• Non ci sono risultati.

I.1.1 Ruolo dell’esperienza visiva nello sviluppo del sistema visivo

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "I.1.1 Ruolo dell’esperienza visiva nello sviluppo del sistema visivo"

Copied!
36
0
0

Testo completo

(1)

Introduzione

Lo sviluppo della maggior parte degli organismi viventi prevede il passaggio attraverso una serie di modifiche ed evoluzioni anatomico-fisiologiche e ristrutturazioni cellulari che terminano nella formazione dell'individuo adulto.

Nei Mammiferi lo sviluppo in epoca post-natale è fondamentale al fine di una completa maturazione dell'organismo e, nel caso specifico del sistema nervoso, durante tale fase si possono osservare modifiche nello stato delle connessioni fra neuroni.

E' stato dimostrato come la maturazione dei circuiti nervosi sia influenzata in maniera decisiva dall'esperienza e come esista un intervallo temporale, che prende il nome di periodo critico, durante il quale i circuiti sono più sensibili a subire le modificazioni di cui sopra ed anzi vengono guidati nel normale sviluppo dai segnali che ricevono.

La capacità dei circuiti nervosi di modificarsi in seguito all'esperienza viene definita plasticità sinaptica.

L'esistenza del periodo critico come finestra temporale nella quale viene raggiunta la perfetta e definitiva maturazione di una funzione nervosa è nota per una serie di sistemi sensoriali come ad esempio il canto degli uccelli, il linguaggio umano, la percezione uditiva e la visione. Così come sono stati trovati periodi critici nello sviluppo di tutte le specie animali (Berardi et al., 2000).

Lo studio del periodo critico in diverse specie e per differenti sistemi sensoriali ha permesso di identificare una serie di elementi comuni propri di questa fondamentale tappa dello sviluppo (Hensch, 2004)

Per prima cosa si è identificato un meccanismo di competizione funzionale fra gli input; i neuroni, raggiunti da un certo numero di informazioni differenti, selezionano il proprio repertorio permanente di input scartando il resto.

L'insieme delle informazioni che raggiungono un neurone dipendono dall'ambiente e dalle caratteristiche fisiche dell'individuo, la selezione degli input invece dipende in primo luogo dall'attività elettrica.

Gli input tra cui il sistema nervoso può scegliere sono codificati dalla scarica di potenziali d'azione; il consolidamento o la ritrazione delle connessioni sinaptiche è strettamente correlato ai livelli d'attività delle stesse, tant'è che la maggior parte dei modelli cellulari di plasticità sono basati sulla capacità di reprimere o potenziare la trasmissione di singole sinapsi a seconda del pattern di scarica. Questa capacità si riduce enormemente, fino quasi a perdersi, al di fuori del periodo critico.

Altro elemento comune è la regolazione della durata del periodo critico da parte dell'esperienza.

L'assenza di un'adeguata attivazione neuronale pone i circuiti in sviluppo in uno stato d'attesa che può

(2)

essere interrotto solo dalla presenza della stimolazione; studi sul sistema visivo esemplificano tale concetto.

L'allevamento di animali al buio determina uno slittamento o un prolungamento del periodo critico e ritarda lo sviluppo della funzione sensoriale (Mower, 1991; Fagiolini et al., 1994).

Al contrario, ambienti arricchiti possono provocare un'apertura ed una chiusura anticipata del periodo critico (Sale et al., 2004; Cancedda et al., 2004).

I.1 Sistema visivo e sviluppo

Un contributo importante allo studio dei fenomeni di plasticità durante il periodo critico è stato dato dagli esperimenti effettuati sul sistema visivo.

Gli stimoli luminosi colpiscono la retina e vengono trasformati in segnali elettrici che viaggiano, convogliati dalle fibre del nervo ottico, fino alle stazioni cerebrali superiori. Le afferenze retiniche raggiungono tre strutture: corpo genicolato laterale del talamo, area pretettale e collicolo superiore. Solo le fibre che raggiungono il talamo (rappresentano circa il 90% delle afferenze retiniche) hanno importanza al fine della percezione visiva e proseguono, idealmente, fino alla corteccia visiva primaria (area 17 di Brodman). Le fibre che innervano l'area pretettale determinano i riflessi pupillari, mentre le fibre che innervano il collicolo superiore sono responsabili dei movimenti saccadici degli occhi (Kandel et al., 2003).

La corteccia visiva primaria, o striata, è la prima stazione di ritrasmissione delle vie visive nella quale le proprietà dei campi recettivi cellulari cambiano rispetto a quelle dei campi retinici.

Presenta la caratteristica struttura a 6 strati sovrapposti che occupa l'intero spessore della corteccia dalla superficie esterna alla sostanza bianca; lo strato 4 rappresenta il principale ingresso delle fibre provenienti dal corpo genicolato ed è a sua volta suddiviso in quattro sottostrati.

Le popolazioni di cellule che compongono i differenti strati sono essenzialmente tre: le cellule piramidali, le cellule stellate eccitatorie e le cellule stellate inibitorie.

Le prime si occupano di ritrasmettere le informazioni che raggiungono la corteccia primaria a strutture che si trovino al di fuori dell'area V1 (corteccia striata), siano regioni corticali superiori o sottocorticali; le cellule stellate invece, diffondono le informazioni all'interno della corteccia primaria, fra i diversi strati.

La corteccia visiva presenta un'ulteriore forma di organizzazione strutturale e funzionale che prende il nome di ipercolonna, a sua volta formata da un insieme di sottostrutture. L'ipercolonna rappresenta il modulo

(3)

corticale ed è costituita dall'insieme completo delle colonne di orientamento, blob per l'analisi del colore e colonne di dominanza oculare che ricevono afferenze dalla medesima regione del campo visivo (Kandel et al., 2003).

Le colonne di orientamento raggruppano cellule che rispondono a stimoli luminosi lineari con lo stesso orientamento specifico, le colonne di dominanza oculare invece, ricevono ed elaborano informazioni provenienti da ciascun occhio, mantenendole separate.

L’organizzazione in colonne di dominanza oculare osservabile anatomicamente in corteccia visiva non è presente nelle specie come topi e ratti.

Esperimenti di elettrofisiologia sui ratti hanno dimostrato che a P17 quasi tutte le cellule corticali sono binoculari, come accade negli altri mammiferi (Hubel e Wiesel,1963); successivamente i neuroni si distribuiscono in classi (sono 7) di dominanza oculare (Fagiolini et al.,1994) con una prevalenza, nell'adulto, dell'occhio controlaterale, imputabile all'alta percentuale di fibre crociate del nervo ottico di ratto (90-95%;

Polyak, 1957).

Nei mammiferi, alla nascita, la corteccia è largamente immatura sia da un punto di vista anatomico che funzionale. L'inizio del processo di affinamento e maturazione coincide con l'inizio dell'esperienza visiva e dunque con l'apertura degli occhi; ad esempio la selettività dei neuroni corticali per l'orientamento è inizialmente grossolana, così come l'acuità visiva, ovvero la capacità di distinguere due punti molto vicini fra loro; quest'ultima raggiunge il suo valore massimo e definitivo solo nell'ultima fase dello sviluppo post- natale, in concomitanza della maturazione dei campi recettivi corticali, che divengono più piccoli e definiti (Fagiolini et al., 1994). Per un animale come il ratto si può affermare che il raggiungimento delle piene facoltà visive si ottiene in circa un mese dall'apertura degli occhi.

I.1.1 Ruolo dell’esperienza visiva nello sviluppo del sistema visivo

Il ruolo dell’esperienza sensoriale nella formazione dei circuiti neurali è stato studiato approfonditamente nel sistema visivo dei mammiferi e lo studio di questo modello ha contribuito a far comprendere l’importanza degli stimoli ambientale per la maturazione del sistema nervoso centrale.

L’importanza degli effetti dell’esperienza sensoriale sullo sviluppo del sistema visivo è emersa per la prima volta con lo studio di pazienti affetti da cataratta congenita.

La cataratta congenita consiste in un'opacità del cristallino tale da impedire ai raggi luminosi di stimolare la

(4)

retina. La mancata rimozione della cataratta nei primi mesi dello sviluppo produce degli effetti sull'acuità visiva che permangono per il resto della vita dell'individuo e la cui gravità è direttamente proporzionale alla durata della deprivazione; diversamente i bambini operati tempestivamente recuperano gradualmente dai deficit visivi e in circa 5 anni presentano un grado di acuità visiva del tutto normale.

I casi clinici di individui affetti da cataratta congenita hanno messo in evidenza due fattori fondamentali:

l’importanza dell’esperienza nel corretto sviluppo delle capacità visive e l’esistenza di una finestra temporale all’interno della quale il sistema è più sensibile ad eventuali variazioni delle condizioni ambientali (Maurer and Lewis, 2001).

Da questi dati si è partiti nel tentativo di definire meglio il ruolo dell’esperienza e le caratteristiche che rendono speciale quella finestra temporale che prende il nome di periodo critico.

Il protocollo sperimentale per lo studio degli effetti della mancanza dell'esperienza visiva sullo sviluppo delle vie e delle strutture nervose del sistema visivo è la deprivazione visiva. Numerosi sono stati i modelli animali sottoposti a studi del genere: scimmia, gatto, roditori come topo e ratto (Berardi et al., 2000)

Gli animali vengono cresciuti fin dalla nascita deprivati dell'esperienza visiva (dark- reared) in ambiente buio, privo di una qualsiasi forma di stimolo visivo.

