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Se non giurasse lo stesso giorno o il successivo, corrisponda a quello che l’ha fatto giurare il doppio della stima del valore prima dell’ispezione.

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valore intimato e [del. non] sia concesso agli appaltatori di ispezionare [entro .]

giorni.

(Col. 56) [6 rr.] quello che non ha trovato le cose che diceva di cercare, sia concesso all’ispezionato che quegli giuri nel tempio di aver fatto l’ispezione per nessun altro motivo che a causa di accusatori e sovrintendenti all’appalto.

Se non giurasse lo stesso giorno o il successivo, corrisponda a quello che l’ha fatto giurare il doppio della stima del valore prima dell’ispezione.

Gli appaltatori porranno dei garanti per il loro obbligo alla vigesima e

corrisponderanno le cifre corrette ogni giorno alla banca e l’acconto mensile prima

della metà del mese successivo.

(2)

Conclusioni

Nel corso del lavoro si è cercato di percorrere la storia dell’olio d’oliva in Egitto. Si è visto e ribadito più volte come fosse una merce assai ambita. Almeno quanto difficile da produrre in loco. I primi commerci con le terre canaanite, le prime raffigurazioni di potere, le prime attestazioni di commerci nel Delta hanno come comune

denominatore l’olio, e in particolare quello d’oliva, legato alle classi sociali più alte.

Si è visto anche come l’olio fosse associato alla compravendita di beni, anche immobiliari, ma soprattutto stoffe, e come, a partire da Tutankhamon, l’olivo entrasse, in maniera piuttosto forzata, all’interno della tradizione funeraria egiziana, da essa improvvisamente assimilato, come se si fosse realmente trattato di una pianta locale e di ampia diffusione.

In effetti, i tentativi dei faraoni, soprattutto a partire dal NR, di impiantare l’olivo in Egitto (in modo particolare nel fertile BE, nel Fayyum e nella Tebaide) avevano una evidente carica culturale, ma probabilmente anche precisi scopi produttivi, per liberarsi dalla dipendenza di importare l’olio d’oliva (o anche, anzi, soprattutto, d’oleastro) per la fabbricazione dei profumi.

I contatti costanti con il Levante avranno tenuto costante la presenza di olio d’oliva in Egitto, specie nei periodi in cui l’area siro-palestinese veniva a trovarsi sotto il diretto controllo dell’autorità faraonica. Per queste fasi non è difficile

immaginare che uno dei prodotti più frequentemente sottoposti a commerci e bottini fosse soggetto a tassazione.

Nel sistema di raccolta e redistribuzione l’olio entra a far parte di una sorta di

circuito privilegiato, soprattutto nell’AR, quando le sostanze oleose e i grassi in

generale condividono nei magazzini reali gli stessi spazi con i tessuti. Nell’età

amarniana crescono in misura esponenziale le attestazioni di olio usato come

pagamento salariale, insieme alla birra e al pane. Le misure quotidiane di compenso

(3)

sono troppo importanti perché possa trattarsi di un pagamento legato al consumo immediato. I lavoratori delle necropoli (la classe meglio attestata) avranno usato questi prodotti per acquistarne altri, oltre che per conservarne una parte per uso personale. L’olio viene sistematicamente raccolto, insieme ad altre derrate durante il

‘cammino di Horus’, l’annuale viaggio faraonico per la riscossione dei tributi sulle terre e sui beni. I pescatori di Memfi, uno dei mercati maggiormente legati all’arrivo di merci siro-palestinesi, pagano (almeno alla fine del NR) tasse in olio sul pescato, segno di come all’imbocco del Delta l’approvvigionamento d’olio fosse una delle cifre economiche di maggior rilievo.

Con l’arrivo dei Persiani, il sistema fiscale viene sostanzialmente lasciato intatto, se non per la progressiva differenziazione che è operata tra tributi in natura e tributi in argento, concordemente con l’apparato achemenide. Il cd. ‘Palinsesto di Ahiqar’ dà uno spaccato dell’importanza, nell’esazione a carico del commercio estero, dell’olio, che era incassato su tutte le navi in entrata, ma soprattutto registrato alla fine di ogni mese insieme all’argento piuttosto che insieme alle altre tasse in natura. Come si è già detto, la ragione di questo va cercata nella non deperibilità dell’olio, eccetto che a scopo alimentare.

Nonostante lo stato generale degli studi sull’Egitto achemenide abbia risentito fino a non molti anni fa di un certo disinteresse, buona parte delle fonti aramaiche, prodotte per lo più dalle legioni di stanza a Elefantina, offre una notevole messe di notizie sulle necessità e gli usi legati a olii di vario genere, tra cui quello d’oliva, presente addirittura nelle doti delle spose, come sarà più tardi anche nell’Egitto ellenistico.

