IV Capitolo
Interventi d'azione
4.1 Azione multidisciplinare
L’approccio all’obesità necessita di un intervento multidisciplinare, sia per una valutazione diagnostica sia per un intervento mirato e che abbia successo.
È importante dire che la prevenzione dell’obesità e lo sviluppo di strategie efficaci per il miglioramento degli stili alimentari e del livello di attività fisica, sta crescendo rapidamente. È essenziale riconoscere il grado e il tipo di obesità essenziale o secondaria individuare le eventuali complicanze associate, valutare la stato nutrizionale, il rischio cardiovascolare, lo stato psicologico e la funzionalità motoria. Anche perché l'obesità essenziale è intesa proprio come è individuabile come quella per cui non vi è una esatta causa eziologica; sono coinvolti in essa fattori genetici, metabolici, nutrizionali, sociali e culturali.
È necessario sviluppare un intervento di tipo educativo e di responsabilizzazione che sia adeguata al soggetto indicandogli i mezzi, le motivazioni, gli obiettivi e controllando i feedback.
L'obeso non è un malato ab origine, ma lo è diventato!
Gli esperti sostengono che mentre è vero che ci sono persone magre che mangiano molto, non ci sono obesi che mangiano poco: la grande maggioranza degli obesi è convinta di mangiare poco perché mangia meno di quanto vorrebbe.
È importante quindi educare ai corretti stile di vita, ai corretti consumi alimentari. Per far questo
La terapia dell’obesità si articola all’interno di un lavoro che coinvolge la figura dello Psicologo, Medico, Operatore Fitness e Dietista.
Il dietista:
Questa figura è importante per l’analisi della composizione corporea cioè la distribuzione e la quantità di massa magra e massa grassa in un soggetto attraverso lo studio del BMI, plicometria, DEXA, e BIA. Ha il ruolo di analizzare il bilancio energetico attraverso l’osservazione e la registrazione del comportamento alimentare, metabolismo basale e livello di attività fisica avvalendosi di strumenti come la calorimetria indiretta, il diario
alimentare e il questionario per l’attività fisica. Inoltre analizza i parametri biologici per avere un quadro lipidemico, glicemico e protidemico del soggetto.
Un soggetto che deve dimagrire deve affrontare una restrizione calorica. Alcuni studi dimostrano che l’introito calorico deve essere ridotto di 500 – 1000 kilocalorie al giorno (kcal/die) per ottenere una riduzione del peso corporeo di circa 0,5 - 1 kg alla settimana. Perdere un kilogrammo di tessuto adiposo equivale ad un deficit calorico di circa 7000 kilocalorie. In generale per molte donne è adeguata una dieta con 1000 – 1200 kcal/die e per molti uomini una dieta con 1200 – 1500 kcal/die.
Il fabbisogno calorico totale è determinato dal metabolismo basale, dal fabbisogno calorico per le attività quotidiane e dal fabbisogno calorico per le attività sportive.
Il metabolismo basale è legato al peso corporeo e per un uomo adulto è pari a circa 25 kcal per kg di peso corporeo, mentre per una donna adulta è circa 22 kcal per kg di peso. Questa differenza è dovuta alla maggiore percentuale di massa muscolare presente negli uomini rispetto alle donne.
Il fabbisogno calorico per l’attività fisica quotidiana, non sportiva, di un soggetto con stile di vita sedentario (lavoro in ufficio, spostamenti in auto e nessuno sport) è in media pari a 300 kcal.
Il fabbisogno calorico per le attività sportive è influenzato dal tipo di esercizio, dalla durata e dalla frequenza. La pratica regolare di uno sport incrementa in modo significativo il dispendio energetico, per esempio con la corsa si consuma una caloria per kg di peso corporeo per ogni km percorso.
