Allegato
REPUBBLICA ITALIANA Ud. 02/04/12
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO R.G.N. 19088/2010 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROSELLI Federico - Presidente -
Dott. TOFFOLI Saverio – rel. Consigliere - Dott. MANNA Antonio - Consigliere -
Dott. BALESTRIERI Federico - Consigliere - Dott. TRICOMI Irene – Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 19088-2010 proposto da:
\B.E.\, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE CORTINA D’AMPEZZO 65, presso lo studio dell’avvocato STEFANO NOLA, che lo
rappresenta e
difende unitamente all’avvocato VIGILANTE MARIA PIA, giusta delega in
atti;
- ricorrente - contro
FIAT GROUP AUTOMOBILES S.P.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR 19, presso lo studio dell’avvocato DE LUCA TAMAJO RAFFAELE, che la rappresenta e difende, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 470/2 010 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 09/02/2010 R.G.N. 9007/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/04/2012 dal Consigliere Dott. SAVERIO TOFFOLI;
udito l’Avvocato NOLA STEFANO;
udito l’Avvocato SALIMBENI MARIA TERESA per delega RAFFAELE DE LUCA
TAMAJO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FINOCCHI GHERSI Renato per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Napoli rigettava la domanda proposta da \B.E.\
contro
la Fiat Group Automobiles s.p.a. di impugnativa del licenziamento intimatogli il 25.5.2006 in riferimento a procedura per la
riduzione
del personale.
L’appello proposto dal lavoratore era rigettato dalla Corte d’appello
di Napoli.
Il giudice di appello in primo luogo riteneva di dover disattendere
la doglianza della parte appellante secondo la quale il Tribunale gli
aveva addossato l’onere della prova relativamente al licenziamento,
mentre a fronte della deduzione in ricorso della violazione di alcune
delle procedure da cui e’ onerata l’azienda sarebbe stato onere di controparte quello di dimostrare la assoluta correttezza del suo operato e la legittimita’ del licenziamento, anche alla luce, del principio di rilevabilita’ di ufficio delle nullita’. Al riguardo la
Corte riteneva fondato l’orientamento giurisprudenziale sulla necessaria specificita’ ed immodificabilita’ da parte dell’attore dei
vizi della procedura ex L. n. 223 del 1991 che si intendano far valere, in relazione sia ai principi che informano il rito del lavoro
ed in particolare i caratteri della domanda giudiziale ex art. 414 c.p.c., sia alla necessita’ di coordinare il principio sulla
rilevabilita’ d’ufficio della nullita’ del negozio giuridico in ogni
stato e grado del giudizio con le regole del processo e segnatamente
con il principio dispositivo e con quello della corrispondenza fra il
chiesto ed il pronunciato.
Riteneva anche la Corte di merito che il primo giudice, a fronte comunque della prospettazione attorca di determinati elementi a sostegno della domanda, non avrebbe potuto dichiarare la totale nullita’ del ricorso.
Con specifico riferimento alla comunicazione L. n. 223 del 1991, ex
art. 4, comma 3, il giudice di appello, premesso che con il ricorso
introduttivo del giudizio di primo grado si era dedotto solo che non
vi era "neanche stata - nella comunicazione che avvia la relativa procedura - una benche’ minima motivazione relativa alle ragioni per
le quali la resistente era passata dalla CIG ordinaria alla mobilita’
senza ricorrere all’intervento della CIG straordinaria" e che la violazione della procedura era rilevabile, in particolare, "con riguardo alla precisazione dei motivi dell’eccedenza di lavoratori e
alla verifica degli esuberi per ciascuna unita’ produttiva e per profili professionali", rilevava che tali rilievi (esclusa la
possibilita’ di considerare allegazioni successive) erano generici e
comunque privi di pregio.
