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A P P U N T I NUMERO: 1904A - ANNO: STUDENTE: Fornara Federica. MATERIA: Fisica - Prof. Gerbaldo (riassunti + formulario)

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(1)

Corso Luigi Einaudi, 55 - Torino

NUMERO: 1904A - ANNO: 2016

A P P U N T I

STUDENTE: Fornara Federica

MATERIA: Fisica - Prof. Gerbaldo (riassunti + formulario)

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(2)

Il presente lavoro nasce dall'impegno dell’autore ed è distribuito in accordo con il Centro Appunti.

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AT T E N Z I O N E: Q U E S T I A P P U N T I S O N O FAT T I D A S T U D E N T I E N O N S O N O S TAT I V I S I O N AT I D A L D O C E N T E . I L N O M E D E L P R O F E S S O R E , S E R V E S O L O P E R I D E N T I F I C A R E I L C O R S O .

(3)

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(22)

1- FORZE CENTRALI

Si definisce forza centrale una forza agente in una certa regione dello spazio per cui:

(forza centrale attrattiva)

1) in qualsiasi punto P(x,y,z) la sua direzione passa sempre per un punto fisso O, detto centro della forza, 2) il modulo risulta funzione solo della distanza r dal

centro della forza 3) FF r ur

)

= ( (ur

versore radiale uscente dal centro della forza) a) F(r)>0 se la forza è repulsiva

b) F(r)<0 se la forza è attrattiva

4) Se applichiamo il Teorema del momento angolare al moto di un punto materiale soggetto alla forza centrale F(r)

, prendendo come polo fisso in un sistema di riferimento inerziale il centro di forza O si ha:

0 )

( =

=

=

= o r r

O rxF ru xF r u

dt L

M d    

ossia per le forze centrali il momento della forza rispetto al centro di forza O è ovunque nullo

5) come conseguenza:

v m r Lo  

×

= = costante (in direzione, verso e modulo) ossia per le forze centrali il momento angolare rispetto al centro di forza O si conserva

6) per definizione il momento angolare Lo

è sempre ortogonale al piano contenente r

e v

: se Lo è costante, in particolare in direzione, tale piano è fisso nel tempo, cioè r

e v

devono stare sempre nello stesso piano, inoltre la costanza in verso di Lo

fissa un verso di percorrenza sulla traiettoria

7) le forze centrali sono conservative infatti FF r ur

)

= ( e il lavoro di tale forza è:

= = =

=

B

A B

A B

A

r B

A

dr r F ds

r F s d u r F s d F

W ( ) ( ) cosϑ ( )

dove dr è la variazione del modulo di r

durante lo spostamento sd

, quindi

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(23)

2- FORZA GRAVITAZIONALE

A – Le tre Leggi di Keplero (1600-1620) danno una descrizione cinematica del moto dei pianeti:

1) Prima legge:

I pianeti percorrono orbite ellittiche intorno al sole che occupa uno dei fuochi dell’ellisse 2) Seconda legge:

La velocità areale dt

dA, con cui il raggio vettore che unisce il sole ad un pianeta descrive l’orbita, è costante (il raggio vettore percorre aree uguali in tempi uguali)

3) Terza legge:

Il quadrato del periodo di rivoluzione di ogni pianeta è proporzionale al cubo del semiasse maggiore dell’ellisse: T2 =ka3

B – Spiegazione dinamica di Newton (1666-1687): la Teoria della gravitazione universale Partendo dalla 3 Leggi di Keplero, immaginiamo che l’orbita di un pianeta attorno al sole sia approssimabile con un’orbita circolare , allora, poiché dalla II legge di Keplero la velocità areale

dt r d dt

dA 2 θ

2

= 1 è costante e abbiamo inoltre ipotizzato l’orbita come circolare (ossia r

costante) di conseguenza anche la velocità angolare

dt dθ

ω= deve essere costante.

La forza

F

che agisce sul pianeta per mantenerlo nell’orbita circolare a velocità angolare

ω

costante (ossia con accelerazione angolare

α

nulla e, di conseguenza, accelerazione tangenziale

a

t

= α ⋅ r

nulla) deve essere solamente centripeta (ossia diretta lungo la congiungente terra-sole):

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(24)

dal punto di vista vettoriale abbiamo:

1 , 2 2 ,

1 F

F 

=

1,2 12 2 u1,2 r

m

Fm

γ

= ; 2,1 12 2u2,1 r

m

Fm

γ

=

La costante di proporzionalità γ è una costante universale caratteristica dell’interazione gravitazionale il cui valore non dipende dai valori delle masse e dalla geometria del sistema.