Il cambio degli stili di vita ha influito notevolmente sullo sviluppo dell'obesità, la mancanza di motivazione legata alla mancata consapevolezza delle minacce a cui sono poste le persone in sovrappeso o obese e le aspettative elevate che spesso si pone la persona obesa sono fattori limitanti. Si ha un atteggiamento che tende a spostare l'attenzione ad un "locus of control esterno" che deresponsabilizzi le azioni della persona. Un ulteriore rischio è legato anche alla spasmodica ricerca della soluzione immediata per la riduzione del peso corporeo, non ponendo l'attenzione sul corretto stile di vita ma sulla ricerca di un qualcosa che se assunto elimina il problema. Si vede spesso la dieta come il rimedio unico; non tenendo conto che la dieta prescrittiva deve essere individualizzata sui gusti, sullo stile di vita, sull'educazione alimentare. Essa considera così la malattia e non la persona, le sue motivazioni e gli strumenti per prevenire le ricadute. Induce così ad una riduzione del peso corporeo nei primi giorni legata alla restrizione calorica ma un successivo periodo in cui il soggetto non perde più peso e non potendo abbassare
ulteriormente le calorie assunte abbandona la dieta e recupera quanto perso nelle settimane precedenti. La dieta non è da vedere come una medicina ma questo induce il soggetto a caricare le responsabilità sul medico che la prescrive (delega di responsabilità di successi e insuccessi); inoltre viene vissuta come un sacrificio e privazione divenendo una sofferenza in quanto la fame non è una sensazione piacevole e così si arriva alla perdita di controllo del comportamento alimentare. Ma anche nelle diete di tipo comportamentale se non appena terminano non si instaura un meccanismo di mantenimento si tenderà al recupero rapidamente del peso in quanto l'obesità è una condizione cronica.
Il moderno ambiente alimentare fornisce un’ampia gamma di occasioni per consumare cibi e bevande. Si tratta di una forma di consumo facile che conduce inavvertitamente a un iperconsumo passivo, in cui i soggetti sono assolutamente inconsapevoli di consumare prodotti ad alta densità energetica. I fattori dietetici che spingono in modo particolare verso la iperalimentazione non intenzionale sono il consumo di diete ad elevata densità energetica di grassi e zuccheri aggiunti, il ristretto consumo di frutta e verdura e il consumo di bevande molto energetiche come ad esempio quelle zuccherate.
È dimostrato che la perdita di peso nell'età più avanzata si associa ad aumentata mortalità; l'associazione fra mortalità e perdita di peso si osserva soprattutto nei soggetti che si affacciano alla vecchiaia già con bassi valori di BMI. L'integrità dell'osso e la corretta alimentazione possono risentire pesantemente del trattamento dell'obesità. La perdita di peso può accelerare la perdita di massa ossea correlata all'età e aumentare il rischio di fratture osteoporotiche nei gruppi ad alto rischio. Sembra tuttavia che l'attività fisica possa svolgere un ruolo determinante nel mantenere l'integrità ossea durante la riduzione del peso.
Durante la restrizione energetica possono verificarsi inconvenienti che devono essere almeno in parte ovviati con un'accurata assistenza dietetica e un attento controllo dell'attività fisica nei soggetti che si sottopongono ad un programma di perdita di peso. Potrebbe verificarsi la possibilità di un inadeguato introito di nutrienti fondamentali come proteine, vitamine e sali minerali oppure nei casi peggiori la perdita di peso potrebbe essere dovuta ad una malattia occulta e scambiata per un successo terapeutico. Quindi è importante il controllo di un professionista durante tutto il percorso.
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Lo Psicologo:
Questa figura in relazione a questa tipologia di problema si dedica ai disturbi dell’alimentazione, dell’immagine del corpo, degli indici della psicopatologia
e della qualità della vita.
È necessario adottare con il paziente una terapia di tipo comportamentale che migliori la compliance del paziente.
Per Terapia cognitivo-comportamentale si intendono tutte quelle strategie utilizzate per modificare convinzioni e comportamenti che ostacolano la perdita e il mantenimento di peso.
Allo stato attuale è dimostrato che il successo nel mantenimento di una moderata perdita di peso e l’eventuale ricaduta dipendono principalmente da fattori cognitivi e comportamentali. Il meccanismo chiave cioè è essenzialmente psicologico e i fattori biologici creerebbero solo un terreno favorente l’eventuale perdita o recupero del peso corporeo.
Da un punto di vista cognitivo il recupero del peso perduto è conseguenza della diminuzione progressiva della convinzione di poter controllare il peso corporeo che determina l’abbandono del programma e il ritorno in queste condizioni alle abitudini alimentari precedenti e al conseguente recupero del peso.
