4- L A T RADUZIONE E LO S TILE
Questo capitolo vuole analizzare in maniera concisa lo stile usato da Dan Gunn in The Emperor of Ice-Cream. Quest’analisi viene svolta attraverso la traduzione di diversi, brevi passaggi, poiché come dice Italo Calvino nel suo saggio Sul tradurre del 1963: “si legge veramente un autore solo quando lo si traduce” (CALVINO 2002: 51). Le risultanti traduzioni vengono attentamente esaminate per identificare in quali potenziali problemi stilistici potrebbe incorrere un traduttore italiano lavorando sul libro. Le traduzioni che completano l’analisi stilistica sono state scritte cercando di rispettare il testo originale nella sua interezza, tenendo a mente l’analisi delle tendenze deformanti descritte da Antoine Berman nel suo libro La traduzione e la lettera o l’albergo nella lontananza. Le traduzioni rispettano anche le scelte grafiche preferite dall’editoria italiana.
4.1- S
OVRAPPOSIZIONE DI LINGUEIn The Emperor of Ice-Cream la lingua gioca diversi ruoli importanti. Prima di tutto la lingua e l’accento di Scozia vengono sfruttati per situare il romanzo in un luogo culturalmente e linguisticamente definito, ovvero Edimburgo; per questo sono utilizzate espressioni idiomatiche e ortografie proprie dello Scots. Al tempo stesso la lingua italiana viene usata anche dai membri della famiglia Pezzini per mantenere la propria identità di italiani, anche se a volte questo una linea di demarcazione tra loro e gli scozzesi (Lucia stessa la usa per creare distanza tra sé e i suoi colleghi alla Royal Bank, come viene affermato all’inizio del capitolo 13).
La sovrapposizione di lingue tra inglese e scozzese è particolarmente evidente durante le interazioni tra i Pezzini e gli abitanti di Edimburgo, come si può vedere subito nel dialogo tra Lucia ed Ewan contenuto nel primo capitolo: la parola scozzese lassie viene inclusa nel dialogo e non mancano le alterazioni grafiche per riprodurre l’accento scozzese (tae invece di too, nae invece di no, ye invece di you, ken invece di know [GUNN 2014, 8-9]). I personaggi scozzesi però non sono gli unici a fare uso di termini prettamente locali; Lucia, ad esempio, ricorre più di una volta al verbo to clipe, non presente nel vocabolario inglese e prettamente Scots, che significa fare la spia. Questo dimostra quanto, nonostante la loro ostinazione a voler mantenere una distanza, almeno linguistica, tra loro e gli scozzesi,
nessuno dei ragazzi Pezzini può fare a meno di assorbire parte dell’identità linguistica della Scozia, la loro nuova casa.
Ci sono diverse soluzioni per trattare la sovrapposizione inglese–scozzese in una traduzione del libro in lingua italiana, anche se nessuna soddisfa pienamente. Si potrebbe tentare di conservare la sovrapposizione in due modi: o mantenendo le parole scozzesi, oppure sostituendole con parole riprese da un dialetto italiano. Entrambe queste possibilità sembrano inadeguate, perché mantenere le parole scozzesi durante la narrazione italiana renderebbe il testo meno scorrevole, ed inoltre non risolverebbe comunque il problema dell’annullamento di quelle storpiature delle parole inglesi operate dall’accento scozzese; al contrario, utilizzare un dialetto per rendere la sovrapposizione riuscirebbe a mantenere l’elemento, ma poiché l’accuratezza del contesto sociale (e per estensione linguistico) è uno degli elementi fondanti del romanzo storico, sarebbe davvero fuori luogo avere personaggi dichiaratamente scozzesi che si esprimono, ad esempio, con il dialetto romano.
Alternativamente, si potrebbe decidere di non mantenere la sovrapposizione, appiattendo quindi il testo e rendendolo tutto semplicemente in italiano (anche se preservando eventuali differenze di espressione dipendenti ad esempio dall’estrazione sociale dei personaggi).
Questo comporta la perdita dell’alternanza tra inglese e scozzese, salvo alcuni casi di intraducibilità (come la parola sporran nel capitolo 8 o la parola sassenach nel capitolo 34), ma permette al testo di mantenere scorrevolezza in lingua italiana.
Ecco una proposta di traduzione di un passo tratto dal capitolo 1, tradotto scegliendo di non mantenere la sovrapposizione inglese–scozzese:
‘You dinna dare, cos you’re a lassie.’
‘Lassies can do naughty things too, you know.’
‘Nae chance you’d dare.’
I clenched the missile between finger and thumb, pulled on the pad so the rubber stretched. I still knew I would not let go, only wanted him to disappear and let me get back to my letters. But he wasn’t looking at my aim, rather straight up my skirt. ‘You ken your brother Giulio what’s gone to Italy?’
(GUNN 2014: 8)
« Non ci provi perché sei una femminuccia. »
« Anche le femminucce possono fare i dispetti, sai. »
« Non ci proveresti mai. »
Strinsi la scheggia tra indice e pollice, tirai la toppa per tendere l’elastico. Sapevo che non l’avrei lasciato andare, volevo solo che sparisse per poter tornare alle mie lettere. Però non guardava al punto a cui miravo, guardava dritto sotto la mia gonna. « Quel tuo fratello, Giulio, sai… è in Italia adesso, no? »
Anche la sovrapposizione di lingue tra inglese e italiano è molto evidente nel romanzo:
Lucia, come del resto tutti i Pezzini, fa spesso ricorso a parole in italiano nei dialoghi, specie in quelli con i membri della sua famiglia. Fra i Pezzini è Dario, evidentemente il più filoitaliano della famiglia, quello che ricorre a termini italiani più di frequente. Ci sono spesso scene in cui alcuni scambi di battute sono in italiano, ma uno dei personaggi, in presa diretta, ne fa una traduzione in inglese apparentemente per altre persone presenti nella scena, ma anche evidentemente per rendere comprensibile lo scambio dialogico ai lettori inglesi (ad esempio la lettura di alcuni giornali, o la lettera del console al Fascio fondato da Dario e Giulio).
