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III. Austin Clarke

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Academic year: 2021

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III. Austin Clarke

These narratives are the only inheritances that poor people can

hand down to their offsprings. (…) [A]ll that we possess to hand-down

is love. And bitterness. And blood. And anger. And all four, wrap-up

in one narrative.

(Austin Clarke)

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1. Cenni biografici

Austin Chesterfield Clarke nasce il 26 luglio 1934 a St. James, nell'isola di Barbados. I suoi genitori, Gladys Irene Clarke e Kenneth Trotman, non sono sposati e l'onta dell'illegittimità causa a Clarke molta sofferenza negli anni di formazione. La madre si sposa in seguito con Fitz Herbert Luke; tuttavia il patrigno è spesso assente per lavoro e Gladys si assume i ruoli di madre e padre; in molte delle sue opere, incluso Pig Tails 'n Breadfruit, Austin Clarke scrive con affetto della relazione con la madre e le altre figure femminili della sua famiglia che lo aiutano a crescere. Dopo la scuola elementare alla St. Matthias Boys' School, Clarke frequenta la Combermere School, dove è stato in parte sotto la guida dello scrittore Frank Collymore. Nel 1950 è ammesso all'Harrison College, una delle scuole maschili più prestigiose di Barbados e, nel 1952, riceve il diploma di scuola superiore. In questo periodo, produce i primi lavori di poesia e di racconti. Prima di emigrare in Canada nel 1955, insegna in una scuola rurale di Barbados e in seguito lavora in una fabbrica per guadagnare i soldi per il viaggio.

Clarke arriva a Toronto il 29 settembre con pochi soldi e molta determinazione; si iscrive all'Università di Toronto per studiare economia e scienze politiche ma si ritira nel 1957, in parte per la mancanza di interesse, in parte perché percepiva l'ambiente accademico come troppo asettico e poco stimolante; in questo periodo guadagna un po' di successo con la scrittura, vincendo un premio in una competizione al Trinity College. Sempre nel 1957 incontra quella che diventerà sua moglie, Betty Reynolds; in questa fase della vita, Clarke diventa sempre più frustrato per la sua incapacità di trovare un lavoro adatto al suo gusto e alla sua istruzione e spesso è mantenuto dalla moglie, la quale ha un'entrata più stabile. Dopo aver svolto vari lavori, Clarke alla fine trova la sua strada grazie alla sua abilità di scrittore, lavorando come giornalista nel nord Ontario e più tardi presso la Canadian Broadcasting

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Corporation. Sempre in questo periodo nascono le sue due figlie, Janice nel 1958 e Loretta nel 1960.

La carriera di scrittore di Clarke decolla negli anni Sessanta e da allora continua quasi ininterrotta, con grandi pubblicazioni ogni paio d'anni. The

Survivors of the Crossing (1964) e Amongst Thistle and Thorns (1965) sono

pubblicati sia da McClelland & Stewart che da Heinemann. Assieme alla trilogia di Toronto (1967-1975), questi romanzi consacrano Clarke sulla scena letteraria e gli permettono di vivere della sua arte; il successo letterario e l'aumento del lavoro, portano alla separazione dalla moglie; Clarke avrà altre due figlie e un figlio da un'altra relazione.

Nonostante qualche battuta d'arresto personale, Clarke ha avuto una carriera lunga e varia: ha insegnato in molte università americane negli anni Sessanta e Settanta; è stato addetto culturale presso l'ambasciata barbadiana a Washington; per un periodo ritorna nelle Barbados per lavorare presso la Caribbean Broadcasting Corporation come direttore generale, da cui sarà licenziato per via di alcune divergenze di opinione. Ritornato in Canada, si cimenta nella politica, presentandosi come candidato del partito conservatore progressivo nel 1977 e negli anni Ottanta lavora nella Commissione per la Censura; ha lavorato anche per l'Ufficio Immigrati e Rifugiati del Canada tra la fine dagli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta.

