Mauro Turturici – Electronic Goalkeeper: studio e progettazione di un ausilio al gioco del Calcio per persone diversamente abili
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1. Diversabilità, sport e tecnologie di ausilio
1.1. Diversabilità ieri e oggi
Parlando di diversabilità, o più comunemente negli anni passati di disabilità, è abitudine comune racchiudere in un unico termine una casistica estremamente varia di condizioni fisiche e patologie molto differenti fra loro. Nell’immaginario collettivo la persona “disabile” è semplicemente quella che non riesce a controllare o a muovere una data parte del proprio corpo, ma nella realtà l’universo diversabilità è ben più ampio e variegato.
La mancanza di cultura specifica ha portato, e tuttora porta spesso, a confondere e male interpretare termini come disabilità, invalidità, handicap, menomazione, patologia invalidante, paraplegia ed altri ancora.
La prima cosa da notare è che alcuni di questi termini indicano situazioni oggettive ed assolute, altri invece esprimono condizioni relative; ad esempio la mancanza di un arto è un dato assoluto, il fatto che esso costituisca un limite o un handicap dipende dall’azione che si intende svolgere.
Neppure la connessione causa-effetto fra eventuale patologia e rispettive conseguenze risulta ben delineata, e spesso ci si stupisce nello scoprire che una certa persona possa svolgere in piena autonomia una serie di attività ritenute a torto per essa impossibili.
Ciò che manca molto spesso è perciò una giusta dose di informazione, riguardo le casistiche e soprattutto la terminologia specifica. I diversamente abili sono presenti nella società in tutti i ceti, ed il loro numero, anche a causa dell’aumento dell’età media, è in continua crescita; ognuno di noi in futuro potrebbe doversi confrontare con difficoltà motorie che inciderebbero sulla propria qualità della vita, dovute a vecchiaia o a patologie acquisite, per cui fare informazione in questo senso è quantomeno doveroso.
Occorre però dire che il raggiungimento di una coscienza sociale attenta ai bisogni di tutti e non solo a quelli della maggioranza è purtroppo una “scoperta” oltremodo recente, e molte battaglie per l’affermazione dei diritti sono ancora in corso in molte parti del mondo, per cui in questo senso, a livello planetario, gran parte della popolazione è esclusa dal ricevere l’attenzione che dovrebbe essere garantita dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Tuttavia anche nei paesi occidentali, nei quali l’alto livello di benessere è una realtà consolidata già da molti decenni, si è dovuto aspettare molto affinché il welfare fosse per tutti e non solo per alcuni.
1.1.1. Breve storia delle tematiche legate alla diversabilità
Fino alla prima metà del secolo scorso le conoscenze e le tematiche riguardanti la diversabilità erano appannaggio principalmente di strutture sanitarie e di persone direttamente a contatto con i soggetti coinvolti. Spesso le persone “svantaggiate” rimanevano tutta la vita in apposite strutture di cura (anche se talvolta si trattava di vera e propria detenzione) e non avevano accesso alla vita sociale; i più fortunati rimanevano in casa assistiti dalla famiglia.
Inoltre in molti casi il disabile veniva considerato una persona non meritevole di premure, e di
peso per la società.
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13 L’attenzione alle tematiche riguardanti le persone diversamente abili, come ad esempio la mobilità, l’accessibilità e l’assistenzialismo, può esser fatta risalire soprattutto al periodo che seguì la fine della Seconda Guerra Mondiale quando, nei paesi direttamente coinvolti, con il rientro dei soldati che in molti casi avevano subito mutilazioni di vario genere, la presenza dei cosiddetti cripples (invalidi) e la natura delle loro esigenze, supportate dal fatto che si trattasse di eroi di guerra, furono tali da non poter più essere ignorate dall’opinione pubblica.
Inizialmente questa attenzione fu molto sentita nell’ambito dell’accessibilità agli edifici, avendo molti reduci di guerra subito amputazioni agli arti inferiori causate da mine antiuomo, cosicché negli anni ’50 si sviluppò una sensibilità volta alla eliminazione delle barriere architettoniche. Ad esempio negli Stati Uniti la Veterans Administration ed altri enti ottennero nel 1961 l’emissione da parte della American Standard Association la pubblicazione della prima norma sull’accessibilità dal titolo "A117.1 - Making Buildings Accessible to and Usable by the Physically Handicapped"
[1]. La norma non era obbligatoria, anche se alcuni stati ed enti locali decisero di adottarla come tale.