Questi processi sono in genere la conseguenza di situazioni come la mancanza di abilità
nel fronteggiare situazioni ad alto rischio che portano a mangiare in eccesso e ad evitare l’attività fisica, l’utilizzo del cibo come mezzo per far fronte allo stato di frustrazione derivante da uno stile di vita sbilanciato e il mancato raggiungimento degli obiettivi di peso e di quelli ad essi collegati.
Lo scopo della terapia comportamentale è riconoscere i reali fabbisogni dei pazienti, correggere le convinzioni errate sull’alimentazione e l’attività fisica che spesso rappresentano il primo vero ostacolo alla cura. È importante migliorare le conoscenze ma anche le competenze dei pazienti nell’alimentazione, guidandoli in una trasformazione che va dal "sapere" al "saper fare" al "saper essere"
Gli obiettivi di questo approccio terapeutico, basato sull’utilizzo di specifiche tecniche di terapia comportamentale, sono l’allenamento alla gestione e all’autocontrollo dell’alimentazione, dell’attività fisica, dei momenti di stress ed ansia avvalendosi dell’utilizzo del diario alimentare. Con questo, si addestra il soggetto all’automonitoraggio attraverso la registrazione della quantità di cibo assunto, l’ora, il luogo e le circostanze che hanno influenzato le scelte, essenziali nel fornire informazioni riguardo il comportamento alimentare e aiutare nel cambiamento, nel controllo degli stimoli e nel problem solving. Attività come il training autogeno, tecniche di rilassamento possono migliorare il rapporto che una persona ha con il corpo e la sua immagine, in modo da aiutarlo ad affrontare le difficoltà psicologiche legate all’accettazione e al mantenimento del problema che non sempre è semplice superare.
A livello psicologico, l’obesità̀ può̀ stravolgere completamente la vita di una persona: chi è obeso spesso viene isolato e sottoposto a una vera e propria stigmatizzazione sociale, che rende difficile qualunque tipo di socialità̀.
Un programma terapeutico personalizzato per la perdita di peso nei bambini necessita il coinvolgimento dei genitori. La famiglia deve avere un supporto psicologico, in quanto essa influenza i comportamenti del bambino, sia in termini di abitudini alimentari che di attività fisica.
In particolare, i bambini in sovrappeso tendono a sviluppare un rapporto difficile con il proprio corpo e con i propri coetanei, con conseguente
isolamento che spesso si traduce in ulteriori abitudini sedentarie.
Di questa area, ne fanno parte i comportamenti alimentari disfunzionali, definibili come un qualcosa di interpretabile in funzione della persona poiché ciò che potrebbe essere un comportamento alimentare disfunzionale per una persona potrebbe essere adeguato per un'altra.
Il disturbo da alimentazione incontrollata si verifica quando la persona mangia con la sensazione di aver perso il controllo sulle proprie azione rivolte ad assumere cibo ed è caratterizzata dalle abbuffate legate spesso ad una dieta esasperata.
La fame e l'aver concentrato tutta l'attenzione sul cibo fa si che la fame e la mancanza di successo o il fallimento si traducano in un riversare poi tutta la frustrazione sul cibo.
Tipico di chi ha difficoltà a dormire la notte, soffre di insonnia, è ansioso o molto stressato è un'altra sindrome chiamata Night Heating Sindrome in cui oltre il 50% delle calorie assunte durante la giornata vengono assunte proprio durante la notte oppure il "piluccamento" che induce a mangiucchiare sempre chiamato Craving ovvero “la gola” per determinati tipi di cibo.
Si parla di Iperfagia, legata ad una esigenza di tipo mentale più che di tipo metabolico, che può essere una decisione consapevole ma spesso è legata ad una incapacità di riconoscere i veri segnali della sazietà.
La persona non si accorge di essere sazio e continua a mangiare per abitudine o perché riconosce di avere un pasto abbondante che va consumato. Questo talvolta può essere legato a gesti compulsivi che permettono di scaricare la tensione emotiva.
Tutti questi atteggiamenti se si riflettono in qualche misura sulla salute della persona in modo negativo possono definirsi disfunzionali. Se riconosciuti si possono trovare dei correttivi. Ad esempio per “il piluccamento” vanno tolte in giro per la casa le occasioni per andare a cibarsi oppure per l'Iperfagia è necessario evitare di portare porzioni eccessive a tavola.