Al riguardo, dopo enunciazione di principi in materia di
licenziamento per riduzione di personale, la Corte ricordava che la
parte datoriale, nella comunicazione "de qua", aveva indicato le ragioni giustificative con riferimento alla progressiva
riorganizzazione e revisione dei processi di funzionamento di
strutture nelle quali vi erano gia’ lavoratori in CIG, nell’ambito di
un piano di contenimento dei costi di struttura e funzionamento, indicando il numero dei lavoratori interessati per ciascuna unita’
e
distinti a seconda della qualifica di "operai", "intermedi",
"impiegati/quadri" e "dirigenti". Tale comunicazione doveva ritenersi
idonea, poiche’ in effetti il contraddittorio con le organizzazioni
sindacali e’ stato introdotto prospettando alle stesse una situazione
ben nota e congruamente valutabile e la circostanza stessa del raggiungimento di un accordo con le OO.SS. appariva indicativa della
possibilita’ per le stesse di effettuare le necessarie valutazioni anche sotto il profilo dell’esame della praticabilita’ di
soluzioni
alternative. Cio’ in applicazione del principio secondo cui il mancato corretto adempimento da parte del datore di lavoro dell’obbligo di comunicare alle organizzazioni sindacali le informazioni sugli elementi indicati dalla L. n. 223 del 1991, art.
4, comma 3, (cosi’ come integrato dal D.Lgs. n. 151 del 1997), causato dalla inesattezza o dalla incompletezza dei dati, incide sulla validita’ dell’accordo che sia stato ugualmente concluso tra impresa e organizzazioni sindacali a norma del comma 5 e segg., solo
quando la carenza informativa, essendo rilevante ai fini di una compiuta, trasparente e consapevole consultazione sindacale, abbia potuto condizionare la conclusione dell’accordo.
La Corte d’appello riteneva infondate anche le doglianze dell’appellante relative all’omesso rilievo, da parte del Tribunale,
della mancanza dell’imprescindibile nesso causale tra la procedura seguita dalla FIAT ed il licenziamento (doglianze sviluppate anche in
riferimento alle circostanze che: il licenziamento era avvenuto senza
fare ricorso alla cassa integrazione straordinaria; con accordo con
le OO.SS. del 18.5.2006 si era dato atto "che si erano esaurite le ragioni di crisi e che si sarebbe ripresa la normale attivita’
lavorativa"; era stato previsto un corso di riallocazione ed erano state poste in essere operazioni volte ad aumentare il numero del personale con mansioni di zone manager, corrispondenti a quelle del
ricorrente, in presenza di positive performances aziendali).
Infatti
le doglianze dell’appellante solo genericamente e infondatamente investivano la correttezza procedurale del recesso, risolvendosi prevalentemente in un inammissibile tentativo di sindacare le scelte
aziendali concordate con le OO.SS. In particolare, non era possibile
assegnare rilevanza alle dedotte circostanze della assunzione di altri lavoratori, nemmeno provata, e comunque inidonee, anche in assenza di ulteriori elementi e della loro possibile riferibilita’
ad
esigenze aziendali sopravvenute e diverse, ad incidere sulla procedura di mobilita’ conclusasi senza vizi specificamente dedotti e
rilevabili nel giudizio. Infatti, il ridimensionamento dell’attivita’
imprenditoriale che legittima il ricorso alla procedura di mobilita’
L. n. 223 del 1991, ex artt. 4 e 24 non puo’ ritenersi escluso ne’
dalla prestazione di lavoro straordinario dei dipendenti rimasti in
servizio, ne’ dal mero affidamento a terzi di operazioni o
lavorazioni prima svolte direttamente in azienda, e neppure dalla circostanza di nuove assunzioni, ove non risulti la necessita’ di colmare vuoti di organico originati ingiustificatamente dal
processo
di ristrutturazione e ove non si sia in presenza di un ampliamento dell’attivita’ economica dell’impresa non giustificata sulla base delle ragioni che hanno portato alla riduzione del personale.
Quanto al verbale del 18.5.2006 prodotto dal ricorrente, si trattava
di presa d’atto della ripresa dell’attivita’ solo del centro Vendite
Dirette di Pomigliano d’Arco, della Sede commerciale di Napoli e della Fiat Purchasing Italia S.r.l. di Pomigliano d’Arco e
comunque
di documento successivo all’accordo del 28.3.2006 e che non ne mutava
i termini. Peraltro, le controdeduzioni della FIAT in ordine alla utilizzazione del personale nelle mansioni e zone assegnate al ricorrente - secondo le quali vi era stata una mera
riorganizzazione
dell’area di operativita’ degli addetti e non un aumento degli stessi
— non erano state specificamente e convincentemente contestate dal lavoratore, e neanche assumeva significativo rilievo la
circostanza
che il licenziamento fosse intervenuto allorquando il dipendente frequentava un corso di formazione, essendo incontestata la
circostanza, dedotta dalla FIAT, dell’esistenza di un’ordinaria prassi in tal senso per i dipendenti che, come il ricorrente,
provenivano da un periodo di sospensione dell’attivita’.