Mantenere la sovrapposizione di lingue inglese–italiano è in un certo senso più facile e più difficile al tempo stesso: più facile perché il traduttore non deve preoccuparsi della scorrevolezza del testo, visto che le frasi in italiano non sono pensate per essere comprensibili per un lettore inglese; più difficile perché se l’italiano funge da lingua straniera nel testo inglese, in una traduzione italiana essa perde il suo status di lingua altra in quanto diventa la stessa lingua di tutto il testo tradotto. Si possono adottare diverse strategie per cercare di mantenere questa sovrapposizione, a seconda del modo in cui la lingua italiana viene usata all’interno del testo. Quando viene usata la singola parola in italiano, scritta in corsivo all’interno del testo inglese, un traduttore può scegliere di mantenerla lasciandola in corsivo, in modo da evidenziare comunque la natura “altra” della parola, di uniformarla graficamente al resto del testo, facendola scomparire come segno di alterità, oppure, infine, può decidere di usare una versione in dialetto di questa parola, scegliendo in questo caso specifico il dialetto di Maclodio, il paese originario della famiglia Pezzini (o meglio dei dintorni, visto che il paese vero e proprio non è reale, come afferma l’autore del romanzo). L’utilizzo del dialetto per rendere queste parole può essere appropriato, ma è una scelta pericolosa: infatti l’autore stesso ha affermato che in parte la ragione per cui i Pezzini parlano italiano e non dialetto ha a che fare anche con il fatto che la madre volesse che tutti i suoi figli fossero in grado di “speak properly”, non solo l’inglese (come è evidente nel libro) ma anche l’italiano; perciò, far parlare dialetto ai Pezzini significherebbe tradire la caratterizzazione (per quanto nascosta tra le righe) di uno dei personaggi. Le parole italiane più comuni all’interno del testo sono chiacchierata, piazza, camicia nera, bella ragazza, manganello, fascio, vicolo, bambino, uomo moderno, fidanzato, brava; a queste parole occasionali ripetute più volte si aggiungono le locuzioni in
italiano pronunciate da Dario (espressioni come giusto, caspita, mamma mia, capisci), e il motto fascista “credere, obbedire, combattere”.
Ecco una proposta di traduzione di un passo tratto dal capitolo 4. Nella versione si sono apportate alcune modifiche al testo per evitare la ripetizione del sintagma “olio di ricino”; si è inoltre tentato di conservare la sovrapposizione linguistica tra inglese e italiano mantenendo il termine bludgeon.
Giulio ignored the innuendo, thought it was the one part that interested me. ‘Call it a bludgeon or call it manganello, I see no need for wooden clubs if the policies are right.’
‘How else you intending to drive some sense into the Bolshevik skull? Couple of knocks with manganello will work wonders, added to castor oil––faithful olio di ricino––down the throat. […]’
(GUNN 2014: 25)
Giulio ignorò l’allusione, anche se era la parte che più mi interessava. « Che sia un bludgeon scozzese o un manganello italiano, non vedo il bisogno di mazze di legno se le politiche sono giuste. »
« E come pensi di mettere un po’ di sale nelle zucche dei bolscevichi? Due colpi di manganello faranno miracoli se accompagnati da un qualche cucchiaio del nostro buon olio di ricino giù per la gola. […] »
Ci sono situazioni in cui la sovrapposizione fra le lingue si manifesta attraverso le interferenze della sintassi o delle espressioni idiomatiche italiane che vengono letteralmente e goffamente tradotte in inglese. Il discorso inglese risulta così sgrammaticato e storpiato perché mantiene una struttura italianizzata (come accade occasionalmente alle frasi pronunciate dal padre dei ragazzi Pezzini). Ulteriori esempi di questo discorso alterato sono rappresentati dalle frasi pronunciate da Paola e dalle lettere scritte da Valerio; il discorso tenuto dal console italiano di Edimburgo in occasione dell’inaugurazione del Fascio è particolarmente interessante perché Lucia descrive come egli cerchi di accentare il finale delle parole inglesi, alla maniera italiana:
When he attempted his impromptu summary of the past two years, since the Glorious March on Rome, his accent was so strong that only nouns were comprehensible: modernity, nation, patriotism––he even tried to stress the final syllable on prosperity. (GUNN 2014:
40)
Questo particolare passaggio si potrebbe tradurre mantenendo in inglese le parole pronunciate dal console, in modo che il lettore possa almeno intuire la difficoltà del console nel parlare l’inglese (una caratteristica che invece si perderebbe completamente se si traducessero in italiano anche le parole pronunciate scorrettamente dal personaggio).
Ecco una proposta di traduzione di un passo tratto dal capitolo 8, in cui compaiono diverse espressioni a conio sull’italiano pronunciate dal padre dei ragazzi Pezzini. Questo modo di esprimersi è stato reso con un italiano scorretto.
Papà had been working on his questions, for eventually, in Italian, he asked: ‘And how is my dear half-brother Roberto? He has sent you… here?’
Zia Paola was determined to try her English:
‘He always violent old pig. Send me? Never!’
Dario looked disgusted. ‘Don’t play the innocent, Papà.’
‘So you’re here just to… visit us? It’s a very long way. The trains have improved. You’re very welcome. The honour is ours.’ Each semi- detached Papà phrase was more incredulous.
‘You’re here to join the boys’ Fascio?
Something to do with the Ballila parades?’
‘Fascio what is?’
(GUNN 2014: 44)
Papà doveva aver lavorato sulle sue domande perché alla fine le chiese, in italiano: « E come sta il mio caro fratellastro Roberto? Ti ha mandato… qui? »
Zia Paola era determinata a mettere in pratica il suo inglese. « Lui sempre porco violento.
Mandarmi? Mai! »
Dario appariva disgustato. « Non fare l’ingenuo, Papà. »
« Quindi sei qui solo… in visita? È un viaggio molto lungo. I treni sono migliorati. Sei la benvenuta. Siamo onorati. » Papà suonava più incredulo ad ogni frase semi-sconclusionata.
« Sei qui per unirti al Fascio dei ragazzi? Ha a che fare con le parate dei Balilla? »
« Fascio cos’è? »
Per tradurre l’inglese scorretto parlato da Paola e Valerio bisogna invece adottare strategie differenti. Anche in questo caso un traduttore potrebbe scegliere di appiattire il testo traducendo il discorso con un italiano corretto, che però implicherebbe una perdita notevole e che costringerebbe ad apportare delle modifiche anche alla parte narrativa del testo, in cui la narratrice Lucia descrive le difficoltà di Paola con l’inglese. Una scelta forse più appropriata potrebbe essere quella di enfatizzare invece l’elemento narrativo in cui vengono descritte queste difficoltà con la lingua straniera e renderle nella traduzione italiana in un italiano scorretto, non fluido, in modo da riflettere la struttura dell’originale inglese. Una terza opzione potrebbe essere quella di farli parlare in dialetto, tenendo sempre presente le implicazioni sociolinguistiche e stilistiche.