Il periodo storico successivo, compreso fra gli anni ‘60 e ’70, venne a coincidere con lo sviluppo del welfare per i paesi occidentali e contemporaneamente con la nascita di numerosi movimenti di protesta popolari, cosicché le richieste di un mondo più accessibile e attento ai diversamente abili trovarono sempre più sostegno da parte dei governi e dell’opinione pubblica.
Anche la O.M.S./W.H.O.
2fondata nel 1948, in seguito alle esigenze di attenzione da parte della popolazione diversamente abile dovette impegnarsi per colmare una mancanza che fu da subito evidente, ovvero quella di uno strumento di classificazione, comune ai paesi membri, che servisse in ambito amministrativo e medico sia per valutare le conseguenze causate da una particolare condizione fisica o psicologica, sia per dare diritto di assistenza a chi, per nascita o per conseguenza, risultasse svantaggiato in qualche campo della propria esistenza o della vita sociale.
Questa lacuna fu colmata grazie ad un lavoro pluriennale di documentazione che ha partorito nel 1980 l’I.C.I.D.H.
3.
Questa pubblicazione intendeva mettere ordine nel vasto e variegato universo delle situazioni in cui sussiste uno svantaggio, congenito o acquisito, da parte di un soggetto. L’obiettivo della OMS era anche quello di fornire una casistica che fosse al contempo dettagliata e generale, permettendo quindi di trovare criteri di valutazione di ogni specifica situazione.
Anche se carente sotto molti punti di vista, soprattutto riguardo l’approccio, questo primo passo verso un mondo universalmente più attento ai diversamente abili fu di notevole importanza e ciò fu dimostrato dal fatto che molti Paesi utilizzarono tale pubblicazione per classificare le situazioni dei cittadini “svantaggiati”, valutando assistenza e supporto economico a queste persone, in base alla misura del loro “svantaggio”. [2]
Tale pubblicazione venne continuamente aggiornata e rivista, sia per quanto riguarda la casistica trattata sia per la terminologia usata che inizialmente non fu del tutto attenta alla sensibilità delle persone chiamate in causa.
Sono stati perciò nel tempo elaborati nuovi documenti analoghi a questo ma che, fra le varie innovazioni, possedessero un approccio più corretto e cosciente. Il più importante di questi fu
2 Organizzazione Mondiale della Sanità/World Health Organization, un’agenzia che fa capo alle Nazioni Unite
3 International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps
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14 partorito nel 2001 e denominato ICF
4, tale docimento fu il primo a introdurre il concetto di abilità relativa, infatti lo scopo fu quello di classificare non la disabilità in sé stessa bensì l’abilità in relazione all’ambiente circostante; l’ICF infatti fornisce un’ampia analisi dello stato di salute degli individui ponendo la correlazione fra salute e ambiente, arrivando alla definizione di disabilità, intesa come una condizione di salute in un ambiente sfavorevole. [3]
L’importanza del messaggio trasmesso da questa ultima pubblicazione sta soprattutto nell’affermare che tutti siamo abili in modi e misure differenti, e che parlare di “normali” e
“disabili” è tecnicamente scorretto, oltre che antiquato.
1.2. Lo sport e i diversamente abili
Come citato nell’introduzione nei paesi occidentali è da molti anni divenuto possibile per un diversamente abile praticare uno sport, anche di squadra. Sono innumerevoli le associazioni sportive che permettono questa attività, sia a scopo ricreativo che agonistico.
La massima espressione di queste iniziative è senza dubbio rappresentata dalle Paralimpiadi (o Paraolimpiadi) il cui embrione fu la prima competizione sportiva per veterani di guerra organizzata nel 1948 a Stoke Mandeville in Inghilterra [4].
Attualmente i Giochi Paralimpici vengono disputati con cadenza quadriennale, in concomitanza con quelli Olimpici e comprendono una variegata selezione fra gli sport praticati normalmente da atleti diversamente abili (vedi Figura 2).
Figura 2 – Discipline paralimpiche
4 Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Salute e Disabilità
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15 1.2.1. Il Calcio e i diversamente abili
Come per molti sport anche per il Calcio esistono varianti giocate da atleti diversamente abili, principalmente ipovedenti e persone affette da disabilità mentale. Ad esempio il Calcio giocato alle Paralimpiadi ha regole più simili a quelle del calcetto e viene disputato in due varianti: quello a 7, in cui sono ammessi giocatori con disabilità mentale [5] e quello a 5, giocato da 4 atleti non vedenti e da un portiere ipovedente o vedente [6].