Riguardo ai criteri di scelta del personale su cui attuare la riduzione di personale, il giudice di appello riteneva non contestabile la correttezza del criterio di individuazione del personale eccedentario concordato dall’azienda con le OO.SS.
Preliminarmente osservava al riguardo che, per giurisprudenza ormai
consolidata e condivisa da questa Corte, era valutabile come legittimo e razionalmente adeguato il ricorso al criterio della prossimita’ al trattamento pensionistico, giustificato dal minor impatto sociale dell’operazione, tenuto presente anche che
qualora,
una volta adottato tale criterio, si verifichi il mantenimento in servizio di alcuni lavoratori prepensionabili, tale fatto non implica
automaticamente la pretestuosita’ ed illegittimita’ del criterio di
scelta concordato, ma occorre valutare che il margine di
discrezionalita’ del datore di lavoro nella scelta dei lavoratori prepensionabili da licenziare non sia utilizzato a mero scopo discriminatorio in violazione dei principi di correttezza e buona fede. Nel caso di specie doveva tenersi presente che era
incontestato
quanto dedotto dalla FIAT in ordine alla circostanza che il B. era l’unico addetto dell’ente Brand Light Commercial Vehicle di Napoli che curava le vendite dei veicoli commerciali, ad essere in
possesso
dei requisiti per la collocazione in mobilita’"; e che tale unita’
era tra quelle interessate dalle esigenze aziendali di riduzione del
personale, mentre altri 4 addetti delle aree commerciali di Napoli,
ma appartenenti ad enti differenti, pure interessati dalla saturabilita’ dei requisiti pensionistici, erano poi stati collocati
in mobilita’ entro la data del 31.12.2006. Di conseguenza non appariva dubbia la corretta applicazione del criterio di scelta concordato con le OO.SS..
Quanto alle generiche doglianze riferite alla pretesa inadeguatezza
del contenuto motivazionale del recesso, doveva rilevarsi che la comunicazione del recesso al lavoratore L. n. 223 del 1991, ex art.
4, comma 9 non e’ soggetta ad alcun particolare onere contenutistico,
mentre con il ricorso introduttivo non erano state adeguatamente indicate come viziate le comunicazioni previste in favore di altri soggetti ivi indicate e che consentono al lavoratore di conoscere, anche se in via indiretta, le ragioni della collocazione in
mobilita’.
\B.E.\ ricorre per cassazione con sei motivi. La societa’ intimata resiste con controricorso. Il ricorrente ha depositato memoria
illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. Il primo motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2967 c.c. e della L. n. 604 del 1966, art. 5, nonche’, insieme a vizi di motivazione, violazione della L. n. 223 del 1991,
art. 4, comma 3, e degli artt. 112 e 414 c.p.c..
Innanzitutto si lamenta contraddittorieta’ tra l’asserita genericita’
delle doglianze formulate nei confronti del licenziamento e
l’esclusione della nullita’ del ricorso per violazione dell’art.
414 c.p.c..