Ecco una proposta di traduzione di un passo tratto dal capitolo 32, tradotto scegliendo di riprodurre l’inglese scorretto di Valerio con un italiano altrettanto sgrammaticato. In questo modo è evidente che si trasforma completamente il personaggio: mentre in inglese Valerio può dare l’impressione di non conoscere una lingua straniera, ma di essere capace di leggere con acutezza la situazione tragica che sta vivendo e le scelte esistenziali
difficilissime a cui si è sottoposto, in una traduzione come quella proposta il personaggio risulta semplicemente ridicolo e goffo.
Dear Lucia,
You surprised I write again one letter more?
Ultimate time. Me pleases to imagine you think still me your friend. You are Italian, you must know what occurs here. The shame, the vergogna, beasts from Inferno. My proper father one of them, we us see never more.
Two weeks ago I escape from my rock in the sea. Yesterday with ceremony I make myself circumcise (remember not pleases you the word). Today I walk with difficulty, but Mamma smiles within me. From now I may properly call me Jew. I not know what will succeed with Hitler on the frontier. We can die, but first some shall fight.
Remember me. Per sempre tuo Valerio
(GUNN 2014: 173-174)
Cara Lucia,
Tu sorpresa che scrivo una lettera ancora?
Ultima volta. Mi piace immaginare tu mi pensi ancora amico. Sei italiana, devi sapere cosa succede qui. La vergogna, le bestie da Inferno. Il mio proprio padre uno di loro, non ci vediamo mai più.
Due settimane fa scappo dalla mia roccia nel mare. Ieri con cerimonia mi faccio circonciso (ricordo non ti piace la parola). Oggi cammino strano, ma Mamma sorride dentro di me. Posso chiamarmi da ora davvero ebreo. Non so cosa succederà con Hitler in frontiera. Possiamo morire, ma prima qualcuno lotterà.
Ricordami. Per sempre tuo Valerio
Il problema della sovrapposizione di lingue si pone anche quando sono i personaggi stessi a mettere in atto un’operazione di traduzione, e soprattutto nel momento in cui questi si fermano per interrogarsi sul significato di una parola italiana. Per tradurre questi passaggi sarebbe opportuno effettuare dei tagli per evitare ripetizioni e duplicazioni dell’elemento italiano tradotto in inglese, ed enfatizzare il fatto che si tratti di una traduzione nella parte narrativa.
Ecco una proposta di traduzione di un passo tratto dal capitolo 5, in cui Giulio tenta la traduzione di una lettera arrivata dal Console. È stato tradotto applicando i tagli necessari in modo da evitare ripetizioni.
‘With the consequence that our Primo Ministro has called the Great Britain Fascio il mio primogenito all’estero, which means…’
Somehow he’d failed to rehearse the translation. ‘How do you say that in English, Giulio?’
« Con la conseguenza che il nostro Primo Ministro ha chiamato il Fascio del Regno Unito il… ehm… » Doveva essersi dimenticato di provare la traduzione. « Come si dice questo in inglese, Giulio? »
« Il mio primogenito all’estero. »
‘My first-born abroad.’
[…]
Giulio scanned the page. ‘It’s on consular letterhead and it begins Egregious Doctor.”
‘That no insult?’ said Mr Taylor. ‘Egregious?’
‘Who’s the doctor?’ said Emilio. ‘Doctor Doctor, I’ve a pain in my leg from all this standing.’
‘Pipe down, Emilio.’ It was Papà, first words he’d uttered since being released. ‘Lots of doctors don’t have stethoscopes, in Italian.’
(GUNN 2014: 32)
[…]
Giulio scorse la pagina. « È su carta intestata consolare e comincia con Egregio Dottore. »
« Non è un insulto? » disse Mr Taylor.
« Egregio? »
« Chi è il dottore? » disse Emilio. « Dottore Dottore, mi fa male la gamba con tutto questo stare in piedi. »
« Buono, Emilio. » Le prime parole dette da Papà, dopo essere stato liberato. « Molti dottori non hanno stetoscopi, in italiano. »
4.2- R
IME,
FILASTROCCHE,
POESIE,
GIOCHI DI PAROLEThe Emperor if Ice-Cream è ricco di rime, filastrocche e giochi di parole, elementi che nella maggior parte dei casi sono introdotti dal personaggio di Emilio. Emilio diventerà professore e poeta, anche se inizialmente il suo utilizzo della parola come arma di difesa, attraverso la rima e l’ironia, sembra essere il suo modo di tener testa alle prepotenze del fratello maggiore Dario.
Le rime ed i giochi di parole creati da Emilio all’interno del romanzo sono innumerevoli.
Lucia narra che “rhyme and alliteration had become Emilio’s chief resource when other quips failed him” (GUNN 2014: 14) già nel terzo capitolo, quando il fratello soprannomina Roma il “colossal Throne of Scone”. Questa sua prima battuta è già molto difficile da tradurre, perché oltre a dover mantenere la rima tra throne e scone, in italiano manca addirittura il secondo elemento: scone infatti si riferisce ad un dolce tipico scozzese, e il traduttore si troverà quindi a dover decidere se sostituirlo (e con quale dolce sostituirlo, soprattutto), oppure se mantenere scone, con il problema di trovare una rima. Nel corso del romanzo le rime di Emilio diventano sempre più complesse, fino ad arrivare alla sua poesia All Saints che Lucia legge durante l’epilogo del libro:
The first wave surprised us both My brother and me, with unholy oil Blacker than evil, voluptuous trove––
The thick world-blood sucked by human toil To tankers, liners, Englishmen’s engines;
For surface smiled benignly from towering deck.
The second tossed us together like apples Dunked in a barrel for tutti i santi.
Three said I could save him if I grappled With life-jacket, silenced his ranting, Avoided the oars of German Herren;
For Moulton’s mayday had left the wreck.
The fourth made him splutter, cold as precious
Ice. He screamed, ‘Save yourself! For me! For the wife!
For future bairns!’ Five distrained us.
Six, on a beam, took his teeth, almost life, If life be allowed to us un-Scots-Protestants;
For they’d dragged us from our homes by the neck.
The seventh snatched him from me, overturned, Submerged, straightened, aliened, apple-cored.
I sharked round his sinking, I screamed At him to float: ‘Live, Giulio!’ I roared, But no echo to the Dago––no ‘Eccolo!’
For I nothing; he gone, he morto, he dreck.
(GUNN 2014: 290-291)
La poesia rappresenta sempre una sfida per un traduttore: se i versi vengono resi parola per parola generalmente si perdono il ritmo, lo schema metrico e la struttura dell’originale, ma per incorporare questi elementi in una traduzione ci si trova costretti a ricorrere a parole e schemi differenti in modo da riuscire a passare lo stesso significato – o, almeno, un significato analogo – rischiando però di perdere l’immagine e la struttura originale.