Si è notato che lo sviluppo del sistema visivo di questi animali presenta delle anomalie e in particolare risulta essere immaturo; a discapito del passaggio del tempo, il livello di sviluppo delle strutture nervose risulta sostanzialmente bloccato allo stadio pre-natale.

All'immaturità anatomica delle strutture corticali corrisponde un'immaturità funzionale; l'acuità visiva degli animali dark-reared, misurata con potenziali evocati, è notevolmente inferiore rispetto ai valori riscontrabili in individui normali e allo stesso modo anche la sensibilità agli stimoli luminosi e allo specifico orientamento degli stessi appare molto affievolita (Fagiolini et al., 1994).

A livello neurobiologico, la maggior parte delle informazioni riguardo al ruolo dell’esperienza nella maturazione dei circuiti corticali sono derivate dallo studio dello sviluppo delle colonne di dominanza oculare nella corteccia visiva dei mammiferi.

La dimostrazione dell’importanza del ruolo dell’esperienza visiva per la formazione e l’organizzazione delle colonne di dominanza durante il periodo critico è stata fornita dai classici esperimenti di Hubel e Wiesel (Hubel e Wiesel,1963b; Hubel e Wiesel,1970; Hubel et al.,1977): se un occhio viene deprivato della visione, tramite sutura delle palpebre (deprivazione monoculare), la maggior parte dei neuroni visivi corticali diventano responsivi solo agli stimoli presentati all’occhio rimasto aperto e si osserva un’alterazione anatomica delle colonne di dominanza oculare (Shatz, 1990), in parallelo ad una consistente compromissione dell’acuità visiva dell’occhio deprivato, nota come ambliopia (Odom, 1983). Tale

(5)

menomazione non è dipendente da lesioni alla retina né al target delle fibre retiniche, il corpo genicolato laterale, bensì ad alterazioni della struttura stessa della corteccia visiva primaria; la chiusura di uno dei due occhi durante il periodo critico comporta l’espansione delle colonne innervate dalle fibre provenienti dall’occhio aperto a spesa delle colonne che ricevono afferenze dall’occhio chiuso. Nel caso di animali come il topo, nei quali non esiste un’organizzazione di tipo colonnare delle afferenze dei due occhi, viene modificata la distribuzione dei neuroni nelle sette differenti classi di dominanza oculare, con un aumento sensibile delle cellule che rispondono a stimoli provenienti dall’occhio aperto e con la perdita dei neuroni binoculari (Bear and Rittenhouse, 1999) (Fig.1).

Questa variazione nell’assetto delle classi neuronali sembra dipendere dall’assenza d’attività delle fibre che innervano i neuroni che rispondono all’occhio deprivato, dalla riduzione dell’inibizione laterale che ne consegue e dalla competizione fra fibre provenienti dai due occhi (Hensch, 2005)

Recenti studi mettono in discussione il ruolo dell’attività neuronale negli stadi iniziali dello sviluppo delle caratteristiche anatomiche del sistema visivo.

I processi che inducono la formazione degli strati nel genicolato laterale e delle bande grossolane di dominanza oculare negli stadi 4 della corteccia visiva primaria (le future colonne di dominanza oculare in alcune specie) potrebbero essere indipendenti dall’esperienza visiva (Crowley and Katz, 2002).

Esistono infatti nuove evidenze sperimentali che sembrano indicare come, già prima del periodo critico, le afferenze talamiche siano raggruppate in strutture che daranno in seguito le colonne di dominanza oculare (Hensch, 2005).

Tuttavia non è messo in discussione il ruolo dell’attività visiva nel trasformare le primitive reti di connessioni neurali in un’organizzazione matura e funzionante e nel consolidare l’attività dei neuroni delle vie visive (Sengpiel and Kind, 2002).

Tornando agli esperimenti di deprivazione monoculare, si è visto che per convertire gli effetti fisiologici in modificazioni anatomiche, la riorganizzazione della struttura colonnare corticale, le connessioni fra neuroni devono essere modificate a livello strutturale e che questa modifica richieda anche la rimozione di fattori extracellulari.

Le proteasi sono collegate a questa attività di pulizia che consente la crescita di nuove connessioni e, in particolare, l’attivatore tissutale del plasminogeno (tPA) appare essere la principale proteasi operante nel cervello dei mammiferi durante lo sviluppo post-natale (Hensch, 2005).

L’attivazione del tPA nell’area V1 inizia dopo due giorni di deprivazione monoculare durante il periodo critico ed è fondamentale affinché vi sia un normale livello di plasticità per la dominanza oculare; l’inibizione dell’attività del tPA infatti, produce la diminuzione dei fenomeni plastici correlati alla deprivazione.

(6)

La plasticità morfologica, ovvero il riarrangiamento delle colonne di dominanza oculare, inizia dai dendriti apicali postsinaptici delle cellule piramidali, dove le spine servono da siti pleiomorfici per sinapsi eccitatorie.

La motilità delle spine dendritiche diminuisce con l’età nella corteccia visiva, ma la deprivazione monoculare durante il periodo critico provoca un aumento della dinamicità di tali strutture già al secondo giorno (Hensch, 2005).

La somministrazione diretta di tPA in individui adulti provoca un aumento della motilità delle spine dendritiche, indicando che proprio tale enzima potrebbe essere il substrato endogeno responsabile della mediazione degli effetti dell’esperienza sul riarrangiamento delle spine.

Come già anticipato, al terzo giorno di deprivazione monoculare aumenta la degradazione proteolitica della matrice extracellulare e delle proteine d’adesione cellulare, prima che si sia verificato un apprezzabile spostamento della dominanza oculare.

Quattro giorni di assenza di stimoli visivi causano l’eliminazione del repertorio di spine dendritiche dei neuroni post-sinaptici che ricevono afferenze dall’occhio deprivato e, di conseguenza, la perdita completa della responsività di suddette cellule.

In seguito a questa sorta di potatura dei terminali post-sinaptici, gli assoni che trasmettono segnali dall’occhio deprivato si ritraggono, prima che le afferenze dall’occhio sano incomincino a migrare nelle regioni dendritiche sgombrate dall’azione del tPA (Antonini et al., 1999).

In fine, con il declino dell’attività proteolisica, dopo una settimana di deprivazione monoculare, gli assoni dell’occhio aperto si espandono, nuove spine crescono e recuperano una densità normale.

Come ci si aspetterebbe da un evento esclusivo del periodo critico, la densità delle spine nell’adulto, e negli individui che non esprimono il tPA, non varia in seguito ad un evento deprivativo.

Verosimilmente la motilità delle spine e la riduzione della densità delle stesse riflette l’interazione competitiva vigente fra i due occhi, come dimostra il fatto che non si verifichi nei segmenti monoculari adiacenti che ricevono fibre afferenti dallo stesso occhio (Oray et al., 2004; Mataga et al., 2004).

(7)

I.1.2 Plasticità nel sistema visivo durante il periodo critico

Le alterazioni delle funzioni visive dovute a deprivazioni dell’esperienza visiva possono essere corrette solo in tempi brevi, altrimenti i danni alla visione diventano permanenti. Da queste considerazioni emerge l’esistenza di una finestra temporale durante lo sviluppo post-natale, chiamata periodo critico, importante per il corretto sviluppo delle funzioni visive.

La durata del periodo critico nell’uomo è controversa; sembra che l’esperienza visiva sia fondamentale dopo i 3 anni di età per un normale sviluppo dell’acuità visiva, in ogni caso la durata del periodo critico è correlata con la durata della vita e con la complessità del cervello delle diverse specie (Berardi et al.,2000) (Fig. 2).

Nel sistema visivo, il periodo critico più studiato è quello per gli effetti della deprivazione monoculare sulla distribuzione di dominanza oculare dei neuroni corticali. Durante tale periodo si formano le connessioni corticali e i circuiti neurali sono altamente plastici e dipendenti dall’esperienza visiva; alla chiusura del periodo critico la plasticità diminuisce in parallelo alla maturazione delle funzione visive; l’acuità visiva tende a svilupparsi durante il periodo critico per la dominanza oculare e il valore finale dell’acuità visiva viene raggiunto alla chiusura del periodo, in concomitanza della completa maturazione dei circuiti corticali.

La deprivazione monoculare al di fuori del periodo critico non comporta nessun cambiamento nella distribuzione di dominanza oculare, il che dimostra la stretta correlazione fra fenomeni plastici e periodo critico.

La durata del suddetto può essere regolata da fattori neurotrofici (come il BDNF, appartenenti alla famiglia dei fattori di crescita) ma l’esperienza visiva stessa può essere determinante, come infatti viene evidenziato in animali allevati al buio, che sono sensibili alla deprivazione monoculare per un tempo più lungo rispetto al normale, dimostrando come la mancanza di esperienza visiva prolunghi la durata dell'intervallo temporale durante il quale vi possono essere alterazioni delle funzioni visive (Berardi et al.,2000).

(8)

I.2 I MECCANISMI MOLECOLARI CHE REGOLANO LA PLASTICITÀ IN CORTECCIA VISIVA

I.2.1 L’attività elettrica: i recettori NMDA

Come detto l’azione dell’esperienza visiva sullo sviluppo dei circuiti nervosi implica cambiamenti plastici delle connessioni sinaptiche (Berardi et al., 2003).

