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Utilita diagnostica dell'ormone antimulleriano (Anti-Mullerian Hormone, AMH) nell'inquadramento della Sindrome dell'Ovaio Policistico (PCOS): un valore aggiunto?

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INDICE

RIASSUNTO

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INTRODUZIONE

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Ormone Antimulleriano (AntiMüllerian Hormone, AMH) 6

AMH: struttura e meccanismo d'azione 6

L’AMH nei vari stadi della vita della donna 7

Ruolo dell’AMH nella valutazione della riserva ovarica 8

AMH come indicatore di invecchiamento ovarico nel corso della vita riproduttiva 11 AMH come marcatore di insufficienza ovarica prematura 14

AMH come predittore di successo nelle tecniche di riproduzione assistita 15

Sviluppo di saggi immunologici per il dosaggio di AMH 16

Sindrome dell’Ovaio Policistico (PCOS) 18

PCOS, complicanze metaboliche e AMH 21

AMH e PCOS: lo stato dell’arte 23

SCOPO DELLO STUDIO

26

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Soggetti 27

Analisi di laboratorio 29

Ecografia 30

Analisi statistica 30

RISULTATI

31

Sensibilità e valori soglia di AMH, OV, e FNPO per la diagnosi di PCOS 33

DISCUSSIONE

38

CONCLUSIONI

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BIBLIOGRAFIA 43

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RIASSUNTO

L’Ormone Anti-Mülleriano (Anti-Müllerian Hormone, AMH) è una glicoproteina appartenente alla famiglia del TGF-Beta. L’AMH gioca un ruolo fondamentale nella regressione dei dotti di Müller negli embrioni di sesso maschile. Nelle femmine esso è secreto dalle cellule della granulosa ovarica dei follicoli preantrali e dei piccoli follicoli antrali. I valori sierici sono quasi impercettibili durante l'infanzia e poi rapidamente aumentano con l'inizio della pubertà. La misurazione dei livelli di AMH durante la vita riproduttiva della donna rappresenta uno strumento ideale per la valutazione della riserva ovarica. Inoltre, i valori sierici di AMH sono anche strettamente correlati con la conta dei follicoli antrali (AFC) visualizzati ecograficamente nella fase follicolare del ciclo. Poiché il numero e la qualità degli ovociti diminuiscono nell’arco della vita riproduttiva, anche le concentrazioni sieriche di AMH diminuiscono gradualmente e diventano pressoché indosabili in menopausa. La Sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è un disordine endocrino che interessa circa il 5-10% delle donne in età riproduttiva. La sindrome si manifesta a partire dall’adolescenza con una sintomatologia endocrino-metabolica eterogenea caratterizzata da irregolarità mestruali, irsutismo e acne, obesità e iperinsulinemia. Questo studio retrospettivo si propone di valutare l’utilità diagnostica dell’AMH nell’inquadramento della sindrome dell'ovaio policistico (PCOS) confrontandola con quella di due parametri ecografici quali il numero di follicoli per ovaio (FNPO) ed il volume ovarico (OV). In questo lavoro i valori dei suddetti parametri sono stati

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analizzati in 113 donne con diversi fenotipi di PCOS ed in 47 controlli. Successivamente il potere diagnostico del dosaggio di AMH è stato confrontato con quello dei criteri ecografici. Utilizzando le curve ROC sono stati stabiliti i valori soglia dell’ AMH (> 4,7 ng/ml) e dei parametri ecografici (numero di follicoli per ovaie > 22 e volume ovarico > 8 cc) per la diagnosi di PCOS. In tutte le pazienti considerate, l’AMH ha mostrato una sensibilità pari al 79%; mentre i valori per FNPO e OV erano rispettivamente del 93% e del 68%. La specificità variava invece dall’ 85% al 96%. Nella PCOS anovulatoria, l’AMH ha evidenziato una sensibilità del 91%, mentre i corrispettivi per FNPO e OV erano rispettivamente del 92% e del 72%. Nel fenotipo ovulatorio, invece, la sensibilità dell’AMH era solo del 50%, mentre FNPO e OV avevano mostrato valori pari al 95% e al 50% rispettivamente. Nel fenotipo non iperandrogenico, la sensibilità dell’AMH era del 53% mentre per FNPO e OV sono stati evidenziati valori pari al 93% ed al 67%. In conclusione, l’AMH non sembra essere utile come ausilio diagnostico per tutti i soggetti con sindrome dell'ovaio policistico ma può avere un significato nella diagnosi della patologia in donne appartenenti al fenotipo anovulatorio. Tuttavia, il parametro ecografico FNPO era altamente sensibile in tutti i fenotipi ed il miglior criterio diagnostico in tutti i soggetti studiati, confermando l'importanza del ruolo dell’ecografia come supporto alla diagnosi di PCOS.

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INTRODUZIONE

Ormone Anti-Mulleriano (Anti-Müllerian Hormone, AMH)

AMH: struttura e meccanismo d'azione

L'Ormone Anti-Mulleriano (Anti-Müllerian Hormone, AMH) è una glicoproteina dimerica di 140 KDa appartenente alla famiglia del TGF-Beta. Prima di essere secreto, l'ormone nella sua forma matura va incontro a fenomeni di glicosilazione e dimerizzazione fino a produrre due subunità monomeriche identiche di 72 KDa unite da ponti disolfuro. Ogni monomero contiene un dominio N-terminale (pro-regione) e un dominio C-terminale (regione matura) nel quale si ritiene che risieda la bioattività della molecola (1). Durante il passaggio nel citoplasma, tra il 5% e il 20% della molecola di AMH viene clivato a livello di un sito specifico tra la regione N-terminale e quella C-N-terminale di ciascun monomero per formare due polipeptidi di 58 KDa e 12 KDa uniti da legame non covalente. Il gene che codifica per l'AMH, sequenziato e isolato nell'uomo, è localizzato sul braccio corto del cromosoma 19 (2). Gli organi bersaglio dell'AMH in entrambi i sessi sono le gonadi e, nel maschio, i dotti di Muller. Nel 1994 Di Clemente e collaboratori hanno isolato e caratterizzato la struttura del recettore specifico dell'AMH (3). Dal momento che tale sostanza appartiene alla famiglia del TGF-Beta, si pensa che essa usi gli stessi meccanismi di trasduzione del segnale identificati per gli altri fattori appartenenti alla stesso gruppo come il TGF-Beta stesso, l'Attivina e le Proteine Morfogenetiche dell'Osso (BMPs) i quali agiscono attraverso il legame a recettori (tipo I e tipo II) ad attività

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serina-treonina chinasica. In particolare, il recettore di tipo II (AMHRII) si lega al suo ligando ed è coespresso con il recettore di tipo I (AMHRI) che è a sua volta fosforilato da AMHRII. A questo punto il complesso ormone-recettore è attivato e successivamente fosforila le proteine Smad le quali traslocano a livello nucleare dove direttamente o indirettamente regolano l’espressione genica. Finora è stato identificato un solo tipo di AMHRII che sembra essere specifico e necessario per la via di segnalazione dell’AMH (4). Il gene che codifica per tale recettore è localizzato sul braccio lungo del cromosoma 12 ed è specificamente espresso a livello delle gonadi e delle cellule mesenchimali adiacenti ai dotti di Muller (5). Inoltre, sono stati identificati tre tipi di AMHRI che sembrano essere coinvolti nella regressione dei dotti di Muller indotta dall’AMH mentre deve essere ancora chiarito il loro eventuale ruolo nella via di segnalazione dell’AMH a livello ovarico (6).