Nonostante i vari impegni, Clarke continua a scrivere e fino a oggi ha collezionato undici romanzi, sei raccolte di racconti brevi, quattro memorie, due opere di saggistica e un volume di poesie; l'elenco appena fatto esclude numerosi articoli, interviste e materiale inedito. Questa produzione così prolifica ha fatto guadagnare all'autore molti premi e riconoscimenti, tra cui: il Casa de las Americas Prize nel 1980 per la memoria Growing Up Stupid Under the Union

Jack; il Rogers Communication Writers Trust Prize nel 1998; l'ammissione

nell'Ordine del Canada nel 1998; il W. O. Mitchell Literary Prize nel 1999. Nel 2002 riceve il premio più prestigioso, il Giller Prize for fiction per il romanzo

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The Polished Hoe, che ha vinto anche il Commonwealth Writers' Best Book

Award; recentemente, è stato premiato con il 2012 Harbourfront Festival Prize. All'età di quasi ottanta anni, Clarke continua a scrivere e attualmente sta lavorando a un'altra memoria e a un romanzo.1

2. Produzione letteraria

2.1 The Survivors of the Crossing e Amongst Thistle and

Thorns

Secondo alcuni critici, il lavoro di Clarke non ha seguito una evoluzione lineare di un soggetto, anche se riconoscono una progressiva bravura e abilità.

I primi due romanzi a essere pubblicati sono The Survivors of the Crossing, che racconta la storia di un contadino barbadiano analfabeta e il suo tentativo senza successo di organizzare uno sciopero e Amongst Thistle and Thorns, che descrive tre giorni cruciali nella vita di un bambino barbadiano. Entrambi i romanzi mostrano una grande ricchezza di idee sulla natura dell'esperienza nera senza però sconfinare nel trattato psicologico o sociologico.

In The Survivors of the Crossing, Clarke cattura con sorprendente autenticità l'esperienza nera in una società coloniale: infatti, le Barbados che egli descrive mostrano i tratti essenziali della società coloniale in transizione in cui una nuova élite nera si dimostra inefficiente a causa della sua incapacità di sfidare il potere economico delle istituzioni bianche. Secondo Clarke, il cambio costituzionale nell'isola non ha prodotto alcuna riforma sociale fondamentale, pertanto la gente

1 Per ulteriori informazioni biografiche dell'autore si consulti Camille A., Isaacs, “Brief Biography”, in Camille A., Isaacs (a cura di), Austin Clarke: Essays On His Work, Toronto, Guernica Editions Inc., 2013, pp. 9-11 e Stella, Algoo-Baksh, Austin C. Clarke and His

Works, Toronto, ECW Press, 1998.

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di colore è rimasta intrappolata nella povertà; nel romanzo, l'autore suggerisce che queste condizioni di vita sono perpetuate in parte dalla chiesa, attraverso l'accettazione passiva dello status quo e in parte dalla scuola, attraverso l'esaltazione di tutto ciò che è bianco e la conseguente svalutazione dell'essere nero.

Tuttavia, Clarke ci avverte che ci sono altri modi in cui il colonialismo porta il disordine tra i neri barbadiani causando la frammentazione delle masse. La “piantocrazia”, o sistema delle piantagioni, genera dissensi e fratture tra i lavoratori: molti di loro sono terrorizzati dalla possibilità di perdere il lavoro o di essere ricattati per aver partecipato a proteste e scioperi; la paura e la preoccupazione per la sopravvivenza sono talmente forti che impedisce loro di assumere il potere come gruppo. Il colonialismo distorce i tratti e gli atteggiamenti dei neri concedendo alla maggior parte di loro poco più di un'istruzione base e inducendoli a sviluppare una tendenza alla semplicioneria. A proposito del contesto coloniale, Samuel Bonhomme afferma:

The inhabitants of the West Indies were too accustomed to the presence of the white man as their superior to question his infallibility, and even more so, they so much wished to be like him, that they had no desire to cause him unnecessary evil. At home, one West Indian would literally betray another for a white person, with the hope of gaining the white person's confidence and love, so much that many West Indians learnt from bitter experience that to be silent was man's greatest gift.2

Rispetto ad altri romanzi caraibici, come per esempio Minty Alley di C.L.R. James, In the Castle of my Skin di George Lamming, e Banana Bottom di Claude McKay, in cui i personaggi neri sono sterilizzati e romanticizzati, in The

Survivors of the Crossing Clarke non appiattisce i pregiudizi di nessun gruppo

2 Samuel, Bonhomme, Enoch Powell and the West Indian Immigrants, England, The Afro-American and West Indian Publisher, 1971, p. 29.