Peraltro si deduce, in contrapposizione con i rilievi sul punto negativi o limitativi della sentenza, che la parte fin con il ricorso
introduttivo del giudizio aveva specificamente e motivatamente dedotto il motivo di illegittimita’ del licenziamento consistente nella violazione della L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 3. Al riguardo si richiamano le pagg. 11-13 del ricorso e in particolare la
deduzione che l’accordo sindacale che determini l’individuazione dei
lavoratori sulla base della sola anzianita’ contributiva non puo’
supplire alla carenza che produca di fatto un’omissione nella procedura di cui all’art. 4 L. cit., in particolare con
riferimento
ai motivi dell’eccedenza di lavoratori e alla verifica degli esuberi
per ciascuna unita’ produttiva e per profili professionali, e la deduzione che la stessa lettura degli allegati di cui all’accordo 28.3.2006 portava ad escludere la correttezza della individuazione dei lavoratori da porre in mobilita’, essendo riscontrabile
esclusivamente l’indicazione dei lavoratori in esubero, genericamente
distinti tra operai e quadri/impiegati, senza alcuna altra
indicazione (e a conferma si ricorda che la controparte gia’ con la
memoria di costituzione aveva replicato sul punto sostenendo la non
esigenza di informazioni analitiche e dettagliate e la necessita’
di
un’interpretazione non restrittiva delle indicazioni di legge e in particolare della richiesta indicazione dei profili professionali del
personale esuberante).
Si deduce inoltre che il principio iura novit curia avrebbe richiesto
l’esame da parte del giudice di merito della rilevanza degli aspetti
fattuali richiamati alla sua attenzione.
Il mancato esame della lamentata violazione procedurale consistente
nella mancata indicazione dei profili professionali dei lavoratori eccedentari nella comunicazione di avvio della procedura, e’
censurato anche sotto il profilo processuale della violazione dell’art. 112 c.p.c..
Dal punto di vista sostanziale si osserva anche che la carenza in questione della comunicazione d’avvio e’ in se’ un fatto idoneo a fuorviare le scelte negoziali collettive e a incidere sul diritto del
lavoratore, tanto che ne sono derivati non solo il licenziamento del
ricorrente ma anche la assunzione di altri lavoratori sul medesimo posto gia’ da lui occupato, anche perche’ un licenziamento
collettivo
puramente numerico basato sull’anzianita’ contributiva apre certo alla possibilita’ e/o alla necessita’ di future nuove assunzioni per
le carenze createsi per certi profili o livelli; oppure rende necessaria un’attuazione discrezionale e non trasparente del criteri
di scelta. In termini piu’ generali si insiste sulla necessita’ di una comunicazione iniziale rispettosa della prescrizioni di legge e
completa, e specificamente si deduce che anche in caso di necessita’
di ridimensionare l’organico dell’intero complesso aziendale non puo’
mancare l’indicazione del numero complessivo dei lavoratori eccedenti
suddiviso tra i diversi profili professionali contemplati dalla classificazione del personale.
Si insiste anche sulla tesi che sarebbe stato onere del datore di lavoro provare la legittimita’ del licenziamento, ex art. 2967 c.c. e
L. n. 604 del 1966, art. 5.
1.2. Il secondo motivo denuncia violazione e falsa applicazione della
L. n. 233 del 1991, art. 4 con riferimento al punto del nesso causale
tra la procedura di mobilita’ e il licenziamento del ricorrente.
Si censura la mancata verifica del punto in questione, osservandosi
che l’onere della prova al riguardo incombeva al datore di lavoro e
che l’addebito al lavoratore di genericita’ delle sue difese e’
ingiusto se si tiene presente la genericita’ dei motivi addotti dall’azienda a giustificazione della riduzione di personale, al riguardo evidenziandosi anche che proprio la mancata delimitazione dell’ambito produttivo interessato alla riorganizzazione e la non individuazione delle specifiche cause della riduzione di personale
osta poi alla verifica del nesso causale tra esigenza riorganizzativa
e ogni singolo licenziamento.
Si censura in particolare l’affermazione sulla mancata prova dell’assunzione di altri lavoratori per la posizione lavorativa ricoperta dal ricorrente, ricordando che sul punto era stata dedotta
una prova orale non espletata e la mancata positiva valorizzazione degli elementi addotti indicativi della mancata esigenza di
eliminazione della posizione lavorativa del ricorrente (mancata dichiarazione di cassa integrazione straordinaria; accordo del 18.5.2006 attestante l’esaurimento delle ragioni di crisi e la ripresa dell’attivita’ lavorativa presso la sede commerciale di Napoli a cui era addetto il lavoratore; invio del ricorrente ad un corso per il reinserimento nell’attivita’ lavorativa).
1.3. Il terzo motivo denuncia vizi di motivazione in relazione alla
L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 5 e art. 11, e all’art. 112 c.p.c..