L’AMH nei vari stadi della vita della donna

Durante la vita fetale, l’AMH svolge un importante ruolo nel processo di differenziazione sessuale. Nel feto di sesso maschile, esso è prodotto dalle cellule del Sertoli localizzate nel testicolo ed è responsabile della regressione dei dotti di Muller che nel feto femmina danno origine alle tube, all’utero ed al terzo superiore della vagina (7,8). L’AMH è invece assente durante la differenziazione sessuale del feto femmina e la sua espressione da parte delle cellule della granulosa ovarica inizia dopo la 36esima settimana di vita intrauterina (9). Nelle femmine, i valori circolanti di AMH sono quasi indosabili alla nascita con un leggero incremento entro il primo anno di vita. Con l’avvento della pubertà e la conseguente attivazione dell’asse

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ipotalamo-ipofisi-ovaio si assiste, oltre all’aumento della sintesi di estradiolo, anche all’incremento dei livelli di AMH il quale regola la crescita e lo sviluppo dei follicoli ovarici ed è considerato l’indice per eccellenza del reclutamento follicolare (10). Esso è prodotto principalmente dalle cellule della granulosa ovarica dei follicoli pre-antrali e dei piccoli follicoli antrali continuando ad essere costantemente espresso nei follicoli ovarici in via di sviluppo finchè essi non raggiungono il diametro di 4-6 mm (11). Negli stadi di maturazione successivi, l’ulteriore crescita follicolare è controllata dall’azione dell’FSH (12). L’espressione di AMH scompare nei follicoli di dimensioni maggiori ed è quasi indosabile in quelli di diametro superiore a 8 mm (13). Con la diminuzione del numero dei follicoli antrali, che si verifica con l'invecchiamento, i livelli sierici di AMH diminuiscono e diventano pressochè indosabili vicino alla menopausa (14).

Ruolo dell’AMH nella valutazione della riserva ovarica

Il principale ruolo fisiologico svolto dall’AMH a livello ovarico sembra essere mirato all’inibizione del reclutamento dei follicoli primordiali, in modo da impedire l'esaurimento prematuro della riserva follicolare. Sia esperimenti in vitro che in vivo hanno infatti indicato che il passaggio dal follicolo primordiale agli stadi di maturazione successivi viene potenziato in assenza di AMH (15).

Inoltre, l'inibizione della sensibilità all’ FSH da parte dell’AMH è un passo decisivo nella selezione follicolare e può verificarsi a causa della espressione variabile dei recettori per l’AMH tra i piccoli follicoli antrali reclutati. In tali circostanze, solo i follicoli con bassa espressione di AMH diventano sensibili all’FSH, e tra questi

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soltanto uno sarà quello dominante. Pertanto, l’ormone sembra agire come un fattore autocrino che regola la selezione del follicolo dominante. Studi recenti suggeriscono anche un ruolo dell’ AMH come co-regolatore della steroidogenesi nelle cellule della granulosa, dal momento che i livelli di AMH sembrano essere legati ai livelli di estradiolo presenti nel liquido follicolare dei piccoli follicoli antrali (16). Ciò è confermato in uno studio che ha dimostrato che polimorfismi nel gene di AMH o di AMHRII sembrano essere correlati ai livelli di estradiolo nella fase follicolare, suggerendo un probabile ruolo dell’AMH nella steroidogenesi ovarica FSH-indotta (17). Recentemente, l’ormone anti-Mulleriano è stato introdotto nella pratica clinica come nuovo marker di riserva ovarica. L’arrivo dell’AMH come strumento di screening è relativamente recente, ma presenta vari vantaggi rispetto alla metodiche precedenti. Innanzitutto, sembra che quest’ormone sia il primo marker a cambiare in seguito all’avanzare dell’età e che quindi sia in grado di identificare la diminuzione della funzione ovarica prima delle tecniche tradizionali. Studi longitudinali hanno infatti riscontrato che le concentrazioni sieriche di AMH, se valutate in donne giovani normo-ovulatorie, diminuiscono nel tempo, mentre altri markers associati all’invecchiamento ovarico non si modificano affatto (10; 18). E’ stato notato come i livelli sierici di AMH testati in un gruppo di 41 donne in due tempi con un intervallo di circa 2,6±1,7 anni diminuiscono in maniera significativa, evidenziando una correlazione negativa tra l’età e i livelli di AMH. Inoltre è stata dimostrata una forte correlazione con la conta ecografica dei follicoli antrali (AFC) (19). A differenza dell’FSH, l’AMH non necessita di un giorno particolare del ciclo in cui essere

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misurato, in quanto ha una ridotta variabilità nelle sue concentrazioni durante un intero ciclo mestruale e tra i vari cicli. Usando un saggio immuno-enzimatico (ELISA) Elgindy e collaboratori hanno individuato valori medi di 1.4±1.1 ng/ml, 1.43±1.08 mg/ml e 1.35±1.02 ng/ml rispettivamente in fase follicolare, ovulatoria e luteale (20), corroborando i risultati di studi precedenti e confermando l’assenza di effetto di FSH e LH sulla produzione di AMH. Allo stesso modo Tsepelidis e collaboratori hanno ottenuto valori medi di 2.4±1.1 ng/ml lungo tutto il ciclo mestruale in donne normoovulatorie (21). La riproducibilità tra i cicli è stata dimostrata da Fanchin che ha studiato l’andamento dell’AMH in donne subfertili di età compresa tra i 20 e i 40 anni e ha dimostrato minori variazioni nei livelli serici tra cicli consecutivi rispetto a quelli riscontrati con l’FSH, l’inibina B e l’estradiolo, in aggiunta all’AFC. In questo studio è stata inoltre riscontrata una correlazione positiva tra la risposta all’induzione dell’ovulazione e l’iniziale AFC, ma questo marker è risultato essere più suscettibile alle variazioni tra i cicli (22). Studi recenti hanno orientativamente indicato valori di riferimento per l’ormone anti-Mulleriano. Tremellen e collaboratori hanno costruito una curva per l’AMH e hanno dimostrato che l’ormone diminuisce dopo i 30 anni di età, un fatto non osservato con la stessa intensità per l’FSH, che tende a salire oltre i valori basali in fase follicolare del ciclo mestruale solo quando la riserva ovarica è significativamente esaurita e la funzione ovarica già compromessa (23). Gli studiosi hanno anche riscontrato una significativa differenza nei livelli medi di AMH tra le poor e good responders (≤4 e ≥ 8 di ovociti aspirati rispettivamente). Valutando il valore predittivo della scarsa risposta, gli autori

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hanno riscontrato valori pari all’80% di sensibilità e all’85% di specificità, con valore predittivo positivo e negativo di 67% e 92% rispettivamente, per un cut-off di 8,1 pmol/L (1.13 ng/ml) ed hanno concluso che l’AMH è più sensibile rispetto ad altri markers (23). Considerando invece come cut-off il valore di 0.25 ng/ml, la sensibilità dell’AMH è del 98% e la specificità è del 90.9% con un valore predittivo positivo e negativo rispettivamente di 96,8% e 76.9% (24). La Marca e collaboratori hanno ratificato l’uso dell’AMH come predittore di scarsa risposta dimostrando l’80% di sensibilità e il 93 % di specificità in cicli di PMA quando è considerata una soglia di 0,75 ng/ml (25). La stessa conclusione è stata raggiunta anche considerando valori soglia più elevati (26). Quindi, l’AMH è un parametro endocrino unico per l'indagine della riserva ovarica (22). Attualmente l’unico limite all’impiego dell’AMH nella valutazione routinaria della riserva ovarica in donne da sottoporre a PMA è la mancanza effettiva di valori di riferimento e di cut-off standardizzati, anche eventualmente associati sia alla conta follicolare che ad altri marker, come l’FSH basale.

AMH come indicatore di invecchiamento ovarico nel corso della vita riproduttiva

Le attuali tendenze della società moderna hanno portato a posticipare l’età della prima gravidanza e ad aumentare di conseguenza il ricorso a tecniche di Riproduzione Assistita (27). In questa prospettiva, la valutazione della riserva ovarica diventa di interesse fondamentale per le donne che si rivolgono a Centri di riferimento per la fertilità femminile.

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Come già accennato, con il passare degli anni nella donna si osserva una graduale diminuzione della quantità e qualità degli ovociti che risiedono all'interno dei follicoli, accompagnata da una concomitante diminuzione della concentrazione sierica di AMH (15). È stato dimostrato che i livelli di AMH sono fortemente correlati con la conta dei follicoli antrali e sono più affidabili nel predire la quota di ovociti rispetto all'età della donna e ad altri marcatori sierici convenzionali (FSH, estradiolo) (28). Recentemente due studi hanno esaminato le distribuzioni specifiche per età dell’AMH nella popolazione femminile (29,30). Nelle donne, tra i 25 e i 35 anni di età, la diminuzione media del valore mediano del siero AMH è di 1,4 pmol / L (0,2 ng/mL) all'anno, mentre dopo i 35 anni, la diminuzione media annua è di 0,7 pmol/L (0,1 ng / mL). Durante gli anni che precedono la fine del ciclo mestruale, gli ovociti sono sottoposti a un tasso accelerato di esaurimento fino a quando il loro pool è in gran parte esaurito. Uno studio suggerisce che questo processo inizia quando il totale del numero di ovociti raggiunge circa 25.000 e che la donna, in condizioni fisiologiche, raggiunge questa soglia a circa 37-38 anni di età (31). Alla menopausa, il numero di ovociti è diminuito ad alcune centinaia (32).

