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PAERP Piano delle Attività Estrattive, di Recupero delle aree escavate e Riutilizzo dei residui recuperabili della Provincia di Pisa II stralcio:

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del 14 luglio 2001 -

Allegato C8

P R O V I N C I A D I P I S A S

ERVIZIO

D

IFESA DEL

S

UOLO

U.O. Georisorse

PAERP

Piano delle Attività Estrattive, di Recupero delle aree escavate e Riutilizzo dei residui recuperabili della Provincia di Pisa II stralcio: Comuni di Bientina, Calcinaia, Capannoli, Casciana Terme, Castelfranco di Sotto, Chianni, Crespina, Fauglia, Lajatico, Lari, Lorenzana, Montopoli, Palaia, Orciano Pisano, Peccioli, Ponsacco, Pontedera, San Miniato,

Santa Croce sull’Arno, Santa Maria a Monte, Terricciola

DOCUMENTO DI VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA

Valutazione Intermedia

Ai sensi dell’art. 5 del D.P.G.R. 4/R del 9 febbraio 2007

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Indice

1. LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA DEL PAERP... 3

1.1. Premessa normativa... 3

1.2. Cos’è la VAS... 3

1.3.Gli elementi della VAS... 4

1.4. Il percorso della VAS... 5

1.5. Il confronto con i soggetti pubblici e privati ... 5

1.5.1. Comune di San Miniato... 6

1.5.2. Comune di Chianni. ... 7

1.5.3. Comune di Lari ... 7

1.5.4. Comune di Casciana Terme... 8

1.5.5. Comune di Peccioli ... 8

1.5.6. Comune di Capannoli... 15

1.5.7. Comune di Palaia ... 15

1.5.8. Regione Toscana- Settore Infrastrutture di trasporto strategiche e cave nel governo del territorio 16 1.5.9. Regione Toscana- Settore Strumenti della Valutazione e dello Sviluppo sostenibile ... 21

1.5.10. ASSO-CAVE Toscana ... 21

1.5.11. Azienda USL5 Pisa... 22

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1. LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA DEL PAERP 1.1. Premessa normativa

La L.R.T. 1/2005 “Norme per il Governo del Territorio” ha introdotto l’obbligo per gli enti che hanno il compito di predisporre propri strumenti della pianificazione territoriale, di effettuare la valutazione integrata degli effetti territoriali, ambientali, sociali ed economici e sulla salute umana indotti dal piano e dalla relativa attuazione. Tale obbligo riguarda anche il Piano della Attività Estrattive, di Recupero delle aree escavate e Riutilizzo dei residui recuperabili (PAERP) della Provincia di Pisa in fase di elaborazione.

La normativa regionale recepisce la Direttiva 42/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, “Concernente la valutazione degli impatti di determinati piani e programmi sull'ambiente” la quale stabilisce che devono essere sottoposti a valutazione i piani e i programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente, al fine di “(…) garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile, assicurando che, ai sensi della presente direttiva (…) (Articolo 1 Obiettivi)”.

Secondo quanto stabilito dalla direttiva, la procedura di valutazione ambientale deve essere prevista per tutti i piani e i programmi «che sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli» (Articolo 3), per i quali devono essere «individuati, descritti e valutati gli effetti significativi che l’attuazione del piano o del programma potrebbe avere sull’ambiente nonché le ragionevoli alternative alla luce degli obiettivi e dell’ambito territoriale del piano o del programma» (Articolo 5).

Da questa definizione emerge con chiarezza che il PAERP rientra tra gli atti di pianificazione ai quali si applica la Valutazione ambientale prevista dalla direttiva 42/2001.

Con il D.Lgs. 152/2006, modificato dal D.Lgs. 4/2008, anche il Parlamento nazionale Italiano ha recepito e dato attuazione alla direttiva 2001/42/CE, definendo analoghe procedure per lo svolgimento di qualla che è stata chiamata Valutazione Ambientale Strategica (VAS).

Poiché VAS e Valutazione Integrata, sono strumenti di valutazione degli effetti ambientali entrambi derivati dalla stessa direttiva comunitaria, e la VAS è istituita da una normativa sovraordinata, in questo documento ci riferiremo ad essa, dando per inteso che la redazione della VAS assolve anche agli obblighi derivanti dalla L.R.T. 1/2005, art.11.

1.2. Cos’è la VAS

La VAS è il processo, analogo alla Valutazione di Impatto Ambientale, con il quale invece di esaminare e quantificare gli impatti di una singola opera sull’ambiente, si esaminano e quantificano gli effetti di un atto di pianificazione sull’ambiente.

La VAS quindi deve essere svolta contestualmente alla redazione del piano al quale si riferisce, proprio affinché questo sia strutturato in modo e contenga tutte le misure tali da minimizzare e mitigare gli impatti previsti.

Poiché però un atto di pianificazione non si rivolge ad un’unica opera, ma ad una serie di attività nel loro complesso, le quali inevitabilmente interferiscono con altre attività che a loro volta sono regolate da specifici atti di pianificazione, la valutazione degli effetti del nostro atto di pianificazione deve essere rivolta anche a prevedere le interferenze con gli altri atti di pianificazione. È ovvio che che queste interferenze devono essere rese coerenti in modo che il nuovo piano risulti armmonicamente integrato con i precedenti.

Per scendere dai concetti generali agli esempi concreti, anche se iperbolici ed icastici per meglio render l’idea, un piano delle attività estrattive che preveda l’apertura di nuove cave in giacimenti dai quali è ragionevole attendersi un’elevata produzione di sterile, che non trovi ricetto nelle attività di ripristino, e che

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debba esser conferito a discarica, rischia di provocare una sovraproduzione di rifiuti da conferire a discarica e confliggere così con le previsioni del Piano Provinciale dei Rifiuti.

E finché si parla di altri piani provinciali giochiamo in casa, quando si va ad interferire con strumenti di pianificazione di altri livelli istituzionali, dobbiamo inevitabilmente consultare tutti gli enti territorialmente interessati. Una pianificazione efficace poi deve poi necessariamente essere, se non concertata, almeno confrontata con gli interessi legittimi di tuti i soggetti pubblici e privati. È per questo che la procedura di valutazione integrata prevede la partecipazione dei soggetti esterni all’Amministrazione per individuare i vincoli provenienti da soggetti pubblici, racogliere tutte le informazioni utili a formare il quadro conoscitivo sul quale basare le scelte di pianificazione, comunicare già durante la formazione criteri ed indirizi su cui si baserà la pianificazione, in modo da ricevere un contributo dialettico da chi si occupa dei vari aspetti con i quali la pianificazione andrà ad interagire.

La VAS poi se si limitasse a quanto finora esposto, avrebbe un grosso limite: quello di effettuare un’analisi a priori. E se poi alla prova dei fatti la pianificazione non sortisce gli effetti previsti, e gli impatti sono diversi?

In realtà la VAS, pur dovendo essere prodotta ed approvata contestualmente al Piano al quale si riferisce, deve contenere il seme perché l’analisi che propone possa continuare durante e dopo la fase di applicazione della pianificazione. Deve contenere cioè il progetto di una attività di monitoraggio che ne verifichi l’efficacia. Più nello specifico, di questo monitoraggio il documento finale di Valutazione Integrata deve contenere gli indicatori significativi sui quali basarsi.

Appare evidente infatti, che un processo assai articolato, come quello al quale sovrintende ad esempio il Piano delle attività estrattive e di recupero, non può essere monitorato in tutti i suoi aspetti.

I giudizi che si possono dare sulla sua validità a posteriore sono fortemente variabili a seconda degli aspetti considerati. È quindi importante che questi aspetti siano predefiniti sin dall’inizio, e che a compiere questa scelta sia chiamato l’organo al quale competono le funzioni di indirizzo dell’Ente, cioè il Consiglio. I tecnici dell’ente che forniscono al Consiglio tutto il quadro conoscitivo necessario, hanno il compito di proporre dei parametri indicatori degli aspetti più significativi tra gli effetti della pianificazione, sulla base degli obiettivi principali che la pianificazione stessa si pone.

1.3

.

