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“Qualsiasi forma di attività fisica che, attraverso una partecipazione organizzata o non, abbia per obiettivo l’espressione o il miglioramento della condizione fisica e psichica,lo sviluppo delle relazioni sociali o l’ottenimento di risultati in competizioni di tutti i livelli”
Carta Europea dello Sport (Consiglio d’Europa, Rodi 1992)
CAPITOLO 1 - LO SPORT
1.1 Il concetto di sport
La parola "sport" è un termine coniato in epoca moderna, derivato dal latino "exportare", ovvero "l'atto di uscire fuori dalle mura della città per giocare" o dal francese medievale
"se desporter" che indicava l'andare a zonzo, il dimenticare il brutto della vita girovagando senza meta. La parola sport venne utilizzata per la prima volta dagli inglesi già nel '500 per indicare l'attività dell'andare a caccia.
Lo sport può essere inteso come un attività libera e volontaria, avente come fine il risultato oggettivo di un esercizio fisico e il raggiungimento di un risultato morale quale l'educazione all'autodisciplina, allo spirito di squadra, alla lealtà, al "saper vincere senza presunzione e saper perdere senza amarezza".
Occorre innanzitutto tener presente come, essendo lo sport lo specchio della società in cui si inserisce, molti aspetti delle attuali manifestazioni sportive fossero del tutto assenti in passato: aspetti come competizione, disciplina, autorità, razionalità ed organizzazione sono fondamentali della società post-industriale, ma non sono del tutto assenti anche nelle antiche civiltà quali quella della Grecia Classica e di Roma Imperiale.
Infatti, nell'antichità la pratica sportiva assumeva un significato strettamente etico- religioso, del tutto assente nell'accezione moderna di sport. Solo negli ultimi tempi, di fronte all'incrementarsi degli aspetti consumistici collegati allo sport, si è tentato da parte dello Stato e dei vari enti locali un recupero dei valori autentici dello sport, perseguendo un riaccostamento all'antico significato del gesto atletico.
4 1.2 Lo sport degli antichi.
Se l'attività fisica e il gioco sono innati nell'attività degli esseri viventi, in quanto momenti formativi della crescita fisica ed intellettuale - si pensi ad esempio alla lotta dei cuccioli di leone, che esercita alla lotta per procacciarsi il cibo in età adulta - così non è per lo sport, in cui sono presenti elementi, quali l'agonismo, il carattere prevalentemente fisico dell'attività e la presenza della tensione di superamento di un ostacolo, che non sono presenti nel gioco.
L’uomo inventa lo sport come inventa la danza, a partire da movimenti elementari collegati alla necessità della sopravvivenza: correre, saltare,lanciare, lottare, cacciare. A poco a poco queste attività elementari acquisiscono uno spazio autonomo, slegato dal fine della mera sopravvivenza, e diventano un modo di esprimersi, di compiere un rito, di divertirsi.
Le prime forme di sport si vedono già in Cina - è documentata una scena di sport risalente al 2700 a.c. - e in Egitto, ma è solo in epoca ellenistica che il gesto atletico ed il suo fine raggiunsero il più alto grado della perfezione, divenendo evento di commemorazione e celebrazione di eroi defunti. Nasce una vera e propria cultura dello sport, e nasce la figura dell'atleta, "colui che gareggia per conquistare un athlon (un premio)".
Figura 1.1: Il "discobolo", ideale di bellezza
Con la cultura ellenica si diffonde una concezione di sport più vasta, che coinvolge vari campi. Si può infatti concepire lo sport sopratutto come preparazione militare, come succedeva a Sparta, oppure come parte di un processo volto al conseguimento di un
5 benessere psico-fisico, conseguibile non solo con l’attività del corpo, ma anche con l’attività dell’intelletto. Si tende quindi a distinguere fra sport e ginnastica, con quest’ultima priva dell’elemento agonistico. Le due attività però non si elidono ma, anzi, percorrono binari paralleli. Ancora, si può concepire lo sport come rito sacro, con le gare agonistiche aventi la funzione di commemorare un mito, oppure come strumento di ricerca di un premio, che può essere la gloria - i vincitori venivano posti al rango di semidivintà - o materiale - anche in Grecia esisteva il professionismo. Si può concepire lo sport anche come strumento di identità culturale, per affermare e consolidare la supremazia ellenica rispetto al mondo barbaro, escluso a priori dai giochi olimpici; ed infine, in un secondo momento, sopratutto nella fase classica, si concepire lo sport come strumento di consenso popolare, in quando la vittoria di una città su di un altra portava prestigio e quindi potere politico.
E' con la civiltà ellenica che per la prima volta vengono creati spazi appositamente destinati all'attività sportiva, come vedremo più avanti.
La massima espressione dell'attività sportiva nella Grecia ellenica è ovviamente l'Olimpiade, una manifestazione sportiva che si svolgeva ogni 4 anni ad Olimpia, e che era accompagnata da altri eventi minori.
A fronte di alcune caratteristiche comuni fra le olimpiadi antiche e quelle moderne - il calendario con cadenza stabile, ogni 4 anni; la vocazione universale dei giochi; il culto della vittoria e della gloria del vincitore, e quindi la conseguente diffusione di un forte sentimento patriottico; il fenomeno del professionismo e della sponsorizzazione (ad esempio l'atleta Milone da Crotone era sponsorizzato dal tiranno della sua città, per guadagnarne in cambio prestigio politico); la risonanza mondiale delle imprese sportive, grazie ai solenni epinici composti da illustri poeti; il fenomeno del tifo - vanno rimarcate le sostanziali differenze. La più importante è che i giochi antichi sono essenzialmente delle festività religiose che si svolgono in un atmosfera di grande sacralità. Lo sport moderno è invece considerato in modo ateo, è lo sport stesso ad essere religione. In secondo luogo il carattere “universale” in antichità non è in realtà tale, visto che i giochi sono destinati solo alla civiltà ellenica, i popoli barbari e gli schiavi non vengono riconosciuti degni di merito. Oggi invece lo sport è anche un momento di aggregazione di culture diverse. Infine, la “sfida” in antichità era vista essenzialmente come sfida contro un altro agone, un altro atleta, mentre oggi c’è il concetto di record e di sfida contro se stessi, non si sfida tanto un avversario quanto il cronometro.
6 Le Olimpiadi ebbero inizio nel 776 a.C., e furono sospese dall'Imperatore Teodosio nel 392 d.C., dopo ben 1168 anni di svolgimenti, passando pressoché indenni fra l'epoca ellenica e l'epoca romana. La sospensione delle Olimpiadi non fu dovuta alla mera forza di un decreto imperiale, ma al decadimento della preesistente situazione politica. Era infatti finita l’epoca dei grandi imperi e delle collaborazioni commerciali fra popoli differenti in un regime di relativa pace: il mondo greco non esiste più, e l’Impero Romano andava disfacendosi. Lo sport, che ha un linguaggio universale, ha bisogno di una base comune, e quella base comune era venuta meno.
Figura 1.2: Lotta fra gladiatori, innovazione nella cultura sportiva apportata dai romani.