L’incontro del sistema fiscale visto finora con quello greco genera una macchina

fiscale molto complessa. I Greci tenderanno ad applicare in Egitto le ragioni della

logica tutta occidentale alle strutture solide dell’economia faraonica e satrapica. La

capacità tutta greca di fare dei pronostici sul futuro e di interrogarsi sull’andamento

di un 'affare', usando strumenti matematici anche rudimentali, trova un appiglio

molto solido nella fitta rete di uffici e nelle strutture burocratiche preesistenti. Fino

alla fine della III guerra siriana, il potere sul Levante e su una buona porzione di porti

e punti strategici nel resto del Mediterraneo orientale, garantisce ai Tolomei ricchi

rifornimenti di olio d’oliva, principalmente da Samo e Mileto.

(4)

L’olio perde a questo punto, almeno fino a Tolomeo V, il suo intrinseco potere d’acquisto, almeno per come lo si era visto fino a tutto il NR. Nuovi documenti dalla Tebaide testimoniano, oltre alla continuità del sistema fiscale di questa regione ribelle con il resto dell’Egitto, anche l’uso dell’olio d’oliva come forma di

pagamento per funzionari statali. Gli oliveti che Strabone vedrà più tardi abbondare nella regione erano probabilmente numerosi già in questo momento. E se si spendono delle cifre considerevoli per lavori di giardinaggio, non è solo per arricchire i propri giardini con un albero in qualche modo non più esotico, come nell’Egitto ‘dinastico’, se pure certamente evocativo. La ragione può ben risiedere anche in un uso

produttivo: un dato tanto più interessante se si considera che la comunità della Tebaide era costituita, in questo periodo, per lo più da popolazione locale.

È naturale che nessuna ipotesi di ordine economico-fiscale possa esser formulata senza tenere sempre sullo sfondo questioni di macro- e microeconomia. La scuola polanyiana, approdata all’Egittologia con Janssen, ha rinviato l’economia del Mondo Antico a una fase di 'pre-mercato', con una certa deviazione verso il primitivismo.

Per questa scuola, la liberalizzazione dei prezzi in relazione alla domanda/offerta è un’anomalia storica, riferibile al mondo occidentale europeo e nord-americano dalla rivoluzione industriale. I numerosi tentativi nella storia del Mondo Antico, di tenere sotto controllo i valori di mercato, furono molti spesso evasi nella prassi: da alcuni documenti neo-assiri si è visto chiaramente come i prezzi del grano, ad esempio, diminuissero in corrispondenza del raccolto e salissero via via.

516

Lo stesso accade, si è visto specificamente per l’età tolemaica, per l’olio in Egitto: a fronte di difficoltà di approvvigionamento i prezzi salgono e viceversa. Intorno al 2000 a.C. accade che dal testo letterario sumerico noto come «The course of Agade» siano tramandati aumenti esorbitanti dei prezzi di grano, olio lana e pesce a causa dell’interruzione delle comunicazioni che seguì l’invasione di Mardu (Ur III).

517

In Egitto, nei 'Tomb Robbery Papyri' (XIII sec. a.e.v.) una donna dichiara di aver accumulato una fortuna in oro vendendo orzo in un anno di carestia, quando la popolazione era affamata.

518

Per questa via si è giunti alla Prospect Theory di Kahnemann

519

e se ne è valutata

516 FALES 1978, 42.

517 SILVER 2004, 66.

518Ibidem.

519 TVERSKY, KAHNEMANN 1982.

(5)

l’aderenza al mondo antico, in particolare all’Egitto, dalle origini a tutta l’età greca così ben documentato a grandi linee e talvolta anche su mutamenti minori e

stratificati. Lo svincolamento da categorie riferibili a cronologie delimitate (per quanto ampi, come l’età ‘pre-’ o ‘post-industriale’), ancorate a teorie politiche, o finalmente dall’uso estensivo dell’analogia è il punto forte di quest’approccio.

L’esito immediato è stata un’analisi condotta per micro-settori, seguendo le linee di comunicazione e il percorso (delle informazioni) di mercato, prima ancora che le aree (piccole o grandi) geograficamente unitarie.

Tra gli strumenti di cui dispone l’economia contemporanea, la scienza statistica è entrata di fatto nell’insegnamento superiore solo da qualche decennio. È stato dimostrato come dei suoi principi non ci sia pressocché traccia nel repertorio di intuizioni di un individuo di media cultura, ancora oggi.