Esistono tuttavia anche esperienze locali e nazionali, come campionati dedicati ad utenti diversamente abili, che danno possibilità di espressione calcistica anch’essi a giocatori ipovedenti e persone con disabilità intellettive. Un esempio è l’associazione Special Olympics, presente in molti paesi fra cui l’Italia, che organizza attività ed in alcuni casi vere e proprie competizioni a carattere agonistico dedicate all’utenza diversamente abile, soprattutto a giovani con ritardo mentale o affetti da sindrome di Down [7].
Non esiste però ancora nel nostro Paese, benché la diffusione del Calcio giocato sia enorme, un campionato vero e proprio, mentre all’estero, come ad esempio nella vicina Svizzera, ne esistono da diversi anni.
Fra le attività svolte in Italia nell’ambito del Calcio a favore dei diversamente abili, di grande rilevanza è stata la nascita di Toro For Disable, società calcistica formata da atleti con disabilità fisiche e sensoriali che scendono in campo indossando le maglie ufficiali ed il marchio del Torino.
Il debutto della squadra, Torino FD, è avvenuto il 5 maggio 2010 a Montecarlo, nell’ambito di un torneo internazionale di Calcio cadetto che vede gareggiare 22 squadre europee, tra cui il Barcellona, il Monaco, Nizza, Bratislava. [8]
Di questa nuova realtà emergente si è accorta anche l’UEFA, la quale si sta avvicinando con umiltà e attenzione. Nei primi mesi del 2010 si è riunito a Leverkusen, in Germania, uno specifico gruppo di lavoro con due precisi obiettivi: individuazione di dieci punti per supportare le federazioni nazionali nel favorire la crescita del Calcio tra i disabili e l’organizzazione di un corso di sostegno UEFA per calciatori diversamente abili.
Il piano prevede inoltre un percorso di avvicinamento al Calcio per non udenti, non vedenti, ipovedenti e persone con disabilità intellettiva. [9]
1.3. La tecnologia elettronica al servizio degli utenti diversamente abili
La ricerca e l’industria in ambito elettronico hanno contribuito sin dalla nascita a migliorare la qualità della vita di chi avesse accesso a questo tipo di tecnologie, permettendo di eseguire operazioni molto lunghe e complesse in pochi attimi o di compiere operazioni altrimenti impossibili; basti pensare alle numerosissime apparecchiature per diagnosi e cura in ambito medico o ad una semplice calcolatrice per rendersi conto dell’importanza che riveste l’elettronica.
L’industria elettronica, sviluppatasi enormemente grazie anche alla spinta fornitale dalle richieste del mercato di massa, è ormai fiorente in innumerevoli campi di applicazione della vita umana, dall’intrattenimento al militare, a partire da quei settori in cui l’investimento iniziale, sicuramente consistente, sarebbe stato ripagato abbondantemente e con sufficiente sicurezza.
Da alcune decine di anni la ricerca riguardante gli apparecchi di ausilio dedicati alle persone ha
permesso anche di realizzare dispositivi elettronici che servissero a migliorare la qualità della vita
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16 delle persone diversamente abili, e permettere ad esse di eseguire autonomamente attività prima impraticabili. Gli esempi di dispositivi dedicati all’utenza citata sono molti e vanno dagli aiuti alla mobilità, alle interfacce di controllo dedicate, fino ai moderni sistemi informatici che agevolano la comunicazione verbale o in alcuni casi la permettono a persone altrimenti impossibilitate.
Molte di queste apparecchiature vengono indicate genericamente col nome di ausili.
Un’elencazione o anche solo una classificazione di queste apparecchiature appesantirebbe la trattazione senza introdurre alcun valore aggiunto alla descrizione dell’attività svolta, risulta però interessante indagare in maniera attenta su quali siano le interfacce utente offerte dal mercato dedicate al target delle persone diversamente abile offerte dal mercato. È infatti opportuno considerare fin da subito che il dispositivo che si desidera realizzare, per sua stessa natura, necessita di un controllo da parte di un utente e perciò indagando sulle interfacce disponibili è possibile effettuare in linea teorica una selezione preliminare di quali prodotti sia possibile utilizzare per controllare il sistema da progettare.