La mancanza di valori di riferimento di AMH nella popolazione femminile sana in età riproduttiva è dovuta principalmente al fatto che i dati sono stati ottenuti da cliniche e/o centri di riferimento per la medicina riproduttiva in cui la maggior parte delle donne viene sottoposta a tecniche di Procreazione Medicalmente Assisitita. Shebl e collaboratori hanno osservato i livelli sierici basali di AMH basale in donne presumibilmente sane con cicli ovulatori in età riproduttiva che hanno partecipato ad

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un programma di PMA a causa di un fattore di sterilità maschile (30). Sono stati pubblicati più recentemente altri due studi che hanno proposto un modello matematico per lo studio dei livelli sierici di AMH in relazione all’età (33,34). Secondo Nelson e collaboratori, i valori dell’ormone considerati in termini di valore assoluto mostrano la maggiore eterogeneità in donne più giovani, suggerendo che in questi soggetti è presente una più ampia gamma di follicoli che esprimono AMH rispetto alle donne più anziane. Inoltre gli studiosi hanno osservato una significativa diminuzione di AMH in relazione all’età e hanno rappresentato questi dati con un modello matematico espresso dalla seguente equazione di secondo grado: log AMH =

a + (b x Età) + (c x Età²). In questa equazione, log AMH è il logaritmo naturale di

AMH, a = 1,932 (intervallo di confidenza al 95% [IC], da 1,891 a 1,973), b = -0,138 (IC da -0,149 a -0,127) e c = -0.003 (IC da -0.005 a -0,002 ) (33). Questo nomogramma potrebbe essere utile per meglio valutare la capacità riproduttiva delle pazienti infertili. Nello studio successivo, Kelsey e collaboratori hanno pubblicato il primo modello valido che descrive l’andamento dei livelli di AMH nel siero di donne sane dal concepimento alla menopausa. Essi hanno osservato che le concentrazioni diminuiscono poco dopo la nascita, aumentano leggermente a circa due anni di età e quindi aumentano in modo significativo con l'inizio della pubertà. È interessante notare, come gli autori suggeriscono, che i livelli sierici di AMH raggiungono un picco a circa 24,5 anni e quindi diminuiscono gradualmente, in modo non lineare, durante il periodo di vita riproduttiva femminile (34).

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Per anni, i livelli sierici di FSH e di estradiolo sono stati i marcatori biochimici più importanti nella valutazione della diminuzione funzione ovarica, ma i risultati più favorevoli sono stati ottenuti utilizzando l’AMH come marcatore, perché esso riflette la riserva follicolare nel suo complesso, compresi i follicoli ancora inattivi e quelli nella fase di transizione dallo stadio primordiale a quello antrale iniziale . È stato ipotizzato che un valore soglia di 2,8 pmol / L (0,39 ng / mL) per l’AMH ha la sensibilità e specificità ottimale per la previsione dell’insorgenza della menopausa entro sei anni, con un valore predittivo positivo di 0,90 (95% CI, 0,81-0,96) e un valore predittivo negativo di 0,76 (95% CI, 0,65-0,86), rispettivamente (35).

AMH come marcatore di insufficienza ovarica prematura

Si ritiene che l'esaurimento follicolare diventa evidente nella quarta decade di vita della donna quando si verificano cambiamenti nell'ambiente ovarico, anche se la maggior parte delle donne di quell'età continua ad avere cicli mestruali apparentemente normali (36). Uno studio recente condotto in una popolazione di donne presumibilmente sane ha dimostrato che in circa il 5% di donne di ogni età, i livelli sierici di AMH sono inferiori a 7 pmol / L (1 ng / mL) (37). Questa scoperta ha indubbiamente sottolineato il fatto che tutti i sottogruppi di età comprendono donne con una ridotta riserva ovarica e che anche le giovani donne sono a rischio di diminuzione del potenziale riproduttivo.

L'insufficienza ovarica precoce è clinicamente definita come la completa assenza di cicli mestruali prima dei 40 anni, con livelli di FSH superiori a 40 IU / L associati a valori di AMH al di sotto della soglia di menopausa o anche indosabili nella maggior

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parte dei casi (37). L'invecchiamento ovarico precoce rappresenta un grado più lieve di disfunzione gonadica che si caratterizza per livelli basali di FSH <12 IU /L e / o AMH anormalmente basso rispetto all'età della donna (36,37). Si è sostenuto che l’AMH offre una migliore specificità clinica per il fatto che l'FSH è per lo più indicativo di follicoli gonadotropina-sensibili nella fase avanzata del loro sviluppo poco prima dell'ovulazione (38). In altre parole, l’AMH e l’ FSH riflettono in modo diverso la riserva ovarica nelle diverse fasi della vita.

I risultati di prestigiosi studi recenti del Gleicher postulano che la tripletta CGG (citosina-guanina-guanina) che si ripete sul gene FMR1 (X Fragile) è correlata con specifici parametri di riserva ovarica, con l’invecchiamento ovarico precoce e con l’infertilità nelle giovani donne (39). Le associazioni significative tra i genotipi di FMR1 ed i livelli di AMH potrebbero consentire in futuro di fare previsioni sulla riserva ovarica funzionale già in giovane età (40).

AMH come predittore di successo nelle tecniche di riproduzione assistita

La riproducibilità di AMH tra cicli consecutivi nella stessa paziente, a differenza di FSH, estradiolo e inibina B, permette agli Specialisti di avere un marcatore sierico affidabile per prevedere la risposta ovarica in cicli di riproduzione assistita. Molti dati mostrano una correlazione forte e positiva tra i livelli sierici basali di AMH e il numero di ovociti recuperati nelle donne sottoposte a stimolazione ovarica (27). Inoltre, il valore sierico basale di AMH e la conta dei follicoli antrali (AFC) hanno mostrato una potenza simile nel prevedere il numero di ovociti recuperati (27,41). In una meta-analisi di circa 30 studi, le curve ROC per la predizione della risposta

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ovarica non hanno indicato alcuna differenza significativa tra AMH e AFC in termini di valore predittivo (42). Il numero di follicoli sviluppati e il numero di ovociti recuperati sono due dei criteri più importanti per la definizione di scarsa risposta in donne sottoposte a stimolazione ovarica per fertilizzazione in vitro (IVF) (27).

Per esempio, Barad e collaboratori hanno scoperto che un valore di AMH pari a 3,5 pmol / L (0,5 ng / mL) potrebbe prevedere il recupero di meno di quattro ovociti con una specificità dell’84% e una sensibilità dell’87% (38). A questo valore discriminatorio di AMH, i valori predittivi positivi e negativi erano 79,4% e 90% rispettivamente. Al contrario, un valore di FSH> 12 IU / L aveva una sensibilità del 64,5% e una specificità del 82,2%, con valori predittivi positivi e negativi del 71,4% e 77%, rispettivamente (41). In ultima analisi è importante, tuttavia, stabilire se la valutazione di AMH può prevedere la possibilità di gravidanza in cicli di fecondazione in vitro. Gleicher e collaboratori hanno dimostrato che le massime inflessioni della curva ROC, che indicano rispettivamente le migliori e peggiori possibilità di gravidanza in donne con ridotta riserva ovarica (DOR) indipendentemente dall'età, sono state osservate per valori di AMH pari a 1.05 ng / ml, anche se nati vivi sono stati ottenuti anche con livelli di AMH indosabile (43).

