido.
Questo significa che se si volesse utilizzare la capillarità come strategia di alimentazione del propellente il condotto che unisce il serbatoio all’emettitore deve essere decrescente.
In generale, le forze di tensione superficiale scalano con la superficie bagnata dal liquido, a differenza per esempio delle forze di massa (e quindi di inerzia) che scalano con il volume; questa osservazione, può essere sfruttata, per rendere le forze capillari più efficienti, nel disegno del serbatoio che andrà ad ospitare il propellente per una specifica missione: si potrebbe per esempio dividere il serbatoio (supposto tronco-conico per quanto esposto precedentemente) in più parti, per mezzo di alcuni
“vani” divisori e quindi ottenere un rapporto superficie/volume maggiore.
Fig. 4.9 Sezione di un ipotetico serbatoio suddiviso per mezzo di alcuni vani.
43
4.3 Alimentazione per mezzo di dispositivi MEMS
4.3.1 Dispositivi MEMS
Il problema dell’alimentazione nella propulsione ad emissione di campo ricade nella branca della microfluidica che tratta fluidi caratterizzati da numeri di Reynolds mol- to bassi a causa delle limitate dimensioni del dispositivo che interagisce col fluido stesso. Numeri di Reynolds bassi significa linearizzare le equazioni di Navier-Stokes perché i termini inerziali possono essere trascurati rispetto a quelli viscosi.
I microsistemi o MEMS (microelectromechanical systems) sono dei dispositivi che hanno lunghezze caratteristiche comprese tra 1µm ed 1mm che combinano compo- nenti meccaniche ed elettroniche e che sono fabbricati sfruttando le tecniche di fab- bricazione derivanti dalle tecnologie standard per la realizzazione dei circuiti integra- ti.
Le tecniche più comunemente impiegate sono le seguenti: bulk micromachining, sur- face micromachining, e LIGA (Roentgen Litography Galvanic Abformung).
Nella tecnica di bulk micromachining, una struttura micromeccanica in 3D viene rea- lizzata direttamente sul wafer di silicio mediante la rimozione selettiva di porzioni di substrato.
La tecnica di surface micromachining è invece basata sulla deposizione di alcuni la- yer sul substrato, e sulla successiva definizione della struttura micromeccanica me- diante l’utilizzo di tecniche fotolitografiche.
La tecnica LIGA, infine, si articola sulle seguenti tre fasi: litografia, deposizione, e molding. Il suo vantaggio è quello di permettere l’utilizzo di materiali diversi dal si- licio quali ad esempio i polimeri ed i metalli, e di ottenere strutture con un elevato fattore di forma.
L’ampiezza delle applicazioni dei MEMS è dovuta alla possibilità di integrare facil- mente parti elettroniche e meccaniche inserendo un microcontroller nel medesimo dispositivo. In questo modo si ha la possibilità di creare sistemi capaci di interagire con l’ambiente leggendo dati e agendo di
conseguenza. In molte applicazioni il sensore acquisisce informazioni dall’ambiente misurando fenomeni meccanici, termici, biologici, chimici, magnetici e ottici.
L’informazione proveniente dal sensore è processata dal sistema elettronico che de- finisce la risposta dall’attuatore.
Un dispositivo MEMS è costituito in linea di massima da [18]:
1) un’unità che ha il compito rispettivamente di rilevare la variazione di una grandezza fisica (portata, temperatura,ecc.) o di produrre un’azione di pompaggio sul fluido (sensing o actuating element),
44
2) un'unità di trasduzione che ha il compito di trasformare una variazione di una grandezza fisica in un segnale elettrico (transduction unit).
Fig. 4.10 MEMS utilizzato come micro sensore.
E' possibile integrare su un singolo chip diversi dispositivi MEMS , e incorporando anche dei sistemi di controllo in ciclo chiuso, si possono realizzare microsistemi
“intelligenti” integrati di dimensioni ridotte.
Fig. 4.11 Micro- accelerometro
45 4.3.2 Alimentazione per mezzo di micropompe
Le micropompe, con le quali è possibile spostare quantità di fluido molto basse, sono utilizzate come dispositivi di pompaggio nel campo della microfluidica.
Date la basse portate di propellente tipiche dei FEEP, le micropompe sono adatte, almeno da questo punto di vista, ad un’ipotetica applicazione come dispositivo di pompaggio da integrare nel sistema di alimentazione.
In linea di massima si distinguono:
micropompe meccaniche (displacement pump),
micropompe non meccaniche (dynamic pump).
Le prime esercitano sul fluido una forza di pompaggio attraverso una membrana (o diframma), nella maggioranza dei casi in maniera periodica, e sono per la loro sem- plicità e immediatezza di funzionamento le più sviluppate e studiate in letteratura.
Le seconde invece non presentano parti mobili ed esercitano un azione di pompaggio sul fluido attraverso il trasferimento diretto di una forma di energia non meccanica, per esempio forze elettromagnetiche.
4.3.2.1 Micropompe meccaniche
Sono generalmente composte da una camera di pompaggio connessa agli elementi rettificatori del flusso (siano valvole o elementi geometrici fermi). Quando il dia- framma si inflette il fluido entra nella camera di pompaggio attraverso la zona di in- gresso e una volta rilasciata la membrana, il fluido è spinto (dal ritorno elastico della stessa) all’esterno della camera attraverso la zona di uscita (fig.4.12).