All Saints è composta da quattro strofe di sei versi ciascuna; i primi quattro versi di ogni strofa presentano uno schema metrico alternato ABAB (1: both–trove, oil–toil; 2: apples–
grappled, santi–ranting; 3: precious–us, wife–life; 4: overturned–screamed, apple-cored–
roared), il quinto verso è sempre libero (engines, Herren, un-Scots-Protestants, eccolo), gli ultimi versi di ogni strofa rimano l’uno con l’altro (deck, wreck, neck, dreck); il metro della poesia è libero, anche se prevalgono tetrapodie e pentapodie. Nella poesia possiamo trovare alcuni versi di particolare interesse: nel verso 5 si può vedere una successione nominale di elementi navali; il verso 16 è spezzato da ben quattro virgole; il verso 21 presenta un’allitterazione (sharked, sinking, screamed); si possono identificare enjambement tra i versi 9-10, 13-14, 21-22. Come buona parte del libro, anche questa poesia è giocata sulla coesistenza tra inglese e italiano: il titolo della poesia, All Saints, è presente all’interno del
testo con l’italiano tutti i santi, e la parola morto si insinua nell’ultimo verso.
Emilio non è l’unico personaggio che mette in atto una serie di giochi di parole.
Occasionalmente Lucia, seguendo l’esempio del fratello, usa delle rime per esprimere la sua opinione sulla politica (ad esempio, quando si parla di raccogliere oro per sostenere lo sforzo di guerra in Etiopia lei commenta: “‘Bubble bubble,’ I muttered, ‘toil and trouble.’”[GUNN 2014: 150]). Tuttavia il gioco di parole più esteso (nel senso che si sviluppa per diverse battute di una scena e perché richiede delle anticipazioni nel testo) viene pronunciato da Giulio al termine del capitolo 10:
‘I’m talking to you, Iscariot. What do you mean by interfering with Giovinezza, it’s no a bloody carol competition. You hear me?’ When Giulio failed to respond, the book was snatched from his hand. ‘And speaking against me in public, me the Treasurer and Founder, your older brother to boot, who’s due some respect.’
‘Is that to jackboot?’
‘What?’
‘Is that, older-brother-whom-I-should-respect, to jackboot?’
‘You taking the micky? Because I’m warning you, we can always do without your type!’
‘What do you mean?’ I moaned ‘his type?
Can’t you see he’s worried about his pal?’ But no one was listening. Giulio was reading his empty hands as if they were a book.
‘Well? Say that again and there’ll be trouble.’
‘What? About the jackboot? It was a joke, Dario. To boot, to jackboot? The Duce’s favorite footwear?’
(GUNN 2014: 59-60)
« Parlo con te, Giuda. Come ti permetti di interferire con Giovinezza, non è mica una diavolo di gara di canto. Mi ascolti? » Quanto Giulio non rispose, il libro gli venne strappato dalle mani. « E poi parlar male di me in pubblico, di me, il Tesoriere e Fondatore, tuo fratello maggiore, quello che in casa porta i pantaloni, e che merita del rispetto. »
« Sono pantaloni alla zuava? »
« Cosa? »
« Quelli che porti, o fratello-mio-maggiore-che- merita-rispetto, sono pantaloni alla zuava? »
« Fai lo spiritoso? Perché ti avverto, possiamo sempre fare a meno di quelli come te! »
« Cosa vuol dire? » gemetti io, « quelli come lui?
Non vedi che è solo preoccupato per il suo amico? » Ma nessuno ascoltava. Giulio leggeva le proprie mani, vuote, come se fossero un libro.
« Allora? Ripetilo e vedi che succede. »
« Cosa? I pantaloni alla zuava? Era una battuta, Dario. Portare i pantaloni, pantaloni alla zuava? I preferiti del Duce? »
Nella proposta di traduzione di questo passo, il gioco di parole tra to boot (un’espressione enfatica) e jackboot (lo stivale della divisa militare) è stato sostituito con quello tra portare i pantaloni (un’espressione colloquiale per indicare una persona autoritaria) e pantaloni alla zuava (il modello di pantaloni che faceva parte della divisa fascista). Quando si è detto che questo gioco di parole richiede delle anticipazioni è perché l’elemento del jackboot
ritorna più e più volte nel corso della narrazione ed è presente già nei primi capitoli. In modo da riuscire a mantenere l’efficacia dell’immagine del gioco di parole, il traduttore dovrebbe sostituire questo elemento con quello dei pantaloni alla zuava in ogni occasione.
4.3- R
EGISTRILINGUISTICIPoiché il romanzo moderno è caratterizzato dalla presenza simultanea di diversi generi testuali e registri linguistici, il traduttore deve essere in grado di riconoscerli per poterli rispettare e riprodurre nella sua traduzione. In The Emperor of Ice-Cream si dovrà tenere conto della parziale natura epistolare del testo (composta dalle lettere che Lucia scambia con la sua famiglia), del linguaggio lirico delle poesie e delle filastrocche di Emilio, del linguaggio giornalistico (riscontrabile nei brani di articoli di giornale letti a voce alta, e dunque incorporati nei dialoghi, dai ragazzi Pezzini), del registro tecnico del gelato (e, occasionalmente, di quello del golf), delle citazioni di personaggi storici e di altre poesie, dei modi di dire e del linguaggio volgare locale.
4.3.1- L’elemento epistolare
La narrazione di The Emperor of Ice-Cream è spesso inframmezzata da lettere: prima di tutto le lettere scritte dall’Italia di Giulio a Lucia, e poi quelle di Lucia a Giulio quando è lei a vedere per la prima volta la sua terra d’origine; ci sono anche le lettere scritte a Lucia da Valerio, più un breve scambio di lettere tra Lucia ed Harry; le ultime lettere che incontriamo nel romanzo sono quelle che Emilio scrive alla sorella dal campo di internamento sull’Isola di Man. Essendo le lettere scritte da così tante “mani” diverse, esse presentano alcune peculiarità stilistiche che un traduttore dovrebbe cercare di rispettare nella traduzione.
La prima lettera che mette in evidenza questa differenza di stile è in realtà una cartolina che Lucia riceve nel capitolo 1, in cui sono riportate frasi di tre autori diversi: la madre dei ragazzi Pezzini, Giulio e Dario. La differenza degli stili e delle personalità di questi personaggi si vede molto chiaramente anche solo dalle scelte linguistiche operate dai tre
“autori”: la madre si esprime con frasi lunghe che ricalcano la struttura italiana; Giulio è più immediato, intento ad esprimere le sensazioni più che a descrivere ciò che vede; Dario scrive solo una frase veloce e quasi tutta in italiano, che ben rispecchia le sue abitudini
linguistiche e il rapporto con la sorella. Ecco una proposta di traduzione del contenuto di questa cartolina, in cui ci si è concentrati sulla resa degli stili differenti; purtroppo non si è riusciti a trovare un modo di mantenere la sovrapposizione di lingue in un modo che sembrasse naturale nella frase scritta da Dario, mentre in quella di Giulio si è cercato di operare un’inversione linguistica: la parte che originariamente aveva scritto in italiano è stata tradotta in inglese.