Gli elementi della VAS

Riassumendo quanto sin qui argomentato possiamo in prima battuta individuare tre elementi fondamentali della Valutazione Integrata:

1. Il rapporto ambientale di cui alla dir. 2001/42/ CE art. 5

2. la partecipazione di soggetti esterni all’Amministrazione procedente e la messa a disposizione delle informazioni relative alla valutazione stessa;

3. il piano di monitoraggio degli effetti attraverso l’utilizzo di indicatori predeterminati;

Il PAERP ha come oggetto le attività estrattive di materiale litico, sia esso di provenienza naturale (da cave o da lavori che producano terre e rocce di scavo) o antropica (riciclo di materiale inerte proveniente da macerie). Pur essendo un piano a scala provinciale, o, come in questo caso a scala sovracomunale, è ridondante estendere il rapporto ambientale della VAS a tutto il territorio interessato dalla pianificazione se non nella misura in cui ciò sia funzionale a giustificare la localizzazione delle aree di giacimento di risorsa litica naturale.

Il rapporto deve piuttosto essere focalizzato sulle matrici ambientali interessate dalle attività che saranno rese possibili dal piano.

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1.4. Il percorso della VAS

La procedura di VAS si snoda attraverso un confronto reiterato con i soggetti pubblici e privati interessati dalla pianificazione, al fine di focalizzare sempre meglio parallelamente alla redazione del documento di piano gli impatti potenziali indottti dalle attività pianificate.

Per questo motivo la relazione di VAS è ripetuta, nei vari stadi della pianificazione in documenti sempre più approfonditi.

Questo documento viene redatto a valle della fase di valutazione intermedia, dopo il confronto con i soggetti pubblici e privati interessati dalla pianificazione, avvenuto dopo l’adozione da parte della Giunta Provinciale del progetto di piano e prima della adozione del piano da parte del Consiglio.

Questo documento quindi ripete quanto contenuto nella Valutazione Intermedia, modificandola e integrandola secondo le risultanze del confronto di cui sopra.

1.5. Il confronto con i soggetti pubblici e privati

Il confronto è avvenuto attraverso una conferenza di servizi alla quale sono stati convocati il 7 marzo 2011 tutti i soggetti pubblici interessati dal Piano, ed una riunione consultiva dei soggetti portatori di interessi collettivi a vario titolo interessati dal Piano, avvenuta il giorno seguente. Le lettere di convocazione delle due riunioni ed i verbali sono allegati a questo documento.

Contributi alla VAS sono pervenuti anche per posta.

I contributi dei soggetti esterni possono essere sintetizzati come nella tabella seguente.

Soggetto Osservazione

invito a riesaminare l'interferenza del sito di Bucciano con la distribuzione delle aree tartufigene normate nel PTC

Comune di San Miniato

invito a considerare i problemi di viabilità di accesso alle nuove aree di cava Comune di Chianni Richiesta di espungere un’area già inserita nel PRAE

Comune di Lari

richiesta di stralciare la cava di San Frediano per vincolo relativo alla presenza di sorgente ad uso acquedottistico e della cava Poggio di Gerbina per motivi di viabilità, geomorfologicoe e paesaggistici

Comune di Casciana Terme richiesta di stralciare la cava di Ceppato per vincolo relativo alla presenza di sorgente ad uso acquedottistico invito a ridurre il numero dei siti

Richiesta di stralciare il sito di Poggiarelli per motivi paesaggistici e per dubbi sulla consistenza merceologica del sito.

Comune di Peccioli

invito a considerare i problemi di viabilità di accesso alle nuove aree di cava Comune di Capannoli invito a considerare la possibilità che la proprietà delle aree di cava si

opponga all'attività Comune di Castelfranco di

Sotto invito a precisare se i piazzali di stoccaggio previsti all'art. 12 debbano essere gestiti dal Comune o possano anche essere privati

Comune di Palaia

6 nuovi siti di cava aggravano la “risorsa essenziale paesaggistica”, Val di Pulia ha una piccola parte in area boscata a mantenimento, Casa Paralesi ha un vigneto di recente impianto, il sito di Castellaccio si trova su terreni rimboschiti con finanziamento pubblico

Regione Toscana – Settore Infrastrutture di trasporto strategiche e cave nel governo del territorio

Eccepisce sulla approvazione del PAERP per stralci, sulla revisione del fabbisogno di inerti e su altri punti delle NTA

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Regione Toscana- Settore Strumenti della Valutazione e dello Sviluppo sostenibile

Richiede una relazione sintetica sulla procedura di VAS seguita, che il rapporto ambientale sia separato dal documento di VAS, che sia effettuata la valutazione di incidenza.

Regione Toscana- Settore Programmazione Forestale

Fornisce un utile memorandum sulla normativa in materia forestale da seguire in sede di progettazione delle attività estrattive

ASSO-CAVE Toscana

Eccepisce sulla approvazione del PAERP per stralci e sulla revisione del fabbisogno di inerti; chiede normativa più vincolante su riciclaggio di inerti e su bonifiche agrarie

USL n. 5 Pisa Fornisce criteri utili a mitigare l’impatto delle emissioni di polveri Esaminiamo nel dettaglio il merito di queste osservazioni.

1.5.1. Comune di San Miniato

Il Comune di San Miniato evidenzia anzitutto come, a suo dire: “... per la valutazione del fabbisogno e della disponibilità dei materiali sia necessario una stima più approfondita in merito sia ai dati relativi alle opere edilizie che le opere pubbliche sulla base di una valutazione più precisa dei dati a disposizione e soprattutto nella valutazione dei materiali di recupero, quali terre e rocce da scavo non solo acquisendo i dati delle aziende che trattano il materiale, ma le richieste da parte dei privati e degli enti pubblici del riutilizzo di materiali ai sensi dell’art. 186 del D.Lgs 152/06.”

Questo richiamo da parte del Comune di San Miniato è certamente in linea con i principi ispiratori della norma sulla pianificazione della attività estrattiva vigente in Toscana. È proprio per seguire questa impostazione che la Provincia, prima di procedere alla valutazione del fabbisogno di materiale inerte vergine di cava ha stimato, attraverso interviste alle aziende autorizzate ai sensi del D.M. febbraio 1998, la disponibilità di materiale da riciclo.

A queste aziende la Provincia ha chiesto i volumi del materiale lavorato proveniente da demolizioni o scavi relativi ad opere di ingegneria (terre o rocce da scavo) e la loro destinazione finale del materiale (se interno alla Provincia di Pisa o no) e tipologia di impiego.

Dalle risposte, peraltro assai sporadiche emerge che la produzione del materiale da riciclo nell’area del 2° stralcio non supera qualche decina di migliaia di m3/anno e che viene impiegato per lo più in riempimenti. Utilizzi più impegnativi come rilevati e sottofondi stradali dipendono dalle caratteristiche meccaniche, molto variabili a seconda del materiale di partenza.

Appare evidente quindi che a meno di migliorie nelle tecniche di cernita del materiale da recupero, la sua disponibilità può essere assorbita al massimo dal fabbisogno di rilevati.

Per quanto riguarda poi la stima dei fabbisogni o la disponibilità di materiale inerte per o da opere pubbliche, la Provincia ne ha chiesto preventivamente, in via ufficiale a tutti gli enti pubblici. Le risposte sono state nel complesso sporadiche, scarse ed estremamente sintetiche. Tra le poche virtuose eccezioni vi è stata quella del Comune di San Miniato il quale ha fornito risposte puntuali su molte delle richieste fatte dalla Provincia, ma ad esempio non sul materiale inerte disponibile da o necessario per opere pubbliche.

Per quanto riguarda poi le terre e rocce da scavi disponibili da lavori privati, è tanto utile stimarne le volumetrie medie annue ai fini della redazione del PAERP, quanto difficile sia per i Comuni, tanto che la Provincia, tra tutti i dati richiesti ai Comuni non via ha inserito questo, sia, a maggior ragione per la Provincia stessa. La Provincia comunque si è posta il problema del riutilizzo delle terre e rocce di scavo, introducendo nelle norme tecniche del PAERP l’art. 13 con il quale dà uno specifico impulso ad una previsione dell’art. 36 della L.R. 78/1998 promuovendo la realizzazione e la gestione dei piazzali comunali di stoccaggio di terre e rocce di scavo. Nell’ambito della gestione di qusti piazzali il Comune potrà acquisire dati realistici sulla domanda e offerta di terre e rocce di scavo, che trasmessi alla Provincia contribuiranno

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ad alimentare il quadro conoscitivo sulla materia che la Provincia deve aggiornare biennalmente in occasione del monitoraggio del PAERP. In funzione di un quadro conoscitivo mutato, nel quale l’offerta di terre e rocce di scavo potrà coprire una cospicua parte del fabbisogno che il PAERP avrà previsto di colmare con materiale vergine di cava, la Provincia potrà avviare una revisione del piano, riducendo le aree di nuove cave.