La misura diretta di γ venne effettuata per la prima volta da Cavendish nel 1798 utilizzando una bilancia di torsione per misurare la forza di attrazione tra due masse sferiche.

Misura più recenti hanno portato alla valutazione di 2

3

10 11

67 .

6 kg s

m

⋅ ⋅

=

γ

La prima verifica della legge di Newton è stata quella di confrontare la legge di gravitazione universale con la legge di gravità Fmg

= valida sulla superficie terrestre, ossia la legge di gravitazione universale deve valere anche per un corpo m posto sulla superficie della terra, approssimabile ad un corpo sferico di massa mT e raggio rT.

Il problema che Newton ha dovuto risolvere per questa verifica e che ha causato il forte ritardo nella pubblicazione della legge di gravitazione universale è stato quello di dimostrare che un corpo a simmetria sferica eserciti una forza gravitazionale come se la massa fosse tutta concentrata nel suo centro. Noi dimostreremo tale affermazione più avanti utilizzando il Teorema di Gauss.

r mg F mm

T T =

2 da cui 2

T T

r

gm =9.81 ms-2

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(25)

La legge di Coulomb che si stabilisce tra due carice q1 e q2 distanti r in termini vettoriali risulta:

2 , 2 1

2 1 0 2

,

1 4

1 u

r q

Fq

= πε

dove la forza è quella che q1 esercita suq2 edove u1,2

è il versore diretto da q1 a q2 (uscente da q1) lungo la congiungente le due cariche.

In particolare se:

1) le due cariche hanno lo stesso segno (q1q2>0) la forza ha lo stesso verso di u1,2

(forza repulsiva) 2) le due cariche hanno segno opposto (q1q2<0) la forza ha il verso opposto ad u1,2

(forza attrattiva) In accordo con il principio di azione e reazione, la forza F2,1

che q2 esercita su q1 è =-F1,2 .

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(26)

5- CAMPO (GRAVITAZIONALE o ELETTROSTATICO)

La forza di gravitazione tra due masse o la forza di Coulomb tra due cariche può essere intesa come un’azione diretta tra di esse, un’azione a distanza nella quale le masse (o cariche) interagiscono tra di loro senza venire a contatto, seguendo il principio di azione e reazione (terza legge della dinamica di Newton).

Questo però non è il solo modo di studiare il fenomeno: si può anche ritenere che la prima massa (o carica) perturbi lo spazio circostante creando un “campo di forze” (gravitazionali o elettrostatiche) i cui effetti si rivelano quando una seconda massa (o carica) penetra in questo spazio perturbato dalla prima massa (o carica) e risente una determinata forza proporzionale all’intensità del campo, intensità che decresce con il quadrato della distanza dalla massa (o carica) che ha generato il campo.

1) Campo gravitazionale

Supponiamo di avere due masse m1 e m0 puntiformi (o a simmetria sferica) poste a distanza r tra loro in un mezzo omogeneo ed isotropo, ad esempio il vuoto. Tra di esse si esercita un’interazione gravitazionale costituita da una forza F1,0

che m1

esercita su m0 e da una reazione F0,1

che m0 esercita su m1.

0 0 , 2 1

1 0

,

1 ( u )m

r

Fm

γ

= 0,1 ( 20 u0,1)m1 r

Fm

γ

=

Possiamo quindi dire che la forza gravitazionale F1,0

che m1 esercita su m0 è pari al prodotto di un vettore che non dipende da m0, ma solo da m1 e dalla distanza da m1 moltiplicato per la massa m0 sottoposta all’azione di m1, viceversa nel caso di F0,1

. Tale vettore viene denominato

“campo gravitazionale” G

generato, dalla massa m sorgente del campo, nel punto dello spazio P distante r dalla sorgente del campo stesso:

r u P m

G 

) 2

( =−γ

dove u

è diretto uscente dalla massa m, sorgente del campo gravitazionale, verso il punto P(x,y,z) distante r dalla massa m.

Il campo gravitazionale è sempre diretto verso la massa sorgente del campo stesso e si misura in N/kg essendo il rapporto tra una forza e una massa.