Dearest child,
This picture post-card shows the cathedral where rest the bones of our beloved Sant’Andrea whose shoulder blade lies in St Mary’s. It gladdens my heart to touch his relics. I hope you are being kind to Papà. Your loving Mamma
Feels like I never saw colours before––all so bright and gay! A presto, your Giulio
Ragazze bellissime, cheap ciggies, si mangia benissimo, caffè straordinario, sole sole sole.
Baci, Dario (GUNN 2014: 7)
Carissima bambina,
L’immagine di questa cartolina riporta la cattedrale in cui riposano le ossa del nostro adorato Sant’Andrea, la cui scapola giace nella chiesa di St Mary. Toccare le sue reliquie allieta il mio cuore. Spero che tu sia premurosa con Papà. La tua Mamma
Mi sembra di non aver mai visto i colori prima d’ora––è tutto così brillante e vivo! See you soon, il tuo Giulio
Ragazze bellissime, fumo praticamente gratis, si mangia benissimo, caffè straordinario, sole sole sole. Baci, Dario
Lo stile di Lucia è immediato tanto quanto quello di Giulio, soprattutto perché la ragazza lo prende a modello per scrivere le sue stesse lettere, anche se forse non ha la stessa eleganza di quello del fratello. Inoltre Lucia, avendo studiato stenografia per la scuola per segretarie, tende ad utilizzare abbreviazioni (ad esempio, usa VV per riferirsi a Valerio) ed alcune particolarità grafiche (ad esempio, scrive & invece di and) che dovrebbero essere mantenute nella traduzione, per quanto possibile. Ecco la proposta di traduzione di alcuni passi della lettera di Lucia che chiude il capitolo 11:
Home for the very first time! Even if home is so small & everyone so poor & there’s such a pong…
Let me confess to you, who never confess: my mind’s a wee bit spinning with VV who saw me off, insisting he never wished to say Addio again. He’s very handsome––all the girls agree––with hazel eyes & a long roman nose.
He works in an office which distributes new
A casa per la prima volta! Anche se casa è così piccola & tutti così poveri & c’è una puzza…
Lascia che confessi, a te che non confessi mai:
mi gira ancora un po’ la testa per VV, che mi ha vista partire e che continuava a dire che non voleva mai più dovermi dire addio. È molto bello––tutte le ragazze sono d’accordo––con gli occhi nocciola & un lungo naso da romano.
Lavora in un ufficio che assegna le case nuove,
housing, but since his father is high up in the Party & since he knows English he was given time off to help us harridans. […]
You know the scene well, but oh the parched barrenness of the land! Zia Lalla & Zia Flavia full amazement and dread that a young woman could travel unaccompanied. Zia L is so fat and hairy & Zia Antonella so devout that I chose to stay with zia F. Strange she never married, attractive as she is.
(GUNN 2014: 66)
ma visto che suo padre è un pezzo grosso del Partito & visto che sa l’inglese gli hanno dato un permesso per aiutare noi ragazze. […]
Conosci bene la scena, ma oh, l’arida sterilità della terra! Zia Lalla & Zia Flavia piene di stupore e apprensione al pensiero di una donna così giovane in viaggio non accompagnata. Zia L è così grassa e pelosa & Zia Antonella così devota che ho scelto di stare con zia F. Strano che non si sia mai sposata, bella com’è.
L’unica lettera riportata delle poche che si scambiano Lucia ed Harry si trova alla fine del capitolo 40, e l’elemento predominante del suo stile pare essere la formalità (forse un riflesso della sua educazione presso il collegio): ad esempio, non usa mai le forme contratte dei verbi, al contrario di tutti gli altri personaggi. È una formalità sottile, che in italiano potrebbe essere resa attraverso scelte lessicali e stilistiche. Ecco una proposta di traduzione della lettera in questione, che tenta di mantenere una certa formalità nel suo modo di esprimersi senza però farlo suonare eccessivamente distaccato o innaturale.
Big family parties with lots of Italian fare and ice-cream, and you feeding the little one––little ones!––with Assunta nodding approvingly and myself bearing no resemblance to the cold and forbidding figure I knew as a father, rather a real and caring person with foibles and weaknesses you have helped me to accept. And all the joyous things we shall do to make these
‘wee yins’ but which would not dare commit to paper in case it falls into hands other than yours.
I can not pretend I am without worries. Your brothers tease me for being so poor in politics, yet everyone feels the darkness gathering. If the Duce is not sensible? If Hitler is not satisfied with his ill-gotten gains? If Stalin wants more than just his share of Poland?
(GUNN 2014: 221)
Grandi feste di famiglia tante pietanze italiane e gelato, e tu che ti occupi del piccolo––dei piccoli!––con Assunta che annuisce con approvazione e io che non ricordo affatto il padre freddo e intimidatorio che ho conosciuto, ma una persona vera ed affettuosa con difetti e debolezze che tu mi hai aiutato ad accettare. E le belle cose che faremo per metterli al mondo, questi piccoletti, ma che non oso descriverti in caso queste carte cadano in mano ad altri.
Non posso fingere di non essere preoccupato. I tuoi fratelli mi prendono in giro perché so poco di politica, eppure tutti vedono percepiscono l’oscurità che si infittisce. Se il Duce non avrà giudizio? Se Hitler non si accontenterà delle sue infami conquiste? Se Stalin vorrà più della parte che gli hanno dato della Polonia?
Emilio ha uno stile molto particolare nelle sue lettere perché la parte in cui si rivolge direttamente alla sorella è breve, mentre preferisce raccontarle le cose come se stesse scrivendo un romanzo anziché una lettera. Questa scelta ben rispecchia il carattere del personaggio, incline ad affidarsi alla letteratura e alla poesia per comunicare. La differenza tra lo stile di Emilio nel momento in cui si rivolge a Lucia e quello in cui scrive il suo racconto dovrebbe essere percepito in una traduzione adeguata del testo. Ecco una proposta di traduzione della sua prima lettera, tratta dal capitolo 48, scritta cercando di rispettare questo distacco.
I don’t know what to say to you, can’t think better than to send you what I have been able to write since it happened.