I romani si dichiararono eredi e prosecutori della civiltà ellenica anche sotto il piano dell'attività sportiva, ma in realtà apportarono sostanziali modifiche al concetto di sport, modifiche dovute essenzialmente alla maggiore praticità dei romani. Per i romani lo sport ha fini essenzialmente utilitaristici, e fecero della ginnastica l'unica forma di esercizio del corpo a scopo non agonistico. Per i romani l'attività sportiva serviva essenzialmente o come mezzo di preparazione militare, o come mezzo di cura del corpo e dell'igiene, ma sopratutto come forma di spettacolo, utile sia come mezzo di propaganda politica che come mezzo di incanalamento delle tensioni sociali. Infatti, è proprio in epoca romana che si sviluppa come forma di spettacolo il combattimento fra gladiatores (generalmente schiavi o condannati a morte) armati e coinvolti in carneficine fra uomini o fra uomini ed animali. Altri giochi spettacolari erano le naumachie: su specchi di acqua naturali od artificiali si scontravano flotte di navi che rievocavano
7 epiche battaglie. Sostanziali sono i cambiamenti rispetto all'epoca ellenica, in quanto non solo vennero introdotti nuovi giochi di derivazione etrusca, quali le lotte con i gladiatori e le fiere (v. fig. 1.2), che ebbero grande successo grazie al loro carattere spettacolare, ma inoltre si perse progressivamente il carattere religioso dei giochi, tanto che Bisanzio fu la prima città ad avere come centro di riferimento non l'agorà o l'acropoli, ma l'ippodromo.
Purtroppo la spettacolarizzazione dello sport, e l'incanalamento delle tensioni sociali negli scontri sportivi fecero precipitare la situazione: i giochi stessi, in particolare quelli ippici, divengono teatro di scontri fra “tifoserie” diverse, che spesso non sono altro che l' espressione di fazioni politiche opposte, per cui le gare divennero occasione di rivolte e di sommosse popolari. Per questo l'Imperatore Teodosio, in seguito ai tumulti scoppiati a Tessalonica dopo una gara di carri, fu costretto nel 392 d.c. ad abolire le Olimpiadi.
Tuttavia, fu proprio la spettacolarizzazione dello sport a portare alla traduzione del gesto atletico in architettura, dando così vita a straordinari luoghi di incontro sportivo, primo fra tutti il Colosseo, che ancora oggi possiamo ammirare.
Nel medioevo, con l'avvento del Cristianesimo, la pratica sportiva diminuì drasticamente. Infatti, secondo la morale cattolica, l’esistenza terrena è vista solo come una tappa di un viaggio più lungo, ed occorre prepararsi a questo viaggio attraverso la meditazione: assume più importanza lo spirito rispetto al corpo. In altre parole, viene negato il valore dell’attività fisica in favore di un maggior rigore morale. Inoltre competizioni agonistiche sono viste come espressione del desiderio delle masse di dare sfogo ai propri istinti brutali. Ancora, alcuni giochi, quali quelli gladiatori, sono portatori di una violenza contro altri esseri umani che è inammissibile, visto che ogni uomo è figlio di Dio. Infine, la nudità degli atleti è immorale e da condannare. In conseguenza di tutto ciò, la Chiesa impone con veri e propri editti l’astensione assoluta ad ogni pratica di forma sportiva, permettendo solo quella propedeutica alle guerre sante. Si assiste quindi ad una decadenza dell'attività sportiva nel medioevo, e quindi anche una decadenza materiale di tutti quei luoghi per lo sport che erano stati edificati in precedenza.
Ciononostante, l'attività sportiva sopravvisse, anche se in forme diverse e spesso non più codificate da regole comuni. Ma soprattutto, sopravvisse in assenza di un vero e proprio ideale atletico, come era stato a suo tempo in Grecia. La sopravvivenza fu elaborata su due livelli diversi, uno nobile e l'altro popolare.
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Figura 1.3: Scena di un duello.
Fra i nobili infatti rimase come consuetudine l'attività dell'andare a caccia, spesso occasione di socialità per la nobiltà, come ad esempio succede ancora oggi con la caccia alla volpe in Gran Bretagna. Si svilupparono poi due nuove forme di attività fisica, il torneo e il duello. Il torneo è dovuto al fatto che con il feudalesimo nasce una nuova classe sociale, quella dei cavalieri, di cui i giovani rampolli hanno bisogno di attività fisica per addestrarsi collettivamente all’arte della guerra, soprattutto in seguito all’introduzione di nuove tecniche di combattimento (lancia legata all’avambraccio anziché scagliata). Inizialmente i tornei sono completamente privi di regole e di arbitri, e sono effettuati in luoghi temporanei. Solo in un secondo momento il torneo venne codificato e vengono utilizzati appositi spazi urbani adibiti all’occasione, anche con palchi per il pubblico. Progressivamente, anche in seguito alla soppressione dei tornei a causa degli anatemi della Chiesa, si passa dalla vera e propria competizione agonistica ad una rappresentazione di un certo stile di vita. Il duello (v. fig. 1.3) si sviluppa in seguito al miglioramento della produzione delle armi da taglio, ed è utilizzato sia come esercizio fisico dei rampolli che come mezzo di risoluzione di controversie fra persone di alto ceto sociale.
Sul piano popolare, si assiste invece al proliferare, sopratutto nei giorni di festa, di eventi parasportivi quali lotta, corse, lancio dei pesi, pensati come momento di aggregazione sociale. Inoltre i comuni italiani, allo scopo di tenere allenata la milizia cittadina, ed allo scopo di saldare la comune identità culturale, si preoccuparono di
9 organizzare dei giochi ludici diversi di Comune in comune, quali il gioco del ponte a Pisa, la battaglia dei sassi di Perugia, il palio di Siena...
E’ soprattutto in Italia che, contemporaneamente alla nascita della borghesia, via via vengono sempre meno marcate le differenze fra sport cosiddetti nobili e quelli detti plebei.
In epoca rinascimentale si passa da una visione teocentrica del mondo ad una visione antropocentrica, ovvero una visione basata meno sulla spiritualità e più sulla realtà terrena delle cose, e quindi anche sull'espressività del corpo umano. Questo, unito ad un rinnovato sentimento verso il classico comportò la ripresa dell'intereresse e della curiosità per la valenza pedagogica del gioco e dell'esercizio fisico: molti letterati dedicarono numerosi studi ai programmi educativi e morali tramite l'esercizio atletico, con la speranza di far rivivere l'ideale classico di uomo libero. Un esempio è la Cà Zoiosa, costruita nel 1425 a Mantova da Gianfrancesco Gonzaga e diretta da Vittorino da Feltre, uomo illuminato che concepì una scuola ispirata al modello del ginnasio greco: sport per tutelare la salute e quindi predisporre allo studio in modo da formare un buon cittadino e soldato. Inoltre, grazie agli studi di pensatori medici quali Mercuriale e Galeno, nacque una una forma di attività fisica con il compito specifico di aiutare i pazienti a guarire più velocemente: nasce la ginnastica medica,e con essa il detto
"mens sana in corpore sano". Nella sostanza, però, non ci furono grandi cambiamenti: i giochi e gli impianti rimasero pressoché gli stessi dell’epoca medioevale, con grande diffusione del gioco delle armi, in particolar modo della scherma, del tiro dell'arco e della balestra.
Le discipline sportive praticate erano molte, ma a causa del persistere della ostilità ecclesiastica, queste venivano svolte quasi clandestinamente, e sopratutto senza una codifica delle regole del gioco: la pratica sportiva aveva regole diverse di nazione in nazione, ed addirittura anche di paese in paese.
10 1.3 La nascita dello sport moderno
Ben diversa fu la situazione nel settecento, detto anche "secolo dei lumi" in quanto si diffuse la cultura dell'illuminismo. Questa cultura favorì una visione del mondo sostanzialmente laica, per cui il corpo non viene più visto come elemento di passaggio per una vita ultraterrena, ma come una parte di sé da curare e mantenere in forma. La nuova mentalità inoltre favorisce la ricerca scientifica e tecnologica, portando tra le altre cose alla rivoluzione industriale.