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etnico, ma compie un'analisi profonda attraverso la sua veridicità senza compromessi e usando la satira e l'ironia. I suoi personaggi coniugano tratti rappresentativi dei neri caraibici e, al contempo, rimangono comunque unici e individualistici; attraverso la licenziosità delle loro vite e del linguaggio e la loro gioia di vivere di fronte alle circostanze avvilenti, Clarke esprime alcune eccentricità degli abitanti del bacino caraibico, ma nel complesso essi rimangono unici.

Un aspetto rilevante di questo romanzo è il modo in cui utilizza il simbolismo: la ricca rete di simboli che intercorre nell'opera lo aiuta a consegnare al lettore una prosa limpida e asciutta e quindi a evitare lunghe divagazioni didattiche che si possono riscontrare nei romanzi inediti precedenti. La figura del supervisore del lavoro nei campi e le case dei bianchi delle piantagioni, per esempio, sono simboli vitali delle forze oppressive in atto nella società descritta.

Un altro aspetto saliente che emerge nell'opera è l'abilità dell'autore nel manipolare e sfruttare il dialetto: Clarke cattura il ritmo e il colore della parlata locale, ma senza ricorrere alla versione non sterilizzata che si trova in altri suoi lavori. In questo caso, utilizza un dialetto selezionato, che è più vicino a una forma elementare di inglese; i suoi tratti distintivi sono una grammatica semplificata, un vocabolario limitato, l'uso di espressioni idiomatiche locali e slang, di strutture sintattiche semplici e l'utilizzo intermittente di ortografia fonetica. Il dialetto è raffinato, ma non al livello tale da diventare palesemente artificiale; in questo modo, lo scrittore crea il senso di un linguaggio vivo ma in grado di comunicare con qualsiasi lettore straniero tollerante. Il dialetto, sebbene non proprio genuino, ha un'importante funzione nel romanzo: aiuta a dare realismo al lavoro e l'impressione dell'arretratezza degli abitanti del villaggio.

The Survivors of the Crossing pone enfasi sul ruolo delle istituzioni come la

famiglia, la scuola e la chiesa nella formazione degli individui e delle masse, come anche sulle brutalità del sistema coloniale che favorisce l'oppressione dei

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forti sui deboli. Questi argomenti servono a mettere in luce e sviluppare il tema principale del romanzo, la ricerca della propria identità e la realizzazione di sé come individuo, in quanto nero, e come membro di un universo più grande.

Clarke è molto critico verso le istituzioni che perpetuano lo status quo: ironizza soprattutto sul sistema educativo, che giudica anacronistico e inadeguato, mostrando l'assurdità del programma e dei testi scolastici stranieri che insegnano materie che non riflettono minimamente la vita barbadiana e le sfide che essa pone, ma al contrario sono indirizzate verso la glorificazione incessante dell'universo culturale britannico e bianco. L'implicazione è evidente: la scuola non incoraggia la crescita spirituale o intellettuale, ma induce piuttosto all'odio verso se stessi e un profondo senso di inferiorità, dato che ai neri è richiesto di rispettare le norme stabilite dalla élite bianca.

Una delle critiche principali di Clarke alla letteratura nera caraibica e americana è il fatto che gli scrittori non abbiano ancora sfruttato a pieno i personaggi femminili, almeno ai tempi in cui ha scritto The Survivors of the

Crossing; questa critica può essere letta forse come una prova del rifiuto

inconscio da parte dei neri dell'idea che la donna possa essere socialmente più potente dell'uomo.

Nel suo secondo romanzo pubblicato, Amongst Thistle and Thorns, Clarke presenta un notevole quadro realistico del ruolo delle donne nere nelle Barbados coloniali: i suoi personaggi femminili sono a capo della famiglia, sono forti e coraggiose, perché il destino dei figli dipende da loro. Tuttavia, sono anche ereditiere della tradizione della famiglia schiava che si è evoluta dal sistema delle piantagioni: la donna è diventata il centro della famiglia perché l'uomo, anche se presente nella stessa piantagione, non aveva un vero e proprio ruolo di padre e capofamiglia.

Clarke non biasima la componente maschile della comunità nera per il suo comportamento: a causa della sua storia e della sua posizione tra le classi più umili nella gerarchia sociale, egli è svalutato e svilito e, mancando di risorse per

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provvedere alla famiglia, ha un ruolo marginale o inesistente nell'unità domestica. C'è anche un altro aspetto del comportamento maschile, di nuovo imputabile alle condizioni di vita, che ha serie implicazioni per la donna; la propensione per l'uso della violenza. La percezione da parte dell'uomo della propria marginalità, dell'incapacità di provvedere alla sua compagna e ai figli, in un contesto in cui le norme sociali dominanti richiedono che sia così, assieme alla consapevolezza del suo scarso valore nell'ordine sociale, lo costringono ad affermare se stesso e il proprio valore attraverso la violenza fisica.