Un modello abbastanza accettato dei fenomeni di plasticità sinaptica è quello di Hebb. Secondo tale modello la capacità delle fibre afferenti di consolidare ed eventualmente espandere le proprie connessioni con i neuroni post-sinaptici dipende proprio dalla coordinazione fra le scariche delle fibre stesse e dei neuroni post-sinaptici.

Lo sviluppo dei circuiti corticali verrebbe così regolato dall’equilibrio fra due meccanismi che mettono in relazione le fibre afferenti dei due occhi o di un occhio solo: rispettivamente la competizione e la cooperazione.

In condizioni normali i raggi luminosi stimolano le retine simultaneamente e i potenziali d’azione raggiungono i medesimi target corticali nello stesso tempo; non c’è asimmetria nel livello di stimolazione delle due vie parallele e le connessioni si consolidano per entrambe.

In condizioni patologiche o sperimentali in cui questa uniformità viene meno, per effetto della competizione, le fibre dell’occhio sano stabiliscono connessioni a scapito delle fibre provenienti dall’occhio menomato.

La scarsissima attività di quest’ultime determina lo spostamento della sensibilità di molti neuroni corticali verso gli stimoli provenienti dall’occhio sano.

I meccanismi che determinano tale fenomeno di plasticità in corteccia visiva, durante il periodo critico, non sono ancora del tutto chiari. Sicuramente le prime modificazioni indotte dall’esperienza visiva riguardano le sinapsi.

I recettori NMDA sono voltaggio dipendenti a causa del blocco del canale operato dallo ione magnesio che viene rimosso solo in seguito a depolarizzazioni.

(9)

Le correnti passanti per il canale riguardano sodio, potassio e anche calcio; in particolare l’influsso di calcio è correlato all’attività coordinata dei terminali pre e post-sinaptici e può causare l’attivazione di numerose vie di traduzione importanti per i fenomeni di plasticità.

Il blocco farmacologico dei recettori NMDA a permesso di indagare il ruolo degli stessi all’interno dei fenomeni di plasticità in corteccia visiva (Bear et al., 1990); ad esempio, nel gatto l’inibizione di questi recettori causa l’assenza degli effetti sulla struttura corticale normalmente riscontrati in seguito a deprivazione monoculare, dimostrando il coinvolgimento degli NMDA-R nella plasticità visiva.

Nelle prime fasi dello sviluppo i recettori NMDA sono formati dalle subunità NR1 e NR2B, successivamente al posto di quest’ultima troviamo la subunità NR2A; tale subunità causa una riduzione della corrente passante per il canale.

Come dimostrato dagli esperimenti di Quinlan (Quinlan et al., 1999), negli animali cresciuti al buio si ha una diminuzione della presenza della subunità NR2A che viene meno una volta esposti gli animali alla luce, suggerendo un ruolo dell’esperienza visiva nel determinare la composizione delle subunità dei recettori NMDA in corteccia visiva.

La comparsa della subunità NR2A sembra poter essere accoppiata alla chiusura del periodo, anche se in tal senso non mancano evidenze che sembrano sconfessare suddetta tesi (Fagiolini et al., 2003).

I.2.2 Il ruolo delle neurotrofine

Le neurotrofine importanti nei fenomeni di plasticità nel sistema nervoso appartengono alla famiglia dei fattori di crescita nervosi e sono: l’NGF (fattore di crescita nervoso) il BDNF(fattore neurotrofico derivato dal cervello) e NT-3 e NT-4 (neutrofina 3 e 4); ciascuna neurotrofina lega un particolare recettore tiroxina chinasico (trkA per l’ NGF, trkB per il BDNF).

Le neurotrofine, come è noto, rivestono un ruolo importante nello sviluppo post-natale delle strutture nervose e in particolare nello sviluppo della dominanza oculare. Un’ipotesi è infatti che i fenomeni competitivi che si conosce essere alla base degli effetti della deprivazione monoculare riguardino l’ottenimento dei fattori neurotrofici.

(10)

Le fibre talamiche competerebbero dunque per ottenere una risorsa indispensabile e presente in quantità limitate stimolando, con la propria attività, la produzione e il rilascio della risorsa stessa da parte dei neuroni bersaglio.

Le fibre provenienti dall’occhio deprivato presentano un livello d’attività deficitario rispetto al livello delle fibre sane e questo si traduce, secondo il modello, in una insufficiente stimolazione delle cellule bersaglio e in un inadeguato ottenimento di neurotrofine; la conseguenza ultima consiste nel decadimento delle fibre dell’occhio deprivato (Berardi and Maffei, 1999).

Se questo modello è corretto, la somministrazione di neurotrofine dall’esterno dovrebbe arrestare i fenomeni di plasticità nella corteccia controlaterale all’occhio deprivato, ed è effettivamente ciò che accade.

Le neurotrofine si candidano dunque come uno dei fattori in grado, proprio perché modulabili dall’esperienza, di tradurre gli stimoli visivi in modificazioni della corteccia visiva.

Negli animali allevati al buio la somministrazione di NGF causa il recupero delle facoltà visive, quali l’acuità o la dimensione dei campi recettivi, suggerendo che sia la perdita d’esperienza visiva e, dunque, il decremento delle neurotrofine a determinare l’immaturità delle strutture corticali tipica degli animali posti in queste condizioni (Pizzorusso et al., 2000).

I meccanismi che mediano, a livello cellulare, l’attività delle neurotrofine sono ancora da definire;

verosimilmente il rilascio delle neurotrofine è dipendente dall’attività elettrica, come dimostra il fatto che animali allevati al buio presentano livelli di fosforilazione dei recettori tirosin-chinasici inferiori rispetto agli animali esposti alla luce e che tale livello torna ad essere normale in seguito ad una breve esposizione alla luce (Viegi et al., 2002).

La mancanza di esperienza visiva inciderebbe quindi sul rilascio delle neurotrofine che, a sua volta, ha conseguenze sul potenziamento della trasmissione sinaptica delle vie deprivate. Per esempio nella corteccia visiva in maturazione, le neurotrofine NGF e BDNF possono far rilasciare i neurotrasmettitori da sinaptosomi, ma solo in presenza di una depolarizzazione.

L’NGF potenzia il rilascio dell’acetilcolina e del glutammato con preferenza per il glutammato, il BDNF, oltre che su questi neurotrasmettitori, agisce anche sul rilascio del GABA, rivelando un’azione di questa neurotrofina sul sistema inibitorio che approfondiremo in seguito.

Le neurotrofine possono inoltre causare modificazioni strutturali dei terminali sinaptici che stanno alla base della formazione di nuove connessioni.

Questo significa che i fattori neurotrofici potrebbero anche regolare le modificazioni a lungo termine delle sinapsi associate ai fenomeni di plasticità; alla base del potenziamento dei terminali dell’occhio aperto

(11)

potrebbe esserci la formazione di nuove spine (Poo, 2001).

Infine le neurotrofine potrebbero causare l’attivazione di vie di trasduzione, come ad esempio la via che conduce a CREB, importanti per i fenomeni di plasticità sinaptica corticali, agendo di concordo con l’esperienza visiva.

I.2.3 Il BDNF e il sistema inibitorio nella plasticità corticale

Una delle ipotesi formulate per spiegare quali meccanismi determinino l’inizio e la fine del periodo critico riguarda il bilancio tra eccitazione ed inibizione (Berardi et al., 2003).

L’importanza di tale bilancio nei fenomeni di plasticità in corteccia visiva è stata indagata in numerosi studi, in particolare nel lavoro di Hensch (Hensch et al. 1998) topi transgenici privi dell’isoforma dell’enzima che sintetizza il GABA (GAD65) non presentavano il consueto spostamento di dominanza oculare in seguito a deprivazione monoculare.

In questi animali viene ridotta la capacità di sintesi e, dunque, di rilascio del GABA nei terminali pre- sinaptici; la somministrazione di benzodiazepine, che potenziano la trasmissione gabaergica, induce il recupero del fenotipo classico, suggerendo che sia l’assenza di attività inibitoria a causare il ritardo nell’inizio del periodo critico e che sia dunque necessario il raggiungimento di una certa soglia di inibizione affinché il periodo critico abbia inizio (Berardi et al., 2003).

Il BDNF ha un ruolo riconosciuto nella stimolazione del sistema inibitorio; la funzione di questa neurotrofina sembra quindi essere assai diversa rispetto a quella dell’NGF.

Topi che sovra-esprimono il BDNF presentano una maturazione della corteccia più rapida, infatti vi è uno sviluppo precoce dell’acuità visiva e una chiusura del periodo critico per la dominanza oculare anticipata.

Sovra-espressione del BDNF vuol dire accelerare lo sviluppo del sistema gabaergico inibitorio (Huang et al., 1999) e, sulla base di quanto riferito in precedenza, raggiungere prima la soglia d’inibizione necessaria a promuovere l’inizio del periodo critico.

Lo sviluppo anticipato del sistema inibitorio determina anche la chiusura precoce del periodo critico, delineando la possibilità che insieme a una soglia d’inibizione per l’inizio esista anche una soglia d’inibizione per la fine dell’intervallo di massima plasticità.

Alcuni studi rivelano come la maturazione del sistema inibitorio sia ritardata negli animali allevati al buio (dark-reared), ed è possibile che questo contribuisca a ritardare lo sviluppo della corteccia stessa.