Il Comune di San Miniato fa poi presente che il sito di cava di Bucciano si trova interamente in area classificata tartufigena dal PTC, per la quale quindi vige la stessa disciplina che per le aree boscate non trasformabili. Per questo motivo chiede che il sito sia espunto dal piano, indicando, per sopperire alla diminuzione di materiale inerte di cava disponibile nel piano, che l’azienda che esercita l’attività di cava nel sito La Serra, già presente nel PRAE vigente, ha chiesto un ampliamento per circa 200.000 m3 di escavazione di materiale assimilabile a quello di Bucciano. Il Comune ritiene più opportuno continuare l’estrazione su di un sito già compromesso, piuttosto che aprirne un altro peraltro riducendo in questo modo le aree di ricerca di tartufi che nel territorio di San Miniato rappresenta un’attività economica molto diffusa e sentita dalla popolazione.

La richiesta del Comune di San Minato è coerente con i criteri di redazione del PAERP ed è pertanto accoglibile.

1.5.2. Comune di Chianni.

Il Comune di Chianni si dichiara la contrario all’inserimento del sito di Diaccio al Domo nel Piano.

Sostiene che il sito era stato inserito nell’ultima variante al PRAER contro il parere negativo di Comune e Provincia e che si augurava che la Provincia volesse mantenere la stessa posizione, escludendo il sito dal PAERP. Fa presente inoltre che il TAR, sull’argomento si è pronunciato obbligando il Comune ad avviare l’iter di variante al regolamento urbanistico.

La Provincia in effetti aveva espresso parere negativo all’inserimento di quel sito nell’ultima variante al PRAE che la Regione ha attuato nel 2008. Il sito in effetti, oltre a presentare lo stesso assetto litostratigrafico di parte del vicino giacimento di Poggio Riparossa, nel quale, la ricerca di ghiaie ha dato esito molto difforme dalle previsioni, essendo in gran parte costituito da argille, si trova in area boscata non trasformabile ai sensi del PTC.

Per questo motivo la richiesta del Comune di Chianni è accettata ed il sito di Diaccio al Domo espunto dal progetto di Piano.

1.5.3. Comune di Lari

Il Comune di Lari fa presente che il sito di cava di interesse storico di San Frediano si trova in corrispondenza di una sorgente captata dal gestore idrico a fini acquedottistici. Chiede quindi l’espunzione del sito.

Premesso che il sito è stato recepito tal quale dal PRAER, e constata tuttavia la circostanza segnalata dal Comune di Lari, gli uffici propongono di espungere il sito poiché confligge con la normativa sulla tutela delle acque (art. 95 D.Lgs 152/2006) nonché con le norme del PTC. Invita comunque il Comune ad una ricognizione sul territorio al fine di reperire un sito alternativo.

Il Comune poi chiede di espungere anche il sito di inerti di Poggio Gerbina poiché la viabilità per accedervi “...è assolutamente insufficiente e il tratto di strada esistente è già stato, come noto alla Provincia, oggetto di frana...La strada in questione attraversa la costa di un crinale delicato, non è possibile individuare strada alternativa a meno di effettuare pesanti trasformazioni del crinale, che inciderebbero anche sul bosco definito appunto Poggio di Gerbina. In definitiva oltre ad insistere in un’area già delicata da un punto di vista geomorfologico, la cava farebbe manomettere notevolmente

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un’area di pregio ambientale in una della aree maggiormente visibili del nostro territorio, dato che insiste sul promontorio più alto di tutto il territorio di Lari.”

Il sito in realtà, che si estende dal crinale del poggio fino al fondovalle a sud, si trova ad una distanza di non più di 700 m dalla SP del Commercio, già coperti da uno sterrato ben riconoscibile da foto aerea, il potenziamento del quale può essere previsto in sede di progettazione dell’attività estrattiva.

La delicatezza geomorfologica è solo affermata, poiché il Comune non porta evidenze di ciò. All’ufficio proponente risulta invece l’assenza, sull’area di cava, di fenomeni e processi geomorfologici gravitativi di qualche rilievo (la carta geomorfologica in scala 1:10.000 della Provincia di Pisa non vi riporta alcuna frana). Una viabilità di accesso come quella indicata passerebbe assai lontano sia dal bosco sul versante nord del Poggio, sia da quello nella parte occidentale del crinale, che peraltro è classificato dal PTC come

“trasformabile” e quindi di minor pregio.

Infine, il pregio ambientale del sito che il Comune vorrebbe proteggere, non si ricava né da qualche atto di pianificazione, né da emergenze oggettive, e l’unica connotazione oggettiva che il Comune presenta consiste nella quota che si dice sia la più alta del territorio, laddove invece (raggiungendo il poggio una quota massima di 140 mslm) almeno 110 ha di territorio di Lari si trovano a quote più alte.

Peraltro, ogni trasformazione in area soggetta a vincolo paesaggistico, come è parte di questo sito, deve essere autorizzata dal Comune che in quella sede, valuta tutti gli aspetti progettuali di dettaglio volti a minimizzare l’impatto paesaggistico.

Si aggiunga a tutto ciò che l’area in questione è una delle pochissime se non l’unica nel Comune di Lari che coniughi la presenza di risorsa litica utile con l’assenza di vincoli ostativi.

Pertanto l’ufficio proponente ritiene di non dover accogliere questa richiesta.

1.5.4. Comune di Casciana Terme

Presenta obiezione analoga a quella del Comune di Lari riguardo alla cava di materiale ornamentale storico di Ceppato.

Premesso che il sito è stato recepito tal quale dal PRAER, e constata tuttavia la circostanza segnalata dal Comune di Lari, gli uffici propongono di espungere il sito poiché confligge con la normativa sulla tutela delle acque (art. 95 D.Lgs 152/2006) nonché con le norme del PTC. Invita comunque il Comune ad una ricognizione sul territorio al fine di reperire un sito alternativo.

1.5.5. Comune di Peccioli

Il Comune afferma che: “La localizzazione delle aree individuate nella proposta di Piano non pare rispondente agli indirizzi generali di tutela del paesaggio contenuti negli strumenti di pianificazione territoriale sia comunale che sovracomunale. In particolare gli interventi che deriveranno dal Piano non sembrano sostenibili nel rispetto degli obiettivi e delle azioni alla base dei contenuti del PIT nella parte relativa alle previsioni per l’Ambito 30 Valdera”.

Al fine di discutere quest’affermazione riportiamo nel seguito integralmente le didascalie della scheda del PIT riferita appunti all’ambito paesaggistico della Valdera.

“L’ambito è connotato dalla prevalenza dei rilievi collinari (colline pisane), compresi tra la piana di Ponsacco a nord ed i Monti Livornesi ad ovest, parte dei sottobacini idrografici degli affluenti di sinistra dell’Arno, tra la Val d’Era e le valli del Cascina e dell’Isola. La conformazione geomorfologica presenta diffusi fenomeni di erosione con costoni tufacei affioranti e formazioni pseudocalanchive.

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Le formazioni forestali, con prevalenza di latifoglie e modesti rimboschimenti a conifere, sono limitate alle aree di crinale (si vedano gli schemi cartografici a destra). Frange boscate scendono fino ai fondovalle, formando un consolidato sistema di connessione paesistica.

Le associazioni vegetali prevalenti sono le leccete, le cerrete sono quelle a dominanza di latifoglie decidue termofile.

Le colture agrarie, dominanti nello scenario paesistico, sono equamente distribuite per quantità e localizzazione tra quelle specializzate e quelle miste (si vedano gli schemi cartografici a destra). Il paesaggio agrario presenta condizioni apprezzabili di permanenza storica, conservando un mosaico diversificato con colture terrazzate ad oliveto, ampie aree a seminativo arborato misto vigneto-oliveto, colture estensive a vigneto.

Il fondovalle è segnato dalla vegetazione di ripa dei corsi d’acqua e dei canali, con colture orticole in campo ed in serra; si alternano colture a seminativo semplice con diffusi e recenti impianti di pioppeti da carta (Lari, Palaia).

I borghi rurali sulle alture conservano caratteri storico-architettonici di pregio e in equilibrio con l’intorno, spesso sottolineati da filari di cipressi che esaltano percorsi e collegamenti; sono rare le dissonanze dovute a fenomeni di edificazione recente.

