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Capitolo 3. Il Collaborative Planning Forecasting and Replenishment

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Academic year: 2021

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Capitolo 3. Il Collaborative Planning Forecasting

and Replenishment

3.1. Introduzione

Questo modello è stato sviluppato nel 1998 da VICS, Volontary Inter-Industry Satanderds. Si riportano le frasi di MARTIN CHRISTOPHER, Professore alla Cranfield University School of Management.

“Le aziende individuali non competono più come entità indipendenti, ma piuttosto come supply chains.”

“Stiamo entrando nell’era della “network competition” dove i premi saranno vinti da quelle organizzazioni che sapranno meglio strutturare, coordinare e gestire le relazioni con i loro partner in un network impegnato in una migliore, più veloce, e più stretta relazione con i clienti finali.”

“Le aziende devono imparare a cooperare per far crescere la torta e competere fra di loro su come dividerla.”

“Un progetto pilota di CPFR tra Nabisco e Wegmans Food Markets negli USA ha portato a una crescita delle vendite del 40% su Planter Peanuts e a un miglioramento dell’indice di inventario del 29%.”

Per Martin Christopher, Direttore del Centro di logistica e di supply chain management della Cranfield University, il mondo della logistica e il mondo dei consumi sono ancora lontani dall’essere in perfetto equilibrio: una pacifica convivenza dei due ambiti si potrà avere solo con la condivisione delle informazioni.

“La chiave del lavoro collaborativo - ha infatti riferito - è condividere le informazioni”. Un concetto che fino a qualche anno fa sarebbe apparso come un’assurdità agli addetti ai lavori ma che al momento attuale pare essere l’unica arma per vincere la crisi dei consumi.

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“La fedeltà del consumatore sta scemando - ha continuato - i 2/3 delle decisioni d’acquisto vengono decisi al momento dell’acquisto stesso e la disponibilità immediata di un prodotto può avere il sopravvento sulla fedeltà alla marca”. Da qui l’assunto che il consumatore deve essere considerato il primo tassello della filiera della distribuzione e non l’ultimo. Ma è ancora sulla cooperazione che Christopher punta l’attenzione: “Le aziende sono competitive in quanto catene di aziende e non singolarmente, l’informazione è tanto più potente quanto più siamo disposti a condividerla con i nostri partner”. Una mancanza d’informazione che finora ha fatto sì che un’alta percentuale di veicoli commerciali che percorrono l’Europa siano vuoti, dando vita ad uno spreco di tempo e risorse di enormi proporzioni: “Occorrono forniture sincrone e per innescare questo processo di sincronizzazione produttori e fornitori devono iniziare a condividere i rispettivi dati”.

Un dialogo che le imprese devono affrontare con lealtà per non creare “visioni distorte” della realtà, offrendo le informazioni nell’ambito di un’ottica di cooperazione per un fine comune: capire il consumatore. “Dobbiamo avvicinarci ai nostri clienti e comprenderne il valore - ha aggiunto - e per farlo dobbiamo scendere dalla nostra montagna, dialogare con loro e dar loro il giusto peso nella filiera: quando si vende un articolo si deve immediatamente creare un circolo di ripristino efficace”.

Tutto ciò per introdurre il fatto che la gestione della supply chain, inserita in un contesto complesso e competitivo, necessità di strumenti evoluti che permettano alle aziende di ottimizzare il processo di produzione e distribuzione dei beni.

Tali soluzioni si basano su algoritmi matematici di previsione che, interagendo costantemente con i sistemi informativi e sotto lo stretto governo di chi deve effettivamente decidere, permettono di raggiungere gli obiettivi prefissati (anche se apparentemente tra di loro contrastanti):

• massima soddisfazione del cliente; • riduzione delle scorte;

• eliminazione delle rotture di stock.

In quest’ottica i sistemi di EDI e Web-EDI hanno reso possibile l’implementazione di nuovi processi per aumentare la collaborazione amministrativa e informatica e si pongono come base per l’implementazione di progetti di C.R.P. (Continuous Replenishment Process) il cui processo consiste nel delegare al fornitore (che è a conoscenza dell’intero fenomeno comprese le future disponibilità dei materiali) la gestione dell’approvvigionamento del prodotto per i retailer.

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3.2. Funzionamento del CRP

Il C.R.P. si basa su uno scambio regolare e quotidiano di notizie sui livelli di scorta, le spedizioni, le vendite e le rotture di stock operando a livelli differenti (punto di vendita o depositi) in base all’organizzazione aziendale.

Sulla base di queste informazioni, un programma di riordino elabora una previsione di consumo e calcola il fabbisogno tenendo conto delle costrizioni logistiche definite nell’accordo.

Il risultato di questo calcolo è una proposta di approvvigionamento che il fornitore invia al cliente. Il cliente convalida questa proposta e ritorna la conferma che impegna le operazioni di consegna al fornitore, figura 8-9.

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Figura 8. Secondo schema di funzionamento del CRP

3.3. Il Collaborative Planning Forecasting and Replenishment

Il CPFR (Collaborative Planning, Forecasting & Replenishment) rappresenta l’evoluzione del CRP estendendo l’ambito di collaborazione alle fasi di pianificazione e previsione dell’ordine e spostando l’ottica al medio-lungo periodo.

Perché questo tipo di alleanza strategica?

• Introduzione di una logica "pull" basata sul consumatore finale anziché solo su logiche interne di ottimizzazione economica ed operativa dei processi di fornitura. • Definizione di nuovi processi logistici basati sulla collaborazione e condivisione

dei risultati tra Produttore e Distributore.