Su lamenta omessa motivazione in relazione al vizio relativo alla mancata indicazione da parte dell’azienda delle ragioni che
impedivano la utilizzazione diversa del personale eccedente.
1.4. Il quarto motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla L. n. 223 del 1991, art. 4 e all’art.
112 c.p.c..
Si lamenta omessa motivazione riguardo al punto specifico della incidenza sanante dell’accordo sindacale del 28.3.2006 riguardo alla
mancata indicazione nella comunicazione iniziale dell’azienda degli
esuberi per ciascuna unita’ produttiva e soprattutto dei profili professionali dei singoli lavoratori in esubero. Cio’ anche con particolare riferimento all’incidenza del licenziamento collettivo proprio sul sig. B. in qualita’ di Zone Manager. Si rileva e
lamenta
infatti la omessa valutazione della mancata indicazione dei profili
professionali del personale eccedentario nel caso di individuazione
quale unico criterio di scelta della prossimita’ alla fruibilita’
del
trattamento pensionistico. Si deduce al riguardo che gli allegati all’accordo del 28.3.2006 contengono solo l’indicazione del numero dei lavoratori in esubero, genericamente distinti tra operai e quadri/impiegati, senza alcuna altra indicazione (si richiama a conferma la memoria di costituzione in appello, in cui si precisa che
vi e’ solo l’ulteriore specificazione territoriale per province).
1.5. Il quinto motivo denuncia violazione di legge e vizio di
motivazione in relazione alla L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 9.
Si lamenta la violazione della norma richiamata per il fatto che la
societa’ resistente ha individuato i criteri di scelta in maniera eccessivamente generica e, comunque, non ha formato alcuna
graduatoria tra i possibili lavoratori eccedentari. Si sottolinea la
puntuale deduzione della questione in primo grado e in appello.
1.6. Il sesto motivo denuncia violazione dell’art. 1375 c.c..
Si deduce la violazione dei criteri di correttezza e buona fede da parte dell’azienda nella ricomprensione del ricorrente tra i
lavoratori eccedentari. con particolare riferimento alla
contraddizione del licenziamento del ricorrente con l’accordo sindacale del 18.5.2006 e le relative attestazioni, nonche’ con l’invio del lavoratore al corso propedeutico al concreto
reinserimento nell’attivita’ produttiva. Riguardo a quest’ultimo elemento lamenta l’apoditticita’ e l’illogicita’ intrinseca della esclusione da parte del giudice di appello del valore e del
rilievo
di detta circostanza.
2. Il ricorso, i cui motivi sono esaminati congiuntamente in ragione
della loro connessione, merita accoglimento per le ragioni, aventi rilievo decisivo e assorbente, di seguito indicate.
3. Nella comunicazione preventiva agli organismi sindacali che l’azienda che intenda procedere ad una riduzione di personale deve effettuare a norma della L. n. 223 del 1991, art. 4, deve essere compresa l’indicazione "del numero, della collocazione aziendale e dei profili professionali del personale eccedente" (comma 3).
Si tratta di elementi che rilevano non solo ai fini di una valutazione circa la concreta portata del progettato
ridimensionamento aziendale, ma anche per la connessione con le indicazioni sui motivi che determinano la situazione di eccedenza e
per i quali non si ritiene possibile adottare una misura organizzativa diversa dalla riduzione di personale.
Nella giurisprudenza di questa Corte ha formato oggetto di un particolare approfondimento la questione relativa alla incidenza della prescrizione normativa sulla indicazione dei profili
professionali. Cass., sez. un., 15 ottobre 2002, n. 14616, nel confermare l’imprescindibilita’ del rispetto della procedura di cui
all’art. 4 L. cit., non sostituibile da un diretto accordo sindacale
avente ad oggetto l’identificazione del lavoratori da licenziare sulla base della sola anzianita’ contributiva, ha sottolineato la rilevanza anche della specificazione delle unita’ produttive e dei profili professionali interessati, necessaria ai fini di una
corretta
individuazione dei lavoratori da coinvolgere nella riduzione di personale.