Di conseguenza la forza esercitata dalla massa m sulla massa m0 posta a distanza r risulta G

m

F 

= 0

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(27)

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(28)

In alcuni corpi la carica tende a portarsi sulla superficie (per esempio i conduttori elettrici) occupando una sottile regione di spessore trascurabile, dell’ordine delle dimensioni atomiche.

In questo caso la distribuzione di carica può essere vista, per il calcolo del campo elettrostatico, come una distribuzione superficiale di carica σ(x’,y’,z’) (misurata in C/m2) da cui dq=σ(x’,y’,z’)dΣ e

Σ

Σ

= x y z d

q σ( ', ', ') dove dΣ è l’area della superficie infinitesima intorno al punto di coordinate (x’,y’,z’) su cui è distribuita la carica dq.

Un’ulteriore possibilità è che la carica sia distribuita lungo una linea, in generale curva, nel qual caso la distribuzione di carica può essere vista, per il calcolo del campo elettrostatico, come una distribuzione lineare di carica λ(x’,y’,z’) (misurata in C/m) da cui dq=λ (x’,y’,z’)dl e

=

l

dl z y x

q λ( ', ', ') dove dl è la lunghezza del tratto infinitesimo di linea intorno al punto di coordinate (x’,y’,z’) lungo cui è distribuita la carica dq.

I campi elettrostatici dovuti a distribuzioni superficiali o lineari di carica elettrica si scrivono:

Σ

= Σu

r P d

E 

2

4 0

) 1

( σ

πε e =

l

r u P dl

E 

2

4 0

) 1

( λ

πε

Le densità ρm e ρq, σ e λ nel caso più generale sono funzioni del punto (x’,y’,z’), quando sono costanti si parla di distribuzioni uniformi e valgono le formule m= ρmτ, q= ρqτ, q=σΣ e q=λl.

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(29)

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(30)

Il segno negativo nel caso gravitazionale e nel caso elettrostatico quando qq0 <0 significa che la forza di interazione è attrattiva, il segno positivo nel caso elettrostatico quando qq0 >0 significa che la forza di interazione è repulsiva.

A rigore l’energia potenziale è definita a meno di una costante additiva, però è ragionevole che a distanza infinita, quando cioè non c’è più interazione, l’energia potenziale elettrostatica o gravitazionale sia nulla

0 ) (r=∞ =

EP e quindi la costante, che può essere ottenuta impostando r=∞, abbia valore nullo.

Quando q0 si avvicina a q (con qq0 <0) o m0 si avvicina a m la forza di interazione compie un lavoro positivo e q0 (o m0) acquista energia cinetica (W =

Fds=EK >0); siccome la forza è conservativa, l’energia meccanica (Em= EK+EP) resta costante e quindi se EK aumenta EP deve diminuire: essendo EP nulla per distanza infinita, EP deve necessariamente essere negativa per distanze finite.

Ragionamento identico quando q0 si allontana da q (con qq0 >0), in questo caso la forza di Coulomb compie un lavoro positivo e q0 acquista energia cinetica (W =

Fds=EK >0);

siccome la forza è conservativa, l’energia meccanica (Em= EK+EP) resta costante e quindi se EK aumenta EP deve diminuire: essendo EP nulla per distanza infinita, EP deve necessariamente essere positiva per distanze finite.

Se consideriamo una traiettoria chiusa (percorso chiuso) si ottiene che il lavoro lungo tale traiettoria è nullo, ovvero che la circuitazione della forza elettrostatica o gravitazionale è nulla (forza conservativa).

Inoltre W =

Fds=0 implica anche che

Eds=0 e

Gds =0 ossia che il campo elettrostatico e il campo gravitazionale sono anche essi conservativi.

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(31)

Nel caso elettrostatico si ha 1 1) 4 0 (

0 0

B A B

A

B

A r r

s qq d E q s d F

W =

=

= πε − da cui A B

B A B

A

V r V

r s q

d

E⋅ = − = −

4 (1 1)

πε0

 

(relazione integrale)

e, nel caso gravitazionale , 1 1)

0(

0

B A B

A B

AF ds m G ds mm r r

W =

=

=−γ

da cui A B

B A B

A

V r V

m r s d

G⋅ =− − = −

γ (1 1) (relazione integrale) Consideriamo ora il caso elettrostatico, analogo discorso si può fare per il caso gravitazionale: in un sistema di riferimento cartesiano (O,x,y,z) consideriamo uno spostamento

z y

x dy u dz u

u dx s

d   

⋅ +

⋅ +

= tra due punti di coordinate A(x,y,z) e B(x+dx,y+dy,z+dz).