Sviluppo di saggi immunologici per il dosaggio di AMH

Il primo immunodosaggio di AMH utilizzava una coppia di anticorpi monoclonali contro AMH umano ricombinante, entrambi diretti contro epitopi nella regione pro (44). Tuttavia, l'uso di questo dosaggio ha mostrato variabilità nelle concentrazioni di AMH a causa di problemi nello stoccaggio e per l'instabilità dovuta allo

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scongelamento. Il secondo tipo di dosaggio utilizzava una coppia di anticorpi monoclonali, uno diretto alla regione pro e l'altro alla regione matura della molecola AMH (45). Un terzo test, sviluppato più recentemente, utilizza una coppia di anticorpi monoclonali diretto contro epitopi nella regione pro (46). Il nuovo test AMH Gen II utilizza una coppia di anticorpi monoclonali diretti contro epitopi nella regione matura dell' AMH (47). Il vantaggio di questo saggio è che i valori misurati non sono influenzati dalla proteolisi di AMH nel campione dal momento che la regione matura è più stabile contro la proteolisi rispetto alla regione pro forse a causa dei suoi residui multipli di cisteina (47). Inoltre, il saggio Gen II misura l’AMH nell'uomo, nella scimmia, nei bovini ed in altre specie di mammiferi con prestazioni migliori. La quantità più bassa di AMH che può essere rilevata in un campione con il 95% di probabilità è pari a 0,57 pmol / L (0,08 ng / mL). Gli anticorpi monoclonali sono stati sviluppati contro gli epitopi della regione matura dell’AMH, che impedisce qualsiasi reazione incrociata con inibina A, LH e FSH a 2 volte la loro concentrazione fisiologica. Inoltre, le potenziali sostanze interferenti con la matrice sierica (emoglobina, trigliceridi e bilirubina) non deteriorano i limiti accettabili di differenza (± 10%) del valore del campione di controllo (48).

Il Test AMH Gen II, sviluppato da Beckman Coulter Company (Beckman Coulter Inc., California, Stati Uniti d'America), utilizza anticorpi sviluppati da Diagnostic Systems Laboratories (DSL Inc., Texas, USA) ed è stato standardizzato per la calibrazione Immunotech (Immunotech u.s., Repubblica Ceca) (47).

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2. Sindrome dell’Ovaio Policistico (PCOS)

La Sindrome dell'Ovaio Policistico (PCOS) è un disordine endocrino-metabolico che, interessando il 5-10% (49) della popolazione femminile in età fertile, costituisce verosimilmente la più comune endocrinopatia dell’età riproduttiva. La prima descrizione della PCOS fu fatta nel 1935 da Stein e Leventhal, che delinearono la classica triade sintomatologica:

 oligo-amenorrea;  irsutismo;  sterilità.

Passarono molti anni prima che si arrivasse a stabilire, visto che la PCOS è una sindrome e come tale non definibile in maniera univoca, la necessità di ben precisi criteri diagnostici. Nel 1990 i National Institutes of Health (NIH) identificarono come criteri fondamentali per la diagnosi la presenza di:

 anovulazione cronica;

 iperandrogenismo clinico e/o biochimico;

 esclusione di altre cause di iperandrogenismo: iperplasia surrenale congenita, iperprolattinemia, disfunzioni tiroidee, tumori secernenti androgeni.

Nel 2003 il Rotterdam ESHRE (European Society of Human Reproduction and Embryology) /ASRM (American Society or Reproductive Medicine) PCOS

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Consensus Workshop Group ha proposto una revisione dei criteri diagnostici, definendo PCOS la presenza di almeno due dei seguenti criteri (50):

 oligo-anovulazione;

 iperandrogenismo clinico (acne, seborrea, alopecia, irsutismo) e/o biochimico;  policistosi ovarica determinata ecograficamente

Sulla base di tali criteri, i possibili fenotipi sono quattro (51):

1. Iperandrogenismo clinico e/o biochimico ed oligoanovulazione cronica, con policistosi ovarica (PCOS “classica” o “PCOS NIH”);

2. Iperandrogenismo clinico e/o biochimico ed oligoanovulazione cronica, senza policistosi ovarica;

3. Iperandrogenismo clinico e/o biochimico e policistosi ovarica, con cicli ovulatori (PCOS “ovulatoria” od “ovulatory PCOS”);

4. Anovulazione cronica e policistosi ovarica, con assenza di iperandrogenismo clinico e /o biochimico.

Va precisato che i criteri ecografici per la definizione di ovaio policistico consistono nell’evidenza di almeno 12 follicoli di diametro compreso tra 2 e 9 mm e/o del volume ovarico superiore ai 10 cc. Infatti, utilizzando un cut-off di 12 come numero di follicoli per ovaio (FNPO), è stato diagnosticato il 75% dei casi di PCOS , mentre il 99% delle donne normali erano sotto questo valore soglia (52). La misurazione del volume ovarico deve avvenire in assenza di formazioni funzionali o patologiche nel contesto del parenchima ovarico e deve essere possibilmente effettuata utilizzando

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una sonda ecografica con frequenza ≥ 8 MHz (53). Ai fini diagnostici è sufficiente che un solo ovaio soddisfi una di queste due caratteristiche (54). Molti studiosi partecipanti alla Consensus Conference di Rotterdam hanno ritenuto che l'introduzione di tali criteri ecografici aiuterebbe a standardizzare la diagnosi di PCOS in tutto il mondo. Tuttavia altri sono ancora riluttanti, soprattutto perché il conteggio di FNPO può non essere facile da ottenere con sufficiente affidabilità per ogni gruppo, e anche perché è ancora dibattuto se un FNPO maggiore di 12 è specifico di ovaie policistiche (PCO) (55).

I criteri di Rotterdam estendevano la definizione di PCOS ad un numero più ampio di donne, anche con fenotipi fino a quel momento non presi in considerazione, con il risultato di una sovrastima della sindrome. Tali criteri furono inizialmente accolti in un clima di generale scetticismo, sia perché solo pochi ricercatori mettevano in conto la possibile esistenza di forme di PCOS senza iperandrogenismo, sia perchè pazienti con questo fenotipo non mostravano le tipiche associazioni metaboliche di quelle iperandrogeniche. Nonostante tutto, proprio perché enfatizzano il concetto che alla diagnosi “PCOS” corrispondono differenti combinazioni sintomatologiche, i criteri di Rotterdam costituiscono la pietra miliare della diagnosi di PCOS e sono comunemente utilizzati nella pratica clinica ( 56).

Secondo l’Androgen Excess Society (AES, 2006), che considera la PCOS come un disordine prevalentemente iperandrogenico (57), la diagnosi può essere formulata laddove siano verificati tutti i seguenti criteri:

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disfunzione ovarica: oligo-anovulazione e/o ovaie policistiche;

esclusione di altre cause di eccesso androgenico o disordini collegati (58).

Tali criteri sono complessivamente sovrapponibili a quelli di Rotterdam, dai quali si differenziano solamente per l’esclusione del fenotipo “policistosi più oligomenorrea”, ritenuto dai più non classificabile come PCOS. Inoltre, riguardo alle caratteristiche ecografiche dell’ovaio queste nuove linee guida hanno stabilito una soglia di numero di follicoli per ovaio (FNPO) per la diagnosi di PCOS superiore a 25 quando si utilizza un trasduttore con una frequenza ≥8 MHz (53). Qualora un dispositivo di questo tipo non fosse disponibile, è consigliabile considerare il volume ovarico (OV) piuttosto che FNPO come parametro ecografico.