2.2 Trilogia di Toronto

Nella trilogia di Toronto, sebbene i tre romanzi non siano nati come tale, Clarke si allontana da Barbados per concentrarsi sugli emigrati caraibici a Toronto, dopo aver esaminato la società canadese in molti racconti brevi. Visti nell'insieme, The Meeting Point (1967), Storm of Fortune (1973) e The Bigger

Light (1975), costituiscono la prima e più completa analisi canadese

dell'esperienza degli emigrati caraibici in Canada: in essi l'autore cattura l'immagine degli emigrati che cercano di raggiungere il benessere economico, la realizzazione di sé e che spesso sono alla ricerca della propria identità, che è ostacolata da fattori come l'isolamento, la solitudine e la sofferenza psicologica. Clarke mette in luce anche alcune continuità tra le esperienze caraibiche e canadesi, come per esempio l'influenza di fattori esterni nella formazione del carattere.

Nella trilogia, Clarke ribadisce il concetto secondo cui il carattere e il modo di agire dei neri sono spesso il risultato di forze esterne, che sono al di là del loro controllo: lo svilimento e la svalutazione subiti nel contesto caraibico li ha indotti ad affermare la propria mascolinità attraverso il bere, il sesso e la violenza e in Canada gli emigrati mostrano gli stessi atteggiamenti. In questo contesto, inoltre, l'esperienza amara del razzismo si mescola con la rabbia e trasforma le

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sue vittime in modo così marcato che la loro indole è stravolta, cominciando così a pensare e agire in modo estraneo al loro normale temperamento.

Nonostante presenti un quadro così pessimistico, Clarke è riuscito a rimanere imparziale nella descrizione dell'incontro tra comunità bianca e nera in Canada. I bianchi, infatti, non sono gli unici da biasimare per i problemi che affliggono la società: gli immigrati caraibici contribuiscono alla polarizzazione delle razze con la loro riluttanza a scendere a compromessi che possano facilitare l'integrazione in una società in cui lo stile di vita dominante, a confronto con il loro carattere esuberante ed estroverso, è pacato e tranquillo. Inoltre, sebbene siano restii ad ammetterlo, il fallimento nel trovare un impiego a volte è dovuto alla mancanza di un'istruzione adeguata o di esperienza.

Ad ogni modo, i bianchi non hanno il monopolio del razzismo: esiste anche il razzismo inverso, ossia quello nero che, fa notare Clarke, di certo non ha effetti così dannosi come il suo equivalente bianco, nondimeno è di disturbo e milita contro la comunicazione e la comprensione interrazziali. Infine, lo scrittore non sottovaluta un aspetto che gli impedisce di vittimizzare i neri in modo esasperato, ossia la percezione che anche i bianchi siano il prodotto del contesto ambientale e del percorso storico-culturale.

2.3 The Prime Minister, Growing Up Stupid Under the

Union Jack e Proud Empires

Dopo l'esperienza negativa con la Caribbean Broadcasting Corporation, Clarke affronta con rinnovato vigore il tema del ruolo dei neri nella società nativa, soprattutto nelle tre opere maggiori successive alla trilogia di Toronto. In

The Prime Minister (1977), solleva la questione del destino dell'emigrato che,

avendo acquisito esperienza, capacità e sensibilità all'estero, ritorna nel paese natio diventato indipendente per contribuire alla sua crescita.

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Growing Up Stupid Under the Union Jack (1980) è un'autobiografia degli

anni dell'adolescenza, in cui Clarke sottolinea il ruolo che hanno avuto il sistema coloniale, la famiglia e la vita comunitaria nella formazione e sviluppo del carattere e descrive i molti ostacoli che i neri delle classi sociali più basse hanno dovuto affrontare per guadagnare un minimo di rispettabilità nella società coloniale.

