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Una rosa di tromboni per quel Rosa di Marcello

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Academic year: 2022

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Una rosa di tromboni per quel Rosa di Marcello

Di questa storia, con difficoltà, cercherò di essere un semplice cronista.

Marcello Rosa nasce il 16 giugno del 1935 ad Abbazia, città al tempo italiana passata poi alla Jugoslavia e dal 1991 alla Croazia.

Marcello scopre il trombone grazie a dei ruggenti glissati (tipici del modo di suonare “alla vecchia” – ? -) che ascoltò da ragazzino in disco di jazz regalatogli dalla madre. Amore a prima vista, o meglio a primo ascolto.

Da quel giorno di molti anni fa la sua vita si sviluppa in un v o r t i c e d i e s p e r i e n z e m u s i c a l i , e n o n , a d i r p o c o strabilianti.

Chi lo conosce e frequenta la sua casa rimane ogni volta ammaliato dalle centinaia di testimonianze di una vita fuori dal comune. Dalle foto con Duke Ellington e Salvador Dalì, alle infinite locandine di concerti con i nomi più illustri del mondo del jazz fino alle sue stesse composizioni artistico – figurative, moderne ed eclettiche, che testimoniano la frequentazione del liceo artistico e un passato da grafico.

Qualcuno più grande di me potrà ricordare Marcello nei programmi radio – televisivi della RAI di una volta – “Quando

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in televisione si potevano fare cose di qualità!”, per citare un altro grande come Gianni Minà.

Comunque tanto per intenderci e per chiudere questa piccola ouverture caleidoscopica della vita dell’artista, Marcello è quel trombone inimitabile che risponde a tono e con stile al clarinetto di Baldo Maestri nel celebre tema di Amapola arrangiato da Ennio Morricone per il film C’era una volta in America.

Nel periodo del grande boom economico durante il quale l’Italia poteva rimostrare le sue sfaccettature migliori, dove c’erano opportunità e dove la parola orchestra era ancora contemplata in un fantomatico vocabolario culturale, Marcello rifiutò più volte il posto da orchestrale per rincorrere il suo sogno. Un sogno fatto di tempi in levare, schiocchi di dita, locali fumosi e grandi festival. Un sogno rincorso costantemente col trombone in spalla rinchiuso in una di quelle custodie in pelle scura semplici, calde ed eleganti che in tutto si distaccano da quelle orripilanti opzioni odierne e figlie del petrolio in carbonio, fibra di vetro o qualche tipo di plastica.

Dopo queste riduttive ma dovute presentazioni arriviamo ad oggi, in questo periodo sfortunato, ma che ha visto realizzarsi una sorta di piccolo miracolo.

Proprio nell’anno del suo ottantacinquesimo genetliaco Marcello ha realizzato uno dei suoi sogni di più vecchia data e magnificente fattura.

Per chi ama il jazz, e soprattutto il trombone, sono di sicuro

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indispensabili gli ascolti dei grandi Jay Jay Johnson, Kai Winding, Urbie Green, Bill Watrous ed altri insieme a grandi gruppi di energetici tromboni. Così, sulla scia dei suoi colleghi ed amici americani, è nato il suo ultimo lavoro discografico intitolato The World on a slide.

Questo lavoro, prodotto dall’etichetta romana AlfaMusic, è una vera e propria testimonianza di amicizia da parte di diciotto trombonisti – oltre allo stesso Rosa – tra i più quotati d’Europa. Alle registrazioni hanno preso parte solisti di jazz come Andrea Andreoli, Massimo Morganti, Mario Corvini e Roberto Rossi nomi che sono preceduti dalla loro chiara fama.

Pur essendo un disco di jazz hanno contribuito importanti musicisti dell’ambiente della musica classica come Andrea Conti, Diego Di Mario, Devid Ceste, Vincent Lepape, Matteo De Luca, Gianfranco Marchesi e Luigino Leonardi che con i loro suoni impreziosiscono le compagini orchestrali più importanti

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d’Italia e d’Europa. Non bastando Marcello ha dato l’opportunità a molti giovani di prender parte a questa meravigliosa avventura. Oltre al sottoscritto, Giovanni Dominicis, Gabriele Sapora, Francesco Piersanti, Elisabetta Mattei, Stefano Coccia e Federico Proietti sono la rosa di nuovi trombonisti che hanno donato tutto il loro entusiasmo per la realizzazione del sogno di Marcello.

La ritmica non poteva anch’essa essere da meno e così vede tra le sue file Paolo Tombolesi al pianoforte, Roy Panebianco e Luca Berardi alle chitarre, Marco Siniscalco al contrabbasso e basso elettrico, Cristiano Micalizzi alla batteria e Filippo La Porta alle percussioni.

Il disco conta sedici tracce che vedono duellare flotte di trombonisti in battaglie musicali su ritmi funky e latini, swinganti blues che che incappano in melodie leggere, semplici e geniali, testimonianza che il buon Pop ancora resiste.

Marcello è così. In lui convivono sacro e profano, genialità e semplicità, pacatezza ed esuberanza, popolo ed aristocrazia.

Una persona che non si vergogna di essere umana mettendo da parte il falso e borghese politically correct che lascia credere che tutto – o niente – possa essere detto riuscendo ad insegnare il valore reale della democrazia attraverso la

“violenta vitalità” delle note che scorrono nei suo pentagrammi.

Fantasticando un po’ lo si potrebbe definire un musicista che fa della musica moderna il proprio romanticismo usandola come profonda espressione del suo stato d’essere riuscendo, oltretutto, a trovare in essa l’eterno rifugio di amori, delusioni, gioie ed incertezze.

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Insomma Marcello ripone la sua stessa vita in quell’andamento sincopato, energico e rilassato, che, con dolce ed ingenua presunzione, scivola leggero senza tempo, con ritmo, proprio come la coulisse del suo trombone.

Se per caso, passeggiando per la capitale nel quartiere Prati, vi capita di incontrare un uomo elegante di nobile statura e bella presenza, quello è Marcello Rosa. Senza timore chiedetegli qualcosa sul jazz e aprirete la porta della conoscenza sensibile ad un immobile infinito in continua evoluzione. A me è successo così.

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