1.3.1. Interfacce utente dedicate
Al fine di valutare l’utilizzo di una particolare interfaccia utente nel sistema di controllo è fondamentale analizzare due aspetti della stessa: il funzionamento e l’eventuale connessione fisica da introdurre nel sistema per poterla utilizzare.
Per prima cosa occorre identificare con precisione il target dell’analisi, infatti il termine
“interfaccia utente” è di per sé molto generico e racchiude in effetti qualsiasi dispositivo sia in grado di tradurre un’informazione fra l’utente ed un sistema fisico, in un solo verso o in entrambi.
La complessità dei dispositivi così denominati è inoltre molto variabile ed in alcuni casi si parla di
“interfaccia” ma sarebbe più corretto parlare di “insieme di interfacce”.
L’interesse del progetto riguarda però solamente le interfacce in grado di tradurre la volontà dell’utente in un qualche segnale di natura elettrica che possa essere acquisito con facilità da un sistema elettronico.
Anche in questo ambito si ha però una vasta scelta e gli esempi in commercio sono innumerevoli, dai più semplici interruttori fino ad apparecchiature che sfruttano i più sofisticati protocolli di comunicazione; ciò che verrà fatto nel seguito sarà quindi una breve presentazione di quelli che sono stati gli elementi di maggiore interesse fra tutti quelli indagati.
La prima unità da presentare è senza dubbio il sensore, tale oggetto è infatti l’elemento costituente di qualsiasi tipo di interfaccia utente ed in molti casi costituisce esso stesso un dispositivo di comunicazione.
Esistono molti tipi di sensori dedicati all’utenza diversamente abile, diversificati per tecnologia,
tipo di abilità dell’utente necessaria all’utilizzo, sensibilità, possibilità di regolazione e molti altri
parametri. Si va dai più semplici pulsanti ai più sofisticati dispositivi in grado di rilevare le più
piccole variazioni fisiologiche nell’utente. Essendo molto variegata la natura delle abilità motorie
di un particolare utente sono stati ideati sensori ottimizzati per sfruttare anche ogni minima
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17 contrazione muscolare residua della persona ed inoltre, in caso di mobilità seriamente compromessa, esistono puntatori oculari e moderne BCI
5.
La seguente presentazione inizierà con alcuni dei più diffusi sensori per diversamente abili in commercio, potenzialmente utilizzabili sul sistema da progettare, per concludere con una breve introduzione ai più evoluti sistemi di interfacciamento.
I più diffusi sensori di questo tipo sono elettricamente analoghi ad un classico interruttore in configurazione di contatti SPST
6, vedi Figura 3 , di tipo NO (Normally Open), detto anche OFF- (ON) oppure OFF-Momentary.
Figura 3 – Interruttore di tipo SPST
1.3.1.1. Pulsanti specifici per utenti diversamente abili
Il normale tasto da premere in molti casi necessita di accorgimenti particolari per poter essere utilizzato da persone diversamente abili; un normale pulsante infatti può essere troppo piccolo da essere visto e raggiunto con immediatezza oppure può opporre una forza eccessiva all’attuazione.
Secondo queste semplici esperienze sono stati realizzati dalle aziende specializzate molti modelli di pulsante variabili per dimensione, colore e pressione necessaria all’attivazione. In Figura 4 è mostrato un esempio di pulsante dedicato agli utenti più giovani prodotto dall’azienda statunitense AbleNet® e commercializzato in Italia dall’azienda specializzata HelpICare.
Pulsanti di questo tipo vengono utilizzati da utenti ipovedenti o capaci di eseguire solo pressioni di lieve entità.
Figura 4 – Pulsante specifico per utenti diversamente abili
5 Brain Computer Interfaces
6 Single-Pole Single-Throw
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18 1.3.1.2. Sensori di costrizione
Questo tipo di sensore, concettualmente simile ad un pulsante SPST-NO, viene attivato mediante una costrizione dell’impugnatura. È utile alle persone che non sono in grado di muovere agevolmente gli arti superiori ma conservano una capacità di impugnare un oggetto e di eseguire una seppur minima presa. In Figura 5 è mostrato un esempio di questo sensore, prodotto dalla statunitense Tash Inc..