Questo nuovo modo di concepire il mondo si applica anche allo sport: non si assiste alla nascita di nuove discipline, ma al modificarsi del mondo di porsi di fronte alla pratica sportiva. Nasce infatti il concetto di record (o primato sportivo): in precedenza si gareggiava contro altri, per cercare di superare il diretto avversario. Ora invece si ha una precisa misurazione dello spazio e del tempo, che permette di confrontare gare svolte in tempi e in luoghi diversi. Inoltre l’orientamento è quello di migliorare la “qualità”
della popolazione attraverso l’apporto dell’educazione fisica, disinteressandosi non solo dello sport come spettacolo, ma anche dello sport come attività agonistica.
Ovviamente, fu in Inghilterra, patria della rivoluzione industriale, che nacque lo sport così come lo concepiamo oggi. Le modifiche apportate alla pratica sportiva andarono di pari passo con le modifiche della società, in particolare di quella inglese. Infatti in Inghilterra, grazie alla presenza dei campus universitari, era possibile una perfetta compenetrazione fra scuola e sport, che permetteva la nascita di organizzazioni sportive, che ebbero principalmente il merito di codificare gli sport, stabilendo delle regole comuni da rispettare, in modo da poter praticare lo stesso sport in ogni luogo e tempo. Altro merito fu quello di diffondere capillarmente lo sport fra le classi sociali più agiate (ed in seguito tutte le altre). La cultura della rivoluzione industriale portò conseguenze molto pesanti nello sport, sotto vari aspetti. Innanzitutto, esattamente come è cardine dell’organizzazione industriale la specializzazione del lavoro, si sviluppa una specializzazione nello sport. In secondo luogo nell’era delle macchine conta il record, l’essere più veloce possibile: di qui il concetto di velocità e di primato sportivo. In terzo luogo la globalizzazione dell’economia porta a migliori comunicazioni, e quindi ad una internazionalizzazione degli eventi, che necessitano quindi una codificazione universalmente accettata. Infine il nuovo stile di vita, industriale, cittadino e lontano dalla natura costringe l’uomo ad una vita sedentaria con conseguenti seri problemi di salute:
l’unico rimedio è l’attività fisica.
11 Non ultimo, fu in Inghilterra che si sviluppò il fenomeno delle scommesse, e quindi la possibilità di guadagnare denaro attraverso lo sport, unendo per la prima volta sotto il nome di sport i tre elementi prima separati professionismo, spettacolo ed economia.
Con l'ottocento si entra nell'età contemporanea, e nasce lo sport moderno. E’ il secolo dei grandi sommovimenti culturali e politici, si assiste sempre di più a fenomeni di massa (rivoluzioni popolari, insurrezioni...) che coinvolgono anche lo sport, che acquista caratteri sempre più spettacolari, coinvolgendo un numero sempre maggiore di persone, in quanto viene meno la concezione di sport come esercizio elitario.
Ma è anche il secolo dei forti nazionalismi e degli stati sovrani, per cui la pedagogia e l’educazione furono visti nuovamente come funzioni sociali atte a formare il buon cittadino, ma soprattutto le future classi dirigenti. Si assiste ad una nuova ondata di studi pedagogici per capire quale sia la miglior strada da seguire, visto che all’educazione si attribuiscono compiti sociali e fini sempre più vasti ed importanti.
Tra gli inglesi che si dedicarono all'insegnamento morale e fisico dello sport è da ricordare Thomas Arnold, il quale intuì che il bisogno dei giovani connazionali di sfogare la propria esuberanza dedicandosi all'alcool e alla violenza, poteva essere distolta solo se questi fossero attratti da una attività che potesse al tempo stesso formarli fisicamente e moralmente, e non c'era niente di meglio che lo sport. Le gare individuali e sopratutto quelle di squadra avrebbero risvegliato nei giovani uno spirito di lavoro di equipe e di responsabilità individuale. Arnold gettò le basi dell'attuale metodo di educazione inglese secondo il quale, attraverso la dura vita delle Public School, l'allievo studia, preparandosi contemporaneamente anche alla vita e alla propria formazione morale. Il rispetto delle regole, la generosità, la condotta di gara, il “fair-play” si imparano sui campi delle scuole, e sono le qualità che concorrono a formare il perfetto
“gentilman”.
In Germania educazione fisica e nazionalismo trovano la loro espressione nei Turnen, vocabolo di origine tedesca che sostituisce la parola greca Gymnastik. Questi, teorizzati dal pensatore tedesco Jahn, erano dei campi educativi con la finalità di formare i membri della futura comunità tedesca, in vista del grande futuro che li attendeva.
L’attività fisica è considerato il mezzo privilegiato per potenziare la volontà, predisporre alla guerra, abituare alla vita comune per costruire una grande comunità nazionale e riconquistare la libertà.
12 Per Kant la formazione morale esige l’apporto fondamentale dell’attività motoria, in quanto ogni azione morale si compie con l’intervento del corpo e, di conseguenza, la ginnastica diventa necessaria e non è affatto inferiore all’educazione del corpo.
Nella pratica, nello sport, sopratutto in Inghilterra, prosegue l'opera di razionalizzazione della pratica sportiva, pertanto assume sempre maggiore importanza la figura dell'arbitro; le innovazioni tecnologiche permettono l'ottenimento di migliori prestazioni;
nascono i primi giornali dedicati esclusivamente allo sport; prosegue l’opera di regolamentazione dei giochi, si sviluppano sempre di più le federazioni che hanno il compito di sviluppare e diffondere uno specifico sport; si distingue l’atleta dilettante dall’atleta professionista, retaggio della vecchia divisione fra sport per nobili e sport per il popolo.
Il novecento è l'epoca dei grandi sconvolgimenti, che sono tali su ogni piano della vita dell’umanità. Gli eccezionali progressi in campo scientifico, economico, tecnologico e sociale creano una vita culturale ricca, varia e percorsa continuamente da un ansia di rinnovamento. I sentimenti nazionalistici, con obiettivi di rivalsa e di esprimere la propria potenza vengono estremizzati agli inizi del secolo, e in queste
forme di governo totalitaristiche si assiste ad un utilizzazione sistematica del fenomeno sportivo nel quadro di un preciso disegno politico: Fascismo, Nazismo e il blocco comunista, con gli obiettivi di distogliere l'attenzione dall'attività politica, di fare propaganda per mostrare la superiorità della propria razza - emblematica la storia di Primo Carnera (v. fig 1.4), il "campione bianco" - e di formare la figura dell'atleta preparato, valoroso ed impavido, organizzano competizioni annuali per i giovani; creano organizzazioni organizzate capillarmente sul territorio, finalizzate all'educazione della gioventù (i Turnen, i balilla); preparano sistematicamente e scientificamente, anche con l'uso di doping, i propri atleti ma, sopratutto, avviano imponenti programmi di intervento edilizio per la costruzione di nuovi impianti sportivi (ad esempio, lo Sportforum di Berlino, costruito per le Olimpiadi).
La prima guerra mondiale aveva infatti mobilitato, come in tutti i conflitti, le energie fisiche e psichiche della popolazione, agendo come sfogo per le tensioni di carattere
Figura 1.4: Primo Carnera, il “gigante buono”
13 sociale che si erano andate manifestando nei primi anni del secolo. Terminata la grande guerra, e avviata la conquista sociale della riduzione dell'orario di lavoro a otto ore giornaliere, si pose con immediata evidenza il problema di organizzare il tempo libero a disposizione dei lavoratori mediante attività culturali e ricreative.
