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Cass., sez. un., 2 maggio 2017, n. 10648. L’improcedibilità del ricorso per cassazione e il mancato deposito della relata di notifica della sentenza impugnata. - Judicium

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PAOLA  LICCI     Cass.,  sez.  un.,  2  maggio  2017,  n.  10648.  

L’IMPROCEDIBILITÀ   DEL   RICORSO   PER   CASSAZIONE   E   IL   MANCATO   DEPOSITO   DELLA   RELATA   DI   NOTIFICA   DELLA  SENTENZA  IMPUGNATA.  

 

Le  Sezioni  unite  della  Corte  di  cassazione  tornano,  con  la  pronuncia  in  commento,  ad  esaminare  la  questione   relativa  all’improcedibilità  del  ricorso  per  mancato  deposito  della  relata  di  notifica  della  sentenza  impugnata.  

In   particolare,   prendendo   le   distanze   dal   precedente   orientamento   espresso   nel   1998   (Cass.   sez.   un.,   25   novembre  1998,  n.  11932,  in  Giur.  It.,  1999,  1584)    e  confermato  nel  2009  (Cass.,  sez.  un.,    16  aprile  2009,  n.  

9005,  in  Riv.  Dir.  Proc.,  2010,  180  con  nota  di  Auletta,  Della  Pietra  e  in  Giur.  It.,  2010,  382  con  nota  di  Vanz),   stabiliscono   i   limiti   di   operatività   della   sanzione   prevista   dall’art.   369   c.p.c.,   escludendone   l’applicazione   al   ricorso  contro  una  sentenza  notificata  di  cui  il  ricorrente  non  abbia  depositato,  unitamente  al  ricorso,  la  relata   di   notifica,   ove   tale   relata   risulti   comunque   nella   disponibilità   del   giudice   perché   prodotta   dalla   parte   controricorrente  ovvero  acquisita  mediante  l’istanza  di  trasmissione  del  fascicolo  di  ufficio.  

Secondo   la   posizione   giurisprudenziale   finora   sostenuta   l’improcedibilità   costituiva   la   giusta   sanzione   da   comminare  ai  danni  del  ricorrente  che  non  avesse  dato  prova  della  tempestività  della  sua  impugnazione  e,   pertanto,  della  sua  ammissibilità.  Partendo  dal  dato  testuale  dell’art.  369  c.p.c.,  che  prevede  che  il  deposito   della   sentenza   impugnata   e   della   relazione   di   notifica   debbano   avvenire   a   pena   di   improcedibilità   con   il   deposito   del   ricorso,   la   Corte   ribadiva   l’operatività   della   sanzione   ivi   stabilita,   senza   ammettere   eccezioni,   neppure  nel  caso  in  cui  il  controricorrente  non  avesse  lamentato  la  tardività  della  proposizione  del  ricorso  per   cassazione.  Né  poteva  considerarsi  attività  equipollente  a  quella  di  produzione  della  relazione  di  notificazione   da  parte  del  ricorrente  l’eventuale  deposito  della  copia  proveniente  del  controricorrente  o  la  circostanza  che   nel  fascicolo  trasmesso  dal  giudice  a  quo  fosse  contenuta  copia  della  relazione  di  notifica.  

Le  Sezioni  unite  oggi,  nel  confermare  che  la  sanzione  dell’improcedibilità  non  può  escludersi  né  può  operare   un’interpretazione   abrogativa   dell’art.   369   c.p.c.   senza   intervento   normativo,   chiariscono,   invece,   che   può   essere   ammessa   un’attività   equipollente   a   quella   del   deposito   della   relata   da   parte   del   ricorrente.   In   particolare,   partendo   dall’idea   che   occorra,   in   punto   di   giudizio   di   cassazione,   ricercare   un   equilibrio   tra   le   regole  di  accesso  all’impugnazione  e  il  diritto  a  un  equo  processo,  le  Sezioni  unite  riconoscono  che  il  deposito   della   relazione   di   notificazione   eseguita   dal   controricorrente   vale   a   produrre   i   medesimi   effetti   della   produzione  imposta  al  ricorrente,  sicchè  ove  con  il  deposito  dell’atto  ex  art.  369  c.p.c.  sia  allegata  anche  la   sentenza  completa  dell’attestazione  di  notifica,  l’improcedibilità  del  ricorso  non  potrà  essere  dichiarata.  

Se  il  documento  è  infatti  già  nella  disponibilità  del  giudice  in  ragione  dell’attività  compiuta  dalla  controparte,   tanto  vale  a  raggiungere  lo  scopo,  ovvero  la  conoscibilità  del  documento  stesso  entro  determinati  e  circoscritti   limiti  di  tempo.  Non  sarebbe  invece  possibile,  ribadisce  la  Corte,  consentire  la  produzione  sine  die.  

Ove   invece   si   escludesse   tale   interpretazione   più   elastica,   si   finirebbe   per   rendere   la   sanzione   dell’improcedibilità  incongrua,  irragionevole  e  sproporzionata  rispetto  alla  violazione  commessa.  

 

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