Questi disturbi dell’alimentazione sono definiti come episodi ricorrenti incontrollati, tutte quelle volte in cui per caratteristica si ha il fatto di mangiare in un tempo definito, ad esempio nel giro di 1 o 2 ore, un quantitativo di cibo molto abbondante.
Si tende a mangiare molto più rapidamente del normale e le abbuffate hanno termine non quando la persona si sente piacevolmente sazia ma spiacevolmente gonfia ovvero quando subentra il disagio.
Tipicamente tutto ciò crea imbarazzo e così chi fa delle abbuffate di questo tipo le fa da solo e si nasconde. Ciò porta disagio, senso di colpa e depressione. Per essere diagnosticabile come tale devono presentarsi almeno due episodi alla settimana per un periodo di sei mesi.
Altri disturbi, che vengono classificati come mentali e patologici, con risvolti diagnosticabili sulla salute fisica e mentale del soggetto, si differenziano dagli eccessi o dai comportamenti disfunzionali.
Si parla di Anoressia Nervosa di due tipi, quello con restrizione e quello con abbuffate e condotte di eliminazione. In essa si ha un rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra del peso minimo normale che induce paura, timore intenso di acquisire peso.
Un altro esempio è la Bulimia nervosa, il cardine di questa malattia sono le abbuffate; altri elementi sono la presenza di metodi di compensazione, la sensazione di perdere il controllo durante le abbuffate e la perdita di autostima con frustrazione.
L'aumento del peso corporeo è un fatto secondario. La maggior parte delle persone bulimiche non sono obese.
Quindi riassumendo, le strategie di intervento che ci si pone sono la valutazione della motivazione del soggetto, l’attenzione all’alimentazione, l’attività fisica e il peso corporeo, la modifica dello stile di vita, affrontare gli ostacoli alla perdita di peso e del mantenimento di quello perduto.
Lo psicologo quindi deve riuscire ad aumentare il senso di responsabilità nella malattia e nella cura, favorire la compliance terapeutica lavorando sulla motivazione, facilitare l’apprendimento cognitivo attraverso la condivisione di argomenti specifici e insegnare il controllo di semplici parametri clinici come la glicemia e la pressione arteriosa.
A livello di attività fisica:
L’attività fisica ha dei benefici diretti e indiretti. Essa aumenta il dispendio energetico, il rapporto massa magra/massa grassa, migliora la performance cardio-circolatoria e respiratoria, incrementa la resistenza durante lo sforzo fisico, la percezione dello sforzo, la forza, la flessibilità e la mobilità articolare
L’incremento dell’attività fisica è importante nel determinare un calo ponderale, aumenta la spesa energetica, e gioca un ruolo fondamentale nel mantenimento del peso raggiunto al termine della dieta. Con l’attività fisica inoltre si riduce il rischio cardiovascolare e metabolico più che ricorrendo alla sola terapia dietetica.
Prima di fare un programma di esercizi tutti i pazienti obesi devono essere valutati per il rischio cardiologico e respiratorio. Nei pazienti obesi l’attività fisica deve essere incrementata lentamente e si deve prestare attenzione al fine di evitare traumi o lesioni. Approfondiremo nei capitoli seguenti la sua importanza e i suoi benefici.
A livello medico:
Lo scopo è quello di ottenere una riduzione significativa del peso corporeo che sia stabile nel tempo.
L’obbiettivo raccomandato è un calo ponderale pari almeno al 10% del peso corporeo iniziale, con una riduzione significativa della massa grassa e preservazione di quella
magra, raggiunto entro 6 mesi e stabile nel tempo. La velocità di dimagrimento deve essere pari a circa 1 kg alla settimana (range 0,5 - 1,5 kg). E’ stato dimostrato che una velocità di dimagrimento maggiore non determina risultati migliori a lungo termine.
Dopo i primi sei mesi lo scopo è quello di mantenere in maniera stabile il peso corporeo raggiunto.
I quattro pilastri della terapia medica dell’obesità sono la restrizione calorica, l’esercizio fisico, la terapia comportamentale e, quando indicato, la terapia farmacologica.
Un aspetto molto importante della terapia medica è la terapia delle complicanze legate all’obesità.