PCOS, complicanze metaboliche e AMH

La sindrome dell'ovaio policistico è associata anche ad alterazioni metaboliche. L'incidenza del diabete mellito di tipo 2 è 10 volte più alta nelle donne con sindrome dell'ovaio policistico rispetto alle donne sane negli USA (59). Inoltre, dal 30 al 50% delle donne con PCOS possono sviluppare intolleranza al glucosio o diabete mellito di tipo 2 dopo l'età di 30 anni. (60). L'incidenza della sindrome metabolica è da due a tre volte superiore tra le donne con PCOS rispetto alle donne sane della stessa età e indice di massa corporea (BMI), mentre il 20% delle donne con PCOS di età inferiore ai 20 anni ha già manifestato la sindrome metabolica (61). Inoltre è stato osservato che il rischio di infarto miocardico è doppio tra le donne in postmenopausa con iperandrogenismo e una storia di grave oligomenorrea rispetto alle donne che presentavano cicli mestruali regolari (62). Un gran numero di pazienti con PCOS

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hanno insulino-resistenza ed iperinsulinemia compensatoria. E' stata osservata una correlazione positiva tra i livelli di AMH e i valori HOMA-IR nelle donne affette dalla sindrome (63) anche se questo dato non è stato confermato da altri studi (64,65). E' stato inoltre evidenziato che il trattamento delle donne PCOS obese con metformina determina la riduzione degli androgeni e dei livelli di AMH, senza peraltro alcuna diminuzione significativa del numero dei follicoli (66,67). D'altra parte, è stato recentemente riportato che il trattamento di sei mesi con desametasone e metformina associato a modificazioni dello stile di vita non modifica i livelli di AMH (68). È noto che essi diminuiscono con l'età nelle donne con normali cicli ovulatori. Un simile calo si osserva anche nelle donne con sindrome dell'ovaio policistico, anche se in queste pazienti avviene più lentamente nel tempo (67). Ciò potrebbe indicare che l'invecchiamento ovarico è rallentato in donne con PCOS, probabilmente a causa dell'effetto negativo dell'AMH sul reclutamento dei follicoli primordiali. Più alti livelli di AMH sono stati osservati nelle ragazze adolescenti di età compresa tra 12 e 18 anni, con sindrome dell'ovaio policistico rispetto ai controlli (69) Inoltre, concentrazioni aumentate dell'ormone sono state trovate in bambine di età compresa tra i 4 ed i 7 anni nate da madri con PCOS (70). La prova che fattori ereditari contribuiscono alla patogenesi della sindrome è evidente anche in studi condotti su animali i quali mostrano che l'esposizione prenatale a livelli aumentati di androgeni può portare a generare prole con caratteristiche di PCOS (71,72). Anche se questi dati supportano un contributo genetico alla patogenesi della sindrome, una componente ambientale non può essere esclusa considerando sia la suddetta esposizione prenatale

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ad alti livelli di androgeni sia altri fattori sconosciuti eventualmente implicati. Lo stress ossidativo è stato recentemente implicato nella patogenesi dell'anovulazione (73). Uno studio recente ha osservato che in donne con PCOS anovulatoria sembra essere aumentato lo stress ossidativo così come i prodotti finali della glicazione (AGEs) (74). Aumentati livelli sierici di AGEs sono un reperto caratteristico nelle donne magre con sindrome dell’ovaio policistico. Una correlazione diretta tra PCOS, processo anovulatorio e AGEs è supportata dall’evidenza di un aumento dei livelli sierici di AGEs e una maggiore espressione dei loro recettori nei macrofagi (RAGE) (75), così come la loro deposizione aumentata nel tessuto ovarico di donne affette da PCOS (76). Ancora più rilevante è la correlazione positiva tra i valori di AMH e AGEs in donne di peso normale con PCOS (77). In questo studio, le concentrazioni di AMH e di AGEs sono state valutate in donne con PCOS ovulatoria, in pazienti con PCOS anovulatoria, in donne anovulatorie non affette dalla sindrome e nei controlli sani. I livelli delle sostanze analizzate erano significativamente più alte nel gruppo delle PCOS anovulatorie rispetto agli altri gruppi presi in esame. Gli autori hanno suggerito quindi un possibile contributo dell’AMH e degli AGEs al meccanismo di anovulazione nelle donne con sindrome dell’ovaio policistico (77).

AMH e PCOS: lo stato dell’arte

Come già precedentemente descritto, dati sperimentali ottenuti su animali, hanno evidenziato che le funzioni principali dell’AMH sono le seguenti: 1) inibizione del reclutamento dei follicoli primordiali, attraverso un effetto paracrino (78) e 2)

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inibizione dell’attività aromatasica nelle cellule della granulosa ovarica, con conseguente riduzione della produzione di estradiolo (E2) (79). Quest’ultimo effetto, associato al fatto che l’AMH nei topi sembra ridurre la sensibilità follicolare all’FSH sia in vivo che in vitro (80), aumenta la possibilità che un’eccessiva produzione di AMH potrebbe essere implicata nell’arresto dello sviluppo follicolare osservato nella PCOS. Dal momento che i livelli di AMH riflettono il numero di follicoli in via di sviluppo, la sua determinazione potrebbe essere usata come marker di compromissione follicolare ovarica nella sindrome dell'ovaio policistico. Le donne affette da PCOS hanno un numero di follicoli (primari, secondari e antrali) nelle loro ovaie 2-6 volte maggiore rispetto alle donne sane, probabilmente a causa dell'iperandrogenemia (81). Nelle donne con PCOS anovulatoria, lo sviluppo follicolare si arresta quando il diametro follicolare è tra i 6 e i 9 mm, cioè poco prima della selezione del follicolo dominante (82). Dati precedenti hanno mostrato che nelle donne con sindrome dell'ovaio policistico, i livelli sierici e follicolari di AMH sono superiori a quelli dei controlli sani (83). Studi successivi hanno confermato questi risultati e hanno indicato che gli elevati livelli di AMH sono da correlare all'aumento del numero di follicoli con un diametro compreso tra 2 e 5 mm nelle donne con PCOS (84). Quindi, i valori sierici di AMH potrebbero essere un marker diagnostico della sindrome, particolarmente nei casi in cui l'ecografia transvaginale non è disponibile (85). Inoltre, questi alti livelli di AMH sono probabilmente correlati all'arresto follicolare, durante il processo di selezione del follicolo dominante, attraverso un interazione negativa tra AMH e FSH. Se è così, probabilmente l'AMH

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inibisce la produzione di aromatasi, che è a sua volta attivato da un'azione dell'FSH sulle cellule della granulosa (86). D'altra parte un ampio studio prospettico eseguito su una popolazione di adolescenti ha mostrato che sebbene i livelli sierici di AMH fossero più alti nei soggetti con PCOS o PCO, l'ormone non è risultato essere un predittore affidabile di PCO o PCOS (87). In un recente studio in vitro è stato osservato inoltre che la produzione di AMH a livello delle cellule della granulosa è aumentata fino al 75% nelle donne con PCOS rispetto ai controlli sani (88). Secondo gli autori, i livelli più alti dovrebbero essere attribuiti al maggior numero di follicoli così come ad una funzione follicolare intrinseca aberrante. L' AMH in eccesso, per via endocrina o paracrina, sembrerebbe svolgere un ruolo essenziale nel processo di arresto di sviluppo follicolare. Le concentrazioni di AMH nelle donne con sindrome dell'ovaio policistico sono positivamente correlate con i valori di Testosterone, Androstenedione e di Free Androgen Index (FAI) (64). In un recente studio (65) i livelli di AMH sono stati determinati in 200 donne (100 di peso normale e 100 in sovrappeso / obese) con PCOS e 50 controlli (C) raggruppate per età e indice di massa corporea. Le donne con PCOS sono stati divise in quattro gruppi, a seconda del loro fenotipo di appartenenza considerando i Criteri di Rotterdam. Nel Gruppo 1 erano incluse donne con oligomenorrea (ANOV), iperandrogenemia (HA), ed ecostruttura policistica delle ovaie (PCO), il gruppo 2 comprendeva donne con ANOV e HA, senza PCO, al gruppo 3 erano state assegnate pazienti con HA e PCO, senza ANOV, ed infine il gruppo 4 includeva soggetti con ANOV e PCO, senza HA. Nei gruppi studiati, ciascuno composto da 25 donne affette da PCOS, sono stati

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evidenziati livelli di AMH significativamente più alti nelle donne dei gruppi 1 e 2 rispetto a quelli dei gruppi 3 e 4 ed ai controlli. Inoltre, i valori di AMH erano maggiori nelle donne dei gruppi 3 e 4 rispetto ai controlli. Infine, essi erano indipendentemente e positivamente correlati con livelli di LH, Testosterone e con il numero di follicoli di diametro compreso tra 2 e 9 mm. In conclusione, le differenze di concentrazione di AMH tra i quattro fenotipi di PCOS riflettono la gravità della sindrome. Tuttavia, uno studio successivo non è riuscito a dimostrare alcuna correlazione tra AMH e LH. (84) Questa discrepanza potrebbe essere attribuita al piccolo numero di donne partecipanti allo studio.

