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INTRODUZIONE AL SETTORE CONCIARIO

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE AL SETTORE CONCIARIO

L’ arte della concia risale agli albori del genere umano. La pelle animale venne, infatti, ad assumere per l’uomo un significato e un apprezzamento ben diversi da quelli che, perlomeno in prima battuta, l’intuito può riservare agli scarti di macellazione, allorché ebbe a denotarsi quale naturale elemento di protezione del corpo umano dalle intemperie e dall’aggressione degli agenti esterni, oltre a rilevarsi funzionale per svariati altri scopi e applicazioni.

In epoca moderna i processi di lavorazione della pelle grezza hanno subito poi uno sviluppo continuo, grazie soprattutto all’avvento della Rivoluzione Industriale1 e alle continue scoperte nel settore chimico-farmaceutico. Aspetti, questi, che hanno inciso sui processi produttivi in modo talmente radicale da rendere la pelle un prodotto oggi indispensabile e irriducibile per il mercato. Proprio alle due suddette cause si devono il sorgere dei primi stabilimenti industriali, lo sviluppo e le scoperte delle tecniche di concia, la formazione delle maestranze specializzate, la costante crescita del personale tecnico-professionale ed, infine, la creazione dei moderni distretti presenti nel territorio nazionale.2

Con l’evolversi delle modalità di lavorazione, l’industria conciaria è oggi in grado di soddisfare le più disparate esigenze del mercato, grazie a proposte di qualità e soluzioni tecnologiche già di appannaggio della produzione media e, perciò, di certo pregio economico.

Bisogna invero soffermare l’attenzione sulla circostanza che la pelle gode, in via esclusiva, di un particolare attributo merceologico. Infatti, sebbene strappata ad un organismo non più vivente e sottoposta a trattamenti chimici e a sollecitazioni meccaniche, la pelle riesce in ogni modo a mantenersi pur sempre “viva”, conservando il collagene intatto, nel medesimo stato di quando l’animale era ancora vivente. Questa

1

GRASSO G., SANTOPRETE G., DEL PEZZO L., “L’industria della concia e del cuoio”, Giappichelli Editore, Torino 1990.

2

LUCIA CIOLI, RICCARDO PASSERI - “ Analisi strategica e governo delle imprese nel settore conciario: l’area sistema del Valdarno inferiore ” Milani 1995

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peculiarità fa sì che si preservi e sia garantita una salubre traspirazione alla parte del corpo umano, alla quale la pelle viene ad aderire. Una tale caratteristica, nonostante gli sforzi profusi sul piano della ricerca, non si è riusciti minimamente a riprodurre nei prodotti succedanei. Il “successo” dei succedanei involge il solo piano dell’estetica. Non quello della funzionalità, pienamente mancato ancorché obiettivo primario.

Da qui la conferma dell’assenza di valide alternative alla pelle e della presenza necessaria e imprescindibile dell’industria conciaria.

Proprio questa unicità e varietà di utilizzi rende la pelle associabile a più mercati (abbigliamento, calzature, arredamento, pelletteria, ecc.), ma allo stesso tempo si distacca da essi in quanto ha caratteristiche sia estetiche sia prestazionali molto diverse rispetto alle altre tipologie di materiali. Molto spesso la pelle-cuoio rappresenta una sorta di optional, di qualità percepita elevata, nelle proposte che uno specifico mercato offre.

In riguardo al contesto in cui l’attività conciaria si colloca, questo studio si pone l’obiettivo di dimostrare come il nostro paese ricopra un ruolo importante nel mercato mondiale della pelle. Gli sviluppi di mercato che hanno indistintamente caratterizzato tutte le tipologie del pellame, hanno portato negli anni alla creazione di veri e propri distretti industriali.

Uno dei più importanti e noti è indubbiamente quello pisano dislocato tra Santa Croce sull’Arno e i Comuni limitrofi di Castelfranco di Sotto, Montopoli Val d'Arno, San Miniato, Bientina e Santa Maria a Monte in provincia di Pisa e Fucecchio, in provincia di Firenze. Si estende su una superficie territoriale di 330,44 Kmq con una popolazione residente di circa 94.000 abitanti. La popolazione attiva, che comprende gli occupati, i disoccupati e i giovani in cerca di prima occupazione, è di 44.000 abitanti. Merita di essere segnalato, sempre in Toscana, il distretto del Valdarno Inferiore, insediato nell’aretino, mentre altri distretti di un certo livello si trovano in Veneto (Arzignano), Lombardia (Turbigo e Castano Primo) e Campania (Solofra) come illustrato in figura 1.

Il peso del distretto per l’economia territoriale della Provincia di Pisa è evidente, come si evince dai dati riferiti al peso della produzione sulla bilancia del PIL del territorio e dalla percentuale degli addetti dei settori di riferimento rispetto alla forza lavoro complessiva del territorio stesso.