Successivamente, in relazione ad un’altra vicenda di ampia riduzione
di organico di una grande azienda, si e’ in un primo momento ritenuto, a proposito della prescritta indicazione dei profili professionali del personale da coinvolgere nella riduzione di personale, che la dizione normativa implicasse l’insufficienza della
sola indicazione del livello di inquadramento nell’ambito della classificazione del personale dettata dalla contrattazione
collettiva, quando nel medesimo livello fossero raggruppate professionalita’ varie ed eterogenee (Cass. 11 luglio 2007, n.
15479), ma successivamente si e’ ritenuta sufficiente la indicazione
della ripartizione del personale ritenuto eccedente per categorie o
livelli contrattuali di inquadramento (oltre che per aree
geografiche), tenute presenti le ragioni concrete della riduzione di
personale, di alleggerimento dell’organico complessivo dell’azienda a
livello nazionale (Cass. n. 82, 84 e 5884/2009, n. 5884/2011). Si e’
rilevato in linea di diritto che il riferimento legislativo ai
"profili professionali" comporta l’esclusione della idoneita’ del solo dato formale delle categorie (ex artt. 2095 e 2103 c.c.), essendo privilegiato il dato funzionale delle categorie o
qualifiche
di inquadramento, rispetto al quale pero’ doveva tenersi presente che
nella specie la contrattazione collettiva caratterizzava le "aree funzionali" (livelli) di inquadramento per l’idoneita’ allo
svolgimento di una pluralita’ di mansioni.
4. Nella specie, premesso che l’attuale ricorrente, come da atto la
stessa sentenza impugnata, aveva lamentato la mancata precisazione dei motivi dell’eccedenza di lavoratori e in tale quadro anche, in particolare, la mancanza di specificazioni relative ai profili professionali coinvolti dalla riduzione di personale, la sentenza impugnata ha violato gli esposti principi nel non dare rilievo alla
circostanza che nella specie nella comunicazione iniziale e’
mancata
la specificazione dei profili professionali, sicuramente per tale non
potendosi intendere il solo riferimento alle generiche e complessive
categorie legali degli operai, impiegati, quadri e dirigenti (oltre
che degli "intermedi", categoria contrattuale diretta ad integrare detta classificazione di origine legale), che non sono idonee, particolarmente con riferimento alle ampie categorie degli operai e
degli impiegati, a fornire in maniera adeguata quelle specificazioni
funzionali che sono indispensabili al fine di dare adeguata concretezza e motivazione a qualsiasi piano di ristrutturazione aziendale, ancorche’ focalizzato su risparmi conseguibili sul piano
dei costi del personale.
Ne’ puo’ ritenersi adeguato, al fine di ritenere sufficiente la iniziale comunicazione, il riferimento alla circostanza del
raggiungimento di un accordo con le organizzazioni sindacali. E’
vero
che la conclusione di un accordo in esito alle consultazioni seguite
all’iniziale comunicazione dell’azienda puo’ rendere irrilevanti le
lacune di tale comunicazione di avvio, a meno che i suoi vizi siano
tali da fuorviare o eludere l’esercizio dei poteri di controllo preventivo attribuiti alle organizzazioni sindacali (cfr. Cass. n.
25758/2008, 5582/2012), ma il dato circa la consistenza della riduzione di personale con riferimento ai vari profili
professionali
costituisce, come si e’ visto, un elemento imprescindibile di qualsiasi esame e valutazione in merito ad una prospettata ristrutturazione aziendale e quindi, per poter attribuire efficacia
sanante all’accordo sindacale e’ condizione minima necessaria che almeno in tale occasione tale dato venga precisato. Nella specie, invece, e’ mancato qualunque positivo accertamento in tal senso da parte del giudice di appello (peraltro, secondo quanto dedotto dal ricorrente con riferimento specifico alle produzioni documentali, l’accordo farebbe riferimento, nei suoi allegati, alle sole
categorie
generali di operai, impiegati, ecc, mentre la resistente nel controricorso con riguardo all’accordo menziona solo il
riferimento
del medesimo al criterio di individuazione costituito dalla possibilita’ del lavoratore di conseguire un trattamento di quiescenza nell’arco di fruizione della mobilita’ ordinaria).