SCOPO DELLO STUDIO

In questo studio abbiamo voluto valutare l’utilità diagnostica dell’AMH in soggetti con una diagnosi di PCOS stabilita utilizzando analisi di laboratorio e criteri ecografici standardizzati. In particolare, abbiamo voluto determinare il suo potere diagnostico nell’inquadramento dei vari fenotipi di PCOS così come definiti dai criteri di Rotterdam. Abbiamo inoltre tentato di stabilire se il dosaggio di AMH può essere d’ausilio nella diagnosi di PCOS qualora i dati ecografici fossero insufficienti o non fosse possibile eseguire l'ecografia. Un ulteriore obiettivo è stato quello di

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identificare quali parametri ecografici avessero il maggiore potere diagnostico nei vari fenotipi di PCOS.

MATERIALI E METODI

Soggetti

In questo studio retrospettivo sono state valutate 113 pazienti con diagnosi di PCOS per indagare il potere diagnostico dei valori sierici di AMH e di due parametri ecografici quali il numero di follicoli per ovaio (FNPO) ed il volume ovarico (OV). Queste donne, di età compresa tra i 19 ei 35 anni (età media 23 ± 4,3 anni, indice di massa corporea medio [BMI] 27.9 ± 7.3 kg / m²) sono state inviate tra il 2013 e il 2014 presso l’Ambulatorio di Endocrinologia Ginecologica del reparto di Ostetricia e Ginecologia dell'Università di Pisa per una presunta diagnosi di PCOS e sintomi associati. La diagnosi di PCOS è stata fatta in base ai criteri Rotterdam convenzionali, inclusi i criteri ecografici originali (50), dopo aver escluso ogni forma di patologia pelvica, iperprolattinemia, e iperplasia surrenalica congenita. Alcune pazienti erano state trattate precedentemente con varie terapie per le irregolarità mestruali (oligomenorrea o amenorrea, definita dalla assenza di mestruazioni per 6 o più mesi) e / o per l’iperandrogenismo (acne o irsutismo), ma non avevano ricevuto alcun trattamento per almeno 3 mesi prima dell’inserimento in questo studio. I cicli mestruali sono stati monitorati per più di 3 mesi e l’oligomenorrea è stata definita come la presenza di cicli mestruali con intervalli superiori ai 35 giorni. I soggetti con

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oligomenorrea o amenorrea sono stati considerati anovulatori. Nelle pazienti che hanno riferito mestruazioni normali, sono stati studiati almeno 2 cicli mestruali consecutivi, e il ritrovamento di bassi livelli di progesterone tra il 21° e il 22° giorno di ciclo (<3 ng / mL, <9,54 nmol / L) in entrambi i cicli ha suggerito la diagnosi di anovulazione cronica nonostante la presenza di flussi mestruali abbastanza regolari. Nelle donne con cicli regolari e valori di progesterone superiori a 8 ng/mL, è stata confermata la presenza di cicli ovulatori. Pertanto, la popolazione oggetto del nostro studio ha incluso sia pazienti con cicli anovulatori (n = 93) che ovulatori (n = 20). Per i controlli, abbiamo selezionato un gruppo di 47 donne sane, con valori medi di età e di indice di massa corporea simili a quelli della popolazione di donne affette. Queste pazienti avevano mestruazioni regolari, nessun sintomo di iperandrogenismo (acne o irsutismo), e normali livelli di androgeni. Nessuna di esse aveva gravi patologie. Mestruazioni regolari sono state definite come cicli della durata compresa tra 25 e 34 giorni. Di ciascuna paziente sono stati registrati altezza e peso, e l’indice di massa corporea (BMI) è stato calcolato come kg / m². Tutti i soggetti sono stati sottoposti ad accurata anamnesi, esame fisico, analisi biochimiche e ad ecografia transvaginale usando un trasduttore con frequenza compresa tra 8 e 10 MHz. Nessuna tra le pazienti o i controlli aveva assunto farmaci per almeno 3 mesi prima dell'ingresso nello studio. Le procedure erano in accordo con la Dichiarazione di Helsinki del 1975, in accordo con le modifiche apportate nel 1983; lo studio è stato inoltre approvato dal Comitato Etico locale. Tutti i soggetti hanno fornito il consenso informato a partecipare allo studio.

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Analisi di laboratorio

In tutti i soggetti studiati, i livelli sierici di testosterone totale (T), deidroepiandrosterone solfato (DHEAS), 17-idrossiprogesterone (17OHP), e AMH sono stati determinati tra il 3° ed il 5° giorno del ciclo. Nelle pazienti con assenza di mestruazioni, i campioni di sangue sono stati ottenuti dopo il sanguinamento ottenuto in seguito a somministrazione di progesterone. Come già accennato, nei controlli e nelle pazienti con mestruazioni regolari, è stato dosato il valore sierico di Progesterone tra il 21° e il 22° giorno del ciclo. I livelli sierici ormonali sono stati quantificati mediante saggi precedentemente validati nel nostro laboratorio (89). Per il dosaggio dell’ AMH, i campioni di siero sono stati raccolti in provette con separatori di gel e centrifugati entro 4 ore. I campioni sono stati immediatamente analizzati in tutti i casi e nessuno di essi è stato conservato e scongelato in un secondo momento per le misurazioni. Tutti i campioni sono stati immediatamente dosati con un test ELISA commerciale fornito da Beckman Coulter (test AMH Gen II, Beckman Coulter, Brea, CA). La conversione di AMH in ng / mL a pmol / L richiede che i valori siano moltiplicati per 7,143. Tutti gli steroidi sono stati misurati mediante test radioimmunologico specifico dopo l'estrazione utilizzando metodi precedentemente descritti (90). I coefficienti di variazione intra e interdosaggio non hanno superato il 6% e il 15%, rispettivamente. L’iperandrogenismo biochimico è stato definito in presenza di valori sierici di T > 60 ng / dL (≥2.08 nmol / L) e / o DHEAS siero ≥3 μg

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/ mL (> 7,8 mmol / L). Questi valori di iperandrogenismo sono stati validati con l'uso dei saggi descritti in precedenza (21).

Ecografia

In tutti i soggetti coinvolti nello studio è stata valutata la morfologia ovarica tra il 3° ed il 6° giorno del ciclo mediante ecografia transvaginale, utilizzando un trasduttore di frequenza compresa tra 8 e 10 MHz (MyLab 50 Xvision, Esaote, Genova, Italia). E’ stato pertanto determinato il volume ovarico (OV) così come le dimensioni e il numero totale di follicoli ovarici di diametro compreso tra 2 e 9 mm (FNPO). Il volume è stato calcolato dalla formula π/ 6 (D1 × D2 × D3) in cui sono state usate le dimensioni (D) di lunghezza, larghezza e spessore. In questo modo sono state valutate le dimensioni di entrambe le ovaie ed è stato calcolato il volume ovarico medio.

Analisi statistica

Un'analisi di potenza statistica ha suggerito che sarebbero stati necessari almeno 100 soggetti con sindrome dell'ovaio policistico (diversi fenotipi) per identificare differenze significative di AMH confrontate con i controlli. Le analisi statistiche sono state eseguite utilizzando Statview 5.0 (SAS Institute, Cary, NC). Dal momento che diversi valori non erano distribuiti normalmente, è stata necessaria una trasformazione logaritmica per ottenere una distribuzione normale. E’ stato utilizzato il test U di Mann-Whitney per confrontare i vari parametri tra le pazienti affette da PCOS ed il gruppo di controllo. L'analisi della varianza (ANOVA) seguita dal test di

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Tukey è stata eseguita per valutare le differenze nei parametri clinici e biochimici tra gruppi multipli. I valori soglia per la diagnosi di PCOS dei vari parametri considerati sono stati determinati con l’analisi delle curve ROC (Receiver Operating Charateristic).. Questa tecnica statistica è stata utilizzata anche per determinare l’accuratezza diagnostica di FNPO, OV, e AMH nel discriminare tra i vari fenotipi di PCOS e i controlli. Le differenze in termini di affidabilità tra i valori di volume ovarico e AMH sono state valutate dal test di Tukey per confronti multipli. Un valore di P <0.05 stato considerato statisticamente significativo. Tutti i risultati sono riportati come media ± SD. Queste analisi sono state effettuate dal Dipartimento di Statistica dell'Università di Pisa.