• Opportunità di incrementare in modo considerevole il livello di efficienza complessivo.

Quali sono le premesse necessarie affinché sia realizzabile? • Definizione dei pre-requisiti all’applicazione del modello. • Identificazione delle modalità di funzionamento del processo. • Definizione di ruoli, responsabilità e impatti organizzativi. • Avvio progetti pilota.

• Identificazione dei benefici ottenibili e del percorso implementativo necessario. Le fasi e i passi del processo di CPFR sono riportate in figura 10.

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Figura 9. Fasi del CPFR

Per quanto riguarda i prerequisiti all’implementazione, questi sono i seguenti: - clienti di grandi dimensioni;

- affidabilità del cliente;

- condivisione delle “regole del gioco”;

- massa critica minima per il produttore tra il 40 e il 60% del totale dei volumi.

ECR Italia, associazione dei produttori di grandi marche, suggerisce i seguenti punti di attenzione:

- adattamento alle politiche commerciali;

- adeguamento delle strutture organizzative e delle competenze richieste; - disponibilità di una infrastruttura tecnologica adeguata;

- costo differenziale di gestione ordine per il produttore quando si gestisce il processo di emissione ordine.

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Aggiunge poi i fattori tecnici da soddisfare: - standard; - scalabilità; - sicurezza; - struttura aperta; - gestibilità; - robustezza; - collaborazione.

3.4. Il modello CPFR

Il modello può essere sintetizzato in maniera semplice pensando a un sistema formato da un acquirente e un venditore, che lavorano insieme per soddisfare la domanda di un consumatore finale, il quale si pone al centro del modello.

Nel caso dell’industria di beni di largo consumo il produttore, che riveste il ruolo di venditore e il distributore nelle vesti di acquirente si impegnano in quattro attività fondamentali di collaborazione per migliorare la loro performance:

- Strategy & Planning, con cui si stabiliscono le linee guida e le regole per la collaborazione; si determinano le leve riguardanti il mix di prodotti e i canali, si decidono i piani di sviluppo per il periodo.

- Demand & Supply Management, con il quale si fornisce la previsione della domanda, così come il piano ordini e le richieste di spedizione nell’orizzonte pianificato.

- Execution, con cui si decide come avviene la richiesta, l’evasione ordine, il ricevimento e lo stoccaggio dei prodotti sugli scaffali del distributore, regolando la negoziazione della transazione e dei pagamenti.

- Analysis, si effettua il monitoraggio della pianificazione e dell’esecuzione delle attività per le eccezioni. Si aggregano i risultati e si calcolano degli indicatori di misura. In base a questi si aggiustano i piani per continuare a migliorare i risultati.

Un effettivo programma di CPFR si instaura sulla fondazione di uno scambio sincronizzato e continuo di dati sui prodotti attraverso messaggi standard su base elettronica (data base condivisi) tra Produttore e Distributore.

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La figura 11 mostra le quattro attività di collaborazione a loro volta scomposte in due sub-attività.

All’interno della prima attività troviamo il Collaboration Arrangement, con cui ci si accorda sugli obiettivi definendo gli scopi della collaborazione, assegnando ruoli e responsabilità, punti di controllo e procedure. L’altra è la Joint Business Plan, che identifica la creazione di un business plan congiunto con cui si tiene conto delle strategie che investono la catena distributiva tenendo presente la domanda nel periodo interessato, così come promozioni, cambiamenti nelle politiche di gestione delle scorte, magazzini aperti/chiusi, introduzione di nuovi prodotti.

La seconda attività può essere scomposta in Sales Forecasting, con cui, sulla base dell’utilizzo dei POS dei dettaglianti e delle informazioni sugli eventi promozionali, si prevede la domanda del consumatore in termini di vendite, e l’Order Planning/Forecasting, con il quale si stabilisce quale sarà l’ordine futuro per i prodotti e quali le richieste sulla base delle previsioni , delle strategie di gestione della scorta, dei LT e degli altri fattori. La terza attività consiste dell’Order Generation, con cui si passa dalla previsione alla conferma dell’ordine entro un orizzonte temporale predefinito e dell’Order Fulfillment, ovvero il processo di produzione, spedizione, consegna e stoccaggio dei prodotti.

La quarta attività include Exception Management, l’attività di monitoraggio delle operazioni pianificate e delle condizioni delle attività fuori dai confini aziendali, e la Performance Assessment, cioè il calcolo degli indicatori per valutare il raggiungimento degli obbiettivi di business, per valutare i trend o per sviluppare le strategie alternative di miglioramento.

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Figura 10. Il CPFR in accordo con il PDCA

Come si può notare tutto il processo è sviluppato secondo l’ottica del Plan Do Check Act. La ruota di Dening può essere intesa come una “formalizzazione del buonsenso”, in quanto rappresenta l’iter mentale che deve essere continuamente applicato per agire con successo. Il metodo o processo PDCA costituisce un’indispensabile guida metodologica per il controllo, che non va inteso nel senso di verifica, di ispezione, ma nel senso di mantenimento del livello di prestazione di un’attività e del suo costante miglioramento. Controllo assume il significato di mantenere e migliorare.

Figura

Figura 7. Schema di funzionamento del CRP
Figura 8. Secondo schema di funzionamento del CRP
Figura 9. Fasi del CPFR
Figura 10. Il CPFR in accordo con il PDCA

Riferimenti

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