La variazione di potenziale (elettrostatico) risulta : dV=V(x+dx,y+dy,z+dz)-V(x,y,z)

sappiamo però che: A B

B

A

V V s d

E⋅ = −

,

ossia in forma differenziale: E⋅ds=−dV

da cui: dV=V(x+dx,y+dy,z+dz)-V(x,y,z)= E⋅ds=−(Exdx+Eydy+Ezdz) essendo E ,x Eye E le componenti del campo elettrostatico Ez

lungo i tre assi cartesiani (x,y,z)

d’altra parte, per il teorema del differenziale totale: dz

z dy V y dx V x dV V

∂ +∂

∂ +∂

=∂

da cui: Ex

x V =−

∂ , Ey

y V =−

∂ e Ez

z V =−

Abbiamo così ritrovato le relazioni che, a partire da una funzione scalare f(x,y,z) continua e derivabile, definiscono le componenti del vettore gradiente della funzione f:

z y

x u

z u f y u f x f f f

grad    

∂ +∂

∂ +∂

=∂

= ) (

ossia nel nostro caso:

) (

)

( x y uz

z u V y u V x V V

V grad

E    

∂ +∂

∂ +∂

− ∂

=

=

= (relazione locale)

Calcolato il potenziale (gravitazionale o elettrostatico) di una distribuzione di masse o cariche, il campo (gravitazionale o elettrostatico) si ottiene attraverso le relazioni locali e integrali che abbiamo ricavato.

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(32)

r

r u

r u q

r E P

E  

2

4 0

) 1 ( )

( = = πε con ur

il versore radiale uscente dalla carica

e calcoliamo il flusso di E

attraverso l’elemento di superficie d∑

πε ϑ

φ πε cos

4 1 4

) 1

( 2

0 2

0

Σ

= Σ

= Σ

= d

r d q

u r u d q

u E E

d   nrn

dove θ è l’angolo tra la direzione del versore ur

e del versore un

2 0 0 2

0 cos 4

4 ) 1

( r

q d r d

E q

d Σ

= Σ

= ϑ πε

φ πε

dove dΣ0 è la proiezione di d sul piano perpendicolare a Σ ur .

Per definizione 20 r

è l’angolo solido d sotto cui viene visto dalla carica q il contorno di d , per Σ

cui:

= q d

E d

4 0

)

( πε

φ

cioè il flusso di E

di una carica puntiforme q dipende solo dall’angolo solido e non dalla superficie né dalla sua distanza dalla carica; tracciate da q una serie di semirette che definiscono un cono infinitesimo con vertice in q, il flusso di E

è lo stesso per qualsiasi superficie d il cui contorno si Σ appoggi sulla superficie laterale del cono.

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(33)

1) Se la carica q è interna alla superficie chiusa tutti i contributi E⋅ dun Σ

si sommano in quanto hanno sempre lo stesso segno (positivo se la carica q è positiva, negativo in caso contrario) in qualsiasi punto della superficie Σ e otteniamo:

0 0

0

4 4 ) 4

( π ε

πε

φ πεq d q q

E =

Ω= =

in quanto l’angolo solido totale sotto cui è vista un superficie chiusa da un punto al suo interno è 4π.

2) se la carica q è esterna alla superficie chiusa, consideriamo un cono elementare che sottende l’angolo solido dΩ e che stacca sulla superficie chiusa Σ due elementi dΣ1 (in entrata) e dΣ2 (in uscita); l’orientazione della normale è tale che su dΣ1 (in entrata) E1⋅ dun Σ1 <0

e su dΣ2 (in uscita) E2⋅ dun Σ2 >0

(E1 e E2

sono i valori del campo elettrostatico E

in corrispondenza dei due elementi di superficie dΣ1 e dΣ2). I flussi d 1(E)

φ e d 2(E)

φ attraverso i due elementi di superficie dΣ1 e dΣ2sono:

= Σ

= q d

d u E E

d n

0 1

1( ) 4

φ πε

) 4 (

)