(12)

Negli animali dark-reared è stata anche osservata una diminuzione del BDNF e questo ha spinto gli studiosi a valutare gli effetti sullo sviluppo corticale della una sovra-espressione della neurotrofina; i risultati rivelano che gli animali transgenici che sovra-esprimono il BDNF presentano valori di acuità visiva e dimensioni dei campi recettivi non dissimili da quelli osservati in topi coetanei allevati in condizioni normali (Gianfranceschi et al., 2003). La presenza del BDNF sembra dunque compensare la mancanza di stimolazione visiva.

Ad ulteriore supporto della teoria che l’alterazione della maturazione dei circuiti inibitori influisca sulla tempistica del periodo critico, negli animali allevati al buio in cui l’inibizione è ridotta, si osserva un prolungamento della durata del periodo critico.

Tuttavia, il dato non viene confermato dagli animali che sovra-esprimono BDNF e che vedono recuperata l’inibizione gabaergica, per i quali il periodo critico si chiude nei tempi canonici.

I.2.4 Le vie di trasduzione legate alla plasticità in corteccia visiva

I fattori molecolari finora descritti implicati nei fenomeni di plasticità sinaptica, portano all'attivazione di una serie di vie di segnale che trasducono intracellularmente le informazioni che la cellula riceve dall'esterno. In particolare gli studi hanno permesso di identificare tre chinasi il cui ruolo sembra essere determinante nei fenomeni di trasduzione del segnale: αCaMKII, PKA e ERK. Pur se attivate da segnali differenti l'attività di questi tre enzimi è fortemente interconnessa.

La chinasi αCaMKII (chinasi calcio calmodulina dipendente di tipo II) è abbondante nella densità post- sinaptica delle sinapsi eccitatorie; la sua attivazione è dovuta al legame fra calmodulina e il calcio che entra attraverso i recettori NMDA. In seguito all'attivazione la chinasi si autofosforila assumendo uno stato attivo più duraturo, indipendente dalla concentrazione del calcio, caratteristica importante per i fenomeni di plasticità a lungo termine.

Topi transgenici con una forma mutata dell’αCaMKII, priva del dominio autofosforilativo, che vengano deprivati monocularmente presentano una ridistribuzione di dominanza oculare diversa da quella di individui deprivati wild-type (Taha et al., 2002), a dimostrazione dell'importanza di questa chinasi, come della PKA e di ERK, nel fenomeno della plasticità di dominanza oculare.

La PKA (proteina cAMP dipendente) riveste un ruolo di primo piano nei fenomeni di plasticità sinaptica.

Come evidenziato dagli studi di Beaver e collaboratori (Beaver et al., 2001) la PKA è una componente della

(13)

via di trasduzione che regola la plasticità durante il periodo critico; infatti la somministrazione di un inibitore della PKA in corteccia visiva di animali deprivati monocularmente provoca l'arresto del processo di spostamento di dominanza oculare, a favore dell'occhio non deprivato, che si verifica normalmente in seguito a questo tipo di operazione.

L'ultima delle tre chinasi prese in considerazione coinvolte nei fenomeni di plasticità sinaptica della corteccia visiva è ERK (Di Cristo et al., 2001). L'attivazione di ERK (chinasi regolate da segnali extracellulari) è una condizione imprescindibile per i cambiamenti plastici che si verificano durante il periodo critico, come evidenziato dal trattamento di topi deprivati monocularmente con l'inibitore di MEK, chinasi che attiva ERK, U0126; la somministrazione dell'U0126 inibisce gli effetti della deprivazione monoculare sullo spostamento di distribuzione di dominanza oculare, impedendo che questa abbia luogo.

Gli effetti dell'inibitore sono specifici per la plasticità in quanto non ve n'è alcuno che riguardi le proprietà funzionali visive, come campi recettivi ed acuità visiva (Di Cristo et al., 2001).

Come già accennato in precedenza le vie di trasduzione che portano all'attivazione di queste tre chinasi sono interconnesse e in particolare la vie dell' αCaMKII e della PKA convergono nell'attivazione della via di ERK.

La chinasi αCaMKII infatti induce l’attivazione della via di ERK tramite la proteina SynGAP associata ai recettori NMDA (Grewal et al., 1999).

Invece la PKA, anch'essa a monte della via di ERK, permette la traslocazione di ERK e di RSK, una chinasi a valle di ERK, nel nucleo nei neuroni ippocampali (Impey et al., 1998); un'ulteriore prova che suggerisce l’esistenza di un legame tra ERK e la PKA è riportata in studi sulla corteccia visiva in cui la somministrazione di inibitori dell’AMP ciclico attenua fortemente l’attivazione di ERK in seguito a stimolazione visiva (Cancedda et al., 2003).

(14)

I.3 La via di ERK: trasduzione di segnali diversi con un obiettivo comune, la trascrizione genica

La via di trasduzione del segnale che coinvolge l’attivazione delle proteine chinasi attivate da mitogeni (MAPK) è una via di segnalazione intracellulare attivata da fattori di crescita, ormoni, stress ecc., che mostra una alto grado di conservazione nell’evoluzione. Dal lievito all’uomo, la via della MAPK è organizzata in moduli conservati, formati dall’attivazione sequenziale di diverse chinasi (Widmann et al., 1999) (Fig. 3).

Tra le differenti vie di MAPK, la via che coinvolge le chinasi ERK 1 e 2 è la più studiata nei mammiferi.

Queste chinasi hanno un ruolo importante nei fenomeni di crescita e differenziamento cellulare di numerosi tipi cellulari.

Le due isoforme di ERK vengono attivate da stimoli che convergono su proteine G come Ras; l'attivazione di Ras innesca una cascata di chinasi che inizia con l'attivazione di RAF, prosegue con la fosforilazione di residui di serina o treonina di MEK 1 e 2 e termina con la fosforilazione, su residui di tirosina o treonina, di ERK 1 e 2. Quest'ultimo passaggio è estremamente specifico, essendo ERK l'unico substrato conosciuto di MEK (Thomas and Huganir, 2004).

Come abbiamo già detto la via di ERK è molto attiva nel sistema nervoso dove ha un ruolo nei fenomeni di plasticità e nello sviluppo; i fattori in grado di attivare questa particolare via sono molteplici, dalle neurotrofine all'attività elettrica neuronale.

In particolare, numerosi studi hanno dimostrato che nei neuroni l'attivazione di alcuni recettori sinaptici, siano ionotropici o metabotropici, regola finemente la via di ERK. Fondamentale importanza nel collegare l'attività sinaptica e la depolarizzazione con l'attivazione di ERK hanno il calcio e il cAMP.

Dai recettori ionotropici degli NMDA, o dai canali voltaggio dipendenti, si ha un influsso di calcio che interviene nella cascata di ERK, a livello del Ras; l'aumento del calcio infatti, determina l'attivazione di Ras e della cascata che coinvolge RAF, MEK e ERK descritta precedentemente (Thomas and Huganir, 2004).

Non è ancora chiaro come l'ingresso di calcio possa determinare un aumento dello stato attivo di Ras, l'ipotesi è che siano implicati dei fattori GEF o GAP calcio-dipendenti (Cullen and Lockyer, 2002).

L'attivazione di ERK può essere anche mediata da recettori metabotropici accoppiati a proteine G, come i recettori β−adrenergici, i recettori muscarinici per l'acetilcolina e alcuni recettori del gruppo1 per il glutammato.

Anche in questo caso i meccanismi molecolari che permettono l'attivazione della via di ERK sono poco

(15)

chiari; si pensa che l'attivazione di PKA e PKC ad opera dei diversi secondi messaggeri attivati dai recettori metabotropici possa rappresentare il passaggio chiave per arrivare all'attivazione di ERK (Berkeley and Levey, 2003).

In conclusione, l'esperienza visiva può causare l'attivazione della via di ERK attraverso diversi segnali, in corteccia visiva; resta da capire quale siano i bersagli di ERK.

I.3.1 ERK nei fenomeni di plasticità sinaptica

Numerosi studi hanno dimostrato come ERK abbia un ruolo fondamentale nella plasticità sinaptica.

Gli studi sul mollusco Aplysia e i fenomeni di facilitazione a lungo termine (Kandel, 2001; Bailey et al., 2004) o sui fenomeni di potenziamento a lungo termine in ippocampo dimostrano un coinvolgimento di ERK nella trasduzione dei segnali che portano a queste forme di plasticità.

In particolare il LTP è una forma di plasticità sinaptica molto importante anche per quel che riguarda i fenomeni di plasticità nella corteccia visiva.

Il potenziamento a lungo termine (LTP) è una forma di modificazione duratura delle connessioni nervose determinata da un treno di stimoli ad alta frequenza, nel terminale presinaptico, che si traduce in un aumento dell'ampiezza dei potenziali postsinaptici; si distinguono un LTP precoce, della durata di poche ore, e un LTP tardivo, che dura almeno 24h e richiede sintesi proteica.

Nei fenomeni di LTP tardivo, è stata osservata in vivo l’attivazione di ERK nel giro dentato dell’ippocampo;

tale fosforilazione di ERK avviene in concomitanza della fosforilazione dei due fattori di trascrizione CREB ed ELK e dell’espressione di geni precoci come zif268.

L’inibizione di ERK blocca la fosforilazione dei fattori di trascrizione CREB e ELK e, di conseguenza, l’espressione genica, causando il decadimento precoce dell’LTP (Davis et al., 2000).