Nel frattempo, le attività sportive, che erano state fino a quel momento riservate alla elite della classe borghese, iniziarono ad essere praticate dalla popolazione dei lavoratori, impiegati ed operai. Anche se inizialmente si diffusero sport che richiedevano un attrezzatura minima, come il gioco delle bocce, il calcio o il ciclismo, ben presto sorse il problema di creare gli impianti in grado di rispondere alla crescente richiesta di attività sportive. A questo problema si affiancò quello della creazione dei grandi impianti-spettacolo per le manifestazioni sportive a carattere agonistico. La crescita parallela di questi due tipi di sport, praticato e spettacolarizzato, comportò, nel periodo attorno alla prima guerra mondiale, la formazione della rete delle federazioni sportive in cui si riunivano le associazioni di base, e la costituzione, nel 1914, del CONI, con compiti di promozione ed organizzazione del settore.
Della crescente importanza del tempo libero e delle attività sportive si erano avveduti gli industriali, che furono fra i primi a creare, accanto alle fabbriche, circoli ed impianti sportivi che dovevano servire a rigenerare le energie dei dipendenti, evitando che essi potessero indirizzarsi verso la presa di coscienza delle loro condizioni di lavoro e la scelta conseguente di rivendicare i loro diritti sociali. Il tempo più ampio che il lavoratore aveva a disposizione doveva, nella concezione padronale, essere sostanzialmente dedicato all'evasione, evitando invece lo studio, la riflessione e il ragionamento. Questo concetto fu poi ben colto dal movimento fascista che aveva compreso come attraverso lo sport si potesse esercitare sia il controllo e l'organizzazione della masse, in particolare dei lavoratori e dei giovani, sia la propaganda e l'indottrinamento ideologico.
Il modello di comportamento della violenza quotidiana, ripresa ed incrementata dal movimento fascista attraverso la creazione delle famose "squadre", doveva, sopratutto dopo l'istitutonalizzazione del regime, essere in qualche modo incanalato ed indirizzato, ed uno degli sfoghi più validi fu appunto l'attività sportiva, in quanto "forma sotto la quale si manifesta, agisce e vive in tempo di pace uno dei più sani e necessari istinti:
l'istinto combattivo" (B.Mussolini).
L'appropriazione dell'immagine dello sport da parte del fascismo avvenne su più piani, sia a livello di competizione agonistica, mettendo sotto il suo diretto controllo l'organismo del CONI, che a livello di competizione non agonistica, istituendo due
14 organizzazioni, l'Organizzazione Nazionale Balilla e l'Organizzazione Nazionale Dopolavoro.
Lo sport-spettacolo
L'evento più grande, quello destinato più di ogni altro a cambiare la società, e quindi anche lo sport, è stato quella dello sviluppo dei mezzi di comunicazione. Dalla stampa, si passa alla radio, per finire alla televisione, con un crescente sviluppo tecnologico. Si entra nella società della comunicazione e dello spettacolo, e lo sport è perfetto per una società del genere: coinvolge, crea miti, lo si può raccontare bene, ed è scenograficamente perfetto per la televisione. Dunque lo sport cresce sempre di più e, per la prima volta dall’epoca ellenica, dopo secoli in cui l’esperienza sportiva si era sviluppata in assenza di specifiche strutture, si assiste ad un proliferare di strutture sportive, luoghi ove praticare o assistere allo sport. Le strutture si dividono in due categorie fondamentali: le strutture destinate allo spettacolo - che richiedono grandi aree perché oltre ad ospitare gli atleti e i campi di gioco, devono prevedere anche gli spazi per il pubblico, per la ristorazione e per i servizi di comunicazione, e sono per questo solitamente rare, e collocate nelle periferie delle città - e le strutture destinate alla pratica sportiva - più piccole e diffuse nel territorio, che necessitano quasi esclusivamente di spazi per l’attività agonistica.
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Figura 1.5: La protesta di Smith e Carlos alle Olimpiadi in Città del Messico
Lo sport raggiunge una dimensione planetaria, grazie allo spettacolo ed alla diffusione dei mezzi di comunicazione. Per questo lo sport diventa una formidabile cassa di risonanza, come mostrato da alcuni episodi, quali ad esempio i pugni alzati per protesta da Smith e Carlos alle olimpiadi di Città del Messico del 1960 (v. fig. 1.5), l'attacco dei fedayn agli atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972, la vittoria di Bartali al Tour de France nel giorno dell’attentato a Togliatti.
Figura 1.6: Il "pio" Gino e il "laico" Fausto: due eroi considerati ancor oggi immortali
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Figura 1.7: Un immagine del Barone Pierre de Coubertin, fondatore dei Giochi Olimpici Moderni.
Tutto questo trova la sua massima espressione nelle Olimpiadi moderne. Queste furono fortemente volute dal barone Pierre de Coubertin (v. fig 1.7), nato a Parigi il 1° Gennaio 1863 da nobile e ricca famiglia di origine normanna. La sua formazione ha origine negli studi umanistici e pedagogici che preferì alla carriera militare, e al viaggio compiuto in Inghilterra, che contribuì a perfezionare le sue conoscenze dello sport e dell'attività fisica in generale. De Coubertin promosse la campagna a favore dell'educazione all'attività fisica, campagna che portò alla costituzione del Comitato Olimpico e dei primi giochi olimpici dell'era moderna, svoltesi ad Atene nel 1896. Le Olimpiadi derivarono dalla fusione di ideali diversi succedutesi nel tempo: è presente la cultura greca, nella concezione dell’educazione del corpo come parte integrante dell’educazione dell’individuo; è presente la cultura romana dello spettacolo; è presente la cultura medioevale nei concetti di lealtà e degli ideali di giustizia presenti nei giochi, ed infine è presente il cosmopolitismo tipico della cultura ottocentesca: un mix destinato ad essere esaltato dalla società della comunicazione.
A tal proposito, la carta olimpica scrive che "il fine del movimento olimpico è di promuovere lo sviluppo delle qualità fisiche e morali che sono alla base dello sport dilettantistico, di invitare tutti gli atleti del mondo ad un grande festival quadriennale dello sport, suscitando attraverso di esso il rispetto e la buona volontà internazionale, e contribuendo così a creare un mondo migliore e più pacifico".
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Figura 1.8: Il simbolo dei Giochi Olimpici: Cinque cerchi, a rappresentare i cinque continenti, abbracciati l’uno all’altro.
Le olimpiadi moderne, disputate una prima volta ad Atene nel 1896, passarono velocemente da una quasi totale anonimità ad una conoscenza universale, divenendo oggi uno degli eventi mondiali di massima importanza. Pur avendo perso buona parte dei suoi connotati originali, come la limitazione ai soli atleti dilettanti, e pur essendo divenuto più un fenomeno economico e politico che puramente sportivo, il movimento olimpico è ancor oggi in grado di rappresentare quegli ideali di fratellanza e di umanità che ispirarono i suoi promotori all’inizio del secolo.
18 1.4 - Evoluzione dei luoghi per lo sport nel tempo
1.4.1 - La Grecia.
Precedentemente all'epoca ellenica, gli spazi per lo sport erano costituiti da spiazzi naturali od artificiali, ove gli atleti si esercitavano nelle varie discipline sportive. Non erano quindi presenti luoghi appositamente dedicati allo sport, che veniva svolto ove capitava. Solo la lotta e il pugilato venivano praticati su piani ricoperti di sabbia, piani che successivamente daranno origine alle palestre.