( 1

0 2

2 q d d E

d u E E

d   n

πε φ

φ = ⋅ Σ= Ω=−

ossia: d 1(E)+d 2(E)=0 φ

φ

integrando su tutta la superficie Σ chiusa si ottiene:

Σ

= Σ

= 0

)

(EEund φ

I risultati ottenuti nei due casi discussi (q interna e q esterna alla superficie Σ chiusa) si possono riassumere nel seguente modo:

il flusso totale, attraverso una superficie chiusa, del campo elettrostatico generato da una carica puntiforme q vale:

E1

E2

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(34)

-.-.-.-.-.-

Nel caso in cui il campo (elettrostatico e gravitazionale) sia generato da una distribuzione continua di carica o massa caratterizzata dalla densità spaziale ρ(x,y,z) si ottiene:

1) caso elettrostatico: ρ τ

φ ε

τ

d z y x E 1 q( , , )

) (

0

 =

2) caso gravitazionale: φ πγ ρ τ

τ

d z y x G) 4 m( , , ) ( =

dove in entrambi i casi gli integrali sono estesi al volume τ (contenente la carica totale τ

ρ

τ

d z y

q(x, , )

o la massa totale ρ τ

τ

d z y

m(x, , )

) racchiuso dalla superficie chiusa Σ .

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(35)

Quindi il campo all’esterno di una distribuzione sferica uniforme di massa o carica è uguale a quello generato da una massa o carica puntiforme di egual valore concentrata nell’origine della distribuzione sferica stessa

.

Come ulteriore applicazione del Teorema di Gauss calcoliamo il campo gravitazionale o elettrostatico all’interno della stessa distribuzione sferica uniforme di massa o carica presa in considerazione nel calcolo precedente.

All’interno della distribuzione sferica (r<R) esiste una massa m(r) o carica q(r) distribuita uniformemente così definite:

3 3 3

3 3

3 4 3

3 4 ) 4

( R

m r r R r m

r

m = m = tot ⋅ π = tot π

π

ρ

3 3 3

3 3

3 4 3

3 4 ) 4

( R

q r r R r q

r

q = q = tot ⋅ π = tot π

π ρ

dove m e tot q sono la massa totale e la carica totale contenute nella distribuzione sferica tot uniforme di massa o carica. Da notare che anche in questo caso il campo gravitazionale e quello elettrostatico sono a simmetria radiale (come nel caso discusso precedentemente), ossia il campo ha modulo costante su una superficie sferica di raggio r<R, è ortogonale a questa e ha verso entrante (campo gravitazionale) e entrante o uscente a secondo del segno della carica (campo elettrostatico):

ur

r G P

G 

= ( ) )

( ; EP E r ur

= ( ) )

( con P appartenente alla superficie sferica di raggio r<R Dal Teorema di Gauss applicato alla superficie sferica Σ di raggio r<R (interna alla distribuzione sferica di massa o carica) si ottiene:

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(36)

E 0 tot 2

0 tot

E c

r 4 dr q r 4 dr q ) r ( E ) R r (

V +

+ πε πε ⇒

=

=

>

∫ ∫

dove cG e cE sono le costanti di integrazione

Nell’ipotesi che all’infinito (r→∞) entrambi i potenziali si annullino in quanto a distanza infinita non c’è più interazione ⇒ cG = 0 e cE = 0 e quindi :

r ) m R r (

VG > =−γ tot ,

r 4 ) q R r ( V

0 tot

E > = πε

2) r<R

G ' 2 3 tot 3

tot

G 2 c

2 r R rdr m R dr m

r ) r ( dr m

) r ( G )

R r (

V < =−

=−

−γ ⇒−

−γ ⇒γ +

'E 2 3 0 tot 3

0 tot 2

0

E c

2 r R 4 rdr q R 4 dr q

r 4

) r ( dr q

) r ( E )

R r (

V +

− πε πε ⇒

− πε ⇒

=

=

<

∫ ∫ ∫

dove c’G e c’E sono le costanti di integrazione

Poiché il potenziale è una funzione continua e derivabile allora:

) R r ( V ) R r (

VG > = G < e VE(r>R)=VE(r<R) per r = R da cui:

R 2 m c 3

2 c R R m R

m tot

G ' G ' 2 3 tot

tot =γ + ⇒ =−γ

γ

R 8

q c 3

2 c R R 4

q R

4 q

0 E tot ' E ' 2 3 0 tot 0

tot

= πε

⇒ πε +

− πε = e quindi

R 2 m 3 2 r R rdr m R dr m

r ) r ( dr m

) r ( G )