Esperimenti analoghi condotti in corteccia visiva hanno dimostrato come l'inibizione della via di ERK, mediante la somministrazione dell'U0126, impedisca l'insorgere dell'LTP.

(16)

I.3.2 L'attivazione del fattore di trascrizione CREB

Tanto la PKA quanto ERK traslocano nel nucleo e attivano il fattore di trascrizione CREB, molto importante per indurre la trascrizione di geni interessati nei fenomeni di plasticità a lungo termine e in particolare nella plasticità di dominanza oculare.

Se si nutrono dei dubbi sulla capacità dell' αCaMKII di attivare CREB in corteccia visiva non ve n'è alcuno sul fatto che le vie di PKA ed ERK siano in grado di farlo autonomamente.

Tuttavia osservazioni sperimentali suggeriscono che la via principale nell'attivazione di CREB in corteccia visiva sia la via di ERK; il dato fondamentale, che avvalora suddetta tesi, ci viene fornito dall'esperimento di Cancedda e collaboratori (Cancedda et al., 2003) nel quale la somministrazione di un inibitore di ERK a topi transgenici con un gene reporter, espresso in corteccia visiva, sotto il controllo esclusivo della sequenza CRE, a cui si lega il CREB, provoca l'inibizione della trascrizione genica mediata dal CREB.

Negli stessi topi l'utilizzo di un bloccante della PKA produce solamente una riduzione dell'espressione genica CREB-dipendente, probabilmente correlata alla diminuzione della fosforilazione di ERK da parte della stessa PKA (Cancedda et al., 2003).

In conclusione, la via di ERK si presenta come una buona candidata per mediare l’azione di diversi stimoli esterni (dall’attività elettrica all’azione delle neurotrofine) e rappresentare un fattore su cui possono convergere varie vie di trasduzione. La via di ERK, inoltre, è in grado di regolare l’attivazione di CREB e di altri fattori di trascrizione e, tramite questi, l'espressione genica; rappresenta dunque la via di collegamento fra segnali esterni e quella serie di modificazioni, dipendenti dall'espressione genica, che sono alla base della plasticità sinaptica e della maturazione della corteccia visiva durante il periodo critico.

I.3.3 L'attivazione di CREB da parte di MSK e RSK

La fosforilazione di ERK da parte di MEK permette la dimerizzazione della MAPK.

Sotto forma di dimero ERK trasloca nel nucleo dove regola l'attività di vari fattori di trascrizione come ELK e CREB (Sweatt, 2001). In particolare, di grande interesse è l'attivazione di CREB a causa dell'importanza di quest'ultimo in diverse forma di apprendimento e memoria (Lonze and Ginty, 2002; Korzus et al., 2004;

(17)

Levenson et al., 2004a).

L'attivazione di CREB non è regolata direttamente dal dimero ERK ma avviene attraverso l'attivazione di due chinasi, RSK e MSK, che sembrano agire in condizioni e regioni cerebrali differenti.

Si pensa che RSK sia responsabile dell'attivazione del fattore di trascrizione in risposta a fattori di crescita, come dimostrano esperimenti di sovra-espressione di mutanti inibitori di RSK o di delezione della chinasi stessa, che provocano una mancata fosforilazione di CREB in risposta al fattore di crescita epidermico (EGF) (Xing et al., 1996).

MSK è una chinasi localizzata esclusivamente nel nucleo, dove può fosforilare la serina 133 di CREB (Deak et al., 1998); sembra essere particolarmente attiva nel nucleo soprachiasmatico, dov'è attivata in seguito a stimolazione luminosa, e nel sistema nervoso centrale in risposta alle neurotrofine (Butcher et al., 2005;

Arthur et al., 2004).

CREB (proteina che lega CRE) appartiene alla famiglia dei fattori di trascrizione a cerniera di leucine. Ha un dominio C-terminale basico, che media il legame al DNA, e un dominio a cerniera di leucine, che facilita la dimerizzazione (Lonze and Ginty, 2002), indispensabile per legare la sequenza CRE (elemento di risposta al cAMP), TGACGTCA.

CREB α e CREB Δ, le due isoforme del CREB, possiedono altri domini con una certa rilevanza funzionale:

Q1 e Q2/CAD, domini attivi costitutivamente e, in mezzo fra i due, KID, dominio chinasico inducibile.

La serina 133, fosforilata in risposta a numerosi stimoli, si trova nel dominio KID; la fosforilazione del CREB permette il legame fra quest'ultimo e il dominio KIX del coattivatore trascrizionale CBP.

CBP si lega al CREB e recluta componenti fondamentali per la trascrizione genica, inoltre possiede un'attività acetiltransferasica che ha come bersaglio gli istoni, la cui acetilazione comporta rimodellamento della cromatina e attivazione della trascrizione genica.

L'attivazione del CREB viene richiesta per le modificazioni a lungo termine nei fenomeni di plasticità sinaptica per le quali è necessaria l’espressione di nuovi geni.

Il CREB sembra ricoprire un ruolo importante nei fenomeni di plasticità della dominanza oculare in corteccia visiva, infatti durante la deprivazione monoculare la trascrizione del LacZ, gene reporter sotto il controllo delle sequenze CRE (che vengono legate da CREB), aumenta nei neuroni che ricevono afferenze dall’occhio aperto (Pham et al., 1999).

In animali deprivati monocularmente, l'inibizione della via di CREB impedisce il normale spostamento della dominanza oculare verso l'occhio non deprivato, il che dimostra quanto la funzione di CREB sia necessaria per la plasticità di dominanza oculare (Mower et al., 2002).

(18)

I.4 Le modificazioni epigenetiche e l'espressione genica

Durante lo sviluppo degli organismi pluricellulari, cellule e tessuti differenti acquisiscono differenti programmi d'espressione genica.

Si pensa che alla base, questo processo sia regolato dalle modificazione epigenetiche (metilazione, acetilazione, fosforilazione, ubiquitinizzazione, ribosilazione) del DNA e delle proteine, istoniche e non istoniche, che legano la cromatina (Bird, 2002; Li, 2002).

In questo modo ciascun differente tipo di cellula del nostro corpo possiede una propria specifica impronta epigenetica che riflette il genotipo, la storia del suo sviluppo e l'influenza dell'ambiente e si riflette, in ultima analisi, nel fenotipo della cellula stessa e in generale, se consideriamo l'insieme, dell'organismo.

Per la maggior parte delle cellule del nostro corpo, una volta differenziate o uscite dal ciclo cellulare, tali modificazioni diventano permanenti.

Tuttavia in condizioni di normale sviluppo o durante alcune malattie, talune cellule sottostanno ad un processo di riprogrammazione epigenetica che si traduce nella rimozione o sostituzione dell'impronte epigenetiche consolidate (Rideout et al., 2001; Surani, 2001).

Quest'evento accade, ad esempio, durante la fertilizzazione, nelle cellule germinali primordiali e in tutti i casi in cui vi sia un dedifferenziamento delle cellule (Morgan et al., 2005).

Le modificazioni epigenetiche sono però soprattutto un importante fattore di regolazione dell'espressione genica durante lo sviluppo post-natale e nell'età adulta, legato ai fenomeni di plasticità.

Numerosi studi suggeriscono che la regolazione della struttura della cromatina sia un importante passaggio nel processo di modulazione della trascrizione e nella facilitazione delle modificazioni a lungo termine della fisiologia neuronale (Crosio et al., 2000; Crosio et al., 2003); la modificazione della struttura della cromatina permetterebbe alterazioni significative dell'espressione genica, soprattutto nel sistema nervoso.

Il bersaglio più efficace per alterare la struttura della cromatina sono gli istoni ; le proteine istoniche sono quattro e costituiscono una struttura chiamata nucleosoma o ottamero istonico, formata da un tetramero H3-H4 e due dimeri H2A-H2B; 146 bp di DNA avvolte intorno al nucleosoma prendono il nome di cromatina.

A causa della loro basicità, gli istoni interagiscono con le cariche negative del DNA e formano legami molto stabili che hanno l'effetto di impacchettare la molecola di DNA, rendendola difficilmente accessibile ai fattori di trascrizione e alle altre molecole coinvolte nei processi di trascrizione.

Nelle regioni N-terminali delle proteina istoniche vi sono però siti capaci di subire modificazioni post-

(19)

traduzionali, quali l'acetilazione e la fosforilazione, che hanno il potere di neutralizzare le cariche positive degli istoni e di destabilizzarne pertanto l'interazione col DNA.

Cambiamenti apprezzabili nella struttura della cromatina sono stati riscontrati, ad esempio, nel nucleo soprachiasmatico in seguito a stimolazione luminosa o nella corteccia insulare e nell'ippocampo nel processo di formazione della memoria a lungo termine (Crosio et al., 2000; Crosio et al., 2003).

Questi dati indicano che la struttura della cromatina nel sistema nervoso è dinamica e suggeriscono la possibilità che essa stessa sia bersaglio dei meccanismi di trasduzione dei segnali associati alla plasticità (Levenson et al., 2004a).

Di conseguenza fra le diverse modificazioni epigenetiche particolare interesse rivestono le reazioni capaci di alterare la struttura del DNA.

Fosforilazione

Il legame di un gruppo fosfato è in grado di modificare lo stato delle proteine tanto stimolandone quanto inibendone l'attività.