Figura 5 – Sensore di costrizione
1.3.1.3. Sensori di flessione
Questo sensore, anch’esso analogo ad un pulsante SPST, è attivabile grazie alla flessione di una levetta realizzata in materiale antiscivolo situata all’estremità. È sufficiente un piccolo movimento in una qualsiasi direzione per eseguire l’azionamento. Questo dispositivo è utilizzato nel caso in cui non sia possibile da parte dell’utente eseguire un movimento con precisione in una direzione preferenziale.
Il sensore richiede installazione fissa, il modello mostrato in Figura 6 è in grado di restituire un feedback tattile ed acustico all’utente.
Figura 6 – Sensore di flessione
1.3.1.4. Sensori pneumatici
Questo tipo di sensore viene realizzato in due principali varianti, con funzionalità singola oppure
dalla doppia funzionalità. Esso viene attivato grazie al soffio e/o alla aspirazione di aria da parte
dell’utente in una cannuccia in gomma. La pressione da esercitare per l’attuazione è
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19 opportunamente bassa. Nei modelli con funzionalità duplice ciascuna operazione può corrispondere ad un comando differente dando la possibilità quindi di avere un controllo di due interruttori in tempi differenti. Questo sensore è molto utile nei casi di mobilità estremamente ridotta come ad esempio nei soggetti che hanno subito lesioni molto gravi alla spina dorsale. La Figura 7 si riferisce a questo tipo di dispositivo.
Figura 7 – Sensore pneumatico
1.3.1.5. Sensori di movimento oculare e abbassamento di palpebra
Il sensore in oggetto viene indossato sopra un paio di appositi occhiali ed attivato dal movimento del bulbo oculare o dall’abbassamento della palpebra che chiude l’occhio. Tale sensore è molto utile nei soggetti in cui non si ha mobilità residua se non quella dei muscoli facciali, ad esempio soggetti che abbiano subito lesioni alla spina dorsale con conseguente paralisi fino alla base del collo.
L’esempio mostrato in Figura 8 è prodotto dalla azienda britannica Toby Churchill, nell’immagine si possono notare i due potenziometri fondamentali per tarare la sensibilità del dispositivo in modo da non confondere i movimenti involontari e fisiologici dell’occhio o della palpebra con un movimento volontario da parte dell’utente.
Figura 8 – Sensore di movimento oculare e abbassamento di palpebra
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20 1.3.1.6. Puntatori oculari
Concettualmente simili ad un mouse per computer i sistemi di puntamento oculare, dopo un’opportuna fase di training, sono in grado di leggere la direzione in cui l’occhio umano sta guardando, nei limiti dello schermo su cui è posizionata la telecamera del dispositivo. Permettono quindi di posizionare la freccia del mouse in una posizione della schermata senza l’utilizzo di alcun dispositivo manuale.
Un esempio di questo tipo è Eyegaze System prodotto dalla americana LC Technologies, il quale permette il controllo di una macchina in ambiente Windows mediante l’utilizzo di un solo occhio per il puntamento (Eyemouse). Tale sistema permette inoltre la comunicazione verbale ad una persona che non può farlo attraverso la propria voce, infatti attraverso una tastiera virtuale vengono composte le parole desiderate puntando in sequenza le lettere opportune visualizzate sullo schermo, un sintetizzatore vocale quindi trasforma le parole scritte in parlato. [10]
Figura 9 – Schema del puntatore oculare Eyegaze System
1.3.1.7. Brain Computer Interface
I più recenti sistemi di interfaccia uomo-macchina sfruttano una tecnologia indicata come Brain
Computer Interface. Questi dispositivi sono essenzialmente costituiti da una serie di sensori da
posizionare sulla scatola cranica che captano le onde cerebrali e da un software che interpreta i
risultati; il valore di determinati parametri rilevati nelle onde cerebrali, eventualmente a seguito di
opportuni stimoli, dopo opportuna fase di training del sistema di rilevazione, permette di attivare o
meno differenti interruttori virtuali, per cui il sistema opportunamente calibrato può costituire una
piccola tastiera o joystick comandabile senza alcun movimento da parte del corpo. Occorre
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21 sottolineare che per ottenere un buon funzionamento è necessario un lungo allenamento e che i risultati di questi sistemi appaiono all’oggi molto limitati, tuttavia esempi dimostrativi sono stati eseguiti con successo e risultano disponibili sui più diffusi canali video della Rete [11].