R r (

V tot

2 3 tot 3

tot

G < =−

=−

−γ 2 ⇒−

−γ ⇒γ −γ

R 8

q 3 2 r R 4 rdr q R 4 dr q

r 4

) r ( dr q

) r ( E )

R r ( V

0 tot 2

3 0 tot 3

0 tot 2

0

E + πε

− πε πε ⇒

− πε ⇒

=

=

<

∫ ∫ ∫

Graficamente, nel caso del campo elettrostatico per una distribuzione sferica di carica positiva si ha:

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(37)

Equazione dif ferenziale 0 ) ( ) ( 2 2 + t x t x d ω del moto armonico : Equazione del secondo ordine lineare a coef ficienti costanti (1 e ω 2 )

0 ) ( ) ( = + t x dt ω Equazione del secondo ordine , lineare , a coef ficienti costanti (1 e ω ), omogenea (termine noto nullo). x(t) è una funzione la cui derivata seconda è la funzione stessa cambiata di se gno, a meno del fattore costante ω 2 . dove : ) cos( ) ( φ ω + = t A t x dove : [d / ] l

el moto ampiezza d

oto fase del m = A = ) + t ( φ ω a) b) i fase costante d

[ra d/ s] p u lsazione = = φ ω ) La pulsazione e la costante di fase sono scelti per tenere conto di ogni combinazione li di

c) li neare di seno e coseno. x O -A A

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(38)

La costante A rappresenta il mass imo spostamento dalla posizione di equilibrio Poiché A non é determinata dall 'equazione dif ferenziale equilibrio . Poiché A non é determinata dall equazione dif ferenziale dell'oscillatore armonico, sono possibili moti di ampiezze dif ferenti, ma tutti con lo stesso periodo e frequenza. ⇒ la frequenza di un m oto armonico semplice é indipendente dall'ampiezza del m oto.

2A A

am pi ez za = A am pi ez za = 2A

0

z io

ne

A

0

elonga

z

-A

0

-2A

te m p o

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(39)

Riassumendo ,l'am pi ez zaA el ac os ta nt ed if as e φ so no determinate dalla , p φ posizione e dalla velocitá iniziali della particella oscillante; queste due condizioni iniziali individuano A e φ in modo univoco. Una volta che il t é ii i t l ti ll ti á d ill i mo to é in iz ia to, la par ti ce ll ac on ti nuer á ad osc ill are con amp iezza, costante di fase e frequenza invariate, a m eno che altre forze disturbino il sistema.

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(40)

Energia dell’oscillator e armonico C id i t h ill tt l’ i di f l ti C ons id er iamo un pun to c he osc ill a so tt o l’ az ione di una forza e las ti ca ⇒ sul sistema non agisce alcuna forza dissipativa, ⇒ l'ener gia meccanica totale E m si conserva . g m ) ( sin 2 1 2 1 2 2 2 2 φ ω ω + = = t A m mv E k ) ( cos 2 1 ) ( cos 2 1 2 1 2 2 2 2 2 2 φ ω ω φ ω + = + = = t A m t kA kx E p 2 2 2 p 2 2 2 2 2 2 1 )) ( cos ) ( (sin 1 A m t t A m E E E ω φ ω φ ω ω = + + + = + = 2 )) ( cos ) ( (sin 2 A m t t A m E E E p k m ω φ ω φ ω ω = + + + = + = Q ando l'elonga ione é massima E 0 ma E (1 /2 )m ω 2 A 2 ; in ece Q uando l'elonga zione é massima E k = 0, ma E p = (1 /2 )m ω 2 A 2 ; in vece nella posizione di equilibrio E p =0, m a E k =(1/2)m ω 2 A 2 . Nelle pos izioni intermedie l'ener gia é in parte cinetica e in parte potenziale, m a la somma delle due vale sempre (1/2)m ω 2 A 2 .