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- Figura 1 - I principali poli produttivi italiani –

Buona parte di questi centri nacquero sfruttando l’asse naturale tra Pisa e Firenze fornita dall’Arno, la cui navigabilità rappresentava un mezzo agevole ed economico per il commercio.

Nello specifico il distretto di Santa Croce non vanta radici storiche molto profonde per quanto riguarda la concia delle pelli o la produzione di calzature. Le prime attività conciarie risalgono alla metà dell’ottocento e fino al dopoguerra del secolo scorso rimangono di carattere esclusivamente artigianale e commerciale. È a partire dal 1970 che inizia il processo di delocalizzazione degli insediamenti produttivi dai centri abitati alle zone industriali. Circa il 45% delle imprese oggi esistenti vede la data di fondazione proprio a ridosso di quegli anni.

Gli anni Settanta videro un forte sviluppo del distretto trainato soprattutto dal boom produttivo dell’industria calzaturiera che vide allargare pesantemente il proprio raggio di commercializzazione anche sui mercati internazionali. La forte interconnessione fra i due settori ha prodotto oltre a periodi di sviluppo anche momenti di crisi reciproche come nel 1980 e nel 1996, infatti il settore conciario non aveva sviluppato una diversificazione degli sbocchi commerciali, in modo da non essere troppo dipendente dall’industria calzaturiera.

Questi fenomeni, funzionalmente parlando, hanno portato il distretto a specializzarsi, creando un prodotto diversificato orientandosi su un mercato di sbocco medio-fine e su fasce di prodotto di moda di alta qualità.

La specializzazione produttiva del distretto è rappresentata dalle industrie delle pelli, del cuoio e delle calzature, le quali occupano ben l’82% del totale degli addetti

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nelle attività manifatturiere. Il distretto si compone di circa 400 concerie e di un numero pressoché equivalente di aziende che lavorano per conto terzi. Il comprensorio è formato da piccole e medie imprese a carattere artigianale per un totale di circa 10.000 persone occupate3.

La chiusura del settore in buona parte dei paesi europei e la flessibilità garantita dalle piccole dimensioni delle imprese dell’area, di fronte ad una domanda sempre più variabile e frazionata, ha permesso al distretto di cogliere importanti occasioni di crescita. Inoltre un altro effetto generato dalla crisi degli anni Ottanta è stato il consolidamento delle realtà produttive. Nel 1980 le società di capitali nel distretto ammontavano solo al 16%, nel 1990 il numero incrementò pesantemente arrivando a toccare il 60%. Questo dato non deve portare a dedurre che parallelamente alla costituzione di società di capitali si sia verificato un aumento delle dimensioni aziendali, esse rimasero pressoché contenute; la ragione alla base di tale processo risiede nella progressiva apertura del distretto conciario verso alcuni mercati esteri, con il conseguente aumento del giro d’affari, piuttosto che per motivi di carattere prettamente fiscale.

* * *

Le aziende conciarie realizzano il 98% della produzione nazionale di cuoio da suola e il 35% della produzione nazionale di pelli per calzature, pelletteria e abbigliamento. Il giro d'affari complessivo delle aziende è di circa 2 miliardi di euro, realizzato per il 60% sul mercato interno e per il 40% all'estero. La metà delle esportazioni è destinata all'Unione Europea.

Negli ultimi anni il distretto ha vissuto un periodo difficile, i consumi calarono pesantemente in tutto il Sud-Est asiatico, e in particolare a Hong Kong dove era destinato il 20% delle esportazioni del distretto. Un calo notevole fu registrato anche in Medio Oriente e in Sudafrica, mentre ressero i mercati statunitensi e inglesi.

A soffrire di più furono le aziende (soprattutto quelle piccole) specializzate nella lavorazione delle pelli, che dovettero sopportare forti cali produttivi (molte fallirono, mentre molte altre versano ancora oggi in precarie condizioni economico finanziare). Il comparto del cuoio da suola invece subì in piccola parte questa crisi, essendo meno soggetto alla volubilità della moda, così come quello dei pellami conciati al vegetale (le

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contrazioni di produzione e fatturato si fermano al 3-4%). I gruppi più grandi e strutturati ressero ancora meglio, riuscendo a diversificare le esportazioni e puntando principalmente su Stati Uniti, Est Europa e Africa settentrionale.

I gruppi aziendali sono ad oggi una minoranza, sebbene i 10 più importanti esprimano il 40-50% della produzione totale del distretto e rappresentino i veri e propri agglomerati di imprese, tra loro collegate e controllate attraverso il possesso reciproco di strumenti partecipativi. Il distretto rappresenta così un forte collante, foriero di energie e sinergie per tutti gli operatori economici, contoterzisti compresi. L'area di Santa Croce sull'Arno gode perciò di queste fitte trame di rapporti tra imprese, vera linfa vitale della singola azienda e dell’economia di tutta quanta l’area.