La terapia farmacologica deve essere sempre usata in associazione alla terapia nutrizionale, all'esercizio fisico e alla terapia comportamentale.
L'unico farmaco attualmente approvato per la terapia dell'obesità è l'Orlistat.
che agisce inattivando le lipasi intestinali e riducendo in questo modo di circa 1/3 l'assorbimento dei grassi introdotti con la dieta.
4.2 Prevenzione
Per fare prevenzione bisogna adottare una serie di provvedimenti per cautelarsi da un pericolo, da una malattia o da un male sociale, quindi delle misure che ostacolano ciò che nella previsione delle cose altrimenti si verificano.
Per adottare dei provvedimenti utili alla prevenzione bisogna conoscere perché la patologia si manifesta quindi conoscere la causa del manifestarsi della patologia per poter adottare dei provvedimenti utili alla prevenzione.
In campo sanitario, con prevenzione si intende l'insieme delle azioni volte al mantenimento o al miglioramento dello stato di salute, volte ad anticipare l'insorgere di un determinato tipo di patologia, o a curarne gli effetti, o a limitarne i danni.
L’obesità è un’emergenza mondiale e la lotta per la sua prevenzione è un impegno che coinvolge tutte le istituzioni.
La prevenzione dell’obesità richiede un processo di valutazione continua, l’attuazione di indagini per monitorare la sua evoluzione nel tempo, la conoscenza dei suoi determinanti, la ricerca e la realizzazione di interventi necessariamente in ambito multidisciplinare,. Queste azioni sono necessarie per la realizzazione di interventi basati su prove di efficacia, che devono essere sostenuti da idonee politiche nutrizionali.
Si parla di prevenzione Primaria quando evita o contrasta l'insorgere di una patologia. L’attuazione di questa, riguarda l’attività fisica associata a un’alimentazione adeguata. Questo determina una protezione contro i fattori di rischio di sviluppare malattie croniche, che possono determinarsi nel soggetto obeso. Ad esempio svolgere una sana e regolare attività fisica, abbinata a un'alimentazione equilibrata sia dal punto di vista qualitativo che quantitativo per impedire che una persona diventi obesa. È importante un azione sulla popolazione generale facendo in modo che sposi degli stili di vita utili ad evitarne l'insorgenza.
La prevenzione secondaria è legata alla diagnosi precoce di una patologia nascente. Ad esempio cominciare a praticare attività fisica e ad avere un corretto regime alimentare, perché il peso corporeo è ormai troppo alto e si fa fatica a salire una rampa di scale o ad allacciarsi le scarpe.
interessa coloro che hanno già esperienza del problema e in cui sono state già messe in atto delle misure per ridurla.
L’obeso che dimagrisce ha in se un motore che tenderebbe a farlo tornare a quello che geneticamente è espressione del suo peso e dunque prevenire la recidiva che nel caso dell'obesità riguarda quasi tutte le misure terapeutiche utilizzate.
Infine la prevenzione terziaria cura e riduce i "danni" prodotti da una patologia, limitando le complicazioni. Ad esempio praticare attività fisica perché prescritta dal medico, che ha riscontrato, ad esempio, un'ipertensione arteriosa. Quindi movimento come terapia riabilitativa e preventiva contro eventuali recidive.
Tramite la prevenzione terziaria è opportuno evitare che ad esempio l'ipertensione, il diabete, la dislipidemia si trasformi in danno d'organo.
Negli ultimi decenni un problema di salute pubblica di proporzioni epidemiche nei Paesi occidentali condizionando lo stile di vita di molti e le conseguenze sono serie. Si incorre nella riduzione delle aspettative di vita, nella malattia o nell’invalidità a causa delle patologie associate.
Dal punto di vista economico le conseguenze sono pesanti, con una riduzione della produttività, aumento delle spese per l’assistenza.
Per questo motivo, per far fronte al problema l’Oms ha sviluppato delle strategie in tema di dieta, attività fisica e salute con una serie di raccomandazioni per far fronte al problema di natura nutrizionale e fisica.