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(41)

Oscillator e armonico smorzato Consideriamo ora il m oto armonico di un sistema soggetto anche a forze dissipative k (oscillatore armonico reale). Per esempio l'ampiezza delle oscillazioni a causa dell 'attrito diminuisce gradualmente fino ad

k dell attrito diminuisce gradualmente fino ad annullarsi; il moto é detto smorzato dall'attrito e si chiama armonico smorzato . m In molti cas i di interesse la forza d'attrito risulta proporzionale alla velocitá del corpo e diretta in senso opposto (- bv) Un e diretta in senso opposto ( bv) . Un esempio di oscillatore smorzato é mostrato in figura. A tale schema si possono id ii ii li i ri con durre si stem i meccan ic i oe lettron ic i di varia natura. b Alla massa m e’ attaccato un disco immerso in un fluido che esercita una forza di attrito –b v = -b dx/dt

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(42)

Si può dimostrare che se lo smorzamento è forte ossia b e γ di l li di i dif f i l é sono gran di las ol uz ione di questa equaz ione dif ferenz ia le é: t t

21

) ( α α Be Ae t x + = dove e

) ( Be Ae t x + 2 0 2 1 ω γ γ α − + − = 2 0 2 2 ω γ γ α − − − = 0 1 γ γ 0 2 γ γ

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(43)

Oscillator e armonico forzato e risonanza Quando si sp osta il punto dalla posizione di equilibrio esso tende a ritornarci sotto l’ azione di un forza di richiamo . ritornarci sotto l azione di un forza di richiamo . ⇒ se non c’e’ attrito si ha una oscillazione indefinita ’ ’ tt it ih ’ ill i h i i i t t ⇒ se c ’e ’ a tt rit o s i h a un ’osc ill az ione c he s i esaur isce in un cer to tempo Consideriamo quest’ultimo caso ed applichiamo una forza oscillante t FF ( ”t) es terna F = F 0 sen ”t) L'equazione del moto dell'oscillatore armonico forzato si ottiene dalla F = ma dove F é la somma della forza di richiamo kx della forza di F = ma , dove F é la somma della forza di richiamo kx , della forza di smorzamento -bv e della forza oscillante esterna. ) " ( t sen F dx b kx ma F ω + − − = = ) ( 0 t sen F dt b kx ma F ω + = = ) " (

2 t sen F kx dx b x d m ω = + + ) ( 0 2 t sen F kx dt b dt m ω = + +

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(44)

F /A Se b → 0 e ω ” →ω 0 (l i i ) F 0 /A (pu lsaz ione propr ia ) ⇒ F 0 /A →∞ b

negli altri casi esiste un valore caratteristico di ω ” ii d d l b in corr ispon denza de l quale l’ampiezza di oscillazione F 0 /A è 0 massima. Questa condizione è ω ω 0 chiamata risonanza ne oscillazio di ampiezza " ) " ( 2 2 2 2 0 2 2 0 0 = + − = ω ω ω b m

F A

F

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(45)

Di verso opposto a quello dell’asse z.

2) Nel caso della forza elastica, 2 2 1kx

EP = e la forza elastica vale:

x

dx x

P u kxu

Fr =−dE ˆ =− ˆ

Con verso opposto a quello della crescita dell’energia potenziale.

Entrambi gli esempi sono unidimensionali e non è quindi necessario utilizzare il simbolo di derivata parziale.

---

x xu F F = ˆ Per facilità, restiamo nell’ambito unidimensionale e consideriamo una forza r

conservativa a cui è associata una energia potenziale EP funzione della variabile spaziale x, EP(x), tale che P ux

dx Fr =−dE ˆ

.

O P x

Fr

nella direzione dell’asse x, Se la componente della forza

dx Fx=−dEP

F

, è positiva il punto P tende a spostarsi verso destra (valori di x crescenti), se è negativa accade il contrario

Essendo la forza r

conservativa allora l’energia meccanica (somma dell’energia cinetica e di quella potenziale) associata al sistema risulta costante:

P K

m=E +E = mv2 +

2

E 1 EP= costante [7]

Da cui 2 2 )

EP

m

= (Em

v e quindi:

) 2(

P

m E

m E

v=± − [8]

Ossia, dato un valore dell’energia meccanica Em, il moto è limitato a quei valori di x nello spazio unidimensionale per cui (per non avere energie cinetiche negative o valori immaginari della velocità).

EmEP

Riportando su un grafico la funzione Ep(x) si può ottenere una descrizione qualitativa del moto basata sulle relazioni [7] e [8].

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(46)

Dato un valore dell’energia meccanica Em =EK +EP= costante EK(x)=EmEP(x)≥0 poiché la particella si può muovere solo tra x1 e x2. In particolare si ha Ek(x1)=

Ek(x2)=0 ossia v(x1) = v(x2) =0, si ha un massimo per Ek(0) dove la velocità presenta un valore massimo. In x= x1 e x= x2 la particella si ferma e non può che invertire il senso del moto.