E' solo con la civiltà ellenica che per la prima volta vengono creati spazi appositamente destinati alla pratica sportiva:
ü Nelle città vengono eretti edifici, chiamati ginnasi, destinati all’educazione in particolare dei giovani. Tali edifici comprendevano sia palestre per gli esercizi fisici che luoghi di incontro per le attività intellettuali, come biblioteche per la lettura e agorà per le discussioni. In questo modo venivano quindi a crearsi spazi tesi alla formazione del corpo e dello spirito.
Il ginnasio era fondamentale per la vita sociale e culturale greca: diveniva luogo d’incontro, di svago, di discussioni;
ü Vengono inoltre costruite strutture architettoniche dedicate all’attività’
agonistica come gli stadi e gli ippodromi;
ü Data la diffusione delle attività del nuoto e della lotta, venivano costruiti anche piscine e spazi per la lotta. In età classica il nuoto assunse, oltre alla già conosciuta funzione ricreativa e di divertimento, anche una funzione igienico-salutista, per cui molto ampia fu la sua diffusione.
La palestra e il ginnasio
Il ginnasio sorgeva generalmente al di fuori delle mura cittadine, ed era incluso nelle mura di un tempio o bosco sacro, circondato da un peribolo all'interno del quale lunghi viali delimitavano le piste per la corsa e con, in certi casi, all'interno un rudimentale impianto balneare.
Il primo ginnasio di cui si hanno notizie precise è quello di Delfi (v. fig. 1.9), edificato intorno al IV secolo a.c., mentre il ginnasio di Olimpia risale probabilmente al III secolo (v. fig. 1.10)
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Figura 1.9: Ginnasio di Delfi, IV sec. a.C.
Figura 1.10: Ginnasio di Olimpia, III sec. a.C.
Nel corso degli anni l'impianto palestra si evolse sino a raggiungere la perfezione, assumendo sempre più importanza anche nel contesto della città. Già nelle strutture più evolute (come ad Efeso e a Pergamo – v. fig 1.11) troviamo, oltre alle piste per le corse ed alle pedane per la lotta, anche ambienti annessi nei quali gli atleti potevano spogliarsi, ungersi e lavarsi dopo gli allenamenti, ma esclusivamente con acqua fredda.
Figura 1.4: Ginnasio superiore di Pergamo, II sec. a.C.
20 Nel corso degli anni i ginnasi si diffusero rapidamente e perfezionarono la loro organizzazione funzionale, presentando all'interno un numero sempre maggiore di locali dedicati al bagno, assumendo così quel carattere tipologico balneare che sembra ricondurre alla diffusione delle terme romane.
Nel corso della storia dell'architetture il ginnasio rappresentò il modello di perfetta tipologia edilizia, in quanto nell'unione e nell'organizzazione degli spazi riflette le esigenze delle attività e dei praticanti secondo la perfezione classica dell'eccellenza fisica. Il modello viene talmente stilizzato che, in epoca romana, nel I sec s.c., Vitruvio scrisse il suo modello ideale di palestra, mai realmente costruito, ma comunque riscontrabile nella realtà nelle sue caratteristiche peculiari: "Nelle palestre bisogna fabbricare dei peristili, di forma quadrata o rettangolare, in modo da ottenere complessivamente un giro di passeggiate su due stadi […]. Questi porticati devono essere semplici su tre lati, ma doppi nella parte esposta a mezzogiorno, cosicché durante le giornate di vento e pioggia gli spruzzi di acqua non possano giungere all’interno. Negli altri tre portici sono collocate spaziose esedre fornite di sedili: in esse filosofi, retori o altri studiosi potranno comodamente tenere le loro conversazioni[…].
Fuori dalla palestra si dispongano tre portici, uno per coloro che escono da peristilio, e due, uno a destra e uno a sinistra del primo, con delle piste; di essi quello che guarda a Nord sia doppio e molto ampio, l’altro semplice; entrambi abbiano dei margini laterali per il passaggio sia lungo i muri di fondo sia lungo le colonne, e siano scavati al centro con dei gradini alti un piede e mezzo per permettere la discesa dai margini al piano;
quest’ultimo non sia più stretto di 12 piedi. Con questa disposizione coloro che passeggeranno all’intorno, lungo i margini, non saranno molestati da coloro che, unti, si staranno esercitando."
Un approfondimento: il ginnasio di Mileto
Il Ginnasio centrale di Mileto fu costruito nella parte Est dell'agorà Nord di Mileto nella prima metà del II sec a.C., dopo il completamento dello stadio e del ginnasio di Eumenes situato nella parte ovest dell'agorà. Stando ad un iscrizione trovata vicino al Delphinion, datata intorno al 200 d.C., il committente dell'opera fu l'illustre cittadino di Mileto Eudemus.
Figura 1.5: Pianta della città
21 Orientato da Sud a Nord, il complesso del ginnasio era accessibile attraverso un monumentale propileo situato sull'asse centrale dell'edificio. Il propileo era eretto su cinque scalini, con quattro colonne sul fronte di ingresso e due su ciascun lato. Uno dei suoi lati
era affacciato sulla palestra, e l'altra era affacciata sul centro della città, l'area pubblica.
Il ginnasio era costruito intorno ad una palestra rettangolare all'aria aperta di dimensioni 19x35 m, circondata da un colonnato dorico senza scanalature. Il lato nord della stoa era interrotto dall'edificio principale, e a sud dall'interno del propileo.
Aperto a sud, l'edificio principale del ginnasio era collocato nella parte nord della palestra. Aveva la forma di una stoa, ed era caratterizzato da una serie di stanze poste dietro ad un colonnato ionico. Al centro era collocata la stanza dell'Ephebeion, ovvero l'area dove gli adolescenti venivano educati, diviso dallo stoa ionico da una coppia di colonne corinzie nelle quali le aperture laterali erano recintate da un basso parapetto.
L'Ephebeion era fiancheggiato da stanze di servizio necessarie per il ginnasio (apodyteria, aleipterion, bagni…).
Figura 1.6: Pianta del ginnasio
Figura 1.14: Vista assonometria da sud. Figura 1.15: Il propileo di ingresso
Figura 1.7: Vista da sotto il colonnato dorico
Figura 1.8: L’edificio principale visto dall’ingresso
22 Il ginnasio, e più in particolare la sua accentuata simmetria, servì poi da modello alle successive terme di Capitio, costruite nel secolo successivo vicino al ginnasio.
Lo stadio
Con la diffusione dello sport nacque l'esigenza di contenere un vasto numero di atleti e un folto pubblico, esigenza che portò al mutamento della palestra e del ginnasio nello stadio, allo scopo di trovare i giusti spazi per consentire sia agli atleti il regolare svolgimento delle gare, che agli spettatori di assistere agli eventi senza disturbare gli agonisti. Nascono dunque lo stadio - originariamente lo “stadio” indica solo un unità di misura, che indica la lunghezza (600 m. circa) della pista su cui si svolgevano le gare dei cavalli e di corsa - destinato ad ospitare gare di corsa, lancio del disco, del giavellotto, del pugilato ecc, e l'ippodromo per le gare ippiche.
La disposizione degli spazi era semplice ma efficiente: lo spazio di gara era costituito da uno spazio libero naturalmente o in seguito all'intervento dell'uomo, che accoglieva la pista per le competizioni, mentre gli spazi laterali adiacenti ospitavano coloro che sovrintendevano le gare e gli spettatori. Gli spazi per il pubblico erano ricavati grazie ai pendii e alle alture naturali. L’unico intervento umano, peraltro presente solo nelle strutture più importanti, era quello di predisporre delle gradinate in pietra che si appoggiavano su pendii naturali.