I should have died along with him. Somehow I did not.
Emilio
…The darkness underwater, the shock of impact running through my body, from feet to skull, so at first I fear I’ve hit a rafter. But no, it’s water all right, I can feel it on the face as I sink… and sink… till the lungs feel fit to burst… before I start to resurface with the life jacket still wedged between my legs. A desperate breath before lungs implode. Carlo?
And Giulio? They must be somewhere here, we all jumped together––but first clear my eyes of the oil.
(GUNN 2014: 262)
Non so cosa dirti, il meglio che posso fare è mandarti quel che sono riuscito a scrivere da quando è successo.
Sarei dovuto morire con lui. Così non è stato, non so perché.
Emilio
…L’oscurità sott’acqua, lo shock dell’impatto che riverbera nel mio corpo, da capo a piedi, tanto che subito temo di aver colpito una tavola.
Ma no, è proprio acqua, la sento sul viso mentre affondo… e affondo… finché i polmoni sembrano esplodere… prima di cominciare a risalire con il giubbotto di salvataggio ben stretto tra le gambe. Un respiro disperato prima che i polmoni esplodano. Carlo? E Giulio? Devono essere qui, abbiamo saltato tutti assieme––ma prima via il petrolio dagli occhi.
4.3.2- Il linguaggio del gelato
The Emperor of Ice-Cream descrive molto spesso il gelato, essendo esso un elemento fondamentale nella storia del personaggio di Giulio. Nel libro il gelato è anche un simbolo;
il modo in cui viene trattato dalla narrazione lo eleva al punto da fargli assumere una connotazione mistica, che si percepisce in particolare ogni volta che è Giulio a parlarne. Le descrizioni che ne fa sono ispirate, molto intense, cariche di elementi sensoriali (soprattutto riferiti al gusto e al tatto, ma non solo), tanto che nella sua recensione Collar the Lot!
(Scottish Review of Books) Theresa Muñoz usa addirittura la parola sensuale per
caratterizzare queste descrizioni: “Hence the keen sense of wonderment in the sensual descriptions of ice cream. Giulio revels in the look and taste of the various flavours as if they are lovers’ bodies”.
Ecco una proposta di traduzione di una delle primissime lodi tessute da Giulio al gelato, contenuta nel capitolo 7. La traduzione ha tenuto conto delle diverse immagini utilizzate dall’autore nella descrizioni, cercando al tempo stesso di rendere l’eleganza dell’originale.
Think of it, Bitter Cherry and Blood Orange so tart it sets the roof of your mouth on fire. Dark green Pistachio. And orange-flavoured chocolate that we call Gianduia. Lemon ice granita, with the lemons grown on the Isle of Capri, picked only hours before with rind so sweet you can chew it like it was candied.
And––have you ever seen a pomegranate? […]
A dull-looking fruit, bit like a turnip. But crack it open and out tumble bright crimson seeds.
Crush to remove the juice, lace into the ice like holy blood.
(GUNN 2014: 39)
Pensaci, Amarena e Arancia Rossa così aspra che dà fuoco al palato. Pistacchio verde scuro. Un cioccolato all’arancia che noi chiamiamo Gianduia. Granita al limone, i limoni coltivati sull’isola di Capri e colti solo qualche ora prima, con una scorza così dolce che puoi assaporarla come se fosse candita. E––hai mai visto è un melograno? […] Un frutto apparentemente scialbo, sembra una rapa. Ma una volta aperto ecco che rivela semi di un rosso intenso.
Schiacciali per estrarne il succo, si amalgama nel gelato come se fosse il sangue di Cristo.
La venerazione di Giulio per il gelato permette a questo elemento di assumere delle caratteristiche simboliche. Il gelato comincia a rappresentare un mondo a parte, una via di fuga da una realtà sempre meno rassicurante, un momento di pace in un mondo in tumulto.
Questa concezione del gelato viene pian piano adottata da tutti coloro che gravitano attorno all’Ice Palace, come si può vedere tanto dalla descrizione che Lucia fa del faro scolpito nel gelato nel capitolo 35. Ecco una proposta di traduzione del passo in questione che tiene conto del lieve cambiamento nel linguaggio di Lucia, avvicinandolo a quello del fratello.
The sea was emerald. Only when sampled did it reveal itself as Pistachio laced with something darker, some liqueur or amaro which evoked the threat of a shipwreck. On top of that lay a rock at least two feet diameter in the darkest of bitter cacaos, with flecks of vanilla foam, sprigs of sugar icing seaweed.
And on the rock, sculpted so every stone was visible, tapering towards the candle on top, was
Il mare era smeraldo. Solo una volta assaggiato si rivelava essere Pistacchio corretto con qualcosa di più scuro, un liquore o un amaro minacciavano il naufragio. Al di sopra c’era una roccia di almeno mezzo metro di diametro del cacao amaro più nero, punteggiata di spuma alla vaniglia, e fasci di alghe di glassa. E sulla roccia, scolpito in modo che ogni pietra fosse visibile, affusolato verso la cima della candela, c’era il
the column of a lighthouse. It looked grey at first, then a sandstone suggesting Hazelnut.
(GUNN 2014: 188)
faro. All’inizio mi era parso grigio, poi di un beige che sembrava Nocciola.
Il linguaggio del gelato non è insidioso per un traduttore solo per via dei cambiamenti di stile che comporta, ma anche per il linguaggio tecnico utilizzato durante la narrazione. Nel capitolo 4 Lucia descrive sommariamente il processo per fare il gelato mentre osserva il fratello impegnato nell’impresa. Il traduttore dovrà informarsi sull’esatta procedura per sapere come descrivere il modo in cui viene usato il salnitro (saltpetre). Dovrà inoltre conoscere la ricetta della custard, base del gelato, che non è una crema qualsiasi, ma una crema particolare fatta senza l’aggiunta di farina e conosciuta in Italia come crema inglese.
Altri termini specifici, più riferiti ai dolciumi che al gelato vero e proprio, si trovano all’inizio del capitolo 18, che è interessante da tradurre anche dal punto di vista stilistico: è scritto come se fosse una lista.
Ecco una proposta di traduzione del passaggio in questione.
Treacle toffees, walnut toffees, aniseed balls, jelly babies, liquorice coils, raspberry boilings, jujubes, chocolate hazelnuts, chocolate buttons, dolly mixtures, fudge squares, butterscotch, sugarplums, marshmallows, hazelnut caramels, snowballs, macaroons. And these were just the
‘frivolities’, as Giulio termed them, distractions from the frozen essentials.