Il Centro nazionale italiano per la prevenzione e il controllo delle malattie ha messo a punto una strategia di intervento per la prevenzione dell'obesità che ha come obbiettivo
reperire informazioni su obesità e sovrappeso, pattern nutrizionali e di attività fisica della popolazione italiana in età infantile e adulta per pianificare, a livello regionale e locale, interventi che mirino a migliorare la nutrizione e a promuovere l'attività fisica presso la popolazione, particolarmente per le donne in età fertile e i bambini.
La prevenzione deve basarsi sulla progettazione, pianificazione e valutazione delle diverse iniziative che coinvolgono le istituzioni nazionali e locali, le famiglie, la scuola, i servizi sanitari e sociali, i medici, le varie associazioni, i mass media, i centri riabilitativi e terapeutici, i club sportivi e sociali. In questo modo, si potrà attuare una strategia efficace. Da un’indagine condotta nelle scuole italiane dal Ministero del lavoro nel progetto Okkio alla SALUTE si stimano che oltre un milione di bambini tra i sei e gli undici anni hanno problemi di obesità e sovrappeso quindi più di un bambino su tre. La responsabilità di questi risultati così spaventosi sono da attribuire alla scarsa educazione alimentare, predisposizione genetica, allo stile di vita spesso troppo sedentario, ambiente familiare e condizioni socioeconomiche.
È opportuno quindi abituare il bambino a praticare attività fisiche e sportive e istruire i genitori per dare il buon esempio. Se questo non dovesse essere sufficiente diventa opportuno richiedere l'intervento di medici, dietisti e psicologi specializzati.
4.3 Pomozione
Nella situazione odierna, nei paesi sviluppati si è riscontrato un rapido miglioramento delle condizioni di vita, che ha consolidato l’idea di Salute per tutti i cittadini come un obbiettivo da raggiungere e un diritto che è doveroso affermare.
Il concetto di salute ha avuto nel tempo un’evoluzione da “lotta alla malattia” alla “tutela della salute ”implicando una prospettiva più ampi del sistema di richiesta di servizi da parte dello Stato, che ora spazia dal recupero dello stato di benessere fisico e psichico a quello del suo mantenimento e del suo sviluppo.
La salute è un diritto sancito dalla Costituzione italiana e un interesse della collettività infatti nell’articolo 32 comma I la Costituzione dichiara che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività”.
Il 22 luglio 1946 veniva costituito l’Organizzazione Mondiale della Sanità. I primi due capoversi della dichiarazione adottata in quella occasione definiscono in termini nuovi la salute, come “diritto fondamentale” da tutelare ” la salute è uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non consiste soltanto in un assenza di malattia o
d’infermità. Il possesso del migliore stato di salute che è capace di raggiungere costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano, quali che siano la sua razza, la sua religione, le sue opinioni politiche, la sua condizione economica e sociale”.
Tale fondamentale diritto, è stato ribadito nella dichiarazione dell’OMS di Alma Ata del 12 settembre 1978, nella quale venne aggiunto l’importante obbiettivo del “ conseguimento del più alto livello sanitario possibile” e l’obbligo, da parte delle istituzioni pubbliche, di promuovere lo sviluppo della ricerca e dei servizi in campo sanitario.
Risale quindi al 1946, la definizione dell’Oms, secondo cui la salute va identificata con “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale”.
L’azione che riguarda la promozione, è una determinante importante nella modifica degli stili di vita errati e mira a raggiungere l'eguaglianza nelle condizioni di salute.
Il suo intervento si prefigge di ridurre le differenziazioni evidenti nell'attuale stratificazione sociale della salute, offrendo a tutti eguali opportunità e risorse per conseguire il massimo potenziale di salute possibile. Questo comprende: un saldo radicamento in un ambiente accogliente, l'accesso alle informazioni, le competenze necessarie alla vita, la possibilità di compiere scelte adeguate per quanto concerne la propria salute.
La salute è un bene essenziale per lo sviluppo sociale, economico e personale, ed è aspetto fondamentale della qualità della vita. I fattori politici, economici, sociali, culturali, ambientali, comportamentali e biologici possono favorirla così come possono lederla. Gli scenari per gli interventi di promozione della salute sono i servizi sanitari (mediante servizi socioassistenziali dedicati alle famiglie, servizi specialistici ed operatori sanitari del territorio), le scuole e altre strutture per l’assistenza sociale (mediante interventi sia educativi che pratici) e il luogo di lavoro (anche in questo caso mediante interventi sia educativi che pratici). Altri scenari in grado di influenzare i comportamenti salutari includono il settore degli operatori economici (ad esempio negozi e ristoranti) rivolto ai consumatori, e di urbanisti e progettisti (ad esempio di strade, parchi ed edifici) rivolto agli utenti.