Sino all'epoca ellenica, l'attenzione era rivolta esclusivamente al benessere degli atleti, senza attribuire importanza alla comodità degli spettatori, che sedevano sull'erba; solo a partire dal V secolo a.C. si trovano testimonianze di sedili in pietra, probabilmente destinati in un primo momento ai soli direttori di gara. In altri casi venivano realizzati dei gradoni in legno, affinché fossero utilizzati solo durante le gare.
Figura 1.18:Evoluzione della forma dello stadio greco: dal naturale spazio libero alle forme più complesse preludenti a quelle romane
23 Come si può vedere dalla figura 1.18 le primitive tribune erano generalmente di forma rettangolare molto allungata, disposte adiacenti al lato maggiore della pista, ed in modo che durante le gare il sole fosse sempre alle spalle degli spettatori. Alla necessità di aumentare la capienza degli stadi si rispose con una disposizione delle tribune sui due lati, con o senza raccordi.
Non si conosce l'esatta funzione del raccordo circolare - detto "sfendone" - alle estremità delle tribune in quanto la gara di corsa non seguiva un percorso curvilineo come accade oggi; può essere avanzata l'ipotesi che servisse per assistere alle gare che richiedevano un pubblico più raccolto, come ad esempio le gare di lotta o per le manifestazioni musicali e poetiche.
Con il passare del tempo lo spettatore divenne parte integrante ed attiva della competizione: iniziò così il lento declino del fasto e della purezza dello sport, intesa in senso ellenico, passando sempre più a vedere l'educazione del fisico come una spettacolarizzazione dell'evento, così come i romani gli dettero vita.
L'ippodromo
Anche se dell'ippodromo si hanno poche ed incerte notizie, si può ipotizzare che questa tipologia impiantistica fosse diffusa principalmente sulle coste mediterranee, dove erano situate installazioni provvisorie allestite solamente in occasione delle manifestazioni. Ed è forse per questo che non ci sono giunti ad oggi resti di ippodromi di tipo greco.
Figura 1.9: Ippodromo di Pessinus). L'impianto presenta l'accostamento di un impianto sportivo con un teatro.
L'ippodromo, come si può vedere in fig. 1.19, era costituito da una vasta pianura sgombra da ostacoli, nella quale erano segnate, con colonne fisse o provvisorie, le mète attorno alla quale i cocchi o i cavalli dovevano girare.
24 Resta comunque inimitabile l'ingegno e l'eleganza con le quali i greci si avvicinarono all'architettura sportiva, ottenendo una configurazione degli impianti che si sposarono perfettamente con la natura ed il contesto del territorio, strutture che sono arrivate sino ai giorni nostri. Si cita, primo fra tutti, lo stadio Panatenaico di Atene (v. fig. 1.20), stadio ellittico di marmo dove si svolgevano originariamente i Giochi Panateniesi. Lo stadio, restaurato nel 1896 in occasione dei primi giochi olimpici dell'era moderna, costituisce tutt'oggi uno dei monumenti più importanti del centro di Atene, tanto che ha ospitato la fiaccola olimpica, le gare di tiro con l'arco e l'arrivo della Maratona, vinta dall'italiano Stefano Baldini, nelle recenti olimpiadi del 2004.
Figura 1.20: Atene, stadio Panatenaico, II sec. a.C, in occasione dei giochi olimpici del 1896
1.4.2 - Roma
I romani amarono prevalentemente quei giochi e quegli sport in cui la dimostrazione della forza fisica era spinta fino all'estremo, e preferirono essere spettatori piuttosto che protagonisti. Questo è provato anche e sopratutto dall'ingente numero di impianti che ancor oggi sono presenti in Italia ed in gran parte dell'Europa, fin dove si spinse la dominazione romana. Oltre a questo, è da sottolineare anche l'elevata conoscenza ingegneristica con la quale furono edificati gli impianti, raggiungendo livelli architettonici molto spesso tutt’oggi ineguagliati.
25 Le tipologie per gli edifici sportivi sono mutuate da quelli di derivazione ellenica, con la sostanziale differenza che queste strutture più che per lo sport vengono elaborate in base alle nuove esigenze espresse dai romani, ovvero quello di garantire spettacoli di massa:
ü I vecchi ginnasi, luoghi di cura del corpo e dell'intelletto, vengono sostituiti dalle terme, destinati alla cura del corpo e dello spirito, che ebbero grandissimo successo in epoca romana. Il grande successo delle terme fu dovuto anche al fatto che queste erano costruite grazie a degli sponsor, che le utilizzavano come forma di consenso politico e di prestigio sociale. Le terme avevano, più che una funzione sportiva vera e propria, una funzione ludica, di socializzazione e di igiene.
ü Per rispondere alle nuove esigenze di sempre maggiore spettacolarizzazione dello sport e di comodità richiesta dagli spettatori, vengono mutuati i tipi greci di luoghi per lo sport, creando nuovi tipologie di edifici, gli anfiteatri (per le lotte fra gladiatori), o rielaborandoli, ottenendo i circhi (per le gare ippiche) e gli stadi (per le gare sportive).
Come si può intuire, la concezione romana di spazio per lo sport si avvicina molto a quella che abbiamo oggi; si avevano grandi strutture ideate per superare i problemi connessi con la presenza delle grandi masse di pubblico, richiamate dallo spettacolo sportivo, e con il loro deflusso verso l'interno o l'esterno.
Il circo
Il circo romano, nato dall'evoluzione dell'ippodromo ellenico, aveva come elementi essenziali:
ü l'arena , di forma molto allungata ed attraversata nel senso della lunghezza dalla spina, leggermente obliqua rispetto ai lati lunghi fra loro paralleli;
ü i carceres, posti a chiusura del lato minore retto, e dai quali partivano i carri con i cavalli;
ü la cavea, che comprendeva le gradinate per il pubblico, dette loca.
26 La spina, piattaforma lunga e stretta, leggermente sopraelevata, divideva la pista in due parti, ed era obliqua per rendere uguali la lunghezza e la difficoltà del percorso per tutti i concorrenti. Essa era delimitata da mete e decorata con simboli di legno o di pietra (uova, delfini ed obelischi) che avevano anche la funzione di segnali. Si distinguevano inoltre la tribuna imperiale, detta pulvinar, le tribune della giuria poste in prossimità dell'arrivo, e un altra tribuna riservata posta sulla curva, ove più drammatiche erano le fasi dalla gara. Tra la pista e le gradinate era presente un canale, denominato euripus, che aveva la funzione di separazione fra pubblico e atleti.
Roma ebbe numerosi circhi, e tutti di ragguardevoli dimensioni: il circo Massimo (si veda figura 54), che risale al IV secolo a.C., successivamente e ripetutamente restaurato, anche da Cesare ed Augusto, è il più famoso. Il circo aveva l'asse maggiore lungo 535 m., e l'asse minore lungo 150 m.. Poteva contenere in origine oltre 70.000 persone che, in seguito ai successivi ampliamenti e rifacimenti, all'epoca di Costantino divennero quasi 200.000. Come si può vedere in figura 1.21, era una costruzione di eccezionale importanza, non solo dal punto di vista tecnico.
Figura 1.21: Roma, Circo Massimo. Ricostruzione aerea.
L'estendersi della dominazione romana portò alla costruzione di grandi circhi nelle più importanti città coloniali conquistate; così, da Roma, attraverso Pozzuoli e Boville, presso Frosinone, si passa ad Aquileia, Arles, Nimes, Terragona, Cesarea, sino a Cartagine e Leptis Magna, per concludere con la grande realizzazione di Bisanzio, che
27 costituì ancora per molti decenni, dal III secolo d.C. sino all'abolizione dei giochi olimpici, l'esempio più ammirato dell'architettura sportiva tardo-romana.