All'interno del panorama delle modificazioni epigenetiche la fosforilazione svolge un ruolo nell'attivazione della cromatina, agendo sulle proteine istoniche.

Ad esempio, nei neuroni ippocampali la stimolazione con farmaci agonisti dei recettori dopaminergici e muscarinici per Ach induce la fosforilazione sulla serina 10 dell'istone H3, correlata all'attivazione di ERK, e la concomitante trascrizione del c-fos (Crosio et al.,2003); la fosforilazione dell'istone H3 è in grado di modificare lo stato della cromatina e di facilitare l'espressione genica e può essere mediata da RSK e da MSK, chinasi a valle nella via di ERK; le fosfatasi PP1 e PP2A invece rimuovono il gruppo fosfato regolando negativamente i livelli di fosforilazione dell'istone H3 (Levenson and Sweatt, 2005).

La presenza della fosforilazione di H3 correlata all'attivazione del fattore di trascrizione c-fos è stata dimostrata anche da alcuni studi su fibroblasti stimolati da fattori di crescita; altri studi mostrano la fosforilazione di H3 nei neuroni del nucleo soprachiasmatico, in questo caso impulsi luminosi inducono la fosforilazione dell'istone in quegli stessi neuroni in cui viene riscontrata l'espressione del gene c-fos e del gene per, implicato nella regolazione dei ritmi circadiani (Nowak and Corces, 2004).

(20)

Metilazione

La metilazione del DNA è una modificazione epigenetica coinvolta nel controllo di svariate funzioni cellulari, consiste nel legame covalente fra un gruppo metile e il carbonio 5' della citosina.

Il patter di metilazione del DNA può variare durante lo sviluppo in seguito all'attivazioni di vie di segnale specifiche, dando luogo a fenomeni di plasticità.

L'aggiunta di gruppi metile alla molecola di DNA provoca il compattamento della cromatina e il conseguente silenziamento dell'espressione genica, la metilazione non ha però nel DNA il suo unico bersaglio; i residui di lisina degli istoni H3 e H4 sono infatti target di metiltransferasi specifiche (Lachner and Jenuwein, 2002).

A quanto sembra la metilazione dell'istone H3 è intimamente connessa allo stato di metilazione del DNA della particolare regione di cromatina in cui ha luogo e in particolare gli studi indicano la presenza di un legame di interdipendenza fra la metilazione della lisina 9 di H3 e la metilazione della porzione di DNA corrispondente (Geiman and Robertson, 2002).

Acetilazione

Numerosi studi dimostrano come l’acetilazione della cromatina sia essenziale per indurre alti livelli di trascrizione genica e di come esista una correlazione positiva tra il livello di acetilazione degli istoni e l'espressione genica (Allfrey, 1964); pertanto l'aumento dell'attività dell'istone acetiltransferasi viene considerato un evento da cui non si può prescindere affinchè abbia luogo la trascrizione genica (Davie and Spencer, 1999).

L’acetilazione degli istoni avviene sui residui N-terminali delle classi H2B, H3 e H4 ed è regolata dall’equilibrio fra l'attività di due enzimi: l’istone acetiltransferasi (HATs), che trasferisce tramite l'acetilCoA un gruppo acetile alla lisina e l’istone deacetilasi (HDACs), entrambi reclutati localmente dalle proteine legate al DNA.

L'effetto dell'acetilazione degli istoni è il rimodellamento della cromatina che passa da una struttura inaccessibile ad una più permissiva.

L'acetilazione degli istoni sembra essere implicata in molteplici processi che riguardano la plasticità nel sistema nervoso, in particolare numerosi studi dimostrano un coinvolgimento determinante nella formazione della memoria a lungo termine, nella risposta allo stress e nello sviluppo della dipendenza da sostanze d'abuso (Bailey et al., 1996; Impey et al., 1998; Meaney and Szyf, 2005; Kumar et al., 2005).

(21)

In un possibile modello che riassuma come i fattori epigenetici regolino l'espressione genica, il rimodellamento della cromatina e le modificazioni degli istoni agiscono per ridurre l'accesso al DNA delle DNA metiltransferasi.

La deacetilazione degli istoni è il primo traguardo nel passaggio dallo stato permissivo allo stato non permissivo della cromatina, a cui seguono successivamente la metilazione degli istoni e la metilazione del DNA; la cromatina assume così una conformazione ultra-impacchettata che inibisce ogni possibile attività di trascrizione genica (Geiman and Robertson, 2002).

I.4 Ruolo e regolazione dell'acetilazione degli istoni nel sistema nervoso centrale

I.4.1 Acetilazione e memoria

La formazione della memoria a lungo termine ha inizio con l'attivazione di numerose vie di segnale che interagiscono con i meccanismi cellulari che regolano la trascrizione genica.

Fra i tanti studi quelli che rivestono per noi il maggior interesse sono i relativi al ruolo dell'acetilazione degli istoni e della conseguente modificazione della struttura della cromatina nel consolidamento della memoria a lungo termine.

L'acetilazione dell'istone H3 nell'area CA1 dell'ippocampo viene regolata in seguito a condizionamento alla paura attraverso un meccanismo che vede implicata la via di ERK e l'attivazione dei recettori NMDA (Levenson et al., 2004).

Il condizionamento alla paura provoca l'attivazione transiente, presente a 1h dal saggio e totalmente decaduta 24h dopo, di ERK2. (Levenson et al., 2004).

La fosforilazione di ERK nell'area CA1 dell'ippocampo è dipendente dall'attivazione dei recettori NMDA, come dimostra il blocco dell'attività degli stessi e la coincidente riduzione della fosforilazione della MAPK;

allo stesso modo l'inibizione della via di MEK attraverso somministrazione, subito dopo il test di condizionamento, di SL327, inibitore selettivo di MEK che previene la formazione di memoria a lungo termine, produce la mancata attivazione di ERK (Atkins et al., 1998); se ne deduce dunque che l'attivazione della MAP chinasi è dipendente dall'attivazione dei recettori NMDA e di una chinasi, MEK, che si trova a

(22)

monte nella cascata enzimatica (Levenson et al., 2004).

L'attivazione della via della MAPK si ripercuote su numerosi fattori di trascrizione (CREB, Elk-1, c-fos) che presentano il picco d'attivazione un'ora dopo la presentazione dello stimolo incondizionato, coerentemente con la cinetica d'attivazione dello stesso ERK.

Allo stesso tempo 1h dopo il condizionamento si riscontra un incremento dell'acetilazione della Lys 14 dell'istone H3 nell'area CA1 dovuta probabilmente alla modulazione indiretta dell'attività di molecole co- regolatrici della trascrizione, quali ad esempio CBP, reclutate dai fattori di trascrizione attivati ed implicate nella modificazione dello stato della cromatina; tale incremento non sussiste 24h dopo il condizionamento dimostrando che la regolazione di H3 è transiente e ristretta al periodo in cui è indispensabile la trascrizione genica (Levenson et al., 2004a).

L'attivazione dei fattori di trascrizione e l'acetilazione di H3 appare dunque dipendere dall'attivazione di NMDA-R e ERK.

La formazione di memoria a lungo termine richiede trascrizione genica nell'area CA1 dell'ippocampo (Levenson et al., 2004b).

In assenza di nuovi stimoli i repressori della trascrizione sono più attivi degli stimolatori ed esplicano la propria funzione inibitoria attraverso il reclutamento e l'attivazione di HDACs (istone deacetilasi), responsabili della diminuzione del livello di acetilazione degli istoni e del conseguente impacchettamento della cromatina (Abel and Kandel, 1998).

La tesi è dunque che un'inibizione di HDAC possa potenziare la formazione di memoria a lungo termine nell'area CA1 e che in vivo questa inibizione dipenda dall'attivazione di CBP.

L'utilizzo di sostanze inibitrici dell'istone deacetilasi, quale la tricostatina A (TSA), provocano un aumento dell'induzione dell'LTP nelle collaterali di Schaffer dell'area CA1, fenomeno che contribuisce alla formazione della memoria a lungo termine in vivo (Levenson et al., 2004a).

E' stato dimostrato che la TSA non altera la trasmissione sinaptica basale nè l'attività dei recettori NMDA, il che significa che il potenziamento dell'LTP indotto ha luogo attraverso meccanismi extrasinaptici (Levenson et al., 2004a).

Esperimenti con inibitori reversibili della trascrizione (DRB) dimostrano come l'LTP sia dipendente dalla trascrizione stessa; successivi esperimenti che prevedono la somministrazione simultaneo di DRB e TSA indicano che anche gli effetti della tricostatina A sull'incremento dell'LTP sono dovuti alla trascizione genica.

L'insieme di questi dati dimostra come un agente che modifichi lo stato d'acetilazione degli istoni possa provocare l'aumento del potenziamento sinaptico attività-dipendente attraverso la regolazione della trascrizione (Levenson et al., 2004a).

(23)

Si è visto inoltre che la somministrazione negli animali di un altro inibitore delle HDAC, il NaB, prima del condizionamento alla paura, potenzia i meccanismi di formazione della memoria a lungo termine, provocando un aumento vistoso della risposta di freezing a 24h dalla prima presentazione dello stimolo incondizionato ma non dopo 1h (Levenson.et al., 2004a).

Questo vorrebbe dire che l'inibizione di HDAC non produce effetti nella formazione della memoria a breve termine mentre potenzia la formazione di memoria a lungo termine.