Sono fondamentali l’educazione alimentare, la prescrizione di esercizi aerobici o di potenziamento, il training in tecniche comportamentali, la fornitura di materiali, la prescrizione di diete specifiche e gli esercizi di gruppo o supervisionati.
È importante migliorare anche l’informazione, rendere più accessibili le scelte alimentari più sane e promuovere la salute tramite attività che favoriscano il movimento nelle scuole, nei luoghi di lavoro e negli gli ambienti sanitari ma anche la progettazione di ambienti
urbani dove il soggetto più trascorrere ore all’aria aperta a fare sport. Quindi attuare una politica di interventi nella società generale.
In conclusione la promozione della salute non è responsabilità esclusiva del settore sanitario, ma coinvolgere anche i settori che influiscono sulla salute stessa, è quindi intersettoriale. Prevede cioè l'intervento, la collaborazione e il coordinamento di diversi settori quali,la sanità, l’istruzione, la cultura, i trasporti, l’agricoltura e altre ancora che in modo che favoriscano la realizzazione di iniziative in grado di migliorare lo stato di salute della popolazione.
Le Istituzioni nazionali, regionali e locali devono collaborare con i responsabili della pianificazione del trasporto, della costruzione di scuole e uffici e con le autorità sanitarie per favorire un aumento delle attività come camminare, andare in bicicletta, praticare sport e dedicarsi ad attività nel tempo libero. Allo stesso tempo, è responsabilità dei singoli soffermarsi a riesaminare le priorità al fine di pianificare uno stile di vita che preveda ogni giorno un po’ di movimento
La commissione delle comunità europee (Bruxelles, 30.5.2007) ha adottato una strategia europea “libro bianco” sugli aspetti salutari connessi all’alimentazione, al sovrappeso e all’obesità il cui obbiettivo è quello di definire un approccio destinato a ridurre i problemi sanitari. Esso si basa sulle recenti iniziative della Commissione, in particolare sulla
piattaforma d'azione europea per l'alimentazione, l'attività fisica e la salute2. Esiste anche
un altro tipo di Libro, quello verde che "promuovere le diete sane e l'attività fisica: una
dimensione europea nella prevenzione di sovrappeso, obesità e malattie croniche”3 . Nel
corso degli ultimi tre decenni i livelli di sovrappeso e obesità, nella popolazione europea sono aumentati in maniera significativa, in particolare nei bambini, per i quali la prevalenza stimata del sovrappeso risultava del 30% nel 2006. Questi dati indicano una tendenza al peggioramento per quanto riguarda l'alimentazione e i livelli di attività fisica della popolazione europea, il che comporterà in futuro un aumento dei rischi per la salute che a lungo termine la conseguenza sarà un impatto negativo sulla speranza di vita nell'UE e un
peggioramento della qualità della vita per molti cittadini. Più volte il Consiglio4 si è rivolto
alla Commissione per lo sviluppo di azioni nel settore dell'alimentazione e dell'attività fisica, sulla promozione della salute. La consultazione relativa al Libro verde ha messo in evidenza un ampio consenso circa il contributo fornito dalla Comunità che deve 2 http://ec.europa.eu/health/ph_determinants/life_style/nutrition/platform/platform_en.htm 3 http://ec.europa.eu/health/ph_determinants/life_style/nutrition/green_paper/consultation_en.htm 4
collaborare con tutta una serie di parti in causa a livello nazionale, regionale e locale5 . Gli interpellati hanno sottolineato la necessità di una coerenza delle politiche comunitarie e l'importanza di un approccio multisettoriale.
È necessario quindi nella promozione dell’attività fisica uno sforzo comune di diversi organi che contribuisca a ridurre il tempo dedicato ad occupazioni sedentarie e ad incrementare il movimento e che modifichi l’ambiente in modo da incoraggiare le persone ad essere più attive.
5 http://ec.europa.eu/health/ph_determinants/life_style/nutrition/green_paper/nutrition_gp_rep_en.pdf