L'ultimo spettacolo circense di cui si abbia notizia è quello organizzato nel circo Massimo da Totila nel VI sec d.C.
L'anfiteatro
Il nome anfiteatro significa costruzione destinata a spettacoli vari, nella quale lo spazio destinato al pubblico corre tutt'intorno all'arena.
Secondo alcuni la forma ellittica propria e caratteristica dell'anfiteatro deriva dalla disposizione che dovettero assumere i sedili mobili in legno attorno al foro, che era di forma rettangolare, per accogliere gli spettatori in occasione dei primi ludi gladiatori, che si svolgevano appunto nel foro. Anche se ciò sembrerebbe escludere la derivazione della forma dell'anfiteatro dallo stadio e dal circo greco, appare assai ragionevole pensare che sia proprio così. Infatti, gli esempi di stadi greci con lo sfendone sui due lati, come ad Afrodisia, estrema e tarda evoluzione dello stadio classico, si approssimano assai alla forma dell'anfiteatro romano, pur con una differenza notevole nelle proporzioni tra la pista dello stadio e l'arena dell'anfiteatro. Una conferma di questa possibile evoluzione dallo stadio in anfiteatro potrebbe aversi nel fatto che lo stadio di Laodicea fu successivamente trasformato in anfiteatro.
E' certo comunque che lo stadio e l'ippodromo hanno costituito il modello dell'anfiteatro per diversi particolari, come le vie di accesso, la disposizione dei sedili ed altro.
Il primo anfiteatro a Roma di cui si hanno le prove dell'esistenza, visto che ne parla Plinio, fu fatto costruire da Caio Curio Scribonio nel 53 a.C., ed era un anfiteatro con una struttura in legno. Secondo la descrizione dello scrittore, l'anfiteatro era costituito da due teatri in legno, che uno speciale congegno consentiva di far ruotare sino a congiungersi, formando così l'anfiteatro. Solo dopo l'80 a.C. fu costruito a Pompei il primo anfiteatro in pietra, e fu dunque in Campania che si compì l'evoluzione dell'anfiteatro provvisorio in legno a quella stabile in pietra che, nell'età imperiale, assunse la forma compiuta quale quella che possiamo vedere nell'Anfiteatro Flavio.
Dai primi esempi di estrema semplicità, come Pompei, con l'arena al piano di campagna, assenza di sotterranei e presenza di un solo ordine di arcate all'esterno, si passa alle costruzioni ben più evolute di età augustea, fino a quelle che,nell'età dei Flavi, rappresentarono la perfezione in questo tipo di edifici: il Colosseo, o anfiteatro
28 Flavio, del 80 d.C.; Pozzuoli, 80 d.C.; S.Maria Capua Vetere, I sec d.C; Verona, I sec d.C..
Il concetto ispiratore dell'anfiteatro si distingue, anche dal punto di vista urbanistico, da quello dello stadio greco: gli stadi greci sorgevano generalmente fuori dalle città e in luoghi sacri,mentre gli anfiteatri romani, colossali platee per una piccola arena, sorgevano nel cuore delle città per garantire un accessibilità migliore al pubblico, che doveva riempire le gradinate.
La forma dell'anfiteatro variava dall'ellisse allungata (Flavio, Nimes, Pola, Verona, Tarragona (v. fig 1.22) sino ad avvicinarsi molto al cerchio (Castrense).
Figura 1.22: Tarragona, Anfiteatro, II sec. d.C.
L'arena, considerata un palcoscenico più che una pista vera e propria, era sempre piccola, circondata dalle gradinate che accoglievano il pubblico e che salivano altissime attorno a quella. Un complesso sistema di scale, gallerie e sbocchi sulle gradinate, detti vomitori, assicurava un afflusso ordinato ed un rapido deflusso del pubblico. I romani ottennero nel movimento della folla risultati veramente notevoli: si è calcolato che lo svuotamento del Colosseo potesse avvenire in meno di otto minuti.
Anche la pendenza delle gradinate era accuratamente studiata per garantire la buona visibilità dello spettacolo da ogni posto. I gradoni, previsti sempre per spettatori seduti, avevano una profondità variabile fra 70 e 90 cm, e spesso erano piani a due livelli, uno più alto per il sedile, l'altro più basso per il passaggio. Il rapporto fra alzata e pedata variava entro certi limiti: nel Colosseo è di 1/1,25, a Nimes è 1/1,62, a Verona 1/1,76.
La maggior parte degli anfiteatri era completamente costruita fuoriterra, in zone pianeggianti, e costituita da uno o più ordini di arcate finestrate sovrapposte, spesso sovrastate da un muro pieno in sommità.
29 Vi sono però numerosi esempi di anfiteatri costruiti in modo da sfruttare abilmente la configurazione altimetrica del terreno, così da ridurre le opere murarie e sposare al meglio all'ambiente la monumentale costruzione. Allo stesso modo, vi sono esempi di anfiteatri interamente ricavati nella roccia, come l'anfiteatro di Sutri, edificato nel I sec a.C., e completamente scavato nel tufo, oppure l'anfiteatro di Siracusa, quasi totalmente ricavato nella roccia viva.
Dopo l'anfiteatro che Nerone costruì, ancora in legno, al campo Marzio, e dopo quello Castrense in muratura, i romani giunsero a quello che sarebbe poi rimasto come l'esempio più potente ed insieme caratteristico dell'arte di costruire anfiteatri, ovvero l'Anfiteatro Flavio, o Colosseo (vedi fig. 1.23)
Figura 1.23: Roma, Anfiteatro Flavio.
Un approfondimento: l'anfiteatro Flavio
L'anfiteatro Flavio (v. fig. 1.23) - detto solo più tardi "Colosseo" a causa di una statua gigantesca eretta nelle vicinanze dall'imperatore Adriano - iniziato da Vespasiano nel 72 d.C, ed inauguralo nell'80 d.C. dall'imperatore Tito, è l'esempio più cospicuo fra gli anfiteatri ed è anche, come dimensioni, tra le maggiori realizzazioni dell'architettura romana. Ha un asse maggiore di m. 188, ed il minore di m.156, l'altezza è di m.50 e poteva accogliere quasi novantamila spettatori. Il suo aspetto gli è conferito principalmente dal paramento esterno che racchiude, seguendone la pianta ellittica, le gradinate e l'arena. Questo paramento è quasi indipendente dalla struttura, ed è
30 costituito da una sovrapposizione di tre ordini di archi inquadrati in intercolumni, il tutto sormontato da una fascia di muro pieno dalla quale aggettavano le mensole di sostegno del velario.
Era infatti possibile, per riparare il pubblico dal sole, coprire la sterminata cavea del Flavio con un velario che alcuni affermavano fosse di tessuto azzurro disseminato di stelle disegnate.
L'arena in se stessa era piccola, di dimensioni 76 per 46 m., rispetto all'estensione della cavea, caratteristica peraltro riscontrata in quasi tutti gli anfiteatri coevi. Esemplare è lo studio del percorso del pubblico: dalla galleria esterna al piano terreno il pubblico si smistava e accedeva ai vari ingressi, dai quali partivano le scale di caricamento; per esse si saliva ai punti più alti degli spalti e, sboccando sulla cavea attraverso i vomitori, si distribuiva nei vari ordini di posti. Lo sfollamento avveniva con discesa verso il basso, senza che fosse necessario risalire ai vomitori.