Il testo fa anche luce sulle forze che inducono alla frammentazione psicologica nei neri: l'autore mostra come, da un lato, la famiglia e la vita comunitaria lo spingessero verso le sue radici e la sua cultura, mentre dall'altro le istituzioni coloniali, nell'instillare in lui i propri valori e prospettive, gli richiedessero lealtà e fedeltà. Egli ribadisce che il dominio imperiale indottrina il colonizzato con la fede nella totale superiorità della razza dominante e attraverso strumenti come chiesa, scuola e mezzi di comunicazione, perpetui sentimenti di odio verso se stessi e la quasi totale abnegazione.

In Proud Empires (1986), l'autore continua lo studio provocatorio della società barbadiana; riemergono temi affrontati in precedenza, come la denuncia dell'eredità coloniale nella vita politica della comunità. Nell'interazione delle forze che determinano il carattere e l'esito della vita politica, Clarke sottolinea come l'istruzione acquisisca un significato fondamentale: il sistema scolastico elitario ha condizionato la persona comune, imponendogli di riservare la propria ammirazione e rispetto esclusivamente per le persone istruite; al contempo, essa fallisce nel compito di trasmettere una coscienza critica sociale.

Inoltre, i leader neri sono stati plagiati da una cultura aliena che ha poco significato per le masse e, di conseguenza, si è aperto un divario tra la classe dei neri privilegiati e quelle più umili, perpetuando così la polarizzazione tra classe dominante e classi inferiori all'interno della società e preparando il terreno per la manipolazione e sfruttamento delle sottoclassi. Tuttavia, allo stesso tempo, nella comunità prende forma progressivamente una consapevolezza di classe rafforzata dalla disparità sociale e dalla percezione delle differenze di razza e

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colore.

In questi romanzi, emergono il risentimento e la critica severa verso un governo nero che Clarke giudicava debole e incapace di appoggiarlo e mostrano il ritratto dell'emigrato che ritorna in patria per realizzare se stesso attraverso l'impegno e il sostegno alla causa della sua gente e che è destinato alla disillusione.

2.4 Racconti brevi

L'attento riesame di Clarke della società caraibica non preclude un vivo interesse per la scena nord americana; la familiarità con i problemi sociali che riguardavano gli Stati Uniti e la sensibilità per le circostanze avverse dei neri in Canada, hanno prodotto un cambiamento di tematiche e una nuova enfasi, soprattutto nelle raccolte di racconti brevi.

La raccolta When Women Rule (1985) rappresenta questo cambiamento e mostra una maggior apertura nelle prospettive di Clarke: nei racconti emerge l'idea che l'emarginazione nella società canadese non sia subita solo dai neri, ma anche dai bianchi. In questa raccolta, Clarke raggiunge una sorprendente comprensione della mentalità dei bianchi privilegiati, oltre a fornire un ritratto cinico delle donne e della loro relazione con gli uomini. Il trattamento riservato alle donne in questa raccolta è diverso da quello nelle altre opere; in generale, Clarke tende a presentare la donna forte e piena di risorse, occupata a costruire un futuro migliore per sé e per la famiglia.

La raccolta Nine Men Who Laughed (1986), parla della vita quotidiana di una varietà di immigrati neri a Toronto e mostra il nuovo atteggiamento tollerante di Clarke nei confronti della società canadese, anche se ciò non gli impedisce di usare l'ironia e il sarcasmo nel raccontare le loro sventure. Nell'introduzione, afferma che le storie sono state scritte per distruggere le definizioni che gli altri

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hanno usato per ritrarre i cosiddetti immigrati e per dare una visione chiara, anche se ciò che si vede è più crudele e meno appetibile del ritratto mostrato in precedenza.

La definizione di “immigrato” basata sui concetti di inferiorità sociale e di anormalità, costringe il maschio nero in ruoli passivi che lo privano dell'opportunità di impegnarsi attivamente a livello politico e culturale. Egli cerca di eludere la categorizzazione di immigrato attraverso il rifiuto di sé e la perdita dell'identità, rinnegando ogni connessione o somiglianza con altri neri; in realtà, c'è poca speranza di cambiare lo status di immigrati se i neri, invece di prendere posizione, si limitano ad adeguarsi alla società canadese.

3. Temi e aspetti dominanti della sua scrittura

Austin Clarke è una figura poliedrica, il cui lavoro porta il segno delle sue interazioni con culture, luoghi e periodi diversi. Molti critici, infatti, hanno notato che una costante nella sua produzione è l'elemento autobiografico; questo non sorprende, dato che Clarke ha sempre dimostrato una forte sensibilità e spirito d'osservazione. Queste doti, unite al suo occhio critico, lo hanno spinto a compiere profonde analisi delle realtà con cui è entrato a contatto e a riportarne i risultati nei suoi scritti.