RISULTATI

Tutti i controlli avevano normali livelli di androgeni e valori di progesterone ovulatori. La media dei valori di AMH era pari a 2,9 ± 0,8 ng/mL. Le pazienti con sindrome dell'ovaio policistico avevano valori significativamente (P <.01) aumentati di AMH, Testosterone, DHEAS ma anche di OV e FNPO (Tabella 1). I 4 fenotipi di PCOS sono stati così suddivisi:

- il fenotipo A comprendeva 73 pazienti affette da anovulazione, iperandrogenismo, ed ovaie con caratteristiche ecografiche di policistosi (PCO);

- al fenotipo B appartenevano 5 soggetti con anovulazione, iperandrogenismo ed ovaie ecograficamente normali;

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- il fenotipo C (OV-PCOS) era costituito da 20 pazienti con cicli ovulatori, iperandrogenismo ed ovaie PCO;

- il fenotipo D (NH-PCOS) comprendeva 15 pazienti con cicli anovulatori, livelli normali di ormoni androgeni, nessun sintomo di iperandrogenismo ed ovaie PCO.

Sia perché il numero di pazienti appartenenti al fenotipo B era piccola sia perché entrambi i fenotipi (A e B) corrispondono a quella che è stata definita come sindrome dell'ovaio policistico classica utilizzando i criteri NIH, queste pazienti sono state incluse nello stesso gruppo e indicate come ANOV-PCOS. I principali dati ormonali ed ecografici di questi diversi fenotipi di PCOS sono confrontati nella Tabella 2. Le età medie dei diversi fenotipi e controlli erano simili (ANPCOS: 22.8 ± 4, OV-PCOS: 23.8 ± 5, NH-OV-PCOS: 22.9 ± 5, e controlli: 23.1 ± 4 anni). Il gruppo ANOV-PCOS comprendeva pazienti con valori più elevati di indice di massa corporea (P <0.01), di T totale (P <0.01) e di AMH (P <0.01) rispetto ai gruppi OV-PCOS e NH-PCOS e superiori valori di FNPO (P <0. 01) e OV (P <0.01) rispetto a OV-NH-PCOS, ma non rispetto al gruppo NH-PCOS. I livelli sierici di DHEAS erano simili nei 2 gruppi di pazienti iperandrogeniche (ANOV-PCOS e OV-PCOS) e significativamente più elevata (p <.001) in entrambi i gruppi rispetto alle donne non iperandrogeniche. Le differenze dei valori di AMH sono rimaste significative anche dopo aggiustamento per indice di massa corporea.

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Sensibilità e valori soglia di AMH, OV, e FNPO per la diagnosi di PCOS

Nel gruppo dei controlli, l'intervallo di confidenza superiore al 95% per i valori di AMH era 4,5 ng / mL (32,1 pmol / L). I valori corrispondenti per FNPO e OV erano 22 e 8.8 cc. Utilizzando l’analisi delle curve ROC, sono stati ottenuti valori soglia simili, ma leggermente diversi per AMH e OV. I valori di AMH> 4,5 ng / mL avevano una sensibilità del 79% e una specificità del 91% per la diagnosi di PCOS. Tuttavia, il miglior compromesso tra sensibilità e specificità è stato osservato con un valore limite > 4,7 ng / mL che presentava una sensibilità simile (79%), ma una maggiore specificità (96%) (area sotto la curva: 0,952, SD 0,014). Per il parametro OV, il miglior compromesso tra sensibilità (68%) e specificità (91%) è stato un valore pari a 8 cc, mentre un OV> 8.8 cc aveva una specificità simile, ma una sensibilità leggermente inferiore (65%). Un conteggio di FNPO superiore a 22 ha fornito il miglior compromesso tra sensibilità (93%) e specificità (85%) per la diagnosi di PCOS. I valori soglia ottenuti dall’analisi delle curve ROC nell'intera coorte di pazienti ha evidenziato sensibilità marcatamente differenti nei diversi fenotipi (Tabella 3). In ANOV PCOS, AMH> 4,7 ng / mL aveva una sensibilità del 91% e una specificità del 96% (area sotto la curva: 0.982, 0.002 SD). Un FNPO superiore a 22 ha mostrato la migliore sensibilità (92,3%), ma una specificità relativamente bassa (85%). Negli stessi soggetti, OV> 8 cc aveva una sensibilità di solo il 72%, anche se la specificità era del 91%. Nel gruppo di PCOS ovulatorie un valore di AMH> 4,7 ng / mL aveva una sensibilità del 50%, mentre un FNPO> 22 aveva una sensibilità del 95%. La sensibilità di OV > 8 cc era del 50%.

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Analogamente, nelle pazienti non iperandrogeniche, AMH> 4,7 ng / mL aveva una sensibilità del 53%, mentre un conteggio FNPO> 22 evidenziava una sensibilità del 95%, e OV > 8 cc un valore pari al 67%. A causa dei risultati osservati nei gruppi OV-PCOS e NH-PCOS, è stata ricercata l'efficacia di una combinazione dei parametri con potere diagnostico più debole (AMH e OV). E’ stato così osservato che combinando i valori soglia di AMH (> 4,7 ng / mL) e OV (> 8 cc), la sensibilità per la diagnosi di PCOS era aumentata all’ 85% per OV-PCOS e al 73% per NH-PCOS; la specificità raggiungeva valori del 95% per entrambi i gruppi.

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Tabella 1. Principali caratteristiche cliniche, biochimiche ed ecografiche di tutte le pazienti partecipanti allo studio (PCOS vs Controlli).

Controlli PCOS n 47 113 Età 23.1 ± 4 23 ± 4.3 BMI (Kg/m2) 27 ± 4 27.6 ± 6 T totale (ng/dL) 34 ± 12 71 ± 20 a DHEAS (µg/mL) 1.9 ± 0.4 2.7 ± 1 a AMH (ng/mL) 2.9 ± 0.8 9.2 ± 4.7 a FNPO 10 ± 4 31.9 ± 7 a OV (cc) 4.4 ± 8 9.6 ± 3.2 a a p <0.01 versus controlli

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Tabella 2. Confronto tra i parametri biochimici ed ecografici delle pazienti affette da PCOS suddivise nei vari fenotipi.

n BMI (Kg/m2) T Totale (ng/dL) DHEAS (µg/mL) AMH (ng/ml) FNPO OV (cc) PCOS

anovulatoria 78 28.8 ± 7a,c 79 ± 19a,c 2.8 ± 1c 10.8 ± 4.7b,c 33 ± 6b 10.1 ± 2.3b

PCOS

ovulatoria 20 25.5 ± 5 69 ± 18c 3 ± 1.2c 5.5 ± 1.8 29 ± 5 8.1 ± 2.5

PCOS

normoandrogenica 15 25 ± 6 43 ± 17 1.8 ± 0.6 5.4 ± 2.5 30 ± 6 9.3 ± 3.4

a

p < 0.05 versus PCOS ovulatoria

b

p < 0.01 versus PCOS ovulatoria

c

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Tabella 3. Valori soglia, sensibilità e specificità di AMH, numero di follicoli per ovaio (FNPO) e volume ovarico (OV) per la diagnosi di PCOS, calcolate con l’analisi delle curve ROC (Receiver Operating Characteristic).