Le terme
Il cives romano (gli stranieri non vi erano ammessi) si recava abitualmente alle terme, a compiere quello che oggi chiameremmo il relax e il fitness. Nelle terme dunque il cittadino romano si dedicava allo sport attivo, esercitandosi nella corsa e nei manubri, giocando al gioco della palla, praticando la lotta, sino a riscaldare il corpo e sudare, dopodichè si sottoponeva a vari bagni alle diverse temperature, e finiva con una nuotata nella piscina. All'interno delle terme non si disputavano mai gare, né mai vi furono manifestazioni pubbliche di nessun genere.
In origine semplici stabilimenti di bagni pubblici per consentire a tutti l'igiene personale, questo tipo di edificio subì un evoluzione che lo portò ad essere un complesso sistema di costruzioni e di spazi liberi per le molteplici attività che a quelle originali si erano venute aggiungendo con il passare del tempo
Il più antico edificio termale è quello detto delle Terme Stabiane, costruito a Pompei, che risale al II sec a.C. Attorno ad un cortile trapezoidale, porticato sui tre lati, che serviva da palestra ed aveva sul quarto lato una piscina di acqua fredda per nuotare, erano collocati vari ambienti di servizio, quali i locali dei bagni con l'acqua calda e gli spogliatoi, divisi in base al sesso.
In seguito alla scoperta, da parte dell'imprenditore romano Sergio Orata, del sistema per la distribuzione dal pavimento e dalle pareti le correnti di aria calda, si crearono anche gli ambienti delle saune, che ebbero successivamente grande diffusione.
31 Uno degli esempi più significativi di questo tipo edilizio, che poi si moltiplicò e si diffuse per tutte le città dell'Impero, sono le terme di Agrippa, della cui sala quadrangolare rimangono i resti presso il Pantheon. Così anche Nerone, Tito, Traiano, Caracalla, Diocleziano fecero edificare e donarono a Roma edifici sempre più grandidiosi. In questi complessi edifici le parti destinate alla brillante vita sociale, all'esibizione del lusso, agli intrattenimenti, agli spettacoli e all' esposizione delle opere di arte finirono col prevalere su quelle che noi diremmo "sportive", accentuando quella decadenza fisica e morale che portò alla disgregazione dell'Impero romano sotto i colpi delle invasioni longobarde.
32 Un approfondimento: le terme di Caracolla
Figura 1.24: Vista tridimensionale del complesso termale..
Le terme di Caracalla, costruite poco fuori Roma, vicino alla via Appia, vennero inaugurate dallo stesso imperatore nel 216 d.C. La struttura si estende tutt’oggi per un area di ben 11 ettari, costituendo un vero capolavoro dell’edilizia romana. In figura 1.25 è riportata l’attuale pianta del complesso termale. Dall’ingresso centrale posto sulla destra (1) è possibile seguire un itinerario pressappoco equivalente a quello previsto in antico. Dal vestibolo (1),
che si apriva sulla natatio (13), verso sinistra, con un portico a quattro colonne, si passava ad un ambiente quadrato (2), fiancheggiato da due stanze per lato, coperte di volte a botte (nella seconda a destra una scala saliva ai piani superiori). Questo complesso è forse l'apodyterium (spogliatoio). Seguiva una delle due grandi palestre (3), simmetricamente disposte sui lati brevi. La parte centrale, un cortile scoperto (lungo m. 50 e largo m. 20) era conclusa su tre lati da un portico di colonne di giallo antico, coperto a volta. Un grande emiciclo si apriva sul portico, tramite sei colonne, mentre, sul
Figura 1.25: Pianta delle terme di Caracalla
33 lato opposto, non colonnato, erano posti cinque ambienti ( di cui il centrale absidato).
Qui aveva inizio il normale percorso di un bagno, con esercizi sportivi vari, che potevano svolgersi sia al coperto che all'aperto. Da qui si passava alle sale successive verso sud-ovest (6,7,8), di forma e dimensioni varie, dotate spesso di vasche. In particolare, la stanza rettangolare con due lati curvi (6), aperta verso sud-ovest, poteva essere un laconicum (bagno turco). Si arrivava così al caldarium (9), una grande sala circolare, del diametro di m. 34, coperta da una cupola che poggiava su otto poderosi pilastri (quattro sono conservati, mente degli altri restano poche tracce, v. fig 1.25)
Le mura si aprivano arditamente in finestroni, disposti su due piani e destinati a ricevere il sole dalla tarda mattinata al tramonto. Al centro doveva essere presente una vasca circolare, mentre altre sei vasche minori trovavano posto tra un pilone e l'altro. Dal caldarium in poi, invece, i servizi non erano più sdoppiati, ma unici, sia pur percorribili su due linee parallele.
Dopo il bagno di sudore nel laconicum e le
abluzioni di acqua calda nel caldarium, si passava in un ambiente più piccolo, il tepidarium (10), anch'esso fiancheggiato da due vasche. Da questo ambiente temperato, attraverso il salone centrale della basilica (11), si terminava il bagno nella grande natatio (13).
Figura 1.26: Resti dei pilastri del calidarium
34
Figura 1.27: Schematizzazione funzionale delle terme di Caracolla.
Nelle terme imperiali, gli ambienti, particolarmente curati ai fini del loro decoro in maniera adeguata alla grandiosità delle strutture, più importanti e canonici, cioè richiesti dal succedersi delle diverse fasi del bagno, erano i seguenti:
ü l’apodyterium, lo spogliatoio nel quale il frequentatore romano delle terme riponeva i vestiti; era presente solo in alcuni stabilimenti;
ü il tepidarium (v. fig. 1.27), il cui nome non derivava dall’acqua tiepida poiché non era una sala da bagno, bensì era una stanza priva di attrezzature particolari e serviva alla traspirazione del corpo e alla preparazione dello stesso alle temperature elevate del calidarium;
ü il calidarium, una sala calda orientata a sud - ovest per sfruttare il calore dei raggi del sole; si trovava al centro di tutte le stanze calde per conservare il calore di queste e sporgeva dalla costruzione in modo tale che tutto il calore confluisse verso di esso; secondo le indicazioni di Vitruvio aveva una forma rettangolare ed era costituita da due spazi: uno che conteneva l’alveo, ampio bacino destinato al bagno, e l’altro il labrum, conca rotonda al centro della quale zampillava dell’acqua, utilizzata da persone, che si trovavano attorno ad essa, per compiere lavaggi; il frigidarium (v. fig. 1.28), l’ambiente più vasto al cui interno si trovavano dei bacini d’acqua come la piscina o la cisterna; di solito si affacciava all’esterno sulla natatio;
35 ü l’heliocaminus, il luogo destinato alle cure solari e privo di pareti nella zona sud
- ovest per ricevere i raggi solari;
ü la palestra, il luogo adibito agli esercizi ginnici e derivato dal ginnasio greco;
era costituito da un cortile porticato a pianta quadrata, era formato da vari ambienti quali l’ephebeum nel quale i giovani cominciavano a praticare la ginnastica, il coryceum, forse destinato al gioco della palla o al consumo dei pasti, il conisterium e l’elacothesium dove erano riposti gli unguenti e le polveri dei lottatori;
ü la natatio, che era una piscina con acqua in equilibrio termico con l’ambiente circostante, nella quale si bagnavano anche coloro che giocavano nella palestra;
ü il laconicum, l’ambiente che serviva per una forte sudorazione del corpo;
soprattutto dopo il pasto per aiutare la digestione; in senso stretto era definito laconicum proprio l’apparecchio che serviva a riscaldare l’ambiente.
Figura 1.11: Tepidarium delle terme di Pompei Figura 1.10: Frigidarium delle terme di Adriano a
Leptis Magna