In linea generale, si può distinguere tre macrofattori che hanno condizionato e determinato la sua scrittura: il contesto coloniale, la letteratura caraibica postcoloniale e le esperienze nel Nord America (Stati Uniti e Canada).

3.1 Il contesto coloniale

Nei suoi anni di formazione, Clarke rappresentava il prodotto tipico della XLV

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società coloniale; in base all'ordine da essa stabilito, come osserva Frantz Fanon, “the colonized is elevated above his jungle status in proportion to his adoption of the mother country's cultural standards. He becomes writer as he renounces his blackness, his jungle”3.

La forte ambizione individuale lo porta ad abbracciare la cultura della madre patria imperiale, rinforzando le nozioni ricevute alla Combermere School con ulteriori ricerche personali presso la biblioteca pubblica e il British Council a Bridgetown. Non sorprende, quindi, che quando comincia a scrivere, gran parte dell'ispirazione proviene dalla letteratura inglese e dai Romantici in particolare e che essa rimarrà una fonte di modelli e di temi per tutta la sua carriera; nelle sue prime poesie ricorre il tema dell'amore, come anche le immagini prese dalla natura.

Ciononostante, non si deve pensare che Clarke non conoscesse la cultura della comunità nera o ne ignorasse le problematiche; al contrario, è un osservatore attento e studia le strategie adottate dalla popolazione per far fronte alle conseguenze sociali e psicologiche del postcolonialismo, argomento che è affrontato spesso nelle sue opere. Egli è familiare anche con la tradizione che il popolo caraibico ha ereditato dalla cultura africana, in particolare con i racconti popolari, la musica e la magia. Durante il periodo della scuola superiore, Clarke cresce fortemente consapevole delle ingiustizie perpetuate nella società barbadiana e della lotta messa in atto dai personaggi di spicco nella comunità locale, come Grantley Adams ed Errol Barrow, che spronavano la popolazione a ribellarsi contro il dominio coloniale e le ingiustizie perpetuate.

Durante il lavoro come insegnante nell'isola di Barbados, si adopera per aiutare i bambini delle famiglie più povere nelle campagne; il suo desiderio, infatti, è di poter servire un giorno la sua gente, come avvocato o come politico. Tuttavia, non è ancora consapevole che, per poter fare ciò, è necessario uscire

3 Frantz, Fanon, Black Skin, White Masks (Trad. di Charles Lam Markmann), New York, Grove Press Inc., 1967, p. 18.

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dalla condizione in cui si trova, quella di uomo e letterato plagiato dal sistema imperialista, che instilla nei coloni il senso di inferiorità culturale e sociale rispetto alla “madre patria”.

In un primo momento, la somma di questi fattori, ossia un forte dualismo, una sensibilità verso la comunità nera e un timore reverenziale nei confronti della potenza imperiale, impedisce a Clarke di accostarsi alla nuova letteratura anglofona caraibica; sebbene fosse a conoscenza della pubblicazione di autori quali Samuel Selvon e Geroge Lamming e delle letture di poesia e narrativa caraibica nel programma radiofonico Caribbean Voices della BBC, accoglie questi scrittori emergenti con dura indifferenza.

Non è un fenomeno inusuale nei Caraibi degli anni Cinquanta: chi aveva ricevuto un'istruzione, per molto tempo ha resistito alla letteratura nativa, preferendo la letteratura inglese, considerata migliore della propria; la scuola induceva gli studenti caraibici a considerare questa come l'unica letteratura possibile.4

3.2 La letteratura caraibica postcoloniale

L'esposizione e il contatto di Clarke con il contesto sociale canadese lo hanno costretto a cambiare. La scoperta che la sua conoscenza e adesione totale alla cultura britannica non erano sufficienti per raggiungere la piena accettazione nella società canadese, nonostante questa fosse per la maggior parte bianca e profondamente influenzata dalle tradizioni culturali britanniche, lo ha portato a riconoscere per la prima volta le virtù della letteratura anglofona caraibica, concedendo una maggior rispettabilità all'eredità culturale nera.