E’ diffuso il riuso di edifici rurali per servizi agrituristici da parte delle aziende agricole. A Perignano di Lari, il fattore catalizzante dell’industria del mobile ha determinato una massiccia urbanizzazione lineare lungo la strada per Ponsacco, con effetti di frammentazione del paesaggio e alterazione dei caratteri identitari.

Caratteri strutturali identificativi del paesaggio

1. La vegetazione dei versante collinari può essere interrotta da fenomeni di profonda erosione con affioramento di costoni tufacei (Palaia)

2. Il mosaico forestale è diversificato, con leccete, querceti, rimboschimenti a conifere, a cui si intercalano nelle aree depresse le piantagioni di pioppo da carta (Lari)

3. Il patrimonio edilizio agrario conserva caratteri architettonici tipici rurali, con utilizzo del laterizio nelle cortine murarie (Palaia)

4. Il mosaico agrario conserva una tessitura minuta con frange boscate; ne consegue una complessa articolazione e diversificazione morfologica e biologica (Palaia)

5. I nuclei insediativi storici conservano caratteri architettonici ed urbanistici identitari (Lari)

6. Gli insediamenti produttivi e commerciali recenti presentano uno sviluppo prevalente lineare lungo le strade (Lari) 7. Le strade collinari storiche, la cui tipologia testimonia le forti relazioni strutturali con la morfologia del rilievo, sono spesso anche caratterizzate da interessanti vedute panoramiche (Palaia)

Caratteri strutturali ordinari del paesaggio

1. Il paesaggio è connotato da una elevata diffusione delle colture agrarie in ragione della dolcezza della morfologia collinare che alterna ai modesti rilievi le lievi pendenze dei fondovalle principali (Capannoli)

2. Gli argini del fiume Era, con morfologia naturalistica, sono modestamente vegetati da erbacee ed arbusti spontanei.

Sulla riva in sinistra idrografica fitte piantagioni di pioppi da legno caratterizzano il paesaggio con il forte segno antropico (Capannoli)

3. Gli interventi di regimazione idraulica costituiscono fattori di trasformazione del paesaggio fluviale dove la criticità paesistica si trova generalmente incrementato dalle opere in cemento armato: fiume Cascina (Lari)

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4. Nelle piantagioni di pioppo da carta dei fondovalle, la conduzione meccanizzata del taglio riduce i tempi e i costi delle lavorazioni talvolta a discapito della vegetazione spontanea di campo o di ripa (Lari)

5. Lembi di posco persistono alternati ai seminativi determinando importanti condizioni di connessione ecologica con la vegetazione forestale (Palaia)

6. I seminativi possono trovarsi diffusi in ampi ambiti con modesti residui di colture arboree ad oliveto e alberi da frutto (Lari)

7. Le colture orticole del fondovalle e le sistemazioni a terrazzamenti del versante collinare conservano tratti arborati ad olivo (Lari)

8. I nuclei storici (Capannoli) dominano le più recenti urbanizzazioni delle aree più basse in cui sono generalmente presenti anche piantagioni di pioppi (Capannoli)

9. Le nuove edificazioni costituiscono talvolta elementi stridenti e inopportuni se localizzate in posizione dominante sul crinale (Palaia)

10. Le reti di trasporto dell’energia elettrica attraversano il paesaggio collinare posizionate in maniera indifferente rispetto alle masse boscate (Capannoli)”

Il PIT disciplina quest’ambito riferendosi al “patrimonio collinare” che all’ art. 20 è definito come “ogni ambito o contesto territoriale - quale che ne sia la specifica struttura e articolazione orografica (collinare, montana, di pianura prospiciente alla collina ovvero di valle) - con una configurazione paesaggistica, rurale o naturale o a vario grado di antropizzazione o con testimonianze storiche o artistiche o con insediamenti che ne rendono riconoscibile il valore identitario per la comunità regionale nella sua evoluzione sociale o anche per il valore culturale che esso assume per la nazione e per la comunità internazionale.”

Tra le direttive che il PIT indica agli strumenti della pianificazione territoriale ai fini della conservazione del valore del “patrimonio collinare” e che sono comunque rivolte agli interventi di recupero o di nuova edificazione, e che quindi non sembrano, se non in un’accezione molto ampia, includere l’apertura di cave, vi sono le seguenti:

a. “la verifica pregiudiziale della funzionalità strategica degli interventi sotto i profili paesistico, ambientale, culturale, economico e sociale e – preventivamente – mediante l’accertamento della soddisfazione contestuale dei requisiti di cui alla lettere successive del presente comma;

b. la verifica dell’efficacia di lungo periodo degli interventi proposti sia per gli effetti innovativi e conservativi che con essi si intendono produrre e armonizzare e sia per gli effetti che si intendono evitare in conseguenza o in relazione all’attivazione dei medesimi interventi;

c. la verifica concernente la congruità funzionale degli interventi medesimi alle finalità contemplate nella formulazione e nella argomentazione dei “metaobiettivi” di cui ai paragrafi 6.3.1 e 6.3.2 del Documento di Piano del presente PIT;

d. la verifica relativa alla coerenza delle finalità degli argomenti e degli obiettivi di cui si avvale la formulazione propositiva di detti interventi per motivare la loro attivazione, rispetto alle finalità, agli argomenti e agli obiettivi che i sistemi funzionali - come definiti nel paragrafo 7 del Documento di Piano del presente PIT - adottano per motivare le strategie di quest’ultimo...”

3. La tutela e la persistenza della qualità del patrimonio paesaggistico, considerata nella consistenza materiale e formale e nella integrità e fruibilità delle sue risorse storiche, culturali e ambientali, è in ogni caso assunta come criterio costitutivo della progettazione e come postulato dei canoni funzionali ed estetici della stessa.

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4. La soddisfazione del criterio progettuale di cui al comma precedente deve contestualmente contemplare tipologie progettuali recanti le più avanzate ed affidabili tecnologie realizzative, impiantistiche e gestionali a difesa della qualità del suolo, della sua struttura geomorfologica e della vitalità e fruibilità delle sue risorse, così come a tutela della salubrità dell’aria e della salute umana, e a sostegno della rinnovabilità e dell’uso più parsimonioso ed efficiente delle fonti energetiche e delle risorse idriche superficiali e sotterranee e della loro preesistente disponibilità quantitativa e qualitativa nei singoli ambiti territoriali interessati...”

Continuando, il PIT indica all’art.22 come direttive ai fini della conservazione attiva delle risorse agroambientali e di quelle paesaggistiche, oltre che sociali ed economiche, della Toscana rurale, le seguenti:

“1. Hanno interesse unitario regionale le risorse agroambientali del territorio rurale cui si applicano le direttive contenute nel presente articolo.

2. Le risorse agroambientali sono costituite dal complesso delle attività agro-forestali funzionali alla tutela ed alla valorizzazione del territorio toscano e comprendono in particolare:

a) i terreni caratterizzati dalla presenza di colture di pregio paesistico e imprenditoriale e quelli utilizzati per l’attività del vivaismo agricolo;

b) i terreni che presentano un'elevata potenzialità d'uso agricolo per le loro caratteristiche morfologiche, pedologiche, di posizione geografica;

c) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;

d) i terreni con particolari sistemazioni agrarie significative ai fini della conservazione del suolo, quali i terrazzamenti ed i ciglionamenti;

e) i terreni soggetti a bonifica idraulica;

f) gli schemi irrigui che corrispondono ai terreni serviti da impianti di distribuzione di acque irrigue consortili già realizzati o di prossima realizzazione;

g) i siti d'invaso esistenti o quelli di potenziale realizzazione in forza di una positiva valutazione di fattibilità tecnica;

h) i boschi, le foreste e la vegetazione non boschiva.

3. La Regione, le province e i comuni, nell’ambito delle rispettive competenze e in cooperazione con le comunità montane, i consorzi di bonifica e le autorità di bacino, provvedono alla corretta gestione delle risorse di cui al presente articolo ed in tal senso contribuiscono:

a) a tutelare e valorizzare i territori rurali secondo la loro specifica caratterizzazione agraria e paesaggistica;

b) a sostenere le colture agrarie e le attività forestali sostenibili quali elementi che contribuiscono al valore del paesaggio rurale;

c) a contenere e prevenire l'erosione del territorio toscano e a ridurre i rischi di esondazione e di incendio;

d) a garantire adeguati livelli di irrigazione attraverso modalità alternative al prelievo sotterraneo che contribuiscano a salvaguardare le falde da eccessivi emungimenti e da fenomeni di degrado (quali la salinizzazione);

e) a contribuire a mantenere un alto livello di biodiversità;

f) a favorire una corretta regimazione delle acque.