Sulla base delle conoscenze in nostro possesso possiamo dunque affermare che alterazioni della struttura della cromatina, dovute a modificazioni degli istoni, si verificano durante la formazione della memoria a lungo termine nei mammiferi e che il mimare sperimentalmente tali cambiamenti strutturali comporta il potenziamento delle vie cellulari che portano alla formazione stessa della memoria.

Forse i cambiamenti dello stato d'acetilazione degli istoni rappresentano essi stessi una sorta di memoria della cellula ma tale ipotesi va ancora indagata.

Altri esperimenti sulla formazione della memoria a lungo termine relativa all'apprendimento di nuovi sapori sono stati compiuti sui topi. In questo caso la regione cerebrale coinvolta nei fenomeni di plasticità conseguenti all'apprendimento è la corteccia insulare.

Gli studi dimostrano come, anche in questo caso, si verifichi l'attivazione della cascata delle MAP chinasi in seguito all'esperienza di un nuovo sapore e come l'attivazione di tale via sia necessaria per la formazione della memoria del nuovo sapore (Swank e Sweatt, 2001).

Topi con accesso illimitato a differenti tipi di cibo sono stati utilizzati per valutare eventuali modificazioni dello stato di acetilazione della lisina in seguito alla fomazione di memoria.

Dei topi viene valutata la fobia nel consumare nuove forme di cibo. I dati indicano che il topo forma, dopo la prima esposizione, una memoria del nuovo sapore e che questa memoria si manifesta nell'attenuazione della fobia nella seconda esposizione al cibo (Swank e Sweatt, 2001).

Questo risultato viene confermato anche da test di apprendimento in cui un determinato sapore viene associato ad una sostanza nociva quale il LiCl; nella seconda esposizione il cibo accoppiato a LiCl non viene assolutamente consumato (Swank e Sweatt, 2001).

La dimostrazione del fondamentale ruolo giocato da MAP chinasi nella formazione della memoria del nuovo sapore ci viene fornita dal fatto che l'iniezione di SL327 (inibitore di MEK, chinasi a monte nella cascata della MAP chinasi), prima dell'assunzione di un nuovo cibo mescolato a LiCl, provoca la mancanza di repulsione del cibo stesso nella seconda esposizione (Swank e Sweatt, 2001).

I topi testati con l'esposizione a nuovi sapori hanno mostrato un aumento dell'acetilazione della lisina, catalizzata da due differenti acetiltransferasi, l'istone e la lisina acetiltransferasi, anche in seguito ad una

(24)

singola esposizione della durata di 10 minuti.

Esperimenti condotti in vitro su fettine di corteccia insulare trattate con l'inibitore selettivo della via delle MAP-K, U0126, mostrano un'inibizione dell'attività della lisina acetiltransferasi e un'aumento dell'attività acetilasica che riguarda gli istoni, suggerendo l'esistenza di due vie di regolazione distinte, una positiva e una negativa (Swank e Sweatt, 2001).

L'esposizione a nuovo sapore produce un incremento bifasico della fosforilazione di MAP ed esposizioni ripetute del medesimo stimolo inducono uno stato di elevata fosforilazione persistente.

Tanto MEK quanto RSK mostrano cinetiche di attivazione simili indicando che tutta la via di ERK viene attivata. In particolare l'attivazione di RSK è molto importante perchè potrebbe rappresentare il collegamento fra modificazioni biochimiche persistenti e trascrizione genica, essendo il fattore di trascrizione CREB substrato di questa chinasi (Swank e Sweatt, 2001).

La lisina acetiltransferasi presenta un'attività MAPK-dipendente, come dimostrano gli studi in vivo e in vitro su corteccia insulare, mentre l'istone acetiltransferasi sembra essere inibita dalla via di ERK, anche se in questo caso i dati riguardano solamente studi in vitro; vi è dunque la possibilità che una via acetiltransferasica alternativa con substrati non istonici sia attiva a livello corticale.

I.4.2 Ruolo del CBP nel processo di consolidamento delle nuove informazioni

Come abbiamo visto la stabilizzazione delle informazioni apprese in memoria a lungo termine richiede l’espressione di nuovi geni.

Al fine di regolare l’espressione genica è necessaria l’attivazione, non solo dei fattori di trascrizione, ma anche di molecole coattivatrici capaci di stimolare o reprimere la trascrizione stessa (Rosenfeld and Glass, 2001).

In particolare, rivestono grande importanza quei coattivatori capaci di modificare la struttura della cromatina attraverso l’acetilazione degli istoni, così da rimuovere la repressione della trascrizione dipendente da questo tipo di modificazione epigenetica.

Un fattore di trascrizione come CREB, oltre ad alterare direttamente il livello d'espressione genica, modifica indirettamente la struttura della cromatina grazie al reclutamento di CBP, un particolare coattivatore che possiede due fondamentali funzioni; agisce da proteina piattaforma del macchinario della trascrizione, interagendo direttamente con diversi fattori di trascrizione e con componenti del complesso della RNA polimerasi II; acetila gli istoni grazie ad un dominio HAT (istone acetiltransferasi), contribuendo così

(25)

all'attivazione della trascrizione genica attraverso lo spacchettando la cromatina (Chan e La Thangue, 2001).

Il CBP (proteina che lega CREB) è un coattivatore della trascrizione che può essere regolato nei neuroni attraverso vie indipendenti.

L'idea che CBP possa avere un ruolo nelle modificazioni plastiche indotte dal comportamento è supportata da tre evidenze; in primo luogo CREB è implicato nel processo della formazione di memoria in numerose specie (Bourtchulacze et al., 1994; Dash et al., 1990). In secondo luogo promotori sotto il controllo di CREB possono reclutare CBP in risposta all'attivazione di determinate vie di segnale quando CREB è nella sua forma attivata ovvero fosforilato sulla serina 133 (Chrivia et al., 1993).

Infine studi su neuroni ippocampali in coltura hanno dimostrato come la trascrizone genica NMDA- dipendente si avvalga dell'attivazione simultanea ed indipendente di CREB e CBP (Impey et al., 2002).

L’attività acetiltransferasica del CBP è dovuta ad una serie di specifiche e complesse interazioni che interessano il coattivatore stesso, lo stato della cromatina e lo specifico fattore di trascrizione; in particolare l'attività sinaptica dei neuroni è un elememto in grado di regolare il funzionamento del CBP (Guan et al., 2002).

Correnti calcio attraverso i recettori NMDA o canali voltaggio-dipendente inducono transattivazione del coattivatore in colture di neuroni ippocampali e in corteccia (Harringham et al., 1999).

CBP viene inoltre attivato dalla fosforilazione della Ser 301 operata da CaMKinasi IV, passaggio indispensabile affinchè si abbia trascrizione indotta da NMDA (Impey et al., 2002).

Per testare l'importanza del CBP e della sua attività acetiltransferasica nel contesto dei fenomeni biologici nei quali è implicato sono stati creati topi transgenici portatori di un transgene CBP dominante negativo privo dell'attività HAT.

In primo luogo le analisi istologiche rivelano che il transgene CBP viene espresso esclusivamente nell'ippocampo, nello striato e, in quantità minore, nella neocortex (Korzus et al., 2004).

I dati indacano che l'attività acetiltransferasica di CBP è indispensabile per l'attivazione della trascrizione del gene c-fos nell'area CA1 dell'ippocampo (Korzus et al., 2004).

Studi sulla memoria spaziale e di riconoscimento degli individui transgenici dimostrano una riduzione della capacità di convertire informazioni in memoria a lungo termine laddove non viene invece alterata la memoria a breve termine (Korzus et al., 2004).

Esperimenti di condizionamento alla paura, per il quale sono implicati l'ippocampo e l'amigdala, regione nella quale non vi è espressione del transgene dominante negativo, non rivelano deficit di memoria né a breve né a lungo termine da parte dei topi transgenici; forse in questo caso la funzione HAT viene vicariata

(26)

o sostituita, a livello molecolare, da vie alternative a quella di CBP (Korzus et al., 2004).

Gli stessi studi dimostrano come la soppressione del gene mutato produca il recupero del fenotipo wild- type, indicando che gli effetti del transgene sono dovuti ad una interruzione della via di segnale piuttosto che ad una alterazione irreversibile della funzione nervosa.

I risultati fin qui forniti suggeriscono che sia la riduzione dell'acetilazione degli istoni a causare i deficit di memoria a lungo termine; per dare ulteriore sostegno a questa teoria i topi transgenici sono stati testati dopo somministrazione intraperitoneale di TSA, un inibitore della istone deacetilasi.

La tricostatina A elimina i deficit di memoria nei topi HAT ¯e tale effetto è transiente, legato alla cinetica di metabolizzazione della TSA (Korzus et al., 2004).

Se ne deduce che l'attivazione di CBP nell'adulto sia un prerequisito fondamentale affinchè vi sia il consolidamento delle informazioni nella memoria a lungo termine, grazie in particolar modo all'attività acetiltransferasica della molecola coattivatrice; tale attivazione è indispensabile anche in presenza di fattori di trascrizione attivi (Korzus et al., 2004).

L'attivazione di CBP, l'acetilazione del nucleosoma e la conseguente modificazione della struttura della cromatina, che passa ad uno stato permissivo della trascrizione genica, aprirebbero una finestra temporale all'interno della quale è possibile trascrivere geni; questo stato favorevole all'espressione genica si manterrebbe al di là dell'attivazione della via di segnale che ne ha reso possibile la genesi (Korzus et al., 2004).