4 Si vedano i saggi di Elizabeth, DeLoughrey, “Ecocriticism. The Politics of Place”, in Michael A., Bucknor, Alison, Donnell (a cura di), The Routledge Companion to Anglophone

Caribbean Literature, London, Routledge, 2011, pp. 265-75, e Merle, Collins, op. cit.

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Questa nuova letteratura caraibica, compresa la produzione di Clarke, è etichettata come realista: per la prima volta, infatti, i personaggi neri non sono confinati a ruoli secondari o di comparsa. Gli scrittori analizzano la società per interpretarne i mali, come la privazione economica e sociale sofferta dalla maggioranza della popolazione, la consapevolezza razziale, il cinismo e l'incertezza della borghesia nativa che va al potere dopo l'indipendenza, la mancanza di una storia di cui essere fieri e l'assenza di valori tradizionali.

Gli scrittori caraibici sono fonte d'ispirazione per Clarke, primo fra tutti il suo connazionale George Lamming; entrambi, infatti, sono affascinati dal fenomeno del colonialismo e analizzano le sue ramificazioni su tre livelli, individuale, comunitario/locale e universale, tracciando un parallelo tra la consapevolezza emergente dei protagonisti dei loro romanzi e la lenta progressione della società dal dominio coloniale all'autodeterminazione politica.

L'interesse di Clarke per il contesto caraibico non si limita solo al periodo coloniale; infatti, ha sempre seguito i progressi e gli sviluppi politici e sociali di Barbados, grazie anche al lavoro presso la Caribbean Broadcasting Corporation, ai frequenti viaggi nei Caraibi e ai contatti con gli amici rimasti nell'isola. Tutto ciò gli ha permesso di analizzare e delineare i vari aspetti post-coloniali di Barbados e della nuova élite nera.

Scelte linguistiche

La letteratura caraibica influenza Clarke non solo per quanto riguarda le tematiche, ma anche nelle scelte linguistiche. Per molto tempo, lo scrittore ha avuto riserve a usare il creolo caraibico, ritenendo che, sebbene le lingue fossero radicate nella società e nella cultura delle singole comunità, non potevano essere usate nell'ambito letterario perché non avevano la stessa dignità dell'inglese britannico.

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Il contatto con gli autori caraibici emergenti lo ha aiutato a eliminare i pregiudizi di inferiorità della parlata locale rispetto all'inglese “standard”: per esempio, da George Lamming ha appreso che il dialetto barbadiano ha un posto legittimo nella letteratura dell'isola. Da V.S. Naipaul, che la parlata locale non è necessariamente percepita dal lettore straniero come troppo esotica e disorientante; da Samuel Selvon, che il dialetto può essere modellato per comunicare la vivacità del carattere caraibico.

I primi esperimenti linguistici di Clarke non hanno molto successo, poiché portano alla creazione di una lingua troppo artificiale che fa trasparire l'intenzione di riprodurre volutamente una grammatica impoverita. È stato grazie alla guida e all'aiuto di Frank Collymore, scrittore e suo insegnante alla Combermere, che Clarke ha imparato le convenzioni per un uso efficace del dialetto nella narrativa, facendo suo il concetto secondo cui il modo migliore di avvicinarsi al dialetto consiste nel suggerire il ritmo del discorso.5

3.3 Il contesto nordamericano

Grazie al lavoro per la Canadian Broadcasting Corporation e alle collaborazioni con diverse università statunitensi, Clarke ha avuto frequenti contatti con la comunità nera americana e con molti personaggi importanti dei movimenti di protesta nera, tra cui Malcom X e LeRoi Jones.

Nonostante Clarke simpatizzi con le difficoltà e le vicende dei neri americani, percepisce alcune differenze fondamentali tra l'ambiente americano e quello caraibico come, per esempio, l'assenza del sentimento di rabbia negli abitanti caraibici, poiché hanno subito un tipo diverso di razzismo. Di conseguenza, l'autore non condivide l'idea che l'artista nero abbia come prima

5 Cfr. Linda, Mackinley-Hay, “Austin Clarke's Extra-curricular Bajan Education”, in Camille A., Isaacs (a cura di), Austin Clarke: Essays On His Work, Toronto, Guernica Editions Inc., 2013, p. 36.

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responsabilità la liberazione della sua gente, affermando invece che l'artista ha l'obbligo di essere equilibrato e imparziale nella descrizione della società.