520

Ciò dato, in ambito microeconomico lo studio dei comportamenti e dei movimenti può far uso senza timori dell’analogia, tra mondo antico e moderno. Quel che osta in questa sede è piuttosto l’afferenza del fisco a ragioni e categorie macroeconomiche. Se la macroeconomia contemporanea segue rotte guidate anche dal calcolo delle

probabilità, non si può dire con certezza lo stesso del mondo antico. In primo luogo per la difficoltà di individuare (e non secondariamente, interpretare) proprio le direttrici economiche volontarie, e poi per l’assenza di uno studio complessivo della percezione del rischio nel mondo antico. La domanda è: in che modo, con il sistema fiscale, si cerca di programmare le risorse pubbliche per l’immediato futuro, piuttosto che rispondere alle esigenze economiche della comunità nel momento stesso in cui si attuano delle misure? Se alcune spese sono prevedibili (la costruzione di un tempio, l’ampliamento o la ristrutturazione di un’opera pubblica, il mantenimento della classe burocratica, etc.), altre sono fluttuanti e, per quel che ne sappiamo, gli antichi mancavano degli strumenti teorici per prevederle.

Il compimento della tesi registra dunque anche un limite: quello dell’ennesimo tentativo di tracciare una linea evolutiva di storia economica del Mediterraneo antico su base etnica. Pochi sono gli archivi e i documenti superstiti, pochi i luoghi

rappresentati, minore, naturalmente, la mia conoscenza: le forme compositive, sintattiche e lessicali dei gerghi commerciali mediterranei sono di un’ordinata arbitrarietà. Così succede che un papiro dell’archivio di Zenone abbia, in uno stile

520 TVERSKY, KAHNEMANN 1982, 6 e passim.

(6)

inconfondibile, la composizione dei documenti persiani, l’ordine degli elementi di quelli cappadoci neoassiri, termini egizi in caratteri greci.

521

Non deve stupire in nessun modo l’attuazione di leggi sostanzialmente inapplicabili come i monopoli delle R.Laws. È vero che, come si è visto, gli strumenti logici che possedevano i Tolomei per prevedere le entrate fiscali erano di semplice media aritmetica (come è vero il tentativo di programmare e sfruttarle al massimo delle prestazioni, questi strumenti), ma è anche vero che, allora come adesso, nell’attività del legislatore hanno un peso importante ed extraeconomico valori e principi etici e ideologici, che in molti casi provocano il naufragio delle norme se non l’effetto opposto a quanto con la legge ci si era prefissi.

È recente in Italia, solo per fare un esempio noto e prossimo, la promulgazione della Legge n. 187 del 2005 (nota anche con il nome di ‘Bossi-Fini’). La pretesa di regolare capillarmente l’ingresso e il soggiorno di extra-comunitari nel paese ha generato norme molto severe (come il rispetto di una quadratura minima di 45 m

2

ogni 4 persone per l’alloggio, la necessità di tempestiva comunicazione nel

cambiamento dello stesso, la registrazione presso le questure per soggiorni oltre gli 8 giorni, l’impossibilità di ottenere legalmente un lavoro qualora si soggiorni per motivi di salute di un familiare, nonché l’espulsione immediata per il non rispetto delle norme decretabile dal questore, senza sentenza del giudice). Ora, l’Italia del 2005 possedeva certamente strumenti di previsione e osservazione ben più sofisticati di quelli ellenistici. Ed era pienamente prevedibile il rischio di oberare oltre la soglia la macchina amministrativa e le questure in primo luogo. Eppure, la legge è stata promulgata. E, nel giro di pochi mesi, nonostante i cambiamenti ad alcuni degli articoli, osservatori internazionali registrano la continua evasione delle norme previste. Come succedeva, come succede, sono entrati in gioco fattori imponderabili di etica e ideologia. E non per questo si può dire dell’economia o della

giurisprudenza italiana che siano affette da primitivismo o non controllate da leggi di libero mercato, fluttuazione dei prezzi, e quant’altro.

Nel corso della tesi si sono analizzati alcuni usi dell’olio, l’identità dei suoi vettori commerciali, il suo posto nella società e nell’amministrazione. Si è visto come l’olio d’oliva rimanesse nel corso di quasi 3 millenni in Egitto sempre un bene ambito e

521 Cfr. PESTMAN 1981, Introduction.

(7)

prezioso. E come, all’inizio della sua storia egiziana, l’olio (di ogni genere) sia stato usato come strumento di pagamento. L’olio riacquisterà il potere d’acquisto solo dopo la crisi economica che succede a Tolomeo

V

. A Memfi tornerà a comparire tra gli alimenti delle spose nel 131, dopo un lungo periodo in cui era stata versata in denaro e in emmer (Triticum dicoccum L.), una specie locale di graminacea.

522

Una vera e propria coltura olivicola, in cui sarà finalmente l’olivo il protagonista tra le piante oleifere, avverrà solo in età antonina. Quando, dopo l’epidemia di vaiolo del 165 d.C., in Egitto si abbasserrà la densità abitativa e arriveranno cospicui aiuti da Roma, questi saranno usati in loco per foraggiare produzioni più redditizie come l’olivo e la vite, a scapito del grano e delle mire imperiali.

522 P.Leid. 373a (131); P.B.M. 10229 (78). Cfr. THOMPSON 1988, 181.

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