Prove a supporto di tale teoria consistono nella presenza di vie che portano a trascrizione genica mediata da CREB senza che vi sia attivazione di CBP.

I.4.3 La sindrome di Rubistein-Taybi: un caso emblematico

Studi su topi affetti dalla sindrome di Rubistein-Taybi (RTS) possono essere molto interessanti per capire i meccanismi di funzionamento e il ruolo di CBP nello sviluppo delle normali facoltà del sistema nervoso.

La RTS è dovuta ad una mutazione del gene CBP ed è caratterizzata da ritardo mentale e malformazioni scheletriche; in particolare gli individui malati presentano una riduzione dell'acetilazione della cromatina, della formazione della memoria a lungo termine e della fase tardiva del potenziamento a lungo termine nei neuroni ippocampali (L-LTP) (Alarcòn et al., 2004).

(27)

Al fine di studiare in maniera più approfondita la sindrome sono stati creati dei topi transgenici eterozigoti, privi di un allele del gene CBP, che mimano la condizione patologica.

In questi animali l’espressione del gene CBP è dimezzata rispetto al wild-type, inoltre, in accordo con quanto trovato negli animali affetti da RTS, anche i topi transgenici presentano deficit nella memoria, in particolare per il condizionamento alla paura e il riconoscimento (Alarcòn et al., 2004).

Esperimenti di elettrofisiologia su fettine di ippocampo rivelano un affievolimento nella generazione di L-LTP nei topi transgenici, a fronte di una normale formazione dell’E-LTP, per il quale non vi è attivazione della trascrizione genica.

È noto come il CREB ricopra un ruolo fondamentale fra i fattori di trascrizione che regolano l'espressione di geni necessari per l'acquisizione e l'immagazzinamento di nuova memoria (Kandel, 2001).

Gli studi dimostrano che la stimolazione della trascrizione genica mediata dal CREB attraverso l’espressione di una forma costitutivamente attiva del fattore di trascrizione (VP16-CREB), provoca il recupero parziale dal deficit dell’L-LTP negli individui transgenici. Il fatto che il recupero non sia completo potrebbe dipendere dal doppio ruolo del CBP; infatti, la perdita di funzione del coattivatore può interferire con l'attivazione della trascrizione di geni specifici in due modi diversi: impedendo il reclutamento sul promotore del macchinario molecolare per la trascrizione e/o bloccando il rimodellamento della cromatina.

La forma VP16-CREB potrebbe dunque vicariare il CBP nel suo ruolo di promotore dell’espressione genica ma non in quell’epigenetico (Alarcòn et al., 2004).

Evidenza del fatto che sia la riduzione dell’acetilazione degli istoni a causare i deficit di memoria riscontrati negli animali sperimentali viene fornita dagli esperimenti compiuti con inibitori dell'istone acetiltransferasi; la somministrazione di SAHA riduce i deficit del L-LTP e della formazione della memoria osservati negli individui malati, il che dimostra quanto importante sia il rimodellamento della cromatina, dovuto ad acetilazione degli istoni, nei fenomeni di plasticità sinaptica (Alarcòn et al., 2004).

(28)

I.4.4 Ruolo dell'acetilazione degli istoni nello sviluppo della dipendenza da sostanze d'abuso

Un altro processo in cui l'attivazione della trascrizione mediata dall'attività acetilasica degli enzimi sembra ricoprire un ruolo importante è lo sviluppo della dipendenza dalle sostanze d'abuso. In particolare gli studi si sono concentrati sull'assunzione di cocaina e sugli effetti della sostanza d’abuso sulla trascrizione di geni specifici.

Numerosi studi mostrano come somministrazioni acute e croniche di cocaina alterino l'espressione genica nello striato; in particolare la famiglia di fattori di trascrizione Fos sembra essere implicata, come mediatrice, nella modificazione della trascizione indotta da sostanze d'abuso; infatti somministrazioni acute di cocaina inducono l'attivazione rapida e transiente di cfos e di numerosi altri elementi della famiglia di Fos laddove un regime cronico di assunzioni provoca la desentitizzazione di molti di questi fattori di trascrizione e l'induzione di fosB, BDNF e Cdk5 (Young et al., 1991; Hope et al., 1992).

In seguito alla loro attivazione sembra che i fattori di trascizione regolino i geni bersaglio attraverso il reclutamento, presso i promotori, di due differenti classi di enzimi; enzimi, come ad esempio HATs e HDACs, che modificano il nucleosoma e altri componenti della cromatina attraverso acetilazione, fosforilazione e metilazione, ed enzimi come SWI-SNF che alterano la struttura della cromatina distruggendo l'ottetto istonico (Jenuwein and Allis, 2001).

Nel complesso, l'azione dei suddetti enzimi sui promoters bersaglio ha l'effetto di indurre o inibire l'espressione genica dei geni di competenza dei promotori stessi.

Per quanto riguarda la dinamica d'attivazione abbiamo già detto che cfos ed altri membri della famiglia di Fos, come fosB, sono attivati da somministrazioni acute di cocaina mentre l'assunzione cronica della sostanza induce lo stesso fosB, BDNF e Cdk5 (Kumar et al., 2005).

L'attivazione differenziale dei geni si traduce nella modificazione di molecole bersaglio diverse; l'istone H4 viene acetilato in seguito a somministrazioni acute e comporta l'attivazione di cfos e fosB, anche se l'attivazione esclusiva del solo promotore di cfos è associata alla fosfoacetilazione di H3; gli effetti cronici della cocaina si traducono invece nell'acetilazione di H3 nella regione dei promotori di BDNF, Cdk5 e, ancora, fosB (Kumar et al., 2005).

Il passaggio da un target per risposte acute (H4) ad uno per risposte croniche (H3) si mantiene anche per quei geni attivati in entrambi le situazioni, come ad esempio fosB (Kumar et al., 2005).

(29)

Studi recenti sembrano dimostrare che la somministrazione cronica di cocaina provochi una sorta di desensitizzazione di cfos (Hope et al., 1992) e che tale riduzione della sensibilità corrisponda alla perdita dell'acetilazione di H4 e della fosfoacetilazione di H3 esclusiva del promotore di tale gene.

Al contrario la cocaina continua ad indurre modificazioni dello stato della cromatina nel promotore di fosB, passando dall'attivazione dell'acetilazione dell'istone H4 in fase acuta a quella di H3 in fase cronica, attraverso meccanismi molecolari poco chiari che sembrano però non coinvolgere HDACs (Kumar et al., 2005); l'acetilazione indotta sul promotore di fosB dura solo qualche ora ed è verosimilmente correlata con la cinetica d'assorbimento e metabolizzazione della cocaina.

I risultati fin qui riportati suggeriscono che la variazione del pattern d'acetilazione degli istoni corrisponde all'attivazione o repressione di differenti set di geni.

Analisi compiute attraverso l'utilizzo di inibitori della HDAC quali la TSA e il NaB, somministrati prima della dose di cocaina, mostrano una correlazione positiva fra modificazioni nello stato d'acetilazione degli istoni e regolazione dell'espressione genica nello striato (Kumar et al., 2005); gli inibitori di per sé non inducono espressione genica al di fuori del contesto della risposta alla sostanza d’abuso e, nel caso del NaB, nemmeno inducono un aumento dell’acetilazione degli istoni.

Una correlazione simile vale anche per gli effetti comportamentali; la somministrazione congiunta di cocaina e NaB, ad esempio, provoca un aumento vistoso della risposta locomotoria alla sostanza d'abuso laddove il solo NaB non sortisce alcun effetto.

Infine, gli studi dimostrano che l'inibizione della HDAC aumenta la sensibilità alla cocaina così come l'overespressione dell'istone deacetilasi ne riduce gli effetti, suggerendo che la stimolazione della trascrizione genica possa essere il meccanismo predominante nella plasticità comportamentale indotta dalla cocaina.

Riferimenti

Documenti correlati

“sostituzione cellulare”, cioè sul trapianto in organo di cellule staminali o progenitori capaci di sostituire le cellule in degenerazione dell'ospite, richiede che le cellule

Esaminata la documentazione trasmessa dalla Sede di Macerata, con riferimento ai preventivi formulati dalla ditta Global Service 2004 (per un costo complessivo pari

La formula precedente si dimostra

La fusione binoculare è il meccanismo alla base della VISIONE STEREOSCOPICA, cioè la percezione tridimensionale della scena e degli oggetti nel campo visivo, partendo da immagini

CTP:tRNA cytidylyltransferase activity /// CTP:3'- cytidine-tRNA cytidylyltransferase activity /// ATP:3'- cytidine-cytidine-tRNA adenylyltransferase activity /// NADPH binding

I dati omici usati per gli esperimenti sono relativi alla espressione dei geni, espressione dei mirna, RNASeq, miRNASeq, espressione delle proteine e della Copy Number Variation..

Nella presente tesi di dottorato si analizza empiricamente l'effetto causale degli stili di vita, quali ad esempio lo svolgimento di attività fisica e di una dieta salutare,

“È durato tutto pochi minuti, ma mi sono sembrate delle ore” a parlare è Roberto Vandini uno dei primi a trovarsi faccia a faccia con i banditi che ieri sera, intorno alle