Lists, lists, and more lists. The Palace could not open before sixteen months of lists. I stencilled the sweeties’ names onto gleaming glass jars with silver lids that spun off through a single twist of the wrist. Up on their shelves behind the work-top, with the mirrors reflecting them, they would promise return to a childhood of indulgence few customers had in fact known.
(GUNN 2014: 100-101)
Caramelle mou con e senza nocciole, zuccherini all’anice, orsetti e caramelle gommose assortite, rotelle di liquirizia, sciroppo di lamponi, nocciole ricoperte di cioccolato, dischetti di cioccolato, dolcetti al caramello, sciroppo di caramello, caramello alle nocciole, canditi, marshmallows, tartufi al cocco, macaron. E queste erano solo le ‘frivolezze’, a sentire Giulio, abbellimenti, distrazioni dai gelati veri e propri.
Liste, liste e ancora liste. L’Ice Palace non poteva aprire prima di sedici mesi di liste.
Stampinai i nomi dei dolciumi su sfavillanti vasetti di vetro con coperchi argentei da aprire con un solo svolazzo del polso. Allineati sui loro scaffali dietro al bancone, riflessi negli specchi, avrebbero promesso un ritorno ad un’infanzia dorata in realtà sconosciuta a molti dei clienti.
4.3.3- L’elemento volgare
In The Emperor of Ice-Cream ci sono alcuni personaggi che fanno un uso piuttosto esteso parolacce ed espressioni volgari, sia in italiano che in inglese. Tra tutti spiccano Dario, per
il modo in cui la maggior parte delle sue frasi sono intercalate dagli occasionali fucking e bloody, ed Ewan, che è anche il primo personaggio a introdurre l’elemento dei termini denigratori che venivano rivolti tipicamente agli italiani nei Paesi anglofoni durante la prima metà del ‘900.
Il linguaggio di Dario è quello potenzialmente più difficile da tradurre perché la mancanza di un’intercalare volgare con un uso analogo al fucking inglese non è presente nella lingua italiana, costringendo così il traduttore a dover ristrutturare le frasi di Dario in modo da mantenere l’elemento senza farlo suonare eccessivamente volgare (la volgarizzazione di Berman) né senza eliminarlo del tutto (la nobilitazione di Berman). Ecco una proposta di traduzione del finale del capitolo 19, in cui si può vedere un esempio di questo linguaggio volgare.
‘The one offered by the fucking LIDU––that fuckin Fausto!’
‘Ah, well,’ chirped Emilio from behind the till,
‘if you’d been around then you could have carried her yourself.’ He inspected Dario’s arms and turned up his nose. ‘Or maybe not.’
The blob of ice-cream hit Emilio full on the face. Rather than brush it off, he extended his tongue and slurped appreciatively.
‘You let that ape-man by the door lay hands on my wife? Well? He fucking manhandled her, and you all said nothing?’
‘You cannot be serious,’ smiled Giulio.
‘You’ve a beautiful wee girl. Papà’s first grandchild. You cannot be angry on a day like today.’
‘Don’t be telling me what I’m supposed to feel! I take orders from the Duce, no from some arsehole like you!’
(GUNN 2014: 108-109)
« Quello mandato dalla LIDU del cazzo––quella merda di Fausto! »
« Ah, beh, » cinguettò Emilio da dietro la cassa,
« se tu fossi stato qui al momento giusto avresti potuto portarla in braccio tu. » Esaminò le braccia di Dario e gli dedicò un’occhiata irrisoria. « O forse no. »
Il pugno di gelato prese Emilio dritto in faccia.
Anziché ripulirsi, tirò fuori tutta la lingua e si leccò la bocca rumorosamente.
« Hai lasciato che quello scimmione di un portiere mettesse le mani addosso a mia moglie?
Allora? L’ha sballottata come un sacco di patate, porca puttana, e nessuno ha detto niente? »
« Non puoi essere serio, » sorrise Giulio. « Hai una bellissima bambina. La prima nipotina di Papà. Non puoi essere arrabbiato in un giorno così. »
« Non dirmi cosa dovrei o non dovrei provare! Io prendo ordini dal Duce, non da una testa di cazzo come te! »
L’elemento volgare rappresentato dai termini denigratori rivolti agli italiani rappresenta una sfida più facilmente risolvibile perché l’opzione migliore per il traduttore è quella di non tradurli, principalmente per due motivi: primo, il traduttore dovrebbe approfittare
dell’occasione per mantenere la sovrapposizione linguistica italiano–inglese del testo;
secondo, in italiano non ci sono termini denigratori per parlare degli italiani che abbiano una connotazione analoga. I vari eye-ties, tarries, dagos e wops dovrebbero dunque essere lasciati tali. L’unica eccezione potrebbe essere rappresentata dal termine eye-talians, che potrebbe essere reso con eetaliani (anche un lettore italiano con scarse conoscenze di inglese, infatti, dovrebbe essere in grado di capire che quell’ee debba essere inteso come un’i lunga), poiché sembra voler mettere in evidenza più una pronuncia particolare che un soprannome o un termine denigratorio vero e proprio.
4.3.4- Le citazioni
Oltre ad essere composto da un elemento di natura epistolare, The Emperor of Ice-Cream è spesso arricchito dalla lettura di articoli di giornale fatta dai personaggi stessi, perciò anche il linguaggio giornalistico diventa parte integrante della narrazione. I giornali riportati più spesso sono lo Scotsman, da cui Giulio legge i primissimi articoli riguardanti la marcia su Roma già nei capitoli iniziali del libro, e L’Italia Nostra, a cui la famiglia si abbona non appena iniziano i lavori per la creazione del Fascio. C’è inoltre un terzo giornale che non viene nominato da cui Giulio legge la notizia dell’entrata in guerra dell’Italia nel capitolo 42. Non si tratta de L’Italia Nostra perché Lucia dice che gli editori sono ritornati in Italia nel capitolo precedente, ed inoltre è scritto in italiano perché Giulio traduce l’articolo in inglese a beneficio di Harry e Dorothy. Per tradurre queste letture un traduttore dovrebbe quindi rifarsi ad articoli analoghi in modo da utilizzare il registro giornalistico utilizzato in quel periodo.
Ecco la proposta di traduzione del primo articolo pubblicato sullo Scotsman riguardo alla marcia su Roma, letto da Giulio alla famiglia nel capitolo 3:
Yesterday, accompanied by some two thousand of his most loyal supporters, the Italian sometimes revolutionary Mr Benito Mussolini marched upon the capital to claim power. The move comes at the conclusion of crippling strikes, governmental inertia and months of national unrest.