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4. Gli strumenti della pianificazione territoriale e gli atti del governo del territorio, considerano gli ambiti rurali a bassa densità insediativa come elemento di qualità in quanto tessuto connettivo di grande rilevanza ambientale e paesaggistica, e come tale, anche in base a quanto specificamente previsto al riguardo nel Piano regionale di azione ambientale, non suscettibile di trasformazioni urbanistiche che ne sminuiscano la rilevanza e la funzionalità sistemica rispetto alle risorse essenziali del territorio.”

Andando a cercare poi dei riferimenti all’apertura di cave, che comunque non viene mai citata, ci sovviene l’art. 23 dove si precrive che “Nuovi impegni di suolo per usi diversi da quelli agricolo-forestali, ritenuti ammissibili ai sensi dell’articolo 21, comma 1, e fermo il disposto del comma 3, debbono comunque concorrere alla tutela ed alla riqualificazione degli insediamenti esistenti.”

Al fine di controargomentare è qui necessario sintetizzare e commentare quanto riportato dal PIT.

Anzitutto va detto che l’area in questione è decisamente inquadrabile nella tipologia di paesaggio che la scheda del PIT propone per l’Ambito Valdera. È altresì vero che questa tipizzazione non va intesa come il modello per la cristallizazione di una situazione idealizzata. Ed a tal proposito ci viene in aiuto la disciplina di piano del PIT che ci dice quali interventi sono consentiti, ed in che modo gli atti di pianificazione territoriale devono normare al fine di mantenere la configurazione di “paesaggio collinare” così come definita dal PIT.

Anzitutto occorre che gli atti di pianificazione territoriale come il PAERP verifichino la funzionalità strategica degli interventi, poi la loro efficacia di lungo periodo, quindi la congruità funzionale con le finalità dei “metaobiettivi” di cui ai paragrafi 6.3.1 e 6.3.2 - cioè, nel nostro caso, con il secondo che si propone di “sviluppare e consolidare la presenza industriale in Toscana”, soprattutto puntando sull’innovazione e le migliori tecnologie - infine la coerenza degli interventi con i sistemi funzionali individuati al capitolo 7 del documento di PIT.

Occorre a tal punto tenere presente che il PAERP non è uno strumento di pianificazione autonomo, in quanto prende le mosse ed è fortemente orientato dal PRAER che ne rappresenta la fase di indirizzo regionale. Con l’approvazione del PRAER diamo quindi per assodato che l’individuazione di cave sul territorio sia funzionale e strategica alla pianificazione del PIT la cui approvazione è precedente, che la disseminazione sul territorio sia un valore nella ottica della riduzione dell’impatto ambientale che i trasporti di inerti hanno, che il piano abbia efficacia di lungo periodo, in quanto basato sulla valutazione del fabbisogno di inerti su di un arco di tempo decennale e sull’adozione di norme tecniche volte ad ottimizzare il ripristino dei siti di cava. Le stesse norme tecniche del PRAER, peraltro riprese e ulteriormente dettagliate dal PAERP, vanno nella direzione di sviluppare un’industria che, seppure di per sé non presenti caratteri di innovatività, ma è comunque indispensabile all’economia regionale, può essere indotta ad adottare tutte le migliori tecnologie disponibili. Infine, tra gli strumenti di pianificazione correlati al capitolo 7 del PIT con i vari sistemi funzionali, la pianificazione delle attività estrattive è assente.

Del resto, non possiamo intendere la conservazione del paesaggio come la fossilizzazione di una situazione esistente, ed il comma 3 dell’art. 21 ci sovviene in ciò, sottolineando che ciò che va tutelato è la

“persistenza della qualità del patrimonio paesaggistico”. Dal punto di vista morfologico questa prescrizione si declina con la individuazione di siti che possano essere cavati, arretrando il versante, e mantenendone il profilo logitudinale parallelo a se stesso, aumentando la pendenza fino a valori compatibili con quelli del paesaggio circostante. Tutta la normativa tecnica del PAERP peraltro è funzionale a queste scelte progettuali che sta comunque al Comune far adottare. Anche in questo quindi il PAERP è nel suo complesso conforme agli indirizzi del PIT.

Tutte le direttive di cui all’art. 22 infine sono ampiamente ottemperate dai criteri di redazione del PAERP, adottati all’atto dell’avvio del procedimento, ai quali il progetto di PAERP del II stralcio si è rigorosamente attenuto, in particolare per quanto riguarda la salvaguardia dei boschi di pregio, delle falde acquifere, dei depositi alluvionali in quanto funzionale al contenimento dell’erosione fluviale.

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Il Comune invita quindi a confrontare le previsioni del PAERP con i contenuti degli artt. 15 e 17 del PTC.

L’art. 15 definisce invarianti per il territorio rurale, nel Sistema delle Colline Interne e Meridionali le seguenti:

1. la funzionalità idraulica la qualità e la diversità del paesaggio;

2. la funzione produttiva delle aree ad esclusiva funzione agricola e l'esclusività della funzione agricola delle aree gravate da diritti d'uso civico esistenti;

3. la funzione ecologica per la conservazione degli habitat, delle flora e della fauna selvatica, della rete costituita dalle Riserve Naturali, dalle A.N.P.I.L., dai Siti d'importanza Regionale (S.I.R.), dai boschi, dalle formazioni vegetazionali lineari, dalle acque e dalle aree di pertinenza fluvio lacuale del sistema idrografico, in particolare del Fine, del Cecina, e dei principali affluenti, degli affluenti in sx dell'Arno, del Cornia, del lago di S.Luce, da particolari sistemazioni agrarie (muretti a secco), dalle grotte, dai pascoli e dalle radure, dalle Oasi faunistiche e dalle aree di ripopolamento e cattura, e più in generale, dalle aree agricole;

4. la funzione agricola/culturale/ricreativa/residenziale/turistico-ricettiva espressa dai territori collinari (risorse floro-faunistiche, miniere, paleontologiche, sentieristica, ritrovamenti archeologici, risorse agro- ambientali, termali ecc.).

5. la funzione culturale e di memoria storica del territorio espressa dai manufatti edilizi di pregio architettonico, storico ed artistico assieme a quelli di valore testimoniale in ambiti rurali a tutela paesaggistica e dal paesaggio;

6. la funzione prioritariamente residenziale ed insediativa per le attività turistico ricettive ed servizi connessi, del patrimonio edilizio in ambito rurale non più utile alla conduzione dei fondi agricoli;

7. la funzione di ricarica degli acquiferi dei paleo alvei del fiume Cecina e dell'Era.

L’art. 16 definisce le prescrizioni per le invarianti di cui all’art. 15 nel modo seguente:

1. per i Piani Strutturali dei Comuni la preventiva individuazione territoriale delle aree agricole, secondo le 5 classi di caratterizzazione economico-agraria descritte agli artt. 25-29 del P.I.T. e dei terreni, suddivisi tra suoli di prima qualità e terreni con particolari sistemazioni agrarie, e la conseguente individuazione delle aree ad esclusiva funzione agricola;

2. per i Piani Strutturali la verifica delle risorse agro-ambientali, il censimento di tutti i fabbricati in ambito rurale, in quanto risorsa primaria per soddisfare il fabbisogno edilizio e la redazione di un catalogo delle tipologie insediative e dei caratteri edilizi dei fabbricati. Il quadro conoscitivo, dovrà essere pertanto comprensivo della individuazione cartografica e dei dati relativi alla consistenza, allo stato di conservazione e uso legittimo in atto del patrimonio edilizio, prioritariamente ai fini del recupero e riutilizzo per attività connesse o integrative dell'agricoltura. I Comuni nel predisporre il quadro conoscitivo del territorio agricolo, nella formazione del Piano Strutturale, individueranno quali aree abbiano eventualmente esclusiva rilevanza sotto il profilo ambientale e per esse detteranno apposite discipline. Esse pertanto non costituiranno più ambito di applicazione della L.R.64/95;

3. Le aree agricole, individuate come aree di interesse ambientale, costituicono ambiti specifici di verifica della eventuale rilevanza naturalistica (habitat, flora, fauna, specificità geomorfologiche) o paesaggistica ambientale da gestire o con una specifica disciplina negli strumenti urbanistici o attraverso gli strumenti previsti dalla LR.n.49/95 e dalla L.394/91.