Nel distretto conciario non si registrano rilevanti fenomeni di delocalizzazione produttiva. Finora, alcuni episodi hanno interessato solo qualche segmento del ciclo produttivo, con talune fasi di lavorazione affidate a terzi, ubicati nei paesi dell’est europeo, soprattutto in Romania.

A scopo puramente informativo il polo calzaturiero è il secondo insediamento produttivo forte della zona. La produzione di questo polo riguarda principalmente le scarpe da donna della fascia medio-fine, fine, e i sandali. Nel distretto locale sono in attività circa 600 aziende, per quasi la metà artigiane (200 i calzaturifici in senso stretto, 400 gli accessoristi). Il fatturato complessivo è stimato in 400 milioni di euro circa (solo per il prodotto finito), mentre l'export (che si riferisce al 70% di quanto prodotto) ha toccato i 300 milioni di euro.

I caratteri di un prodotto e l’elevata concorrenza possono portare a profonde mutazioni in un mercato che, forse per troppo tempo, è rimasto passivo agli effetti propri indotti dalla globalizzazione; è nostra intenzione fornire un quadro descrittivo delle strategie implementabili dalle aziende di un distretto per affrontare le nuove problematiche.

Osservando i dati riguardanti le dimensioni per numero di addetti delle aziende del settore, risulta una netta predominanza della piccola impresa, se non addirittura della microimpresa come realtà fisiologica del settore.

Lo studio si poggerà sull’analisi di un caso reale, descrivendo le caratteristiche di un'impresa produttrice di pelli lavorate collocata in un distretto, dedicando particolare attenzione ai problemi legati al rapporto con l’ambiente. L'area, infatti, è munita di idonei depuratori e di centraline di monitoraggio dell'inquinamento acustico. Sono in atto progetti destinati allo smaltimento dei fanghi conciari prodotti dagli impianti di

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depurazione (che hanno ottenuto anche finanziamenti comunitari), con un investimento di decine di miliardi di vecchie lire, per la loro trasformazione e riutilizzazione.

Permettetemi di affermare che la volontà di stare al passo con i tempi e di fare propri i cambiamenti dettati dalla nostra società ci riserva, porta anche queste realtà aziendali a dare preminenza ad aspetti e questioni prima tralasciati come la concorrenza, gli stakeholders e l’impegno verso l’ambiente e il sociale. Le aziende del settore sono, infatti, oggi chiamate a misurarsi con i mercati emergenti e a relazionarsi direttamente con la clientela, per la gran parte sempre più esigenti e dotate di un alto potere contrattuale.

Competitività era un termine, fino a qualche lustro fa pressoché ignoto alle aziende conciarie. Oggi, invece e purtroppo, il gap con i paesi in via di sviluppo, “assistiti” dall’inesistenza del costo sociale (manodopera e ambiente) è talmente risicato da interessare pressoché unicamente la produzione di pregio, destinata alla nicchia del mercato espressa dal lusso e dall’alta moda. In definitiva, le imprese del settore conciario si trovano ad operare in un mercato che impone gradi di efficienza e standard qualitativi sempre più elevati.

A ciò si aggiunga che, negli ultimi 25 anni, nessuna azienda ha potuto sollevarsi dal pagamento degli ingenti investimenti e degli oneri di gestione richiesti dal permanente adeguamento delle proprie strutture e del proprio apparato produttivo nel rispetto dei severi parametri, imposti da una normativa prolifica in materia di tutela dell’ambiente e di salvaguardia della salute pubblica. Eppure queste poste passive, un tempo, erano estranee ai bilanci delle imprese del settore.

Entrando nel merito di questo studio cercheremo di scoprire le peculiarità di un’azienda conciaria, descrivendone il processo produttivo e fornendo un’analisi sia di tipo economico-finanziario, riferendoci in particolare, alla sequenza di operazioni gestionali comprese tra il ricevimento dell’ordine e la sua evasione, cercando di capire quali sono gli aspetti critici da analizzare e le modalità per eliminare, o quanto meno attenuare tali problematiche.

Le informazioni già accennate servono da premessa ad un’analisi del distretto conciario di Santa Croce sull’Arno e del settore conciario italiano per trarre indicative conclusioni riguardo al posizionamento della nostra azienda nel contesto ambientale proposto. Sarà utile a tal proposito, presentare dei modelli idonei ad illustrare la competitività sia a livello di settore o, più nello specifico, a livello di distretto. Questo

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rapportato all’analisi delle performance dell’azienda fornirà informazioni sulla strategia aziendale attuale e futura.

A chiusura di questo lavoro viene proposto una descrizione del trattamento di un evento di gestione straordinaria come può essere l’adesione ad un patto territoriale, avvenuto nel 2003.

Tutto questo per portare alla luce le difficoltà che un'impresa normalmente incontra, soprattutto in un contesto come il settore conciario che negli ultimi anni ha subito un forte stravolgimento causato da pesanti turbolenza ambientali.

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