46
Fig. 4.12 Principio di funzionamento di una micropompa meccanica
Elementi fondamentali delle micropompe meccaniche sono le valvole che permettono di indirizzare il fluido nella giusta direzione; nella maggioranza dei casi sono incorporate con la micropompa stessa (check valves).
Quando la pressione all’interno della camera è minore di quella esterna la valvola di ingresso si apre lasciando entrare il fluido mentre quella di uscita resta chiusa a causa della pressione. Quando invece la pressione interna è maggiore di quella esterna si ha il meccanismo inverso con la chiusura della valvola di ingresso e l’apertura di quella di uscita. In questa logica gioca un ruolo fondamentale il rapporto tra le pressioni a cui la pompa lavora e i parametri di rigidezza delle valvole.
47 Esistono numerosi meccanismi di attuazione della membrana, ognuno dei quali sfrut- ta principi fisici diversi aventi per loro natura differenti caratteristiche, i più comuni sono elencati di seguito:
attuazione elettrostatica,
attuazione piezoelettrica,
attuazione termica,
attuazione magnetica/elettromagnetica.
In fig. 4.13 è illustrato un esempio di micropompa ad attuazione piezolelettrica:
Fig. 4.13 Micropompa ad attuazione piezolelettrica
Ritornando ora all’origine della motivazione dello studio di questi dispositivi, ovvero un sistema di alimentazione del propellente per un propulsore FEEP, questo nella sua forma più semplice e generica è costituito da un serbatoio, che contiene il propellente necessario per una specifica missione, un condotto di alimentazione che connette il serbatoio all’emettitore (fig.4.14) ed eventualmente un dispositivo di pompaggio in grado di generare una certa portata di propellente (ovviamente in questo caso va affiancato un sistema di controllo che regola il flusso di propellente).
48
Fig. 4.14 Schematizzazione generica di un sistema di alimentazione del propellente
In riferimento a questa configurazione, appare evidente come abbia senso disporre un microsistema realizzato con dispositivi MEMS lungo il condotto di alimentazione che connette il serbatoio all'emettitore (fig.4.15).
Fig. 4.15 Schematizzazione di un sistema di alimentazione del propellente con dispositivo MEMS
In particolare, è possibile costituire dei “microsistemi intelligenti” su un singolo chip (di dimensioni dell'ordine di 1mm x 1mm) in grado di garantire il flusso di propellente desiderato.
Fig. 4.16 Schema di un sistema di controllo per il sistema di alimentazione del propellente
Serbatoio
Condotto di alimentazione
Unità emettitrice
MEMS
SUPPORTO EMETTITORE
controllore
serbatoio micropompa Sensore di flusso
49 Tuttavia, ritornando al principio d funzionamento su cui si basano le micropompe meccaniche, è evidente che condizione necessaria per un efficace effetto di pompaggio è che il fluido a monte sia pressurizzato (per il corretto funzionamento delle valvole passive incorporate). L'utilizzo di questi microsistemi richiede quindi un ulteriore sistema di pressurizzazione che rende il tutto ancora più complesso.
In base ai risultati ottenuti dallo studio sulle forze capillari, anche adottando per il serbatoio una forma convergente con la quale si garantirebbe una costante presenza di propellente a monte della micropompa (o micro valvola), ciò non sarebbe sufficiente a far lavorare correttamente la micropompa meccanica.
Fig. 4.17 Schematizzazione di un sistema di alimentazione del propellente con il fluido a monte del dispositivo MEMS in pressione
4.3.2.2 Micropompa magnetoidrodinamica
Questo dispositivo di pompaggio sfrutta la forza di Lorentz (4.39) agente su un liqui- do conduttivo attraversato da una densità di corrente j (o corrente I ) in presenza di un campo magnetico B:
MEMS
50
La seguente figura rappresenta il principio di funzionamento della micropompa ma- gnetoidrodinamica
Fig. 4.18 Principio di funzionamento di una pompa magnetoidrodinmica
Senza entrare nei dettagli del meccanismo fisico di pompaggio e delle sue prestazio- ni, in quanto saranno ampliamente approfonditi nei prossimi capitoli, ci si limita ad elencare i vantaggi principali rispetto alle micropompe meccaniche:
buona affidabilità per l’assenza di parti meccaniche,
possibilità di poter invertire il flusso,
processo di fabbricazione relativamente semplice,
non necessitano di un sistema pressurizzato.
Un sistema pressurizzato è superfluo dal momento che non sono presenti valvole passive (check valves) indispensabili invece per le micropompe meccaniche per ga- rantire un effetto di pompaggio efficiente.
I suddetti motivi sono stati incoraggianti nella decisione di intraprendere un’attività sperimentale che ha come obbiettivo quello di testare questo meccanismo di pom- paggio nei confronti dei liquidi ionici.
Tuttavia, non disponendo presso i laboratori di Alta SpA della strumentazione adatta ad effettuare questo tipo di lavorazioni, si è deciso di dedicarsi allo sviluppo di una pompa magnetoidrodinamica, non pensata come prototipo da integrare al sistema di alimentazione del propellente per il FEEP a liquidi ionici, bensì come dispositivo il cui scopo è quello di testare l’efficienza di questo meccanismo di pompaggio nei confronti dei liquidi ionici.