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4. I Comuni nei Piani Strutturali verificano e/o integrano la rete ecologica proposta dal P.T.C. e definiscono le modalità integrate d'intervento per attuare la tutela degli ecosistemi della flora e della fauna per le specie target prese come riferimento dal P.T.C. Al fine di promuovere, in equilibrio con l'agricoltura di presidio e di tutela del paesaggio, la funzione culturale, ricreativa, residenziale e turistico ricettiva nelle aree collinari i Comuni verificano, integrano ed assumono le risorse segnalate dal P.T.C. (emergenze floro-faunistiche, paleontologiche, minerarie, archeologiche, speleologiche, culturali, insediative, colturali tradizionali, ecc.) ed estendono il quadro conoscitivo a tutto il sistema insediativo sparso nel territorio, redigendo un catasto dettagliato dei fabbricati, (tipologia, consistenza, caratteri edilizi, stato di conservazione ed utilizzo del patrimonio esistente in ambito rurale), ai fini del recupero e riutilizzo anche mediante addizioni ed integrazioni, in quanto risorsa primaria per soddisfare il fabbisogno edilizio, definendo un'apposita disciplina delle trasformazioni.

5. Al fine di promuovere, in equilibrio con l’agricoltura di presidio e di tutela del paesaggio, la funzione culturale, ricreativa, residenziale e turistico ricettiva nelle aree collinari, i Comuni verificano, integrano ed assumono le risorse segnalate dal P.T.C. (emergenze floro-faunistiche, paleontologiche, minerarie, archeologiche, speleologiche, culturali, insediative, colturali tradizionali, ecc.) e redigono un catasto dettagliato dei fabbricati esteso a tutto il sistema insediativo sparso nel territorio rurale, (tipologia, consistenza, caratteri edilizi, stato di conservazione ed utilizzo del patrimonio esistente in ambito rurale), ai fini del recupero e riutilizzo, anche mediante addizioni ed integrazioni, da disciplinare nel R.U., in quanto risorsa primaria per soddisfare il fabbisogno edilizio per usi residenziali e turistico-ricettivi.

6. L'attuazione di previsioni ubanistiche comunali dovrà garantire sempre l'efficace funzionamento della rete di bonifica idraulica.

7. Per i Comuni fluviali (Montecatini V., Riparbella, Montescudaio, Guardistallo, Pomarance, Volterra, Castelnuovo Val di Cecina, S.Luce, Monteverdi M.mo, Terricciola, Peccioli, Capannoli Palaia) costituisce prescrizione la conservazione dei varchi naturali di accesso al corso d'acqua, e delle vedute e la promozione di azioni coordinate per la fruizione a piedi ed in bici delle risorse naturali anche mediante la costituzione di aree protette, di parchi urbani, extra-urbani , parchi sovracomunali.

Anche ad un approfodito riesame delle norme del PTC, non emergono controindicazioni all’inserimento dell’area in questione tra le aree di cava, se non nella misura in cui essa rivesta, negli SSUU di livello comunale una delle fattispecie indicate dal PTC come degne di salvaguardia speciale. E quest’ipotesi non sussiste in quanto, quand’anche ci fosse sfuggito, ci sarebbe stata segnalata dal Comune.

Quanto alla qualità dei terreni, occorre precisare che il PAERP si basa su dati di cartografia geologica che seppur rilevata ad un buon dettaglio, non sono mai sufficienti ad impostare una corretta progettazione, e ciò è molto chiaramente enunciato nelle norme tecniche, così come anche il fatto che il Comune, o il proponente dell’attività estrattiva, prima di procedere alla progettazione deve svolgere accurate indagini geognistiche volte a verificare l’effettiva consistenza del giacimento. Sta quindi interamente nella competenza del Comune autorizzare il piano di escavazione assicurandosi che sia ragionevolmente basato su tali indagini.

Per quanto attiene alla presunta carenza di viabillità il sito è prossimo alla viabilità comunale e la predisposizione di una viabilità adeguata al traffico previsto può essere richiesto dal Comune in fase di autorizzazione del piano di escavazione.

Data comunque la notevole estensione del sito, e la presenza di una frana quiescente nel settore meridionale dell’area, frana che comunque non sarebbe d’impedimento all’attività estrattiva, ma la renderebbe comunque di risultato più incerto ed oneroso, abbiamo ridotto l’estensione del sito.

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1.5.6. Comune di Capannoli

La previsione della destinazione d’uso di un terreno, contenuta in uno strumento di pianificazione, non obbliga di norma il proprietario a svolgervi l’attività prevista, semmai glie ne dà facoltà. Così per il PAERP, un proprietario che non volesse svolgere l’attività estrattiva sul suo terreno è libero di non svolgerla. Se ciò pone un’alea sulla pianificazione poiché può diminuire le volumetrie di materiale inerte previste dal piano e così creare un deficit nel bilancio fabbisogni/disponibilità, è pur vero che quest’alea si somma e si bilancia con altri gradi di incertezza, il più rilevante dei quali è rappresentato dalla stima delle volumetrie, che può essere aumentata o diminuita dalle indagini geognostiche che i comuni, o per essi i soggetti interessati all’attività estrattiva, devono compiere su ogni sito di cava prima di procedere alla progettazione dell’attività estrattiva.

È anche e soprattutto per questo motivo che il PAERP, una volta approvato, è soggetto ad un monitoraggio biennale.

1.5.7. Comune di Palaia

La prima osservazione mossa dal Comune di Palaia riguarda l’impatto paesaggistico che 6 siti di cava avrebbero in un territorio per il quale il PIT pone l’obiettivo di “tutela delle visuali aperte sul paesaggio collinare percepito sia da valle che dai centri abitati collinari”.

Riguardo alla compatibilità del PAERP con il PIT richiamiamo quanto già argomentato rispondendo alle osservazioni del Comune di Peccioli.

Quanto alla tutela delle visuali aperte sul paesaggio, occorre dare il giusto peso a questo obiettivo. È ovvio infatti che qualunque porzione di territorio offre una sua visuale, magari se non verso centri abitati, quasi sempre verso il fondovalle. Se la tutela del paesaggio dovesse escludere tutte queste aree da pianificazione di attività estrattiva, quasi certamente non riusciremmo a raggiungere il pareggio di bilancio tra fabbisogno di inerti e disponibilità di risorsa.

Inoltre le osservazioni di tipo paesaggistico alla pianificazione delle attività estrattive sembrano dare per scontato che l’apertura di una cava sia un inevitabile e perennne vulnus al georgico paesaggio della collina toscana. È bene invece sottolineare, soprattutto ai Comuni che sono i responsabili del controllo dell’attività estrattiva, che il rispetto delle norme tecniche del piano da parte dei gestori delle cave ed una attività condotta per lotti successivi, consentono di ottenere una restituzione parziale dell’area all’aspetto pristino già prima della conclusione dell’attività estrattiva.

Entrando nel merito della visibilità dei siti individuati possiamo dire che certamente quelli di Case Paralesi e Calvano saranno visibili da buona parte dell’abitato di Peccioli, e Selvatelle, ma certo non si può dire che sfigureranno l’orizzonte. Anzitutto l’ampiezza che occuperanno dal pinto più vicino (l’abitato di Peccioli) si aggira sui 10°. In secondo luogo la visuale da Selvatelle, nella direzione delle due cave non spazia esclusivamente sul panorama collinare tipizzato dal PIT, ma abbraccia in gran parte la piana dell’Era, con i suoi insediamenti non propriamente georgici (es. centrale fotovoltaica). Da ultimo, va fatto presente che le pareti naturali di sabbia, alle quali, da un punto di vista paesaggistico una cava di sabbia può essere assimilata, caratterizzano il paesaggio della zona. Anche se il PIT non ne fa menzione infatti, chi frequenta la Valdera, non può non avere negli occhi la visuale della parete naturale di sabbia immediatamente a sud di Fabbriche di Peccioli, tanto per citarne una delle più visibili.

Venendo poi ai siti di cava localizzati in val di Chiecina, la loro visibilità è limitata ad una porzione della valle. Cercare siti ancora meno visibili significa spingersi in vallecole minori, generalmente di difficile accesso, e con maggiori problematiche geomorfologiche.