Dall'esperienza con questi movimenti, Clarke ricava comunque molti benefici, come un senso più profondo del valore dell'essere nero, un orgoglio più vigoroso della cultura nera, una visione più positiva del Canada come luogo in cui emigrare e, infine, la legittimazione a esplorare l'esperienza nera.

Tuttavia, i movimenti di protesta neri, nei Caraibi o negli Stati Uniti, non sono gli unici a lasciare l'impronta su Clarke. Al suo arrivo in Canada, nel 1955, è catapultato in una società che egli giudica profondamente razzista; successivamente, la conoscenza con individui della comunità dei bianchi ammorbidisce gradualmente questa visione e il contatto con la comunità artistica di Toronto affina le sue ambizioni letterarie e diminuiscono la sua avversione per il Canada. La sua attenzione è inevitabilmente rivolta all'esperienza nera, ma Clarke presenta una visione equilibrata nel ritrarre neri e bianchi e mostra una sensibilità equa verso il punto di vista sia dell'immigrato che del padrone di casa.

3.4 Conclusioni

Attraverso i racconti brevi e i romanzi, Clarke ha arricchito le letterature di Canada e Caraibi. In Canada, la sua scrittura ha contribuito al corpus letterario prodotto dagli scrittori emigrati e ha conquistato un posto assieme ad artisti del calibro di Susanna Moodie, Henry Kreisel e Margaret Atwood. L'interesse particolare di Clarke è il mondo degli emigrati neri caraibici e, nel presentare una delle indagini più inclusive finora eseguite dell'esperienza degli emigrati neri in Canada, l'autore si è spinto oltre la mera analisi sociologica o psicologica per esplorare il complesso dilemma provato dai nuovi arrivati.

Nel contesto caraibico, Clarke ha contribuito alla letteratura che ha portato i neri in primo piano in molti aspetti, come per esempio la sensibilizzazione del

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lettore nero sul problema dell'identità attraverso l'analisi delle ripercussioni del colonialismo nella comunità nera o l'esame attento della condizione e del ruolo della donna nera nella società, ponendo in primo piano la sua forza e nobiltà e mostrando come essa sia dovuta scendere a compromessi con le circostanze demoralizzanti.

La narrativa di Clarke, sia quella ambientata nell'America settentrionale che nei Caraibi, è basata in larga misura sulla sua osservazione da vicino della gente attorno a lui. Il contatto con la classe dei lavoratori domestici in Canada, con gli studenti universitari caraibici e con altri emigrati a Toronto ha costituito una fonte preziosa da cui attingere per costruire le sue storie, così come ha attinto ai suoi dati autobiografici.

Il suo bagaglio personale di esperienze lo ha portato a mettere in luce la condizione di dualismo vissuto in prima persona e da tutti coloro che vengono da un contesto coloniale; i neri, afferma Clarke, essendo cresciuti con il complesso di inferiorità sociale e culturale, sono spesso divisi tra la lealtà alla propria comunità nativa e la resa al sistema di valori proprio della società ospite. Si tratta di un tema ricorrente e vitale nella scrittura di Clarke, il quale, attraverso il suo lavoro, afferma che la frammentazione dell'identità dei neri colonizzati non porta necessariamente alla dislocazione e al fenomeno dell'emigrazione.

La sua narrativa è priva di censura o di risentimento: nell'insieme, Clarke è imparziale nella descrizione sia dei neri che dei bianchi, mostrando i punti di forza e le debolezze di ciascun gruppo. Questo risultato è stato raggiunto grazie alla sua abilità di distinguere tra razzismo vendicativo e non vendicativo: il primo tipo si riscontra in paesi, come gli Stati Uniti, in cui l'oppressione continua ha spinto gli artisti a mantenere una visione positiva dei neri per controbattere alla rappresentazione distorta di questa etnia nell'arte dei bianchi. Il razzismo non vendicativo è evidente in contesti ambientali in cui i neri sono stati liberati, come in Africa e nei Caraibi: in questi ambienti, lo scrittore, non più costretto a mantenere la visione positiva dei neri, può perseguire la propria arte con una

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certa libertà e imparzialità.

Infine, l'equilibrio misurato della narrativa di Clarke è attribuibile anche a un senso naturale dell'assurdo che gli permette di considerare con ammirazione le stranezze sia dei neri che dei bianchi e di usare l'umorismo anche nei casi più delicati.

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