(GUNN 2014: 16/17)
Ieri, alla testa di circa duemila dei suoi più leali sostenitori, Benito Mussolini, un italiano che si è dimostrato un rivoluzionario in determinate occasioni, ha marciato nella capitale per reclamare il potere. Questa è un’azione che chiude una serie scioperi paralizzanti, inerzia del governo e mesi di disordini a livello nazionale.
Non è sempre necessario tradurre ex novo sempre tutti i passi tratti da articoli. A volte vengono citati nei giornali in traduzione inglese i discorsi di Mussolini, come nel caso della dichiarazione di guerra il giorno 10 Giugno del 1940. Qui è più corretto utilizzare la dichiarazione originale. In modo analogo, quando ci si trova di fronte a un passo di un autore canonico della letteratura inglese, come nel caso della citazione di versi della Rime of the Ancient Mariner di Samuel Taylor Coleridge, usata da Emilio per prendere in giro Dario durante il capitolo 13: il traduttore può fare riferimento a versioni altrettanto note in italiano, come quella di Mario Luzi o di Beppe Fenoglio. Anche le parole di Winston Churchill tratte dal suo libro Britain at War (“Now in the full light of the after-time it is easy to see where we were ignorant or too much alarmed, where we were careless or clumsy.”) e riportate nel prologo di The Emperor of Ice-Cream possono essere rese utilizzando la traduzione esistente dell’opera.
Il discorso contrario, invece, deve essere fatto per tutte le citazioni di personaggi storici di rilievo incluse nel libro che, essendo originariamente in inglese presentano dei problemi di traduzione. La prima fra tutte queste citazioni è il “Collar the lot!” pronunciato da Winston Churchill, che compare nel prologo di The Emperor of Ice-Cream: non ce n’è una traduzione ufficiale, anche se diversi articoli online citano la traduzione di Lorenzo Sani,
“Acciuffateli tutti!”. Tuttavia se l’uso del verbo collar può sembrare in qualche modo degradante perché si riferisce normalmente agli animali, il verbo acciuffare ha una connotazione piuttosto caricaturale in italiano. Le citazioni prese dalla quarta di copertina del libro di François Lafitte e le dichiarazioni del Maggiore Cazalet (sempre riportate nel prologo) non sono mai state tradotte in italiano: il traduttore dovrà dunque tradurle lui stesso, non potendo risalire ad una traduzione preesistente, oppure può scegliere di lasciarle in inglese all’interno del testo, aggiungendo a piè di pagina una nota del traduttore in cui questi riporta una traduzione in italiano della citazione per quel lettore non in grado di comprendere l’inglese. È vero che la nota di traduzione può sembrare fuori posto in un romanzo, ma il recente saggio di Chiara Elefante sull’argomento (Traduzione e Paratesto, 2012) mette in discussione il luogo comune che vede la nota come una “sconfitta del traduttore”. Secondo Elefante, al contrario, la nota è anzi uno spazio che il traduttore può sfruttare anche per rendere esplicite le strategie traduttive adottare e spiegare le scelte di traduzione. Tuttavia il ricorso alla nota a piè di pagina deve essere considerato
attentamente, in quanto la presenza di numeri e asterischi all’interno del testo che rimandano a fondo pagina vanno a “intromettersi nella linearità sintattica del testo, consentendo l’irruzione di un testo secondo che acquisisce, per il tempo della lettura, una priorità almeno relativa” (Elefante 2012: 112), effettivamente spezzando lo scorrere della narrazione.
4.4- I
NTRADUCIBILITÀ ED“
ERRORI”
I termini denigratori che venivano rivolti agli immigrati italiani non costituiscono l’unico elemento che potrebbe essere considerato intraducibile. Altri due esempi che possono rappresentare un’intraducibilità sono la parola sporran, con cui Dario soprannomina Paola nelle lettere che i due si sono scambiati prima che lei arrivasse in Scozia, e il termine sassenach usato di solito in relazione al personaggio di Harry. Queste sono infatti parole tipicamente scozzesi: sporran identifica una specie di borsellino indossato tradizionalmente con il kilt scozzese, mentre sassenach è il soprannome affibbiato agli inglesi dagli scozzesi.
Poiché il traduttore si trova quindi in condizione di non poter tradurre questi termini, si troverà di fronte al problema di come spiegarne il significato al lettore italiano, a cui probabilmente non saranno affatto familiari. Una possibilità è quella di usare la stessa tecnica della nota a piè di pagina, di cui si è detto. Un’altra opzione è quella di aggiungere una frase all’interno della narrazione per spiegare l’elemento (mettendo in atto quella tendenza deformante che Berman definisce allungamento). Infine il traduttore potrebbe decidere di non aggiungere alcun tipo di spiegazione, in nessuna delle due forme, e di lasciare al lettore il lavoro di decifrare i termini.
In The Emperor of Ice-Cream sono presenti delle sviste e degli errori, probabilmente volute dall’autore, in alcune frasi in lingua italiana. Il traduttore si troverà nella posizione di dover decidere se questi errori debbano essere mantenuti o corretti (e, in tal caso, quali di essi debbano essere corretti e quali no). Un esempio è dato dall’errore di ortografia presente nella parola Balilla, che nel romanzo viene scritto Ballila all’interno dei dialoghi dei personaggi, forse per suggerire come la pronuncia inglese del termine possa aver influenzato la loro comprensione della parola; questa teoria è supportata dal fatto che una volta Giulio firma una lettera alla sorella scrivendo baccioni anziché bacioni. Altri errori possono riscontrarsi a livello grammaticale. Nel capitolo 26 Giulio conclude il suo discorso
in occasione del matrimonio di Emilio e Dorothy con “Ladies and gentlemen, signore e signori, let us toast the bride and groom, brindiamo la sposa e lo sposo!” (GUNN 2014:
142); tuttavia questo errore non può essere mantenuto nella traduzione per favorire invece il mantenimento della coesistenza tra inglese e italiano (proponendo una traduzione come
“Signore e signori, ladies and gentlemen, brindiamo alla sposa e allo sposo, let us toast the bride and groom!”). Nella prima lettera, contenuta nel capitolo 12, Lucia scrive che “Zia F was so curious that I told her about my having an innamorata” (GUNN 2014: 67), utilizzando il genere grammaticale sbagliato per riferirsi a Valerio. Questo errore non può essere certo mantenuto direttamente, ma si potrebbe decidere di renderlo con una stranezza nell’italiano, utilizzando una struttura anglicizzata, (ad esempio “Zia F era così curiosa che le ho detto di essere in amore”), oppure usando la parola inglese boyfriend (anche se forse tradurre con “La Zia F era così curiosa che le ho detto che avere un boyfriend…” lo farebbe suonare troppo moderno, visto che la parola viene occasionalmente usata in italiano ora come ora).