Il sito di Val di Pulia presenta la favorevole caratteristica geomorfologica di costituire un dolce rilievo isolato, che presenta quindi molti meno problemi di recupero funzionale. Escludere la piccola (circa 1 ha)

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porzione di area boscata significa inficiare la possibilità di un agevole recupero funzionale. Escludere del tutto l’area, significa allontanare ulteriormente dal Valdarno (che ne è sprovvisto) i siti di approvvigionamento di inerte.

Il bosco di Castellaccio, pur classificato come trasformabile dal PTC, è stato piantato con finanziamento pubblico e pertanto è vincolato. Abbiamo quindi espunto il sito dei Castellaccio e aggiunto un sito analogo (Cambiati) localizzato sempre sul versante sinistro del Torrente Chiecina, poco più a monte.

1.5.8. Regione Toscana- Settore Infrastrutture di trasporto strategiche e cave nel governo del territorio La Regione Toscana – Settore Infrastrutture di trasporto strategiche e cave nel governo del territorio, ha inviato con lettera prot. n. AOO/GRT/77132/L.20.50 delle osservazioni al progetto di PAERP II stralcio, che possono essere sintetizzate come segue:

1. La normativa regionale non prevede l’approvazione del PAERP per stralci

2. Alla Regione non sarebbe stato comunicato l’avvio del procedimento né l’adozione del I stralcio;

3. L’approvazione per stralci provoca uno squilibrio nel territorio che, fino a compimento di tutti gli stralci è in parte è sempre soggetto alla pianificazione previdente, e in parte alla nuova;

4. il termine “Cave e Bacini estrattivi” utilizzato dalla Provincia è inappropriato alla terminologia utilizzata dal PRAER e potrebbe ingenerare confusione;

5. la categoria delle “Riserve”introdotta dal PAERP potrebbe anch’essa generare confusione anche perché “Le aree di giacimento costituiscono per definizione le zone entro cui poter delimitare di volta in volta , la Prescrizioni Localizzative.”

6. La Provincia di Pisa non ha rispettato il dimensionamento del fabbisogno di materiale inerte indicato nel PRAER;

7. il monitoraggio generale delle attività estrattive è svolto dagli uffici regionali ai quali la Provincia può ricorrere invece di “gravare” (sic) sui compiti dei Comuni;

8. Spetta al Comune l’individuazione dei casi in cui, per il rilascio dell’autorizzazione per l’attività estrattiva risulta necessaria la formazione di un Piano Attuativo o la costituzione di un consorzio di imprese;

9. la Regione ritiene non sia compito del PAERP stabilire quali professionalità possano essere competenti al fine della redazione dei progetti di ripristino ambientale;

10. non viene fatta menzione delle modalità di recupero definite dal PRAER;

11. la Regione richiede un chiarimento del comma 2 art. 9 delle NTA del PAERP;

12. la Regione eccepisce che gli approfondimenti del quadro conoscitivo delle zone di reperimento dei materiali ornamentali storici spettino alle Province;

13. l’art. 13 delle NTA del PAERP non risulterebbe in linea con l’art. 186 del D.Lgs 152/2006.

Punto per punto rispondiamo così.

1. La scelta di approvare il PAERP per stralci funzionali è stata una fatta dal Consiglio Provinciale con l’obiettivo di non appesantire eccessivamente l’iter procedurale di elaborazione, adozione e approvazione del piano. La scelta di operare in questo modo è stata valutata alla luce delle disposizioni contenute nella normativa regionale vigente in materia di formazione ed approvazione degli strumenti di governo del territorio. È vero che il disposto normativo non prevede la possibilità di procedere per stralci; purtuttavia non lo vieta espressamente…quod non dixit, dicere non voluit. La procedura pertanto si deve ritenere

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pienamente ammissibile e non in contrasto con la normativa vigente. Per quanto riguarda l’osservanza dei disposti per la formazione e approvazione del piano di cui agli articoli 15, 16, 17 e seguenti della LR del 03/01/2005 n. 1, sono stati pienamente rispettati i contenuti previsti nella normativa vigente.

2. La comunicazione dell’avvio del procedimento di formazione del PAERP non è stata trasmessa alla Regione per un disguido interno, mentre sia l’invito alla conferenza dei servizi che preludeva all’adozione (con allegato progetto di piano)1, sia la comunicazione dell’avvenuta approvazione2. Gli uffici regionali hanno pertanto avuto modo di essere informati sui contenuti del documento di piano in fase di elaborazione ed hanno pertanto avuto la possibilità di esprimere il proprio motivato parere in merito. La Regione non ha tuttavia ritenuto di dovere eccepire alcunché su questioni procedurali che allora erano poste tali e quali come adesso, appare, tardivo illogico e pretestuoso che avvengano in questa sede, dopo che il primo stralcio è stato già approvato.

3. Le condizioni di disomogeneità lamentate dalla Regione consisterebbero tra l’altro nel fatto che le NTA del PAERP sarebbero più vincolanti per le aziende di quelle del previgente PRAE. A ben leggere tuttavia, appare evidente che le NTA del PAERP non comportano alcun elemento di novità rispetto a quanto già previsto dalla normativa regionale che disciplina ad oggi la complessa materia delle attività estrattive3. Il dettaglio puntuale contenuto in alcuni articoli oltre ad essere una specificazione di quanto prescritto dalle leggi vigenti in termini di contenuto tecnico e di approfondimento progettuale, vuole essere un contributo per tutti coloro che devono gestire le funzioni che la legge regionale attribuisce loro, derivante dall’esperienza pluriennale acquisita sul campo. Si ritiene pertanto che tali specificazioni non determineranno alcun aggravio da un punto di vista economico per le aziende né potranno determinare condizioni di disomogeneità normativa tra i comuni in cui è ancora vigente il PRAE e quelli in cui il PAERP è già stato approvato, né si ravvisano ripercussioni che potrebbero causare una diminuzione della concorrenzialità degli operatori che si trovano a lavorare i regime di PAERP rispetto a quelle che ancora operano in regime di PRAE. Non è chiaro inoltre quali dovrebbero essere gli effetti che le norme di piano avrebbero sulle procedure urbanistiche di adeguamento degli strumenti di pianificazione territoriale o degli altri atti di governo del territorio, normata con legge regionale L.R.T.

3/2005, in quanto i relativi contenuti riguardano esclusivamente la fase di predisposizione, di approvazione e di attuazione del progetto di coltivazione. Inoltre la suddivisione territoriale degli stralci segue grossomodo le aree di approvvigionamento degli impianti di lavorazione e commercializzazione del materiale inerte. Le cave del I stralcio, in altre parole, assai difficilmente vendono materiale a impianti o clienti diretti degli altri stralci, e difficilmente la normativa temporaneamente difforme potrà creare squilibri nella corretta concorenza tra operatori di diversi stralci territoriali. Che dire poi della difformità di normativa

“transfrontaliera”. Quandanche il PAERP della Provincia di Pisa fosse approvato in soluzione unica, nessuna norma garantisce che contestualmente siano approvati i PAERP delle province limitrofe. E anche se la normativa regionale indirizza le province

1Prot. n° 102895/9.4.5 del 13 aprile 2010, indirizzata a. Regione Toscana Settore Infrastrutture di trasporto strategiche e cave nel Governo del Territorio; Att.ne Stefano Agati Via di Novoli, 26, 50127 Firenze.ricevuta dalla Regione il 15 aprile 2010 con RR n° 133561070381.

2Prot. n° 20138/9.4.5 del 21 gennaio 2011, indirizzata a Regione Toscana Settore Infrastrutture di trasporto strategiche e cave nel Governo del Territorio; Att.ne Stefano Agati Via di Novoli, 26, 50127 Firenze ricevuta dalla Regione il 27 gennaio 2011 con RR n° 14170333622

3LR 78/98 e smi e DGR 138/2002 “Istruzioni tecniche per la formulazione delle domande di autorizzazione all’esercizio dell’attività estrattiva e per la redazione degli elaborati di corredo (ai sensi dell’art. 12 comma 4 della l.r.78/1998) e per la comunicazione del trasferimento dell’autorizzazione (ai sensi dell’art. 14 comma 3 della l.r. 78/1998)”

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all’autosufficienza, sappiamo benissimo che il materiale inerte attraversa facilmente le frontiere e nessuna norma lo impedisce.