0 ) ( )

(x =EE x

EK m P

Nel caso generale l’energia potenziale può presentare massimi, minimi e valori costanti:

E4

Fx=0 1) EP(x) = costante (per esempio x=x5) 2)

dx dEP

⎨⎧EP haun massimo(per esempio x = )x0

− = 0

EPhaun minimo(per esempio x =x4)

P K

m E E

E

Dato un valore dell’energia meccanica = + = costante (x)=EmEP(x)≥0

)

(x =EE

EK m

EK

Si traggono le seguenti considerazioni qualitative:

1) Em=E0=Ep(x0): si tratta della minima energia Em che può possedere il sistema Ek(x0)=0 la particella è a riposo: v(x0) = 0.

2) Em=E1: poiché P(x)≥0la particella si può muovere solo tra x1 e x2. In particolare Ek(x1)= Ek(x2)=0 ha un massimo per Ek(x0) ossia v(x1) = v(x2) =0 e la velocità ha un massimo per x= x0. In x= x1 e x= x2 la particella si ferma e non può che invertire il senso del moto.

3) Em=E2: ci sono 4 punti in cui Ek(x)=0 (ossia 4 punti di inversione del moto) e due intervalli in x in cui Ek(x)>=0 (nell’intorno di x= x0 e x= x3). La particella non può passare da un intervallo all’altro poiché essi non hanno alcun punto in comune.

4) Em=E3: c’è un solo punto di inversione e la particella si può muovere solo a destra di tale punto (dal grafico non risulta alcun punto di inversione a destra).

E1

E0

x4

x5 x0

x EP

E3

E2

x1 x2 x3

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(47)

La Fisica si basa sul metodo sperimentale (galileiano) : il criterio di verità è il risultato dell’osservazione e dell’esperienza Premesse del m etodo sperimentale: • premessa filosofica: i fenomeni naturali si svolgono sempre con le stesse modalità quando vengono mantenute le m edesime condizioni iniziali • premessa tecnica: è possibile modifi care con accor g imenti tecnici opportuni la scala dei fenomeni in modo da non alterarne la legge pur rendendoli accessibili alla misurazione (o osservazione) • premessa matematica: una legge naturale è ritenuta v era se le conseguenze logiche che da essa si ricavano matematicamente vengono riscontate nella realtà Una teoria fisica è un insieme coerente di leggi mediante le quali è possibile enunciare af fermazioni empiricamente verificabili Il rapporto teoria-esperimento è dialettico

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(48)

Metodo galileiano: studio di un fenomeno naturale • osservazione, d escrizione, confronto con altri fenomeni analoghi, classificazione • analisi d elle circostanze in cui il fenomeno si v erifica e dei fattori che lo condizionano ⇒ individuazione degli aspetti fondamentali • prova e riprova del fenomeno, nelle condizioni più semplici possibili, anche in modo artificiale (elevato numero d i p rove con eventuali variazioni) • espressione numerica d ei parametri che caratterizzano il fenomeno (es. creazione di tabelle) • formulazione q uantitativa: studio d ella correlazione tra i parametri ⇒ ricerca della legge che regola il fenomeno

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GRANDEZZE FISICHE DEFINITE OPERA TIV AMENTE Per la d escrizione di un fenomeno si d evono usare solo q uei parametri che sono trasformabili in numeri con la misurazione, cioè quei termini che sono d efinibili OPERA TIV A MENTE , attraverso l’operazione metrica di MISURAZIONE (anche solo ideale) e che chiamiamo GRANDEZZE FISICHE . Esempi: m assa, forza, lunghezza di un segmento, durata d i un intervallo temporale…..

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(50)

La misurazione di una grandezza può essere fatta in tre modi: 1) misurazione diretta 2) misurazione indiretta 3) misurazione con strumenti tarati 1) misurazione d ir etta i) confronto mediante un opportuno strumento di una grandezza G con un’altra d ella stessa specie [g] scelta come unità ii) determinazione di quante volte G contiene [g] o una sua frazione. La misura diretta d i u na grandezza è sempre u n numero positivo razionale Es. Lunghezza = 3.5 metri Specie della grandezza misura unità

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