Apparecchi che sfruttano questa tecnologia sono già reperibili in commercio a prezzi accessibili, i più citati prodotti sono il Brainfingers prodotto da Cyberlink ed Emotiv prodotto dalla omonima Emotiv Systems Inc. [12] [13].
Le immagini di Figura 10 e Figura 11 si riferiscono ai prodotti citati, nella prima è riportata una immagine del tracciato e dell’interpretazione che fa il software di Brainfingers delle onde cerebrali e degli impulsi sui muscoli facciali, la seconda si riferisce al sistema di sensori da indossare come
“casco” forniti con il sistema Emotiv.
Figura 10 – Software BCI Brainfingers
Figura 11 – Sensori BCI Emotiv
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22 1.3.2. Interfacce di potenziale utilizzo nel sistema
Nella breve presentazione fatta nel paragrafo 1.3.1 è possibile identificare alcuni elementi di sicuro interesse per lo sviluppo del progetto.
Prevedendo un solo grado di libertà per il sistema, ovvero uno spostamento rettilineo orizzontale della sagoma in entrambi i versi, è ad esempio utilizzabile un set di pulsanti ciascuno dei quali riferito ad un particolare verso e/o ad una rapidità di movimento.
In linea teorica è possibile utilizzare molti degli interruttori di tipo SPST-NO analizzati, anche se rimangono da valutare i singoli tempi di attivazione di questi, potenzialmente non compatibili con la reattività richiesta dal gioco.
D’altra parte si è notato che la connettività di questi oggetti risulta essere estremamente semplice ed in molti casi utilizza i medesimi connettori di larga diffusione, come ad esempio jack maschio 3.5 mm, per cui è in linea di principio possibile prevedere la connettività al sistema per molti dei sensori analizzati e valutare in fase di sperimentazione quali di questi rispondono appieno alle esigenze del gioco e quali invece meno.
Per quanto riguarda i puntatori oculari non si ritiene possano essere di facile interfacciamento un dispositivo di questo tipo con il sistema oggetto del presente lavoro, mentre per i BCI la tecnologia di questi sistemi non è ancora in grado di fornire una affidabilità e velocità di elaborazione tali da suggerirne l’utilizzo.
1.4. L’elettronica applicata al Calcio: portieri automatici
Durante la ricerca preliminare di applicazioni elettroniche al mondo del Calcio sono emerse due esperienze consolidate, sviluppate entrambe in Germania, da parte di team legati al mondo dell’Università tedesca.
Interessante è stato capire le soluzioni tecnologiche adottate e gli aspetti di natura fisica affrontati nella realizzazione di tali dispositivi.
Di seguito sono brevemente illustrati i due esempi citati, accompagnati da una sintetica descrizione delle soluzioni tecnologiche utilizzate.
1.4.1. Goalias
Goalias è un portiere automatico movimentato elettricamente creato dallo IAS
7di Stuttgart [14].
Questo dispositivo si muove linearmente all’interno di una porta regolamentare con lo scopo di parare una palla calciata nello specchio, prima che essa attraversi la linea di demarcazione.
Questo oggetto consiste in una sagoma vincolata sia alla base che alla sommità ad una guida lineare e movimentata mediante una cinghia collegata ad un motore elettrico; il controllo invece è composto da una serie di videocamere poste frontalmente alla porta che catturano l’immagine del pallone e da un software che ne analizza in tempo reale la posizione ed impartisce al motore i comandi opportuni al fine di massimizzare la percentuale di successo della parata.
7 Institut für Automatisierungs und Softwaretechnik
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Figura 12 – Goalias
1.4.2. Robokeeper
Il secondo esempio è stato realizzato dallo IML
8di Dortmund in occasione dei mondiali di Calcio in Germania disputati nel 2006.
Robokeeper [15] è un portiere automatico concettualmente simile al precedente, in questo caso però si ha una sagoma vincolata alla base ad un motore elettrico passo-passo che ne dirige la rotazione.
Grazie a due videocamere poste ai lati della sagoma il sistema di controllo è in grado di calcolare ad una frequenza di 50 Hz la posizione della palla nelle tre dimensioni dello spazio ed istruire opportunamente l’unità di potenza a muovere la sagoma al fine di massimizzare la percentuale di successo della parata.
In Figura 13 è mostrato l’esempio citato in azione durante una manifestazione pubblica.
8 Institut für Materialfluss und Logistik
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Figura 13 – Robokeeper