4. A livello cartografico le sole differenze sostanziali rispetto al PRAE riguardano la perimetrazione delle aree di Giacimento e di Risorsa, che sono state apportate in fase di elaborazione del PAERP. Al fine cioè di colmare una lacuna lasciata dal PRAER che, con tutta evidenza non aveva preso in rassegna l’intera consistenza litologica del territorio per definire le risorse, che infatti erano situate a spot, escludendo aree di sicura presenza di risorsa, la Provincia di Pisa, potendosi giovare in questa operazione di una carta geologica rilevata di recente alla scala 1:10.000 con criteri omogenei su tutto il suo territorio e restituita in formato vettoriale GIS, ha ridefinito risorse e giacimenti, anche al fine di individuare nuove “Prescrizioni Localizzative” idonee a bilanciare i fabbisogni con i giacimenti individuati dal PRAER che erano acciò qualitativamente e quantitativamente del tutto insufficienti, come è stato ampiamente argomentato nella relazione tecnica del I e del II stralcio. Il perimetro delle aree è stato rivisto in modo da delimitare al meglio al suo interno la risorsa geologica affiorante. Si è inoltre provveduto alla eliminazione di quelle aree nelle quali, nelle more tra la redazione e l’approvazione del PRAER (4 anni), la risorsa è stata esaurita.

Altri motivi di “disomogeneità” non se ne ravvisano. La relazione tecnica del piano si limita a definire e a specificare i fabbisogni reali di materie prime e ad individuare nel territorio provinciale le aree di possibile reperimento, compatibilmente ai vincoli ed alle limitazioni d’uso del territorio derivanti da atti provinciali di pianificazione e di governo del territorio.

Sarebbe pertanto opportuno che la Regione specificasse, qualora ve ne fossero, queste disomogeneità, in quanto la loro non esplicita individuazione, lascia dubbi e genera incertezze nella corretta lettura ed interpretazione del senso letterale delle osservazioni, con evidente imbarazzo nella definizione delle opportune modifiche da apportare al fine di armonizzare il documento del PAERP con la normativa regionale. Peraltro ancora più imbarazzo è generato dal fatto che queste osservazioni arrivano a I stralcio già approvato, non avendo la Regione fatto osservazioni né in fase di preadozione, né in fase di adozione.

5. Le riserve, per spiegare ulteriormente la loro funzione, sono nient’altro che “Prescrizioni localizzative” come le altre, tranne per il fatto che i comuni potranno autorizzarvi la attività estrattiva solo nel caso in cui il monitoraggio biennale ed il conseguente ricalcolo della disponibilità di materiale inerte alla luce degli approfondimenti geognostici che comune o privati dovranno svolgere rivelasse un deficit nel bilancio. La previsione di riserve limita quindi la necessità di ricorrere a varianti per inserire nuove “Prescrizioni localizzative”.

6. Il PRAER ha stimato la produzione di inerti per il periodo antecedente alla sua redazione, sulla base dei consumi di energia elettrica del comparto estrattivo, e ha verificato questa stima sulla base dei dati reali di produzione di inerti rilevati dai Comuni per il solo anno 2000. Per il periodo 1990-1999 il trend della produzione rivela una dinamica in costante contrazione per la maggior parte dei materiali estratti. Si è estratto di meno rispetto agli anni precedenti in tutto il periodo di attuazione del Piano Regionale delle Attività Estrattive 2000. Tale tendenza è avvalorata da una riduzione di quasi un terzo dei consumi di energia che lascia ipotizzare una analoga dinamica della produzione estrattiva di materiali per costruzione della regione nell’arco del decennio. I dati sui consumi energetici riportati nel PRAER indicano una situazione ben correlata ai cicli economici, con la scarsità di risorse destinate ad opere pubbliche e con le difficoltà di tutto il settore produttivo fino alla seconda metà del 1998.

Una simile tendenza rappresenta un importante riferimento che, sulla base della stima delle quantità estratte in cava nel periodo pregresso, ha permesso ai redattori del PRAER di ipotizzare l’andamento della domanda di inerti per il futuro periodo di validità del piano. Il PRAER ha stimato poi il fabbisogno di materiali inerti di cava del Settore I basandosi sulla complessiva domanda del comparto delle costruzioni (edilizia residenziale e non, opere

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pubbliche e recupero edilizio) definita sulla base dei dati Istat. Nel PRAER è stato quindi predisposto uno schema di previsione dei fabbisogni annui per il periodo di validità del piano 2002-2012 per l’ambito provinciale di Pisa, sia per quanto riguarda gli inerti di pregio da costruzione, sia per quanto riguarda il fabbisogno totale di inerti. Tale previsione indicava una sostanziale stabilità dei fabbisogni nel lungo periodo con un periodo di costante ripresa della domanda, soprattutto negli anni 2003-2007, che si sarebbe concretizzata nella crescita del fabbisogno per la fine del periodo di validità del piano. Per ritardi imputabili solo in parte minore alla Provincia di Pisa, la redazione del PAERP è giunta 7 anni dopo quella del PRAER. Anche se nel mezzo non ci fosse stata la crisi mondiale, il buon senso avrebbe comunque imposto una revisione delle stime di fabbisogno. La verifica è stata basata sull’indiscutibile principio del “verum quod factum”. Poiché infatti la stima del PRAER era stata fatta sulla domanda di inerti nel settore delle costruzioni, abbiamo confrontato quello che aveva previsto il PRAER su quello che è successo davvero nel quinquennio 2004-2009. In estrema sintesi in provincia di Pisa nel periodo 2004/2009 si è costruito per un volume complessivo pari a 8.697.984 m3 a fronte di una previsione del PRAER per lo stesso periodo di 14.132.430 m3. Nel quinquennio 2004-2009 si sarebbe pertanto costruito il 40% in meno del previsto. Poiché il dimensionamento del PRAER è stato tutto basato su tale dato è del tutto ragionevole ipotizzare che anche la domanda di inerti sia stata proporzionalmente minore. La conferma di questo deriva dalla osservazione che molte cave del PRAE non sono ancora sfruttate e che le cave in cui l’attività risulta essere da tempo avviata hanno visto rallentare l’attività fino alla completa sospensione per mancanza di commesse. In molte aree il progetto di coltivazione è ancora ben lontano dall’essere completato. Alla luce delle considerazioni precedenti la decisione della Provincia di Pisa di ridurre di oltre il 40% i volumi del fabbisogno previsto nel dimensionamento del PRAER appare comunque cautelativa nei confronti della disponibilità di materiale, ed il richiamo della Regione appare più legato ad un rispetto formale degli atti che all’esigenza di governare il territorio per quelle che sono le sue reali necessità. Del resto il rispetto dei volumi indicati nel fabbisogno del piano regionale avrebbe rappresentato un obiettivo estremamente gravoso per il territorio provinciale, in termini di nuove previsioni localizzative da individuare o di ampliamenti da realizzare nelle aree esistenti. La moltiplicazione delle aree di previsione estrattiva, oltre a determinare la formazione di un piano eccessivamente e inutilmente sovradimensionato rispetto alla reale entità dei fabbisogni, avrebbe causato una diffusione a macchia di leopardo delle previsioni estrattive e probabilmente avrebbe incentivato un incremento delle domande autorizzative da parte di privati interessati all’investimento di risorse nel settore estrattivo, senza una reale esigenza di mercato. Pertanto appare immotivata l’osservazione contenuta nella nota nella quale viene ribadita la necessità del rispetto del Dimensionamento del PRAER, avendo dimostrato sulla base dei dati raccolti nella fase di verifica ed approfondimento del quadro conoscitivo, della sovrastima dei fabbisogni per l’ambito provinciale relativamente al periodo 2003/2012 per la Provincia di Pisa. Il piano cosi definito consentirà agli operatori di settore una ampia possibilità investimento nelle aree di previsione estrattiva individuate da PAERP. Le aree individuate sono state vagliate sulla base dei dati geologici più aggiornati disponibili e di verifiche sul campo a garanzia di una reale presenza della risorsa lapidea è, salvo comunque i necessari approfondimenti di dettaglio, in modo da evitare di ripetere gli errori commessi nel passato nella perimetrazione delle previsioni estrattive.

7. La norma che prevede la richiesta di dati specifici sulla attività estrattiva ai comuni, financo agli elaborati progettuali, persegue proprio la finalità opposta a quella di gravare inopportunamente sugli uffici comunali. Questi infatti, soprattutto nei piccoli comuni, nei quali peraltro si concentrano per ovvie ragioni di disponibilità territoriali le cave, non hanno

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