PCOS Anovulatoria (n = 78) PCOS Ovulatoria (n = 20) PCOS Normoandrogenica (n = 15) Specificità per la diagnosi di PCOS AMH > 4.7 ng/mL 91% 50% 53% 96% FNPO > 22 92.3% 95% 93% 85% OV > 8 cc 72% 50% 67% 91%

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DISCUSSIONE

In questo studio è stata valutata l’utilità diagnostica dell’ AMH nei vari fenotipi di PCOS stabiliti dai criteri di Rotterdam; essa è stata poi confrontata con quella dei principali parametri ecografici, vale a dire FNPO e OV. Il primo passo è stato quello di usare le curve ROC per determinare i valori soglia per AMH, FNPO e OV in pazienti affette da PCOS. Abbiamo poi accuratamente selezionato una popolazione di controllo composta da donne con cicli ovulatori e con valori di BMI ed età simili a quelli delle pazienti affette. In passato, è stato dimostrato che nella popolazione italiana, dove c'è una relativamente bassa prevalenza di obesità (91), la dimensione media delle ovaie è più bassa che in altre popolazioni. Utilizzando un intervallo di confidenza superiore al 95% di una popolazione di controllo, era stato osservato che un volume ovarico superiore a 7.5 cc indicava un ingrossamento delle ovaie (92). In questo studio, abbiamo usato un approccio statistico diverso (curve ROC) e ottenuto valori simili, anche se leggermente più elevati, di dimensione ovarica (valore soglia di 8 cc). Anche il valore soglia per FNPO era leggermente inferiore (> 22) rispetto a quello riportato nelle recenti linee guida di AEPCOS che avevano considerato un numero di follicoli per ovaio superiore a 25 come valore soglia per la diagnosi di PCOS (93). È interessante notare che la soglia dei livelli di AMH sierico (> 4,7 ng / mL) è lo stesso che è stato recentemente riportato in una meta-analisi (94). Utilizzando questi valori soglia per AMH e per i dati ecografici nell’intera coorte di pazienti affette da PCOS coinvolta nello studio, è stato osservato che l’AMH aveva una sensibilità del 79% e, pertanto, non è stato ritenuto utile. È interessante notare che

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i nostri risultati sono molto simili a quelli descritti sia in studi condotti su pazienti con PCOS con valori più elevati di indice di massa corporea (95) sia in una recente meta-analisi che ha analizzato i valori di AMH nella PCOS (94). Mentre in teoria l’AMH dovrebbe riflettere le stesse informazioni del FNPO, abbiamo dimostrato che FNPO ha una più alta sensibilità (93%), mentre OV aveva una sensibilità di solo il 72%. Le differenze per quanto riguarda la specificità erano relativamente piccole e mentre FNPO aveva una minore specificità (85%), un FNPO superiore a 22 rappresentava il miglior compromesso tra sensibilità e specificità. Questi dati suggeriscono che qualora fosse possibile effettuare un’ecografia, il conteggio del numero di follicoli per ovaio è il miglior criterio per la diagnosi di PCOS ed è preferibile al dosaggio sierico di AMH. Anche se riteniamo che la diagnosi di PCOS è prevalentemente clinica e dovrebbe essere basata sulle caratteristiche del ciclo mestruale e sull’evidenza di iperandrogenismo, i criteri ecografici stabiliti dalla Consensus Conference di Rotterdam, sono maggiormente d’aiuto nell’ottenere un accurato FNPO. In questo studio è stato dimostrato che il FNPO è il criterio che possiede la maggiore utilità diagnostica per tutti i fenotipi PCOS. Se il valore sierico di AMH dovesse essere utilizzato come unico criterio per la diagnosi di PCOS, la diagnosi non verrebbe effettuata nel 20% dei casi; mentre utilizzando soltanto FNPO solo il 7% dei casi di PCOS sfuggirebbe alla diagnosi. Tuttavia, se non fosse possibile ottenere un FNPO accurato (come spesso accade), il dosaggio di AMH può avere un’utilità diagnostica maggiore del volume ovarico. Infatti, nonostante le recenti linee guida AEPCOS avessero suggerito di fare riferimento al volume dell’ovaio qualora un

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FNPO preciso non fosse disponibile (53), questo studio ha evidenziato che l'aumento delle dimensioni delle ovaie ha una sensibilità diagnostica inferiore rispetto all’AMH sierico. Mentre sono stati condotti molti studi sul valore diagnostico di AMH in intere coorti di PCOS (93, 94, 95), pochi dati sono disponibili sul valore diagnostico di AMH nei diversi fenotipi (96,97). Li e collaboratori hanno dimostrato che i valori di AMH sono molto più bassi nei pazienti con PCOS con normali livelli di androgeni ed hanno concluso che esso ha un valore predittivo solo in soggetti affetti da PCOS con iperandrogenismo (97). Köninger e colleghi hanno studiato pazienti con PCOS iperandrogeniche e non ed hanno osservato che nelle donne non iperandrogeniche, l’AMH ha mostrato un’elevata specificità paragonabile a quella osservata per la conta dei follicoli antrali; nelle pazienti con iperandrogenismo, invece, il potere diagnostico dell’AMH era superiore a quello degli androgeni e paragonabile a quello della conta dei follicoli antrali. (96). A nostro avviso i kit attualmente in commerco per il dosaggio degli androgeni, dal momento che presentano una sensibilità limitata, possono causare un problema nel distinguere con precisione tra i soggetti con valori normali di androgeni e quelli con livelli leggermente elevati di tali ormoni. Non crediamo che ci siano grandi differenze nelle tecniche di dosaggio di AMH tra gli studi citati, nonostante non esista uno standard internazionale per il dosaggio di tale ormone. Il nostro studio ha valutato inoltre la sensibilità e la specificità di AMH sierico, di FNPO e di OV nei diversi fenotipi di PCOS. I nostri dati forniscono quindi la prova che la bassa sensibilità diagnostica dell’ AMH sierico nei soggetti con sindrome dell'ovaio policistico è probabilmente dovuto all'inclusione dei fenotipi più

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lievi di PCOS dove l’AMH mostra una bassa sensibilità. Nelle pazienti con PCOS anovulatoria, l’AMH ha mostrato alta sensibilità (91%), simile a quella osservata per FNPO (92,3%) con una specificità leggermente superiore. Al contrario, l'aumento del volume ovarico aveva una sensibilità costantemente bassa (72%). Pertanto in tali pazienti, il dosaggio di AMH può essere utile e può precludere la necessità di eseguire un’ecografia. È chiaro, tuttavia, che se la diagnosi di iperandrogenismo è chiara, nelle pazienti anovulatorie potrebbe non essere necessario né effettuare il dosaggio di AMH né ottenere il valore dei parametri ecografici come ausilio nella diagnosi. La questione è molto diversa nelle donne anovulatorie con "normali" livelli di androgeni e senza segni di iperandrogenismo. In questo caso l’AMH ha mostrato una bassa sensibilità (53%), e solo FNPO sarebbe utile come ausilio alla diagnosi di PCOS (sensibilità 93%). Anche nelle PCOS ovulatorie, l’AMH sierico ha mostrato una bassa sensibilità per la diagnosi di PCOS, mentre il conteggio FNPO aveva una sensibilità elevata. Poichè la determinazione precisa del numero di follicoli per ovaio richiede la disponibilità di dispositivi ad ultrasuoni di buona qualità, abbiamo valutato la possibilità di combinare misure OV e AMH per la diagnosi di fenotipi più lievi di PCOS. Infatti, in OV PCOS, gli aumentati livelli sierici di AMH se combinati ad un aumentato volume ovarico avevano una buona sensibilità (85%) e una specificità del 95,6%. Il limite principale del nostro studio è il basso numero di pazienti con forme più lievi di PCOS. Saranno necessari futuri studi più ampi per trarre conclusioni definitive. Inoltre le nostre conclusioni devono essere considerate alla luce del fatto

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che si tratta di uno studio retrospettivo e pertanto si deve tenere conto delle limitazioni da ciò derivanti.

CONCLUSIONI

In conclusione, i nostri dati suggeriscono che l’AMH può costituire un ausilio importante per la diagnosi di PCOS, ma solo nelle donne con PCOS anovulatoria. Si è visto come un valore di AMH superiore a 4,7 ng /mL conferma la diagnosi con elevata probabilità. Considerando i parametri ecografici per la diagnosi di PCOS, i nostri dati suggeriscono anche che la sola misura del volume ovarico (OV) è insufficiente. Il numero di follicoli per ovaio (FNPO) è chiaramente il parametro più sensibile e rappresenta un utile supporto diagnostico per tutti i fenotipi di PCOS. Un piccolo beneficio addizionale può essere ottenuto combinando il dosaggio di AMH e la determinazione del volume ovarico in pazienti con PCOS ovulatoria, anche se questa non sembra essere una soluzione molto pratica per effettuare diagnosi di PCOS. La determinazione di AMH non è quindi utile come criterio diagnostico in tutti i soggetti con sospetta PCOS, ma può essere utile nelle pazienti anovulatorie dove il conteggio del numero di follicoli per ovaio (FNPO) sembra avere un simile potere diagnostico. Il miglior criterio di supporto alla diagnosi per tutti i fenotipi di PCOS è quindi rappresentato da FNPO, mentre il volume ovarico considerato singolarmente ha una limitata utilità diagnostica.

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