5. La sentenza impugnata e’ censurabile anche nella parte in cui ha
ritenuto idonei i criteri di scelta adottati nella specie.
Il principio al quale al riguardo ha fatto riferimento - quello secondo cui la circostanza che del criterio di scelta della
possibilita’ dei lavoratori di accedere al pensionamento non sia sufficiente da solo alla identificazione dei lavoratori ricompresi nella riduzione di personale non ne determina l’illegittimita’, sempreche’ il datore di lavoro nella attuazione del medesimo criterio
si attenga a criteri correttezza, buona fede e non discriminazione
—,
inizialmente recepito da alcune sentenze di questa Corte (Cass. n.
9956/2000 e 13393/2002), e’ stato sottoposto a riesame e
condivisibilmente si e’ ritenuto che il criterio di scelta adottato
nell’accordo sindacale tra datore di lavoro e organizzazioni sindacali per l’individuazione dei destinatari del licenziamento puo’
anche essere unico e consistere nella prossimita’ al pensionamento,
alla condizione pero’ che esso permetta di formare una graduatoria rigida e possa essere applicato e controllato senza alcun margine di
discrezionalita’ da parte del datore di lavoro. (Cass. n.
12781/2003,
21541/2006, 9866/2007, 1938/2011).
Si tratta di un indirizzo indubbiamente condivisibile perche’ i criteri di scelta possono implicare aspetti discrezionali nella fase
attuativa, e in questo caso il datore di lavoro nella comunicazione
prevista dall’art. 4, comma 9, della legge deve fornire puntuali indicazione delle modalita’ con cui essi sono stati applicati (cfr.
Cass. n. 24166/2004 circa la necessita’ che in questa sede emergano
univoche modalita’ di esplicazione dei criteri), ma non vi puo’
essere un’area residua di discrezionalita’ di scelta da parte del datore di lavoro nella quale non risulti operante nessun criterio predeterminato, in ragione della insufficiente capacita’ selettiva dell’unico criterio di scelta convenzionalmente stabilito.
Ed e’ opportuno sottolineare come l’obiettivita’ dei criteri di scelta costituisca una misura di tutela necessaria al fine di evitare
che il datore di lavoro possa scegliere a sua discrezione quali lavoratori in concreto licenziare in occasione di una riduzione di personale. Ne’ sarebbe sufficiente per contrastare un tale modo di esercizio dei poteri del datore di lavoro la facolta’ del
lavoratore
di provare l’eventuale carattere discriminatorio del suo licenziamento.
6. In conclusione il ricorso deve essere accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio della causa ad altro giudice (stessa Corte in diversa composizione) che si atterra’ ai seguenti principi: 1) "La indicazione nella comunicazione agli organismi sindacali di avvio della procedura di licenziamento per riduzione di
personale, dei profili professionali del personale eccedente, a norma
della L. n. 223 del 1991, art. 4, comma 3, non e’ validamente integrata dalla sola indicazione delle generiche categorie degli operai, intermedi, impiegati, quadri e dirigenti, mentre la
conclusione, nell’ambito della procedura di consultazione, di un accordo tra il datore di lavoro e i sindacati sul licenziamento collettivo non puo’ ritenersi idonea a rendere irrilevante, ai fin
della legittimita’ dei licenziamenti, l’indicata carenza della comunicazione iniziale se anche l’accordo non contiene le
necessarie
indicazioni sui profili professionali dei lavoratori destinatari del
licenziamento"; 2) "non e’ legittima l’adozione, nell’accordo
sindacale tra datore di lavoro e organizzazioni sindacali relativo all’attuazione di licenziamenti per riduzione di personale,
dell’unico criterio di scelta consistente nella prossimita’ al pensionamento, se lo stesso non permetta l’esauriente e univoca selezione dei lavoratori destinatari del licenziamento, in modo da poter essere applicato senza alcun margine di discrezionalita’ da parte del datore di lavoro".
Al giudice di rinvio si demanda anche la regolazione delle spese del
presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la
causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Napoli in diversa
composizione.
Cosi' deciso in Roma, il 2 aprile 2012.
Depositato in Cancelleria il 22 giugno 2012